Fratelli

cristiano.saccoccia
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Fratelli

Messaggio#1 » venerdì 17 aprile 2020, 11:31

Un cumulonembo.
Nero come il gracchiare dei corvi.
Così gravido di pioggia da spegnere il sole.
Iniziarono a cadere gocce infinite, come se il Po avesse sfidato in duello la foresta per annegarla. Non bastava aver perso tutto, non che i suoi compagni valessero quanto il tozzo di pane nero sepolto nella bisaccia, ora c'era ance il Diluvio Universale a massacrargli le ossa.
Il Penumbro strinse i denti, poco più avanti il profilo sbilenco di quella che poteva essere una taverna. O un bordello. Mica male. Salvezza!
Iniziò a correre maledicendo il fango e l'umidità che gli mordeva il corpo fin dentro l'anima e raggiunse la catapecchia.
L'insegna danzava avanti e indietro seguendo i capricci del vento, Quis Contra Nos? Ma per il Penumbro erano soltanto scarabocchi latini incisi nel legno, l'istruzione nel Regno di Taglia era roba per profeti e duchi. Lui era per il parlar volgare.
Bussò col guanto d'arme arrugginito.
Non udì risposta, e non se lo fece ripetere. E si lanciò contro la porta non distruggendola per poco con una spallata. Una volta dentro, le donne urlarono, oh come urlarono in Domineddio.
Boccoli dorati come i bisanti del Bigatto, cosce ignude e bianche al pari del marmo di una cattedrale, labbra piene di vita e rosse come melograni maturi...a proposito di melograni maturi...
La visione paradisiaca lo guarì da ogni dolore, soltanto il cuore faceva male, non aveva mai visto donne più tornite delle tre giovani fanciulle che urlavano «Aiuto!»
Ma ogni cosa non è fatta per durare.
«Fermo dove sei, Uomo. Prima di avvicinarti, prendi la spada che hai con te e poggiala su quella sedia che vedi laggiù. Dopodiché alza le mani fino alla tua testa. E poi ti puoi avvicinare, lento come la melassa.» scatarrò l'omone scuro in mezzo alle donne.
Il Penumbro obbedì, dopotutto aveva fatto irruzione e disturbato la serata a tutti e sconvolto le femmine. Chissà quanto le paga, poverine, costrette ad assecondare i piaceri di un porco schifoso. Un enorme porco schifoso.
«Bravo, sei obbediente. Un brav'omo!» per qualche oscura ragione esibì una risata oscena, come quella di un ubriaco criminese, «Il mio nome è Margutte, e queste sono le mie belle figlie» disse palpando i glutei di una di loro. Padre dell'anno.
Strane, orride e brutte, apparvero al Penumbro le membra di Margutte. Gli balenò in testa l'idea che quello fosse un colosso abortito o uno gnomo ingigantito da qualche diavoleria, tanto strano era il suo corpo tozzo e i muscoli gonfi.
«Il mio nome è Pulci, mastro Margutte, lieto di conoscervi insieme alle vostre magnifiche figlie» si presentò il Penumbro.
«Sei tu un pulcino forse? Che nome ridicolo!» a quella risata anche le figlie lo imitarono.
«Quello è il nome della mia familia, non è buon cosa rivelare il proprio nome a chiunque. I nomi nascondono potere» spiegò Pulci con un ghigno mal celato.
«Hai le palle, te lo riconosco, PULCI. Ma vedi io ti ho fatto entrare senza averti piantato una spada nelle budella dopo che hai spaventato le donne quivi presenti» si portò alla bocca possente un intero cosciotto, forse d'asino o cavallo. «Almeno prova a ricambiare l'ospitalità con un'avvincente storia!»


*
«E così sei davvero sopravvissuto al Bigatto? Hai arrancato fin qui senza cibo, compagni e qualcosa di meglio di quello spadino?» Domandò Margutte dal suo scranno di seni, glutei e boccali d'idromele speziato.
«Ho entrambe le gambe, entrambe le braccia...mi è andata fin troppo bene» chiosò il Penumbro
«Sei un vigliacco bugiardo! Non hai combattuto nessun Bigatto, te ne sei andato appena hai visto i tuoi compagni lasciarci la pelle» urlarono le figlie all'unisono.
Potevi dire qualsiasi cosa al Penumbro, che era un ignorante, un truffatore, un sicofante, un venduto, un blasfemo, ma non un vigliacco. Mai.

Il lampo del fulmine.
L'infinito scrosciare della pioggia.
Il silenzio del bosco.
Il sangue del Penumbro.
La notte senza luna.
Il profumo della carne.
Quei corpi perfetti, a dir poco...umani.
Era tutto sbagliato.

