BENVENUTI ALLA 200 METRI PIANI OLYMPIC EDITION, LA 144° ALL TIME, quarta prova delle Olimpiadi della Scrittura 2020 di Minuti Contati!
Questo è il gruppo HELSINKI 1952 della 200 METRI PIANI OLYMPIC EDITION.
Gli autori del gruppo HELSINKI 1952 dovranno commentare e classificare i racconti del gruppo MELBOURNE 1956.
I racconti di questo gruppo verranno commentati e classificati dagli autori del gruppo LONDRA 1948.
Questo è un gruppo da CINQUE racconti e saranno i primi DUE ad avere diritto alla pubblicazione immediata sul sito e a entrare tra i finalisti che verranno valutati dal COMITATO OLIMPICO composto da SCILLA BONFIGLIOLI, MAURO LONGO, SARA SIMONI, FRANCESCO NUCERA e MAURIZIO BERTINO. Ricordo che per decidere quanti finalisti ogni gruppo debba emettere cerco sempre di rimanere in un rapporto di uno ogni tre approsimandolo all'occorrenza per eccesso.
Per la composizione dei gruppi ho tenuto conto del seguente metodo: per primi ho assegnato ai raggruppamenti coloro in possesso di punti RANK ALL TIME (il primo nel gruppo A, il secondo nel gruppo B, il terzo nel gruppo C, il quarto nel gruppo A e così via), coloro che non hanno ancora ottenuto punti nel RANK ALL TIME sono stati assegnati a seguire (primo a postare gruppo X, secondo a postare gruppo Y, terzo a postare gruppo BETA, quarto a postare gruppo X e così via). A prescindere da tutto, ho inoltre forzato in modo che i tre racconti con MALUS fossero assegnati a gruppi diversi.
E ora vediamo i racconti ammessi nel gruppo HELSINKI 1952:
La linguaccia, di Emiliano Maramonte, ore 23.52, 3000 caratteri L’armadio svedese, di Luca Nesler, ore 23.37, 2916 caratteri Mannaggia a lei, di Giulio Marchese, ore 23.46, 2967 caratteri Idea malsana, di Sara Perrone, ore 23.47, 2986 caratteri Se fossi fumo, di Edoardo Foresti, ore 00.09, 2436 caratteri MALUS 2 PUNTI
Avete tempo fino alle 23.59 di lunedì 24 AGOSTO per commentare i racconti del gruppo MELBOURNE 1956. Le vostre classifiche corredate dai commenti andranno postate direttamente sul loro gruppo. Per i ritardatari ci sarà un'ora di tempo in più per postare le classifiche e i commenti, quindi fino alle 00.59 del 25 AGOSTO, ma si prenderanno un malus pari alla metà del numero di autori inseriti nel gruppo approssimato per difetto. Vi avverto che sarò fiscale e non concederò un solo secondo in più. Vi ricordo che le vostre classifiche dovranno essere complete dal primo all'ultimo. In questa edizione non ci sarà la classifica dell'Antico. NB: avete SETTE giorni per commentare e classificare i racconti del gruppo MELBOURNE 1956 e so bene che sono tanti. Ricordatevi però che Minuti Contati, oltre che una gara, è primariamente un'occasione di confronto. Utilizzate il tempo anche per leggere e commentare gli altri racconti in gara e se la guardate in quest'ottica, ve lo assicuro, SETTE giorni sono anche troppo pochi. E ancora: date diritto di replica, tornate a vedere se hanno risposto ai vostri commenti, argomentate, difendete le vostre tesi e cedete quando vi convinceranno dell'opposto. Questa è la vostra palestra, dateci dentro.
Eventuali vostre pigrizie nei confronti dei commenti ai racconti (che devono avere un limite minimo di 300 caratteri ognuno) verranno penalizzate in questo modo: – 0 punti malus per chi commenta TUTTI i racconti assegnati al suo gruppo con il corretto numero minimo di caratteri. – 13 punti malus per chi commenta tutti i racconti assegnati al suo gruppo, ma senza il numero minimo di caratteri. – ELIMINAZIONE per chi non commenta anche solo un racconto di quelli assegnati al suo gruppo.
Vi ricordo che i racconti non possono essere più modificati. Se avete dubbi su come compilare le classifiche, rivolgetevi a me. Potete commentare i vari racconti nei singoli thread per discutere con gli autori, ma la classifica corredata dai commenti deve obbligatoriamente essere postata nel gruppo MELBOURNE 1956. Altra nota importante: evitate di rispondere qui ai commenti ai vostri lavori, ma fatelo esclusivamente sui vostri tread.
E infine: una volta postate e da me controllate, le classifiche non possono più essere modificate a meno di mia specifica richiesta in seguito a vostre dimenticanze. L'eventuale modifica non verrà contabilizzata nel conteggio finale e sarà passibile di malus pari a SETTE punti.
