Tre-Graffi e l'orsa

Per partecipare alla Sfida basta aver voglia di mettersi in gioco.
Le fasi di gioco sono quattro:
1) Il primo ottobre sveleremo il tema deciso da Debora Spatola. I partecipanti dovranno scrivere un racconto e postarlo sul forum.
2) Gli autori si leggeranno e classificheranno i racconti che gli saranno assegnati.
3) Gli SPONSOR leggeranno e commenteranno i racconti semifinalisti (i migliori X di ogni girone) e sceglieranno i finalisti.
4) Il BOSS assegnerà la vittoria.
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maurizio.ferrero
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Tre-Graffi e l'orsa

Messaggio#1 » giovedì 15 ottobre 2020, 17:26

Tre-Graffi e l'orsa

Bharos fece volteggiare nell’aria il mantello di stracci colorati. Per un breve istante gli angoli della taverna vennero avvolti da luci multicolori, generate dalle fiammelle delle candele che dai lampadari filtravano attraverso la stoffa sottile dell’indumento.
Feci due passi indietro, nascondendomi nell’angolo più buio, nei pressi di una scansia colma di stoviglie.
L’omone prese il mantello al volo, volteggiò su sé stesso con una piroetta aggraziata e saltò a piedi uniti su un tavolaccio, atterrando con equilibrio perfetto. «Per tutti voi che siete qui stasera a godere dei frutti del malto e del vino, che la mia storia vada a cominciare.»
Bharos si accovacciò, in modo da avere gli occhi dello scarno pubblico all’altezza dei suoi, e li sgranò mettendo in mostra le iridi del colore della neve. Il mormorio tra gli avventori giunse fin troppo scontato. Nessuno di loro doveva aver mai assistito allo spettacolo di un cieco in grado di compiere simili giochi di destrezza.
Il bardo si coprì la chioma fulva con il mantello di stracci e assunse una posa minacciosa. «Testabianca era il suo nome, ed era il terrore delle Valli.» Mise in mostra i denti appuntiti. «Un’orsa grande e feroce come non se n’erano mai viste. Il corpaccione di un nero della notte era sormontato da una testa candida, come quella degli orsi del nord. La Forra Nera era la sua casa, e ne era regina incontrastata, poiché aveva sbranato il suo re quando questi era diventato troppo pretenzioso nei suoi confronti.» Bharos abbozzò un amplesso a gesti. Qualcuno tra il pubblico ridacchiò, ma i volti seri erano la maggior parte.
«La fame di Testabianca crebbe a dismisura, tanto che divorò ogni cervo, cinghiale e daino. Il suo appetito la spinse oltre i confini, fino a minacciare il dominio degli uomini. Giunse in questo villaggio, dove il suo stomaco si riempì prima di maiali, poi dei cani dei cacciatori, e infine dei cacciatori stessi.»
Un giovane uomo alzò il boccale colmo di birra schiumante. «Mio padre Horo venne sbranato da Testabianca, sia pace alla sua anima!»
«Sia pace all’anima di Horo, e di ognuno di quei coraggiosi uomini!» esclamò Bharos.
Diedi un sorso alla mia coppa di vino. Il liquido aspro mi impastò la bocca e solleticò la gola. Gli umani non erano per nulla bravi a distillare alcolici. Un senso di nausea mi risalì dal fondo dello stomaco.
Il bardo si alzò in piedi. «E fu così che gli uomini, stremati per l’aspra lotta, decisero di chiedere aiuto ai Figli della Foresta per cacciare Testabianca, perché solo un animale può dare la caccia a un altro animale.» Bharos si tolse il cappuccio dalla testa e scostò i capelli, mettendo in mostra le orecchie appuntite e le striature di pelo lungo il collo, che lo rendevano simile a una fiera. Tra gli avventori corse un mormorio di stupore.
«La principessa Melohira in persona, signora delle cacciatrici, giunse dai boschi per affrontare Testabianca. La dama dai riccioli d’oro e dalla lancia invincibile combatté contro l’orsa per due giorni e due notti, finché la sua arma non le trapassò la giugulare.»
