Una notte d’Inferno

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roberto.ferrarese
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Una notte d’Inferno

Messaggio#1 » sabato 18 aprile 2020, 21:01

Luci alle finestre e fumo dal comignolo. Mi infilo nell’Angolo d’Averno fuggendo all’acqua torrenziale e pensando a chi mai aprirebbe una locanda in un posto in culo ai lupi come questo.
La fame l’è una gran brutta bestia e per fortuna l’oste è un tipo abbastanza sveglio da capire quando una buon’anima ha bisogno di essere rifocillata! Ma dopo la terza scodella di fagioli infuocati e un’intera bottiglia di uno sciacquabudella della casa, l’oste pretende di essere anche pagato. E non accetta la mia parola sulla fiducia!
“Se non hai soldi, puoi sempre provare a vincerli a quel tavolo” mi fa, indicando verso l’angolo più buio del locale dove, me ne fossi accorto prima, era radunato un capannello di gentaglia impegnata in una partita di minchiate.
“Ma se non ho soldi per pagare te, cosa vuoi che mi giochi alle carte?” gli faccio io, scacciando una mosca che mi ronza attorno da un po’.
“Oh, a Malacoda c’è sempre qualcosa che puoi offrire in pegno” ridacchia quello con una faccia che non mi piace neanche un po’. Ancora meno mi piacciono le facce dei ceffi che d’un tratto si sono fatti tutti intorno a me. Ma che altro posso fare? All’oste i soldi glieli devo. E poi dove posso scappare? Là fuori manco è più sicuro di essere ancora nel regno di Taglia. C’è da dire che in quanto a minchiate so il fatto mio! Senza falsa modestia, quando c’era da spennare un pollo al Rutto Selvaggio era compito mio assicurarmi che quello se ne andasse solo dopo averci lasciato anche le mutande.
Mi avvicino al tavolo da gioco senza pensarci più, e annuncio: “Vorrei poter dire di aver giocato a minchiate con Malacoda.”
Ora, ammetto che avrei potuto considerare con più di attenzione l’intera situazione, ma sapete com’è il richiamo del gioco, e comunque mi servono i soldi. A guardarli bene questi tizi fanno sembrare i peggiori pendagli da forca delle bettole della Penumbria dei fraticelli in odore di santità.
Malacoda poi è un capitolo a parte: uno di quei ciccioni grossi che però hai l’impressione che con un manrovescio ti scassano, una faccia che assomiglia più lui a una capra che un muflone vero e proprio - a me è sembrato che ci abbia pure le corna - una fiatazza che i morti puzzano di meno e un gran moscone, di quelli che normalmente se la spassano sulla merda, sempre attorno.
Comunque, quello mi guarda fisso con quei suoi occhi gialli e poi fa cenno di sedermi su uno sgabello che sembra lì apposta per me.
Non saprei dire da quanto tempo stavo giocando, ma a giudicare da come stavo messo, la partita non sarebbe durata ancora per molto: manco le mutande mi aveva lasciato quel satanasso! In tutta la mia miserabile vita mai avevo visto un giocatore più fortunato del Malacoda! Ho avuto mani fortunate, lui di più; ho bluffato, ma lui non ha mai abboccato; ho anche barato, niente. Malacoda ha vinto tutte le mani che abbiamo giocato.
Scaccio un moscone e faccio per alzarmi. “Vabbè Malacoda, mi sa che mi fermo qui. Mi hai portato via tutto!”e già mi pensavo a come sfangarla con l’oste che -sono sicuro- mi stava aspettando armato di randello con quattro dei suoi più grossi cugini. 
Malacoda mi fissa impalato come una statua senza dire una parola, forse neanche è capace di parlare. Secondo me, bela.
