Notte tempestosa pt 3

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Fagiolo17
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Notte tempestosa pt 3

Messaggio#1 » lunedì 10 agosto 2020, 23:34

NOTTE TEMPESTOSA Pt3
di Luca Fazioli


Schizzi d'acqua mi finiscono in bocca. Seguo i contorni dell’ammasso grinzoso finché la nuca non mi si appoggia alla base del collo: è enorme. Calibano tra le mie braccia scalcia e si dimena.
Faccio due passi indietro e la prua della barca si impenna.
«Siamo al capolinea, mostriciattolo.»
Getto uno sguardo verso casa. Forse…
Scivolo a sedere e agguanto i remi. Adagio il piccolo sulle mie cosce raccolte al petto, la gamba ferita pulsa. Calibano allunga le mani verso la mia barba.
«Non è il momento.»
Un colpo di remi, profondo e veloce come mi ha insegnato papà, poi un altro. Cerco di mantenere il ritmo costante, ma il dolore alle braccia si fa sempre più intenso. Il cielo sembra un albero di Natale illuminato da una miriade di lampi, i tuoni borbottano come petardi.
La creatura mi sovrasta, scuote i tentacoli in aria e agita l’acqua del lago. Un’onda si abbatte sulla barca e la capovolge: mi ritrovo sommerso. Il freddo improvviso mi stringe lo stomaco, gli occhi aperti bruciano.
Non so più qual è il sopra e qual è il sotto. Mi sbraccio per trovare la direzione giusta in cui nuotare. Riaffioro con un colpo di tosse, respiro a bocca aperta e sputo. I vestiti bagnati mi intralciano, muovo le gambe per rimanere a galla. Giro la testa a destra e a sinistra, i capelli mi schiaffeggiano le tempie.
«Calibano!»
I grossi arti rimestano l’acqua scura e mi ignorano. Cercano il piccolo? Prendo una boccata d’aria e mi immergo, deve essere qui intorno. Da quanto tempo è sotto? Eravamo quasi salvi, non può affogare ora.
Non vedo niente, è troppo buio.
Sfioro qualcosa con le dita. Batto i piedi per avvicinarmi e lo afferro con entrambe le mani. Spesso come un tronco, viscido e molliccio. Merda! Mi si attorciglia al busto e stritola. La poca aria che avevo trattenuto scappa fuori da naso e bocca, al suo posto inspiro acqua. Tossisco, coi polmoni in fiamme.
Con una velocità spaventosa mi tira fuori dal lago, mi ritrovo sotto sopra, la testa che ciondola e la vista annebbiata. Il corpo immane è percorso da pustole grandi come un pugno che scoppiano con un odore nauseante. Solchi rugosi fremono, come se mi stesse osservando o forse annusando.
Ma non è me che vuole, mi getta via come una lista della spesa terminata.

