Il processo di Frine

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teoz
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Il processo di Frine

Messaggio#1 » martedì 14 luglio 2020, 21:20

Gli areopagiti sedevano in semicerchio davanti a me, i chitoni rossi increspati dalla brezza che filtrava attraverso il colonnato del tempio. Alcuni si sporgevano di lato per parlottare con il vicino. Altri scuotevano la testa canuta. Altri ancora puntavano gli indici rinsecchiti nella mia direzione. Sullo sfondo, maestosa sopra il suo piedistallo di marmo, la statua della Giustizia teneva sospesa sopra le loro teste una grossa bilancia a due bracci.
«Confidi di dire qualcosa anche tu, prima che la nobile Selene inizi a tingere d’argento i tetti dell’Acropoli, o devo arrangiarmi per conto mio?» brontolò Frine al mio fianco, battendo polemicamente la suola di un sandalo sul pavimento.
Alla nostra destra, il querelante soffocò una risata dietro il palmo di una mano.
A quanto pareva, la situazione lo divertiva parecchio. Buon per lui. Io avevo solo una gran voglia di mettermi a piangere. A un novellino come il sottoscritto potevi tutt’al più chiedere di difendere un rubagalline qualunque da un’accusa di furto. Ma un processo per empietà… be’, no, quello era roba per retori di prim’ordine. La colpa della mia cliente? Aver fatto il bagno nuda in un lago. La pena richiesta dall’accusa? La morte.
Ora, si fosse trattato di una vecchia cariatide dalla pelle incartapecorita, avrei anche potuto capire. Ma Frine era in assoluto la donna più sensuale mai nata in terra di Grecia dai tempi di Elena di Sparta. Molti la consideravano addirittura più bella della stessa Afrodite.
Scossi la testa. «Non si preoccupi, signorina. Lasci fare a me. Ho diverse frecce al mio arco» mentii nel tentativo di non farle perdere la speranza. «D’altronde, se il maestro Iperide ha deciso di passare il caso proprio a me, dovrà pur esserci un motivo, non crede?»
«E a chi altri avrebbe dovuto passarlo, di grazia? Sei il suo unico allievo».
Vero anche quello, in effetti.
Goccioline di sudore presero a scivolarmi lungo la schiena. La pelle sotto le ascelle si fece sempre più umida. Ci fosse stato lì il mio maestro, avrebbe trovato il modo di persuadere i giurati a emettere un verdetto di assoluzione in un baleno.
Ma non c’era.
Giusto il pomeriggio del giorno prima eravamo stati al ginnasio a sfidarci nel lancio del giavellotto per stemperare un po’ la tensione. In prossimità dell’ingresso, incisa su una spessa lastra di marmo, spiccava la scritta ‘La cosa essenziale non è la vittoria ma la certezza di essersi battuti bene’. E, come al solito, il mio maestro doveva essersi dimenticato di leggerla, dal momento che aveva accompagnato ogni lancio (compreso quello con il quale aveva aperto un foro nel cespuglio di capelli che un altro frequentatore del ginnasio aveva sulla testa) con frasi del tipo: «Guarda là! Persino il grande Agamennone non avrebbe saputo fare di meglio, non trovi?» o «Avessero avuto al loro fianco un lanciatore della mia abilità, sta’ pur certo che Leonida e i suoi uomini avrebbero fatto ritorno a Sparta sani e salvi». Ma dal momento che un maestro felice, di norma, è anche un maestro più comprensivo, l’avevo lasciato vincere con un ampio margine, guadagnandomi così un invito a cena per quella sera stessa.
Cena che era durata meno della partecipazione di Protesilao alla guerra di Troia. Colpito da lancinanti crampi allo stomaco, Iperide aveva infatti trascorso il resto della serata a vomitare nel giardino di casa, invocando invano l’aiuto del divino Asclepio. Tutta colpa delle ostriche, avevo subito dedotto, dal momento che io, che non le avevo mangiate, stavo benissimo. E così, nella breve pausa tra un rigurgito e l’altro, il maestro non aveva potuto fare altro che affidare a me il delicato compito di difendere la bella Frine, l’indomani mattina.
Compito del quale avrei fatto volentieri a meno, nel caso non si fosse capito.
Mentre ancora mi scervellavo per decidere come iniziare la mia arringa, il ronzante chiacchiericcio dei giurati cessò. Il vecchio seduto nel mezzo del semicerchio puntò le mani sui braccioli del suo klismós e, facendo forza su di essi, si alzò in piedi. «La difesa ha compreso che è arrivato il suo turno di rivolgersi alla giuria?» domandò in tono solenne.
Frine mi diede un’occhiataccia e incrociò le braccia al petto. «Ah, allora non sono l’unica a chiedermelo, qui dentro». Quindi mi poggiò le mani sulle spalle e iniziò a scuotermi. «Possibile che tu non abbia qualcosa di anche solo vagamente intelligente da dire? Mi sembrava di aver capito che avessi ancora diverse frecce al tuo arco. Non me ne intendo granché di processi, ma credo che sia arrivato il momento di usarne qualcuna».
Non appena il mio corpo tornò allo stato di quiete e i miei denti smisero di battere, annuii titubante e avanzai verso l’areopagita. La verità, ahimè, è che c’era ben poco da dire. Il destino della mia cliente era già bello che segnato. Ancora qualche minuto e Caronte avrebbe avuto un passeggero in più a bordo della sua scricchiolante bagnarola. Ma d’altronde non potevo certo dirle: «Tenga a portata di mano l’Obolo da offrire al traghettatore d’Oltretomba, signorina. Le servirà molto presto». Con il caratteraccio che si ritrovava, meglio non correre rischi.
Inspirai. Nemmeno l’amato profumo degli ulivi mi era di qualche conforto, in quel momento.
Mi fermai davanti al mio interlocutore. Nel segreto della mente pregai la divina Atena di suggerirmi una frase d’apertura memorabile, una frase capace di lasciare a bocca aperta i giurati e ‒ perché no? ‒ di ribaltare le sorti del processo. All’improvviso sentii i pensieri rimescolarsi vorticosamente come le acque abitate da Cariddi. Che Atena avesse dunque deciso di ascoltare la mia preghiera? C’era solo un modo per scoprirlo. Parlai.
«Non le ruberò molto tempo, signore. Ci tenevo solo a dire a lei e al resto degli illustri giurati che la mia cliente è innocente».
Ehm, no, certo che non mi aveva ascoltato. Mi sembrava strano, infatti.
I giurati presero a guardare i propri vicini con aria sbalordita e a parlottare tra loro.
«E tu saresti l’allievo prediletto del grande Iperide?» rise il querelante, la testa rovesciata all’indietro, le mani premute sull’addome. «Mai sentita una frase d’apertura più patetica di questa! Non vedo l’ora di uscire da qui per raccontarlo a ogni singolo cittadino ateniese che incontro. Presto il tuo maestro diventerà lo zimbello della città, vedrai!»
Un po’ meno in vena di risate era Frine. «Dèi immortali! E questa sarebbe una delle tue famose frecce?!» sbottò. «Più di duemila Dracme di onorario per sentirti dire cose che avrei potuto tranquillamente dire anche io, e senza sborsare un soldo per giunta? Avessi tra le mie rosee dita una freccia vera, saprei io come impiegarla al meglio, razza di buono a nulla che non sei altro!»
Mi passai il dorso di una mano sulla fronte rimuovendo la pellicola di sudore che la inumidiva. I pensieri tornarono a rimescolarsi all’interno della calotta cranica, sempre più veloci. Provai a concentrarmi. Mi vennero in mente in rapida successione: gli areopagiti che emettevano un verdetto di condanna; Frine che mi si scagliava contro stringendomi le dita intorno alla gola; Thanatos che mi scortava fino ai cancelli dell’Ade; Frine che, varcati quegli stessi cancelli, mi inseguiva lungo tutta la sponda dell’Acheronte per vedere se riusciva a uccidermi una seconda volta; Caronte che, remo in pugno, ci rincorreva con occhi di brace per il gran fuggifuggi di anime che stavamo causando…
Poi ebbi un’idea. Dal momento che non sapevo cosa dire, tanto valeva iniziare sollevando le obiezioni più banali, quelle che anche il più idiota degli uomini, venendosi a trovare in una situazione del genere, avrebbe pensato di sollevare per tentare di salvarsi la pelle. L’areopagita non avrebbero avuto alcuna difficoltà a trovare una replica adatta, è vero. Ma almeno avrei guadagnato del tempo prezioso per elaborare una difesa un po’ più efficace. O almeno così speravo.
«È vero» proseguii facendo di sì con la testa, «si è immersa nuda nelle acque di un lago. Ma questo non è forse un comportamento del tutto naturale? Voialtri, esimi giurati, fate forse il bagno vestiti?»
Dalla giuria si levarono brusii di disapprovazione.
Non se lo aspettavano, glielo si leggeva in faccia che erano rimasti spiazzati.
«Sa meglio di me che il problema non è in che modo l’imputata fa il bagno» precisò subito l’areopagita, mettendo a tacere i colleghi con un perentorio cenno della mano. «Il problema è dove lo fa».
Diversi degli areopagiti alle sue spalle annuirono, subito imitati dal querelante.
Che velocità, eh? Non avevo ancora fatto in tempo a pensare alla mia prossima mossa che era di nuovo il mio turno. Non ci fossero state in ballo la vita della mia cliente, la reputazione del mio maestro e la mia stessa carriera, avrei anche potuto trovare il tempo di restare affascinato dall’abilità di quell'uomo. Ma non mi diedi per vinto.
«Era una giornata molto calda, signore» ribattei.
«Ciò nonostante l’imputata non aveva alcun diritto di immergersi nel lago di Poseidone».
Già, in effetti non l’aveva. Anche se…
«Non era sua intenzione mancare di rispetto a nessuno, signore» replicai. «Tanto meno al dio del mare, gliel’assicuro. Ma il caldo era davvero insopportabile. E sopraffatta com’era dal desiderio di rinfrescarsi, non ha riconosciuto il lago. Vede, la mia cliente è originaria di Tespie e…»
«È dunque questa, la sua difesa?» aggrottò la fronte l’areopagita. «L’imputata ha profanato il lago del dio del mare perché è straniera e non ha familiarità con i nostri luoghi sacri?»
Certo che la mia difesa era quella. Ne avessi avuta una migliore, l’avrei usata, no?
Annuii. «Esatto, signore. In quanto cittadina straniera, la mia cliente non poteva immaginare che quello fosse il lago di Poseidone».
L’areopagita inarcò un sopracciglio. «Non crede che il tempio che sorge in prossimità del lago e la gigantesca statua del dio del mare che ne sorveglia l’ingresso armata di tridente avrebbero dovuto quanto meno farle venire un sospetto?»
Deglutii. Non male, come obiezione. Spiazzato e a corto di idee, mi voltai verso Frine, che prese a scuotere disperatamente la testa.
Giusto. Negare. Negare sempre. Anche l’evidenza.
«Ehm, so che le sembrerà incredibile, signore» ‒ tornai a guardare il mio interlocutore negli occhi ‒ «ma la mia cliente giura di non aver notato né l’uno né l’altra».
L’areopagita sospirò e scosse la testa. «Be’, mi riesce davvero difficile crederlo, dal momento che i marinai li distinguono senza alcuna difficoltà quando ancora le loro imbarcazioni si trovano a svariati stadi di distanza dalla costa».
Ma quanto poteva essere puntiglioso, quel vecchietto? Mi strinsi nelle spalle. «Quel giorno il sole ardeva più della fucina di Efesto, signore» buttai lì senza troppa convinzione. «La luce era così abbagliante che deve aver temporaneamente compromesso la vista della mia cliente».
Ne ero certo: se solo ne avessero avuto la possibilità, Lisia e gli altri padri della Retorica sarebbero riemersi dal sonno della morte con il preciso intento di venire a schiaffeggiarmi per quello che avevo appena avuto il coraggio di sostenere. Ma per fortuna i cancelli dell’Ade erano ben sorvegliati, quindi non accadde nulla.
L’areopagita emise un mugolio perplesso. «Curioso che questa sua temporanea indisposizione non le abbia impedito di nuotare come una Nereide, come ci hanno appena riferito i testimoni chiamati a deporre dall’accusa. Se le cose stessero davvero come dice lei, a quest’ora la sua cliente dovrebbe giacere esanime sul fondo del lago, non crede?»
Era arrivato il momento di giocarsi il tutto per tutto. Sperando che Cerbero continuasse a impedire a schiere oltremondane di retori di venire a reclamare il mio sangue, replicai: «‘Curioso’ dice? Non saprei, signore. In fondo, se pensa che per un certo periodo di tempo persino un cadavere è in grado di galleggiare senza problemi, non vedo perché non avrebbe dovuto riuscirci la mia cliente, quantunque indisposta».
I giurati, che fino a quel momento erano intenti a bisbigliare parole nelle orecchie dei loro vicini, ammutolirono all’istante e si voltarono a guardarmi con le bocche semiaperte. La statua della Giustizia sembrò sul punto di farsi scappare di mano la bilancia per lo stupore.
«Non può averlo detto davvero…» squittì Frine alle mie spalle.
«Oh, l’ha detto eccome!» sghignazzò il querelante, tutto contento.
«Adesso lo ammazzo!» sbraitò Frine. «Giuro che adesso vado lì e lo ammazzo! Così almeno questo tribunale avrà finalmente una ragione valida per condannarmi!»
Assai più pacata fu la reazione del mio interlocutore, che si limitò ad aggrottare la fronte e a massaggiarsi il mento per qualche istante, il labbro inferiore rovesciato all’infuori. «Mmm, teoria affascinante» borbottò annuendo, infine. «Alquanto bizzarra, in effetti. Ma a suo modo affascinante».
«Eh?!» esclamò Frine.
«Cosa?!» si meravigliò il querelante.
«Ehm, dice davvero?» domandai io grattandomi una guancia, la fronte aggrottata. Sì, insomma, davvero era bastato così poco per convincerlo? Davvero l’inoppugnabilità della mia argomentazione era tale da mettere con le spalle al muro uno dei membri più anziani dell’Areopago? E dire che l’avevo buttata lì senza troppe pretese, tanto per non lasciare nulla di intentato.
Ringalluzzito da quanto era appena accaduto, mi voltai verso Frine e le sorrisi. Lei però non sembrava affatto felice. Aveva gli occhi spiritati, i pugni le tremavano lungo i fianchi, le nocche erano più bianche del peplo della divina Artemide. Per un istante ebbi persino l’impressione di sentirla maledire l’istante in cui aveva acconsentito ad affidare a me il compito di difenderla.
Ma sicuramente avevo capito male. Dopotutto ero a un passo dal farla assolvere.
Presi quindi a guardare la giuria con rinnovato ottimismo. L’areopagita tornò a sedere e intrecciò le dita delle mani in grembo. «Molto bene, esimi colleghi» disse guardando dapprima gli uomini seduti alla sua destra, e poi anche quelli alla sua sinistra. «Dopo quelle dell’accusa, avete avuto modo di ascoltare anche le ragioni della difesa. È giunto il momento che questo sacro tribunale si pronunci. Che i divini Olimpi illuminino le nostre menti e ci permettano di emettere un verdetto secondo giustizia. Dunque, Arpocrazione, come giudichi l’imputata?»
Guardai Frine da sopra la spalla e annuii per rassicurarla che sarebbe andato tutto per il meglio.
«Colpevole, signore».
Girai di colpo la testa, gli occhi sgranati. «Come sarebbe a dire "colpevole"?» dissi indignato, le braccia spalancate per l’incredulità. «Ma se poco fa…»
«Silenzio!» tuonò il vecchio seduto al centro del semicerchio, battendo un pugno su uno dei braccioli del suo klismós. «Il suo maestro non le ha insegnato come conviene che ci si comporti dinanzi a questo sacro consesso? Le è stata concessa la possibilità di esporre le ragioni della sua cliente. Ora lasci che i miei nobili colleghi esprimano il loro giudizio senza interromperli».
Il vecchio Arpocrazione scosse la testa, passò lo scettro del giudizio al vicino e si rimise a sedere.
«Concordo con il nobile Arpocrazione. L’imputata è certamente colpevole» disse l’uomo, poco prima di cedere lo scettro al giurato successivo.
«Colpevole» sentenziò lapidario quest’ultimo, tenendo lo scettro sollevato vicino al viso.
In preda alla disperazione, mi voltai verso Frine. Un’Erinni in assetto da combattimento avrebbe avuto un’espressione di gran lunga più amichevole della sua. Le corsi incontro a braccia spalancate nel tentativo di provare a placarne l’ira funesta e…
… inciampai.
Il mio corpo si sbilanciò in avanti. Mulinai disperatamente le braccia nel tentativo di recuperare l’equilibrio, ma ormai ero in caduta libera come Icaro sopra l’Egeo.
Finché trovai un appiglio. Mi ci aggrappai con tutte le forze.
Nel tempio si udì il rumore di uno strappo.
Le mie ginocchia cozzarono contro il duro pavimento di pietra. Fitte di dolore presero ad attraversarle in ogni direzione. Ma non era quello a preoccuparmi, in quel momento.
Lanciai un’occhiata disperata all’oggetto che stringevo tra le mani. Si trattava di un grosso brandello di stoffa. Un grosso brandello di stoffa che assomigliava pericolosamente alla parte superiore del peplo di Frine.
Ops.
Nel tempio si udirono urla, versi strozzati e anche diversi tonfi.
«Per i calzari alati di Ermes!» gridò qualcuno alle mie spalle. «Guardate là!»
«Che Thanatos mi colga in questo preciso momento se ho mai visto qualcosa di più bello!» esclamò qualcun altro.
«La divina Afrodite si è compiaciuta di concedere a questa donna una bellezza pari alla Sua! Nessuna mortale potrebbe avere un corpo tanto perfetto, se non per volontà di Colei che della Bellezza è la sovrana!» sentenziò un altro ancora. «Nessuna mortale potrebbe fare questo, se non godesse del favore degli dèi!»
Questo? Mi voltai verso la giuria per cercare di capire che cosa intendesse dire.
Una decina di giurati era riversa a faccia in giù sul pavimento e non dava più alcun segno di vita. Altrettanti erano quelli afflosciati sui braccioli dei loro klismós con gli occhi sbarrati. Numerosi erano gli areopagiti che tentavano di arginare come meglio potevano i fiotti di sangue che continuavano a fuoriuscire dalle loro narici. Diversi boccheggiavano a più non posso artigliandosi il chitone all’altezza del cuore. Sulla destra, uno sparuto gruppetto di superstiti guardava verso di noi con aria impaurita.
Più che di Afrodite, quella carneficina pareva opera di Ares. Ma il fatto che gli areopagiti attribuissero l’accaduto a un intervento divino non poteva che giocare a mio favore.
«È senza dubbio così! La divina Afrodite è intervenuta in favore di questa donna. Assolviamola, esimi colleghi» disse uno di costoro. «Assolviamola prima che la Sua ira si abbatta anche su di noi!»
«Sagge sono le tue parole, nobile Iseo» disse l’uomo vicino a lui. «La si assolva, dunque. Come potremmo infatti noi, miseri mortali, essere tanto empi da ignorare un simile prodigio? Come possiamo pretendere di condannarla, esimi colleghi, quando gli dèi hanno appena dato prova di non scorgere in lei alcuna colpa?»
«Innocente, esimi colleghi! Innocente!» gridò d’un tratto un vecchio con la pelle del cranio ricoperta da chiazze scure.
«Assolutamente!» gli diede manforte un vecchio ingobbito, prostrandosi con la faccia a terra. «Quale inaudito delitto rischiavamo di commettere! Perdonaci, divina Afrodite, se non abbiamo riconosciuto subito la tua favorita!»
«Non per colpa nostra, nobile Dinarco!» lo rincuorò un altro giurato. «La colpa è tutta del querelante. Lui ci ha raggirati tenendoci nascosta la vera identità dell’imputata».
«Con la cicuta!» prese a dire un vecchio dai capelli radi agitando un pugno grinzoso sopra la testa. «Ecco come merita di morire una serpe di tal fatta!»
«Troppo poco, nobile Grillione. Troppo poco! Gli si leghino mani e piedi e lo si getti a capofitto giù da una rupe, piuttosto!» suggerì l’uomo al suo fianco. «O dèi, quale orribile delitto stava per farci commettere, quello scellerato!»
Nell’udire quelle parole, il querelante dapprima indietreggiò guardingo verso il colonnato, quindi si voltò e si precipitò fuori dal tempio a tutta velocità, inseguito da un paio di bellicosi vecchietti armati di bastone.
Sollevai un braccio e, mantenendo lo sguardo rispettosamente rivolto verso il pavimento, porsi il pezzo mancante del peplo a Frine, che me lo strappò di mano con una certa brutalità.
Mi grattai la nuca e provai a buttarla sul ridere. «I vantaggi dell’affrontare una situazione di petto, eh?»
Ultima modifica di teoz il mercoledì 15 luglio 2020, 11:00, modificato 2 volte in totale.



