CAPITOLO I - Come un cane

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wladimiro.borchi
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CAPITOLO I - Come un cane

Messaggio#1 » mercoledì 29 luglio 2020, 18:20

Capitolo I
COME UN CANE


Sabrina era a terra, sdraiata sul fianco. Si cingeva le ginocchia con le braccia, la testa piegata, quasi nascosta tra le cosce.
Sembrava un pallone da spiaggia. Veniva voglia di prenderla a calci.
Sergio la fissava dall’alto dei suoi due metri: si lamentava come una poppante!
«Non farmi male. Ti prego, basta. Ho sbagliato… È colpa mia, la prossima volta starò più attenta.»
Certe donne sono come i cani! Puoi picchiarle fino a spezzarle in due, ma per quanto male tu possa far loro, verranno sempre a leccarti la mano.
Più si comportava così, più lui si incazzava.
Le lasciò andare una bella pedata nella schiena.
Roba da romperle un paio di costole.
Sabrina emise un urlo soffocato che si strozzò in un attacco di tosse stizzosa.
«Alzati, stronza imbecille!»
Sergio smise di guardarla, altrimenti la rabbia l'avrebbe portato a continuare fino ad ammazzarla, e uscì sulla soglia di casa.
Prese un bel respiro e andò a sedersi sul muretto che delimitava il cortile dei vicini per fumarsi una sigaretta in santa pace.
Peregrino, il Border Collie ricevuto in eredità dalla suocera, andò ad accovacciarsi tra i suoi piedi.
Sergio si mise a fissarlo, accendendosi la Camel fra le labbra.
Che bestie del cazzo! Buone solo a leccare il culo a chi vi sfama. Proprio come quella demente là dentro.
Sabrina non tardò a raggiungerlo, tirava su col naso a intervalli, ma fingeva di essersi calmata.
«Posso riprovare?»
Sergio dette una bella boccata e la investì col fumo: «Sentiamo.»
«Dodici pile stilo, due etti di chiodi di almeno quindici centimetri, otto batterie per la torcia elettrica e per la radio sveglia, nastro adesivo telato anti… anti… coso!»
Sergio portò la sigaretta nella mano sinistra e strinse il pugno destro: «Anti... cosa?»
Gli occhi di Sabrina sembrarono illuminarsi. «Antiscivolo!» trillò soddisfatta come se avesse appena risposto alla domanda da un milione di euro.
«Visto? In fondo non sei poi così imbecille! Vai in paese e prendi tutto. Io cerco di riparare il gruppo elettrogeno.»

Sabrina stava per consigliargli di chiamare un elettricista. Si morse la lingua in tempo, solo un attimo prima di parlare, altrimenti ne avrebbe prese altre.
Mio marito sa fare tutto e non sopporta che qualcuno lo metta in dubbio.
Si chiuse in bagno per prepararsi. La schiena le bruciava da morire, ma non più delle altre volte. Nascose il livido sotto lo zigomo con un bel po' di fondo tinta e indossò una maglia a maniche lunghe per coprire le braccia.
E così la bugia è bella che pronta.
Salutò il marito e mise in moto la Yaris nel cortile davanti casa.
Sergio la stava osservando, col mozzicone ancora in mano. Forse se n'è accesa un'altra! Le gambe iniziarono a tremarle. Doveva fare manovra e uscire dal cancello senza farlo arrabbiare, di sicuro senza andare a urtare da nessuna parte.
Se le montava l'ansia sarebbe stato tutto più difficile.
Cercò di cancellare la sua immagine, allontanarla dai pensieri. Se faccio finta che Sergio non ci sia non faccio danni.
Col cuore che le batteva forte iniziò la manovra di retromarcia. Si voltò completamente indietro per evitare di colpire la Ford parcheggiata proprio alle spalle della sua. Il respiro le usciva affannato. Schiacciò il freno. Ce l'ho fatta! Girò tutto lo sterzo e partì a passo d'uomo.
Era fuori.
La stradina di campagna che girava attorno alla vecchia segheria scompariva lenta alle sue spalle, il sole pallido di novembre le scaldò il volto. Il suo respiro tornò regolare.