Sprofondo vicino al pontile, urto con la schiena un supporto e l’acqua mi riempie la bocca. Mi do la spinta sul fondale per tornare a galla. Un’onda mi rigira e mi sbatte sulla riva. Mi aggrappo con le unghie e mi sollevo carponi. Sulle labbra impiastricciate di fango ho un sapore di putrido, sputo terriccio e fili d’erba. Il puzzo di pesce marcio mi risale la gola, rigurgito boccate d’acqua e succhi gastrici. I polmoni gridano pietà, ma almeno respiro.
Mi rigiro a pancia in su. La pioggia leggera mi solletica il viso. È tutto ovattato come in un sogno, ma mi sembra di udire qualcosa. Mi tappo il naso, chiudo la bocca e soffio per stappare le orecchie. È un piagnucolio? Calibano!
Scatto in piedi e la testa mi gira. Mi reggo la fronte con il palmo della mano e piego la schiena: devo concentrarmi e soprattutto non devo cadere.
L’ho sentito frignare, sono sicuro.
«Mostriciattolo, dove sei…?» Sussurro.
In piedi sul pontile, una figura con il capo coperto dal cappuccio di un impermeabile scruta il lago e la creatura che incombe su di lei. Chi può essere così pazzo da fronteggiare un mostro simile? La montagna di carne ruggisce tuoni. Una saetta colpisce il legno con uno scoppio. Le assi bruciacchiate saltano in acqua e sulla riva. Il fuoco fuma per pochi istanti prima di essere estinto dalla pioggia che ha ricominciato a cadere copiosa.
La figura di spalle distende la mano aperta e la chiude a pugno. La montagna di carne è percorsa da un fremito e un tuono assordante prorompe dalla sua massa. Una folata abbassa il cappuccio della donna, lunghi capelli ricci svolazzano irrequieti. Sposta indietro il piede sinistro mettendosi di tre quarti, un braccio proteso, l’altro che protegge un fagotto: il vento trasporta fino alle mie orecchie il suono di un vagito.
«Calibano!»
La gamba ferita manda fitte di dolore ogni volta che ci appoggio sopra il peso. Zoppico fino a un’asse sottile e la adopero per camminare meglio. Proseguo sul pontile evitando i punti pericolanti e grido di nuovo.
«Calibano!»
La donna si volta.
«Ma tu eri…» La voce mi trema.
«Vecchia? O stavi per dire morta?»
Entrambi gli occhi di Sicorace mi fissano. La pelle del viso liscia e delicata, il naso e il mento non solo proporzionati, ma attraenti, i folti ricci adagiati sulle spalle delicate. È ringiovanita di almeno cinquant’anni.
L’impermeabile si schiude sul ventre piatto, sotto al monte di venere spunta una rigogliosa peluria. Nessuna ferita, nessuna cicatrice.
«Ma come?»
Mi risponde con una risata. «Colpa di Calibano.»
E questa arguta spiegazione dovrebbe bastarmi?
Rivolge la sua attenzione alla creatura e mi ignora. Un bagliore rifulge e scoppietta tra le sue dita serrate, come una scintilla chiusa in un vaso. Il mostro freme.
Calibano allunga le braccia nella mia direzione, ma la madre lo trattiene. Qualche manata innocente e lei lo stringe ancora più forte.
«Così gli fai male! Dammelo, lo tengo io.» Mi avvicino di un altro passo.
Sicorace mi guarda con sufficienza da sopra la spalla.
«Sei ancora qui? Vattene, nullità.» Alza il mento e una spinta incorporea mi scaglia a terra. Il pontile sotto di me scricchiola, rotolo appena in tempo: le assi si spezzano e affondano nel lago.
«Di’ al tuo padrone che non avrà mai mio figlio!» La voce di Sicorace sembra amplificata da un megafono. «Lo affogherei con le mie stesse mani piuttosto che consegnarglielo.»
Regge il piccolo per il collo sulla superficie del lago. Le gambette di Calibano dondolano, la testa ammaccata inclinata di lato, tossisce in cerca di ossigeno.
L’enorme creatura agita i tentacoli e sferza Sicorace, ma è come se qualcosa di invisibile la proteggesse, piccole scariche elettriche brillano a una spanna dal suo corpo.
«Sei arrivato troppo tardi, la stregoneria scorre di nuovo nelle mie vene!»
Levita a una spanna da terra e scruta il cielo. L’impermeabile svolazza e mette in mostra la sua nudità. Blatera qualcosa in una lingua dura che non riconosco, un suono secco e rapido, e le nuvole si sgonfiano e si diradano come se avessero perso tutta la loro ostilità.

