Gli uomini acquario - 3

coccolino
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Gli uomini acquario - 3

Messaggio#1 » mercoledì 12 agosto 2020, 20:26

Gli uomini acquario - 3
Federico Bertellini


Trascorsero quattro anni da quando si era avventurata in quella strana tempesta.

Furono svolte indagini, poste domande e date risposte, ma lei non tornò.

Per un po’ bazzicai il quartiere, da quando tornavo dal lavoro fino a notte fonda, mostrando la sua foto a chiunque incontrassi. L’avevano vista da qualche parte? Un’informazione qualunque andava bene. Ma nessuno la riconobbe. Dopo un po’ smisi di cercare.




Prima che sparisse avevamo un’abitudine, una specie di rituale prima di metterci a dormire.

Ogni volta che mi coricavo, lei lavorava al computer, battendo freneticamente i tasti dalla sua parte del letto, così io mi giravo dall’altra parte e mi addormentavo.

Per poi svegliarmi quando finiva.

Quando interrompeva la scrittura e come se si fermasse la pioggia. Chiudeva il laptop, andava a farsi una breve doccia e tornava a letto. A quel punto avvertivo distintamente la sua presenza. Il peso del suo corpo. I movimenti del respiro. I capelli freschi di shampoo. Infine le sue braccia che mi stringevano.

Quando sparì, cominciai ad avere la sensazione che lei dormisse dall’altra parte del materasso.

Non potevo esserne sicuro, ma succedeva lo stesso.

Il peso del suo corpo.

I movimenti del respiro.

I capelli freschi di shampoo.

Ogni notte mi voltavo dall’altra parte, aspettandomi di trovarla.




Dopo un anno decisi di chiudere tutti i suoi averi in alcuni scatoloni: libri, laptop, vestiti, lenzuola, tutto. Via via che riponevo le cose però sentivo un groppo in mezzo al petto. Non riuscivo a continuare, e dovevo fermarmi.

Ricominciavo solo il giorno dopo.




Il secondo anno ebbi alcuni rapporti con altre donne. Erano stati i miei amici a spronarmi: dovevo provare a dimenticarla e andare avanti con la mia vita. Voltare pagina.

Nessuna di quelle relazioni, però, andò oltre a qualche appuntamento, inoltre troncai i rapporti quando mi chiedevano di vedere l’appartamento.

E se fosse tornata a casa trovandomi a letto con un’altra donna? Non volevo neanche pensarci.

Non tornerà più, mi suggeriva una vocina.

E se invece lo facesse?, rispondeva un’altra vocina uguale.

Quando andavo a letto e girandomi verso il muro continuavo a percepirla alle mie spalle. Se avessi allungato la mano avrei trovato la sua?

Sei lì?, chiedevo ad alta voce.

Ma non ottenevo risposta.




Passò un altro anno. Al lavoro ricevetti una richiesta di trasferimento. Oltre alla promozione e a un aumento di stipendio, mi avrebbe permesso di voltare pagina, una volta per tutte.

Ma rifiutai.

Un'occasione del genere non capiterà di nuovo, mi avvertì il mio capo.

La ringrazio lo stesso, dissi, e uscii dall’ufficio.




A quanto pare non riuscivo a separarmi da quel luogo. Era come se l’avessi ereditato, in un certo senso. Prima era lei a trascorrere in camera ogni momento della giornata, ora toccava a me farmene carico. Smisi di frequentare gli amici e di avere ogni genere di relazioni. Inoltre lavoravo spesso da casa. Mantenevo l'appartamento pulito come uno specchio, proprio come se mi stessi prendendo cura di Erica.




Quattro anni dopo che se n'era andata, comunicai al proprietario che avrei cercato un altro appartamento.

Lui rispose che avrebbe fatto il possibile per trovare subito dei nuovi inquilini, e mi chiese se avessi già un posto dove andare. Risposi che non avevo nessuna fretta di trovarlo. In effetti era da molto tempo che mi limitavo a vivere giorno per giorno, senza fare piani. Mi spostavo da un luogo all’altro, mangiavo e dormivo, e questo mi teneva in vita, ma non avevo prospettive e non mi interessava averne.

Andava bene così.

