I pazzi non giudicano

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Mauro Lenzi
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I pazzi non giudicano

Messaggio#1 » martedì 22 settembre 2020, 0:46

La cancellata è socchiusa: devono essere passati di lì. Afferro le sbarre e strattono: niente. I miei palmi doloranti sono rossi di ruggine.
Oltre, la casa mi scruta. Le persiane marce chiuse, tranne un battente spalancato, proprio sotto il solaio dal tetto aguzzo. E la porta finestra al piano inferiore, alta e stretta come tutta la facciata. Ricorda l’Urlo di… come si chiamava?
L’Urlo che fa l’occhiolino. Si fa beffe di me.
Restituiscimi i miei bambini.

“Perché non chiama la Polizia?” gracchia il citofono.
Stringo il mio cappello. “Signore, non possono farci niente, senza nessuno che li abbia visti entrare.”
“E dica che li ha visti lei, no?”
“La prego, mi aiu—”
Clak! Ha riattaccato.
Tiro su col naso. Una finestra del primo piano è ornata di rose e, in mezzo a quella cornice, sorride una vecchina. Muove le labbra e piega il capo e destra e a sinistra, con delicatezza. Mento aguzzo e pelle liscia, un po’ bambola e un po’ strega. La vecchina dei fiori parla sempre da sola.
Sono disperato.
“Può aiutarmi a ritrovare i miei bambini?”
Chiude la finestra.
Un cigolio, alle mie spalle. Il bidone dell’indifferenziata è spalancato. Dietro spunta la lunga capigliatura leccata del matto del pattume. Il coperchio cade. Il matto allunga il collo e scruta attorno a me. Sposta le membra secche e passa al bidone a fianco.
Il portone si apre. Sulla chioma candida, la vecchina ha una corona di rose.
Va bene, andiamo.

Il vecchio muto si avvicina a passo strascicato e appoggia il pancione alla cancellata. Gesticola, indica la casa. “Mmm-mmmhuu-uh!” strilla.
La vecchina continua nel suo chiacchiericcio silenzioso. Il matto controlla il bidone all’angolo e ci raggiunge col suo passo svelto.
Di tutto il vicinato, solo loro tre sono venuti ad aiutarmi. I pazzi non giudicano.
Un quieto mormorio: la vecchina ha posato le mani su una delle colonne che sostengono il cancello. Era sempre stato lì, quel roseto?
Mi avvolgo la sciarpa in una mano, nell’altra userò il cappello.
“Aiutatemi a salire.”

Il matto del pattume percorre il cortile con ampie falcate: è già ai piedi della casa. Si sposta a sinistra e gira l’angolo, sparisce dalla vista.
Qualcuno grida alle mie spalle. Oltre la cancellata, dall’altra parte della strada, un signore in ciabatte mi fa dei cenni. Chiamerà il custode, devo sbrigarmi.
Il matto ha trovato una porta finestra: infila le dita ossute nell’infisso e tira: uno schiocco e la porta si spalanca.
Dentro, la penombra rischiara un salone. Tanfo di muffa, e forse di animale morto. Muovo qualche passo, accompagnato dallo sbriciolarsi delle piastrelle.
Forse questa casa maledetta mi ammazzerà così, cederà e mi seppellirà prima che io ritrovi i miei piccoli.
“Siete qui, bimbi?”
Da fuori, il mugolio allarmato del muto.
Mi avvicino a una persiana e spingo. Cigola, si apre uno spiraglio. Dalla cancellata, un uomo grande e grosso guarda dentro. Deve essere il custode.
Il battente cede e cade nel cortile, con uno schianto. L’uomo mi vede, spalanca il cancello. Sono perduto.

I miei amici sono fuggiti in tempo. L’omone mi prende per il braccio e sorride al signore in ciabatte. “Ora ci penso io, grazie.”
Mi fermo a guardare la casa maledetta. È suggestiva, devo riconoscerlo.
Lui mi tira, con delicatezza. “Su, andiamo.”
“Ai miei bambini piaceva questa casa.”
Sospira. “Lo so, me lo ricordo, papà.”
Camminiamo, in silenzio.
“E ti ricordi la vecchina dei fiori, Leo? E il matto che si girava tutti i bidoni, e...”
Sorride. “Sì. Che quartiere di pazzi.” Si ferma davanti a una berlina. Apre la portiera.
“Leo... pensi che sia pazzo anch’io?”
Mi abbraccia. Quant’è diventato alto, il mio ragazzo.
“No papà. Sei solo triste, da quando la mamma se n’è andata.”
“Eh, povera donna.”
“Mica tanto. Oggi è a Manhattan.”

