Catene sulla pelle - parte 1

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Luca Nesler
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Catene sulla pelle - parte 1

Messaggio#1 » sabato 1 agosto 2020, 10:30

Ester raggiunse gli abeti morti sdraiati sul sentiero. Erano ammassati l’uno sull’altro per una ventina di metri, come una lunga pila di carcasse.
La catena al collo la strattonò, si voltò. «Ehi, ma che cazzo!»
Patrick era carponi dieci passi più giù, la catena nella mano destra. Si alzò e si osservò i pantaloni chiazzati di fango. «Scusa, sono scivolato.»
Ester sedette sui tronchi e spostò un ciuffo di capelli coi pollici.
I polsi bruciavano stretti nella fascetta idraulica. «Questa merda fa male!» le manette con cui la assicurava di notte erano di gran lunga più comode. «E ho i capelli in faccia. O mi sleghi o mi rifai la coda.»
«Sì, sì, arrivo. Prima lasciami pisciare.»
Patrick avvolse la catena attorno a un tronco e la chiuse col lucchetto. Ansimava, aveva i capelli grigi appiccicati alla fronte.
Ester sorrise. «Questa salita ti sfianca, eh?»
Il fucile era appoggiato all’albero dietro cui pisciava. Se lo teneva vicino, lo stronzo.
«Che guardi?» Patrick ridacchiò «Quest’uccello non è per te, ragazzina.»
Figuriamoci, che schifo. Ester si voltò sbuffando. «E ora? Qua c’è una strage di alberi.»
«È per gli acquazzoni estivi. Niente: li aggiriamo»
Patrick raccolse il fucile e tornò alla catena. Infilò la mano nella tasca destra e tirò fuori le chiavi. Una, due… sei o sette chiavi. La più grossa era quella del collare, quella bruna era del lucchetto, quella delle manette doveva essere quella piccola argentata.
«Perché mi fissi?»
«Dicevo che si vede che sei stanco.»
«Beh, ho quasi cinquant’anni. A quattordici è tutta un’altra cosa.» Rimise il lucchetto in tasca e prese la catena come un guinzaglio.
«E perché sei voluto salire di qua? Non sei abbastanza ricco per pagare le dogane?»
«Quel tuo culetto non lo farebbero passare di certo» si avvicinò. «Mi avrebbero sparato e ti avrebbero scopata a morte.»
«O ti avrebbero pagato.»
«Improbabile» sorrise. «Dove ti sto portando, invece, mi pagheranno molto. E vedrai che non lasceranno che tu muoia. Dai, proseguiamo, giriamo attorno ai tronchi. Dobbiamo arrivare prima del buio.»
Ester uscì dal sentiero per aggirare l’ostacolo. I piedi affondarono nelle foglie secche con un fruscio assordante. Ester spostò di nuovo il ciuffo con i polsi. «Io sapevo che era pericoloso camminare nei boschi.»
«Di cos’hai paura?»
«Beh, lupi, orsi… ‘cazzo ne so.»
Patrick rise. «Non eri così prudente quando t'ho trovata.»
Che palle. Ancora quella storia.
Abeti rossastri alti e ruvidi, spuntavano dappertutto. Camminare con le mani legate aumentava la fatica. Ester si appoggiò a un tronco, l’odore di resina era forte e buono. Di sicuro ce l’aveva su tutta la giacca.
Il solito ciuffo le tornò sul viso. «Devi rifarmi la cazzo di coda.»
«Ok, calma.» Patrick assicurò la catena e si avvicinò. «Girati.»
Ester obbedì. C’era anche odore di funghi. Forse terra bagnata. «Manca tanto?»
«No.»
«Davvero non hai paura degli animali in un posto come questo?»
«Sta arrivando la Tempesta. Gli animali sono spariti da un pezzo.»
Come faceva a saperlo? Ma certo, forse quella era la sua strada preferita per quando trovava qualcuno da vendere. Figlio di puttana.
«Ecco fatto.» La catena tintinnò. «Dai, muoviti.»
Ester riprese a camminare. «Ho fame.»
«Mangerai al rifugio.»
«Mi fanno male i polsi.»
«Fa’ niente.»
«Che stronzo! Non possiamo fermarci un momento?»
«No, qui a nord la tempesta dà il meglio di sé. Se non saremo ben riparati, sta’ sicura che alla Stadt non c’arrivi. Ora cammina, altrimenti ti trascino per il collo.»
Quel coglione faticava a camminare, figurarsi a trascinarla di peso.
Il cielo era scuro. Quanto era che salivano? Sicuramente più di quattro ore.
Una folata gelida fece mormorare le foglie.
«Perché saliamo quassù con la Tempesta? Se è così pericoloso—»
«Non è pericoloso, è più sicuro. Con gli animali sarebbe pericoloso. Non sei molto sveglia, eh?»
«Oh, vaffanculo.»
Patrick ansimava. «Pensaci: sulle strade, alle dogane, ti derubano e ti stuprano. Nel bosco gli animali ti aggrediscono. Il modo più sicuro è salire quando la Tempesta fa fuggire le bestie dalla montagna. Qui vicino c’è un rifugio sicuro. Ci chiudiamo lì e riprendiamo quando è passata.»
«Quindi staremo rinchiusi sei giorni?»
«Mmm. Dovremmo essere arrivati.»
Ester si raddrizzò e allungò il collo, un tetto spuntava oltre l’orizzonte.