Quel mezzo topo, seduto al suo fianco per tutto il tempo, invece mi fa: “Oh, ma tu hai ancora qualcosa che interessa a Malacoda.” E mi allunga una pergamena di quelle che si vedono solo dai notari, con scritte piccole e fitte fitte.
La lettura non è mai stata il mio forte, né la pazienza, così roteo le palle degli occhi tra il foglio e il mezzo topo e tra il mezzo topo e Malacoda senza capirci granché. “E ’sta roba che è?”
“È un contratto. L’ultima posta in palio. Firma lì e se vinci tu, ti porti via tutto quello che possiede Malacoda.” Mi fa l’uomo-ratto.
“Sì, ma se perdo?”
“Puoi, onestamente, peggiorare la situazione in cui ti trovi adesso?”
Potrei essere morto, penso. “Beh, no.”
“E allora facciamocela quest’ultima mano, no?” mi incoraggia il mezzo topo.
E facciamocela, penso mentre appongo una bella X sulla carta di fronte a me.
Sento il sudore scendermi lungo la schiena come un torrente di montagna a primavera e poi mi ronzano le orecchie, ma è ancora quel moscone di merda. Le nostre puntate sono in mezzo al tavolo: tutti gli averi del Malacoda per quel foglio che ho firmato. In mano ho delle carte veramente di merda. Impossibile esserne certi, ma scommetto che su quella faccia da caprone c'è stampato un sorriso beffardo. Lo stronzo neanche ha guardato le sue carte.
“Allora? Che facciamo?” Mi chiede il mezzo topo.
Fisso le mie carte, poi il mezzo topo, poi Malacoda. Penso. Appoggio le mie carte e dico: “Devo pisciare. Dov’è il cesso?”
Mentre sto irrorando il fosso sotto di me, senza neanche rendermi conto di stare parlando ad alta voce, dico: “Ma come cazzo fa quel ciccione a essere così fortunato?”
“Oh, ma non è mica merito suo” mi risponde la voce di un ometto con un naso più lungo del mio pisello al vento -e stiamo parlando di misure importanti, eh!- che sembra essere comparso dal nulla per mettersi a pisciare accanto a me.
“Cosa vuoi dire?” gli chiedo ormai sorpreso oltre ogni possibile sorpresa.
“È il moscone!” mi risponde.
“Ma che cazzo stai a di’?”
“Ma sì! È il moscone che gli porta fortuna! Ti spiego, io l’ho capito ormai: quel bacherozzo è magico; lo sai che si dice che pestare una merda porta fortuna, no?”
“Sì, embè’?”
“E che ne so. Forse nella merda c’è qualche potere miracoloso che porta fortuna a chi la pesta. Fatto sta che quel moscone quando non è posato sul groppone del Malacoda se ne svolazza in giro in cerca di qualche appetitosa merda da mangiare, e quando la trova ci infila dentro quella bocca a cannuccia e comincia a ingozzarsi!”
“Ma che schifo!”
“Ma ascolta adesso: insieme alla merda quello tira su anche il potere miracoloso che c’è dentro e se lo accumula nel pancione. Poi bello satollo se ne torna a riposare sulla gobba di Malacoda e lì a quel punto mentre digerisce tutta quella merda, in qualche modo trasferisce la fortuna dentro al ciccione.”
“Va bene, ammettendo per un attimo che ‘ste minchiate siano vere, te chi sei? E che te ne frega di dirmi ‘ste cose?”
“Ti ho visto giocare là dentro. Anche io, sai, tanto tempo fa mi sono seduto su quello sgabello per pagarmi una scodella di fagioli. Anche io pensavo di cavarmela con le minchiate e anche io ho perso tutto. Perciò anche io ho firmato quel fottuto contratto!”
“Ma cos’è quella roba? Cosa si prende Malacoda se vince?”
“Qualcosa che non vuoi di certo perdere! Ascolta me, io ho perso. Da allora sono qui alla locanda a osservare nuovi avventori arrivare e perdere tutto contro il Malacoda.”