Strinsi i denti. Stava per arrivare la parte difficile.
Il volto di Bharos si storse in una smorfia. «Con un ultimo moto di vita, Testabianca falciò l’aria con la sua zampa immensa, ferendo Melohira al volto e portandole per sempre via la bellezza. Da quel momento in poi venne chiamata Melohira Tre-Graffi e il suo viso divenne un monito per tutti coloro che cercano la gloria in battaglia. Il prezzo da pagare può essere immenso.»
Mi passai la mano sul volto. A dire il vero i graffi erano quattro, ma l’ultimo era proprio sotto il collo, quasi invisibile poiché seguiva alla perfezione la linea del mento. Bevvi un altro sorso.
«Nient’altro che farse da guitti!» esclamò un uomo dal fondo della sala. Indossava abiti di pelle di daino e portava un grosso coltello alla cintola. «Nelle ultime settimane la Forra Nera è diventato territorio di una bestia immensa.» La folla mormorò di assenso, il cacciatore alzò le mani per zittirla. «Ho trovato i corpi squartati dei cinghiali più possenti, e ho scorto nella foschia il profilo di Testabianca! Io dico che Tre-Graffi non ha ucciso la bestia, ma l’ha solamente ferita, e col tempo è riuscita a guarire!»
Uscii dalle tenebre, sfilai la rogatina dalle cinghie che la tenevano ferma sulla schiena e sbattei con forza l’asta su un tavolo. «Dalla tua bocca escono menzogne!»
Bharos mi sorrise, con gli occhi bianchi che fissavano oltre.
«Ah, un altro figurante, come questo bardo che finge d’essere cieco!» sbottò il cacciatore. «Sostieni d’essere Melohira? Dimostralo, straniera! Senza trucchi di scena.»
Presi un profondo respiro, l’ansia mi mordeva la bocca dello stomaco. Portai la mano al volto e rimossi la maschera di legno, facendo al contempo scivolare via il cappuccio di pelliccia. Quando i riccioli d’oro mi scesero sulle spalle, gli avventori fecero un balzo indietro, disgustati dal mio viso.
I loro volti orripilati mi colpirono come una mazza in pieno petto. Mi concentrai, cercando di riprendere coraggio. «Non solo ciò che vedete prova chi sono, ma ciò che porto prova il coraggio delle mie azioni.»
Slacciai la fibbia del mantello, me lo tolsi e lo sbattei sul tavolo, di modo che tutti potessero vederlo. La pelliccia d’orso nera virava al bianco della neve nella zona del cappuccio, dove le orecchie dell’immensa orsa erano ben visibili.
Il cacciatore chinò il capo e si mise la mano sul cuore. «Chiedo il tuo perdono, ma ciò che dico è pura verità! Nella Forra Nera è giunta una bestia che tanto somiglia a Testabianca!»
Bharos saltò giù dal tavolo e andò dal cacciatore con passo sicuro. Gli prese le mani, se le portò al volto e le annusò. Fece lo stesso con i vestiti. «Dice la verità. Ha su di se l’odore di una morte antica, non sangue fresco della caccia. E non c’è menzogna nel suo fiato.»
«Come puoi dire ciò solo dall’odore?» chiese una ragazzotta col volto coperto di lentiggini.
«So che quest’uomo ha mangiato fagioli e lardo per cena.» Si volse verso di lei, la bocca si aprì in un ghigno. «Come so che questo pomeriggio, nel fienile, tu e lo stalliere vi siete dati a gioie proibite. Hai ancora il suo profumo addosso.»
La ragazza divenne rossa come un peperone e scappò via coprendosi il volto con le mani.
«Tre-Graffi, se sei la donna coraggiosa che dici di essere, metti di nuovo la tua lancia al servizio della pace.» Il cacciatore congiunse le mani in una supplica. «Se una nuova Testabianca è giunta, allora deve essere fermata prima che arrivi a predarci.»
Sistemai la rogatina tra le fibbie, rimisi il mantello e mi coprii il volto con la maschera di legno.
«Lo farò per voi.»
La folla acclamò di gioia. Molti alzarono i boccali.
Non c’era nessuna carità nelle mie azioni. Forse solo così gli incubi si sarebbero fermati.