Gli alberi attorno alla casa erano stati segati. Le vallate erano scure e un’enorme porzione di cielo si stava riempiendo di nuvole marroni, dense e frementi di lampi.
Ester trattenne il fiato. «Ecco la Tempesta!»
«Diciamo che è l’avanguardia.»
Patrick posò lo zaino a terra e tirò fuori una grossa chiave dalla tasca davanti. La usò per aprire la porta. «Su, ora dentro, che non c’è molto tempo.»
Era buio e c’era puzza di legno marcio. Muffa, forse. Il pavimento era ricoperto di polvere e da un vetro rotto entrava aria gelida. Sul fondo della stanza, c’era una vecchia stufa annerita dalla ruggine.
Patrick chiuse la porta a chiave, si spostò fino alla stufa e le fece cenno di avvicinarsi. «Vieni qui, svelta. Devo chiudere il buco alla finestra.»
Ester si avvicinò e allungò le mani. Patrick l’ammanettò a un tubo di ferro, poi tagliò la fascetta di plastica con un coltello. Ester separò le braccia e si lasciò scivolare seduta. Finalmente i polsi liberi. Anche le spalle sembravano alleggerite. Spostò la polvere con un piede, ci si poteva disegnare sopra, tanta era.
C’erano anche un tavolo con due panche e, nell’angolo opposto, dei sottili materassi impilati.
Patrick aveva piazzato un pezzo di cartone sul buco e ora lo fissava con del nastro adesivo. Cominciava ad essere buio là dentro.
L’uomo fece stridere il nastro e ne appiccicò una lunga striscia sul bordo della finestra.
C’era una porta socchiusa vicino all’ingresso. Una stanza piccola, probabilmente il bagno. Il fucile e lo zaino erano sul tavolo. Troppo distanti.
Patrick passò a un altro lato della finestra.
«Che fai?»
«Bisogna chiudere tutto bene, sennò non riusciremo a scaldare. E poi entrerebbe la pioggia.»
A vederlo lavorare poteva sembrare un uomo per bene. Anche il fatto che fosse abbastanza pulito e in ordine l’avevano tratta in inganno.
Mai fidarsi. «Quanta gente ci hai portato qui?»
«Non tanta» si spostò col nastro alla porta d’ingresso. «Io punto alla qualità: pochi, ma pagati molto.»
Quel tono rilassato… che fastidio. «Anche uomini?»
«Qualche volta. Mi trovo meglio con le ragazze.»
«Certo, perché sei un porco» le sfuggì.
Patrick ridacchiò. «No, perché sono deboli. A me le femmine non interessano» si voltò sorridendo «sono gay.»
Deboli un cazzo, bastardo! Gliel’avrebbe fatta vedere!
«Probabilmente se fossi stata un ragazzo, un paio di botte te le avrei date.»
«Mi fai schifo.»
«Oh, su.» Allungò una nuova striscia di nastro. «Si fa quel che si può per vivere. Ti vendo, è vero, ma saresti morta se non ti avessi salvata, quindi…»
«Basta con questa storia. Non mi hai salvata.»
«Ah no?» attaccò il nastro in fondo alla porta e ci passò sopra le dita. Si alzò. «E cosa pensi che t’avrebbero fatto quei cani? Le feste?»
«Io ci so fare coi cani. Addestravo quelli della mia carovana.»
«Se li prendi da cuccioli o ne catturi uno… Ma quello era un branco di randagi e tu sei entrata da sola nel loro territorio.»
Si era allontanata per seguire un volpino nero. Pensava fosse solo. Avrebbe dovuto restare con la carovana.