Diverse persone si presentarono per visitare l’appartamento, finché una giovane coppia si decise a fare una proposta. Una settimana dopo avevo tutto pronto: gli scatoloni erano accatastati vicino all’ingresso, e quel che restava era tirato a lucido.

Ero pronto a trascorrere lì l’ultima notte.




Siccome non mi andava di sporcare le stoviglie, ordinai una pizza e la mangiai seduto sul pavimento. Le luci erano spente, e il soggiorno pressoché vuoto era immerso nella quiete. Fuori cadeva una pioggerella sottile che quasi non si vedeva.

Dopo aver finito di mangiare buttai il cartone della pizza, mi sedetti di nuovo davanti alla finestra e scoppiai in lacrime.

Non te ne andare. Non lasciarmi solo!

Non riuscivo a smettere di piangere. Era come se Erica fosse lì a consolarmi dandomi colpetti sulla schiena.

Non preoccuparti per me. E poi devi fare qualcosa di molto importante, ricordi?

Qualcosa di molto importante.

Quelle parole ogni tanto riaffioravano alla mente. Prima che scomparisse mi aveva chiesto di finire il racconto.

Il nostro racconto.

Ma ogni volta che in preda alla disperazione aprivo il suo laptop, un groppo alla gola mi impediva di continuare, e lo richiudevo subito nello scatolone.

Ora però era diverso.

Dovevo provarci.

Dovevo fare un ultimo tentativo.

Tirai fuori il laptop dallo scatolone e lo collegai alla presa elettrica. Il display del computer era l’unica luce nell’appartamento.

Aprii il file chiamato "Gli uomini acquario" e rilessi il racconto da cima a fondo.

Ormai lo conoscevo a memoria, parola per parola. Non avevo cambiato nulla di ciò che aveva scritto.

La ultime righe recitavano: Le persone radunarono gli uomini acquario in un immenso deposito. Le creature si guardavano attorno impaurite. Fuori cadevano i fulmini, e presto l’acqua avrebbe sommerso quel posto. Era così che finiva il mondo?

È così che finisce il mondo?, mi chiesi. Sommerso dal temporale?

Il cursore lampeggiava.

Stavo per mettermi a scrivere, quando mi accorsi di una sottile patina scura sul pavimento. Allungai la mano.

Acqua.

Appoggiai il laptop su un mobile perché non si bagnasse e andai in cucina a controllare il lavello, ma sembrava a posto. Il bagno?

Lontano sentii il rumore della pioggia e ancora più in basso il rombo cupo di un tuono.

Appoggiai una mano alla porta della camera. Dall’altra parte la pioggia tamburellava dolcemente sulla superficie. Non potevo sbagliarmi, l’acqua veniva da lì, passando dalla fessura.

Senza capirci niente, aprii la porta ed entrai.




In camera cadeva la pioggia.

Cioè, no, non ero più in camera mia. Mi trovavo all'aperto, in un vicolo.

Tirava forte il vento, che muoveva la pioggia come un telo bianco. Il vicolo si era trasformato in un torrente, in cui galleggiavano rami e oggetti di ogni genere. Ero già zuppo.

Raggiunsi l'altra sponda, aprii una porta d'acciaio e mi trovai in un immenso stanzone in cui vagavano gli uomini acquario.

Ce ne saranno stati come minimo un centinaio. A parte gli acquari al posto della pancia e del torso, avevano l’aspetto di persone normali. Qualcuno era di bassa statura, altri avevano braccia muscolose, altri ancora erano anziani con radi capelli sulla nuca. Un paio si erano raggomitolati in un angolo e tremavano, altri due si tenevano per mano.

Com’è là fuori?

Era stata una persona in carne e ossa a rivolgermi la parola. In effetti qualcuno di normale lì c’era, ma non erano più di una decina. Erano fradici, zuppi dalla testa ai piedi, e portavano in spalla fucili. Qualcun altro aveva una pistola infilata nei pantaloni.

Amico, ti ho chiesto la situazione, disse di nuovo l’uomo.

Tutto a posto, risposi. Non mi veniva altro da dire.

Ne hai visti altri?

Scossi la testa.

Si asciugò la faccia. In ogni caso siamo fottuti.