***

Rimestai le braci nel falò con un con un bastone.
Bharos avvicinò le mani alla fiamma. «Non mi piacciono i fuochi. Il fumo nasconde l’odore delle cose.»
«Ho occhi buoni per entrambi. Siamo soli.»
Il vento spirava da nord-ovest, placido e freddo. Il cumulo di rocce ci forniva poca protezione, ma nelle pianure che circondavano la Forra Nera non si poteva sperare di trovare ripari migliori.
Addentai una mela. Avevamo poco cibo, ma sapevo che non mi avrebbe saziato. Avevo fame. «Era necessaria tutta quella scena alla locanda?»
«Dovevamo dare la giusta impressione. Solo con il rispetto salta fuori la verità.»
«Non dubito che quel cacciatore abbia visto qualcosa.» Un frammento di mela si incastrò tra gli incisivi, tentai di toglierlo con la lingua. «Ma non può essere Testabianca.»
Bharos si tormentò la barba con le dita. «Il tuo sogno deve avere una spiegazione.»
Erano passate cinque settimane da quando era iniziato, ed era sempre lo stesso. Vagavo nella palude, con il fango che mi arrivava alle ginocchia e la terribile sensazione di essermi persa. Testabianca balzava fuori dalla mota, come un morto risorto dalla tomba, piantava le sue zampe gigantesche nel mio collo e mi spingeva giù. Vivevo tutta la disperata sensazione di affogare fino al momento della morte, quando infine riuscivo a svegliarmi.
«Sono solo stanca» dissi.
Bharos si avvicinò e mi strinse con il suo grosso braccio. «Lo sarebbe chiunque, nella tua situazione. Essere la futura regnante dei figli della foresta è già di per sé una grossa responsabilità.»
Scossi la testa. «La regina sfigurata di un popolo morente. Che bel futuro mi attende. Quasi spero che la bestia della palude mi divori.»
«Rispondiamo alle leggi della natura. L’animale più forte vince. E al momento, l’animale più forte è l’uomo. La loro civiltà ci sta uccidendo, lentamente.»
«Allora perché li abbiamo sempre aiutati? Perché continuiamo a farlo?»
Bharos scosse la testa. «No, non questa volta. Lo stiamo facendo per noi.»
Appoggiai la testa al suo petto. Mi sfilò la maschera e fece scivolare la punta delle dita sul mio viso. Era l’unico a cui era concesso questo onore.
L’unico che potesse amarmi.

***

Il terreno della palude era più allagato di quanto fosse l’ultima volta. Negli anni, le accette degli uomini si erano date da fare per tagliare gli alberi al confine, le loro mani per svellere la terra alla ricerca di tesori nascosti. L’acqua aveva coperto la maggior parte delle secche, e solo le montagnole di terra più alte affioravano qua e là.
Bharos procedeva qualche passo davanti a me, sondando la profondità con un bastone. La parte inferiore dei suoi abiti di stracci colorati era diventata nera dal fango. Annusava l’aria alla ricerca di una pista.
«Tracce di daini, serpi e molte sanguisughe. Cespugli di sambuco e vecchi salici. E sotto tutto questo, sottile come il volo di un’ape, un afrore di disperazione. Siamo sulla pista giusta.»
«Che cos’è, sai dirmelo?»
«Difficile a dirsi.» Il bardo sollevò il capo, inspirò a lungo. «Forse il cacciatore aveva ragione, si tratta di un orso. Ma non ho mai sentito un puzzo del genere. Sa di bestia, ma anche di cadaveri, di latte rancido e sangue. La sua tenacia ha l’odore del ferro appena temprato.»
Il vento spirò tra i pochi alberi della palude, uno stormo di corvi partì verso il cielo gracchiando. Un brivido mi percorse la schiena, le vecchie cicatrici sul volto bruciarono. Afferrai la rogatina e mi preparai a un eventuale attacco.
Non mi sarei lasciata affogare tanto facilmente.
Bharos proseguì su alcune zolle erbose, dove i tronchi secchi di due salici erano coperti di muschio. C’era foschia, ma confidavo sul suo olfatto. Se qualcosa fosse giunto, l’avrebbe sentito.
Un ronzio aumentò di intensità mentre procedevamo. Giungemmo a una macchia di vegetazione, al cui centro era abbandonato il cadavere di un cinghiale coperto da centinaia di mosche.
Bharos si fermò. «Puzza troppo. Non ho intenzione di avvicinarmi più di così.»
Lo raggiunsi e mi chinai per esaminarlo. L’animale era stato squartato da artigli e denti enormi, le sue viscere si erano riversate per terra. Il fatto strano era che non era stato mangiato, ma solo sbocconcellato da piccole creature saprofaghe che erano giunte dopo la sua morte.
«Quale animale uccide senza nutrirsi?» chiesi a Bharos.
«L’uomo. O qualcosa di similmente innaturale.»
Trovai la pista con facilità. La terra era smossa da zampe le cui impronte mi lasciarono perplessa. Erano simili a quelle di un orso, ma fin troppo leggere e delicate. Nulla che l’occhio di una cacciatrice esperta quale ero non potesse seguire.
Mi mossi in quella direzione, ma Bharos rimase fermo. «Andiamo?»
Lui scosse la testa. «Sono un cantore, un cercatore di piste, ma in battaglia non sono altro che un povero cieco che dovresti preoccuparti di proteggere.» Si sedette su una roccia. «Ti attenderò qui.»
Avrei voluto che fosse al mio fianco tutto il tempo, ma aveva ragione. «Se non dovessi tornare…»
«Tornerai. Ho fiducia in te.»
Una lacrima mi scese sulla guancia, percorse la linea delle cicatrici e si spalmò sull’interno della maschera.
Mi incamminai.