Posò il mento sulle ginocchia. «Si chiederanno dove sono.»
«I cani?» Patrick ridacchiò e buttò il nastro adesivo sul tavolo. «Ormai siamo quasi arrivati alla Stadt. Lascia perdere.» Raggiunse i materassi e fece cadere il primo dalla pila.
Una nuvola di polvere li fece tossire entrambi.
Coglione.
«Pensa che stai per diventare una donna. Qui dormirai le tue ultime notti da vergine» lanciò il materasso a terra.
Ester strinse le labbra, la nausea si unì alle vertigini. Si voltò verso il tavolo cercando di trattenere le lacrime.
Forse era meglio che i suoi la credessero morta, piuttosto che quello. E i ragazzi… se l’avessero vista in quello stato: incatenata, in lacrime, mentre aspettava di essere venduta come puttana...
Soffiò con un tremolio e si asciugò gli occhi.
Il tintinnio di una cintura la fece voltare. Patrick si era levato i pantaloni.
«Che fai?»
«Mi cambio. Coi pantaloni pieni di fango ho freddo.»
Giusto: era caduto nel bosco. «Anch’io ho freddo.»
«Poi ti do una coperta.»
Gambe pelose. Che schifo gli uomini. «Devo andare in bagno.»
Patrick la squadrò con una smorfia. Si piegò, prese le chiavi dalla tasca dei pantaloni sul pavimento e gliele lanciò. «Apriti le manette e ributtamele senza cazzate.»
Ester si fece passare le chiavi tra le dita. Quella delle manette era la più piccola, come aveva pensato.
«Ecco» restituì le chiavi e lo superò per raggiungere la porta. La catena al collo era abbastanza lunga da arrivarci. Spalancò la porta: un water e un lavandino con un pezzo di specchio al muro. Sollevò il copri water e una forma grigia schizzò con un gridolino cercando di uscire. Ester strillò e lasciò ricadere la tavoletta. Le zampette slittavano sulla porcellana mescolandosi a uno sciacquio forsennato.
«Oddio che schifo! Cazzo, che schifo!» corse fuori.
«Che c’è?»
«C’è qualcosa nel cesso!»
«Qualcosa, cosa?»
«Che cazzo ne so? Un topo, credo.»
Patrick afferrò il fucile.
«Gli vuoi sparare?»
«Ma no! Sennò addio water.» S’infilò in bagno.
Dalla stanzetta vennero i tonfi di quello che Ester immaginò fosse il calcio del fucile contro il corpo della bestiola.
«È un ratto!» gridò Patrick. «Dev’essere entrato dal buco.»
Aveva dimenticato le chiavi sul tavolo. Ester sentì il cuore rimbalzarle in bocca. Era l’ultima occasione. L’unica.
Si avvicinò, allungò le mani sull’anello. Tremavano come durante un terremoto, facendo tintinnare le chiavi come campanelle. I colpi in bagno continuavano. Infilò un’unghia nel portachiavi e afferrò la chiavetta delle manette.
«Ecco, è morto.»
Sfilò la chiave e la impugnò mentre Patrick usciva dal bagno, ancora in mutande.
«Secco.» Il calcio del fucile da caccia era macchiato di sangue.
Ester annuì. «E ora che si fa?» La voce tremava, una lacrima scese lungo una guancia.
«Ora lo butto fuori. Tu calmati: sembri più impaurita di quando ti ho trovata tra i cani.»
Ester inspirò con fiato tremante «Odio i topi.»
Aspettò che Patrick uscisse, andò a fare pipì e infilò la chiave nelle mutande.