Buongiorno, ecco i miei commenti e relativa classifica LA LINGUACCIA Di Emiliano Maramonte Tema centrato. La falsa partenza è quella di un approccio indesiderato in libreria. Il Nostro si vede tampinato da un ragazzo conciato come John Lennon (non solo negli occhialini, ma anche nell’abbigliamento, mi ha fatta pensare all’”intellettuale” dei Beatles in versione Anni Settanta) e la voce da adolescente impostata in modo da sembrare più adulta e virile sulle prime mi ha fatta pensare a un giovanissimo fan del gruppo e dei thriller, oltre che degli uomini adulti. Invece, la sorpresa finale è che si tratta di una fanciulla travestita per far colpo su di lui e trascinata via dalla madre. Il racconto è scritto in modo impeccabile: ha due morali, a mio avviso. L’amore è un gioco. E nel caso della protagonista, da ripetere fra qualche anno. Per ora lo prende come uno scherzo (gioco del travestitismo in stile shakesperiano)
L’ARMADIO SVEDESE Di Luca Nesler Tema centrato. In modo spassoso. Diego fa credere di essere partito e si infila nell’armadio della ben nota azienda svedese sicuro di stare assistendo al tradimento della moglie con un presunto anziano professore. La tua grande abilità è di far simpatizzare il Lettore con Diego. Perché lo immergi nel Suo Punto di Vista. Vede la moglie Daria entusiasta…una testa bianca, sente parlare di una scatola. Il tutto in una stanza da letto. La sorpresa finale è che la testa bianca è della madre di Diego. E la scatola è quella di una camicina nuova che Daria ha preparato per la nipote. Da commedia degli equivoci. Ottima prova. Attento: cos’avrà da sorridere tanto? «Siediti e chiudi gli occhi.» Scriverei: Uao.
MANNAGGIA A LEI Di Giulio Marchese Il tema è centrato. L’adulterio costa caro in caso di falsa partenza dell’amante (e aver fatto più attenzione al contenuto del beauty-case, sarebbe stato di vitale importanza per lei). Vatti a fidare delle mogli con il porto d’armi. Povero Jimmy. Questo è il senso della storia che mi è arrivato. Davvero originale, degna di un noir. Certo, c’è qualcosa da sistemare. Attento: Hai prurito, amore? Meglio, a mio avviso: Ti prude, amore? Vado giù a prendere qualcosa da bere, vuoi qualcosa? Meglio, a mio avviso: Vado giù a prendere da bere, vuoi qualcosa? Alla frase che ti mostro riscritta a uso del Lettore Esigente: «Scusa, amore» mise la mano a coppetta come a voler simulare un megafono. «Ho dimenticato il burrocacao.» Come anche in questo caso: «Aspetta, amore» Alla frase e sussurrò: «Ti posso spiegare…» Alla frase. «Oh, Dio! E adesso? Cazzo, cazzo, cazzo» (credevo l’avesse pronunciata lui. Invece, è lei che crolla. Se fossi al tuo posto, aggiungerei: Lui guardò il cadavere e poi Maria. Lei cedette: «Oh, Dio! E adesso? Cazzo, cazzo, cazzo»)
Ti riporto la frase come la sistemerei a mio avviso «Adesso» Jimmy avvicinò il volto a quello di lei, a separarli qualche centimetro. «Voglio il divorzio.» Alla frase Gli puntò la pistola alla testa. «Asp…» Non mi torna: come si fa a vedere se una persona avvolta in un lenzuolo ha le mani dietro la schiena? E come farebbe a reggerle?
IDEA MALSANA Di Sara Perrone Tema centrato in pieno. Povera Rebecca. Ha sbagliato a sottovalutare un percorso come Santiago de Compostela. Si è armata di zaino e scarpe da trekking (ma avrebbe potuto risparmiarsi il tomo di Tolstoj, in quel caso meglio un e-reader e qualche cosmetico di meno). Al Lettore la storia strappa un sorriso. Giovanni l’ha avvertita: è impreparata, ma lei niente (forse per via del fascino di Google Earth, che fa sembrare tutto così vicino, chissà). La storia riflette molto lo spirito di Flaubert (“Bouvard e Pècuchet”). Complimenti.
Attenta: alla frase si era messa a pc (si era messa al PC) Lo zaino da cinquanta o settanta litri? (Chili, vorrai scrivere)
SE FOSSI FUMO Di Edoardo Foresti Tema centrato. Mara è scattata di colpo a ragioneria, consegnando per prima. Poi, però, ha fallito il test di Medicina e lavora in un ristorante (i suoi le hanno imposto di farlo per due anni, come “pena” per aver fallito il test). E nel finale, lei ci riprova (Marco, invece, il test lo ha passato, malgrado il turno al ristorante mi abbia dapprima fatta pensare al contrario), questo malgrado la vergogna iniziale, così forte da farla desiderare di essere fumo, come quello della sigaretta di Marco. Io l’ho capita così.
Attento: il sedile della sedia sbatte sullo schienale.
La sedia sbatte dalla parte dello schienale. «Era quattro anni fa a ragioneria. Capiranno.» Frase da rivedere: «Ma sono passati quattro anni ed era ragioneria. Questo è stato il test a Medicina. Possibile che non abbiano capito?»
Un’esaminatrice si avvicina costretta nel suo abito magenta La rivedrei, a mio avviso: Un’esaminatrice si avvicina nel suo attillato abito magenta
Qui ti faccio vedere la frase corretta a uso del Lettore Esigente (non va bene la barra al posto dei puntini di sospensione) «Per favore cosa cam…»
Il preside della commissione
Il presidente della commissione, vorrai scrivere.
Ti mostro la parte successiva, quando il presidente si appresta a leggere le istruzioni d’esame: avvicina il microfono alla bocca: «Avete novanta minuti… Questo a uso del Lettore Esigente.
La mia classifica è sofferta. Siete tutti autori da medagliere.
