Notte tempestosa

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Fagiolo17
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Notte tempestosa

Messaggio#1 » sabato 1 agosto 2020, 16:36

NOTTE TEMPESTOSA
di Luca Fazioli


I pesanti tonfi alla porta d’ingresso mi svegliano. Il cuore mi martella nel petto.
Apro gli occhi e li stropiccio con le dita. Che ore sono? Dalla tapparella filtra la luce della luna. Il vento fischia e i rami del salice dietro casa sbattono contro la tettoia sporgente. Devo decidermi a tagliarli.
Uno spiffero si intrufola dalla finestra, la temperatura si è abbassata parecchio. Ho il naso e le orecchie ghiacciati. Mi butto la coperta di lana sulle spalle e barcollo nella semi oscurità.
Marisa deve essere tornata a casa a piedi, i miei vestiti sono ancora sparsi sul pavimento e dei suoi non c’è neanche l’ombra. Se mi avesse svegliato l’avrei accompagnata in motorino, non mi piace che attraversi il bosco di notte da sola. Raccolgo mutande e pantaloni della tuta e me li infilo.
I colpi insistono.
Forse è lei che ha dimenticato qualcosa. Perché non suona? Chissà da quanto sta andando avanti con questo trambusto. Premo l’interruttore sul muro, ma la luce non si accende: deve essere saltata la corrente.
Attraverso la cucina con le braccia protese per non urtare la tavola da pranzo e le sedie. «Eccomi!»
Le briciole mi pizzicano la pianta del piede. L’ennesimo colpo alla porta minaccia di sfondarla.
«Ho sentito, ho sentito! Dammi, il tempo di arrivare.»
Al di là dello spioncino un’ombra ingobbita si regge allo stipite: non è Marisa.
«Aiuto, vi prego.» Una voce femminile ruvida per l’età e la stanchezza.
Spalanco la porta e l’anziana mi crolla addosso, la sua testa mi arriva al petto. La sorreggo tra le braccia e la coperta scivola a terra scoprendomi la schiena e il petto. L’aria pungente mi strappa un brivido. Il viso rugoso e il mento sporgente ricordano la strega di Biancaneve, spero che non mi offra in dono una mela.
Mi stringe l’avambraccio con dita di ghiaccio, gli occhi sbarrati mi fissano, le pupille dilatate. Chi l’ha spaventata in questo modo?
«Venga dentro, signora.»
Una raffica decisa increspa l’acqua del lago, la barca da pesca ormeggiata al pontile beccheggia come se fosse fatta di carta. Non c’è anima viva. Chiudo fuori il gelo e faccio sedere la vecchina in poltrona. Con le braccia rachitiche si stringe, le gambe raccolte, si fa piccina e trema.
Raccolgo la coperta dall’ingresso e gliela porgo. Non se ne accorge nemmeno, ha lo sguardo fisso davanti a sé, sembra sotto shock. La infagotto e dai capelli stopposi mi finiscono sulle mani pezzi di terriccio e fili d’erba. Sembra sia appena sgattaiolata fuori dalla sua stessa tomba.
«Accendo il camino così ci scaldiamo, va bene?»
Nessuna risposta.
Sistemo alcuni ciocchi di legno nel focolare, infilo dei fogli di carta nelle fessure tra uno e l’altro e accendo un fiammifero. Il faggio prende fuoco, scoppietta, la fiamma aumenta di intensità e riscalda la sala.
La strana donna è ancora immobile nella stessa posizione, delle profonde occhiaie le segnano il volto.
«Torno subito, rimanga qui.»
E dove vuoi che vada, poveretta.