teoz
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Re: Il processo di Frine

Messaggio#2 » martedì 14 luglio 2020, 21:33

Evento storico: il processo di Frine venne celebrato ad Atene nel 335 a.C.

Bonus

Disciplina olimpica: il giorno prima del processo il protagonista si esercita nel lancio del giavellotto.
De Coubertin: all'ingresso del ginnasio è presente una lastra di marmo sulla quale è incisa la seguente scritta: 'La cosa essenziale non è la vittoria ma la certezza di essersi battuti bene'.

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wladimiro.borchi
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Re: Il processo di Frine

Messaggio#3 » venerdì 17 luglio 2020, 9:42

Ciao Teoz, piacere di leggerti.
Il tuo è un racconto difficile da giudicare.
Sicuramente riuscita è la gag che vuole il disvelamento del seno di Frine dinanzi ai giurati come la conseguenza di una caduta, anziché come ultimo atto difensivo e ragionato dal protagonista.
Quello che non ho apprezzato fino in fondo è lo stile "cartone animato".
Sono sicuro che dietro c'è una volontà esplicita in tal senso, lo si deduce in maniera forte quando ai giurati esce il sangue dal naso alla "hentai maniera". Lo stile, di conseguenza, è volutamente molto leggero e questo mi piace, però in alcuni punti non sei riuscito a tenerlo fino in fondo.
Ti faccio un esempio. Frine esordisce in pieno stile "antico" ("«Confidi di dire qualcosa anche tu, prima che la nobile Selene inizi a tingere d’argento i tetti dell’Acropoli, o devo arrangiarmi per conto mio?»"), le battute che seguono sono invece tremendamente colloquiali ("«Non si preoccupi, signorina. Lasci fare a me. Ho diverse frecce al mio arco»").
Questa alternanza tra antichi sapori e "cartone animato" perdura per tutto il racconto, contribuendo a non definirne fino in fondo lo stile.
Peraltro questa ricerca di leggerezza non ci consente di empatizzare in alcun modo con i protagonisti.
Frine a breve morirà, ma non cogliamo alcuna disperazione, anzi, sembra "nonna Era" di Pollon, che fa fumo dalle orecchie perché è arrabbiata con "nonno Zeus".
Il protagonista è l'avvocato dei "Simpson", sembra del tutto incurante della sorte della cliente e la sua preoccupazione più grande pare solo quella di non uscirne con una figura troppo cacina. Avere la pelle di una persona tra le mani deve essere terribile. Lo dico per esperienza. In Italia non abbiamo la pena di morte, ma già sapere che da un tuo errore possono dipendere decine di anni da galera è roba che non ti fa dormire la notte, te lo garantisco.
Tutto, secondo me, era nei tuoi piani, il che rende il racconto godibile e divertente, come una puntata dei Simpson, appunto. Non arriva, però, alcuna emozione e la narrativa, oltre a divertire, dovrebbe emozionare.
I bonus, con l'espediente della gara di giavellotto il giorno prima del processo, sono davvero appiccicati e messi lì, senza alcuna attinenza al racconto.
Nel complesso una prova più che sufficiente, divertente e snella, ma nel tuo gruppo, ahimè, ho letto di meglio.
A rileggerci presto.
Wladimiro

teoz
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Re: Il processo di Frine

