Flare - III°

Dario17
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Flare - III°

Messaggio#1 » mercoledì 12 agosto 2020, 23:03

Monica volò sui tre gradini dell’ingresso del camper, entrò e si tolse il cappuccio.
La luce del mattino entrava a fatica tra le tapparelle semichiuse, zone d’ombra stagnavano sul pavimento e sulle pareti.
Nella zona notte, tutte le brande erano perfettamente sistemate. E vuote.
“Mi hanno fregato.” Pensò la dottoressa Hao, ingoiando un grumo di saliva denso come un sasso.
La porta del camper si chiuse e la serratura scattò.
I due ragazzini l’avevano chiusa dentro.
Monica non capì.
“Vogliono tenermi in fresco per qualcun’altro?”
La donna caricò il primo di una serie di pugni sul portoncino di legno ed alluminio; fu inutile ma comunque aveva dimostrato di non essersi data per vinta.
«Perdonali, dottoressa. Hanno solo eseguito i miei ordini passo dopo passo.
Devi ammettere che sono piuttosto bravi a simulare necessità inesistenti, no?»
Dal posto di guida si alzò un uomo tozzo, in testa residui di ricci castani. Un codino dozzinale penzolava solleticandogli la nuca.
Rughe incorniciarono un mezzo sorriso.
«Dottoressa Hao, non ti offendi se ti dico che negli ultimi due anni non mi sei mancata affatto?»
il sorriso dell’uomo divenne intero «Dopotutto, non vederti significa che sto bene.»
Un click ed un neon illuminò l’interno del camper.
«Ma che…Lucio Salvemini?» Monica fece un passo in avanti.
«In molta carne ed ancora con tutte le ossa. Grazie a te, ovviamente. Temevo non mi riconoscessi senza l’osteosarcoma alla gamba.»
«Ti avrei riconosciuto comunque. Ho controfirmato io le tue dimissioni dall’ospedale e la fine delle terapie, mi ricordo bene di te. Dovevi proprio inscenare un rapimento da boss della malavita per fare quattro chiacchere? Dì ai due ragazzini di riaprire la porta, voglio tornare da mio marito.» La dottoressa indicò un punto lontano fuori dal camper.
«Oh, lo farei volentieri, ma soltanto qui dentro posso permettermi di dire certe cose ad alta voce. Anche i forni a microonde hanno orecchie, sai?» disse Salvemini.
«Siamo nel pieno dello Spegnimento e sotto una tempesta solare, Lucio. Non funziona nulla. Chi vuoi che ti spii?»
«Dottoressa…» Lucio Salvemini prese un respiro. «Non c’è nessuna devastante tempesta solare in corso.»

[…]