Idea malsana, di Sara Perrone Mannaggia a lei, di Giulio Marchese L’armadio svedese, di Luca Nesler Se fossi fumo, di Edoardo Foresti La linguaccia, di Emiliano Maramonte
Idea malsana, di Sara Perrone Il personaggio crea molta empatia, e il racconto in se è simpatico e piuttosto immersivo. Stai attenta però ad usare il passato prossimo così tanto, ha scritto una valanga di volte "aveva" in poche frasi. Cerca dei modi alternativi, per non risultare ripetitiva. Esempio... A quel punto Giovanni, dopo un sospiro rassegnato, aveva raggiunto Rebecca
Mannaggia a lei, di Giulio Marchese Molto bello, mi è piaciuto il finale dove Maria sbrocca e li ammazza entrambi. Scritto bene e immersivo. L'unico difetto l'ho trovato nel dialogo finale che non è chiarissimo: La ragazza, scese un paio di scalini. Ansimava. Lui guardò il cadavere. «O Dio! E adesso? Cazzo, cazzo, cazzo!» «Adesso,» Jimmy alzò lo sguardo, a separarli qualche centimetro, «voglio il divorzio.» Non dovrebbe essere Maria a dire questa fare? Perche scritta così, sembra sia Jimmy a parlare. Gli puntò la pistola alla testa, «aspett—». Anche qui, i ruoli non sono chiari, l'ultimo soggetto che abbiamo è jimmy, ma la pistola in mano a Maria.
L’armadio svedese, di Luca Nesler Bene ma non benissimo. Come fa a non riconoscere la voce di sua madre? E soprattutto, a scambiarla per la voce di un UOMO? Inoltre, la madre è seduta sul divano. Se lui vede Daria di schiena, vuol dire che vedrebbe sua madre di fronte...come fa a vedere solo un pezzo di testa? Comunque Daria si sposta per prendere la roba nel cassetto... È ben scritto, ma purtroppo non mi è chiara la meccanica della scena (cosa molto difficile da render bene in così poco spazio, 3000 caratteri sono davvero pochi).
Se fossi fumo, di Edoardo Foresti Tagliare in tre parti una cosa così breve, non mi convince molto. La prima parte è totalmente superflua, avresti potuto benissimo iniziare da loro due che ricevono i risultati dell'esame, e salvare spazio per approfondire un po' il loro rapporto con qualche linea di dialogo. la luce del crepuscolo gli tinge il grembiule candido e taglia in due la facciata del locale. Descrizione troppo stringata, probabilmente data la mancanza di caratteri. la luce taglia la facciata del locale? una lama di luce, magari, oppure un gioco di luci e ombre...detta così non ha molto senso.
La linguaccia, di Emiliano Maramonte Non ho capito. Perdonami emiliano, ma proprio non ho capito quello che è successo, ci sono troppe cose che non tornano. Innanzitutto, chi è lo stalker? Una bambina? Una ragazza con problemi mentali? Perche si traveste da uomo per fare colpo su un uomo? sembrava più alto e più robusto Il protagonista è chiaramente un uomo adulto, quindi come fa ad essere intimorito dal confronto fisico con una ragazzina? Come fa a non rendersi conto di nulla quando la vede in faccia? È scritto bene, ma non mi è piaciuta l'idea di fondo. E non mi pare nemmeno rispettato il tema di falsa partenza. Scusa la crudezza :)
Commenti in ordine di gruppo, classifica al fondo!
La linguaccia, di Emiliano Maramonte
► Mostra testo
Capisco bene tutto quel che succede. Non capisco perché. La ragazza ha dei problemi? L'intervento della madre sembra suggerire che sia qualcosa che succede spesso, che la figlia provi a mettere in scena delle sue fantasie, delle scene ben precise che non sempre vanno come dovrebbero. Però sarebbe piacevole avere almeno una piccola ancora in più che dia solidità a una teoria specifica. Penso che aggiungere qualche dettaglio in più alle prime descrizioni dello sconosciuto, che ci facciano intuire che qualcosa non va nel suo aspetto, che è un travestimento di sorta, potrebbero rendere più accettabile il finale, un "ve l'avevo detto io".
Achtung! "occhiali tondi alla John Lennon", è italiano arcaico. Ora si dice "occhiali tondi alla Harry Potter".
L’armadio svedese, di Luca Nesler
► Mostra testo
Ho trovato splendido il monologo interiore iniziale, l'attesa, il dover interpolare quel che succede da suoni e frammenti di quel che vede. E' un buon esercizio di stile, chiudere un protagonista in un armadio e fargli descrivere una scena basandosi sugli altri sensi e ti è riuscito molto bene. Purtroppo sì, il buco di trama è enorme e anche io mi sono fermato lì sul finale "in che senso mamma?" perché trovavo davvero difficile che scambiasse la madre per il vecchio ricco che ci hai descritto fino a quel momento. Capisco che metterci il padre avrebbe richiesto una ginnastica mentale più complicata, perché nuora e suocera hanno ragioni molto più facili per trovarsi tra loro da soli in un contesto socialmente semplice e accettabile, però serve davvero tanto una chiusura migliore.