Messaggio#4 » venerdì 17 luglio 2020, 11:27

Ciao, Wladimiro. Ti ringrazio per aver letto il racconto e per aver espresso i tuoi commenti. Mi hai dato modo di prendere atto di alcuni aspetti che mi erano sfuggiti e che, effettivamente, sono sensati. Come giustamente sottolinei, mi sono iscritto solo pochi giorni fa, non conosco nessuno degli utenti e, proprio per questo, mi sento libero di esprimere un parere (opinabile, certo) sul tuo modo di valutare i racconti. «Stante il livello della tenzone mi sono ripromesso di fare le pulci a tutti» hai dichiarato poco prima di commentare il racconto OR di Polly Russel. È cosa buona e giusta, mi sono detto appena l’ho letto, finalmente qualcuno che non le manda a dire. Salvo poi scoprire che le cose non stavano esattamente così. Ora, dal momento che non mi piace parlare a vanvera, di seguito elencherò punto per punto «le pulci» (se così vogliamo chiamarle) che ti sono sfuggite. Nel tuo commento esalti la trama, lo stile, la «tecnica davvero notevole», le «immagini evocative di una perfezione invidiabile» usate dall’autrice. Tutto molto bello… ma la grammatica? Essendo questa una sfida letteraria, il primo parametro da prendere in considerazione in fase di valutazione non dovrebbe essere proprio la capacità di usare in modo corretto la grammatica italiana? Tu qui non sei chiamato (qualcuno mi corregga se sbaglio) a valutare le idee che stanno alla base dei nostri racconti o la genialità delle immagini da noi usate. Non in prima battuta, perlomeno. Tu qui sei chiamato a valutare anzitutto il testo (ortografia, sintassi e punteggiatura). E solo se il testo passa questa prima (decisiva!) selezione, allora ha senso discutere di show don’t tell, flashback, colpo di scena, stile ecc. Non so quale sia la tua conoscenza del mondo editoriale, ma, per quello che ne so io, l’editor di una qualunque casa editrice non sarebbe mai arrivato ad apprezzare le immagini evocative di cui tu parli. E questo, naturalmente, perché avrebbe interrotto la lettura molto, molto prima (verosimilmente dopo la seconda virgola messa tra soggetto e verbo). Sì, perché uno scrittore potrà anche sapere usare tutte le «immagini evocative» che ti pare, ma se per 6 volte (non 1, non 2, 6!) mette la virgola tra soggetto e verbo, be’, il racconto non può essere né «stupendo» né «uno dei più bei racconti mai scritti dall’autrice» (a meno che tu intendessi dire che gli altri erano peggio). Nella fattispecie, nel testo sono presenti le seguenti frasi:

a) una piacevole sensazione di calore sul collo, lo informò che…
b) dove una decina di soldati e un paio di ufficiali, annotavano nome e numero dei prigionieri
c)«Però a quel punto è sembrato che tutti gli aspiranti pugili del campo, avessero voglia di provare a battermi».
d) I walzer e gli assoli di violoncello, davano al campo un aria (qui mancherebbe anche un apostrofo) di serenità malsana.
e) Alla bracca, Johann, ci arrivò sulle gambe ma non riuscì a raggiungere la branda.
f) Johann, abbassò la guardia, socchiuse gli occhi…

Per non parlare di:
g) «meglio che rimani in baracca» (‘meglio che’ non dovrebbe reggere il congiuntivo?)
h) «Te lo dicevo che c’è ne erano altri» (c’è al posto di ce)
i) Un aria (vedi punto d)
l) «Voglio rimanere vivo quanto te, nessun alzata di testa» (l’apostrofo?)
E poi perché mai, ogni volta che un discorso diretto si conclude con ! o con ?, la prima lettera del verbo che lo segue dovrebbe essere scritta in maiuscolo? In questo caso le caporali costituiscono una sorta di «zona franca», se così si può dire. Basta aprire un qualsiasi testo di narrativa per accorgersene. L’autrice scrive:
n) «Lo toglieremo di lì stasera.» Sentenziò l’uomo che lo seguiva…
o) «Detenuto Trollmann!» Gracidò un soldato senza nemmeno entrare.
p) «No.» Sussurrò, e un istante dopo dormiva.
q) «Quale francese?» Sottolineò Cornelius.
r) «Magari tra un po’.» Sussurrò con gli occhi chiusi.

Vediamo ora degli esempi di dialogo tratti da diversi romanzi:
1) «Lo fai apposta!» proruppe Beverly, impaurita (Stephen King, IT, Sperling & Kupfer)
2) «Basta!» disse Beatty. «Dove sono?» (Ray Bradbury, Fahrenheit 451, Mondadori)
3) «Ci vediamo l’estate prossima!» gridò Harry (JK Rowling, HP e la camera dei segreti, Salani)
3)«Per la pancia?» s’informò Eddie (Stephen King , IT, Sperling & Kupfer)
5) «È spaventato, vero?» chiese Avery (John Grisham, Il socio, Mondadori)
6) «I gesuiti si confessano?» domandò Chris (William Peter Blatty, L’esorcista, Fazi)

Come si può vedere, se il verbo che segue il «…!» o il «…?» è un verbo ‘di dire’, la prima lettera di tale verbo non vuole la maiuscola. Lo stesso discorso vale anche per il punto semplice. Ho riportato volutamente l’indicazione delle case editrici per segnalare che qui non stiamo parlando di una scelta prettamente stilistica (come invece potrebbe essere quella di mettere il punto fuori dalle caporali anziché all’interno), ma di una precisa convenzione. Perciò, se un’autrice scrive quello che ha scritto Polly (in questo caso era lei, ma il discorso vale anche per me e per gli altri autori, ovviamente), mi aspetto che chi è incaricato di valutarla: (a) glielo segnali affinché possa migliorare; e (b) ne tenga conto in fase di valutazione. Insomma, qui non stiamo parlando di semplici refusi (quelli, purtroppo, capitano a tutti). Qui stiamo parlando di problemi un po’ più seri. Conosci l’autrice da diversi anni e sai che può fare meglio di così? Sono contento per lei. Ma a noi che gareggiamo ‘contro di lei’ (sì, è antipatico da dire, ma questa è pur sempre una gara) sinceramente interessa poco. Perché, ripeto, tu qui non sei chiamato a valutare quello che ciascuno di noi sarà in grado di scrivere un domani, prestando magari un po’ più di attenzione. Tu qui sei chiamato a valutare quello che abbiamo scritto oggi.
Visto che il livello della sfida impone di fare le pulci a tutti, ci sarebbe poi da segnalare anche la seguente frase:

s) il campanello del primo round risuonò nelle orecchie e nel petto, si scosse (chi? Il campanello?), strizzò
gli occhi (sempre il campanello, a giudicare dalla struttura della frase) e si portò al centro del quadrato
(vedi le precedenti obiezioni).

Arrivati a questo punto, le spiegazioni di queste tue omissioni possono essere solamente 3. E, ahimè, sono una più antipatica dell’altra. La prima è che non hai riconosciuto nessuno di questi errori, ma voglio sperare che non sia così. La seconda è che li hai riconosciuti, ma non ti sono sembrati così gravi da mettere in discussione il tuo giudizio. Ma allora dovresti spiegarci perché poi a StefanoPais segnali le ‘d’ eufoniche (cioè un errore di gran lunga meno importante). La terza (e più antipatica) è che li hai riconosciuti, ti sono sembrati gravi e hai comunque scelto di passarci sopra perché in fondo il racconto l’ha scritto «l’amica Polly» (espressione infelice, credimi, soprattutto se a scriverla è colui che poi dovrà giudicare anche il tuo racconto). Ebbene, quale che sia la ragione, resta il fatto che, dal momento che tutti qui abbiamo fatto i salti mortali per scrivere al meglio delle nostre possibilità, MERITIAMO di essere valutati: (a) seriamente; e (b) con lo stesso metro di giudizio. Da un valutatore mi aspetto coerenza e imparzialità, soprattutto se fin dal principio mette le mani avanti dichiarando che sarà inflessibile. Segnali le ‘d’ eufoniche e altri errori a StefanoPais? Benissimo. Poi però devi fare lo stesso anche con me e con tutti gli altri. E quando dico tutti, intendo proprio tutti. Anche con la tua «amica Polly». Detto questo, concordo con te sul fatto che nel gruppo ci siano racconti più validi del mio (personalmente trovo molto bello quello di Eugene Fitzherbert). Ma prima di valutare le potenzialità di un racconto sotto il profilo dello stile, della struttura narrativa, della trama e di altre cose, forse sarebbe prima il caso di accertarsi che quello stesso racconto sia idoneo a superare lo sbarramento della tenuta grammaticale.
Ovviamente, mi farebbe piacere avere il tuo parere al riguardo.

P.s.: Polly, non ti conosco e non ho nulla di personale contro di te (non ne avrei motivo). Se Wladimiro avesse commentato il racconto di Pippo Friz, avrei fatto riferimento al suo racconto e non al tuo.

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wladimiro.borchi
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Re: Il processo di Frine

Messaggio#5 » venerdì 17 luglio 2020, 13:14

Boia che arringa Teoz!
Sinceramente tendo a lasciarmi prendere dallo stile e dalle emozioni quando leggo.
Mea culpa quindi se le imprecisioni che hai notato nel racconto di Polly non mi sono saltate all'occhio.
No, non avevo notato altro che quella virgola tra soggetto e verbo che ho evidenziato. Il fatto che ce ne siano altre o che venga usata la maiuscola dopo i punti interrogativi nei caporali, però, non inficiano il mio giudizio sul suo lavoro.
Ovviamente la grammatica è importante, ma dagli errori che evidenzi non si può certo sostenere che Polly non sappia scrivere in italiano. Semplicemente, come me, ha meno occhio di te nell'individuare i "refusi", suoi o di altri.
L'unica che può lamentarsi con me, però, per non averla aiutata abbastanza col mio commento è solo Polly ("icche' tu c'entri te!" cit.)
Non ho ancora letto il racconto dell'amico Eugene, ma spesso ne tira fuori di eccezionali, per cui capisco bene che ti possa essere piaciuto.
La "d" eufonica nel racconto di Stefano mi pare davvero un'inezia. L'ho segnalata perché l'ho vista, ma se ci fosse stato solo quel problema e il racconto mi avesse emozionato e divertito, probabilmente, non avrebbe minimamente inficiato il mio giudizio. Mi sembra, invece, ahimè, che il racconto abbia ben altre problematiche.
Per cui, nessun complotto, solo differenti metri di valutazione e non credo che il mio sia sbagliato, perché l'ho visto usare anche a eminenti scrittori.
Quando ho iniziato a scrivere qua dentro non sapevo davvero nulla di narratologia, avevo uno stile tremendo e, più o meno come adesso, nulla da insegnare.
A quei tempi, sono comunque riuscito a vincere una gara perché Livio Gambarini (chiamato a giudicarci) preferì il mio racconto a quello dell'altro finalista (che aveva esperienza da vendere e uno stile impeccabile) perché il mio lo aveva "emozionato di più" (premettendo che il racconto avrebbe avuto bisogno di un editing particolarmente invasivo).
Spero di aver risposto alle tue perplessità.
A rileggerci presto
Wladimiro

teoz
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Re: Il processo di Frine

Messaggio#6 » venerdì 17 luglio 2020, 13:33

C'entro perché, anche se sembra che tu non te ne sia accorto, sei uno dei giudici del nostro girone. Siamo d'accordo, si tratta di una gara amichevole. Ma pur sempre di una gara si tratta. Se poi la tua risposta è che «ovviamente la grammatica è importante, ma dagli errori che evidenzi non si può certo sostenere che Polly non sappia scrivere in italiano (ripeto: magari in altre occasioni si è dimostrata l'erede di Petrarca, ma tu non sei autorizzato a tenerne conto, a meno che io abbia frainteso lo scopo della competizione)» e che quindi «il fatto che ce ne siano altre o che venga usata la maiuscola dopo i punti interrogativi nei caporali, però, non inficiano il mio giudizio sul suo lavoro», allora okay, non ho molto altro da dire al riguardo. Credevo che la correttezza del testo sotto il profilo grammaticale fosse un parametro fondamentale nella valutazione di un testo. Oggi scopro che non è così. Ne prenderò atto. Grazie per il chiarimento.