Apro il cassetto dell’armadio della camera e tiro fuori il primo maglione che trovo. La lana mi pizzica la pelle nuda, mi gratto tra la barba e lo scollo a v. Chissà cos’è capitato alla signora. Che sia scappata da una casa di cura o da un ricovero per anziani? Non ce ne sono per chilometri, non può aver camminato fino a qui dal paese e voglio sperare che se qualcuno l’avesse incrociata lungo la provinciale si sarebbe fermato a soccorrerla.
Infilo le scarpe da ginnastica senza slacciarle e torno in sala.
Mi appoggio allo stipite della porta: la donna sta fissando il fuoco con il viso inclinato verso destra. Mi sembra abbia smesso di tremare. Un afrore di abiti sudati e terriccio bagnato riempie la sala. Contemplo l’altra poltrona, indeciso se sedermi accanto a lei o rimanere qui in disparte.
Se la voglio aiutare devo capire cosa l’ha terrorizzata. Sprofondo nella poltrona libera, a questa distanza la puzza si fa insopportabile.
«Cosa le è successo?»
Nessuna reazione. Incrocio le dita con i gomiti appoggiati sulle ginocchia.
«Mi può dire almeno il suo nome?»
Ancora niente, solo il crepitare del fuoco. Mi sporgo verso di lei e la sfioro.
«Signora, sta bene?»
Gira il viso di scatto, salto indietro per lo spavento. Un occhio è rivolto verso di me, l’altro fissa la mensola del camino. Lo strabismo mi mette sempre a disagio.
«Grazie… di avermi… accolta.» Le parole sono sradicate una ad una dalla gola, a fatica, come se ogni sillaba le costasse uno sforzo immenso.
Tossisce e alcune gocce putride cadono sul tappeto. Cos’ha ingoiato? Deve avere un sapore terribile in bocca.
«Preparo del tè. Le va una tazza di tè?»
Fa segno di sì con la testa.