***

Le tracce portavano a una caverna allagata da una spanna d’acqua putrida. L’entrata era larga abbastanza perché un animale di grandi dimensioni avesse potuto sceglierla come casa, anche se le condizioni ambientali lasciavano molto a desiderare. Non c’erano tracce di altre bestie nell’area.
Un poco di luce filtrava dall’ingresso, ma i sensi dei figli della foresta erano più sviluppati di quelli umani e riuscivo a distinguere con precisione le sagome delle stalattiti e le nicchie più buie.
In alcuni punti la roccia era raschiata da qualcosa, forse un punteruolo di metallo. Feci scorrere le dita sulla superficie umida.
Erano segni di combattimento. La punta della rogatina scintillò per un istante.
Ero già stata in quel luogo. Era la tana di Testabianca, dove l’avevo affrontata. Al tempo era una caverna asciutta e confortevole, a cui sarebbero mancati solo dei giacigli e un focolare acceso per renderla abitabile.
Avanzai fino al centro della grotta. Non c’era nulla di interessante.
Un respiro caldo mi sfiorò la nuca.
Era impossibile. Non l’avevo sentita arrivare.
La zampata ferrea mi colpì la schiena e mi scagliò a faccia in giù nel fango prima ancora che riuscissi a girarmi.
Il liquame mi riempì la bocca e le narici. Mi sentii intrappolata in quell’incubo, con la fievole speranza di morire e risvegliarmi nel letto, coperta di sudori freddi.
Ma non era un sogno. Stavo morendo davvero, e non potevo fare nulla per oppormi.
Mollai la rogatina, afferrai il pugnale da caccia dalla cintola e cercai di affondare verso l’alto. Colpii qualcosa di freddo e molle, coperto di pelo. La zampa mi mollò e riemersi.
Tossii, sputai fango e sciaguattai alla ricerca della lancia. Le mie dita incontrarono la sensazione familiare dell’acciaio.
Con un colpo di reni mi misi in piedi e mi guardai intorno. Non c’era nessuno.
«Sempre combattiva, sempre un bellissimo strumento di morte» ruggì una voce cavernosa.
«Chi sei? Fatti vedere!»
«Dovresti saperlo chi sono.» La voce era animalesca, per nulla umana. Eppure aveva qualcosa di femminile nella sua inflessione. «Tu stessa mi hai tolto la vita.»
«Testabianca? Com’è possibile?»
Una nebbia nera sia addensò sul fondo della grotta e Testabianca vi emerse, come uscita dagli stessi inferi. La pelliccia bianca e nera era squarciata in molti punti, un occhio era cieco, lo squarcio sulla gola era incrostato di sangue rappreso. Al di sotto potevo vedere la trachea e parte del teschio bianco.
L’orsa ruggì e si alzò sulle zampe posteriori.
Mi lanciai alla carica, forte della portata di oltre due metri dell’arma.
La punta della rogatina affondò nel petto di Testabianca e la trapassò. L’orsa si scagliò in avanti, facendo penetrare ancora di più l’arma nel suo corpo, e mi colpì al petto con una zampata.
L’impatto fu devastante. Venni scagliata a terra, lontano, ma mi rialzai in fretta. L’armatura di cuoio bollito aveva retto il colpo, ma quattro grossi squarci ne avevano intaccato la struttura.
Testabianca spezzò in due la rogatina, ancora conficcata nel suo corpo. «Le armi mortali non possono più ferirmi.»
«Com’è possibile che tu sia viva?» Strinsi il pugnale. «Com’è possibile che tu sia in grado di parlare?»
«La morte è una porta che può essere varcata in entrambe le direzioni. La disperazione è un fuoco gelido che arde senza sosta.» L’orsa rise. Non c’era altra definizione per lo strano ringhio ritmato che emise.
«Sei stata tu a farmi avere quei sogni? Per fare in modo che tornassi qui, di modo che potessi vendicarti?»
«Sì, è così, riccioli d’oro.»
«Testabianca, noi figli della foresta seguiamo le leggi della natura, come voi animali. Non abbiamo fatto altro che metterle in pratica. Il più forte ha avuto la meglio!»
«Credi che sia tornata per vendicarmi della morte?» Testabianca tornò a quattro zampe e avanzò. «Ho già avuto la mia vendetta quando ho distrutto quel tuo bel visino.»
Le cicatrici sul volto mi bruciarono. «E allora perché…»
«La fame mi stava divorando quando ero in vita, perché era per qualcun altro che mangiavo.» L’orsa si girò su un fianco, mettendo in mostra il ventre squarciato. Dall’immensa ferita fuoriuscivano tre cordoni carnosi, coperti di liquami, ognuno connesso al ventre di un piccolo feto macilento, che seguiva la madre annaspando nell’acqua. Gli orsetti erano privi di pelo e ancora non del tutto formati.
Sarebbero rimasti così in eterno, perché avevo tolto loro la vita.
Le lacrime mi scesero lungo le guancie.
«Testabianca, io non sapevo…»
«L’ignoranza non è una scusa!» L’orsa spostò con la zampa i tre piccoli, nascondendoli dietro il corpo. «Non sai quanto ho atteso nella tomba il momento in cui tu saresti stata pronta per pagare il tuo errore.»
«Sono passati anni! Perché proprio ora?»
«Perché dovevo attendere che il tuo ventre stesse coltivando un seme.»
D’istinto mi portai una mano alla pancia. Quelle nausee, quella fame… ora aveva tutto un senso.
«Vuoi togliermi mio figlio?»
«No, riccioli d’oro. Tutt’altro.» Testabianca cambiò tono di voce. Sembrava quasi amorevole. «Voglio che tu porti in grembo anche i miei.»
«Cosa intendi dire?»
«Meritano di nascere, di provare la vita, prima di raggiungere di nuovo la tomba.» L’orsa mi giunse vicino e poggiò il muso enorme contro il mio ventre. Non mi mossi. «Tra noi bestie e voi figli della foresta non c’è molta differenza. Tuo figlio sarà benedetto dagli spiriti. La forza e la resistenza degli orsi saranno sue. Saranno insieme, fino alla morte.» La sua voce tremolò per un istante.
«Mi rechi un grande onore, spirito. Eppure, sento che c’è un prezzo da pagare.»
«Tu diverrai mamma orsa, con tutto ciò che ne consegue.»
«Suona come una maledizione.»
«Lo è. Accetterai?»
Le poggiai la mano sulla testa. Era fredda e bagnata. «Mi ucciderai, se non dovessi farlo?»
«Sì. Ora sono io la più forte.»
Chiusi gli occhi e mi toccai il ventre. Era un piccolo prezzo da pagare per salvare una vita di cui fino a pochi istanti prima non conoscevo l’esistenza.
«Che vengano nel mio grembo.»
Testabianca divenne evanescente sotto la mia mano. Si tramutò in nebbia nera, che mi avvolse in un abbraccio umido, ma al tempo stesso confortevole. La nebbia filtrò sotto la maschera e mi scivolò nella gola.
Una sensazione di calore mi incendiò il ventre, come se avessi bevuto un alcolico fortissimo.
Mi sentii più forte. Affamata.
«Grazie» sussurrò Testabianca prima di tornare per sempre alla tomba.