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wladimiro.borchi
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Re: Il processo di Frine

Messaggio#7 » venerdì 17 luglio 2020, 14:07

Solo una precisazione, Teoz, mi sono limitato a valutare il racconto di Polly, non quello che ha scritto nella vita.
Tu davvero ritieni di poter sostenere, leggendo qualche refuso qua e là, che Polly non sappia scrivere in italiano?
Io no.
Qualche refuso non inficia un bel lavoro.
La penso così.
Se da questo vuoi trarre che "la correttezza del testo sotto il profilo grammaticale non è un parametro fondamentale nella valutazione di un testo" è solo una tua deduzione.
Buon contest!
Wladimiro

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Mauro Lenzi
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Re: Il processo di Frine

Messaggio#8 » venerdì 17 luglio 2020, 14:18

Scusate se mi intrometto, in quanto non sono tra i giudici di questo girone.
Ma anche io sono nuovo di queste parti, e volevo capire bene con che criterio commentare e, in definitiva, stilare una classifica. Questa vostra discussione non mi ha tolto i dubbi, bensì me li ha sollevati, e penso sia una cosa buona.
Per cui vi ringrazio e seguirò con attenzione gli sviluppi [edit: ma credo che andrebbe fatto su questo topic: https://www.minuticontati.com/forum/viewtopic.php?f=189&t=3920 ]

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Re: Il processo di Frine

Messaggio#9 » venerdì 17 luglio 2020, 15:03

Mauro Lenzi ha scritto:Scusate se mi intrometto, in quanto non sono tra i giudici di questo girone.
Ma anche io sono nuovo di queste parti, e volevo capire bene con che criterio commentare e, in definitiva, stilare una classifica. Questa vostra discussione non mi ha tolto i dubbi, bensì me li ha sollevati, e penso sia una cosa buona.
Per cui vi ringrazio e seguirò con attenzione gli sviluppi [edit: ma credo che andrebbe fatto su questo topic: https://www.minuticontati.com/forum/viewtopic.php?f=189&t=3920 ]


È una gara tra autori più o meno "capaci". Ognuno mette a disposizione la propria arte tramite i racconti postati e la propria tecnica tramite i commenti. Non tutti sono editor e ognuno dei partecipanti vede la scrittura in maniera diversa. Io l'ho appena chiamata "arte", ho colleghi scrittori che aborrano questa definizione.
L'unica cosa che si chiede ai partecipanti è l'educazione.
Personalmente ho apprezzato anche lo scambio feroce qui sopra, idee diverse con sensibilità diverse.
Bravi.

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Mauro Lenzi
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Re: Il processo di Frine

Messaggio#10 » venerdì 17 luglio 2020, 15:13

Non sono sicuro di aver capito cosa fanno i tuoi colleghi, Spartaco, ma non indagherò!!
Grazie della precisazione ;)

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Re: Il processo di Frine

Messaggio#11 » venerdì 17 luglio 2020, 15:16

Mauro Lenzi ha scritto:Non sono sicuro di aver capito cosa fanno i tuoi colleghi, Spartaco, ma non indagherò!!
Grazie della precisazione ;)


Non sono certo fosse un refuso, ma correggo per evitare scandali.

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Polly Russell
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Re: Il processo di Frine

Messaggio#12 » venerdì 17 luglio 2020, 15:19

Caro Teoz, la tua lettura al mio racconto è davvero ammirevole. Immagino che oltre agli esempi qui riportati ne avrai scovati altri, quindi sarei ben lieta li postassi sotto al mio racconto, così se ne può discutere e, di certo, migliorare quello che ho scritto. Siamo tutti qui per questo.
Due parole veloci veloci, visto che è in discussione il regolamento e il modo di scegliere quale racconto premiare o quale no, anche se in realtà, qui, ancora non è stata stilata alcuna classifica.
Ammetto di non aver letto nel dettaglio il regolamento della Sfida, né di questo particolare contest, probabilmente perché facendone da anni, ho immaginato fosse simile a molti altri. Ho sbagliato? C’è davvero scritto da qualche parte che l’utilizzo delle caporali, qualche virgola e i refusi siano il primo criterio da adottare? Perché se è così allora, hai fatto bene a farlo notare anche a me, dovrò rivedere parecchi miei commenti.
Hai evidenziato un paio di miei errori ricorrenti, oltre a refusi presi per errore (davvero pensi che non sappia che tra un e aria ci vada l’apostrofo, o che abbia scritto c’è al posto di ce?) e ti ringrazio. Ti ringrazio anche di avermi accostato a King, anche se, immagino che se fossi in grado di scrivere come lui, forse mi avresti letto nei tascabili Mondadori e non solo qui. Ciò nonostante credo, anzi sono proprio sicura, che tu abbia scambiato per una virgola tra soggetto e verbo (errore che faccio spesso, lo so) anche degli incisi. Ne hai messi almeno un paio. Detto questo, se vuoi toglierti un dubbio su quanto la mia amicizia con Wladimiro abbia inciso sul suo commento, puoi scorrere e arrivare a contest più vecchi, credo riuscirai ad arrivare perfino al “nostro primo incontro” e capire quanto la nostra amicizia abbia inciso sul suo giudizio, o incida nei miei giudizi ai suoi, di racconti. Perché mi va bene tutto, ma che si pensi che un autore qualsiasi, abbia dato un buon giudizio a un mio racconto, solo perché mi vuole bene, è offensivo, nei miei e nei suoi confronti. Detto questo, rimane il fatto che, se per te la parte più importante di un racconto è la grammatica, fai bene a tenerne il massimo conto, ma non è detto che questo metro di giudizio debba essere universale.
Polly

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Re: Il processo di Frine

Messaggio#13 » venerdì 17 luglio 2020, 16:14

Io volevo solo dire che non conosco wladimiro e a suffragio di questa mia affermazione ricordo a tutti che quando, in occasione della sua incoronazioni a vincitore di Era di minuti contati, ha ringraziato i suoi amici, io non sono stato citato tra le seicento persone taggate.
Ecco.
La mia solitudine è tutta qui.
Ribadisco: Io non lo conosco, questo wlad...:D :D

teoz
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Re: Il processo di Frine

Messaggio#14 » venerdì 17 luglio 2020, 16:27

Ciao, Polly. Mettiti nei panni di uno che vi legge ‘da fuori’. Io non sono tenuto a conoscere i retroscena del vostro rapporto. Anche perché, detto francamente, nemmeno mi interessano. Ma se un giudice del mio girone afferma che la grammatica ha un’importanza relativa, allora un po’ mi preoccupo. Qui si sta parlando di letteratura e, a costo di sembrarti antipatico, ti segnalo che hai di nuovo messo la virgola tra soggetto e verbo ("ma che si pensi che un autore qualsiasi, abbia dato un buon giudizio a un mio racconto, solo perché mi vuole bene, è offensivo"). Io non ho mai detto: «Polly non sa scrivere» in senso assoluto. Ho detto che nel racconto OR ci sono degli errori che un giudice imparziale quantomeno dovrebbe segnalare (ma sarebbe proprio il minimo sindacale, eh!). Mi domando poi, dal momento che stiamo parlando di letteratura (e quindi anche di scienza, non solo di arte), come si faccia a non tenere conto di errori macroscopici che, frutto di distrazione o meno, dovrebbero incidere sul giudizio finale. Cioè, cosa rileggo a fare il testo cento volte per assicurarmi che non ci siano errori, se poi tanto l’uso corretto della grammatica è un aspetto non rilevante ai fini della valutazione? E poi, perdonatemi, c’è davvero bisogno che un’apposita norma del regolamento ricordi a tutti di tenere conto (anche) della grammatica? Se fosse davvero tutto lasciato alla soggettività dei singoli giudici, allora che senso avrebbe imporre un limite alla possibilità di modificare il testo? Proprio questa regola è lì a dire (neanche tanto indirettamente) che la grammatica, come è giusto che sia, deve essere parte del giudizio. Non c’è bisogno che il regolamento lo specifichi! Altrimenti il suddetto limite a cosa servirebbe, di grazia? Ripeto: può darsi che tu conosca la grammatica e sappia usare la punteggiatura meglio di me e di molti altri. Non sta a me valutarlo. Ma qui noi siamo chiamati a giudicare il singolo racconto postato da un autore, non la sua intera produzione letteraria. E visto che (a) i giudici sono scrittori o aspiranti tali e che (b) il premio in palio non è proprio una robetta da niente, mi aspetto il massimo del rigore nel giudizio. Credo che sia questione di serietà.

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Re: Il processo di Frine

Messaggio#15 » venerdì 17 luglio 2020, 16:28

Botte, botte, botte!

Giulio_Marchese
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Re: Il processo di Frine

Messaggio#16 » venerdì 17 luglio 2020, 16:52

Ma qui noi siamo chiamati a giudicare il singolo racconto postato da un autore, non la sua intera produzione letteraria. E visto che (a) i giudici sono scrittori o aspiranti tali e che (b) il premio in palio non è proprio una robetta da niente, mi aspetto il massimo del rigore nel giudizio. Credo che sia questione di serietà.