“Quindi?”
“Quindi, a furia di guardare il ciccione giocare, ho capito!”
“Ma perché lo stai dicendo a me adesso? Perché io?”
“Beh, non è che tu sei speciale o cosa.”
“Quindi?”
“Quindi, un cazzo! L’ho appena capito anche io, vedendolo giocare contro di te.”
“Ma allora come fai a essere così sicuro che funzioni così?”
“Mi sembra ragionevole!”
Effettivamente, peggio di così non credo che possa andare, così decido di provare a portarmi a casa quest’ultima maledetta mano di minchiate. Me ne rientro nella locanda mettendo su la migliore faccia da culo di cui sono capace e vado di passo spedito dal Malacoda. Prima che chiunque possa capire cosa sto per combinare, piazzo al caprone una gran pacca sulla spalla. “A Malacoda, vediamo di finire ’sta mano che sento che la fortuna mi è girata!”
Grugnisce. E’ il primo suono che gli sento emettere.
Io intanto mi struscio la mano sulle braghe per pulirmi dai rimasugli di mosca e merda.
Ora, forse il piccoletto col nasone aveva ragione, oppure qualche Santo ha deciso di guardare giù oppure si è trattato di quella che si chiama una bella botta di culo.
Quando tutte le carte vengono girate sul tavolo improvvisamente nella locanda si fa silenzio. Il Malacoda strabuzza gli occhi dalle orbite, il suo faccione caprino si fa rosso e delle vampate di fumo gli escono dalle narici. Sembra un dimonio degli Inferi.
Io mi avvento sul bottino in mezzo al tavolo, e il bestione vede i resti del moscone spiaccicato sulle mie braghe.
Il malacoda solleva fiammate alte fino al soffitto dal suo nasone; bava incandescente gli cola dalla bocca. Ribalta il tavolo con me sopra e mi si para innanzi con tutta la sua mole che pare una montagna pronta a franarmi addosso. Lo guardo e mi rassegno a venir frollato da quelle mani grandi come badili, quando la porta della locanda si apre di schianto, battendo fragorosamente contro la parete.
“Oste della malora! Sbobba calda e fiumi di birra! In fretta!” proclama una voce familiare.
“Braccio de scimmia? Ma che sei proprio tu?” urlo incredulo sbirciando tra le gambe del Malacoda.
È proprio Braccio de scimmia! E ci sono anche l’arciere Fierolocchio, il mago Zurlino e tutti gli altri miei compagni di ventura che credevo ormai nella pancia del Bigatto!
“Canaglie! Che fate? Non vedete che questo bestione mi vuole gonfiare come una zampogna?” grido in cerca d’aiuto.
Non faccio neanche in tempo a finire di parlare che, senza chiedere spiegazioni, il Scimmia è già partito. Sulla faccia di un esterrefatto Malacoda si stampa un pesante sgabello da banco che lo fa traballare. Approfittando del momento, gli assesto un colpo sui gioielli di famiglia per farlo abbassare di quel tanto che mi permette di infilargli una pentolaccia in testa e di percuoterla con una gamba dello sgabello volante, ormai in frantumi.
Quella che è seguita è stata la più epica rissa da taverna alla quale abbia mai partecipato: i pugni volavano da tutte le parti, ogni singolo pezzo di mobilio della stamberga è andato in pezzi e alla fine gli unici a essere in grado di reggersi sulle proprie gambe eravamo noi canaglie del Rutto Selvaggio.
Mentre nella quiete dopo la tempesta di cazzotti, i mazzulati si contavano i denti che ancora avevano in bocca, Braccio de scimmia mi fa: “Beh, ma che se magna in sto buco di culo?”
“Fagioli” rispondo.
“Boni?”
“Boni!”
“Viè, annamo in cucina a vede’ se c’è rimasto qualcosa”.



