Trinità Lunare

Per partecipare alla Sfida basta aver voglia di mettersi in gioco.
Le fasi di gioco sono quattro:
1) Il primo ottobre sveleremo il tema deciso da Debora Spatola. I partecipanti dovranno scrivere un racconto e postarlo sul forum.
2) Gli autori si leggeranno e classificheranno i racconti che gli saranno assegnati.
3) Gli SPONSOR leggeranno e commenteranno i racconti semifinalisti (i migliori X di ogni girone) e sceglieranno i finalisti.
4) Il BOSS assegnerà la vittoria.
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MatteoMantoani
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Trinità Lunare

Messaggio#1 » giovedì 15 ottobre 2020, 19:00

«Smettila di fare la sgualdrina!»
La mamma batte un piede. Sbuffo e lascio gli orli della gonna, la stoffa cade e mi carezza le caviglie. Il ragazzo gira lo sguardo verso la mamma, cambia gamba d’appoggio e si mette le mani in tasca.
Abbasso il mento e inclino un poco la testa: so che questo ai ragazzi piace. Il giovane non si muove, i suoi piedi sono piantati a terra e gli tremano le gambe. Accarezzo la gonna all'altezza dei fianchi e tiro la stoffa. Ancora un pochino su. Il ragazzo ha gli occhi puntati sulle mie caviglie. Sorrido.
«Sgualdrina!»
Il vocione della mamma rompe l'incantesimo. Il giovanotto mi guarda imbarazzato. Borbotta qualcosa e tocca il berretto col dito indice. Si allontana. Non c'è niente da fare, oggi va così.
«Perché non mi lasci in pace? Ho sedici anni!»
La mamma è tutta rossa. «Questo non ti giustifica a mostrarti agli uomini!»
Mi avvicino al tavolo e mi siedo. Il papà è concentrato sulle sue carte, la mamma non smette di guardarmi con le sopracciglia aggrottate.
«Smettila di mostrare le caviglie ai ragazzi!»
Appoggio i gomiti sul tavolo e sbuffo. «Non posso mostrarmi? Ma non sono qui per questo?»
Indico gli uomini che entrano ed escono dalla tenda: alcuni se ne vanno senza degnarci di uno sguardo, altri si concentrano sugli altri freaks in esposizione, altri ancora camminano un passetto alla volta, spaventati come conigli.
La mamma non mi dà tregua. «Siamo qui per esibirci a un pubblico rispettoso, non a gente volgare.»
«Ma noi non abbiamo nemmeno un numero! La gente viene solo per guardarci mentre giochiamo a carte. E allora che male c'è se guardano?»
Il papà batte la mano sul tavolo. «Smettetela con questi discorsi da donnette. Selene, quando troverai un marito potrai mostrargli le caviglie e tu, Agnes, pesca che ho voglia di giocare.»
La mamma stringe le labbra e si concentra sulle carte. Le alza e le abbassa, le riordina una ad una. «Sei una sciocca a mostrarti al primo che trovi. Devi puntare più in alto!» Gioca e pesca una nuova carta dal mazzo. Il papà ridacchia e mette un cavallo di denari trasversale sul mazzetto delle sue prese. «Scopa!»