E questo ti frega, di solito da queste parti non c'è nessun premio. Se da un lato è bellissimo che ve ne sia uno, che porta anche ad impegnarsi al massimo, dall'altro si perde il senso di questa Community (per questo, qui, "l'amica" non fa scandalo).
Giustamente, chi arriva puntando al premio, non conosce il senso di questo progetto.
Ognuno lo vive come vuole: come una gara, come un occasione per farsi leggere da estranei, come un modo per imparare da chi è più bravo, o, semplicemente, come un modo per leggere tanti bei racconti aggratis e realizzare il sogno di ogni lettore: dire all'autore cosa non ti piace dei suoi racconti e come potrebbe migliorarli per incontrare il tuo gusto. Ma, la verità, è che alla fine non conta il risultato, ma quanti spunti riesci a trarre dagli appunti che ti vengono fatti (lo diceva uno francese), senza guardare i racconti degli altri e stilare una propria classifica, per quello ti è stato assegnato un gruppo apposta.
Scusa se sembro pedante, ma è anche giusto che chi arriva venga informato di come funzionano le cose qui. Si cresce insieme, e se, a parità di "punteggio", uno spinge il racconto di chi è migliorato di più rispetto alle scorse volte, sarà una scelta indiscutibile.
Poi ricorda che siamo tutti qua per divertirci e imparare, nessuno deve niente a nessuno.
P.S. Anche questo tipo di polemiche fanno parte del percorso di crescita di un aspirante scrittore, quindi ben vengano purché ne esca qualcosa di buono.
P.P.S. Ti stavo per commentare ma sono fuori mood, torno dopo ;)

teoz
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Re: Il processo di Frine

Messaggio#17 » venerdì 17 luglio 2020, 17:19

Ciao! Apprezzo la precisazione. Come giustamente hai detto anche tu, ognuno ha un modo proprio di approcciarsi a una competizione come questa. Mi permetto solo di ricordare che è comunque una 'sfida' (più o meno amichevole) fra scrittori o aspiranti tali. E una sfida deve avere regole chiare, altrimenti uno non si raccapezza più. Ebbene, le regole della scrittura (almeno sotto il profilo tecnico) mi sembra che siano piuttosto chiare. L'uso corretto della grammatica è (o dovrebbe essere) il punto di partenza. Se c'è quello, poi ognuno è liberissimo di esprimere critiche e pareri a profusione. Per spiegare la sensazione che ho avuto nel leggere il commento di Wladimiro al racconto di Polly, proverò a fare questo esempio. Se a un certo punto della partita l'arbitro decidesse di punto in bianco di non sanzionare con il cartellino rosso i falli da dietro e le entrate a gamba tesa, tu, giocatore che subisce uno dei suddetti falli, come la vivresti? Io mi chiederei: "Può farlo?" La risposta che mi darei è: "no, non può farlo". Perché altrimenti si giocherebbe a un altro sport. Ovviamente questo è il mio punto di vista.

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Re: Il processo di Frine

Messaggio#18 » venerdì 17 luglio 2020, 17:25

[quote]
Io non sono tenuto a conoscere i retroscena del vostro rapporto. Anche perché, detto francamente, nemmeno mi interessano.
[\quote]

Fai male.
In realtà c'è molto di scabroso.
Roba da scriverci un romanzo...

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Re: Il processo di Frine

Messaggio#19 » venerdì 17 luglio 2020, 17:35

Ahahahah non indagherò! Comunque, al di là della presente polemica (io continuo a pensarla a modo mio, eh!), ti ringrazio per gli spunti che mi hai dato con il tuo commento. Cercherò di farne tesoro.

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Re: Il processo di Frine

Messaggio#20 » venerdì 17 luglio 2020, 17:41

teoz ha scritto:Ciao, Polly. Mettiti nei panni di uno che vi legge ‘da fuori’. Io non sono tenuto a conoscere i retroscena del vostro rapporto. Anche perché, detto francamente, nemmeno mi interessano.

Inizierei col dire che non c’è un “fuori” è un “dentro”. Gli autori che conosco e stimo, li ho conosciuti qui, o in forum simili. Dopo di che, sicuro che i retroscena non ti interessano?
La terza (e più antipatica) è che li hai riconosciuti, ti sono sembrati gravi e hai comunque scelto di passarci sopra perché in fondo il racconto l’ha scritto «l’amica Polly»
perché da come la metti, sembra che questo “amica” abbia giocato un ruolo parecchio forte nel tuo analizzare la cosa.
a costo di sembrarti antipatico, ti segnalo che hai di nuovo messo la virgola tra soggetto e verbo

Certo che l’ho fatto, diamine! Lo faccio di continuo. E temo, ahimè, che continuerò a farlo, nonostante cerchi di farci attenzione. Per fortuna esistono gli editor.
E poi, perdonatemi, c’è davvero bisogno che un’apposita norma del regolamento ricordi a tutti di tenere conto (anche) della grammatica?
beh, sei tu che hai detto, qualche post più in alto “correggetemi se sbaglio”. Ebbene, se questo fosse un contest per correttori di bozze, avresti ragione. Tutti, proprio tutti terremmo conto principalmente della grammatica. Questo però è un contest per scrittori, o aspiranti tali. Quindi ognuno di noi ha la facoltà di decidere cosa sia più importante: la trama, l’idea, lo stile, la grammatica anche. E se tu vuoi usare questo metodo, cioè non finire nemmeno di leggere un racconto che per te è talmente sgrammaticato da non averne diritto, ti ripeto: fallo! Ma non pretendere che lo facciamo tutti. Se un racconto mi piace, ma trovo che sia perfettibile, anche da un punto ti di vista grammaticale, lo dico. Però questo non implica che magari, nella mia classifica, abbia il podio. Perché magari, al netto degli errori era, per me, il più bello. Perché ti ripeto, non sono chiamata qui a fare l’editor, sono chiamata a giudicare un racconto nella sua interezza.
Quindi: vuoi fare l’editing ai racconti? Magari! Anzi, in questo caso ti chiederei di farlo anche al mio, ma non puoi impormi il modo di decidere cosa trovo buono o no.
Mi piacerebbe credere di essere stata chiara, se non lo sono stata, dimmi.
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Re: Il processo di Frine

Messaggio#21 » venerdì 17 luglio 2020, 17:42

wladimiro.borchi ha scritto:

Io non sono tenuto a conoscere i retroscena del vostro rapporto. Anche perché, detto francamente, nemmeno mi interessano.
[\quote]

Fai male.
In realtà c'è molto di scabroso.
Roba da scriverci un romanzo...

E allora! Due ore che fingo di cadere dal pero... “ecchecazzo”!
Polly

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Re: Il processo di Frine

Messaggio#22 » venerdì 17 luglio 2020, 18:01

Ciao! Apprezzo la precisazione. Come giustamente hai detto anche tu, ognuno ha un modo proprio di approcciarsi a una competizione come questa. Mi permetto solo di ricordare che è comunque una 'sfida' (più o meno amichevole) fra scrittori o aspiranti tali. E una sfida deve avere regole chiare, altrimenti uno non si raccapezza più. Ebbene, le regole della scrittura (almeno sotto il profilo tecnico) mi sembra che siano piuttosto chiare. L'uso corretto della grammatica è (o dovrebbe essere) il punto di partenza. Se c'è quello, poi ognuno è liberissimo di esprimere critiche e pareri a profusione. Per spiegare la sensazione che ho avuto nel leggere il commento di Wladimiro al racconto di Polly, proverò a fare questo esempio. Se a un certo punto della partita l'arbitro decidesse di punto in bianco di non sanzionare con il cartellino rosso i falli da dietro e le entrate a gamba tesa, tu, giocatore che subisce uno dei suddetti falli, come la vivresti? Io mi chiederei: "Può farlo?" La risposta che mi darei è: "no, non può farlo". Perché altrimenti si giocherebbe a un altro sport. Ovviamente questo è il mio punto di vista.


Ci sta; io personalmente quando leggo una storia mi interesso in primis alla trama, poi ai personaggi, poi alle emozioni che mi evoca, poi allo stile e, in ultimo, alla correttezza ortografica (ma solo se inficia in qualche modo i punti precedenti, e comunque non ai refusi perché mi sentirei ipocrita visto che ne lascio a go go). Il refuso richiede 5 minuti ad essere corretto, una volta visto, e non te ne fai niente, secondo me, del fatto che qualcuno te li fa notare. Al massimo scopri una regoletta che alle scuole elementari ti era sfuggita, che ci sta ovviamente, ma come aspirante scrittore migliori poco (ci sono pure i correttori di bozze e gli editor, e qualche refuso scappa lo stesso).
Però sono punti di vista, io apprezzo i commentatori che me li fanno notare, e se li mettono come parametro numero uno per la loro classifica sono fatti loro, non miei. Certe volte, e questo è un fatto, il refuso ti ricorda che stai leggendo e manda a fanculo l'immersione. Però se questa già non c'era, o se la storia non ti prendeva perché poco interessante, se non provavi empatia con i personaggi etc. il refuso è l'ultimo dei problemi! Viceversa, se tutto funziona alla grande, finisci per leggere le parole "per istinto ", il tuo cervello corregge i refusi in automatico perché non stai leggendo parola per parola. Sei dentro la storia. Il tuo cervello non lavora più come se stessi leggendo, ma come se stessi compiendo le azioni che compie il protagonista.
Scrivere correttamente quindi è MOLTO importante, ma scrivere bene è altro. Almeno per me.
In pratica, le regole di una competizione di narrativa non sono le stesse di un tema di italiano. Ci sono parametri oggettivi e soggettivi, ognuno li ordina come preferisce.
Immagina che il tuo racconto sia in vendita, ognuno dei lettori deve scegliere se comprarlo o no. Alla fine farai il conti di quanti clienti hai ottenuto, non puoi obbligare nessuno ad acquistare niente e ognuno lo fa per le proprie ragioni. =P

Bello scambio, e ancora devo commentare! Capito che posto fantastico è questo? =P

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Re: Il processo di Frine

Messaggio#23 » venerdì 17 luglio 2020, 19:40

Polly, ora che ho compreso lo spirito con il quale molti utenti vivono il contest, le cose mi sono un po' più chiare. Ciò premesso, quello che dici mi convince solo in parte. Per esempio, come faccio a sapere se Tizio dice quello che dice perché ritiene che sia davvero migliorato (sotto ogni punto di vista) o solo perché, avendo notato dei miglioramenti qua e là, vuole premiarmi (tacendomi cose che renderebbero il giudizio da lui espresso un po' più scomodo, ma sicuramente più utile)? Soprattutto se omette di segnalarmi gli errori che commetto con maggior frequenza? Non c'è il rischio di illudersi di aver finalmente risolto tali problemi? Io lo penserei. Per spiegarmi meglio, userò un esempio piuttosto forte (è per farti capire come la penso, non per attaccarti). Potrò anche essere in grado di progettare come Renzo Piano (qui alludo al fatto di avere tra le mani un'idea/una storia forte), ma se poi il materiale che utilizzo per realizzare il mio progetto (grammatica, sintassi e punteggiatura) è di bassa qualità (mi riferisco solo al racconto OR, non agli altri tuoi racconti, che peraltro non ho letto), il fatto di aver immerso il suddetto materiale nell'oro liquido poco prima di assemblare i vari pezzi (uso consapevole delle tecniche narrative) serve a poco. Alla fine mi ritroverò tra le mani solo un cumulo di macerie. Dorate, certo. Ma pure sempre macerie. Quanto ai correttori di bozze, è vero che sono lì per aiutarci, ma sarebbe buona norma farli lavorare il meno possibile, no? Della serie: va bene che la bidella è pagata per pulire l'aula, ma se evito di imbrattare di fango muri e pavimento è meglio.

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Re: Il processo di Frine

Messaggio#24 » venerdì 17 luglio 2020, 19:50

teoz ha scritto:Polly, ora che ho compreso lo spirito con il quale molti utenti vivono il contest, le cose mi sono un po' più chiare. Ciò premesso, quello che dici mi convince solo in parte. Per esempio, come faccio a sapere se Tizio dice quello che dice perché ritiene che sia davvero migliorato (sotto ogni punto di vista) o solo perché, avendo notato dei miglioramenti qua e là, vuole premiarmi (tacendomi cose che renderebbero il giudizio da lui espresso un po' più scomodo, ma sicuramente più utile)? Soprattutto se omette di segnalarmi gli errori che commetto con maggior frequenza? Non c'è il rischio di illudersi di aver finalmente risolto tali problemi? Io lo penserei. Per spiegarmi meglio, userò un esempio piuttosto forte (è per farti capire come la penso, non per attaccarti). Potrò anche essere in grado di progettare come Renzo Piano (qui alludo al fatto di avere tra le mani un'idea/una storia forte), ma se poi il materiale che utilizzo per realizzare il mio progetto (grammatica, sintassi e punteggiatura) è di bassa qualità (mi riferisco solo al racconto OR, non agli altri tuoi racconti, che peraltro non ho letto), il fatto di aver immerso il suddetto materiale nell'oro liquido poco prima di assemblare i vari pezzi (uso consapevole delle tecniche narrative) serve a poco. Alla fine mi ritroverò tra le mani solo un cumulo di macerie. Dorate, certo. Ma pure sempre macerie. Quanto ai correttori di bozze, è vero che sono lì per aiutarci, ma sarebbe buona norma farli lavorare il meno possibile, no? Della serie: va bene che la bidella è pagata per pulire l'aula, ma se evito di imbrattare di fango muri e pavimento è meglio.