Mannaggia a lei, di Giulio Marchese
► Mostra testo
Buono il tema, meno buona la plausibilità, i tempi tra amante e moglie che permettono questo incrocio, i ruoli di amante e moglie, che non vengono districati fino alla fine del racconto, nella "battuta" sul divorzio. La scena d'azione l'ho trovata più confusa e distaccata di quanto avrei voluto da un crescendo del genere, come se scendesse in una freddezza sbagliata per l'agitazione finale. Hai scelto un punto di vista vicinissimo al protagonista, ma non sembri fargli vivere l'uccisione e la paura del momento, lo fai perdere nei dettagli e nelle azioni, mentre difficilmente sarebbe quello su cui si focalizzerebbe, se calato nella situazione. Mancano delle emozioni forti che giustifichino il finale a cui ci porti, non solo da parte della moglie ma anche da parte del protagonista.
Idea malsana, di Sara Perrone
► Mostra testo
Il tema è preso anche se un po' di sfuggita, perché la partenza c'è, sebbene stentata.
Quello che mi lascia perplesso del racconto è la sua linearità. La protagonista si entusiasma di un'idea, si attiva, le dicono che finirà male, insiste, finisce male. Non devia neppure per un secondo dal percorso che ci si immagina dopo aver letto l'incipit. Anzi, direi che l'incipit ci rivela l'intera struttura del racconto, ancor prima di addobbarlo con personaggi, luoghi e orpelli:
> Rebecca era partita in quarta, aveva dato retta al proprio istinto e si era messa all’opera, senza dar retta a nessuno, sebbene chiunque le dicesse che quell’idea era da folli.
C'è tutto, dall'inizio alla fine. Penso che andrebbe ristrutturato in modo da portarci almeno insieme all'ottimismo della protagonista, senza abbatterlo così e farci già sapere cosa succederà.
Se fossi fumo, di Edoardo Foresti
► Mostra testo
E' una buona falsa partenza da raccontare, ma non mi convince il taglio che hai scelto, con tre scene spaziate in quel modo.
Il primo test, il dialogo che avviene ragionevolmente poco tempo dopo con dentro un aggancio al passato, l'anno successivo. Sono poco regolari come intervalli e mi fanno subito pensare a qualche complicazione che in realtà non c'è. Mi aspetto che la scena iniziale sia in realtà l'ultima, la consegna della vera partenza in cui la protagonista si libera dal suo fardello. Lo considererei quasi più naturale partire da lì e poi svolgere rapidamente come ci è arrivata, rispetto a metterci due scene d'esame, uno fallito e uno riuscito, che vengono confrontate in maniera diretta e un po' semplicistica.
1. La linguaccia, di Emiliano Maramonte 2. L’armadio svedese, di Luca Nesler 3. Idea malsana, di Sara Perrone 4. Mannaggia a lei, di Giulio Marchese 5. Se fossi fumo, di Edoardo Foresti
Ultima modifica di Andrea Partiti il martedì 18 agosto 2020, 18:31, modificato 1 volta in totale.
La linguaccia, di Emiliano Maramonte Mi sembra che il rispetto della traccia ci sia e il goffo tentativo del ragazzo/a di approcciare il protagonista e il seguente tentativo di porre rimedio possa classificarsi perfettamente come falsa partenza.
Detto questo, sono un po' confuso da ciò che avviene. Non è chiaro il cambio di approccio (timido dentro la libreria e spigliato fuori) e il motivo per cui dica che non può tornare dalla madre: la ragazza è effettivamente autistica, dunque? Inoltre anche la rivelazione finale non la capisco: mi piace il gesto della parrucca e la linguaccia con la risposta del protagonista, ma come lettore non sento di avere elementi per poter valutare il comportamento bizzarro del soggetto. Magari è solo un'impressione personale e sono io duro di comprendonio, ma mi lascia un po' appeso come lettore: non è chiaro se fosse un approccio genuino da parte della ragazza camuffata o se invece ci sono elementi che non conosco e che dovrei sapere in modo pregresso per comprendere tutta la faccenda. Forse i caratteri limitati non aiutano, ma trovo la rivelazione finale un elemento in più un po' slegato dalla narrazione.
Aggiungo un'ultima cosa che ho notato. Questa frase andrebbe rigirata forse: «Sarei felice se lo rifacessimo» disse il tipo della libreria. Mi sbarrò la strada. Provo a dirti (male) una possibile alternativa: "Uscii dalla libreria e me lo trovai davanti che mi sbarrava la strada.«Sarei felice se lo rifacessimo» disse il tipo di prima."
L’armadio svedese, di Luca Nesler Il tema mi sembra centrato al 100%. La falsa partenza c'è ed è centrale nel racconto: mi piace che si capisca che è una falsa partenza senza per forza esplicitarlo nel testo. Ottimo. Il racconto è puro show e non c'è un elemento che sia fuori posto. Siamo perfettamente nel punto di vista del protagonista, si capisce cosa succede ed è chiaro il perché di quello che sta facendo. Ho trovato molto divertente il punto in cui cerca di farsi coraggio per non piangere e si asciuga il naso.