La luce della luna piena illumina il sentiero, con tutto questo fango ho paura che gli orli della gonna si siano insozzati. Il carrozzone macilento oscilla come se dentro si agitasse un elefante. Salgo il predellino e mi accingo a bussare. Il cuore mi batte forte.
«Selene.»
Faccio un salto tale che rischio di cadere nel fango.
«Eddie.» Sospiro e scendo. «Che ci fai qui?»
L’omino alza lo sguardo e si mette in punta di piedi. Povero piccoletto. Mi siedo sui calcagni per guardarlo negli occhi.
Eddie si acciglia. «Selene, lo sai che oggi Leonard si esibisce.»
Non me lo ricordavo più. «Volevo parlargli.»
«Non farlo.» Scuote la testa abnorme. «Lo sai che prima del suo numero è sempre suscettibile.»
Apro la bocca per rispondere ma vengo interrotta dallo sferragliare metallico dei chiavistelli del carrozzone: la porta si apre. Leonard si sporge e si appoggia alla ringhiera del predellino, il carrozzone si piega così tanto che ho paura che si rovesci. Mi rimetto in piedi e mi porto a debita distanza. Eddie sgambetta verso il padrone e porge le braccette in avanti per aiutarlo a scendere. Leonard grugnisce in preda allo sforzo e riesce a spostare l'incredibile mole del suo corpo giù dal predellino. Arrivato a terra i suoi piedoni affondano nel fango e il suo ventre trema come un otre sul procinto di scoppiare.
Finalmente si accorge di me. La sua bocca si apre a evidenziare file di denti storti. «Mia cara! Quanto sei bella stasera!» Si sporge in avanti e appoggia il palmo sulla testa calva di Eddie che, emesso un lamento, affonda nel fango fino alle ginocchia.
Mi schiarisco la gola. «Leo. Volevo parlarti.»
Il bisonte annuisce: «Stasera ho il numero principale al grande padiglione.» I suoi doppi menti si spremono fuori dal colletto inamidato. «Ho poco tempo, ma per te un minuto lo trovo sempre.»
Eddie rantola e fa un passo trascinando Leonard. Il grassone barcolla in avanti fino a trovarsi a pochi centimetri da me, allunga due dita grosse come salsicce e mi tocca il ciuffo di capelli sulla spalla. Odio quando lo fa: il sebo delle sue mani mi lascia sempre aloni giallastri addosso.
Mi scosto con educazione. «Leonard. Domani vorrei uscire.»
«Uscire?» Tossisce. «Per andare dove?»
Scrollo le spalle. «Non sono mai uscita dal circo. Voglio andare a passeggiare per la città, incontrare gente, parlare con gli sconosciuti...»
Ride e spinge il povero Eddie ancora più dentro al fango. Maledetto tricheco. «Sei ammattita forse? Lo sai che se ti esponi al sole la tua pelle arrostisce.»
«Potrei andare in giro al crepuscolo, oppure coprirmi bene. Portare uno scialle.»
«E i tuoi occhi?» Stende l'indice e se lo ficca nell'occhio. «Cosa mettiamo sopra agli occhi della mia bianchissima e delicatissima dea della luna?»
Detesto quando mi chiama così. Stringo i denti. «Non voglio restare qui chiusa per sempre Leo!»
Il ciccione non risponde, stende una gamba e barcolla in avanti sostenuto dal povero Eddie. Mi scosto per farlo passare, l’acqua di colonia non copre la puzza di sudore rancido.
«Leo! Fammi uscire!»
Il braccio grosso come un prosciutto si alza a indicare il cielo. «Fa' silenzio. Tu e la tua famiglia di albini siete vincolati da un contratto a vita. Scioglietelo e andatevene quando volete. Ma lo sai che la penale è pesante, specie per te, cara mia, che sei l'attrazione principale del mio Freak Circus; la principale dopo di me, ovviamente. Non più andrai farfallone amoroso, notte e giorno d'intorno girando...»
Sulle note delle Nozze di Figaro il maiale mi lascia sola in mezzo al fango. Stringo i pugni così forte che le unghie mi si impiantano nei palmi.