Sergio guardò la moglie scomparire nella polvere sollevata dalle gomme dell'auto.
Gettò il mozzicone a terra e lo spense col piede.
Faceva un caldo fottuto, tutto poteva sembrare salvo il preludio di una catastrofe.
Peregrino sgambettò tra i suoi piedi e si mise a leccare il mozzicone. Sergio lo colpì con una pedata sul dorso: «Che cazzo fai? Se mangi quella merda poi devo portarti dal veterinario a buttare altri quattrini.»
Il cane piagnucolò allontanandosi, continuando a scodinzolare.
Perché nessuno capisce mai un cazzo alla prima? Sembra che ci godiate a prendere mazzate.
Le prime volte che aveva picchiato la moglie, si era sentito in colpa. Adesso no, lo faceva per il suo bene. Purtroppo alcuni capiscono solo le bastonate!
Si diresse verso il capanno degli attrezzi: mentre la signora andava in giro a far compere, gli uomini dovevano lavorare.

La Yaris condusse Sabrina all'ingresso del paese: la vetrata della pasticceria di Mantignano sull'angolo era stata coperta da barriere di legno, ma era aperta.
Anche così, quel posto le mise addosso la solita voglia di dolce. Al mattino le sfogliatelle con la crema erano ancora calde. Il solo pensiero di poterne addentare una, le mise un sorriso in fondo alla pancia.
Semmai dopo, se mi avanza un euro di resto. Sergio odia che sprechi soldi in cose inutili. Se poi dovessero non bastarmi i soldi...
Tutti si stavano preparando: nel Paese non si era mai vista una cosa del genere. Da piccola aveva sentito parlare di qualche tromba d'aria che si era abbattuta sulle città sulla costa. Ma era la primissima volta che alla televisione avevano parlato di "uragano". Molti avevano già imballato le case e avevano lasciato la città diretti a sud, il più lontano possibile. Quelli che erano rimasti cercavano ancora di organizzarsi per affrontarlo, seguendo i consigli che avevano dato al telegiornale.
I vetri delle case erano bloccati col nastro telato, le persiane delle finestre rinforzate con assi di legno e incatenate. Davanti alle vetrine dei negozi stavano costruendo delle barriere da assicurare ai bandoni.
Sembrava lo scenario di un film di guerra, di quelli che Sergio guardava la sera.
Parcheggiò l'auto davanti alla spaccio del vecchio Pietro. Anche il suo negozio era accessibile da una porticina che dava sull'androne di un condominio. La vetrina e l'accesso sulla strada erano ormai sprangati da giorni.
«Ciao Sabrina,» il bottegaio l'accolse con un bel sorriso luminoso «vi manca ancora qualcosa? Sei venuta solo ieri.»
La donna si concentrò per non sbagliare e poi sciorinò la lista delle cose da prendere come se fosse una filastrocca «e poi nastro adesivo telato antimuffa!»
Pietro scosse la chioma bianca sopra gli occhi buoni «Forse antiscivolo? Alla televisione dicevano così: ne ho venduti un sacco in questi giorni.»
«Forse sì, hai ragione!»
L'uomo iniziò a contare i chiodi e a lasciarli cadere alla rinfusa sul bancone: «Ti vedo stanca, hai sempre un velo grigio sugli occhi. Tutto bene a casa?»
No, non va bene niente. Non va più bene da due anni a questa parte, da quando è successo e tu lo sai. Per cui evita domande stupide e risparmiami la tua pietà.
«Certo, tutto alla grande!»
Pietro non aprì più bocca se non dopo aver riempito la busta con tutto il materiale richiesto: «Sono € 29,60»
Sabrina allungò le trenta euro che le aveva consegnato il marito.
Tanto mi era passata la fame.

