Fili non ho più

Malaspina
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Fili non ho più

Messaggio#1 » domenica 19 aprile 2020, 23:45

Cannella si aggirava da ore nel folto della foresta e il sentiero che stava seguendo sembrava non andare da alcuna parte.
I rami si piegavano su di lei come a volerla ghermire e i cespugli si muovevano con fruscii di ogni sorta. Le ombre si allungavano simili ad artigli scuri e parevano avere vita propria.
Se fosse stata una “ragazza vera” forse avrebbe avuto paura, ma lei era una marionetta, mica poteva essere una pisciasotto. Così si diceva.
Un gufo emise un verso stridulo che la fece sobbalzare.
Forza Nella, che ti fai intimorire da du’ rumorini?
Come se non bastasse, c’era uno strisciare viscido che la seguiva e di cui non capiva l’origine.
La prima regola per sopravvivere nei boschi è… non girarci la notte come bischeri sciolti.
Cannella sospirò e si appoggiò al tronco di un albero per controllare il ginocchio scassato.
Non va bene per niente!
Il perno di ferro rugginoso che fermava l’articolazione era andato fuori dai gangheri e la gamba non la reggeva più.
Avessi pensato a cercare un buon mastro della consorteria per farmi aggiustare… ma no! Meglio andare alla cerca del tesoro del Bigatto! Agitò il pugno di ulivo davanti a sé immaginando di avere il capo a portata di mano.
Notò una lucina venire giù dal sentiero e avvicinarsi nella sua direzione.
Sarà un fuoco fatuo? Mi nascondo nel fosso o rimango a vedere cos’è?
Udì di nuovo quel disgustoso rumore viscido a nemmeno due pertiche di distanza.
Pare una secchiata di lumache…
Intanto, la piccola luce s’era fatta più vicina. Era la fiammella di una lanterna appesa di lato a un carro da viaggio, del tipo coperto usato dagli zingari. Il conducente, ripiegato su se stesso, reggeva le redini di un paio di ciuchini che caracollavano lenti.
«Mi venisse la fillossera se ci monto sopra!» borbottò Cannella.
Un grido acuto, come di donna in preda alla sofferenza, riecheggiò nella notte. Dopo alcuni secondi si trasformò in un lungo miagolio che faceva tremare la corteccia.
Lei rimase a bocca aperta e occhi spalancati, i capelli di stoppa le si rizzarono in testa.
Meglio sul carro che nel bosco!
Forzò il ginocchio e camminò più lesta che poteva verso il carro che intanto si avvicinava.
L’urlo straziante salì di nuovo dal sottobosco e ancora una volta divenne un cupo miagolio. Un’ombra scura emerse da un cespuglio di ginestre, con gli occhi enormi che brillavano iniettati di sangue e un raccapricciante rumore di viscere umide.
Cannella incespicò e cadde a terra. Scalciò con l’unico piede buono rimasto e strisciò tra i sassolini della strada battuta.
Il mostro era davanti a lei, nascosto dalle ombre e gli sarebbe bastato un balzo per raggiungerla.
Oh, grande burattinaio!
Cannella avvertì un bolo di clorofilla acida risalire per il gozzo.
Qualcuno l’afferrò per le spalle e la trascinò indietro. Si sentì sollevare per la collottola e poi una porta si chiuse davanti ai suoi occhi.