Porto alla bocca una cucchiaiata di porridge. La pappetta insipida mi impasta la bocca. È appena l'alba: il sole basso sembra uno spicchio di pomodoro. Sorrido, fra un paio d'ore questo stesso sole brillerà così tanto da cucinarmi la pelle. Un'altra cucchiaiata. È questa la mia vita? Poltiglie insipide, partite a carte e tanti idioti che sbirciano mentre mi alzo la gonna? Non credo. Il sole sorge e tramonta in angoli opposti del mondo, se potessi cavalcare il cielo come lui, vedere tutto da lassù… quanto darei per poter girare il mondo.
«Ciao Selene. Posso sedermi con te?» Mi volto, Howard zoppica e si avvicina.
Ci mancava solo lui.
Si siede senza aspettare una risposta, mi guarda e ammicca. So di piacergli, però non posso farci niente.
«Ti vedo triste, Selene. Va tutto bene?»
Che vuol capirci lui. «Sono un pochino giù. Niente di grave.»
Howard si gira e mi mostra la schiena. «Toccami la gobba. La sfortuna se ne andrà subito.»
Sospiro: fa di tutto per avere un po' di affetto. Gli carezzo la gobba, miagola come un gattino.
«Va meglio?» Si volta a guardarmi.
Alzo gli occhi al cielo. «Un pochino.»
Howard apre la bocca nell’imitazione di un sorriso; uno dei suoi canini è cariato. «Non li avevo mai visti così.»
«Cosa?»
«I tuoi capelli. Con questa luce sembrano rossi.»
Incerta guardo il ciuffo che mi ricade sulla spalla. È vero: la luce del sole mi tinge i capelli di rosso. Non ci avevo fatto caso.
«Ti piacerebbe se mi facessi una tinta? Se mi facessi rossa?»
Howard aggrotta le sopracciglia in preda a un difficile calcolo. «No. Voglio che i tuoi capelli rimangano bianchi come la neve. Mi piacciono così.»
Si guarda la punta dei piedi e ammutolisce. Appoggio la scodella sulla panca. «Grazie, Howard.»
Lui si raddrizza. Muove la bocca come per dire qualcosa, ma senza emettere alcun suono. Alla fine si decide e si rimette in piedi. «Buona giornata Selene. Magari ci becchiamo dopo.»
Lo guardo mentre galoppa verso il tendone dei freaks.
Mi alzo e mi stiracchio. Il sole ormai è un disco completo e non più solo uno spicchio.
Meglio che mi affretti.

Bussano alla porta del carrozzone. La mamma va ad aprire. Il vento freddo entra dentro, mi copro il collo con lo scialle. Eddie sale in casa, saluta mio padre e mi prende per mano.
«Vieni, c'è qualcuno che vuole conoscerti.»
Guardo la mamma.
«Vai pure.» Il suo viso è tranquillo. «È tutto a posto. Sono sicuro che sarai contenta.»
Sorride. I suoi denti riflettono la luce della lampada.
Non dico niente, infilo un soprabito e lascio che Eddie mi trascini fuori. La luna è alta in cielo, una nuvola ne nasconde una metà.
«Eddie. Cos'è questa storia?»
L'ometto piega la testa e mi guarda. «Hai fatto colpo, Selene. È la tua occasione per andartene. Se vuoi il mio consiglio non lasciartela scappare.»
Il cuore sobbalza, che sia vero? La gobba di Howard davvero mi ha portato fortuna? Arriviamo all'entrata del circo. Un uomo ben vestito regge un mazzo di fiori. Il suo cappello a cilindro proietta un'ombra sul suo viso: distinguo solo una lunga barba scura.
«Madame.»
Si leva il cappello e si inchina. La luce del lampione illumina i capelli scuri percorsi da qualche striatura grigia. Mi fletto in una educata reverenza. Quando lui si raddrizza, la luce gli illumina il volto. Ho già visto quelle rughe e quella cicatrice qualche giorno fa, al mio padiglione.
Eddie mi lascia. «Vi saluto.» Lo seguo con lo sguardo fino a quando sparisce dentro al recinto.
L'uomo elegante si avvicina e mi prende la mano, la solleva e la porta vicino alle labbra. Il suo tocco è delicato come una piuma e la sua barba mi solletica la pelle. Piega le labbra in un sorriso e mi porge il mazzo di fiori. Sono rose bianche.
«Grazie.» Afferro il mazzo e lo porto al naso. Non hanno odore.
Il vecchio mi guarda soddisfatto. «Sono molto felice che abbiate accettato di incontrarmi.»
Annuisco e cerco di stare al gioco. «Per me è un onore. Posso conoscere il vostro nome?»
Mi porge il gomito. Lo prendo a braccetto e lascio che mi porti fuori dal recinto. Ho il cuore che mi scoppia in petto.
Lo sconosciuto si schiarisce la gola: «Perdonate la mia scarsa educazione. Sono Lord Douglas Moore, visconte e pari d'Inghilterra.»
Trattengo il fiato. Addirittura un lord. «Sono onorata di conoscervi, Lord Moore. Io sono Selene...» perché non ho un cognome come tutti? «Selene Moonchild.»
«So chi siete, ho conosciuto i vostri genitori. Hanno acconsentito che vi accompagnassi questa sera per una passeggiata.» Si volta e mi sorride, i suoi occhi sono vispi. «E vi ringrazio per aver accettato a vostra volta.»
«Ne sono onorata.»
«L’onore è mio, non è cosa da tutti i giorni essere accompagnati da una donna bella come voi, senza contare il vostro bellissimo nome.»
«Il mio nome, milord?»
«Esattamente: Selene, dea della luna piena e parte della famosa Trinità Lunare, assieme a Ecate, dea della notte e della luna calante, e ad Artemide, dea della luna crescente e delle selve.»
Queste storie mi hanno sempre annoiata. «Siete molto colto, milord.»
«Il mio unico pregio è di riconoscere la bellezza. E voi siete una gran dama!»
Altro che gran dama! Nascondo con la mano il buco sulla spalla del cappotto. «Io... Mi rincresce. Se avessi saputo avrei cercato di vestirmi meglio.»
Lord Moore si mette a ridere. «Il vostro abito è modesto, ma non ha niente che non va. E poi io vi ho notata per altro. Non per il vestito.»
Annuisco e faccio un respiro profondo. Intorno a me il marciapiede è affollato di persone che camminano per la loro strada e non mi degnano di uno sguardo: che bella sensazione. Gli alberi hanno rami senza foglie, sono come scheletri rinsecchiti, ma li adoro lo stesso. Il marciapiede costeggia un lungo viale che termina in una piazza occupata da un imponente edificio; piccole carrozze l'attraversano da una parte all'altra, sono nere e hanno due cavalli ciascuna. Bellissime.
«Va tutto bene mia cara?»
Mi ero dimenticata della sua presenza. «Sì milord.»
Gli sorrido. La luce di un lampione mi arriva dritta alle pupille, sbatto le palpebre.
La sua voce è preoccupata. «Vi danno fastidio gli occhi?»
Mi copro il viso col mazzo di rose. «Solo quando fisso una luce forte.»
«Che occhi delicati! E peraltro molto belli!» Il suo braccio mi stringe di più. «Azzurri tendenti al rosa, come il tramonto che si riflette sui ghiacci artici.»
Rido. «Come potete saperlo? L'avete forse visto il ghiaccio artico?» Mi mordo la lingua.
Il lord tira su col naso. «Si dà il caso che l'abbia visto.»
Spalanco gli occhi: la luce li fa lacrimare, ma non m'importa.
«L'avete visto? Il ghiaccio del Polo Nord?»
Fa un sorriso sornione. «Invero, sono un esploratore per conto di sua maestà. Ho solcato tutti i mari. Anche l’Oceano Artico.»
Il cuore mi batte forte. Stringo a mia volta il suo braccio.