Il sole illumina i miei piedi e divora le ombre passo dopo passo fino al pontile. Giro il palmo della mano verso il cielo, nessuna goccia. Gli ultimi tuoni rimasti sono i versi di dolore della montagna di carne. Il temporale, la grandine, i fulmini, tutto passato.
«Nessuna tempesta dura per sempre.» Sicorace abbassa il pugno e il mostro si inabissa seguendo il suo movimento svogliato. I tentacoli sbattono un’ultima volta sulla superficie del lago lasciandosi dietro grossi schizzi. La strega appoggia i piedi scalzi sul legno del pontile, capelli e impermeabile di nuovo schiavi della gravità.
Mi rimetto in piedi aiutandomi con la stampella improvvisata e le sbarro la strada.
Muove la mano nella mia direzione. «Per il tuo disturbo.» Il dolore alla gamba passa all’istante. Mi sfioro lo zigomo dove la grandine mi aveva colpito: neanche un graffio.
«Ora sparisci.»
«Io…» Mi blocco, non so cosa dire.
«Non c’è bisogno di ringraziarmi.»
«Ringraziarti? Hai una bella faccia tosta.» Questo è davvero troppo. «Piombi qui nel cuore della notte, pretendi di essere squartata per tirare fuori quel mostriciattolo dalla tua pancia, mi chiedi di proteggerlo e poi muori. Faccio di tutto per metterlo al sicuro e una seppia troppo cresciuta prova ad affogarmi. Nel frattempo ritorni in vita, ringiovanita per giunta, rimproveri il mostro gigantesco mandato da tuo “marito” come se fosse un cagnolino che ha pisciato in salotto e minacci di uccidere Calibano come se niente fosse!» Le guance mi vanno a fuoco. «E secondo te dovrei pure ringraziarti?» Sputacchio.
Le do le spalle e mi avvio verso casa imprecando. «Sei una vecchia pazza. La prima impressione era quella giusta.»
«Come osi!»
Mi sento sollevare da una forza invisibile, la punta dei piedi sfiora l’erba umida. Mi volta verso di sé e pianta i suoi occhi nei miei.
«Io sono Sicorace, la strega immortale di Algeri, colei che ha giaciuto con un Dio e ne ha partorito il figlio e tu osi darmi della vecchia pazza?»
Non respiro: la gola serrata, un’impiccagione senza corda. Mi porto le mani al collo ma non c’è niente da allentare, niente contro cui lottare. Calibano mi fissa con i suoi occhietti lividi e sembra capire cosa sta succedendo. Sì mostriciattolo, ora tua madre mi fa fuori.
Abbarbicato sulla spalla di Sicorace il piccolo piagnucola. Con le dita le spinge il mento per distrarla, ma lo sguardo della strega è infiammato d’odio per l’offesa ricevuta.
Le forze mi abbandonano, mi sento debole, sul punto di addormentarmi. Le braccia ricadono lungo il corpo, le gambe a penzoloni.
Il piede ha un fremito.
Gli occhi si chiudono.
Sono così stanco…

Il grido di dolore di Sicorace mi riscuote. Atterro sulle ginocchia, con le mani mi sorreggo per non finire con la faccia nel fango. Alzo lo sguardo: Calibano ha azzannato il collo della madre. Così si fa piccoletto! La strega se lo scrolla di dosso e lo sbatte a terra.
«Figlio ingrato!»
Inveisce sul neonato calciandolo con la pianta del piede. A ogni impatto serro di più gli occhi, non posso guardare. Cerco a tentoni nell’erba finché non agguanto l’asse che ho usato come stampella. Prendo un respiro profondo e metto a fuoco Sicorace. Due passi rapidi, grido con tutto il fiato che ho in corpo.
La punta dell’arma penetra nel suo petto e le trapassa il cuore. La strega fissa l’asta e la stringe con entrambe le mani come se volesse sfilarla. Spalanca la bocca, ma non esce alcun suono, solo un rivolo rosso che le macchia le labbra.
Crolla a terra, gli occhi vitrei, i riccioli scompigliati, il segno dei denti di Calibano sul collo. Il sangue sgorga dalla ferita, una pozza di liquido scuro che si allarga sotto al suo petto.
«Spero sia la volta buona, vecchia pazza.»