Al quarto squillo, Fabio Hao alzò la cornetta.
«Si?»
Silenzio.
«Pronto? Le linee funzionano?» Fabio provò a sondare il terreno. «Senti, se sei il proprietario del rifornimento non ti spaventare, non ho intenzione di rubare nulla, abbiamo usato il locale come…»
«Sei Fabio Quadrini in Hao?»
Prima stoccata.
Non solo stavano utilizzando linee telefoniche che avrebbero dovuto essere spente, ma adesso l’autore della telefonata sapeva persino chi era.
Le rotelle da scrittore nel cervello di Fabio cominciarono a scricchiolare e si rese conto che in quel momento non era a proprio agio nel tenere le redini di un dialogo di cui non aveva il controllo assoluto.
«Si, sono io.»
A che pro mentire?
Magari erano forze dell’ordine che nell’emergenza solare lavorava sui dispersi. Dopotutto lui e sua moglie avevano indicato nei moduli on-line per l’auto-confinamento la loro seconda casa ma nessuno ci era mai entrato. Avevano chiamato a casa e l’assenza si era fatta notare, forse.
«Ci risulta che lei e sua moglie dovreste essere nella vostra seconda casa di proprietà.»
Bingo.
Le pulsazioni elettriche del cuore di Fabio s’acquietarono.
«Abbiamo avuto un guasto all’auto e abbiamo dovuto rifugiarci qui..»
«Capisco. Posso parlare con sua moglie, adesso?» Il tono dello sconosciuto cominciò a gonfiarsi d’autorità parola dopo parola. Parlava con dizione perfetta e in un italiano impeccabile.
“Rimane comunque uno sconosciuto”
«È in bagno, dovrete pazientare cinque minuti.»
Fabio aveva sentito istintivamente il bisogno di mentire ed aveva aperto di conseguenza la diga della sua fantasia.
Un click di un ipotetico salvavita mentale.
«Davvero?» disse lo sconosciuto.
«Davvero. Sa come sono le donne…Lei è sposato, signor…?»
Ci fu una pausa. La presa sulla cornetta gli si fece più scivolosa.
«Rossi.» precisò l’uomo al telefono. «Quando sua moglie sarà…uscita dal bagno…» l’intonazione con cui scandì quelle parole fu di puro sarcasmo «Le dica di non allontanarsi per nessun motivo dal luogo in cui vi trovate. Soprattutto lei, signor Hao, non si esponga per nessuna ragione all’esterno, data la sua particolare condizione. La tempesta solare sta ancora infuriando in tutto il globo ed è ancora molto, molto nociva. Rimanete nell’edificio, siete autorizzati a farlo.»
«Ma guardi che…»
Un flebile gracchio sulla linea e la chiamata terminò.
Fabio abbandonò la cornetta e si premurò di non riagganciarla.
Si guardò intorno: i muri del bar gli sembrarono ancora più vicini e soffocanti.
Cercò di tranquillizzarsi, in fondo lui e sua moglie non avevano fatto niente di male.
Le forze dell’ordine si erano dunque premurati di cercarli nonostante tutti i fastidi tecnici dovuti dello Spegnimento.
Ma aveva davvero parlato con qualcuno delle forze dell’ordine?

[…]

Il camper divorava la strada.
Salvemini era alla guida, lo sguardo fisso davanti la strada fagocitata dal cofano dell’autocaravan.
«E secondo te dovrei credere a questa valanga di stronzate complottiste da serie Netflix? “Noi” contro “Loro”? Siamo nel 2032, Cristo. Sono puttanate da fantascienza.» Monica Hao sbuffò, sprofondando nel sedile del passeggero.
«Stando con “Noi”, cara Monica, scoprirai che la fantascienza non è altro che un modo per abituare implicitamente le masse ad un certo tipo di realtà che tanto stronzata non è. Anche il piccolo contrattempo automobilistico per non farti raggiungere la tua seconda casa e per contattarti in tranquillità è stato causato da qualcosa che definiresti “fantascientifico”, sai?»
«Cosa?» La dottoressa si agitò così tanto che le cinture di sicurezza fecero lo scattino bloccante.
«Siete stati voi a rompere la macchina? Ma brutti figli di puttana, potevamo farci male! Come avete fatto?»
Uno dei ragazzini dietro di loro prese la parola.
«La sua auto è una Tesla Model-12, può resistere a svariati urti e mantenere illesi i passeggeri.»
Monica si voltò.
Da quando erano partiti, uno dei due giovani che lei aveva identificato come il più acerbo dei due parlava con la sicumera di un quarantenne, come se fosse sempre stato un adulto avvolto dalla pelle liscia di un quattordicenne.
«Io ho visto l’aurora boreale ieri sera!» sembrò quasi che lo stesse ripetendo a sé stessa per convincersene meglio.
«La tempesta solare c’è stata effettivamente, cara…» spiegò Salvemini «…Ma è molto meno incisiva e duratura rispetto a quanto hanno dichiarato i media. Totalmente incapace di recare seri danni ad una qualsiasi apparecchiatura elettrica. Lo Spegnimento è una truffa, Loro hanno bloccato tutto per avere campo libero nel riorganizzare la società.»
«Hanno chi? Chi sono Loro? E soprattutto perché sei venuto a rompere le palle a me e a mio marito?»
«È da quando sono uscito dal tuo centro medico a Nuova Terni tre anni fa che ti teniamo d’occhio. Da quando mi hai salvato la vita, ho fatto sì che fossi protetta. Perché vali molto di più di quello che pensi, puoi darci una grande mano e pertanto ti vogliamo con noi.»
«Ancora con sto “Noi”. E chi dobbiamo combattere, sentiamo. I Nazisti scongelati provenienti dal Polo Nord?»
Salvemini sorrise amaro.
«Magari.»