L’atmosfera, in effetti, era tesa. I fulmini continuavano a cadere dal cielo, facendo tremare l’edificio come un terremoto. Ovunque c’erano chiazze d’acqua che si allargavano da innumerevoli rigagnoli.

Ehi, guardate cos’ho trovato!

Un giovane dall’altro lato della stanza tirava per mano un uomo acquario: dentro c’era un bel sole primaverile, una verde collina e perfino alcuni piccoli uccelli in miniatura.

Una benedizione, disse l’uomo, e con un gesto automatico tirò fuori la pistola. Facciamolo fuori e mettiamo fine a questo casino.

Un momento, dissi.

Tutti si voltarono verso di me.

Avevo parlato senza rendermene conto e ora ero al centro dell’attenzione.

Beh? Che vuoi?, chiese l’uomo con la pistola.

Lo faccio io, dissi, con il cuore che mi batteva forte nel petto. Porsi la mano per prendere la pistola. È da un po’ che non mi esercito.

Cosa cambia, scusa?

Un gesto di cortesia.

L’altro alzò le spalle. Piantagli una pallottola in pancia e facciamola finita.

Mi diede la pistola. L’alzai verso l’uomo acquario. Aveva il volto giovane e sereno, e nel vedere la pistola mi sorrise.

Devi fare qualcosa di importante, mi aveva detto Erica prima di sparire.

Lo presi per mano e rivolsi la pistola agli altri. Lasciateci andare.

Che stai facendo? Ammazza quel coso!

Allontanatevi dalla porta, per favore.

Tenendo la pistola puntata, tirai l’uomo acquario verso di me. Nessuno fiatava, ma una donna allungò la mano verso il fucile.

Non farlo, dissi.

D’accordo. Sta’ calmo, rispose lei alzando le mani.

Senza dare le spalle raggiunsi la porta, l’aprii velocemente e spinsi l’uomo acquario fuori.

Stavo per dire di non seguirci, ma a che sarebbe servito? Chiusi la porta e cominciai a correre.

L'uomo acquario si affaticò subito. Dovevo ammettere che non aveva una struttura fisica adatta alla corsa.

Dobbiamo cercare un riparo!, urlai. Era dura farsi sentire con le parole che si disperdevano al vento.

I fulmini illuminavano il cielo e l’acqua mi arrivava alle caviglie. Rami, auto e una miriade di piccoli oggetti venivano trascinati dalla corrente.

Ancora uno sforzo, lo incoraggiai.

Il piccolo sole che si portava dentro splendeva come la luce di un faro.

La porta di un palazzo era aperta, e una volta dentro tirai un sospiro di sollievo.

Ce l’abbiamo fatta, dissi. Lui mi rivolse un sorriso sereno. Poi un colpo frantumò il vetro e la finestra cadde in mille pezzi.

Sono là dentro! Fateli fuori!

Venivano verso di noi.

Altre finestre esplosero.

Lo presi per mano. Presto!

Salimmo le scale. Non avevo mai sparato, ma dovetti esplodere alcuni colpi dalla tromba delle scale per tenerli lontani. Continuando a correre, delle immagini si sovrapponevano nella mente.

Quando eravamo andati a vivere insieme l’ascensore non funzionava per un guasto elettrico, e avevamo dovuto farci le scale a piedi. Io ero entusiasta e salivo i gradini correndo, ma Erica dopo qualche piano si era lasciata andare sul muro ansimando: Pausa, stop.

Manca poco.

L’avevi detto due piani fa.

Ne mancano due in meno di prima.

Non ti ho mai visto così. L’idea di vivere insieme ti prende proprio, eh?

Puoi scommetterci. E stasera ti preparo qualcosa di buono.

Le porsi la mano, lei l'afferrò e la tirai su.

Mancano solo due piani, le dissi.

Non provarci neanche a prendermi in giro.

L’avevo tirata dietro di me, piano dopo piano. Ora i colpi esplodevano sui muri, e mi trascinavo dietro un uomo acquario. Imboccammo un lungo un corridoio. Giravo le maniglie cercando una porta aperta.

Sta' lontano, dissi nascondendolo dietro di me. Presi la mira, sparai alla serratura e sfondai la porta. Spinsi dentro l’uomo acquario e la chiusi alle spalle.

Dentro, un normale appartamento, tranne che tutto era coperto da un leggero strato di polvere. Non c’era anima viva.