***

Bharos mi aspettava seduto all’ombra di un salice. Giunsi furtiva come una serpe, ma si alzò quando sentì il mio odore.
«Sei tornata. Hai qualcosa di diverso.»
Non aveva senso girarci intorno. «Tu sapevi.»
«Amore mio, che cosa sapevo?»
«Non prendermi per un’idiota, conosco bene il tuo olfatto. Sapevi che ero incinta ancor prima che lo sapessi io.»
Il bardo si avvicinò di qualche passo, reggendosi al bastone. «Non saresti mai venuta qui, se ne fossi stata a conoscenza.»
«Perché volevi che venissi…» Realizzai all’improvviso. «Sapevi anche di Testabianca. Hai avuto dei sogni.»
«Tuo il grembo, mio è il seme. Siamo una cosa sola. L’orsa mi ha parlato, rivelandomi il suo desiderio di maternità. Non ho potuto far altro che assecondarla.»
«Perché?»
«Perché siamo un popolo morente, Melohira. Nostro figlio avrà la forza delle bestie, diverrà un sovrano potente, che porterà nuova luce alla nostra stirpe. Non ti pare stupendo?»
Sì, lo era. Ma ciò non cambiava una circostanza. «Tu mi hai tradito.»
«L’ho fatto per il nostro bene, amore mio!» Bharos mollò il bastone e allargò le braccia. «Torniamo alle nostre foreste e riposiamo in attesa che…»
Feci scattare il pugnale, affondandolo nel costato del mio amato. Lanciò un urlo, gli occhi bianchi schizzarono qua e là alla ricerca di un volto che non poteva vedere.
Rigirai l’arma nella ferita. «Seguiamo le leggi della natura.» Per la seconda volta quel giorno mi trovai a piangere. «Chi tradisce il branco deve essere eliminato.»
Il corpo di Bharos scivolò nel fango, in cui esalò l’ultimo respiro.
Mi chinai e gli chiusi gli occhi ciechi.
L’odore del sangue, che usciva dalla ferita mischiandosi all’acqua, mi arrivò al naso. Lo stomacò mi brontolò dalla fame e la bocca si riempì di saliva.
«Mamma orsa. Con tutto ciò che ne consegue.»
Estrassi il pugnale dalla ferita e lo affondai di nuovo nella carne fresca.