[…]

L’uomo era talmente alto che quando passò per la porta del bar dovette chinare la testa.
“Come minimo, sarà alto due metri e dieci” elucubrò Fabio scendendo dal bancone.
Viso affilato, un completo giacca e cravatta che urlava il nome della casa di moda da cui veniva, cappello borsalino calato sugli occhi. Non aveva prestato la minima attenzione ai vetri sparsi per gli scalini; era chiaramente a proprio agio nel camminare su cose spezzate.
«Siamo venuti a prendervi, signor Hao.»
“Siamo?”
«Sua moglie è ancora…in bagno?» il sarcasmo che colò dalla frase rivelò a Fabio che di fronte aveva uomo del telefono.
Da come si guardava attorno, l’uomo allampanato sembrava non perdersi un solo dettaglio colpito dal suo sguardo.
“Se un uomo così facesse davvero parte delle forze dell’ordine, in Italia non ci sarebbe criminalità…”
Quello davanti a lui poteva benissimo essere uno dei personaggi dei suoi racconti per contest letterari horror; conoscerlo di persona non gli diede la minima gioia.
«Essì…non si è sentita benissimo questa notte.»
Raccontare bugie una dopo l’altra non gli riusciva così bene da quando aveva undici anni.
«Desolato. Se c’è qualcosa che possiamo fare…» l’uomo appoggiò la mano sulla porta con scritto TOILETTES.
«Mia moglie è un dottore, mi fido del suo giudizio…»
«Capisco.» Lo sconosciuto non avanzò oltre.
Fabio fece qualche passo laterale, in modo da inquadrare per bene l’esterno.
Il sole di mezzogiorno picchiava verticalmente il selciato e le pompe di benzina. Un’auto nera mai vista coi finestrini oscurati era parcheggiata di fronte all’ingresso, inibendolo: una vettura così sospetta era a tal punto losca da essere sfacciata: lo stereotipo dell’auto concepita per fare qualcosa di brutto.
L’uomo alto spezzò il silenzio.
«Avete mai ricevuto negli ultimi anni telefonate, mail o anche degli incontri con gente che conoscete poco niente in cui gli argomenti vi sono sembrati assurdi e campati per aria?»
L’argomento gli sembrò così astruso in quel momento di confusione che Fabio non sentì nemmeno lo stimolo a mentire.
La sua “amichetta Ironia”, come la chiamava sua moglie, lo aveva punzecchiato porgendogli al volo una risposta sagace dal portavivande del cervello:
“Certo che sì, spilungone. La tua chiamata di mezz’ora fa risponde perfettamente a certe caratteristiche.”
Si guardò bene di tenere quella risposta ben nascosta nelle pieghe della coscienza.
«Direi di no.» replicò infine.
«Ne è sicuro?»
«Abbastanza, direi. Mia moglie è una professionista molto stimata in Italia e frequentiamo persone molto…normali.»
La costruzione della frase fece venire una colica al suo io scrittore, ma credette di essersi fatto ben capire.
«Nessun fanatico o complottista, dunque.» incalzò l’uomo alto.
«Oh no no, Monica storce il naso persino davanti ai cartoni animati…»
Un importante rumore di lamiere che si scontrano seguì al tipico stridio di ruote che frenano troppo tardi.
I due si affacciarono dall’ingresso.
La macchina sospetta era una decina di metri più lontana dal punto dove Fabio l’aveva lasciata; all’ingresso ora troneggiava un camper dal cofano accartocciato come una merendina nello zaino di un bambino.
Vi furono colpi da fuoco.
Dal finestrino del passeggero comparve Monica a mezzo busto; sua moglie urlò il suo nome e con le braccia alzate lo invitò a raggiungerlo.