Afferrai una libreria e la rovesciai davanti alla porta.

Quanto avremmo resistito? Quanto, prima che ci trovassero?

Non hai scampo!, disse l’uomo dal corridoio. Si può sapere che hai in mente? Ci stai condannando tutti!

Non è vero, pensai. In un mondo in cui la gente uccide gli uomini acquario per comandare il tempo a piacimento, non c'è un finale diverso dalla tempesta.

Già, ma adesso cos’avrei fatto? Tra non molto sarebbero entrati, e per entrambi sarebbe stata la fine. Chissà cos'avrebbe fatto Erica al mio posto? Chissà cosa mi avrebbe detto?

Manca il finale, mi avrebbe restituito i fogli scuotendo la testa. Stanno per entrare. Cosa farai con l’uomo acquario? Come lo salverai?

Li lascerò entrare, le avrei risposto.

Li lascerai entrare? In che senso?

Lascia che ti spieghi. Loro prendono a spallate la porta, okay? Lo fanno fino a rovesciare la libreria.


Gli uomini continuarono a prendere a spallate la porta, fino a rovesciare la libreria. Nascosi l’uomo acquario dietro di me.

Facciamola finita, disse l’uomo, e puntò la pistola. Ma qualcuno disse: Aspetta un momento.

Gli fecero abbassare l’arma. Oltre la finestra, dalle nuvole, spuntava il sole.




Quando finii di scrivere era un bel pezzo che avevo le lacrime agli occhi. Ma quelle parole non ero riuscite a fermarle, come la pioggia. Chiusi il laptop e mi strofinai forte le guance. Restai lì senza fare niente. La sensazione di quelle scene era ancora vivida. Come se fossi appena tornato da quel mondo.




Andai in camera, mi spogliai, mi infilai una maglietta pulita e mi misi a letto, dalla mia solita parte del materasso.

C’era silenzio.

Anche quella fine pioggia estiva doveva essersi fermata.

Stavo per addormentarmi, quando mi sembrò di percepire di nuovo il calore del suo corpo. I movimenti di quando dormiva. I capelli freschi di shampoo.

Se mi fossi voltato sarebbe scomparsa di nuovo? Sarebbe stato tutto l’ennesimo sogno?

Chiudi gli occhi, mi dissi. Cerca di dormire. Domani sarà una splendida giornata.

Poi, lentamente, molto lentamente, mi voltai dall’altra parte.



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Re: Gli uomini acquario - 3

Messaggio#2 » giovedì 13 agosto 2020, 0:22

Tutto ok con i caratteri, pronto per la valutazione!

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Re: Gli uomini acquario - 3

Messaggio#3 » domenica 16 agosto 2020, 19:56

Una terza parte totalmente volta a un simbolismo che, lo ammetto, non sono riuscito a cogliere appieno. Rimangono stralci di quello stile che mi aveva totalmente conquistato nel corso della prima parte e questo perché elimini completamente dalla scena lei in tal modo privandoci di quel bel batti e ribatti. Mi sembra mancare un focus chiaro e se durante la prima parte pensavo al rapporto tra i due e nella seconda questo mi veniva rinforzato anche se ti lanciavi in quelle battute più lunghe per cercare di definire meglio la direzione verso cui volevi andare, in questa ti concentri sugli uomini acquario e, almeno a me, il rapporto interpersonale sembra passare in secondo piano in favore di un discorso più generale sul controllo (della natura, delle persone... Controllo che però non mi sembra fosse un problema di questa coppia nello specifico). Insomma, temo di fare casini io non essendo riuscito a comprendere appieno, ma la mia impressione è che il racconto si confonda man mano che va avanti. Devo scendere a un pollice tendente verso l'alto in modo convinto per questo stile fantastico, ma in classifica ti posizioni dietro ai racconti di Fitzherbert e di Marzola che mi sono sembrati più focalizzati.

coccolino
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Re: Gli uomini acquario - 3

Messaggio#4 » domenica 16 agosto 2020, 20:05

Grazie mille del commento!
Apprezzo davvero molto il tempo che hai dedicato alla lettura del testo. :)

Ora che ho una visione più complessiva cercherò di migliorare questo testo e quelli futuri.


Grazie di nuovo!

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