Esiliato - 1. Aureola

Edoardo Foresti
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Esiliato - 1. Aureola

Messaggio#1 » domenica 2 agosto 2020, 18:38

Esiliato
1. Aureola
Di Edoardo Foresti


Celeste strattona i lacci di Fede solidificata stretti ai polsi, dietro la schiena. Sia maledetto il Creatore.
Le nubi gli solleticano le ginocchia con un tocco gelido. Sopra la cerchia di angeli e i loro mormorii, Andrea si alza dal trono di cirri. Spiega le ali e allarga le braccia. Dalla sua aureola cola Fede ocra sui suoi capelli ricci, gli bagna la barba e il sorrisetto da pezzo di sterco.
«Siamo qui riuniti per giudicare i peccati commessi dall’angelo Celeste e dall’angelo Agape, amen.»
Le voci dei compagni di Celeste si levano dalla tribuna vaporosa e coprono quella di Andrea.
Il preferito del Creatore lecca della Fede dalle labbra e si schiarisce la voce. «Silenzio.»
Attorno a Celeste, raggi di sole illuminano le postazioni circolari dei suoi fratelli dalla lingua lunga, gli angeli abbassano lo sguardo e rilassano le ali fino a farle toccare i gradoni di nuvole.
Andrea gli punta addosso gli occhi candidi, sbatte le palpebre e gocce di Fede schizzano su un rigonfiamento della tunica all’altezza del petto.
«Celeste, attuale Portatore di Luce tra noi, sei accusato di aver sottratto Fede dalla fonte comune, destinata come offerta per il risveglio del vento purificatore Zefiro, disobbedendo alla volontà del santissimo, amen.»
Finiscila con quegli amen da leccaculo. Alla sua destra, gocce di Fede sfuggono dalle guance di Agape e precipitano sul patibolo gassoso. Se solo mi avesse ascoltato. L’aureola trasmette a Celeste una scarica di dolore dalla testa alla punta delle ali. Spero che almeno lui accetti la Carità.
Fede stilla dalla tunica tirata sul ventre di Andrea. «Agape, sei accusato di aver celato a noi i peccati di Celeste. Come suo complice, avendo infranto l’ordine del santissimo, noi ti condanniamo. Accetti la Carità del Creatore?»
Agape abbassa la testa e sfiora con la fronte la balaustra di nubi solidificate che lo circonda. «La accetto, amen.»
«Così sia. Celeste, come traditore dei tuo fratelli dell’ordine angelico, avendo infranto il volere del santissimo, noi ti condanniamo. Accetti la Carità del Creato-»
«No.»
Alcuni angeli di fronte a lui mettono le mani a coppa e parlano alle orecchie dei compagni. Andrea scuote la testa.
«Così sia. Procedete.»
Mattia scioglie le braccia conserte, abbandona la base della tribuna, ai piedi di Andrea, e si avvicina a Celeste.
«Spiacente fratello, cercherò di far presto.»
«Fallo e basta, per il dannato santissi-»
Mattia gli strattona l’aureola e la testa di Celeste ruota verso il patibolo di Agape, un getto di Fede zampilla dal cerchio luminoso sul suo capo fino alla tunica del compagno. Agape emette un grido e tira le labbra in una smorfia, il busto in preda a tremori.
Un lampo di dolore lo fulmina e scorre lungo la spina dorsale. Sulle tribune, gli angeli intonano una preghiera. Lo stomaco gli si rivolta e Fede sgorga dalla sua gola. Che siano maledetti.
I conati gli rivoltano lo stomaco e spruzzi macchiano la sua postazione. Mattia impugna l’aureola a due mani e pianta un piede sul pavimento nebuloso. La parte destra del volto di Celeste brucia come se l’avesse sbattuta sul dannato sole di mezzogiorno. Le fitte raggiungono le ali, il torace e le gambe. Agape lo guarda con il volto imbrattato di liquido ambrato.
«Forza,» grida Celeste, «toglimela».
Mattia gli pianta un ginocchio nel costato, fa leva e uno schiocco vibra nell’aria.
Dentro di lui, Celeste perde il contatto con la riserva di Fede come un braccio in preda a formicolii.