Mannaggia a lei, di Giulio Marchese Il racconto mi sembra sia perfettamente in tema: la falsa partenza c'è ed è centrale alla trama. La storia è chiara e ho apprezzato i pensieri di Jimmy, indicati col corsivo. Aggiungono qualcosa che personalmente mi piace in un racconto. Ho qualche dubbio però sul finale che personalmente mi mina tutto quello che viene prima. Cerco di spiegarmi. Per come scrivi sembra che Jimmy sia sposato con Maria e con Katia e abbia una doppia vita (da qui la battuta sul divorzio che fa Maria prima di sparargli). Questo però non è possibile perché comunque Jimmy e Maria hanno la loro tresca nella casa che lui condivide con Katia: è impensabile che Maria non si sia accorta di una presenza femminile stabile in casa di Jimmy. Quindi non mi sembra possibile che Maria fosse all'oscuro del'esistenza di un'altra donna nella vita di lui o che pensasse fosse single. Da qui il secondo problema: la reazione di Maria e la morte di Jimmy. Posso capire che lei esca dalla stanza con la pistola in mano per paura di un intruso e spari vedendo arrivare Katia come una furia, ma la seconda uccisione è abbastanza "out of the blue". Perché lei uccide consapevolmente e quasi a sangue freddo Jimmy (premesso quanto ho detto prima)? Non sembra dalle battute prima che lei sia un killer a sangue freddo: forse un secondo colpo accidentale, per paura o nervoso, avrebbe permesso di chiudere la vicenda nello stesso modo e mi avrebbe lasciato meno dubbi e più chiarezza.
Idea malsana, di Sara Perrone Trovo che il tuo sia un racconto divertente e scorrevole. Ho apprezzato le tre ripetizioni del pentimento di Rebecca e la descrizione che ne fai. Il tema mi sembra ci sia e sia rispettato: c'è una partenza ed è falsa perché avviene troppo in fretta e senza preparazione fisica, tanto che Rebecca viene "squalificata" alla prima tappa.
L'unica cosa che mi stride un po' e che forse sistemerei è la frase che Rebecca scrive nel suo diario: "Si è rivelata la falsa partenza peggiore di sempre."
In fin dei conti per Rebecca è stata una partenza vera e propria, con dispendio di soldi e tempo. Potresti anche toglierla come frase e non si perderebbe comunque il senso del racconto.
Se fossi fumo, di Edoardo Foresti Il tema mi sembra centrato con la protagonista che sostiene un esame, lo fallisce e ci riprova. Molto bella la metafora del fumo. La parte iniziale secondo me ti fa perdere caratteri preziosi: se tu avessi iniziato direttamente a esame fallito, in medias res, avresti risparmiato per rendere più chiaro il rapporto tra i due personaggi, tra lei e i genitori e per approfondire il fatto che lei sia fuori corso (se ho capito correttamente). Anche perché se lei effettivamente vuole passare da ragioneria a medicina, un passaggio di spiegazione sulle aspirazioni della ragazza sarebbe da fare. Medicina è una facoltà difficile e molto lunga: iniziarla da fuori corso richiede una forte motivazione, penso. Il numero di caratteri non aiuta, ma qualche precisazione forse sarebbe stata necessaria per entrare più in sintonia con la protagonista e la sua storia.
E la classifica: 1. L’armadio svedese, di Luca Nesler 2. Idea malsana, di Sara Perrone 3. Mannaggia a lei, di Giulio Marchese 4. Se fossi fumo, di Edoardo Foresti 5. La linguaccia, di Emiliano Maramonte
LA CLASSIFICA: 1. L’armadio svedese, di Luca Nesler 2. Se fossi fumo, di Edoardo Foresti 3. La linguaccia, di Emiliano Maramonte 4. Idea malsana, di Sara Perrone 5. Mannaggia a lei, di Giulio Marchese
L’armadio svedese, di Luca Nesler
► Mostra testo
Ciao Luca, sono scoppiato a ridere in tre diversi punti. Come al solito il tuo stile è fresco e divertente. Mi piacciono molto i dettagli che il marito di Daria (chiamiamolo DARIO per comodità) vede attraverso l’anta. Mi sono sentito stretto e bloccato nel Platsa con Dario e m’è venuta pure un po’ di claustrofobia. Sarà pure un testo-cazzata, ma per ora è il mio preferito del girone. Diretto, gestito bene e asciutto, senza fraintendimenti o cali di tono. Un testo-cazzata, ma con tutti i crismi. andrea Occhio alla ripetizione “si sta strettini nel PLASTA. / Mi stringo”
Se fossi fumo, di Edoardo Foresti
► Mostra testo
Ciao Edoardo, ho letto il racconto di Sara Perrone e il tuo. Li sento molto affini, perché il modo in cui hai gestito la traccia è esattamente quello che ho suggerito a lei. Far nascere pian piano i dettagli per dipingere la situazione, senza creare situazioni di infodump. Da quel punto di vista quindi ti piazzo prima del suo racconto. Sono stato in dubbio se metterlo prima o dopo il racconto di Emiliano: il tuo stile è più asciutto e delineato, immersivo, mi è piaciuto. Direi quindi un secondo posto. Mi rendo conto che sia strano giudicare il tuo brano non in modo assoluto ma facendo le differenze con gli altri, ma nella logica di un girone la cosa prende un suo senso. Quindi bravo!