Si ritrovò sul carro, sballottata da una parte all’altra e immersa nella penombra.
«Ma cosa abbiamo qui?» Una voce in falsetto spezzò il silenzio. «Ciao, bambolina.»
Cannella si riebbe, se non altro perché odiava sentirsi chiamare “bambolina”. Infilò la mano nella giubba e tirò fuori il lungo coltellaccio dal manico d’osso.
Regola numero due. Mai entrare nelle casette isolate dall’aspetto sinistro. Varrà anche per i carri?
Lo sconosciuto emerse da un angolo scuro e fu illuminato dal piccolo lucernario sul tetto.
«Mi presento, sono Barletto. Benvenuta sulla mia umile vettura!»
Fece una riverenza esagerata e, quando si rialzò, Cannella spalancò la bocca per la sorpresa.
«Nella… mi chiamano tutti così.» gli rispose.
Era una marionetta anche lui, di castagno stagionato, bello piallato, con perfino una mano di coppale che gli lucidava il viso e le braccia. I vestiti di fustagno e cuoio erano cuciti su misura e un colletto vaporoso spuntava dal giacchino.
«Devi stare attenta a quella bestiaccia, bambolina.»
Lei era un poco confusa, ma anche infastidita da quel continuo chiamarla “bambolina”.
«Cosa? Che bestiaccia?»
«Ma sì. Quella che ti stava per ghermire. La Gatta gnuda è un mostro davvero disgustoso.»
«Ah, era una Gatta gnuda?»
Il nome di quella creatura delle colline Macelloane le diceva qualcosa, qualcosa d’importante che non ricordava esattamente.
Maledetta testa di segatura che c’ho…
Barletto si avvicinò e si grattò il mento con l’indice.
«Ora che ti guardo bene, bambolina, sei l’opera di un mastro della consorteria di prima classe! Il tuo viso ha delle proporzioni perfette. Peccato per il ginocchio che l’è bello che ito.»
«È che ho avuto qualche disavventura.»
«Sei capitata nel posto giusto, bambolina. Se ti pare, potrei provare ad aggiustarti.»
La terza regola dice di non accettare aiuti disinteressati ma…
Cannella abbassò il coltellaccio e annuì. Dopotutto era una marionetta pure lui.
Barletto aprì un baule e tirò fuori pialla, tenaglia, succhiello, menaruota e almeno tre o quattro tipi di scalpelli. Senza aggiungere altro si chinò ad armeggiare sul ginocchio malandato.
Lei, nel mentre, controllava il resto del carro immerso nel buio. Una finestrella sul davanti mostrava la schiena del cocchiere all’esterno.
«Barletto, chi è che guida?»
«Un altro dei nostri, una marionetta. Siamo una cricca di figli della quercia bianca.»
Per un istante, Cannella si chiese come sarebbe stato essere in una banda di canaglie in cui tutti erano simili a lei. Niente schifezze da esseri umani, niente sguardi allucinati quando era la stagione della resina.
Certo che però… s’è mai vista una marionetta che chiama un’altra “bambolina”? Come se dessi del “figlio di cane” a un omo.
Barletto finì di smontare il perno, le staccò il polpaccio e lo poggiò di lato.
Il carro prese un sasso più grande ed ebbe una scossa. Qualcosa rotolò sul pavimento con un tonfo.
Le parve di distinguere la forma di una mano e, poco distante, il profilo di una testa dal naso sproporzionato.
Tornò a guardare Barletto con un’espressione interrogativa. Lo vide tremare e infine lui sospirò.
«Per-perdono… io ho cer-cercato…»
Cannella allungò la lama del coltellaccio sotto il lucernario.
Un raggio si riflesse sulla lama e colpì il braccio di Barletto. Un lungo filo trasparente brillò nel buio. Era legato al polso e l’altra estremità finiva nell’angolo buio.
Grande burattinaio! Quel “bambolina”… voleva avvertirmi che qualcosa non andava! Sono nel covo di un Mangiafoco!
Barletto l’afferrò per la spalla.
«Ormai sei dei nostri.»
Cannella roteò il coltello e tranciò il filo con uno schiocco.
«Ma vai a marcire!» Rotolò a un metro di distanza tenendo avanti a sé la lama e ringhiò a denti stretti. «Fili avevo ed or non più! Eppur non cado giù!»
Barletto si afflosciò a terra ma i suoi occhi non mostravano altro che dispiacere.
Non poteva fare altro, poveraccio. Era sotto il dominio dei fili.
Dall’angolo buio emerse il vero padrone del carro, alto fino al soffitto e nero come il carbone. Un omone enorme dalla barba lunghissima e scura che si intrecciava con rami e ossa di pollo. Gli occhi di brace puntarono su di lei mentre le dita delle manone danzavano senza fermarsi.
«Eri libera ma ora no! Perché fili io ti darò!»
L’omone le puntò contro la mano sinistra ad artiglio e le lanciò contro un fascio di fili. Uno le si allacciò al gomito e un altro si legò alla giuntura della spalla.
Cannella sentiva la mente annebbiarsi.
Dunque è questo ciò che succede quando i Mangiafoco legano le marionette. Diventare una schiava senza cervello… Ohimè, che malasorte! Ma se devo morire… lo faccio in piè!
Diede un colpo di reni e ruotò facendo perno sulle ginocchia. Afferrò la propria gamba smontata e la sbatacchiò sulla caviglia dell’omone costringendolo ad abbassarsi. Mulinò il coltellaccio e gli tranciò un paio di dita della mano destra.
Il Mangiafoco urlò come un porco sgozzato e i fili magici si spezzarono con un sibilo.
Un istante dopo, il cocchiere sulla panca si accasciò e cadde. Il carro sbandò e si ribaltò di lato.
L’omone azzoppato perse l’equilibrio.
«Maledetti ciuchi! Il fosso! Pelle per tamburi vi faccio diventare!»
Prima che il corpaccione scivolasse in fondo al carro, lei fece in tempo a vibrare un ultimo colpo e recidere i fili che l’avevano legata.
Barletto, esanime, scivolò pure lui con il suo padrone.
Cannella rinfoderò il coltello e si aggrappò con una mano al legno della porticina da cui era entrata. Con una pedata rovesciò il baule degli attrezzi, e prese a lanciarli contro l’omone mostruoso che continuava a tuonare.
«Tronco da stufa che non sei altro! Ti acchiapperò un giorno o l’altro! Ahia!»
Stava per lanciare anche un altro pezzo di legno quando si rese conto che era una gamba di marionetta in rovere. La sbatté contro la porticina che si spalancò di colpo, agganciò il calcagno della gamba in un angolo e la usò per issarsi.
Rotolò all’esterno sul selciato della strada.