Agape trema. Per il Creatore, sapevi a cosa saresti andato incontro, Celeste.
Mattia stringe l’aureola di Celeste in una mano e scuote la testa. Cambia lato levitando a una spanna dal pavimento di nubi e afferra l’ala destra di Celeste. Sull’altra mano, Fede scorre dal braccio e si solidifica in una lama del colore della scorza dei limoni coltivati dai mortali. Lo scintillio trafigge gli occhi di Agape offuscati dalle gocce di Fede. La fronte di Celeste picchia sul parapetto, liquido gocciola dalle sue labbra. Mattia accosta il filo della spada all’attaccatura dell’ala, sulla scapola.
«Mi spiace.»
Celeste contrae le labbra in un grido, inarca la schiena e irrigidisce le mani legate. La riserva di Fede di Agape frulla all’interno e preme contro la sua gola. Che barbarie.
Mattia tende un braccio e tira l’ala, con l’altro passa la lama tra cartilagine e pelle: delle piume prendono fuoco al contatto. Celeste spalanca la bocca in un grido sordo, agita le braccia e ruota il busto a sinistra. Fede sgorga dalla ferita aperta, una striscia di luce come pitturata sulla schiena di Celeste, e la spada incide l’ultimo brandello di carne. Mattia sublima la lama in uno sbuffo gassoso e getta l’ala a terra. La fissa e volta il capo a lato. Gli altri angeli fissano le piume sparse sul manto di nubi. Celeste scivola con una guancia premuta contro la balaustra e sussulta per rigurgitare.
Dall’alto del trono, Andrea annuisce. «Bene, procedi con fratello Agape e poi gettali tra le braccia di Zefiro. Che sia morte o l’Inferno tra i mortali, lo deciderà il Creatore, amen.»

Celeste mette a fuoco lastre di terreno incastrate in un mosaico di ghiaia, argilla e terra sbriciolata. «Dannato Zefiro.»
Si issa sui gomiti, scivola e sbatte la faccia su una pozzanghera ambrata. Fede. Porta un braccio alla scapola destra e una frustata lo colpisce nel punto in cui sfiora la pelle. All’interno del suo spirito rimane il peso della riserva di Fede, ma non la connessione limpida con cui attingervi, come osservare una stella fissa nel cielo dalle lande mortali. Fitte pugnalano le sue membra, la schiena brucia e la nuca manda scariche di dolore. Celeste porta una mano chiusa a coppa sopra la testa e la ritrae. Giusto. Be’, sempre meglio della loro falsa pietà.
La testa pulsa per l’assenza dell’aureola. Celeste inspira e fa leva sulle ginocchia, appoggia le mani sul terriccio e sospira. Almeno ho retto Zefiro.
Ciuffi di grano spuntano tra le zolle smosse. Qualche battito d’ali più avanti, mattoni e pietre sono incastonati in una spaccatura nella terra. Oltre le gobbe del manto rivoltate dalla tempesta, il cielo è spaccato in due. A destra, cumulonembi riposano nel cielo, a sinistra il muro grigio di Zefiro avanza. Un tuono romba dove scorre la barriera di vento e cicloni. Che quel dannato del Creatore risparmi i mortali dalla purga.
Celeste si alza e sbatte l’ala sinistra in un turbine di piume, zoppica schivando calcinacci, tronchi di ulivi e interiora umane sparsi su blocchi di argilla e di terreno sabbioso. Spero che almeno Agape se la stia passando meglio.

Agape appoggia la schiena sul tronco di un pioppo e crolla a terra grattando la tunica contro la corteccia. Corolle di margherite gli solleticano i polsi. Attinge alla riserva di Fede e dall’aureola cadono goccioline ambrate. Sospira. A destra, la campagna assorbe i raggi solari con le sue vigne e i campi colmi di grano. A sinistra, il muro plumbeo di Zefiro avanza con le sue fila di cicloni.
La Fede scorre sulla pelle e le vesti. Agape ne afferra i lembi strappati e li strizza sul torace, massaggia le ferite e rilassa le spalle. Un formicolio gli solletica le membra. Dalla scapola destra, una fitta lo fulmina e corre lungo la colonna vertebrale. Agape traspira Fede sulla schiena e la stende con una mano. La pelle brucia, sfrigola e l’odore di Fede nebulizzata gli punge le narici, aroma di incenso dei mortali misto a menta.
Devo trovare Celeste.
Tra gli steli delle messi, vento smuove le fila dorate e le piega. Agape mette le mani a coppa e raccoglie liquido ocra dall’aureola, apre i palmi e allarga le braccia: la Fede segue i suoi movimenti e si solidifica nell’aria in una patina, fili d’erba e moscerini appaiono come avvolti d’ambra attraverso la superficie rigida. Altra Fede. Un altro strato. Agape si fa il segno della croce.
Starò stretto, ma almeno resisterò a Zefiro, se il Creatore lo vorrà.
Agape entra nella struttura cava e modella Fede come la creta di un vasaio umano, le mani scorrono sulla costruzione tonda e scivolano nell’aria fino a toccare terra. Con un palmo, stende Fede e chiude la cupola attorno a sé.
Aspettami Celeste, sto arrivando.