Posto che le bidelle non puliscono più le aule dagli anni ottanta, andiamo avanti XD e facciamo l’esempio opposto. Se io ho tutto il materiale di Renzo Piano a disposizione e poi ho un progetto di merda, cosa ne verrà fuori? Quindi, prima valuto la trama, i personaggi, i dialoghi, l’infodump, lo sdt, il pov, etc. etc., poi, a meno che non sia scritto con i piedi mi preoccupo della grammatica. Se stessi facendo un corso da editor, magari partirei da lì.
Perché se il tuo (tu generico, non ho letto il tuo racconto) è scritto in maniera ineccepibile ma ha una trama scialba, personaggi poco o troppo caratterizzati, dialoghi inconcludenti, punto di vista salterino, infodump come se non ci fosse un domani, perdonami, ma della grammatica me ne fregherei e, con ogni probabilità, finiresti in fondo alla mia classifica.
Ultima modifica di Polly Russell il venerdì 17 luglio 2020, 19:54, modificato 1 volta in totale.
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Re: Il processo di Frine

Messaggio#25 » venerdì 17 luglio 2020, 19:52

Anche perché, scusa se te lo dico, nel tuo fare le pulci al mio racconto, il pov non lo hai calcolato per niente. Hai dato per scontato che il soggetto fosse quello della frase precedente, senza tenere conto che il punto di vista era fisso sul protagonista. Quindi, in mancanza di altro soggetto, il soggetto è evidentemente lui. Io avrei notato prima questo, per esempio.
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Re: Il processo di Frine

Messaggio#26 » venerdì 17 luglio 2020, 20:25

Detto questo, apprezzo davvero molto chi si mette d’impegno per fare un buon editing. E qui, sto velatamente dicendo, se vuoi, puoi editare il mio racconto. XD
Apprezzo chi si impegna perché il suo testo sia perfetto, ma non è la mia priorità nel giudizio.
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Re: Il processo di Frine

Messaggio#27 » venerdì 17 luglio 2020, 20:30

"Il campanello del primo round GLI risuonò nelle orecchie e nel petto, si scosse..." sarebbe una frase inequivocabile. Mancando quel 'gli', non è così scandaloso che io abbia ritenuto il verbo riferito al campanello e non al protagonista. O forse sì?

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Re: Il processo di Frine

Messaggio#28 » venerdì 17 luglio 2020, 21:08

La frase che citi è il seguito di un’altra dove parlo delle emozioni del protagonista. Non vado a capo. È chiaro che stia parlando di lui e non del gong. Quindi “scandaloso” non direi ma mi da l’idea che tu non abbia capito quello che stavi leggendo.
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Re: Il processo di Frine

Messaggio#29 » sabato 18 luglio 2020, 9:03

Solo una puntualizzazione.
C'è una grossissimo differenza tra editing e correzione bozze.
Un editor bravo necessita della medesima formazione di uno scrittore e fa un lavoro scientifico allo stesso modo del predetto.
Un correttore di bozze si limita ai refusi.
Lo dico perché conosco editor e stimo la loro professionalità.
Lungi da me aprire una nuova polemica.
Passo e chiudo.
W

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Re: Il processo di Frine

Messaggio#30 » sabato 18 luglio 2020, 14:18

Il processo di Frine, di Teoz

Cominciamo da te, top trend dell'edizione! Il tuo racconto non mi è piaciuto particolarmente, ho avuto difficoltà a capirne il vero intento, questo sia per problemi di stile sia per piccoli problemi "contenutistici".
disclaimer: Tutto ciò che scriverò è una mia opinione, non userò forme dubitative o frasi come "secondo me" perché implicite nel fatto che IO sto commentando.

Punti di forza: Il punto di forza di questo pezzo è sicuramente l'idea, non perché sia particolarmente originale, ma perché pregna di possibilità. Sicuramente il personaggio principale (portatore di PDV) è ben caratterizzato (seppur troppo lamentoso), e la lettura è scorrevole (con qualche "ma" che vedremo poi); possiamo dire che sia ben scritto.

Punti deboli: Il punto debole principale è che non fa ridere, mi dispiace ma è così. La situazione in sé è potenzialmente divertente ma mancano quei guizzi che la renderebbero tragicomica. Molti concetti ripetuti più volte hanno l'effetto di far dire al lettore "E dagliè! Ho capito non sono scemo!". Sicuramente la ripetizione ed esasperazione di certe scene è un tratto caratterizzante il genere comico, ma devi saperlo fare. In questo racconto le ripetizioni sono spesso fini a se stesse. Anche il finale, per quanto assurdo, non strappa il sorriso. Probabilmente è per come ci si è arrivati, è poco carico e la battuta è banalotta.

Cosa cambierei: Questo punto varierà da commento a commento, perché sono racconti diversi che richiedono interventi diversi. Precisazione d'obbligo visti i 22 commenti qui sopra =P
Leggiamo insieme il duo racconto (ti rimando al disclaimer prima di cominciare):