Il carro scuro era incuneato nel fosso che correva di fianco al sentiero e i ciuchini, liberi dal giogo, trottavano verso la foresta.
Cannella si alzò sull’unica gamba rimasta, saltellando per mantenere l’equilibrio. Prese fiato e ringhiò di rabbia.
«Io non ho fili eppur sto in piè!» S’accompagnò con un gestaccio blasfemo in direzione del carro.
Il ruggito dell’omone riecheggiò cupo e spaventoso.
Conviene telare! Meglio il bosco del Mangiafoco!
Cannella osservò la gamba di rovere, l’agganciò nell’articolazione vuota e andò a posto con uno scatto.
Si mise a correre zoppicando tra i cespugli e gli sterpi.
Questa volta mi son meritata il posto d’onore nel paese dei Balocchi!
Il rovere era pesante rispetto alla vecchia gamba d’ulivo, ma sarebbe andato bene pur di salvare la corteccia.
Che calcio affibbierò al deretano del capo appena arriverò al covo!
Mentre correva e i rami le sferzavano il viso, vide di nuovo la sagoma felina della Gatta gnuda tra le ombre degli alberi.
Si fermò un attimo e si diede una pacca in fonte con un rumore sordo che suonò a vuoto.
«Regola numero quattro. Dare ascolto al grido della Gatta gnuda che non fa male ma avverte del pericolo. Come ho fatto a dimenticarmene?» Si strinse nelle spalle. «Beh, ma chi ci arriva mai a ricordarsi le regole sopra la terza?»



Malaspina
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Re: Fili non ho più

Messaggio#2 » domenica 19 aprile 2020, 23:46

con più di dieci minuti d'anticipo...

alexandra.fischer
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Re: Fili non ho più

Messaggio#3 » martedì 21 aprile 2020, 21:49

Bellissimo racconto. Mi piace Cannella, la simpatica donna automa zoppa che ha la disavventura di capitare nel carro di Mangiafuoco e dei burattini. Ecco perché tanto interesse da parte di Barletto nel curarla. Invece, la Gatta Ignuda (di certo imparentata con il Bigatto, vista la descrizione che ne dai, felina sì, ma rettilesca). Bello il suo messaggio di fondo, dopo la lotta contro Mangiafuoco: meglio senza una gamba che senza libertà e personalità. Peccato abbia fallito la missione contro il Bigatto. Mi è piaciuto il vernacolo, che ha reso tutto il racconto godibile.

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Davide Di Tullio
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Re: Fili non ho più

Messaggio#4 » venerdì 24 aprile 2020, 10:36

Ciao Malaspina, piacere di leggerti!

Allora il racconto ha un suo perché. Mi piace moltissimo l´idea del burattino femmina di ispirazione collodiana. Trovo la storia abbastanza originale. Hai preso spunto da una famosa narrazione per crearne una tua. un operazione che fanno moltissimi scrittori e che trova il mio favore (una storia puó avere ispirazioni inequivocabili, ma essere assolutamente originale).
Le scene d´azione sono ben descritte. Anche i dialoghi e i personaggi sono convincenti.
Ho trovato solo qualche incongruenza logico-narrativa:

Malaspina ha scritto:Udì di nuovo quel disgustoso rumore viscido a nemmeno due pertiche di distanza


Ho provato ad immaginare come fosse un "rumore viscido", ma davvero non ci sono riuscito. Il rumore accostato all´aggettivo viscido mi pare un operazione semantica davvero ardita. Ma non é tanto questo il punto. La questione é vedere se risulta efficace e, dal mio punto di vista, non lo é. Tecnicamente sarebbe una "sinestesia", molto usata in poesia, ma anche in un certo tipo di prosa, solo che qui non mi pare il contesto migliore.