Ormai nella stufa c’erano solo braci. L’odore del pane abbrustolito e di ketchup sulla punta delle dita le faceva venire ancora l’acquolina.
Appena libera si sarebbe mangiata almeno metà delle provviste.
Patrick chiuse il libro e alzò lo sguardo su di lei. La luce della lampada gli dipingeva di giallo metà del viso. «Che hai?»
«Niente, pensavo.» La chiave pizzicava tra l’inguine e la coscia.
«A cosa?»
«Cosa pensi che ti daranno in cambio di me?»
Patrick si sporse e aprì lo zaino «Un’auto. Carburante, munizioni, cibo in scatola…» le passò un barattolo. «Abbastanza per arrivare in Spagna.»
Ester raccolse il vasetto. «Cos’è?»
«Crema. Sei tutta screpolata.»
«Così ti pagano di più?»
«Tu che dici?» Patrick girò la rotella sulla lampada e la fiamma rimpicciolì fino a spegnersi.
Buio. Non si notavano nemmeno i contorni della finestra.
«E dei polsi segati dalla fascetta del cazzo, che dicono? O della carne del collo mangiata dal tuo collare di merda?»
«Metti la crema. Buonanotte.»
Svitò il coperchio del barattolo. L’odore di plastica e la consistenza del grasso freddo non erano per nulla allettanti.
Il vento fischiava e faceva scricchiolare le assi. Da un po’ era cominciata una pioggerellina che sembrava bisbigliare qualcosa sopra di loro.
Un lampo illuminò le forme nella stanza. Troppo breve. Ester aspettò tenendo gli occhi spalancati nell’oscurità. Un altro lampo vibrante.
Il fucile era appoggiato alla porta, oltre il letto di Patrick.
Aspettò ancora contando per gioco i secondi tra i lampi e il rombo dei tuoni.
Si sedette dritta, cercando di non farsi vincere dal sonno. La stufa le scaldava la schiena.
Finalmente sopra il fruscio della pioggia arrivò un brontolio nasale. Lo stronzo dormiva.
Mise una mano nei pantaloni e raccolse la chiave. La infilò nella serratura al polso e le manette si aprirono con un dolce scatto. Si piegò a terra, con movimenti lenti raccolse la catena dal pavimento e l’avvolse attorno al braccio.
Si avvicinò a Patrick tendendo il braccio libero nel buio. Sentiva russare sempre più vicino. Un nuovo lampo. Eccolo! Allungò la mano e toccò la porta. Il fiato di Patrick le soffiava sull’ombelico sotto la felpa. Rabbrividì. Seguì la superficie di legno fino alla canna fredda del fucile, lo afferrò e tornò indietro. Si sedette a terra col cuore che martellava impazzito.
Il fucile era freddo e pesante. La leva dell’otturatore era spinta in avanti, il tasto della sicura sporgeva a sinistra.
«Come andare a caccia» bisbigliò. «È come cacciare, Ester.»
Prese un profondo respiro, armò con un clack. Un lampo le mostrò il viso di Patrick. Era sveglio.
«Che cazzo—»
Tolse la sicura e puntò il fucile nel buio. «Vaffanculo!» Fece fuoco.
Ultima modifica di Luca Nesler il domenica 2 agosto 2020, 22:40, modificato 2 volte in totale.