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maurizio.ferrero
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Re: Tre-Graffi e l'orsa

Messaggio#2 » giovedì 15 ottobre 2020, 17:27

Chiedo entrambi i bonus

1) Personaggio stravagante (Bharos)
2) Narrazione in prima persona

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MatteoMantoani
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Re: Tre-Graffi e l'orsa

Messaggio#3 » mercoledì 21 ottobre 2020, 22:22

Ciao Maurizio, piacere di leggerti. Ottimo fantasy psicologico stile Sapkowski. Mi è piaciuto tutto tranne il finale. Non capisco che bisogno c’era di uccidere Bharos: se era per il tema della disperazione comunque era già presente con l’orsa. Purtroppo questo finale mi ha deluso, sembra una toppa messa lì per chiudere il racconto, piuttosto che un elemento utile alla trama. Magari cambialo un po’, condanna la principessa ad avere istinti ferini (ci sta, ha appena assorbito lo spirito degli orsi) e falla scagliare contro il primo che arriva (il suo amato) per saziare la sua fame, con pentimento e disperazione successiva.
Il tema della bellezza è sottointeso dai riccioli d’oro, ma avere i riccioli d’oro non garantisce la bellezza: non è scontato che un’elfa dai riccioli d’oro debba essere bella, specie quando gli elfi che descrivi sono più pelosi di noi. Avrei esaltato un pochino di più la bellezza perduta, magari con qualche battuta di dialogo.
Hai scelto di scrivere in prima persona immersiva al passato remoto. La scelta del passato remoto è un po’ ardita, fa pensare a un personaggio che seduto da vecchio ricorda tutto con memoria eidetica. Saranno scelte stilistiche ma se vuoi usare le regole della scrittura immersiva con prima persona forse è meglio usare il presente. Il passato remoto va meglio con la terza.
Non so se è voluto, ma c’è ancora qualche intrusione di pezzi raccontati, specie dalla parte relativa all’inseguimento delle tracce in poi, te ne ho segnate alcune sotto. Non sono propriamente errori, il racconto si legge comunque volentieri, però quei pezzi possono essere ancora più evocativi.

Ecco il commento puntuale.

Per un breve istante gli angoli della taverna
Perché per un breve istante? Ha l’aria di essere un’azione continuata.

volteggiò su sé stesso con una piroetta aggraziata
Ripetizione di volteggiare

Un giovane uomo
Uomo è sottointeso

esclamò
Eviterei di usare questi verbi dichiarativi in favore di un beat

Mi passai la mano sul volto
Come fa se ha la maschera? Ci infila la mano sotto? Meglio mostrare anche questo.

sfilai la rogatina dalle cinghie che la tenevano ferma sulla schiena
Ho dovuto andare su google per capire cos’è la rogatina. Wikipedia dice che è stata usata per dare la caccia agli orsi; eccellente coerenza, però purtroppo non immediata. Io sono andato su internet, il lettore medio non lo farà. Eviterei termini così poco conosciuti, oppure inserirei subito qualche elemento a far capire che stai parlando di una lancia dalla forma particolare (una roba del tipo: “afferro l’asta della rogatina e ne inchiodo la punta sul pavimento di legno, sono così arrabbiata che per poco non mi scortico la caviglia col suo spuntone trasversale.”).

I loro volti orripilati mi colpirono come una mazza in pieno petto.
Ecco, qui ci starebbe bene un pensiero del tipo “prima delle cicatrici alla vista del mio viso tutti mi avrebbero adorato come una dea”, per esaltare la bellezza perduta

con un con un bastone
Refuso

Addentai una mela. Avevamo poco cibo, ma sapevo che non mi avrebbe saziato. Avevo fame
Perché quel “ma”? Forse è meglio “e”, oppure: addentai una mela anche se sapevo che non mi avrebbe saziato e che avevamo poco cibo.

Giungemmo a una macchia di vegetazione
Intrusione di raccontato: per rendere più immersiva l’azione di arrivare nel boschetto, descrivilo, qualcosa del tipo: “Alberi carichi di foglie puntinate di nero ci avvolgevano: le mosche invadevano il boschetto e banchettavano sulla carcassa.”

…mi lasciarono perplessa
Anche qui forse è meglio mostrare la perplessità: le fissa a lungo, si china e le tocca con le dita ne segue il contorno e fa rassegna di tutte le bestie che conosce…

ma i sensi dei figli della foresta erano più sviluppati di quelli umani
Perché “erano”? Sono stati sterminati tutti? Forse è meglio “sono”

sciaguattai alla ricerca della lancia
Finalmente ecco qui che la rogatina si rivela una lancia! Ma siamo a fine racconto!