Gli areopagiti[pronti via termine tecnico poco noto, se non avessi dovuto commentare non sarei andato avanti. Il problema che questo termine è tutt'altro che evocativo, e fa pensare a me, lettore pigro, che sto per imbattermi in un mattone. Meglio "i giudici" per dire, il termine specifico se proprio devi lo usi dopo, cosa che per altro fai.] sedevano in semicerchio davanti a me, i chitoni rossi increspati dalla brezza che filtrava attraverso il colonnato del tempio[Ci sono un bel po' di termini che fanno capire l'ambientazione, ribadisco "giudici" andava bene.]. Alcuni [termine generico che cozza un po' con quello che dici dopo... si sporgevano di lato per parlottare con il vicino[... il vicino? Uno solo? Scherzi a parte, l'immagine restituita è un po' vaga.] . Altri scuotevano la testa canuta. Altri ancora puntavano gli indici rinsecchiti nella mia direzione. Sullo sfondo, maestosa sopra il suo piedistallo di marmo, la statua della Giustizia teneva sospesa sopra le loro teste una grossa bilancia a due bracci.
«Confidi di dire qualcosa anche tu, prima che la nobile Selene inizi a tingere d’argento i tetti dell’Acropoli, o devo arrangiarmi per conto mio?» brontolò Frine al mio fianco, battendo[attento al gerundio! è difficile immaginare cose che accadono contemporaneamente, soprattutto se una è scritta prima e una dopo, da usare con parsimonia polemicamente [in genere è sconsigliato usare gli avverbi di modo, il perché si capisce da questa frase, l'avverbio non aggiunge niente, leggi la frase senza, è cambiato qualcosa? No. si capisce dal contesto che è polemica, in più c'è un problema di POV, lui non legge i sentimenti della ragazza quindi al più questa è un ipotesi, oppure è il narratore omniscente che fa capolino per darci questa informazione non richiesta. Vale veramente la pena complicare così la scena per una parolina? TAGLIA] la suola di un sandalo sul pavimento. [Qua c'è un problema di eccesso di informazioni, se batte il sandalo che sta indossando è ovvio che sia la suola, detto così immagino abbia la scarpa in mano, questo spiegherebbe la specifica "sul pavimento". L'intera frase si può scrivere meglio.
Alla nostra destra, il querelante soffocò una risata dietro il palmo di una mano [pensavo il palmo del piede, grazie per l'informazione ridondante..
A quanto pareva[ brutto, suona proprio male, no? Tipo: "la situazione doveva divertirlo parecchio" forse è meglio? Non lo so, ma non mi piace il suono., la situazione lo divertiva parecchio. Buon per lui. Io avevo solo una gran voglia di mettermi a piangere[te la lascio passare, ci sarebbe tutto un discorso da fare sui sentimenti raccontanti anziché mostrati, però diamo per buono che stiamo entrando nel comico e un po' di tell ci sta.. A un novellino come il sottoscritto potevi tutt’al più chiedere di difendere un rubagalline qualunque da un’accusa di furto. Ma un processo per empietà… be’, no, quello era roba per retori di prim’ordine. La colpa della mia cliente? Aver fatto il bagno nuda in un lago. La pena richiesta dall’accusa? La morte.
Ora, si fosse trattato di una vecchia cariatide dalla pelle incartapecorita, avrei anche potuto capire[qua ho un problema etico, la pena di morte andrebbe bene per una vecchia? Questo ha pensato il tuo personaggio, già mi sta antipatico (da prima in realtà)]. Ma Frine era in assoluto la donna più sensuale mai nata in terra di Grecia dai tempi di Elena di Sparta. Molti la consideravano addirittura più bella della stessa Afrodite [E tra questi molti, spoiler allert, non c'erano i giudici! Infatti è proprio per questo motivo in premessa che l'assolveranno, grande avvocato avevi la soluzione e non te ne sei accorto! Questa cosa non sembra voluta, anche perché non ci arriva lui ma ci vuole un colpo di fortuna, se ci fosse arrivato lui in estremis questa frase avrebbe potuto essere un bel easter egg.].
Scossi la testa. «Non si preoccupi, signorina. Lasci fare a me. Ho diverse frecce al mio arco» mentii[lo avevo capito già dal contesto, ma grazie per la precisazione. nel tentativo di non farle perdere la speranza. «D’altronde, se il maestro Iperide ha deciso di passare il caso proprio a me, dovrà pur esserci un motivo, non crede?»
«E a chi altri avrebbe dovuto passarlo, di grazia? Sei il suo unico allievo».
Vero anche quello, in effetti. [ridondante, non mi fa ridere, e mi chiedo cosa altro sia vero visto che c'è quel "anche", TAGLIA
Goccioline di sudore presero a scivolarmi lungo la schiena. La pelle sotto le ascelle si fece sempre più umida.[Mezza occasione persa, non sento le gocce di sudore e le ascelle umide, immagino la scena, sì, ma il senso coinvolto è la vista, sono fuori dal POV. Andrei a capo, è buona norma staccare le frasi descrittive da quelle di pensiero, con le dovute eccezioni ovviamente, ma questo è il tipico caso in cui si va a capo. Ci fosse stato lì il mio maestro, avrebbe trovato il modo di persuadere i giurati a emettere un verdetto di assoluzione in un baleno.
Ma non c’era. [Come non c'era? Non me ne ero assolutamente reso conto! Ridondante. TAGLIA
Giusto il pomeriggio del giorno prima eravamo stati al ginnasio a sfidarci nel lancio del giavellotto per stemperare un po’ la tensione. In prossimità dell’ingresso, incisa su una spessa lastra di marmo, spiccava la scritta ‘La cosa essenziale non è la vittoria ma la certezza di essersi battuti bene’. E, come al solito, il mio maestro doveva essersi dimenticato di leggerla, dal momento che aveva accompagnato ogni lancio (compreso quello con il quale aveva aperto un foro nel cespuglio di capelli che un altro frequentatore del ginnasio aveva sulla testa) con frasi del tipo: «Guarda là! Persino il grande Agamennone non avrebbe saputo fare di meglio, non trovi?» o «Avessero avuto al loro fianco un lanciatore della mia abilità, sta’ pur certo che Leonida e i suoi uomini avrebbero fatto ritorno a Sparta sani e salvi». Ma dal momento che un maestro felice, di norma, è anche un maestro più comprensivo, l’avevo lasciato vincere con un ampio margine, guadagnandomi così un invito a cena per quella sera stessa.
Cena che era durata meno della partecipazione di Protesilao alla guerra di Troia. Colpito da lancinanti crampi allo stomaco, Iperide aveva infatti trascorso il resto della serata a vomitare nel giardino di casa, invocando invano l’aiuto del divino Asclepio. Tutta colpa delle ostriche, avevo subito dedotto, dal momento che io, che non le avevo mangiate, stavo benissimo. E così, nella breve pausa tra un rigurgito e l’altro, il maestro non aveva potuto fare altro che affidare a me il delicato compito di difendere la bella Frine, l’indomani mattina. Un bello spiegone non fa mai male, se poi gli infiliamo pure i bonus è meglio. La scena è tutto sommato simpatica, il problema è il flashback stile Olly e Benji non segnalato graficamente in nessun modo, ovviamente, essendo tutto un pensiero, è in tell, mezzo mascherato da show con dialoghi e immagini non proprio vivide. Al solito un po' si perdona perché è comico, però da rivedere
Compito del quale avrei fatto volentieri a meno, nel caso non si fosse capito. [ma allora lo sai che l'ho capito? Non fa ridere, TAGLIA.
Mentre ancora mi scervellavo per decidere come iniziare la mia arringa[out of screen, perché fin ora ha pensato al giorno prima], il ronzante chiacchiericcio dei giurati cessò. Il vecchio seduto nel mezzo del semicerchio puntò le mani sui braccioli del suo klismós e, facendo forza su di essi, si alzò in piedi. «La difesa ha compreso che è arrivato il suo turno di rivolgersi alla giuria?» domandò in tono solenne.
Frine mi diede un’occhiataccia e incrociò le braccia al petto. «Ah, allora non sono l’unica a chiedermelo, qui dentro». Quindi mi poggiò le mani sulle spalle e iniziò a scuotermi["mi afferrò per le spalle" come scuoti uno poggiandogli le mani? Va bè dettagli, mi sto rendendo conto di essere pesante, riduco i commenti, sorry. «Possibile che tu non abbia qualcosa di anche solo vagamente intelligente da dire? Mi sembrava di aver capito che avessi ancora diverse frecce al tuo arco. Non me ne intendo granché di processi, ma credo che sia arrivato il momento di usarne qualcuna».
Non appena il mio corpo tornò allo stato di quiete e i miei denti smisero di battere, annuii titubante [aggettivo superfluo.] e avanzai verso l’areopagita. La verità, ahimè, è che c’era ben poco da dire. Il destino della mia cliente era già bello che segnato. Ancora qualche minuto e Caronte avrebbe avuto un passeggero in più a bordo della sua scricchiolante bagnarola. Ma d’altronde non potevo certo dirle: «Tenga a portata di mano l’Obolo da offrire al traghettatore d’Oltretomba, signorina. Le servirà molto presto».Troppi riferimenti per una battuta, obolo, traghettatore dell'oltre tomba. Troppo carica, non fa ridere. Con il caratteraccio[e come lo sai che ha un caratteraccio? Ti hanno assegnato il caso ieri, si lamenta un po' perché tu stai zitto mentre lei rischia la vita. Mi sembra un pensiero un po' affrettato, però passi, anche se mi sa che taglierei. che si ritrovava, meglio non correre rischi.
Inspirai. Nemmeno l’amato profumo degli ulivi mi era di qualche conforto, in quel momento. [Frase di contorno inutile e poco evocativa, tagliare o modificare (leggi saltandola, non cambia proprio niente, quindi meglio tagliare)]
Mi fermai davanti al mio interlocutore. Nel segreto della mente pregai la divina Atena di suggerirmi una frase d’apertura memorabile, una frase capace di lasciare a bocca aperta i giurati e ‒ perché no? ‒ di ribaltare le sorti del processo. All’improvviso sentii i pensieri rimescolarsi vorticosamente come le acque abitate da Cariddi. Che Atena avesse dunque deciso di ascoltare la mia preghiera? C’era solo un modo per scoprirlo. Parlai.
«Non le ruberò molto tempo, signore. Ci tenevo solo a dire a lei e al resto degli illustri giurati che la mia cliente è innocente».
Ehm, no, certo che non mi aveva ascoltato. Mi sembrava strano, infatti.
I giurati presero a guardare i propri vicini con aria sbalordita e a parlottare tra loro.
«E tu saresti l’allievo prediletto del grande Iperide?» rise il querelante, la testa rovesciata all’indietro, le mani premute sull’addome. «Mai sentita una frase d’apertura più patetica di questa! Non vedo l’ora di uscire da qui per raccontarlo a ogni singolo cittadino ateniese che incontro. Presto il tuo maestro diventerà lo zimbello della città, vedrai!»
Un po’ meno in vena di risate era Frine. «Dèi immortali! E questa sarebbe una delle tue famose frecce?!» sbottò. «Più di duemila Dracme di onorario per sentirti dire cose che avrei potuto tranquillamente dire anche io, e senza sborsare un soldo per giunta? Avessi tra le mie rosee dita una freccia vera, saprei io come impiegarla al meglio, razza di buono a nulla che non sei altro!»
Mi passai il dorso di una mano sulla fronte rimuovendo la pellicola di sudore che la inumidiva. I pensieri tornarono a rimescolarsi all’interno della calotta cranica, sempre più veloci. Provai a concentrarmi. Mi vennero in mente in rapida successione: gli areopagiti che emettevano un verdetto di condanna; Frine che mi si scagliava contro stringendomi le dita intorno alla gola; Thanatos che mi scortava fino ai cancelli dell’Ade; Frine che, varcati quegli stessi cancelli, mi inseguiva lungo tutta la sponda dell’Acheronte per vedere se riusciva a uccidermi una seconda volta; Caronte che, remo in pugno, ci rincorreva con occhi di brace per il gran fuggifuggi di anime che stavamo causando…
Poi ebbi un’idea. Dal momento che non sapevo cosa dire, tanto valeva iniziare sollevando le obiezioni più banali, quelle che anche il più idiota degli uomini, venendosi a trovare in una situazione del genere, avrebbe pensato di sollevare per tentare di salvarsi la pelle. L’areopagita non avrebbero avuto alcuna difficoltà a trovare una replica adatta, è vero. Ma almeno avrei guadagnato del tempo prezioso per elaborare una difesa un po’ più efficace. O almeno così speravo.
«È vero» proseguii facendo di sì con la testa, «si è immersa nuda nelle acque di un lago. Ma questo non è forse un comportamento del tutto naturale? Voialtri, esimi giurati, fate forse il bagno vestiti?»
Dalla giuria si levarono brusii di disapprovazione.
Non se lo aspettavano, glielo si leggeva in faccia che erano rimasti spiazzati.
«Sa meglio di me che il problema non è in che modo l’imputata fa il bagno» precisò subito l’areopagita, mettendo a tacere i colleghi con un perentorio cenno della mano. «Il problema è dove lo fa».
Diversi degli areopagiti alle sue spalle annuirono, subito imitati dal querelante.
Che velocità, eh? Non avevo ancora fatto in tempo a pensare alla mia prossima mossa che era di nuovo il mio turno. Non ci fossero state in ballo la vita della mia cliente, la reputazione del mio maestro e la mia stessa carriera, avrei anche potuto trovare il tempo di restare affascinato dall’abilità di quell'uomo. Ma non mi diedi per vinto.
«Era una giornata molto calda, signore» ribattei.
«Ciò nonostante l’imputata non aveva alcun diritto di immergersi nel lago di Poseidone».
Già, in effetti non l’aveva. Anche se…
«Non era sua intenzione mancare di rispetto a nessuno, signore» replicai. «Tanto meno al dio del mare, gliel’assicuro. Ma il caldo era davvero insopportabile. E sopraffatta com’era dal desiderio di rinfrescarsi, non ha riconosciuto il lago. Vede, la mia cliente è originaria di Tespie e…»
«È dunque questa, la sua difesa?» aggrottò la fronte l’areopagita. «L’imputata ha profanato il lago del dio del mare perché è straniera e non ha familiarità con i nostri luoghi sacri?»
Certo che la mia difesa era quella. Ne avessi avuta una migliore, l’avrei usata, no?
Annuii. «Esatto, signore. In quanto cittadina straniera, la mia cliente non poteva immaginare che quello fosse il lago di Poseidone».
L’areopagita inarcò un sopracciglio. «Non crede che il tempio che sorge in prossimità del lago e la gigantesca statua del dio del mare che ne sorveglia l’ingresso armata di tridente avrebbero dovuto quanto meno farle venire un sospetto?»
Deglutii. Non male, come obiezione. Spiazzato e a corto di idee, mi voltai verso Frine, che prese a scuotere disperatamente la testa.
Giusto. Negare. Negare sempre. Anche l’evidenza. [Questa parte è gestita bene, gli errorini che ci vedo li puoi trovare da solo, basandoti su quanto commentato fin qui, già che ci sei: taglia.
«Ehm, so che le sembrerà incredibile, signore» ‒ tornai a guardare il mio interlocutore negli occhi ‒ «ma la mia cliente giura di non aver notato né l’uno né l’altra».
L’areopagita sospirò e scosse la testa. «Be’, mi riesce davvero difficile crederlo, dal momento che i marinai li distinguono senza alcuna difficoltà quando ancora le loro imbarcazioni si trovano a svariati stadi di distanza dalla costa».
Ma quanto poteva essere puntiglioso, quel vecchietto? Mi strinsi nelle spalle. «Quel giorno il sole ardeva più della fucina di Efesto, signore» buttai lì senza troppa convinzione. «La luce era così abbagliante che deve aver temporaneamente compromesso la vista della mia cliente».
Ne ero certo: se solo ne avessero avuto la possibilità, Lisia e gli altri padri della Retorica sarebbero riemersi dal sonno della morte con il preciso intento di venire a schiaffeggiarmi per quello che avevo appena avuto il coraggio di sostenere. Ma per fortuna i cancelli dell’Ade erano ben sorvegliati, quindi non accadde nulla. [ I problemi da qui in poi sono sempre gli stessi, però un po' si è ripreso.
[...]
Sollevai un braccio e, mantenendo lo sguardo rispettosamente rivolto verso il pavimento, porsi il pezzo mancante del peplo a Frine, che me lo strappò di mano con una certa brutalità.
Mi grattai la nuca e provai a buttarla sul ridere. «I vantaggi dell’affrontare una situazione di petto, eh?» [che dire, andiamo alle conclusioni.

Conclusioni: Il racconto non l'ho trovato divertente, questo si è capito, ma la domanda è: perché? Mi sono dato una risposta: se andato in pista con il freno a mano messo. Non è scritto male, seppur migliorabile, però avresti dovuto spingere di più sull'assurdità della situazione. Avresti dovuto spingere di più sul grottesco, e ciò avrebbe reso più esilarante il finale. La battuta finale sembra un po' buttata lì, è poco originale e stona con l'originalità del resto.