L’uomo alto estrasse una pistola dall’interno della giacca e fece un passo verso l’esterno: errore di cui si pentì per gli anni a venire.
Fabio scavalcò in volata un tavolo e si fiondò verso l’uscita.
Anche se le braccia dell’uomo sospetto erano lunghe da sembrare tentacoli, il loro raggio d’azione non bastò per permettergli di agguantare anche solo un lembo di stoffa della camicia messa a rovescio.
“Tempesta fottuta, se proprio mi ucciderai, dammi il tempo di salutare mia moglie.”
I raggi solari lo accarezzarono per tutta la corsa a perdifiato verso il camper.
«Fermati, signor Hao!» gridò l’uomo alto «Se scappi via con quella donna ti perseguiterò per il resto dei tuoi giorni, non ti darò tregua!»
«Anche mia madre mi disse la stessa cosa il giorno del matrimonio!» rispose Fabio senza voltarsi.
L’uomo lasciò che i battiti elettrici gli diedero la forza ed il tempo della corsa, battezzò la porta laterale del camper che nel frattempo si era spalancata e la centrò come un professionista del biliardo imbuca la palla numero 8.
Il suo nuovo mezzo di trasporto lo accolse con uno scossone che lo fece cadere su della moquette.
Ci fu una virata ed un secondo scossone gemello del primo, infine sentì il mezzo prendere velocità ed andare a regime.
Proprio mentre sua moglie volava ad abbracciarlo, dai finestrini posteriori vide una colonna di fuoco e fiamme aggredire il cielo e scuotere il camper con lo spostamento d’aria.
“Dio…” pensò.
Proprio mentre notava che alla guida del camper c’era un minorenne, un uomo grasso e quasi calvo gli si avvicinò e si chinò su di lui, infilando la sua pistola in un bruttissimo panciotto marrone.
«Signor Hao, indipendentemente da come si sente in questo momento, lei è ufficialmente morto insieme a sua moglie in quella esplosione di poco fa alla stazione di rifornimento» l’uomo gli strinse la mano «benvenuto nella Resistenza, a proposito. Voglio essere brusco ma sincero: è la dottoressa Monica quella che volevamo si unisse alla nostra squadra, lei è un semplice optional.»
«Aspettate di assaggiare il mio risotto ai funghi e poi cambierete idea. E poi chi cazzo siete voi?»



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Re: Flare - III°

Messaggio#2 » giovedì 13 agosto 2020, 0:24

Tutto ok con i caratteri, pronto per la valutazione!

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Re: Flare - III°

Messaggio#3 » domenica 16 agosto 2020, 21:06

Questa terza parte, per me, è stata deludente. Fino a questo punto la forza del testo era questa apparente calma, questa situazione ai limiti che poteva aprirsi a svariate riflessioni, ma poi porti il tutto a una tesi complottistica che potrebbe anche starci, sia chiaro, ma che introdotta nella terza parte non ha tempo di esperimersi e svilupparsi. Perché proprio la dottoressa Hao? Questa la domanda che attanaglia il lettore alla fine. Non fornisci elementi validi per giustificare la cosa eppure sia i complottisti che gli agenti governativi la stanno tenendo d'occhio. Ed è tutto troppo veloce con personaggi introdotti all'ultimo che non hanno tempo di svilupparsi. Tutto questo mi porta a riabbassare la mia valutazione a un pollice quasi su.

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