Mi chino davanti al corpicino di Calibano.
Con le manine cerca di afferrare il sole e ride, si rotola fino a mettersi con la pancia nel fango e sbatte le braccia. Gli schizzi mi sporcano il viso.
«Hai la scorza dura, mostriciattolo.»
Lo prendo in braccio e mi si aggancia alla barba, la tira da una parte all’altra.
«E se ti tenessi con me? Tua madre ha appena avuto un “incidente” e tuo padre… beh ci conviene non conoscerlo mai di persona.»
Calibano mi mostra le fauci da luccio in quello che mi piace pensare sia un sorriso.
«Allora è deciso! Chissà cosa dira Susanna di te. In ogni caso sarà più facile ammettere di aver ucciso una strega e adottato il suo pargolo piuttosto che confessarle che l’ho tradita con un’altra.»
Marisa…
È stato bello, ma devo troncare con lei. Non voglio fare la fine di mio padre e morire da solo.
Sollevo il piccolo sopra la testa tenendolo per le ascelle.
«È stata una notte di grandi cambiamenti.» Sospiro.
Il sole si riflette sul lago, un gigantesco specchio limaccioso che luccica quieto.
«Mi è venuta fame, a te? A proposito, tu cosa mangi?»
Gli infilo l’indice sotto le labbra scoprendo le gengive e i denti appuntiti.
«Qualcosa ci inventeremo. Vieni, andiamo a casa.»
Ultima modifica di Fagiolo17 il martedì 11 agosto 2020, 22:52, modificato 4 volte in totale.



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Mauro Lenzi
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Re: Notte tempestosa pt 3

Messaggio#2 » martedì 11 agosto 2020, 11:13

Avevo scritto un commento lungo e si è cancellato tutto... sob!
Provo a riassumere le mie note, scusa i toni sbrigativi .

Situazione di confusione, dolore e terrore, le sensazioni emotive non arrivano al pari di quelle fisiche. Stride l'ironico distacco del protagonista con osservazioni e battute. Ok per un target giovanile, ma richiederebbe un eroe o più figo o con una trasformazione più accentuata.


Un colpo di remi, profondo e veloce come mi ha insegnato papà, poi un altro. Cerco di mantenere il ritmo costante, ma il dolore alle braccia si fa sempre più intenso.

Qui accenna al dolore della gamba ferita.


percepisco solo i tentacoli che si immergono per artigliarmi, ma non stanno cercando me: vogliono Calibano!

"Perpepisco" è un tell, e irreale nella situazione di confusione. Fallo emergere, riprende lucidità e realizza che il mostro cerca Calibano.


Viscido e molliccio, spesso come un tronco.

Alle prime due parole avevo pensato a Calibano. Inverti: dimensioni e poi consistenza. Valuta l'esclamazione, dopo... che non generi confusione.


Avvicina il suo corpo immane e sembra osservarmi o forse annusarmi. Non sono io il suo obbiettivo, mi getta via.

Togli l'obiettivo. Piuttosto, è il momento per qualche dettaglio sulla seppia.


Rifarei la scena dell'approdo. Aver perso i sensi per un impatto solo per pochi istanti non mi convince, farei direttamente un'onda che lo sbatte a riva. Sicuramente la sua priorità è sputare l'acqua, non l'orecchio che gli prude... dettaglio che rimuoverei, così risolvi anche la stranezza di uno che si gratta coi capelli. Polmoni a fuoco/ in fiamme è una frase fatta e inoltre l'hai già usata prima.

Decine di fulmini? Ellapeppa! Ne basta uno, ma ben descritto. La luce accecante, lo schiocco.


Un'asse lunga e appuntita. Si capisce troppo presto che ci infilzerà qualcosa.
Suggerisco un accenno all'asse spezzata. E quando viene sollevato dalla magia, l'asse (cui non accenni) gli cade e si conficca nel terreno umido. O almeno ti ho dato un'idea di cosa intendo.

Blatera qualcosa in una lingua dura, una frase breve e secca, quasi un ordine e le nuvole assecondano il suo volere: si sgonfiano e si diradano come se avessero perso tutta la loro ostilità.

Leva l'inutile tell di assecondano, che anticipa eventi immediatamente successivi, e limitati a descrivere quelli.
"Quasi" , ogni volta che lo usi chiediti se sia proprio necessario, perché dà idea di una scrittura approssimativa, poco dettagliata.
Rivedrei da Blatera a Ordine, i punti importanti sono: poche parole che lui non capisce... ok la sonorità Dura, già Frase non mi piace. Ragiona su come puoi rendere l'idea in poche parole, poiché la magia è breve.