Note di classifica: Il tuo pezzo sta sotto quello di Eugene Fitzherbert, perché è meno originale del suo. Sta sopra quello di Stefano Pais per la maggior coerenza interna. Ovviamente la mia classifica è in divenire e potrei cambiare idea in qualsiasi momento, continuerò a leggere tutti i racconti e i commenti, posterò la classifica solo quando sarò abbastanza convinte. Sarà, comunque, contingente e, l'indomani, potrei aver cambiato idea.

teoz
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Re: Il processo di Frine

Messaggio#31 » sabato 18 luglio 2020, 20:49

Ciao! Grazie mille per aver commentato in modo così preciso. Mi hai segnalato diverse cose che mi torneranno sicuramente utili. Ti spiego l'idea di partenza così magari riesci a segnalarmi se ci sono degli ulteriori problemi. La domanda che mi sono posto subito dopo aver scelto l'evento storico di cui parlare è: se io fossi Frine, quale avvocato eviterei come la peste? La risposta che mi sono dato è che non vorrei essere difeso da un personaggio come il mio protagonista. E qui non alludo solo alla sua (scarsa) preparazione tecnica, ma anche al suo carattere. L'avvocato che vorrei al mio fianco è quello che lotta con le unghie e con i denti per tentare di farmi assolvere (per tentare di salvarmi la vita, nel caso di Frine). Perciò, quando dici che lo trovi antipatico, ti capisco. Se non sbaglio, è la stessa osservazione che mi ha fatto anche Wladimiro. Il protagonista (almeno per come me lo sono immaginato) è fondamentalmente uno smidollato petulante. Ma è anche un egoista, visto che parte sconfitto ancora prima di aprire bocca, non si sforza di trovare delle obiezioni sensate per tentare di salvare Frine, è nel tempio ma preferirebbe essere altrove, si preoccupa della sua reputazione e di quella del maestro anziché della vita di Frine. L'obiettivo, insomma, era quello di evitare di mettere in scena il classico ingenuotto candido come la neve. Tanto per fare riferimento al cinema, non volevo che fosse la solita macchietta alla Oronzo Canà. Quello che mi interessava era che il lettore lo trovasse simpatico o antipatico, che si schierasse dalla sua parte (difficile, lo so) o contro di lui. Quando parli del flashback, dici una cosa vera (lo stesso Wladimiro mi ha segnalato questo problema). Siccome voglio essere il più trasparente possibile, ammetto che nella prima stesura del racconto il flashback non era presente. L'ho inserito a posteriori per provare a guadagnare i bonus (come giustamente sottolinei, me li gioco entrambi nel giro di poche righe e all'interno di una scena che si svolge il giorno prima). Dovendo parlare di discipline olimpiche in un racconto ambientato in tribunale, ho provato a usare quel tipo di espediente. Avrei potuto giocarmeli diversamente? Forse. Ma la verità è che non mi sono venute in mente idee migliori. L'unica cosa che non ho capito è la seguente: perché mai il protagonista non dovrebbe sapere che Frine ha un caratteraccio? Prima che la difesa sia chiamata a parlare, l'accusa ha già esposto le proprie ragioni ai giurati (lo riferisce l'areopagita per smontare una delle assurde tesi difensive del protagonista). E Frine può benissimo aver fatto o detto cose che hanno spinto il protagonista a farsi una certa idea di lei. Oppure può essersi lamentata del cambio improvviso di avvocato nella fase che precede l'udienza. Il lettore non lo vede, certo. Ma il protagonista sì. Non mi sembra una cosa così inverosimile (oppure lo è?). Infine, mi piacerebbe avere dei chiarimenti sulla frase «avresti dovuto spingere di più sul grottesco». In quali punti? E come? Lo so, il 'come fare' è un compito che spetterebbe a me. Ma magari hai da offrire qualche spunto valido al quale io non ho pensato. Se hai tempo e voglia, mi piacerebbe sapere (anche in linea generale, eh) cosa avresti cambiato per rendere ancora più grottesco il tutto. Ovviamente rivolgo lo stesso invito a Wladimiro e a chiunque voglia intervenire.

Giulio_Marchese
Messaggi: 291

Re: Il processo di Frine

Messaggio#32 » domenica 19 luglio 2020, 15:09

Eccomi Teoz,
Ero a battagliare in difesa del mio povero, bistrattato racconto di m**** dall'altro lato XD
Precisazione a monte, alcune delle mie precisazioni stilistiche sono abbastanza oggettive, e credo di averle argomentate, ma il fatto che non mi abbia fatto ridere è, ovviamente, soggettivo. Wladimiro, che è MOLTO più bravo di me, lo ha trovato simpatico. Quindi prendi ciò che ti dico con le pinze. Premessa fatta, andiamo avanti:

Quello che mi interessava era che il lettore lo trovasse simpatico o antipatico, che si schierasse dalla sua parte (difficile, lo so) o contro di lui.


Qui secondo me dovevi prendere una posizione più netta. Da autore devi "forzare" la fantasia del lettore, spingerlo a provare quello che decidi a priori tu! Ovviamente le cose cambiano da una scelta all'altra, se lo rendi totalmente odioso il lettore riderà delle sue sfortune, quindi punterai su quelle. Se lo rendi simpatico, il lettore riderà della situazione e dei suoi colpi di fortuna dicendo: "meno male che l'ha scampata!"

L'unica cosa che non ho capito è la seguente: perché mai il protagonista non dovrebbe sapere che Frine ha un caratteraccio?


Restando in tema ti dico subito che hai perfettamente ragione, ma (hai capito dove voglio arrivare?) è l'autore che deve forzare la fantasia del lettore! La lettura è un attività creativa, le parole altro non sono che significanti (sì, tiro in ballo Wittgenstein), il rapporto tra autore e lettore è mediato dall'opera. Questo cosa c'entra? Qui su MC abbiamo un rapporto immediato autore-lettore, quindi tu puoi benissimo dirmi "ma guarda che è plausibile!" Ed io ti do ragione, ma quando l'ho letto l'idea che mi sono fatto è esattamente quella che ho scritto. Quindi, in sintesi, o forzi la mia fantasia oppure io leggo "quello che mi pare". O mi mostri il caratteraccio, o non metti quel commento. (Son sempre opinioni eh!)

mi piacerebbe avere dei chiarimenti sulla frase «avresti dovuto spingere di più sul grottesco». In quali punti? E come? Lo so, il 'come fare' è un compito che spetterebbe a me


Nella prima parte e nella parte c'entrale, cioè il mio consiglio e di estendere la parte cartoonesca (com'è stata definita) a tutto il testo, l'effetto sarà grottesco e surreale ma gli spunti comici saranno di più. Ovviamente in alternativa puoi modificare la parte finale, renderlo un po' meno comico e puntare tutto sulla battuta finale (il colpo di scena insomma), ma in quel caso senza forzare così tanto le reazioni dei giudici e dei presenti tutti. (Con spingere intendo mettere più elementi, fare una scelta precisa; sia stilistica sia ritmica sia contenutistica e portarla avanti fino alla fine, fino alle estreme conseguenze).

il flashback non era presente. L'ho inserito a posteriori per provare a guadagnare i bonus (come giustamente sottolinei, me li gioco entrambi nel giro di poche righe e all'interno di una scena che si svolge il giorno prima). Dovendo parlare di discipline olimpiche in un racconto ambientato in tribunale, ho provato a usare quel tipo di espediente. Avrei potuto giocarmeli diversamente?


La mia filosofia di vita è: nel dubbio, TAGLIA! Anche nel regolamento c'è scritto di dar maggior importanza alla storia, i bonus sono facoltativi.
Se vuoi un'idea buttata lì avresti potuto mettere il testimone che ha visto Frine (o lo stesso querelante) che alla domanda: che ci faceva al lago? Risponde: Mi stavo allenando nella disciplina x, e usarla come pretesto per una qualche GAG con i giudici. In questo modo restiamo nel processo, introduciamo una qualche gag e abbiamo pure il bonus. Frine, lamentandosi del suo avvocato, potrebbe dire: "gli avvocati non andrebbero pagati." e un altro dice: "Macchè! Mica sono atleti!" E questo sarebbe l'altro. Ma sto dicendo cose a caso, se non ti viene in mente un'idea per i bonus, semplicemente, non metterli. Less is more!

Dario17
Messaggi: 417

Re: Il processo di Frine

Messaggio#33 » martedì 21 luglio 2020, 16:39

Piccola premessa: al momento in cui sto scrivendo, ci sono 31 risposte per questo topic.
Praticamente Woodstock. Per non influenzare il mio giudizio, non ne ho letto nemmeno uno.

Lo stile comico è una scelta paradossalmente molto coraggiosa per la scrittura, raramente qualcuno per questi contest si butta su questo tipo di genere. Necessita di capacità di gran lunga superiori alla media ed io nel tuo testo non l'ho trovata.
Lo stile è un connubio tra diario e flusso di pensieri, davvero troppo prolisso, pieno di inutili orpelli e che esaurisce la sua inspirazione già a meno della metà del racconto. A volte scade nel commento che si fa durante un discorso orale e questo da un po' fastidio se fatto con così tanta frequenza.

"Vero anche quello, in effetti."
" E così, nella breve pausa tra un rigurgito e l’altro..."
"Ehm, no, certo che non mi aveva ascoltato. Mi sembrava strano, infatti. "
"ops"


Anche a livello sintattico e grammaticale ci sarebbe da rilavorarci sopra con impegno, prima fra tutte la successione di eventi (anche questa troppo ingombrante...) elencata e separata da una sfilza di punti e virgola, non proprio elegante per non dire scorretto.

Mi vennero in mente in rapida successione: gli areopagiti che emettevano un verdetto di condanna; Frine che mi si scagliava contro stringendomi le dita intorno alla gola; Thanatos che mi scortava fino ai cancelli dell’Ade; Frine che, varcati quegli stessi cancelli, mi inseguiva lungo tutta la sponda dell’Acheronte per vedere se riusciva a uccidermi una seconda volta; Caronte che, remo in pugno, ci rincorreva con occhi di brace per il gran fuggifuggi di anime che stavamo causando…

Faticando per arrivare alla fine, ho avuto al termine della lettura di aver letto il copione di "SPQR, 2000 ANNI E MEZZO FA" con Boldi, De Sica e Nielsen. Quello stile comico e di satira in cui personaggi dalla chiara foggia moderna sono con la tunica e ballano in una discoteca nella Roma antica, ecco.
Nel testo ci sono parecchi rimandi, terminologie e frasi auliche da cultura classica, è evidente che ne sai. Magari un pizzico di voglia in meno di sfoggiarle per lavorare meglio sulla sintassi sarebbe stata più accorta come decisione.
Trama stringata, ma quello è il meno a dirla tutta.

Al posto tuo riterei fuori questo tipo di ambientazione nei prossimi contest visto che sembri muoverti al suo interno con agio, ma con tematiche, stile ed idee un po' più seriose e di conseguenza più "facili" da trattare.
Anche una riscrittura profonda di questo testo male non farebbe, tutta salute per la propria esperienza.

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el_tom
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Re: Il processo di Frine

Messaggio#34 » mercoledì 22 luglio 2020, 17:30

Ciao Teoz e ben approdato sul forum.
Purtroppo pure a te sono capitato io come giudice e di questo ti devi accontentare.
Il tuo racconto mi è piaciuto anche se credo che non trasmetta quello che, presumo, sia il tuo reale obbiettivo.
Se l’obbiettivo è quello di far ridere, non ci riesce, ci sono elementi validi per lo sviluppo comico ma vengono oscurati da una scrittura che tende ad appesantire l’atmosfera.
Le descrizioni con termini molto specifici riguardanti l’ambientazione storica/culturale sono notevoli, sicuramente rendono molto chiaro il palco su cui la scena si svolge e denotano una molto buona conoscenza della stessa. Parallelamente però rallentano molto la lettura, i paragoni continui con la mitologia e il panteon sono veramente tanti.
Secondo me, il difetto principale al mancato raggiungimento dell’apice comico è la mancanza di una struttura caricaturale più estrema, non che sia assente eh, solo che non è sufficiente.
Ci sono degli estremi nell’utilizzo del linguaggio ma non li ho trovati sufficienti per incisività e comunque si perdono nella terminologia appunto.
Per questo e perché Eugene mi ha chiesto l’amicizia su facebook ti becchi la medaglia di bronzo 
A presto.
La frase più pericolosa in assoluto è: Abbiamo sempre fatto così.

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