Il tuono che seguì fu così rumoroso da far tremare la terra.
E la vista del Penumbro si annebbiò, eppure vide qualcosa. Vide oltre.
«Qui, qualcuno, ha perso al gioco della pazienza» Pulci espresse le parole con la stessa inflessione di un giudice che emette la sentenza. E aveva anche le mani del boia.
Quelle mani agguantarono l'elsa della spada dopo una sua capriola, fu tutto così veloce che Margutte si strozzò guardando boccoli d'oro venir riempita di fendenti. La giovine dalla pelle color latte cadde al suolo sputando sangue. Le altre due piansero, ulularono, oh beh... proprio si trasformarono. Dalle loro bocche deformi fecero capolino denti marci e verdi, i capelli dorati marcirono fino a diventare di un nero oleoso e quei seni perfetti, tondi, sodi si allungarono fino a diventare anguille di carne che penzolavano fin dietro le spalle delle creature.
Fantesse, agane, ninfe dell'acqua, o meglio di putrescenti cloache.
Le due figlie superstiti di Margutte avanzarono sui loro zoccoli, le zampe ricoperte di pelo ispido e fanghiglia. Il lezzo nauseabondo di feci e pesce in decomposizione distrusse l'olfatto del Penumbro.
«Osi metterti contro di noi?» sibilarono con voce simile all'eco di una grotta, i loro seni disgustosi pencolavano fino a terra. Erano ipnotici.
La spada di Pulci disegnò un arco dall'alto verso il basso, ma le strane corna della fantessa bloccarono il suo affondo. Roba buona in battaglia. Ma il grugno non bloccò il suo destro di ferro.
Molari anneriti volarono dalle fauci della bestia, stendendola a terra col volto tumefatto e baciato dalle ecchimosi.
Margutte si tuffò nella mischia, una volta in piedi sfiorava il soffitto. Era gigantesco, le spalle larghe quanto un tavolo. L'altra figlia invece reclamò la preda, «Padre! Lasciami vendicare le sorelle, poi banchetteremo con i suoi gioielli!»
Pulci toccò ferro.
L'ultima fantessa si lanciò verso il Penumbro con artigli neri e affilati come il becco di un falco. Lacerò le carni, Pulci diede addio a molto del suo sangue.
Fango e sangue, feci e sudore. Sembrava di essere tornato nel Regno di Taglia.
Mulinò la spada all'impazzata, non aveva mai letto il Flos Duellatorum tutto sommato.
Ma tutte le cose più belle capitano per caso, come la poesia. I versi non si controllano, si ascoltano e poi si cantano.
E Pulcì cantò con la spada. Il ferro colpì una delle lampade a olio appese alle pareti, il fuoco e la mistura incendiaria avvolsero la fantessa, i seni deformi crepitarono di scintille e lapilli color zafferano. Divenne una torcia vivente, un tizzone che nemmeno Prometeo avrebbe rubato dall'Inferno.
«Le mie Bambine!» pianse Margutte, cullando le viscere delle figlie e il corpo in fiamme.
«Ti avremmo fatto ubriacare e poi mangiato! Era così difficile crepare in santa pace? Mio fratello ti troverà e tu stupid'omo rimpiangerai di non essere diventato la mia cena!»
Il Penumbro non fu commosso da quella scena disgustosa, anzi impartì l'estrema unzione a colpi di spada. Il gigante non oppose nessuna resistenza. Fu un lavoro facile, niente da spartire con le Vilupere.

*

L'alba.
Il puzzo di sangue secco e fuliggine nell'aria.
Un mattino grigio come il lutto.
Morte.
I boschi tremarono.
Un'ombra, grande, immensa, incalcolabile.
Simile la cima degli Appeninferni.
Lenta, costante, verso di lui avanzava.

Il Penumbro si accasciò al suolo, benedicendo il sole, proprio fuori dalla porta.
L'ombra lo prese nella sua enorme mano, grande come la cupola del Pantheon, senza schiacciarlo.
I suoi occhi affogarono nelle pupille senza confini del Gigante.
«Dov'è mio fratello?» chiese gentilmente la montagna.
Nessuna risposta.
«Mi chiamo Morgante» continuò l'essere.
Nessun rimpianto.
Era partito per trovare delle ricchezze e poi riposarsi, ora aveva l'occasione di andarsene per sempre.
«L'ho ucciso» disse Pulci, «Insieme alle sue figlie».
«Magnifico! Non devo più dividere il tesoro che avevamo nascosto sotto al Bigatto» urla Morgante. «Non preoccuparti fratello! Siamo una famiglia ora...senti ho un lavoretto facile facile per te»
«Sentiamo»
«Dicono che nelle terre dei saracini ci sia un grande tesoro...ti va di accompagnarmi?»