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antico
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Re: Catene sulla pelle - parte 1

Messaggio#2 » sabato 1 agosto 2020, 12:20

Tutto ok con i caratteri. Se apporterai modifiche entro la chiusura del tempo utile per la prima traccia avvertimi che ripasso a controllare.

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Eugene Fitzherbert
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Re: Catene sulla pelle - parte 1

Messaggio#3 » domenica 2 agosto 2020, 0:28

Ciao, Luca,
bel racconto. La tua storia procede raccontando le vicende di Ester e Patrick, mentre arrancano fino al rifugio, e contemporaneamente si snoda il tuo world building, che sembra abbastanza solido. Mancano un po' di elementi, ma sappiamo già che il mondo è abbastanza andato in malora, la società è stata spazzata via e c'è un nuovo ordine in cui tutti cercano di sopravvivere come meglio si può. Oltre a questo c'è anche l'elemento naturale che si mette nel mezzo e di cui ancora non sappiamo l'entità o la portata o l'impatto sull'uomo.
Il finale con cliffhanger non fa altro che aumentare la curiosità nel sapere come va a finire.

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Andrea Lauro
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Re: Catene sulla pelle - parte 1

Messaggio#4 » domenica 2 agosto 2020, 22:26

Ciao Luca, riesco a vedere anche il tuo!
Mi è piaciuto, riesci a ricreare un bel contesto con uno stile asciutto e ponderato. Non che mi aspettassi di meno, intendiamoci. Ad es. nella frase: «Beh, ho quasi cinquant’anni. A quattordici è tutta un’altra cosa.» dai al lettore le informazioni corrette per interpretare la situazione.
Un paio di appunti, confidando che tu abbia ancora tempo per valutarli:

Attenzione all’assonanza in: “e allungò il collo, il colmo “. Togli quel “colmo” e sei già a posto.

“cielo che, in quel momento, si stava riempiendo”: toglierei il riferimento temporale, è sottinteso

“Era buio e c’era puzza di legno marcio. Muffa, forse. Un’unica stanza col pavimento ricoperto di polvere. Da un vetro rotto entrava aria gelida. C’erano anche un tavolo con due panche e, nell’angolo opposto, dei sottili materassi impilati. Contro il muro, sul fondo della stanza, c’era una sorta di vecchia stufa annerita dalla ruggine.”
Rispetto alla semplicità del resto del brano (che ho apprezzato moltissimo), la scena all’interno della casa è un elenco che stona. Valuta se tenere tutto-proprio-tutto o di qualcosa si può fare a meno. Magari salta fuori dopo.

“Invece era un mostro.” Sì, tutto giusto, ma il lettore l’ha capito. Secondo me non serve, soprattutto per il dialogo poco più avanti.

“Ora l’arbitro nei giochi sarebbe stato Mattia. Quel prepotente.” è come se questa frase fosse fuori dal testo, non c’entra nulla con quello che ci stai mostrando. Visto che dopo questo Mattia non compare più, la eviterei.

E questo è tutto, bravo! Buona maratona
andrea

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Luca Nesler
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Re: Catene sulla pelle - parte 1

Messaggio#5 » domenica 2 agosto 2020, 22:42

Eugene Fitzherbert ha scritto:Ciao, Luca,
bel racconto. La tua storia procede raccontando le vicende di Ester e Patrick, mentre arrancano fino al rifugio, e contemporaneamente si snoda il tuo world building, che sembra abbastanza solido. Mancano un po' di elementi, ma sappiamo già che il mondo è abbastanza andato in malora, la società è stata spazzata via e c'è un nuovo ordine in cui tutti cercano di sopravvivere come meglio si può. Oltre a questo c'è anche l'elemento naturale che si mette nel mezzo e di cui ancora non sappiamo l'entità o la portata o l'impatto sull'uomo.
Il finale con cliffhanger non fa altro che aumentare la curiosità nel sapere come va a finire.


Grazie del commento Eugene. Purtroppo non ho fatto a tempo a commentare nessuno a sto giro, ma cercherò di rifarmi nelle fasi successive. Ho usato una vecchia coppia che mi era piaciuta. Ora vediamo le prossime parti cosa ci riserveranno e dove saranno costrette le nostre storie

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Luca Nesler
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Re: Catene sulla pelle - parte 1

Messaggio#6 » domenica 2 agosto 2020, 22:45

Andrea Lauro ha scritto:Ciao Luca, riesco a vedere anche il tuo!
Mi è piaciuto, riesci a ricreare un bel contesto con uno stile asciutto e ponderato. Non che mi aspettassi di meno, intendiamoci. Ad es. nella frase: «Beh, ho quasi cinquant’anni. A quattordici è tutta un’altra cosa.» dai al lettore le informazioni corrette per interpretare la situazione.
Un paio di appunti, confidando che tu abbia ancora tempo per valutarli:

Attenzione all’assonanza in: “e allungò il collo, il colmo “. Togli quel “colmo” e sei già a posto.