Il gasolio c'era, la pompa sembrava funzionare e la candela era pulita. E allora perché quel cazzo di motore non voleva mettersi in moto.
Sergio si era tolto la camicia e ciononostante grondava sudore.
Tirò ancora una volta la cordicella della messa in moto, dandosi forza a suon di bestemmie.
Peregrino gli ronzava attorno, agitato dal suo nervosismo.
Niente, il gruppo elettrogeno non voleva partire.
Un altro tentativo e ti smonto un'altra volta!
Assicurò il cavo dell'accensione alla mano, facendogli fare ben due giri attorno al palmo e tirò come un ossesso.
Il maledetto marchingegno si limitò a tossicchiare riempiendo l'aria di un fastidioso odore di bruciato, per poi fermarsi senza il minimo rispetto per i suoi sforzi.
Sergio abbassò la testa stremato. Vide il muso del cane avvicinarglisi alla faccia e lo allontanò con una spinta.
Manchi tu a rompere le palle!
Fece un lungo respiro e sollevò la chiave inglese.

Sabrina mise in moto la macchina, senza nemmeno attendere il segnale dell'accensione. La Yaris emise un lungo rantolo e partì sgommando.
Se c'era una cosa che odiava era la pietà della gente.
Le salì il groppo alla gola e iniziarono a scenderle le lacrime.
Vaffanculo!
La gola si contorceva in singhiozzi involontari e la vista era appannata dal film d'acqua che le aveva inondato gli occhi. Se li asciugò con la manica e cercò un posto dove fermarsi, se fosse finita fuori strada e avesse danneggiato l'auto Sergio avrebbe anche potuto ammazzarla.
Ci devi portare via tutti, far volare in aria e schiacciarci a terra come insetti!
Una parte di sé, quella che si odiava, l'aveva pensato non appena era iniziata a circolare la notizia dell'uragano. Se fosse morta quantomeno sarebbero finiti gli incubi.
Nello stridere delle gomme, riuscì a fermarsi, senza far danno, in un punto abbastanza largo da far passare gli altri mezzi in transito: il governo aveva introdotto multe salatissime per chi intralciava il transito delle auto della protezione civile.
Abbandonò la testa sul volante e chiuse gli occhi.
Fino a quando il buon Pietro (il bastardo Pietro!) non si era messo a fare il medico pietoso era andato tutto bene. Per quattro ore, da quando si era svegliata, non ci aveva pensato... non se l'era rivisto davanti: il corpicino nel pigiama stirato di fresco, il collo piegato a novanta gradi, a ciondolare dal letto a castello.
I calci di Sergio, quella mattina, erano stati dolci carezze. L'avevano tenuta ancorata al presente, al dolore alle ossa.
Infilò la mano nella borsetta ed estrasse il flacone in cui teneva il Laroxyl, ne buttò giù uno a secco senza la minima fatica, nonostante il respiro affannoso del pianto.
L'aveva già preso al risveglio e la dottoressa le aveva vietato di superare le dosi consigliate. Ma in quel momento non le fregava niente del “sovradosaggio” o degli “effetti collaterali”, come li chiamava lei. Voleva solo togliersi dalla testa quel ricordo: la sua colpa.
Sergio non aveva mai pianto: secondo lui gli uomini non devono farlo!
Aveva sfilato la testa del bambino incastrata tra la rete del letto e il telaio in legno e l'aveva adagiato a terra. Così sembrava solo che dormisse!
Poi l'aveva guardata come si guarda un assassino, uno stupratore, il diavolo in persona: «L'hai voluto tu questo cazzo di letto! L'hai voluto comprare te. io l'avevo detto che Giulio era troppo piccolo per un letto a castello!!»
Aveva gridato per ore, anche dopo l'arrivo dell'ambulanza.
Non se lo ricordava, ma le avevano detto di averla trovata con la testa del piccolo appoggiata sulle gambe a ripetere tra i singhiozzi: «Non è niente... non è niente... non è niente...»
Avevano dovuto sedarla per toglierglielo dalle mani.
Doveva proprio aver perso la testa.
In paese la maggior parte della gente faceva finta di nulla. Ogni tanto qualcuno non resisteva all'istinto di fare il buon nonnetto interessato al dolore della povera madre disgraziata. Pensavano di farle un regalo e invece la sommergevano nel letame.
Il respiro tornò regolare.
L'amitriptilina ha già fatto il suo porco lavoro!
Sabrina alzò la testa dal volante e rimise in moto.