Pippo Abrami
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Re: Fratelli

Messaggio#2 » martedì 21 aprile 2020, 15:43

CONFUSO
Il punto di vista entra ed esce dai pensieri del protagonista, e ciò ingarbuglia abbastanza la narrazione. Prosa, versi, costruzioni di frase non convenzionali. Il tono cambia senza preavviso con un effetto spiazzante, complice anche un ritmo molto sostenuto che avrebbe richiesto uno stile più chiaro.

cristiano.saccoccia
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Re: Fratelli

Messaggio#3 » martedì 21 aprile 2020, 16:02

Mah in reatà mi sembra un racconto lineare e con un solo punto di vista, alcune cose magari sembrano "strane" perchè il testo non è stato formattato adeguatamente nella trasposizione qui. C'erano parti in corsivo :) comunque grazie

Pippo Abrami
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Re: Fratelli

Messaggio#4 » martedì 21 aprile 2020, 18:36

Scusa, mi sono espresso male. Io mi sono confuso tra il narratore e i pensieri del protagonista. Se mi dici che alcune parti in originale erano in corsivo probabilmente il problema si risolveva già così.

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Eugene Fitzherbert
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Re: Fratelli

Messaggio#5 » martedì 21 aprile 2020, 18:36

Ciao, Cristiano!
Credo che questo sia il primo racconto tuo che leggo, nel caso mi stia sbagliando sei libero di insultarmi (in realtà sei libero di insultarmi a prescindere... :D)
La storia che hai imbastito è carina e accattivante. Devo ammettere che le figlie di Margutte che si trasformano in mostri erano una trovata che stavo aspettando da quando il buon Pulci ha messo piede in taverna. Le sequenze di combattimento sono abbastanza cattive e splatter, ma forse un po' statiche: ci sono tre mostri e un uomo e ho avuto l'impressione che stessero fermi uno di fronte all'altro in attesa di colpirsi a turno.
Quello che resta un po' in sospeso (o non sono riuscito a cogliere io!) è il perché Margutte, essere enorme e apparentemente cattivissimo, si lascia sopraffare così dal protagonista, soprattutto dopo aver visto massacrare le sue figliole.
Alla stessa maniera, gli inserti in rima non sono ben integrati (a prescindere dalla formattazione): da quanto ho capito dovrebbero presentare i cambi di scena (per così dire): la trasformazione delle ragazze e l'arrivo del gigante, dopo il massacro. Ma chi le declama? Lo stesso Pulci?
Credo che il racconto, bello, sia da integrare e da focalizzare. Ha la possibilità di essere reso ancora migliore, soprattutto caratterizzando il personaggio tragico di margutte.
Non credi?
A presto!

cristiano.saccoccia
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Re: Fratelli

Messaggio#6 » martedì 21 aprile 2020, 18:40

Ciao carissimo!
Si mi avevi letto forse un annetto fa, ma niente di che.
Comunque concordo su ogni cosa che hai detto, come sempre la fretta mi frega. Ti ringrazio per i complimenti e per le critiche costruttive.

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Diobrando900
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Re: Fratelli

Messaggio#7 » martedì 21 aprile 2020, 23:59

Ciao!
Si vede che conosci Il Morgante di Luigi Pulci e che sai scrivere con ritmo incalzante. Qualche errore di grammatica trascurabile, ma le descrizioni dei paesaggi e delle azioni sono crude e cruente al punto giusto.

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Laura Cazzari
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Re: Fratelli

Messaggio#8 » mercoledì 22 aprile 2020, 17:32

Ciao Cristiano, mi piace che il tuo racconto faccia riferimento al poeta Pulci e ai suoi personaggi. In questo modo possiamo rispolverare un po’ della narrativa italiana. Sarebbe stato bello anche se fossi rimasto fedele alla storia originale, lasciando che Murgutte morisse dal ridere. La storia rispetta il tema degli spaghetti fantasy, ma ho avuto un po’ di problemi a seguire la narrazione. Inizi con una descrizione profonda dando un certo tenore al racconto per poi cambiare rotta. Inoltre, sarebbe stato un po’ più accattivante se fosse riuscito a creare un po’ di suspence.
Laura Cazzari

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el_tom
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Re: Fratelli

Messaggio#9 » mercoledì 22 aprile 2020, 18:20

Ciao Cristiano, passi da giudice di girone a giudicato in un attimo, sempre guardarsi le spalle nel regno di Taglia.
Anche il tuo è un ottimo racconto, molto in stile viluperesco, non mi pare di riscontrare difetti, onestamente ti confesso che ti piazzo terzo solo perché i racconti che ti precedono mi hanno divertito un pizzico di più, non me ne volere.
La frase più pericolosa in assoluto è: Abbiamo sempre fatto così.

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Eugene Fitzherbert
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Re: Fratelli

Messaggio#10 » venerdì 24 aprile 2020, 17:34

Sono tornato qua a leggermi gli altri commenti, per vedere cosa ne usciva, e mi ritrovo a scrivere un post di scuse con Cristiano per non aver colto il riferimento a Pulci e al suo poema. Beh, shame on me: non lo conoscevo! Certo, ora le parti in rima hanno quanto meno il senso di rifare 'il verso' (ahaha) a quelli del Pulci anche se resta il fatto che siano leggermente slegate dal resto del contesto.
Non si finisce mai di imparare!

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