Gli scuri della cucina sono aperti, ma fuori è sempre più buio.
Sciacquo la teiera e la riempio dal rubinetto. Scosto le tendine, la luna è coperta da grossi nuvoloni gonfi di pioggia, ormai manca poco al temporale. Spero solo non grandini, l’ultima volta ho dovuto sgobbare tutto il fine settimana per sostituire le tegole spaccate sul tetto.
Appoggio la sedia contro la credenza per raggiungere il candelabro del nonno nascosto in cima, non pensavo mi sarebbe mai stato utile. Accendo qualche candela e metto a bollire l’acqua.
Le cinque fiammelle rischiarano la stanza. Sul tavolo ci sono ancora i piatti con la cena mezza sbocconcellata. Marisa voleva correre a letto e l’ho accontentata. Fissato al frigo con una calamita c’è un suo messaggio: Dormivi come un angioletto, non volevo svegliarti. Vado a casa prima che mia zia si accorga che sono uscita di nascosto. Ti amo cucciolo.
Non volevo si affezionasse così tanto, doveva rimanere solo una storia di sesso. Mia moglie prima o poi si insospettirà, la scusa della ristrutturazione sta diventando poco credibile. Accartoccio il foglio e lo lancio nel cestino, rimbalza sul bordo e cade fuori. Appoggio il candelabro su un vassoio di legno insieme a due tazze, la zuccheriera e alcune bustine di tè.
Il pensiero della vecchia non mi dà pace. Come è finita da queste parti? A giudicare dalle sue condizioni devono averla aggredita o maltrattata, ma finché non risponde alle mie domande non posso esserne certo.
Papà aveva ragione a voler montare la linea telefonica. E io che mi sono opposto! Se non ricordo male sulla provinciale prima della svolta per casa nostra dovrebbe esserci una cabina: devo avvisare i carabinieri.
La teiera fischia.
Spengo il fuoco e con la presina la sistemo al centro del vassoio. Mi volto per tornare in sala e mi trovo la vecchia di fronte, illuminata dal chiarore delle candele.
Mi fissa dolorante, si sorregge con entrambe le mani la pancia enorme che trasborda dal maglione.
Il vassoio mi scivola: l’acqua bollente mi inonda la gamba, i cocci delle stoviglie si spargono sul pavimento, due candele si staccano dal candelabro e si spengono.
È incinta. Ma come diavolo è possibile? Avrà settant’anni, forse ottanta.
Agguanto uno straccio e pulisco il disastro sul pavimento. Tengo basso lo sguardo, non voglio osservarla di nuovo.
Eppure…
Forse è stato un gioco di ombre. Forse la situazione assurda mi ha messo in soggezione. Alzo gli occhi poco alla volta. Ai piedi indossa vecchi mocassini rovinati, l’alluce sinistro si mette in mostra da un grosso buco coperto da un calzino color cachi. Le gambe sono scheletriche, sporche di terra, nude. Per forza stava tremando. La gonna al ginocchio ha qualche rattoppo, ma sembra spessa e pesante. E poi arriva la pancia, gonfia e prominente, con l’ombelico che mi punta nascosto sotto lo strato di lana. Non c’è alcun dubbio. Allungo la mano attratto da quell’assurdità, ma non oso sfiorarla.
Un fulmine le colora metà del viso ghignante, un tuono ruggisce, acquattato tra le nuvole, in attesa della sua preda.
«Non manca molto.» Mi prende le dita e se le appoggia sul ventre, qualcosa che si muove.
Questa pazza ha deciso di dare alla luce suo figlio in casa mia?
«La porto in ospedale.»
Ritraggo la mano e mi alzo da terra.
Recupero il mazzo di chiavi dal ripiano all’ingresso. Il fuoco nel camino è diventato asfissiante, o forse è colpa dell’ansia.
«Non ho la macchina,» Dondolo la chiave del motorino. «Ma in un quarto d’ora le assicuro che siamo in paese.»
Apro la porta d’ingresso per farle strada, fuori le prime gocce hanno cominciato a cadere, acini d’uva gettati con foga giù dalle nuvole. Il lago ribolle, la terra schizza fanghiglia. Un altro boato, seguito da piccoli rimbombi di assestamento. La tempesta si sta avvicinando.
«Non c’è più tempo.»
La vecchia ha la mascella contratta, biascica le parole. Si appoggia al tavolo della cucina, chiude le ginocchia, ma è tardi. Un rigurgito di liquido scuro e sanguinoso le ricopre le cosce. Alza la testa e spalanca la bocca, il suo grido si perde nel fragore dell’ennesimo tuono.
Il sudore mi ha incollato i capelli alla fronte, mi gocciola negli occhi. Non può essere vero, deve essere un fottuto incubo. Adesso mi sveglio. Adesso mi sveglio!
La vecchia crolla a terra, tirandosi dietro la tovaglia e i piatti sporchi. Alcuni frammenti di ceramica le si conficcano nelle braccia scoperte.
Merda.
Infilo le chiavi nella tasca della tuta e la prendo in braccio. È più pesante di quanto mi aspettassi. La trasporto in camera, con la schiena che chiede pietà, e la corico sul letto. Getto a terra le lenzuola sporche e alzo la tapparella, mi manca l’aria.
Le ombre della camera vorticano e si allungano al ritmo dei fulmini, i tuoni intonano una macabra omelia.
La Vecchia mi invita ad avvicinarmi con un dito, mi stritola la mano e mi tira vicino a sé.
«Questa è la volta buona.» Mi sussurra.
Il suo sorriso folle mi fa tremare più del gelo che entra dalla finestra. L’alito ha l’odore di liquore e cibo digerito, i pochi denti rimasti sono scheggiati e ingialliti fino alle gengive invase dal pus. Mi copro bocca e naso per trattenere un conato di vomito.
«Vieni, Calibano, figlio mio!» Grida rivolta alla tempesta.
Il ventre si deforma, un ribollire innaturale di mani e piedi che spingono per uscire. Indietreggio fino all’armadio e crollo a terra.
È una follia.



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Re: Notte tempestosa

Messaggio#2 » domenica 2 agosto 2020, 14:48

Tutto ok con i caratteri. Se apporterai modifiche entro la chiusura del tempo utile per la prima traccia avvertimi che ripasso a controllare.

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Re: Notte tempestosa

Messaggio#3 » mercoledì 5 agosto 2020, 12:15

Due protagonisti ben delineati anche se sulla vecchia attendo sviluppi. La tempesta, sia meteforica che letterale c'è alla grande. La conduzione del racconto è ottima e invoglia a proseguire. Ho dubbi solo sulla rivelazione finale (Calibano): ce n'era davvero bisogno? Non rischia di sminuire tutta la costruzione precedente? Attendo curioso gli sviluppi. Pe me questo è un pollice su che decido di posizionare dietro al racconto di Borchi perché, pur ottimo anche questo, mi sembra un pelo meno ricco di possibilità.

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