Il gruppo elettrogeno era in moto quando Sergio vide Sabrina fare manovra nel cortile. Quell'affare poteva essere davvero utile: l'idea era quella di riempirlo di gasolio fino all'orlo e accenderlo subito prima di barricarsi, chiudendolo nel capanno degli attrezzi. Sarebbe bastato interrare il cavo per portare la corrente fino alla porta di casa.
Occorreva poi fare un buco col trapano sulla parete e creare una seconda presa a cui attaccarsi nel caso la luce fosse saltata.
Poteva succedere? Boh, alla TV dicevano, ormai da un paio di giorni, tutto e il suo contrario.
Era la prima volta che un evento atmosferico di quelle dimensioni colpiva il paese, Sergio si era potuto affidare solo a qualche consiglio trovato su internet.
Gli restava quasi un intero giorno per sistemare le ultime cose. Avrebbe sigillato tutto, porte e finestre, con travi di legno e chiodi. Avrebbe rinforzato i vetri col nastro e usato il silicone per chiudere ogni possibile spiffero al vento: meno ne fosse passato e più muri e tetto avrebbero retto.
La fase più acuta l'avrebbero trascorsa chiusi nel salottino al centro della casa, separato di diversi metri dai muri perimetrali.
Aveva già preparato un kit medico e provviste per tre giorni.
Sarebbe andato tutto bene.
Sabrina, nel frattempo, aveva parcheggiato e lo raggiunse sorridendo.
«Ce l'hai fatta!»
«Avevi dubbi? Lo sai: sono un mago a riparare le cose».
La moglie gli passò la busta con gli ultimi acquisti. Ci guardò dentro, sperando in cuor suo che fosse tutto a posto. Gli sarebbe spiaciuto picchiarla due volte in un giorno.
«Sei stata brava.» sorrise e si diresse verso la prima anta da inchiodare «Forza, mettiamoci al lavoro!»
Ultima modifica di wladimiro.borchi il sabato 1 agosto 2020, 23:48, modificato 5 volte in totale.



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antico
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Re: CAPITOLO I - Come un cane

Messaggio#2 » venerdì 31 luglio 2020, 18:22

Tutto ok con i caratteri. Se apporterai modifiche entro la chiusura del tempo utile per la prima traccia avvertimi che ripasso a controllare.

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Polly Russell
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Re: CAPITOLO I - Come un cane

Messaggio#3 » venerdì 31 luglio 2020, 23:20

Non è la prima volta che tocchi questo tema e lo fai sempre con la giusta dose di crudezza. Abbastanza da essere un pugno nello stomaco ma non tanto da scivolare nel gore. Qui però vai oltre, abbiamo anche la visione di lui, la sua psiche, il suo essere in contrasto. E qui forse ho trovato una cosa che stona. Sergio non è il solito picchiatore geloso, insicuro, frustrato, prepotente. Lui ha una forma di odio talmente profonda è talmente oscura da non riuscire a capirla troppo bene nemmeno lui. Infatti si dispiace, è dubbioso, è contento che lei esegua alla lettera per non doverla punire. È una psiche più complessa del solito stereotipo, quindi non userei “puttana” e “troia” come epiteti. Non la picchia perché è geloso. Lui in fondo la odia perché crede che abbia ucciso il figlio.
Almeno questo si evince, non credo fosse come lo vediamo, prima della tragedia. Lei disponeva dei soldi di casa, visto che ha comprato il letto a castello, nonostante lui non fosse d’accordo e ora non può comprarsi una sfogliatina senza chiedere il permesso.
Lei si sente in colpa, alla fine ci ha creduto anche lei. E probabilmente essendo una madre ci avrebbe creduto anche se lui non avesse detto nulla.
Altro punto che stona è l’uragano. Siamo in Italia, quanti cacchio di uragani ci sono stati? Quindi mi sembra strana come ambientazione. Magari la puoi risolvere scrivendo Paese con la maiuscola, quando dici che in paese non era mai accaduto. E ti salvi in calcio d’angolo facendone un caso nazionale. Ci vorrebbero anche un paio di accenni alla protezione civile allertata, forse.
Per il resto che dire?
Sei riuscito a mettermi tristezza e malinconia, ed è un complimento, vuol dire che i tuoi personaggi sono terribilmente reali.
Polly

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wladimiro.borchi
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Re: CAPITOLO I - Come un cane