Leo mette in moto. “Perché non vieni a stare da noi, papà?”
“Ah? E che dice Mafalda?”
“Marlene. È d’accordo: ora che ha ricominciato col lavoro, potresti aiutarci coi bambini.”
“Oh, certo! Quante storie potrei raccontargli! Ho sempre avuto fantasia, lo sai.”
“Sì che lo so, papà. Ma magari non diciamole di questa tua… avventura, eh?”
“Volevo solo svagarmi.”
Ripassiamo davanti alla casa maledetta. I miei tre amici sono lì, mi salutano. Leo non li ha visti.
Il muto alza il pollice. “Mhhm-mhhh?”
Sì, ho ritrovato i miei piccoli.
Grazie, amici miei.



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antico
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Re: I pazzi non giudicano

Messaggio#2 » martedì 22 settembre 2020, 0:47

Ciao Mauro! Anche per te l'esordio in un'Era! Tutto ok con caratteri e tempo, divertiti in questa SARA BILOTTI EDITION!

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Sirimedho
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Re: I pazzi non giudicano

Messaggio#3 » mercoledì 23 settembre 2020, 19:21

Buonasera Mauro e ben trovato a Minuti Contati!

Un paranoico non giudica? Non credo di essere d’accordo col titolo.
Tre persone, i “pazzi”, aiutano il personaggio nella sua ricerca. L’effetto è abbastanza straniante: si entra in una casa da un portone e poi dentro c’è un’altra casa, quella maledetta? Lasciata là a cadere a pezzi e sulle persone delle altre case?
E poi scopriamo che sono ricordi, forse una demenza senile che fa scambiare il figlio per un omone che lo insegue, e la moglie che lo ha lasciato per una defunta.
Dalla memoria persa ritrova i figli, o almeno uno, gli altri piccoli, chissà.
Forse un po’ confuso, un po’ “freak show”. Non il mio genere, ma ci sta.

Buona gara!
Ultima modifica di Sirimedho il sabato 26 settembre 2020, 13:17, modificato 1 volta in totale.

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Pretorian
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Re: I pazzi non giudicano

Messaggio#4 » giovedì 24 settembre 2020, 0:51

Ciao, Mauro e piacere di leggerti.
Che dire, i racconti di questo tipo non sono propriamente il mio genere, ma ho sembra apprezzato la loro commovente malinconia. E il tuo racconto è decisamente piano di malinconia. Nel complesso, il racconto è ben scritto: la narrazione in prima persona ci permette di seguire il viaggio dell'anziano in compagnia dei suoi ricordi e il suo ritorno alla realtà in compagnia del figlio. Delle due parti, probabilmente la prima è quella che meriterebbe maggiori accorgimenti: in alcuni punti la narrazione è confusa e si fatica a capire perché l'anziano e i suoi amici immaginari compiano determinati gesti. Nella seconda parte il ridursi dei personaggi operanti e l'allungarsi dei dialoghi elimina il problema alla radice. Inoltre, penso che la scena del citofono avrebbe necessitatio di un po' di introduzione per poter essere efficace o, almeno, di un po' di peso effettivo nella storia. Senza queste cose finisce per essere una scenetta sostanzialmente inutile. Tolte queste minutaglie, non posso che farti i miei complimenti.

Alla prossima!