“cielo che, in quel momento, si stava riempiendo”: toglierei il riferimento temporale, è sottinteso

“Era buio e c’era puzza di legno marcio. Muffa, forse. Un’unica stanza col pavimento ricoperto di polvere. Da un vetro rotto entrava aria gelida. C’erano anche un tavolo con due panche e, nell’angolo opposto, dei sottili materassi impilati. Contro il muro, sul fondo della stanza, c’era una sorta di vecchia stufa annerita dalla ruggine.”
Rispetto alla semplicità del resto del brano (che ho apprezzato moltissimo), la scena all’interno della casa è un elenco che stona. Valuta se tenere tutto-proprio-tutto o di qualcosa si può fare a meno. Magari salta fuori dopo.

“Invece era un mostro.” Sì, tutto giusto, ma il lettore l’ha capito. Secondo me non serve, soprattutto per il dialogo poco più avanti.

“Ora l’arbitro nei giochi sarebbe stato Mattia. Quel prepotente.” è come se questa frase fosse fuori dal testo, non c’entra nulla con quello che ci stai mostrando. Visto che dopo questo Mattia non compare più, la eviterei.

E questo è tutto, bravo! Buona maratona
andrea


Grazie Andrea, ho implementato tutte le correzioni che hai suggerito. Ora il testo è sicuramente migliore.
Mi dispiace non aver fatto nulla come commentatore, ma spero di riuscire a ricambiare il favore nelle prossime fasi!
Grazie ancora e confido che mi aiuterai ancora!

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Luca Nesler
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Re: Catene sulla pelle - parte 1

Messaggio#7 » domenica 2 agosto 2020, 22:49

Grazie anche a Polly che mi ha dato indicazioni su altri canali. Polly, ho modificato la frase dei cani che, effettivamente, era ambigua. Io non me ne ero reso conto.
Riguardo al modo di relazionarsi tra i due non faccio variazioni per due motivi:
1 - non penso di avere abbastanza tempo
2 - la mia intenzione era di mostrare una psicologia precisa, quindi prendo l'occasione di sondare i giudizi. Il tuo punto di vista è sicuramente sensato e spero di metterlo in relazione ad eventuali altri commenti.
Sicuramente ne terrò conto nelle prossime fasi.
Grazie ancora!

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antico
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Re: Catene sulla pelle - parte 1

Messaggio#8 » martedì 4 agosto 2020, 12:08

I due protagonisti ci sono e ci lavori anche abbastanza bene intorno anche se, a mio avviso, c'è una problematica ed è quella di un contesto di cui avrei gradito più informazioni anche per capire di più riguardo a loro, il cui modo di esprimersi mi sembra troppo "normale", quasi fossero due che dal 2020 si ritrovano in un contesto altro di cui non tengono conto. Intendiamoci: è buono, ma un pelo ancora troppo indefinito. La tempesta sta arrivando, ma sembra più un impedimento temporaneo che non fondante il racconto stesso: va comunque bene anche come semplice sfondo, soprattutto considerato che la vera tempesta sembra essere quella tra i due protagonisti e qui si riaffaccia la problematica sopra sottolineata con una sua deriva, ho percepito paradossalmente poca tensione tra i due (o meno di quanto la situazione avrebbe potuto suggerire). Il cliffhanger è buono e la voglia di saperne di più c'è. In definitiva, direi un pollice tendente verso l'alto con stessa posizione di classifica assegnata ai racconti di Polly e di Emiliano.

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Luca Nesler
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Re: Catene sulla pelle - parte 1

Messaggio#9 » martedì 4 agosto 2020, 14:49

Grazie Antico! Anche Polly mi ha fatto osservazioni molto simili. Ora vedo se riesco a riequilibrare un po'.

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