Messaggio#4 » sabato 1 agosto 2020, 10:23

Grazie, Polly, per entrambe le dritte. Scriverai sgrammaticato, ma hai davvero un bell'occhio clinico.
In giornata cercherò di sdebitarmi, casini permettendo.
Devo dire che ho conosciuto maltrattatori seriali e "troia" era sinonimo di stupida nel loro linguaggio colorito e dotto. Ma, effettivamente, può disorientare e provvedo subito alla rettifica. Come mi disse non ricordo chi: la letteratura deve essere più vera della realtà. Sostituirò con "stronza" o affini.
Anche sulla questione "uragano" mi sembrava implicito che fosse un'ipotesi eccezionale, atteso che ne parlavano i telegiornali. Ma utilizzerò anche questo consiglio, meglio essere più chiari.
Grazie soprattutto perché, essendo nella mia testa tutto evidente, sono due errori di cui non mi sarei mai accorto.
A presto
W

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Re: CAPITOLO I - Come un cane

Messaggio#5 » sabato 1 agosto 2020, 10:50

antico ha scritto:Tutto ok con i caratteri. Se apporterai modifiche entro la chiusura del tempo utile per la prima traccia avvertimi che ripasso a controllare.

Avverto ho fatto delle piccole modifiche, ma non ho sforato...

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Re: CAPITOLO I - Come un cane

Messaggio#6 » sabato 1 agosto 2020, 11:09

wladimiro.borchi ha scritto:Grazie, Polly, per entrambe le dritte. Scriverai sgrammaticato, ma hai davvero un bell'occhio clinico.

Il manuale delle medie fa miracoli! lol
Polly

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Eugene Fitzherbert
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Re: CAPITOLO I - Come un cane

Messaggio#7 » sabato 1 agosto 2020, 21:25

Wlad, ma quanto sei bravo!
Il primo paragrafo e una doccia fredda corretta con l'acido, praticamente una dichiarazione di intenti, e quello che viene dopo non è che la riprova di quanto detto all'inizio.

Buon bilanciamento tra le due parti, con i due punti di vista. E buona la resa dell'uomo cattivo.

La descrizione della tragedia ce l'hai fatta vedere dal punto di vista della donna, chissà cosa ha visto l'uomo... Ci delizierai dopo? O magari, super colpo di scena, è stato lui (per un incidente o dolosamente) a fare fuori Giulio? Aaah! Voglio sapere!

Ci sono alcune miserrime sbavature, te ne scrivo una qui come esempio:

Io l'avevo detto che, per un letto a castello, Giulio era troppo piccolo!»
Aveva gridato per ore, fino all'arrivo dell'ambulanza
.

Due cose.
La prima:
La linea di dialogo suoba meglio se la fai diventare una frase da urlare tutta d'un fiato, senza virgole: "io l'avevo detto che Giulio era troppo piccolo per un letto a castello!", Una sola inspirazione e via fino alla fine senza pause.

La seconda:
È vero che il 118 fa schifo, ma non arriva dopo ore...
Se vuoi enfatizzare, allora fai gridare la madre per ore anche DOPO l'arrivo dell'ambulanza, per fare capire che niente e nessuno si sarebbe frapposto fra lei e il suo piccolo Giulio. Così, introduci anche le altre informazioni che seguono (il sedativo e tutto il resto.

Non trovi?

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wladimiro.borchi
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Re: CAPITOLO I - Come un cane

Messaggio#8 » sabato 1 agosto 2020, 23:49

Grazie Eugene,
entrambe le proposte sono state condivise e accolte.
W

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antico
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Re: CAPITOLO I - Come un cane

Messaggio#9 » lunedì 3 agosto 2020, 2:10

Gran bel pezzo. I due protagonisti sono delineati alla grande con il giusto approfondimento e la tempesta, qui letterale ma potrebbe essere anche metaforica, sta arrivando. Non ho trovato punti deboli, sfrutti ogni situazione per darci delle informazioni utili al contesto e mai banali. Grande linearità, questo sì, ma anche questa funzionale. Sulle tre tracce potrebbe infine arrivare ad appesantire? Forse, ma sono curioso di vedere come te la caverai. Per il momento è un pollice su bello convinto.

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