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giulio.palmieri
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Re: I pazzi non giudicano

Messaggio#5 » venerdì 25 settembre 2020, 4:08

Salve Mauro, piacere di leggerti.
Anch'io sento la malinconia nel racconto, legata ai personaggi un po' matti che lo popolano.
Le scene sono ben alternate; tuttavia mancano alcuni passaggi visivi (ad esempio, nel quarto paragrafo, il matto sparisce dalla vista dietro l'angolo; poi il protagonista viene distratto, e dopo lo vede che infila le dita nell'infisso. Ma non lo ha visto riapparire dall'angolo). Anche la vecchia delle rose non ha un ruolo specifico: la inquadri bene nell'istantanea della seconda scena, ma poi non ha un ruolo nella ricerca all'interno della casa (invece gli altri due lo aiutano attivamente; uno funge da sentinella, l'altro lo aiuta a introdursi nella casa). Forse, sarebbe stato opportuno anche mettere un po' di suspence nella ricerca, sebbene poi il finale colga nel segno.
Occhio alla punteggiatura (“La prego, mi aiu—” va con in puntini di sospensione, credo e non col trattino lungo). Ad ogni modo, il rovesciamento finale c'è, e l'incipit evidenzia bene il luogo e il protagonista. Prova buona.

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Mauro Lenzi
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Re: I pazzi non giudicano

Messaggio#6 » venerdì 25 settembre 2020, 9:07

Grazie delle osservazioni e dei suggerimenti. Mi piacerebbe rispondere ai punti salienti, ma penso sia giusto aspettare che tutti i giudici si siano espressi.
Posso però rispondere a questo appunto tecnico perché può interessare anche ad altri.

giulio.palmieri ha scritto: Occhio alla punteggiatura (“La prego, mi aiu—” va con in puntini di sospensione, credo e non col trattino lungo).


In base alla mia formazione (ignoro se ci siano scuole/formatori che insegnino diversamente):
    - il trattino lungo (em-dash) va usato quando la frase viene interrotta di colpo (di solito per motivi non dipendenti dalla volontà di chi la pronuncia);
    - i puntini di sospensione quando chi la pronuncia la lascia in sospeso (di solito volontariamente).

In questa scena il narratore si sente chiudere in faccia la comunicazione in modo secco, e ammutolisce di colpo. L'effetto da parte mia era voluto. ;)

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Andrea76
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Re: I pazzi non giudicano

Messaggio#7 » sabato 26 settembre 2020, 12:33

Ciao Mauro, mi è piaciuta la metafora della casa che nella psicologia dei sogni è un must nel rappresentare la propria interiorità. Il fatto che quella della tua storia cada a pezzi rappresenta bene lo stato d’animo del pdv senza la necessità di entrare in ulteriori dettagli. Belle le immagini, validi i dialoghi, ben costruito il movimento orizzontale del personaggio che forse sta a significare l’incapacità dello stesso di risalire dal suo limbo d’incomunicabilità.
Ho però trovato piuttosto ostica la prima parte che ho dovuto rileggere più di qualche volta per entrare a pieno nell’atmosfera del racconto. Questo ha inciso in generale sulla totale immersione nella storia. Forse la cosa è dipesa dalla ricchezza (quantitativa e non) dei personaggi e dall’ovvia difficoltà di gestirne l’affresco in poche battute.
Molto convincente il dialogo tra padre e figlio che qui mi ha strappato un sorriso amaro:
“No papà. Sei solo triste, da quando la mamma se n’è andata.”
“Eh, povera donna.”
“Mica tanto. Oggi è a Manhattan.”

Dario17
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Re: I pazzi non giudicano

Messaggio#8 » domenica 27 settembre 2020, 18:17

La prima parte del racconto è succube di un caos di azioni, personaggi ed eventi che rimbalzano e si susseguono senza linearità. Certo, sono tutte cose partorite dalla mente malata del protagonista e quindi ci starebbe pure, ma la lettura è troppo farraginosa così. Il citofono da dove risponde l'unica persona reale ho pensato fosse relativo alla casa mangia-bambini, poi quando ho capito che non fosse così è rimasto un citofono sospeso nell'aria, infine l'ho attaccato nel posto dove doveva essere, ovvero sulla parete di una casa limitrofa a quella principale.
Il "reclutamento" degli amici, seppure in maniera minore, soffre lo stesso limite.
La seconda parte, molto meglio. Potenza dei dialoghi che la fanno da padrone e che sono la parte migliore dell'opera, sia come realismo che come contenuti.
Mi chiedo se sia coerente che un pazzo si chieda di essere pazzo, di solito chi sofre di certi disturbi è poco pratico di autoconsapevolezza, ma su questo sconfinato argomento alzo le mani, andrebbe studiato a fondo.
È scritto con uno stile corretto
Un dubbio atroce sull'incipit: dato che un cancello socchiuso e non chiuso se lo spingi SI APRE ECCOME, bisogna interpretarlo come una delle defaillance del protagonista oppure è un errore logico?
La storia è godibile ma non ha il guizzo dell'originalità. La demenza senile dei vicini è stata una trovata parecchio abusata in questo contest.
Il tema c'è.

