Venere

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Venere

Messaggio#1 » domenica 2 agosto 2020, 22:41

VENERE

La radio sfrigolava a basso volume, avvitata alla parete di lamiera in mezzo a cavi e cianfrusaglie sudicie.
“Torre Due a Drago Solare, Torre Due a Drago Solare, siete in ascolto? Passo.”
Rumore di fondo statico. Alcuni bulloni e viti fluttuavano per la stanza, pigri come piccoli pesci di ferro.
“Torre Due a Drago Solare, ci siete? Passo.”
Un ragazzino dai tratti asiatici, poco lontano, si mosse nel vecchio tappeto in cui si era avvolto con dei lacci. Si stropicciò gli occhi.
“Torre Due a Drago Solare, qualcuno è in ascolto? Dai che ho da fare! Passo.”
Nel sentire la voce una seconda volta, il ragazzo si svegliò di colpo. Si liberò dai lacci in tutta fretta e spiccò un balzo verso la radio, facendo sbocciare la coperta come un grosso fiore bruno. Raggiunta la parete opposta si aggrappò alla macchina, per non farsi sbalzare via dall’impatto, e premette il pulsante di trasmissione.
Drago Solare a Torre Due, riceviamo! Cosa succede? Passo.”
“Era ora, razza di cretino!” sbraitò la radio. “Va’ a dire ai tuoi amici che sono arrivati i bollettini del meteo. Quella cometa del cazzo passa proprio di fianco a voi e lo sciame vi becca in pieno. Avete meno di una settimana per prepararvi.”
Lui rimase impietrito, la bocca semiaperta.
“Ehi, Huang, hai sentito?” sbottò la voce. Il ragazzo si riscosse. Si voltò e con una singola spinta si lasciò scivolare in uno stretto corridoio metallico, sgusciando agilmente tra pezzi di lamiera, cavi e plastica rotta che sporgevano ovunque. In un attimo era scomparso.
“Guarda che ci sono delle tariffe sui bollettini importanti, tesoro!” insistette la radio, abbandonata. ”20% sul prossimo carico di argon! E l’elio lo pagate doppio il prossimo giro! Ci siamo capiti? Eh?”