Quelle nausee, quella fame
Non hai mai menzionato la nausea (magari mi è sfuggito, correggimi pure, comunque la tipa va persino a ispezionare una carogna putrescente e non ha nessun fastidio) e la fame che hai menzionato nell’episodio della mela non ha niente di speciale. Esalta più questi aspetti, specie quello della nausea.

Sì, lo era. Ma ciò non cambiava una circostanza. «Tu mi hai tradito.»
Le azioni dei personaggi da qui in poi non mi convincono. La stessa principessa dice che il tutto “è stupendo”, quindi perché il bardo non gliel’ha proposto all’inizio senza nasconderle la verità? Aveva paura che rifiutasse? Non si capisce.

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maurizio.ferrero
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Re: Tre-Graffi e l'orsa

Messaggio#4 » giovedì 22 ottobre 2020, 21:33

Ciao Mentis,

Grazie per il commento. Mi spiace che tu non abbia gradito il finale, era una cosa su cui contavo molto. Mi piaceva l'idea di questo popolo che vive nelle foreste, molto più in contatto con la propria natura animale, e che risponde alle leggi della natura. Non sono elfi, almeno non nel senso classico del termine, me li immaginavo molto più simili a degli umani con tratti bestiali. Ma ci sta anche la tua interpretazione.
Ho scelto il passato remoto in prima persona perché, appunto, mi dava l'idea di un'antica leggenda raccontata proprio da chi l'ha vissuta, magari anche un po' arricchita e romanzata.
Forse rischioso, ma mi piace l'effetto.
I tuoi consigli sono preziosi.
C'è un'altra cosa che vorrei aggiungere, ma aspetto prima gli altri commenti. Voglio vedere se qualcuno la coglie.

A presto

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Davide Di Tullio
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Re: Tre-Graffi e l'orsa

Messaggio#5 » lunedì 26 ottobre 2020, 18:15

Ciao Maurizio

piacere di leggerti! Il tuo racconto ha personaggi ben caratterizzati, un ambientazione evocativa e tutte le caratteristiche per una storia che si fa leggere con piacere. C'è la posta in gioco della protagonista e il conflitto, ma difetta del punto di vista tematico. In altre parole non capisco dove vada a parare il protagonista. Per lo meno questo è quello che emerge da un finale che non ho compreso bene. Di chi sono le carni in cui affonda il coltello? Le sue o quelle del suo compagno morente? Perché si accanisce sul cadavere con questa furia? Il punto è questo. Si vendica di un tradimento, ma la reazione è un tantino esagerata. Lei continuerà a tenere in grembo un figlio potente. Allora perchè uccide il compagno? Il conflitto si spegne nel dialogo con l' orso. Lei, che ha già ucciso una volta testa bianca, ora non l'affronta perchè l'orsa le dice che è lei ora la più forte. Insomma, non ci prova nemmeno ad affrontarla. Così, la donna cambia la posta in gioco in corsa e svilisce un racconto che stava andando bene, con un finale che mal si concilia con il resto della storia. Peccato.

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maurizio.ferrero
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Re: Tre-Graffi e l'orsa

Messaggio#6 » martedì 27 ottobre 2020, 14:38

Davide Di Tullio ha scritto:piacere di leggerti! Il tuo racconto ha personaggi ben caratterizzati, un ambientazione evocativa e tutte le caratteristiche per una storia che si fa leggere con piacere. C'è la posta in gioco della protagonista e il conflitto, ma difetta del punto di vista tematico. In altre parole non capisco dove vada a parare il protagonista. Per lo meno questo è quello che emerge da un finale che non ho compreso bene. Di chi sono le carni in cui affonda il coltello? Le sue o quelle del suo compagno morente? Perché si accanisce sul cadavere con questa furia? Il punto è questo. Si vendica di un tradimento, ma la reazione è un tantino esagerata. Lei continuerà a tenere in grembo un figlio potente. Allora perchè uccide il compagno? Il conflitto si spegne nel dialogo con l' orso. Lei, che ha già ucciso una volta testa bianca, ora non l'affronta perchè l'orsa le dice che è lei ora la più forte. Insomma, non ci prova nemmeno ad affrontarla. Così, la donna cambia la posta in gioco in corsa e svilisce un racconto che stava andando bene, con un finale che mal si concilia con il resto della storia. Peccato.