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Andrea Lauro
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Re: I pazzi non giudicano

Messaggio#9 » domenica 27 settembre 2020, 19:42

Ciao Mauro, con la prima lettura ho fatto fatica. Arrivato alla fine ho trovato la chiave, sono tornato indietro e me lo sono goduto. è scritto bene, la storia c’è e mi è piaciuta.
Allora dov’è il problema? All’inizio ho pensato al numero dei personaggi, mi son detto “toh, ce ne saranno troppi come nella versione iniziale di Argento.” E invece no, quelli vanno bene e li hai caratterizzati. Poi ci sono arrivato: la vecchina che sta al primo piano. Il primo piano della casa dove lui vuole entrare, ho pensato all’inizio, la casa che hai appena descritto. Mi sono tirato dietro tutta la cosa per il racconto, salvo poi scoprire che non è così: la vecchina è in un’altra casa che sta di fronte, scende e lo aiuta a entrare. Peccato perché sei stato bravo nel gestire il tempo della narrazione, da quando chiude la finestra a quando apre il portone: ho apprezzato.
Bella storia, con questo grosso problema proprio all’inizio.
Secondo me (che sono un tagliatore seriale) potevi inoltre evitare lo scambio: “Sei solo triste, da quando la mamma se n’è andata.” / “Eh, povera donna.” / “Mica tanto. Oggi è a Manhattan.” In un racconto di 4K aggiunge dettagli di cui si potrebbe fare a meno.
Un buon lavoro, al netto di quanto sopra. Buona edition!
andrea

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marco.roncaccia
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Re: I pazzi non giudicano

Messaggio#10 » lunedì 28 settembre 2020, 13:14

Ciao Mauro,
I tuoi pazzi mi sono simpatici, anche se l’impressione è che dovresti lavorare di più sull’intellegibilità di questo racconto.


Due cose migliorabili:
l’intellegibilità, come dicevo prima. L’impressione è che la voglia di generare sorpresa nel lettore Ti porti a creare un testo di cui non tutto è comprensibile.
Il numero di personaggi, delle scene e dei capitoli, forse, visto lo spazio breve di narrazione, hai ipotizzato una struttura un po’ troppo complessa

I punti di forza per me sono
il titolo e la trama. L’idea di una persona in difficoltà che trova aiuto (anche se solo nella sua immaginazione) da altri messi anche peggio di lui mi è molto piaciuta.
Il protagonista, la vecchia dei fiori, il vecchio muto e il matto del pattume sono ben caratterizzati e forse meriterebbero narrazioni più lunghe in cui esprimere le loro potenzialità

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Pietro D'Addabbo
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Re: I pazzi non giudicano

Messaggio#11 » martedì 29 settembre 2020, 0:51

Ciao Mauro,

ti ho commentato per ultimo per evitare una sorta di conflitto d'interesse, come compagno di Staffetta.
Per tutta la storia mi sono chiesto se i tre 'pazzi' che aiutano il protagonista siano reali o frutto della sua immaginazione. Il modo in cui interagiscono solo con oggetti e non con i soggetti presenti nella storia mi spinge verso la seconda ipotesi, sebbene il titolo suggerisca la prima. Era forse proprio quel che cercavi di ottenere, questo scollamento dalle certezze che ci dicono cosa sia la realta'?
Il racconto l'ho trovato piacevole e l'argomento, il rapporto fra un anziano genitore ed i figli, toccante soprattutto in alcuni passaggi del dialogo che sono stati ugualmente notati dai nostri colleghi, sebbene chi per elogiare e chi invece suggerendo di sottrarre. Per me sono indispensabili per genere quel sorriso amaro che ti rimane ben oltre la fine del racconto.
Se la tua storia soffre un po' di una prima parte che non riesce a districarsi perfettamente nel tentativo di mettere in scena una sequenza d'azione, la seconda parte e' invece praticamente poesia.
"Ho solo due cose da lasciarti in eredità, figlio mio, e si tratta di radici ed ali." (William Hodding Carter)