Prendo il regalo e lo soppeso con interesse.
«Aprilo dai.»
La mamma è impaziente. Slaccio il fiocco rosso e strappo la carta. Il papà si avvicina e prende una boccata dalla pipa. Il fumo aleggia sopra la massa candida dei suoi capelli.
Sollevo il coperchio. Un altro involto di carta. La mamma ci mette dentro le mani ed estrae un vestito. Ulula di felicità. Accarezzo la stoffa. È delicata, soffice come l'aria.
«Provalo subito!» Si volta verso il papà. «Vattene tu.»
Il papà tira fumo dalla pipa e va a sedersi in un angolo. Tolgo la gonna e la blusa, poi la mamma mi aiuta a infilarmi il vestito. Le sue dita mi solleticano la schiena mentre lo allaccia. Mi metto davanti allo specchio e avvicino il lume per specchiarmi meglio.
La mamma ha le lacrime agli occhi. «Sei bellissima.»
Non oso contraddirla. Armeggio con i resti del pacchetto, poi trovo la busta. «C'è una lettera.»
Faccio per aprirla ma lei è più veloce: me la strappa dalle mani, l'apre e inizia a leggerla. Sbuffo. Accartoccio la carta e trovo un'altra busta. Questa è indirizzata a loro.
«Facciamo a cambio?» Sventolo la lettera e allungo la mano libera. La mamma mi restituisce i fogli, prende la sua epistola e se ne va.
Accarezzo la carta, è liscia e delicata. La scrittura minuta di Doug non ha nessuna sbavatura. Salto la parte in cui descrive il suo amore e altre smancerie, accenna anche qualcosa sulla Trinità Lunare e compagnia bella, ma quella parte non mi interessa; mi soffermo dove parla dei lunghi viaggi di esplorazione che faremo insieme.
Il cuore mi batte forte. Diventerò una grande esploratrice, moglie del più grande esploratore del Regno. Navigherò con lui alla ricerca di tesori e vedrò tantissimi posti esotici. Piango. Piego la lettera e la stringo al petto. Non sono mai stata così felice.