La sala principale della Drago Solare era nient’altro che una semisfera di qualche metro di diametro, eccetto che per la base: un’unica, enorme lastra di vetracciaio, affacciata sul vuoto cosmico. Sul bordo, prossima al tramonto, si poteva ancora scorgere la punta della grande falce di Venere.
Bianco screziato come una perla, il pianeta attorno a cui orbitavano era allo stesso tempo monotono e affascinante: un unico, immenso mantello di nuvole biancastre, sporcate qua e là di tenui striature gialle e brune. Nuvole che si muovevano a vista d’occhio, correvano e si contorcevano lente sulla superficie.
A poca distanza dal pianeta, anch’esso prossimo al tramonto, il nucleo scintillante della cometa brillava come un piccolo sole. La coda ionica, dritta e blu come una fiamma a gas, tagliava il cosmo a metà, mentre la coda di detriti, curva e frastagliata, copriva la metà inferiore del loro cielo e oscurava tutte le stelle.
Davanti alla cupola, il resto dell’equipaggio iniziava in quel momento a radunarsi, prendendo posto nello spazio centrale grazie a una rada ragnatela di corde. Huang aspettava accanto a una parete assieme a sua madre, una donnina piccola dalla voce flebile, e guardava il tecnico di bordo, un vecchio indiano, armeggiare con il computer centrale, incassato proprio di fronte alla finestra. Il brusio si faceva sempre più intenso e le sagome degli occupanti fluttuavano davanti al cielo notturno, nascondendolo man mano.
D’un tratto, la paratia del corridoio centrale si scostò con uno scricchiolio, e nella sala cadde il silenzio.
Una testa velata si affacciò dal corridoio, una mano bruna e scheletrica si aggrappò a una maniglia al lato della porta e accompagnò fuori il busto di una donna anziana. Avvolta nei suoi abiti larghi e sgargianti come in una nuvola di tessuto, le gambe amputate erano invisibili. La vecchia guardò gli occupanti con i suoi occhi infossati, poi gettò un’occhiata verso il computer di bordo, nel silenzio più assoluto.
Dietro di lei sua nuora, agile come un pesce, le scivolò accanto e lì si fermò, come una guardia del corpo.
La vecchia si diede una spinta verso il computer di bordo, e la nuora le scivolò accanto con discrezione. Il tecnico non si mosse, ma aveva un’aria nervosa. Continuava a torturarsi le mani.
La vecchia sussurrò qualcosa in farsi e la nuora, solerte, tradusse a gran voce.
“Rakesh! Spiegaci cosa succede.”
Lui si voltò verso la folla e alzò la voce, che rimase tremula.
“T-tutti avete visto la cometa che sta passando accanto a Venere in questi giorni.” esordì, stringendosi le mani davanti al petto. “Fino ad oggi le previsioni dicevano che non ci sarebbe stato uno sciame meteorico vero e proprio, ovvero che saremmo stati colpiti solo da un po’ di polvere. Lo sapevate, vero?” aggiunse, più esitante.
Nessuno fece un fiato.
“Ecco, ecco. Invece un’ora fa Paul ha chiamato dalla base estrattiva numero tre per farci avere il bollettino meteo secondo cui, insomma, lo sciame meteorico ci sarà e finirà proprio su di noi e, ecco, abbiamo scoperto che persino le stazioni estrattive sono in allerta arancio per lo sciame, e verranno abbassate al di sotto dello strato di nubi per evitare danni alle strutture…”
Esitò, la sua voce ormai annegata nel brusio della sala.
La vecchia si voltò verso la nuora e le fece un cenno.
“Silenzio!” sbraitò la donna.
Il brusio sparì, ma il navigatore, un uomo alto dalla pelle color carbone, si fece avanti e domandò, lapidario:
“Quando arriverà?”
“Abbiamo cinque giorni, dice Paul…” aggiunse Rakesh con voce più bassa.
“Ma siamo sicuri che il bollettino sia vero?” gridò una voce femminile più in fondo. ”Ci fidiamo ancora di quel grassone bianco?”
Rakesh deglutì.
“Purtroppo sembra che sia vero… La base estrattiva numero cinque ha già iniziato i preparativi per l’immersione. Tra tre giorni saranno tutte inabissate.”
Il navigatore tacque per un istante.
“Ci serve il bollettino esatto.” decise. “Potremmo essere in grado di modificare eccentricità e processione dell’orbita in modo tale da usare Venere stesso come scudo contro la pioggia meteorica.”
La madre di Huang si fece avanti per interromperlo.
“E le navi che sono fuori?” domandò. “Jiang sta arrivando dalla Luna e ha detto che prevede di attraccare tra una settimana! Se cambiamo l’orbita oggi, riuscirà a raggiungerci?”
“Non abbiamo alternative.” replicò il navigatore, severo. “Se mi ha dato retta e non ha venduto proprio tutto il carburante che trasportava, dovrebbe averne abbastanza per la manovra.”
Rakesh prese di nuovo la parola.
“Il bollettino esatto, ecco, ci ho pensato anche io. So su quali canali viene trasmesso, ma sapete che adesso la Terra cifra quei bollettini, sapete, proprio per evitare che la gente come noi ne tragga beneficio. Un tempo riuscivo a decifrarli ma al giorno d’oggi è impossibile, giuro, matematicamente impossibile.”
Il silenzio si fece ancora più profondo.
“Ovviamente Paul lo sa e si è offerto di trasmettere il bollettino in chiaro, ma è molto rischioso per lui e quindi, ecco, vuole essere pagato molto bene…”
“Quanto vuole?”
“Il… il doppio sul prezzo dell’elio e dell’argon per due anni.”
L’uomo non rispose, sconcertato. Si voltò a guardare l’anziana, che ascoltava in silenzio la traduzione sussurrata dalla nuora.
“Signora, possiamo permettercelo?”
La vecchia rifletté a lungo. Scambiò poche parole con la nuora, poi annuì.
“Non abbiamo scelta.” spiegò lei. ”Entrare in orbita solare significa interrompere le forniture di elio e argon sul mercato nero per almeno un anno, il che scatenerebbe il caos e darebbe spazio a troppi competitori. Pagheremo quello che c’è da pagare.”
Il navigatore annuì e si avvicinò al computer.
Rakesh si mise rapidamente in contatto con la base estrattiva. Assicurò a Paul che il prezzo sarebbe stato pagato e in breve il computer di bordo ricevette il bollettino, che apparve sul display come una mappa stellare. Il navigatore caricò sul display l’orbita della Drago Solare, un cerchio perfetto attorno al pianeta, e le orbite di trasferimento delle loro navi, linee colorate sul fondo nero.
Inseriti tutti i parametri, il computer ebbe il via libera per calcolare la correzione orbitale, e per diversi secondi ronzò nel silenzio pesante.
Una spessa linea verde apparve sullo schermo.
“Orbita identificata.” dichiarò la macchina.
La sala fu inondata da un brusio di sollievo. Il navigatore tirò un gran sospiro.
“Perdio… Meno male che abbiamo accettato il bollettino.” mormorò a Rakesh, esaminando la mappa. “È un’orbita così risicata che non sarei mai riuscito a calcolarla senza i dati esatti.”
Huang allungò il collo, cercando di vedere se le navi in arrivo sarebbero riuscite ad evitare gli asteroidi durante l’attracco, ma non ci riuscì. Sapeva che i dati delle correzioni orbitali venivano inviati immediatamente a tutte le navi, ma loro non potevano sapere se le navi avevano abbastanza carburante di riserva per effettuare la manovra. Se non avessero potuto, non avrebbero avuto speranza.
Senza farsi notare, fece un cenno a sua madre e sgusciò fuori, diretto alla sala di monitoraggio.
La sala non era piccola, ma era piena di apparecchiature che rendevano difficile muoversi al suo interno senza impigliarsi in un groviglio di cavi. Huang si districò abilmente nel caos e raggiunse una delle enormi trasmittenti che venivano usate per comunicare con le navi.
Con un paio di tocchi attivò il dispositivo, che emise qualche ronzio e un paio di “bip” sommessi. Si sintonizzò sul solito canale.
Drago Solare chiama Kirin. Papà, sono Huang. Hai ricevuto il messaggio sulla correzione orbitale? Riuscirai a raggiungerci?”
Inviato il messaggio, diede un’occhiata alla distanza Terra-Venere in quel periodo. Con rapido calcolo, decise che la risposta avrebbe impiegato circa dieci minuti ad arrivare, e si mise in attesa.
Passarono dieci minuti, ma non arrivò risposta. Ne passarono quindici. Perplesso, Huang disse alla trasmittente di inviare nuovamente il messaggio, e attese ancora.
Poco dopo, sulla soglia scorse il viso di sua madre. Incrociò il suo sguardo preoccupato.
“Cosa ha detto?” sussurrò lei, con voce malferma.
“Non ha ancora risposto...”
“La Terra è così lontana in questi giorni?”
Huang scosse piano la testa e guardò la macchina.
“No. qualcosa non va con la trasmittente, credo.”