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Puch89
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Re: I pazzi non giudicano

Messaggio#12 » mercoledì 30 settembre 2020, 21:45

Ciao Mauro. Devo dire che lì per lì il tuo racconto mi ha lasciato un po' così, come dire, confuso. Poi sono arrivato alla fine e ho finalmente colto il senso, la chiave di lettura era davanti ai miei occhi e l'avevo in parte compresa ma avevo qualche dubbio.
Tornato indietro e ricominciato a leggere un'altra volta, forse è una mia limitazione e metto le mani avanti ma solo rileggendo il testo si ha tutto sotto mano, altrimenti sfugge. Non fraintendere, molte delle migliori storie danno il meglio di sé solo in fase di rilettura, per via delle molteplici sfaccettature che possono celare, ma qui mi è sembrato più che altro per via della struttura del testo poco chiaro sin da principio. So che è stato intenzionale. Il tentativo è lodevole difatti, perché una volta riletto il tutto ci si rende conto che è un bellissimo racconto, capace anche di lasciarti qualcosa dentro, quindi l'obiettivo lo centra.
Più che altro, forse per questo tipo di racconti impostati in un certo modo 4k caratteri purtroppo sono pochi.
Buona prova comunque, tema centrato.

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antico
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Re: I pazzi non giudicano

Messaggio#13 » domenica 4 ottobre 2020, 20:25

Credo che il problema principale in questo racconto sia il tuo aver voluto seguire una linea retta ben determinata che però, nella mente del lettore, non risulta poi così chiara. La vecchina sembra davvero affacciarsi dalla casa nella quale il protagonista pensa si siano nascosti i propri bambini così come il suo parlare al citofono confonde e, anche qui, sembra sia quello della "casa". Il protagonista raccatta i propri aiutanti uno a uno, ma il tutto risulta pesante e poco chiaro e anche la figura dell'uomo in ciabatte risulta ridondante, meglio fare arrivare il figlio senza dare un ennesimo input fuorviante al lettore. Strano anche che il figlio gli chieda di guardare i nipotini, considerato lo stato mentale del padre. Ho qualche dubbio anche sulla voce narrante, troppo lucida nella prima parte in contrapposizione a quello che poi si scopre in seguito. Per me un pollice ni virato al positivo in modo convinto perché la chiusa, nonostante tutto, è bella e rimane.

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Mauro Lenzi
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Re: I pazzi non giudicano

Messaggio#14 » martedì 6 ottobre 2020, 14:54

Grazie a tutti per i commenti, anche a Fabio Aloisio che me li ha inviati privatamente.
Ora che tutti si sono espressi, volentieri rispondo alle richieste di chiarimenti e soprattutto alle considerazioni generali.

Purtroppo ho difficoltà a trovare rapidamente un’idea semplice ma interessante. E mi ha portato a questo racconto che ha richiesto 70 minuti per essere concepito e 6500 caratteri in prima stesura. Troppi, entrambi.
Di conseguenza, una serie di tagli brutali e la mia incapacità di notare come questi hanno inficiato la comprensibilità. Incapacità dovuta al tempo ormai agli sgoccioli, come le mie energie. Il risultato è che non ho potuto rendere merito a un racconto che senz’altro meritava di più, e di questo me ne rammarico.

Ho notato invece pareri discordi su cosa avrei dovuto tagliare; ma ai miei occhi non si sconfessano l’un l’altro, bensì arricchiscono la scelta delle possibilità.
Per chi vuole, la mia chiave di lettura della storia.