«Guarda!» Il papà gira la vite della lampada e la luce diminuisce. «Che prodigio! Lampade a gas!» La luce aumenta e si spegne a intermittenza ogni volta che armeggia con la vite.
«Va bene ho capito!» Sorrido.
La mamma emette i suoi urli acuti: «Le tende! Guardate le tende!»
I tendaggi sono di seta damascata; la stessa seta ricopre i muri al posto della carta da parati. Ci sono quadri, arazzi, piante, tutti i lussi più disparati: Doug non ha badato a spese.
«Agnes! Guarda cos’ho trovato!» Il papà ha in mano una scatoletta che contiene dei dischetti colorati con dei numeri sopra. «Possiamo giocare a poker!»
Rido. Tra tutte le ricchezze della casa lui pensa solo alle sue partite a carte.
«Mamma!» Allargo le braccia. «Allora vi piace?»
Mi viene incontro con le lacrime agli occhi, mi abbraccia e mi bacia. Anche il papà si unisce all’abbraccio. Mi stringono così forte che non riesco a respirare. Passati alcuni secondi riesco a svincolarmi.
I loro occhi sono umidi e guardano in basso. «Cos’avete? Siete tristi perché vi lascio?»
La mamma si asciuga una lacrima. «Non mi sembra giusto. Noi avremo tutto questo e tu andrai via con lui.»
«Ma mamma, è la vita. Sono abbastanza grande per sposarmi, lo sai. E Doug mi ama tanto. Guarda cos’ha fatto per voi. La casa, il riscatto per il contratto al circo, non sono manifestazioni di amore incondizionato?»
Il papà borbotta qualcosa e si allontana. Sparisce dentro a una stanza e chiude la porta a chiave.
Mi avvicino alla mamma. «Che gli è preso?»
«Si sente in colpa.»
«Perché? Non dirmi che ti senti in colpa anche tu!»
«Un pochino. Però era tuo dovere che tu ti prendessi cura di noi, che ci dessi una casa e ci rendessi liberi. Quando mi sono resa conto della tua bellezza, in fondo al cuore sapevo che avresti potuto farlo. Sono contenta di non aver dovuto insistere e che tu l’abbia presa così bene.»
Scuoto la testa. Lo prende come un grande sacrificio, ma sono io a sentirmi in colpa perché in realtà non amo Doug: lo sto usando per avverare il mio sogno. Presto partirò con lui e girerò il mondo; lo faccio solo per questo.
«Non ti capisco molto, ma non credo che abbia importanza. Presto sarò una grande lady, e avrò quello che desidero. Abbiamo tutti avuto quello che volevamo, grazie a Doug.»
«Grazie alla tua bellezza.» Mi carezza il viso. «Alla tua bellezza.»