La linguaccia, di Emiliano Maramonte
► Mostra testo
Ciao Emiliano, una buona prova. Sei bravo a tratteggiare questi aspetti borderline della natura umana: la situazione si dipana pian piano ed emerge una personalità socialmente disturbata. Non tutto viene spiegato, è vero, ma non ne ho sentito reale necessità. Forse la resa non è al massimo, ti evidenzio la frase iniziale che mi ha disturbato: “Il suo look era bizzarro: caschetto riccio dai riflessi bluastri, occhiali tondi alla John Lennon, jeans scoloriti alle ginocchia e una camicia blu notte più grande di almeno una taglia.” Qui secondo me c’è da lavorare, perché mi devo fermare per figurarlo. Il bizzarro viene imposto dal narratore “il suo look era”, poi viene una descrizione su ben quattro capi di vestiario (parrucca, occhiali, jeans e camicia) che appesantisce molto il testo. Questi aspetti poteva saltar fuori pian piano senza fare un elenco. Meglio ancora, gli oggetti potevano interagire e mostrarci il bizzarro. Qualcosa come “la camicia da notte fluttuava su di lui”, “la parrucca azzurrina gli scendeva di traverso”, “mi specchiai negli occhiali alla John Lennon”. C’è un NE di troppo in: “ma non ne aveva il coraggio di parlare.” Una buona prova, comunque. Sei il primo che leggo, vediamo gli altri...
Idea malsana, di Sara Perrone
► Mostra testo
Ciao Sara, la traccia è rispettata, ma la forma che hai dato al testo non mi convince. Dopo una buona partenza in cui incuriosisci il lettore, passi a un paragrafo di pura informazione, virando pericolosamente sull’infodump: “Rebecca era rimasta così estasiata dal racconto dell’amico, il quale aveva visitato diversi luoghi e conosciuto parecchie persone che, tornata a casa, si era messa a pc e aveva fatto qualche ricerca, scoprendo che avrebbe potuto fare anche solo un tratto di quel percorso. Nel giro di pochi minuti aveva scelto la meta d’inizio e aveva annotato su un post-it lilla tutto l’occorrente per il viaggio. Le avrebbe fatto bene, ne era certa.” Non dico che questi dettagli siano inutili alla trama, anzi. Avrebbero reso meglio se fossero usciti pian piano, e qui torno alla forma che hai dato al testo. Anziché lavorare sulla storia come un riassunto della disfatta, avrei mostrato un momento del cammino della protagonista. Con le scarpe che fanno male, con i ciottoli che fanno inciampare. E mentre questo succede, affiorano i ricordi di come la preparazione al cammino di Santiago è stata insufficiente, di come abbia fatto le scelte sbagliate. Il lettore sarebbe attratto nel suo mondo, anziché assistere da esterno al (triste) epilogo. Se decidessi di tener buono questo suggerimento per un’eventuale revisione, probabilmente riusciresti a risolvere anche il problema di linearità della trama che ti ha fatto notare Andrea Partiti.
Mannaggia a lei, di Giulio Marchese
► Mostra testo
Ciao Giulio, fino a due terzi tutto OK, la situazione extraconiugale ben gestita con anche i pensieri del protagonista. Sul finale introduci un plot-twist, e si scopre che è Maria la moglie di Jimmy. Ma proprio in queste righe finali c’è la trappola dei dialoghi: La ragazza, scese un paio di scalini. Ansimava. Lui guardò il cadavere. «O Dio! E adesso? Cazzo, cazzo, cazzo!» Il dialogo dovrebbe essere detto dall’ultimo che ha performato l’azione. Quindi qui è JIMMY. «Adesso,» Jimmy alzò lo sguardo, a separarli qualche centimetro, «voglio il divorzio.» Qui il dialogue tag fa pensare che sia JIMMY a parlare. Quindi JIMMY risponde a JIMMY. Gli puntò la pistola alla testa, «aspett—». Qui a parlare dovrebbe essere LEI, perché introduce il dialogo. Ovviamente non può essere così. Fermo restando che è strano che Katia si incazzi con la moglie di Jimmy, dandole della puttana e correndo su per le scale per menarla, questo dialogo finale ha gettato lo scompiglio. Riguarderei quest’ultima parte proprio alla luce di queste considerazioni. Nota: occhio alle consonanze in: “tacchi ticchettavano sul vialetto” (formula usata in poesia, non in prosa) e “Lo GUARDO’ fisso negli occhi, lui abbassò lo SGUARDO”
1. L'armadio svedese 2. La linguaccia 3. Se fossi fumo 4. Idea Malsana 5. Mannaggia a lei
Di seguito i commenti 1. L'armadio svedese.
► Mostra testo
Ciao Luca, prima volta che leggo un tuo racconto, spero che il mio parere possa essere utile.
Tema Sono in difficoltà nel decidere se il tema sia colto oppure no. Il tuo protagonista fa una partenza falsa, ma una partenza falsa non è una falsa partenza, che dovrebbe essere una partenza irregolare, anticipata o, in senso ampio, una partenza col piede sbagliato. Dimmi anche tu cosa ne pensi.
Stile Lo stile è la punta di diamante del racconto. Tutto in show, focalizzazione strettissima. Intrecci alla perfezione il fraseggio mentale del protagonista al succedersi degli eventi. La paranoia di un protagonista insicuro, che aggiunge e immagina scenari sempre peggiori (un amante → un vecchio amante → un vecchio e ricco amante) è divertentissima. Unico appunto: Entro, mi accovaccio sul fondo. Mi allungo e tiro le ante per chiudermi dentro. Questa frase è ambigua. Quel "mi allungo" mi ha fatto "vedere" il protagonista che si stende di schiena nell'armadio. Ho dovuto rileggere tre volte per capire che si allunga ad afferrare le ante e non è inteso come lui che si stende nell'armadio. Un banale "entro, mi accovaccio, chiudo le ante" avrebbe reso tutto più semplice, e meno ampolloso.