C’è questo signore di età non troppo avanzata, ancora in buone condizioni fisiche. Lasciato dalla moglie, sta vivendo una fase depressiva, cui reagisce rifugiandosi nei ricordi. Torna di fronte a una casa diroccata, al cui esterno portava i figli, che si divertivano a contemplare la “casa maledetta” al di qua del cancello.
Ora però i bambini non ci sono più (semplicemente, sono adulti), ed egli crede di ritrovarli dentro la casa: anche se in realtà è alla ricerca dei tempi perduti, in cui i figli erano piccoli e avevano bisogno di lui, della sua protezione e del suo amore.
C’è infatti uno scollamento, non chiaro per (mia) volontà e impossibilità, tra quello che il personaggio crede veramente, e ciò che si racconta per darsi forza.
Così si arrende nel provare ad aprire il cancello, che coi cardini completamente arrugginiti richiede una certa forza: probabilmente il nostro eroe ce l’avrebbe fatta, se avesse insistito.
Cerca invece aiuto: la scena del campanello (la parte che ha sofferto di più per via dei tagli) è una reale richiesta di comprensione. Ma si scontra con un muro di incomprensione, di indifferenza, di implicito giudizio.
(Prima dei tagli, il protagonista pensava amaramente al suggerimento di mentire alla polizia, e si chiedeva cosa sarebbe rimasto se gli fosse stata tolta anche la verità).
Torna così nei suoi ricordi, dove ritrova individui eccentrici che stimolavano la curiosità dei suoi figli, su cui fantasticavano assieme. Di fatto, li usa per trovare la comprensione e l'aiuto che cerca, e dunque la determinazione per entrare da solo. Ha il dubbio che l'arbusto sia stato creato dalla vecchina o fosse già lì prima; comunque lo usa per salire. Il matto del pattume lo aiuta a trovare un ingresso e forzarlo, ma in realtà fa tutto da solo.
L’uomo con le ciabatte è reale. Il suo ruolo è quello di scoprirlo, riconoscerlo e riferire al figlio, che arriva. Il protagonista lo sente, ma nella sua immaginazione è il muto che lo avvisa.
Il figlio, ormai adulto, per il nostro eroe rappresenta il ritorno forzato alla realtà: a un’esistenza in cui non si ha più bisogno di lui e della sua fantasia. Come sua moglie, che lo ha lasciato per viaggiare per il mondo, alla ricerca di stimoli che lui non ha saputo darle.
Il figlio lo sa, pensa che il padre non soffra di nessuna patologia particolare, e l’aiuto coi bambini che gli chiede è (da parte mia, volutamente) generico; ma comunque un aiuto per il padre stesso, oltre che per la moglie.
Questo innesca un ritorno felice per il nostro protagonista, in cui avrà di nuovo i “suoi” bambini con cui sognare assieme.
Sa che ha “usato” i suoi ricordi, e che siano proprio reali o no è secondario rispetto al fatto che abbiano funzionato. Minimizza quando dice “volevo solo svagarmi”, ma lo dice anche proprio perché il figlio continui a ritenerlo affidabile.
Così nell’andarsene li vede con gli occhi dell’immaginazione, più che dell’allucinazione. Ma sa che lo hanno aiutato, sono gli unici che lo hanno saputo capire e non giudicare; e gli hanno dato la forza per uscire dalla sua solitudine. Prima dentro di sé, poi nella realtà esterna. E gliene è grato.

Una nota finale, che riparte dall’inizio. Dicevo che ho difficoltà a trovare rapidamente un’idea semplice ma interessante. Non è una novità per me, e ringrazio Alexandra Fischer per avermi suggerito di trovare le idee guardandomi attorno.
Questa storia nasce da un’uggiosa mattinata in cui ho passeggiato con la mia famiglia. La trama è frutto di immaginazione, ma gli elementi rappresentati sono veri. Ad esclusione del signore delle ciabatte, i personaggi sono persone reali, o in alcuni casi una rappresentazione futura degli stessi. Idem la casa.
Di più non dirò ;)

Ah e questo racconto, di cui ribadisco il mio rammarico per non averne saputo trasmettere il significato che vi trovavo, vedrò di sistemarlo nel laboratorio. Lì i suggerimenti di chi vorrà aiutarmi saranno di nuovo i benvenuti.
Grazie ancora a tutti.

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Mauro Lenzi
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Re: I pazzi non giudicano

Messaggio#15 » lunedì 2 novembre 2020, 10:03

Il viaggio del nostro eroe e i suoi strambi amici si è spostato in Laboratorio:

https://www.minuticontati.com/forum/viewtopic.php?f=97&t=4268

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