Pippo Abrami
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Re: Una notte d’Inferno

Messaggio#2 » martedì 21 aprile 2020, 15:20

SFOCATO
L’idea è bella e lo stile funziona, purtroppo però ho trovato fuori fuoco il flusso della narrazione. La partita a carte, perno della vicenda, viene riassunta, lasciando spazio a situazioni a mio parere poco rilevanti. Di conseguenza Il colpo di scena del moscone risulta affrettato, e i suoi effetti occupano poco più di una riga.

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Eugene Fitzherbert
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Re: Una notte d’Inferno

Messaggio#3 » martedì 21 aprile 2020, 19:31

Ciao, Roberto,
Credo che sia il primo racconto tuo che leggo. (BTW: bella immagine del profilo!)
Allora, venendo alla tua storia: è interessante e ha tanti elementi accattivanti, solo che nessuno di questi prende realmente il sopravvento sugli altri. In pratica ti manca UNA SCENA MADRE, verso cui le azioni dei protagonisti convergono e che il lettore deve stare lì ad agognare…
Puoi scegliere tu quale deve essere: la partita a carte? La scazzottata finale? fai tu, basta che sia epica.
A proposito della carte: secondo me, la partita perde di mordente per un motivo ben preciso: non si sa che gioco sia. O almeno non lo so io, se poi Minchiate sia un gioco conosciuto, allora chiedo scusa e mi vado a nascondere sotto un sasso. Nella scena della partita a Minchiate (che potrebbe anche essere una briscola con le parolacce e le offese alle sorelle, mi va benissimo) manca la tensione che si respira e si taglia con un coltello. Insomma, in Lo chiamavano Trinità c'è la bellissima sequenza di poker che dovrebbe fare scuola: lì però sappiamo tutti cos'è il poker, sappiamo cosa deve venir fuori dalle carte e tutti siamo in trepidante attesa. Con la tua partita, appena accennata e dalle regole a me sconosciute, non sapevo cosa aspettarmi, cosa SPERARE per il mio protagonista.
La parte centrale, poi, secondo me è un po' troppo lunga e puzza di Deus Ex Machina. Prova a eliminare il personaggio che suggerisce la soluzione al protagonista e invece immagina se il protagonista di ritorno dal bagno per puro caso uccide il moscone puzzolente di merda. Immagina come gli astanti e soprattutto Malacoda potrebbero mai reagire. E come si innesca anche meglio la rissa dopo la vittoria del protagonista! Ecco questa potrebbe essere un'idea per arrivare alla scena madre che è la scazzottata. Ma hai bisogno di costruirla a modo tuo.

Il finale con l'ingresso trionfale del resto della banda è ottimo e ci sta tutto.
Non male, come, racconto, pieno di idee belle, ma forse dovresti metterle in ordine di priorità e creare un'escalation verso il finale!

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roberto.ferrarese
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Re: Una notte d’Inferno

Messaggio#4 » martedì 21 aprile 2020, 21:07

Ciao Eugene,
grazie per il commento e i validi consigli!
Ti rispondo solo per chiarire un paio di cose. Innanzitutto, sono d'accordo con te: il racconto è sbilanciato con un finale che paga la costruzione troppo lunga (tra l'altro mi fa piacere che apprezzi l'arrivo finale della banda, che a mio parere era la parte debolina). Come penso traspaia da questo racconto, non mi piacciono i limiti di spazio e neanche mi piace gestirli! Va anche detto che l'idea del racconto era nata tempo fa per essere una breve graphic novel con un'ambientazione diversa e che ho riadattato per questo concorso. In origine, alcune cose avrebbero dovuto essere diverse e soprattutto non era pensata per essere confinata in 10000 caratteri... Ad esempio, l'incontro al cesso doveva avvenire con un diavoletto che stava per essere menato da degli orchetti (o qualcosa così) e il protagonista lo avrebbe salvato ricevendo in cambio l'aiuto del demone per sconfiggere Malacoda. Ammetto che rileggendolo alla luce del tuo commento, l'incontro qui perde di intensità.
La seconda cosa riguarda le minchiate: sono il gioco di carte che si gioca nelle taverne di Brancalonia, è in pratica un riferimento all'ambientazione. Come sia il gioco al di fuori delle regole, non lo so neanch'io. Per questo ho evitato riferimenti specifici (a differenza della scena di Trinità contro Wildcat Hendricks, che anche io ho citato).
Comunque, grazie ancora per i consigli e per aver apprezzato la mia immagine di profilo (che poi in realtà è uno di quegli scarabocchi che si fanno al telefono...)!