Trama L'idea non è originalissima anche se 1) lo stile frizzante e 2) il tempo risicato mi fanno sorvolare la cosa. Mi ha divertito leggere il testo e tanto basta. Devo ahimè unirmi alle critiche sulla plausibilità. Se già è improbabile scambiare la voce di una vecchia con quella di un vecchio, mi sembra quasi impossibile scambiarla con quella della propria madre! Un gran peccato, perché mina la credibilità di un racconto altrimenti solidissimo. Forse avresti potuto giustificare la cosa dando alla madre un bel mal di gola, tosse, raffreddore, raucedine... insomma qualcosa che giustificasse l'irriconoscibilità della voce.
Se avessi qualcosa da dire, sono a disposizione. Buona gara e alla prossima! Giacomo
2. La linguaccia.
► Mostra testo
Ciao Emiliano, è la prima volta che commento un tuo racconto, essendo da poco sul forum di MC.
L'idea mi è piaciuta, mi richiama alla mente tutte quelle piccole avventure bizarre che ognuno di noi vive almeno un paio di volte.
Ho avuto parecchi problemi con la fluidità e con la comprensione. Normalmente faccio una prima lettura rapida. Se dopo questa prima lettura ho capito tutto, solitamente il testo ha uno stile pulito e comprensibile. Qui non ho avuto questa sensazione, ma ciò che è peggio è che anche a una lettura più attenta e concentrata ho avuto problemi. Nello specifico c'è sicuramente la frase che già Lauro ha analizzato per cui non ripeterò ciò che ha detto (e che condivido in pieno) ma aggiungo che spesso mi sono trovato a dover "riscrivere" l'immagine mentale che mi ero fatto. Per esempio il fatto che il tipo strano porti la camicia da notte (che nella mia testa è lunga oltre le ginocchia) ma che al contempo sono visibili le scoloriture sulle ginocchia. Inoltre prima che specificasse che il personaggio è un uomo io l'ho immaginato donna. Questo dover tornare continuamente a modificare l'immagine che mi ero fatto di qualcosa blocca molto la fluidità della lettura.
C'è un frequente ricorso al tell e questo mi impedisce di "vedere" la scena ( avevo capito che mi stava seguendo, Faceva finta di essere interessato al testo, ma era davvero maldestro, Insisteva senza ritegno. Era troppo assurdo per essere vero...). In questi casi non ritengo si possa parlare di errori perché 1) sono riflessioni plausibili del pdv 2) capisco la limitatezza imposta dai 3k caratteri. Tuttavia pur non essendo "errori" minano la qualità del testo.
In altri casi (es "il suo look era bizzarro" seguito da descrizione del look) il tell è fastidioso. È come se mi dovessi spiegare, tu autore, che il look è assurdo, come se io lettore, non fossi in grado di capire che andare in giro con la camicia da notte, i jeans etc, in libreria fosse normale. Già un pensiero del pdv tipo: "ma come si è conciato questo?" sarebbe stato migliore (imho).
Ho avuto un problema di comprensione grande anche quando chiami il travestito "il tipo della libreria." Ecco, non so per quale motivo, forse per via del parlato di tutti i giorni, ma io ho inteso "il tipo della libreria" come il proprietario, e quindi sono stato imbambolato a chiedermi perché il venditore l'avesse seguito fuori per parlargli.
Non mi torna il fatto che lui non si accorga mai che è una donna, anche quando l'ha vicina. Molto molto strano.
La cosa che a molti non è piaciuta è la mancanza di una spiegazione. È una travestita? Ha problemi mentali? Io non ho provato questo genere di frustrazione del "non sapere", anzi è forse la cosa che più mi è piaciuta (ma, occhio, in un testo lungo l'avrei sicuramente odiata.)
P.S. Nella mia interpretazione la ragazza prova attrazione per gli uomini, ma si sente a sua volta un uomo. La cosa è mal vista dalla famiglia che le impedisce di esternare tali idee e sentimenti, per cui lei di tanto in tanto fugge e si traveste, sfogando la sua natura.
3. Se fossi fumo.
► Mostra testo
Ciao Edoardo, eccomi a "valutare" il tuo racconto.
Dal punto di vista del tema ci siamo, c'è una falsa partenza nel senso che è una partenza andata male, da rifare, quindi OK.
Lo stile è pulito, la storia si segue senza problemi, non ho avuto difficoltà nel comprendere lo svolgimento della vicenda. L'unica cosa che non sono sicuro di aver capito è la storia dei "due anni". Si intende che i suoi genitori sono delusi perché non ha passato il test e le ricordano che quattro anni prima era stata bocciata a ragioneria? Un altro appunto: la parte iniziale con la sedia è ambigua. Non avendo ancora detto che siamo in una università, io mi aspetto una sedia normale, per cui quando leggo che il sedile batte sullo schienale ho avuto l'immagine assurda di una sedia che si richiude (niente di grave ovviamente.)
Lo spezzettamento della vicenda in tre blocchi non crea secondo me grossi problemi, e lo dico da avverso al ricorso frequente ai tagli, anche in racconti ben più lunghi.
La cosa che non mi convince è proprio la trama e la sua evoluzione. Mi spiego: abbiamo una protagonista che fallisce i test di ingresso, è delusa, passa un anno e ci riprova. STOP. La storia scivola senza scossoni, non mi cattura, non fa porre domande né interessarmi all'esito. Mi sarei aspettato un finale con qualcosa di più di lei che si siede a riprovarci.