Dà un'occhiata a palmo aperto, pugno chiuso, palmo... vedi se la sequenza ti torna.

Infine...
Ascolta un non più giovane segnato dalla vita... decide di portarsi a casa un neonato (perdipiù mostruoso) senza neanche porsi la domanda di cosa dirà la moglie? Naah! Lo Chtulhino era roba da niente... ;D

Ho riscritto al volo, scusa i toni perentori... ma da smartphone faccio una grqn fatica e taglio sui "secondo me" e sui complimenti .. solo quello che spero sia utile per te.
Ciao!

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Fagiolo17
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Re: Notte tempestosa pt 3

Messaggio#3 » martedì 11 agosto 2020, 14:23

Grazie mille Mauro.

Mi metto subito all'opera per seguire i tuoi consigli.

In effetti ho preso sotto gamba la questione, il vero mostro della storia è la moglie, non appena scoprirà cosa combina al lago il marito avrò di che scrivere il seguito!

alexandra.fischer
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Re: Notte tempestosa pt 3

Messaggio#4 » martedì 11 agosto 2020, 14:27

Tema centrato. Il finale con il botto riguarda la sorte della strega Sicorace: uccisa dall’umano pur con tutti i suoi grandi poteri magici (riesce a mettere al suo posto un “cugino” di Cthulhu, io lo vedo così) e a far cessare una tempesta molto violenta. Il piccolo Calibano (che ha i segni per rivelarsi un futuro Lupo Mannaro o Demone Azzannatore) si fa benvolere dal Lettore (c’è da capirlo: si è affezionato al suo salvatore durante la lotta in barca sul lago e di certo non gli è piaciuto il trattamento ricevuto dalla sua stessa madre). Il finale è molto bello: l’uomo decide di adottare il piccolo Calibano, ormai orfano (anche il “marito” di Sicorace si è reso irreperibile). E’ un miscuglio insolito di fantasy e quotidiano (stelle del cielo paragonate a luci dell’Albero di Natale, mostro tentacoluto paragonato a cagnolino che ha pisciato in salotto).

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Andrea Lauro
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Re: Notte tempestosa pt 3

Messaggio#5 » martedì 11 agosto 2020, 21:07

Ciao Luca, almeno questo riesco a vederlo! Ho letto il primo, mi ha colpito perché riesci a dipingere una scena cupa e tendente all’horror con uno stile abbastanza disinvolto. Leggero, quasi, pur mantenendo la tensione. Il secondo racconto mi è piaciuto un po’ meno, più per i contenuti che altro: le azioni del protagonista non sono sempre allineate alla situazione, qualcosa stona. Con il terzo invece devo dire che hai dato equilibrio nel gestire lo scontro con il mostro del lago. La scena migliore è quella in cui descrivi Sicorace che con una mano infligge danni x3 su VOLONTA’ e spadroneggia di tre quarti. Mi è piaciuta.
Ecco, stavo giusto per dire che del primo racconto mi mancava l’appiglio con la situazione di partenza, lui che si fa Marisa ma è sposato. Invece riesci a tirarle dentro entrambe nel finale. Magari un po’ per i capelli, ma hai colmato il buco in un racconto da tre dove niente era dato per certo, si navigava a vista. Quindi chiudere il cerchio è stato già un passo enorme.