La carrozza si ferma e Doug mi prende per mano. Sollevo la gonna per non inciampare mentre scendo. La villa è enorme, non pensavo che a una sola persona servisse così tanto spazio. Due domestici ci vengono incontro, uno prende le mie valige. Lo lascio fare.
Doug si accarezza la barba. «Vieni cara, andiamo dentro. Ti porto a conoscere la famiglia.»
Sorrido. Chiama famiglia i suoi servitori. La luce dell’androne è tenue, l’ha fatta abbassare apposta per me. La porta del salone si apre. Ci sono file di piante ornamentali a contornare un’ampia scalinata.
Davanti a noi c’è un uomo con la barba lunga. Qualcosa non va: è vestito da donna, con tanto di gonna rosa chiaro, intonata col rossetto.
Non è un uomo!
La donna barbuta ci viene incontro, i suoi occhi mi squadrano da capo a piedi, poi si girano verso Doug.
«Mia cara Artemide.» Doug la bacia sulla bocca. Le loro barbe si fondono in un unico cespuglio ricciuto.
Ho i piedi pesanti come piombo, lo stomaco si contorce
Una porta alla mia destra si apre, compare una donna col volto deturpato: è di colore, ma le voglie di pelle chiara sul viso la fanno sembrare una fiera maculata.
«Ecate!» Doug la bacia e l'abbraccia. «Vi ho portato la vostra nuova sorella.»
Si gira verso di me, ha lo sguardo perso nel vuoto e la bocca aperta in un sorriso beato.
«Doug!» Balbetto. «Chi sono queste donne?»
«Le tue sorelle! Ecco Artemide: la selvaggia dea cacciatrice; poi c’è Ecate: terribile dea della notte. E adesso ci sei anche tu, Selene, la bianchissima dea della luna piena!»
Faccio un passo indietro. Scuoto la testa.
«Selene.» Doug si impettisce. «Ma che cos'hai? Sarai mica sorpresa! Era tutto scritto nella lettera? Ma l'hai letta con attenzione?»
Avrei dovuto. «Ho cambiato idea. Torno a casa.»
«Quale casa?»
La domanda mi rimbomba nella testa. Non so cosa rispondere. «A Londra.»
Doug appoggia le mani sui fianchi. «Vuoi che vi sbatta tutti fuori, voi fenomeni da baraccone? Dove andrete? Tornerete al circo? Cosa dirai ai tuoi genitori?»
Le lacrime mi rigano il viso. «La mamma e il papà sapranno cosa fare.»
Doug batte un piede. «Loro sono d’accordo! Sapevano tutto fin dall’inizio: quando ho chiesto di uscire con te la prima volta gli ho parlato delle mie mogli. Comunque sono sicuro che loro hanno letto la mia lettera con attenzione.»
Respiro a fatica, la mia voce è un flebile sussurro. «Potrò almeno venire con te, seguirti nei tuoi viaggi? Esplorare il mondo al tuo fianco?»
Doug scoppia in una risata. «Ma se l’altro ieri ho finalmente ottenuto il congedo! Chi me lo fa fare più di andarmene in giro ora che sono in pensione?» Incrocia le braccia. «No piccola ingrata, il tuo posto è qui a fare la brava moglie assieme alle tue nuove sorelle. Ho pagato un occhio per averti.»
Mi ha comprata, e i miei genitori mi hanno venduta. Mi accascio sul tappeto. Vorrei muovermi, reagire, scappare. Ma non posso. I miei muscoli sono di pietra. Anche respirare è difficile. Mi hanno ingannata e venduta. Ora capisco tutto.
La donna barbuta si avvicina, si abbassa e mi prende tra le sue braccia. Il suo viso ispido mi punge la guancia. Non posso muovermi. Mi trascinano fuori, in una stanza buia. Mi mettono su un letto. Afferro le caviglie e mi stendo sul fianco, le ginocchia aderiscono al petto.
Una voce femminile si allontana. «Fattene una ragione. Sei prigioniera. Come noi.»
Sarà questa la mia vita? Prigioniera e concubina? Prigioniera. Concubina. Vorrei morire.
Ultima modifica di MatteoMantoani il giovedì 15 ottobre 2020, 19:58, modificato 1 volta in totale.



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MatteoMantoani
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Re: Trinità Lunare

Messaggio#2 » giovedì 15 ottobre 2020, 19:02

Ambisco a ricevere il riconoscimento di entrambi i bonus:
1) Narrazione in prima persona
2) Personaggio stravagante.

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Fagiolo17
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Re: Trinità Lunare

Messaggio#3 » sabato 24 ottobre 2020, 17:15

Ciao! bel racconto e bello stile. Mi è piaciuta molto l'idea. Tema azzeccato e bonus raggiunti.
Qualche appunto più tecnico:

Indico gli uomini che entrano ed escono dalla tenda: alcuni se ne vanno senza degnarci di uno sguardo, altri si concentrano sugli altri freaks in esposizione, altri ancora camminano un passetto alla volta, spaventati come conigli.
In questa frase usi tra volte la parola "altri".