Ciao Davide, grazie per il commento, anche se ero convinto che il finale fosse il punto forte del racconto e invece me lo state massacrando :D forse dovevo essere più chiaro nelle sensazioni della protagonista, ma ahimé, lo spazio è stato poco. Alla fine lei affonda il coltello nelle carni del suo compagno con l'intento di mangiarlo: la maledizione recata dall'avere in grembo degli orsi l'ha fatta diventare affamata di carne (esattamente come Testabianca, che divorava ogni cosa).
Forse avrei dovuto chiarirlo meglio.

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Polly Russell
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Re: Tre-Graffi e l'orsa

Messaggio#7 » mercoledì 28 ottobre 2020, 9:51

Ciao Maurizio e ben trovato, vado rapida perché, come al solito ho dimenticato il giorno della scadenza. Ottima ambientazione, quando un fantasy non mi rompe le ovaie entro le prime mille battute vuol dire che è “roba buona” e sì, il tuo è un ottimo fantasy. La protagonista è una bella versione femminile di Geralt di Rivia, catapultata in Koda fratello orso. :) È dura, forte, con un senso innato di giustizia che spesso decide per lei. Ho apprezzato molto anche la narrazione, il tempo che hai scelto, le parole, che la fanno sembrare una vecchia leggenda. Alcuni passi sono delle piccole perle.
Quello che non ho apprezzato è il finale. Intanto non ho capito quale sia il prezzo da pagare, So che c’è ne è uno e che la protagonista lo accetta, ma anche dopo aver letto tutto non ho capito quale sia. In più trovò del tutto superflua l’uccisione del bardo, sopratutto considerando che lo ha ucciso alle spalle. Intendiamoci a me va sempre bene “uccidere qualcuno” ma devo capire le motivazioni di chi lo fa. E la rabbia, il poco controllo dell’orsa avrebbero avuto senso se lo avesse ucciso in un’attacco d’ira, così sembra più un’esecuzione ponderata.
Rispetto alla natura dei protagonisti, Qualunque cosa essi siano: elfi, spiriti dei boschi, metà umani, quello che vuoi! ci dici davvero poco di loro se non che vivono tra gli uomini e per qualche motivo che non conosciamo, li aiutano da anni, senza essere troppo felice di farlo. Hanno poteri? sono più forti, più scaltri, solo più saggi? In cosa differiscono dagli umani, oltre al gusto per un vino piuttosto che un altro? Tenendo conto che il loro non essere umani, ai fini del racconto non serve, cosa ce lo dici a fare? potrebbero essere una tribù in guerra e ambire a comandare tutta la zona, per esempio.
Detto questo, un’ottima narrazione, coinvolgente ed evocativa. Sistemato il finale diventerà un gran lavoro.
Polly

Elliott
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Re: Tre-Graffi e l'orsa

Messaggio#8 » mercoledì 28 ottobre 2020, 17:54

Il racconto mi è piaciuto. Si capiscono immediatamente i personaggi e si mantiene interessante fino alla fine. 50 punti a Grifondoro per Bharos
Elliott Toledo

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maurizio.ferrero
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Re: Tre-Graffi e l'orsa

Messaggio#9 » giovedì 29 ottobre 2020, 11:57

Grazie Polly ed Elliott per i commenti

Distrutto dal finale. Peccato, avessi avuto qualche carattere in più probabilmente sarebbe uscito meglio.
Però mi avete fatto capire anche che il racconto non è del tutto da buttare, solo da dargli una rinfrescata. Ottimo!

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maurizio.ferrero
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Re: Tre-Graffi e l'orsa

Messaggio#10 » venerdì 30 ottobre 2020, 0:24

Lascio un'ultima nota (speravo che qualcuno la cogliesse): l'intera storia voleva essere una rivisitazione in chiave dark fantasy della fiaba Riccioli d'oro e i tre orsi.
In questo caso, Riccioli d'oro ha invaso e distrutto la "casa" dei tre orsi (rappresentata da Testabianca) e come contrappasso deve dargliene una nuova.

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MatteoMantoani
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Re: Tre-Graffi e l'orsa

Messaggio#11 » venerdì 30 ottobre 2020, 7:52

maurizio.ferrero ha scritto:Lascio un'ultima nota (speravo che qualcuno la cogliesse): l'intera storia voleva essere una rivisitazione in chiave dark fantasy della fiaba Riccioli d'oro e i tre orsi.
In questo caso, Riccioli d'oro ha invaso e distrutto la "casa" dei tre orsi (rappresentata da Testabianca) e come contrappasso deve dargliene una nuova.


È vero! Non ci ero arrivato. XD Questo conferma che ti ispiri a Sapkowski. Ottimo pezzo, se dai un'occhiata al finale diventerà un racconto godibilissimo e magari anche ampliabile. Penso a una trama focalizzata sia sulla prima battaglia con l'orsa che nella seconda, potrebbe venire fuori molto bene ;)

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