Bando alle ciance, suggerimenti per la revisione:
Battuta d’apertura: “Schizzi salmastri mi finiscono in bocca. Seguo i contorni dell’ammasso grinzoso” una combo di nome+aggettivo. Vedi se riesci a togliere uno dei due.
“Cercano il piccolo, ma non l’hanno ancora trovato.” la prima è una sua congettura, con la seconda tenta qualcosa di più, forse troppo. valuta se tenere solo la prima, in forma di domanda. il seguito spiega il secondo ragionamento.
Virgola mancante in “Non vedo niente è troppo buio.”
“avvicinarmi di più”: il di più è pleonastico
Il paragrafo
“Un’onda mi rigira e mi sbatte sulla riva. Mi aggrappo con le unghie e mi sollevo carponi. Sulle labbra impiastricciate di fango ho un sapore di putrido, sputo terriccio e fili d’erba. Il puzzo di pesce marcio mi risale la gola. Rigurgito boccate d’acqua e succhi gastrici. I polmoni gridano pietà, ma almeno respiro.”
costituito da periodi minimi, comunica certamente un senso d’urgenza. Ma le frasi sono molte, c’è il rischio di annoiare. Valuta se collegare con una virgola: “Mi aggrappo con le unghie e mi sollevo carponi + Sulle labbra” oppure la seguente, “Il puzzo di pesce marcio mi risale la gola + Rigurgito boccate d’acqua e succhi gastrici.” In questo modo spezzi il passo e il lettore tira il fiato.
D eufonica in “fino ad un’asse “
“«Piuttosto che consegnarLO, lo affogherei con le mie stesse mani.»” anche se quel doppio LO non mi fa impazzire
Staccherei ulteriormente “...perso tutta la loro ostilità. / Il sole illumina…”

andrea

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Re: Notte tempestosa pt 3

Messaggio#6 » martedì 11 agosto 2020, 22:53

Grazie mille Andrea per aver letto i tre pezzi di racconto e grazie dei suggerimenti!

Dovrei aver corretto tutto!

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Re: Notte tempestosa pt 3

Messaggio#7 » giovedì 13 agosto 2020, 0:14

Tutto ok con i caratteri, pronto per la valutazione!

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Re: Notte tempestosa pt 3

Messaggio#8 » sabato 15 agosto 2020, 17:28

Una terza parte che torna a essere convincente dopo una seconda un po' più zoppicante. Procede tutto bene anche se sul finale lui mi sembra essere un po' troppo positivo, considerata la situazione in cui si trova: dopotutto il mostro lo ha attaccato in un momento di assenza di Sicorace e con lei morta lo vedo parecchio con i minuti contati (e neppure ci dai elementi che possano permettergli un futuro quale si prefigura lui stesso). La stessa riflessione finale mi è sembrata un po' tirata perché nel corso della notte gli avvenimenti vissuti non mi sembrano tali da spingerlo verso quel tipo di riflessioni sul perché sì o no a Marisa... Sarei stato su un più scanzonato "Marisa, ho già troppi problemi. Meglio chiuderla qua." Infine, permane il mio dubbio di fondo: perché utilizzare i personaggi de LA TEMPESTA? Sono convinto che avresti potuto ottenere un risultato ben più forte con personaggi originali. Detto questo, per me il pollice torna al quasi su anche se rimani dietro al racconto di Borchi, a mio avviso più completo.

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Re: Notte tempestosa pt 3

Messaggio#9 » sabato 15 agosto 2020, 17:40

Grazie del giudizio, Antico, è stato molto divertente partecipare a questa Maratona!

Perché i nomi dei personaggi de La Tempesta, bella domanda. Mi era piaciuta tantissimo la rivisitazione di quei personaggi fatti da Dan Simmons in uno dei suoi libri (un fantascientifico tra l'altro) e mi ero un po' documentato sull'opera di Shakespeare.

Appena ho letto Tempesta nella traccia non ho potuto resistere ad una strizzata d'occhio ad alcuni dei suoi personaggi.

La trama avrebbe reso bene con altri nomi? Assolutamente sì.

La storia di Calibano e Sicorace ne LA TEMPESTA aggiungeva qualcosa al mio racconto? Assolutamente no.

Quindi in fin dei conti è stato solo il vezzo di citare un'opera che mi aveva emozionato e di cui avevo bei ricordi, sperando di rubare un sorriso a qualcuno leggendo il nome di Calibano, Sicorace e Setebo, un ritrovare vecchi amici in un contesto totalmente differente da quello in cui li abbiamo incontrati per la prima volta

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Re: Notte tempestosa pt 3

Messaggio#10 » sabato 15 agosto 2020, 18:44

Esatto, solo che citando nomi conosciuti poi il lettore ne cerca il motivo e da semplice vezzo diventa un possibile significato che si tende a non trovare. E quindi zavorra. Sempre, rigorosamente, a mio parere, ovviamente.

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