Salgo il predellino e mi accingo a bussare.
Mi accingo a, così come sto per, comincio a, inizio a sono formule che cerco di evitare e di cui mi accorgo subito. Per evitare questa forma potevi mostrarci il PDV che alza il pugno pronto a bussare e viene interrroto.

unghie mi si impiantano nei palmi.
non so se si può dire impiantano, ho sempre letto mi si piantano.

Il sole sorge e tramonta in angoli opposti del mondo, se potessi cavalcare il cielo come lui, vedere tutto da lassù… quanto darei per poter girare il mondo
Due volte "mondo" nella stessa frase.

Magari ci becchiamo dopo
forse "becchiamo" è un po' troppo colloquiale. Non so, mi ha lasciato stranito leggerlo nel dialogo, pronunciato da Howard.

Il vecchio mi guarda soddisfatto. «Sono molto felice che abbiate accettato di incontrarmi.»
Annuisco e cerco di stare al gioco. «Per me è un onore. Posso conoscere il vostro nome?»
Mi porge il gomito. Lo prendo a braccetto e lascio che mi porti fuori dal recinto. Ho il cuore che mi scoppia in petto.
Lo sconosciuto si schiarisce la gola: «Perdonate la mia scarsa educazione. Sono Lord Douglas Moore, visconte e pari d'Inghilterra.»
Trattengo il fiato. Addirittura un lord. «Sono onorata di conoscervi, Lord Moore. Io sono Selene...» perché non ho un cognome come tutti? «Selene Moonchild.»
«So chi siete, ho conosciuto i vostri genitori. Hanno acconsentito che vi accompagnassi questa sera per una passeggiata.» Si volta e mi sorride, i suoi occhi sono vispi. «E vi ringrazio per aver accettato a vostra volta.»
«Ne sono onorata.»
In questo pezzo il "sono contento abbiate accettato di incontrarmi" e il "sono onorata" sono un po' ridondanti. Si poteva snellire.

Perdonate la mia scarsa educazione.
Detto da una persona così composta ed educata non suono bene. Alle mie orecchie ovviamente, sono tutti pareri personali, vorrei fosse chiaro.

«L’onore è mio, non è cosa da tutti i giorni essere accompagnati da una donna bella come voi, senza contare il vostro bellissimo nome.»
Bello e Bellissimo. Il secondo potrebbe essere un meravigliosto, stupendo, divino, splendido o che ne so.

Annuisco e faccio un respiro profondo. Intorno a me il marciapiede è affollato di persone che camminano per la loro strada e non mi degnano di uno sguardo: che bella sensazione. Gli alberi hanno rami senza foglie, sono come scheletri rinsecchiti, ma li adoro lo stesso. Il marciapiede costeggia un lungo viale che termina in una piazza occupata da un imponente edificio; piccole carrozze l'attraversano da una parte all'altra, sono nere e hanno due cavalli ciascuna. Bellissime.
Marciapiede usato due volte molto ravvicinate. IL primo lo puoi togliere facilmente riferendoti solo alla strada.

Era tutto scritto nella lettera? Ma l'hai letta con attenzione?»
Comunque sono sicuro che loro hanno letto la mia lettera con attenzione.»
Stesse spiccicate parole. Avrei cambiato una delle due frasi.

In definitiva il racconto mi è piaciuto molto, ben condotto dall'inizio alla fine, con un bel colpo di scene anche abbastanza inaspettato. Avevo supposto i genitori sapessero qualcosa in più della protagonista e questo è un bene, hai preparato la strada al finale.
Ottima prova!
A rileggerci.

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Mauro Lenzi
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Re: Trinità Lunare

Messaggio#4 » sabato 24 ottobre 2020, 23:09

Ciao Mentis,
sono lieto che il buon Fagiolo abbia già fatto ricche considerazioni stilistiche, così posso concentrarmi sugli aspetti generali che mi sono balzati all'occhio.

Il racconto è scritto bene e mi ha fatto calare con naturalezza in un'ambientazione suggestiva, con dettagli curati. In più ho apprezzato che tu ci sia riuscito senza dover ricorrere a impatti forti come scene di violenza o aperta ingiustizia, conflitti estremi, ecc. Non che non mi piacciano, però sei riuscito a costruire un'empatia attorno alla protagonista con pennellate delicate, ma definite.