La donna, alta e bionda, fece strada al piccolo drappello di uomini in divisa nera. Il corridoio del carcere sembrava infinito.
Dietro di lei, uno dei prigionieri le sputò contro un insulto in cinese, senza causare alcuna reazione. In breve, raggiunsero una cella vuota e gli uomini spinsero dentro i nuovi ospiti senza cerimonie.
La paratia di vetracciaio sibilò e si chiuse in faccia al più giovane dei prigionieri, che gli si schiantò addosso e ricadde all’indietro. La donna lo osservò rialzarsi e bofonchiare qualcosa che venne completamente silenziato dalla paratia.
“Capitano Yaranovskij!” strillò una voce in fondo al corridoio. La donna si voltò verso la voce, che proveniva da una guardia carceraria appena arrivata.
“Capitano, capisco l’emergenza e la segretezza eccetera, ma potrebbe spiegarci cosa succede?” chiese, facendosi spazio tra gli uomini in divisa. Era un ometto piccolo, con occhi da mastino e una mento prominente. ”Chi sono questi? Cosa dobbiamo farne di loro? Servono misure speciali?”
“Non si preoccupi, tenente.” replicò lei. “Si tratta di semplici trafficanti di elio. Li abbiamo catturati sulla rotta di ritorno per Venere.”
Il tenente gettò un’occhiata nella cella, meravigliato.
“Trafficanti venusiani?”
Yaranovskij annuì con un lieve sorriso.
Uno dei prigionieri, il più anziano, li guardava da oltre la paratia trasparente con uno sguardo omicida, ma restava immobile. Gli vennero i brividi, come se avesse scorto un leone acquattato tra i cespugli.
“E non è tutto.” aggiunse lei, guardando i prigionieri a sua volta. “La missione è appena iniziata. La cometa C/2128-Y1-Fujikawa e il suo sciame meteorico ci hanno offerto un’occasione unica e non abbiamo intenzione di lasciarcela sfuggire. Quindi la prego di prepararsi e liberare almeno altre venti celle e un paio di massima sicurezza, nel caso la missione si riveli un successo.”
“Farò il possibile.” replicò il tenente, senza entusiasmo. La donna gli gettò un’occhiata.
”Questi tre sono inoffensivi, non si preoccupi.” aggiunse, notando il suo sguardo. “Dei semplici piloti. Tutto ciò che ci interessa sono i dati di navigazione della loro nave e la loro ricetrasmittente. Ovviamente, è fondamentale evitare che abbiano qualsiasi contatto con l’esterno per almeno due settimane da oggi, per evitare che contattino la nave madre, ma suppongo non ci sia bisogno di dirglielo.”
Non attese una risposta. Fece un cenno ai suoi uomini, che si incamminarono verso l’uscita. Il tenente trotterellò dietro di loro, tentando di tenere il passo.
“Quindi oltre a ciò niente misure speciali, dico bene?”
“Nessuna, tenente. Ma si tenga pronto ad accogliere qualche pezzo grosso molto presto.”



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Re: Venere

Messaggio#2 » lunedì 3 agosto 2020, 0:58

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Re: Venere

Messaggio#3 » mercoledì 5 agosto 2020, 19:08

La storia è molto interessante e il tuo stile fresco e pulito però non trovo i due protagonisti, nel senso che ce ne sono molti di più e di sicuro manca un'interazione strutturata tra due specifici di loro. La tempesta qui è intesa in senso metaforico perché trattasi sia della cometa che della nave che andrà a dare la caccia ai trafficanti però occhio alle tempistiche perché se il capitano sa della cometa e che arriverà in meno di una settimana allora stona il fatto che i prigionieri debbano essere tenuti per due. Inoltre occhio al fatto che la cometa, che occupa i due terzi del testo, sembra una problematica ormai risolta mentre il vero problema appare nella caccia che i trafficanti stanno per subire. Insomma, le premesse sembrano contrastanti. Per me un pollice tendente verso l'alto per lo stile, ma tarato verso il basso (quindi dietro ai pari valutati) per tutto quanto esposto.

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