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Diobrando900
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Re: Una notte d’Inferno

Messaggio#5 » mercoledì 22 aprile 2020, 0:07

Ciao!
Mi piace molto la narrazione in prima persona, se è gestita bene. E qui lo è.
Bella la citazione a Trinità e la tensione del gioco di carte è palpabile. La scazzottata finale chiude in bellezza la partita a poker....ehm minchiate, con un tocco goliardico che ho apprezzato.
Si vede che volevi sviluppare oltre la situazione e che ti mancava lo spazio.
Ma già così mi è piaciuto molto!

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Laura Cazzari
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Re: Una notte d’Inferno

Messaggio#6 » mercoledì 22 aprile 2020, 17:33

Ciao Roberto, è sempre bello leggere di un una sana rissa da taverna. La parte “spaghetti” è sicuramente presente e la “cazzonaggine” non manca, ma ho trovato la narrazione un po’ meccanica o forse sono solo io che ho avuto un po’ di difficoltà a seguire la storia e ho dovuto rileggere diversi passaggi.
Poi la parte dei soldi secondo me è un piccolo buco narrativo, perché l’oste, vedendo che Malacoda vince sempre suggerisce al protagonista di “impegnare i suoi averi” quando poteva semplicemente prenderli lui per saldare il debito?
Laura Cazzari

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roberto.ferrarese
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Re: Una notte d’Inferno

Messaggio#7 » mercoledì 22 aprile 2020, 17:47

Ciao Laura,
grazie per il commento e i consigli!
Ti rispondo solo per precisare che l'oste, come tutti gli avventori della locanda, sono in realtà tutti parte del gioco di Malacoda, quindi tutti indirizzano il protagonista verso la partita di minchiate. L'idea che l'oste lo aspetti per avere i soldi o randellarlo è del protagonista, ma non necessariamente è vera...
Probabilmente, avrei potuto esplicitare meglio la cosa, ma preferisco lasciare che il lettore si faccia le sue idee.
Ro.

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el_tom
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Re: Una notte d’Inferno

Messaggio#8 » mercoledì 22 aprile 2020, 18:19

Ciao Roberto, mi pare sia la prima volta che ci incrociamo quindi piacere.
Il tuo è un racconto divertente, mi sono piaciute le caratterizzazioni dei personaggi e le loro descrizioni.
La trovata della mosca e della sua dieta fortunata è originale, forse un po' forzato il modo in cui avviene la rivelazione, quale giocatore mollerebbe le carte della mano decisiva? Anche le conseguenze di un eventuale sconfitta sono un po' traballanti, in un mondo di mascalzoni e di prodigi (mosche magiche) un semplice contratto mi pare deboluccio.
La frase più pericolosa in assoluto è: Abbiamo sempre fatto così.

costellazione di bacco
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Re: Una notte d’Inferno

Messaggio#9 » sabato 25 aprile 2020, 22:10

Ciao Roberto, piacere di leggerti,
è la prima volta che leggo un tuo racconto e devo dire cha parti da un'idea molto buona e sei riuscito a rispettare il topic della Sfida. Ho apprezzato profondamente il richiamato a "Lo chiamavano Trinità" e l'ambientazione di taverna, come anche la scena del gioco di carte. Sulle carte acconsento con tutti gli altri: avrei preferito capire quale fosse il gioco in questione e ricevere da questa scena maggiore pathos. Non trovi, inoltre, che sarebbe stato più originale far scoprire al protagonista l'inganno dell'avversario? Trovo "l'uomo del bagno" un personaggio un po' inutile e fine a se stesso: svela un segreto, da poco scoperto, per un motivo sconosciuto e/o addirittura senza motivo. Il finale, a mio parere, è da rivedere: lo trovo molto sciapo.
A rileggerti.

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roberto.ferrarese
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Re: Una notte d’Inferno

Messaggio#10 » lunedì 27 aprile 2020, 10:42

Ancora una volta, grazie a tutti per i commenti!
Ro.

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