Malaspina ha scritto:L’urlo straziante salì di nuovo dal sottobosco e ancora una volta divenne un cupo miagolio. Un’ombra scura emerse da un cespuglio di ginestre, con gli occhi enormi che brillavano iniettati di sangue


Vista l´oscuritá, posso capire gli occhi che brillano alla luce della luna (parliamo fondamentalmente di un grande gatto), ma come fa la protagonista a vedere gli occhi iniettati di sangue? Mi sembra un immagine poco realistica

Veniamo infine alla conclusione. Forse avresti potuto trovare qualcosa di piú solido. Tutte le peripezie della povera marionetta sono causate da una "dimenticanza" su un qualcosa di molto importante oltretutto. Anche questa spiegazione mi pare un po incoerente (ovviamente questo é il mio punto di vista). Dopo tutto quello che accaduto, all´improvvioso alla sagace burattina torna la memoria... mah mi sembra davvero un epilogo bizzarro.

al di la di questo, nel complesso il racconto ha un buon potenziale.

a rileggerci!

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roberto.ferrarese
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Re: Fili non ho più

Messaggio#5 » venerdì 24 aprile 2020, 11:32

Ciao Malaspina,
devi sapere che tra le novità del mondo di Brancalonia, la razza delle marionette era la cosa che mi convinceva meno. Complimenti per avermi fatto cambiare idea!
Penso che la tua storia sia una delle più originali e meglio raccontate. In un abbondare di protagonisti con gambe ferite, il perno rotto del ginocchio di Cannella è, secondo me, l'espediente migliore e più funzionale alla storia. Trovo tutti i personaggi ben caratterizzati, compresa la gatta gnuda, funzionale a creare il depistaggio iniziale e che, sempre a parer mio, ti permette di chiudere molto bene la storia (per una volta ben contenuta nei 10000 caratteri).
Insomma, se proprio devo trovarci una critica, ma proprio a cercare, il nome Cannella abbreviato in Nella.
Penso sia chiaro che il tuo racconto è quello che mi è piaciuto più di tutti (a parte il mio, eh!), non solo nel tuo ottimo girone, ma in assoluto.
Ro.

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Wladimiro Borchi
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Re: Fili non ho più

Messaggio#6 » venerdì 24 aprile 2020, 14:07

Ciao Malaspina.
Ma che carino questo racconto!
Hai citato con eleganza creando qualcosa di assolutamente nuovo, con una carica simbolica davvero notevole, senza dimenticare di darci un bel po' di azione e dialoghi credibili e in linea con l'ambientazione.
L'unica pecca è da ravvisarsi, forse, nella prosa, troppo fiabesca e poco Bracalonica, per come almeno l'ho intesa io.
Da questo punto di vista, forse, seppur si tratta di un ottimo racconto, non lo considero tra i più attinenti al tema dato.
A rileggerci presto
Wladimiro
IMBUTO!!!

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Pretorian
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Re: Fili non ho più

Messaggio#7 » venerdì 24 aprile 2020, 20:24

Malaspina, devo farti i miei più sinceri complimenti. Sei riuscita a prendere uno spunto che facilmente avrebbe potuto essere portato verso la comicità puro e lo hai portato verso un fantasy puro con venature fiabesche. La narrazione è eccellente e il modo con cui hai trattato il rapporto tra marionette e mangiafoco è stato magistrale. Non conosco il modo in cui le marionette sono implementate in Brancalona, ma a me questa storia ha fatto pensare ai burattini di Sine Requie (se non conosci il gioco, te lo consiglio) e mi ha davvero colpito in positivo. Se proprio posso muoverti una critica, il fatto che alla fine Cannella si ricordi che la Gatta Ignuda avvisa dei pericoli suona abbastanza forzato. Ma è solo un dettaglio.

Alla prossima!

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invernomuto
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Re: Fili non ho più

Messaggio#8 » venerdì 24 aprile 2020, 22:24

Ciao Malaspina!

Che bella storia e che bella protagonista! Hai gestito la la coreografia e la regia delle scene di combattimento magistralmente – è una cosa a cui presto particolare attenzione – e mi ha fatto piacerissimo vedere che, pur in storie così differenti, abbiamo avuto qualche spunto e soluzione in comune.
Concordo con altri, però: il punto di forza del tuo racconto è anche, curiosamente, la sua debolezza: hai una prosa delicata ed evocativa che si sposa poco col mondo rude e spigoloso di Brancalonia!

AnDrITomma
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Re: Fili non ho più

Messaggio#9 » sabato 25 aprile 2020, 20:05

Complimenti Malaspina,
ottimo racconto, sia a livello narrativo, che contestualizzando nell'universo di Brancalonia, dove la marionetta sarà una razza giocabile. In tal senso ho apprezzato molto la coerenza con il tema originario del contest, fortemente presente in questo più che in altri racconti.
Per il resto il racconto scorre bene, con un ottimo utilizzo del lessico e una componente descrittiva che ben caratterizza tutti i personaggi e le situazioni, nonostante la brevità dello scritto. Piacevole e corretto l'utilizzo di alcuni termini del dialetto toscano, che va a costituire quell'elemento di gradimento in più.

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