Mi piacerebbe darti un consiglio, non intenderlo però come se volessi riscrivere la tua storia o salissi in cattedra, non è mia intenzione. Nella parte centrale abbiamo la protagonista che prima vuole essere come fumo e scappar via, poi reagisce come se avesse compreso che solo "tirando fuori le palle" si raggiungono i risultati, ma poi torna a piangere e voler essere fumo. Secondo me avresti potuto creare un mini arco di trasformazione, con lei che fallisce all'inizio, nella parte centrale sbatte il muso con la realtà, passa da voler essere fumo a tornare la ragazza decisa di un tempo, e un finale in cui si mette alla prova, certa che a prescindere dai risultati è una persona nuova che sa che potrà fare strada con la sua rinnovata determinazione.
Spero di essere stato utile, e sono disponibile alla discussione. Giacomo
4. Idea Malsana.
► Mostra testo
Ciao Sara!
Il tema è centrato: una falsa partenza, fatta senza preparazione e probabilmente senza reale convinzione.
L'idea è interessante, colpisce in pieno i miei gusti personali, ma ritengo sia valida in generale.
La trama lascia un po' a desiderare, come ha già scritto qualcun'altro, c'è una ragazza che decide di fare una cosa per cui non è preparata, la fa, fallisce. STOP. Sarebbe stato carino dare un po' di senso agli eventi, o magari far avvenire qualcosa di positivo nella situazione negativa (capisce che fare le cose senza preparazione è stupido, capisce che lanciarsi in una avventura non è romantico è solo stupido, conosce qualcuno di interessante, scopre un posto particolare... idee a caso sia ben chiaro).
Lo stile non mi fa impazzire, hai scelto di riassumere la vicenda, più che mostrarci qualcosa. Non sento le vesciche, non sento i piedi in fiamme, non sento lo smarrimento tipico del pellegrino dopo venticinque chilometri da solo a camminare. Avresti potuto mostrarci la ragazza nel suo momento più vulnerabile, sola e stremata che ripensa alle sue scelte, commentando nella mente gli eventi. La stessa vicenda raccontata, ma con il bonus mastodontico di coinvolgere il lettore fisicamente ed emotivamente.
5. Mannaggia a lei.
► Mostra testo
Ciao Giulio, eccomi a commentare il tuo racconto.
Dunque, la questione è spinosa, perché l'idea dell'inversione dei ruoli è interessante, peccato che ci abbia capito qualcosa solo dopo aver letto un tuo commento.
Già solo la prima parte l'ho dovuta leggere quattro volte per capire chi partisse e chi restasse. Il fatto che la battuta di un personaggio sia sul rigo successivo al beat rende difficoltoso seguire anche i dialoghi.
La seconda parte migliora nella chiarezza espositiva, ma dal punto di vista del senso precipita. Katia parte, ma dopo poco torna per prendere il burro-cacao. Ora, una cosa simile avviene realisticamente se qualcuno è partito da poco, minuti insomma. Anche se fosse partita solo da venti minuti, fare una cosa simile aggiungerebbe un'ora intera al viaggio. Chiunque sano di mente si comprerebbe un burro-cacao nuovo alla prima occasione invece di tornare indietro. Se l'idea era quella di far passare un bel po' di tempo, avresti potuto risolvere facendola tornare indietro a prendere qualcosa di insostituibile o di grande valore (il laptop, il farmaco salvavita, dei documenti di lavoro...). Altrimenti, se sono passati solo minuti, come è possibile che Jimmy sia già a letto con un'altra? Era già in casa? E poi sembra dal contesto che abbiano già fatto sesso, il che è ancora più implausibile, coi tempi strettissimi che avrebbero avuto. Nel finale Maria spara a Katia. Perché? Si comporta come se non sapesse che Jimmy ha una moglie, cioè si comporta come se Katia fosse l'amante. Addirittura chiede il "divorzio"? Ma quindi era Maria la moglie e Katia l'amante? Non ci ho capito niente. Il tema: se ho inteso bene, la partenza falsa è quella di Katia, che avendo fatto la falsa partenza deve tornare indietro e resta uccisa. Anche qui non so quanto sia azzeccato.
Frasi più problematiche:
-Si avvicinò all’auto, i tacchi ticchettavano sul vialetto come una bomba ad orologeria. Tacchi/ticchettavano suona veramente male. La similitudine con la bomba è inutile, allontana dal contesto e non aggiunge nulla alla scena.
-Lo guardò fisso negli occhi, lui abbassò lo sguardo e lei si coprì il seno con il lenzuolo. «Vai a bere, poi decidiamo il da farsi.» guardò/sguardo suona male. La frase di dialogo è assurda in quel contesto.
-«Scusa, amore,» mise la mano a coppetta davanti la bocca, come a voler simulare un megafono, «ho dimenticato il burrocacao!» Non ho capito perché Katia abbia bisogno di amplificare la sua voce.
-Jimmi protese le mani verso Katia. «Aspetta, amore,» si guardò intorno e sussurrò «ti posso spiegare...» C'è il refuso Jummi. Perché si guarda intorno? Perché sussurra?
Ciò detto, è un peccato che io abbia fatto tutta questa fatica per capirci qualcosa, ma l'idea è buona, e anche la scelta dei dettagli mostrati è azzeccata. Un saluto, Giacomo.
In narrativa non esistono regole, ma se le rispetti è meglio.