Celeste appoggia una mano sul ventre e un conato di Fede gli sgorga dalla gola a fiotti.
Per il santissimo e i suoi maledetti angeli, così non va bene.
Da una delle placche divelte da Zefiro sbucano radici ricoperte di terriccio e il tronco mozzato di un abete.
Bene, farò come i mortali.
Celeste zoppica verso l’arbusto, affonda i piedi nel terreno argilloso e la sua freschezza mitiga le fitte alla caviglia. Sfila la cintura, strappa i brandelli di stoffa della tunica e piscia Fede. Un rivolo dorato riga la corteccia e cola a terra.
Spero che Agape mi sia d’aiuto, almeno stavolta, e mi trovi in fretta.
Celeste trascina le gambe lungo detriti e ciuffi di grano, verso Zefiro. Piega l’ala sinistra in avanti: la piuma remigante, distesa sopra le altre fino alla punta, è color pece e un ventaglio cinereo la separa dalle sue sorelle candide.
Sarà fango.
Un pizzicore si diffondo sulla schiena. Celeste sfiora la scapola destra e un’escrescenza lo punge. Ritrae la mano. Dall’indice spunta una goccia di Fede del colore del sole al tramonto. Nel petto, il cuore martella e le pulsazioni s’arrampicano fino alle tempie. Celeste gira la mano: la base delle unghie è annerita.
L’esilio? La caduta? Poca Fede? Che si fottano, lassù.

Agape raccoglie le gambe al petto, le stringe con le braccia e poggia il mento sulle ginocchia. Dalla cupola di Fede solidificata, le tinte plumbee del cielo filtrano e oscurano i riflessi ambrati sulla sua tunica. Zefiro ulula e le chiome dei pioppi oscillano, mosche e acini d’uva strappati alle vigne sbattono contro la superficie dorata.
Agape unisce i palmi delle mani. «Zefiro, risparmiami. Santissimo, abbi pietà. Fratelli miei, pregate per me, amen.»
Raccoglie gocce di Fede dal capo e le spalma sulle ferite.
Sia lodato il santissimo per la mia aureola.

Celeste arranca verso il muro di nubi temporalesche e venti di tempesta, tra zolle di terriccio e ghiaia ritte verso il cielo. Fitte partono dalla base della nuca e lo fulminano, il rigonfiamento alla scapola prude. Nel ventre, lo stomaco borbotta. Porta una mano dietro la schiena e un polpastrello scorre su una liscia protuberanza a uncino. Celeste trattiene il respiro e piega l’ala in avanti: striature corvine ne tingono le piume ai margini.
Mette due mani a coppa sulla testa e le abbassa grugnendo.
Quanto vorrei un’aureola.



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Re: Esiliato - 1. Aureola

Messaggio#2 » lunedì 3 agosto 2020, 0:56

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Re: Esiliato - 1. Aureola

Messaggio#3 » mercoledì 5 agosto 2020, 17:47

Mmh... Il contesto è di sicuro affascinante e l'idea della Fede è affascinante però mi sembra che tu non definisca bene la situazione. I due protagonisti non si capisce cosa abbiano fatto e neppure arriviamo a capirli e a conoscerli, sostanzialmente non ci sono elementi che permettano di empatizzare con loro. La tempesta sta arrivando, ma sembra che il peggio lo abbiano già passato. Inoltre, non capendo bene cosa sia Zefiro manca anche un gancio per aumentare l'attesa per la seconda parte. Nota a margine (ma importante): fai troppo uso della Fede. Ok, bella trovata, ma ne abusi senza, tra l'altro, "presentarcela" e farcela capire. Al momento è un pollice ni piuttosto stirato.

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