Riguardo la scena iniziale: non so se è semplicemente un gusto mio, ma non mi piace quando posso capire solo dopo un bel po' dove siamo e cosa sta esattamente accadendo. Amo essere stupito con la trama: se mi si mostra solo un pezzetto di uno scenario che sarebbe invece chiaro ai miei occhi, per poi allargare la telecamera dopo, mi sento piuttosto preso in giro. (Confido che saprai dare il giusto peso al termine, contestualizzandolo).

Quello che trovo come una lacuna degna di nota è che in tanta costruzione accurata non ho visto un delinearsi definito della personalità di Selene, né un accenno di evoluzione. È in balia degli eventi. L'arrivo dello spasimante è un deus ex machina che risolve una situazione da cui lei non sembra affatto in grado di uscire. L'unica scelta che può fare lei è di accettare o no la sua corte, ma non è una vera scelta perché i vantaggi nell'accettare sono troppi, risolve praticamente tutti i suoi problemi!
In questo emerge il difetto fatale della protagonista, che ho individuato come: aspetta che siano sempre gli altri a risolvere i suoi problemi. Il fatto però è che un protagonista passivo non cattura, c'è poco da fare. E l'espediente su cui si regge lo stravolgimento finale, e cioè che lei non ha mai letto la lettera è fiacco, e che i suoi pur sapendolo non abbiano mai pensato di parlarne risulta poco credibile, visto che le vogliono bene.
Anche la stravaganza di Selene è meramente estetica, mentre se si fosse approfondita una sua peculiarità mentale sarebbe risultata più approfondita e accattivante. Invece il suo desiderio di viaggiare, visto la vita che ha fatto finora, è perfettamente comprensibile, e appunto normale.

Ho comunque voluto evidenziare quelle che a parer mio sono le lacune di un'opera che ho gradito: con uno stile che apprezzo, e che ha saputo osare con originalità. Valutandoti a un livello di scrittura sopra la media, spero che riuscirai a trarre utilità da questi miei suggerimenti.

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Proelium
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Re: Trinità Lunare

Messaggio#5 » domenica 25 ottobre 2020, 11:14

Ciao Mentis,
piacere di leggerti. Del tuo racconto ho apprezzato la regolarità di esposizione e il concept: sono un appassionato di mitologia e il trittico lunare Selene Artemide Ecate è fascinoso e intrigante... ricordo sempre con piacere il romanzo breve di Michele Mari, Io venia pien d’angoscia a rimirarti, che collega fantasiosamente le tre dee a un Giacomo Leopardi che si scopre licantropo. Temi e bonus entrambi presenti, anche se tra i racconti che ho letto ce ne sono più incisivi, coinvolgenti e ritmati. Non male, però! Buona sfida!

andyvox
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Re: Trinità Lunare

Messaggio#6 » domenica 25 ottobre 2020, 21:07

Ciao Mentis,

piacere di leggerti. I commenti prima di me hanno già evidenziato molti punti, quindi non mi dilungo troppo. Secondo me è un buon racconto. Il limite principale a mio parere è nella estrema passività della protagonista, cosa che anche altri hanno evidenziato. Con un argomento e un contesto così forti, avere una protagonista più combattiva avrebbe aggiunto di sicuro più brio alla storia. Tema centrato in pieno, così come i due bonus.

Alla prossima
Andrea Pozzali

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MatteoMantoani
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Re: Trinità Lunare

Messaggio#7 » lunedì 26 ottobre 2020, 13:35

Buongiorno a tutti,
vorrei spendere alcune parole per ringraziarvi per i vostri commenti.
Fagiolo17 : Grazie per avermi dato dei commenti così dettagliati. Li trovo certamente coerenti e ben formulati, non posso che apportare le correzioni ed eliminare quelle fastidiose ripetizioni che mi hai fatto notare.
Proelium : Grazie anche a te, anche per avermi consigliato un romanzo che penso potrebbe piacermi: lo cercherò.
Mauro e andyvox : a voi il sentito ringraziamento di avermi fatto notare la pecca che non avevo immaginato: il personaggio passivo e con mancanza totale di un arco. Ho il manualetto della Marks sul comodino e devo riprenderlo in mano. La mia paura più grande era che il mio primo approccio alla scrittura immersiva fosse un fallimento, per questo avevo dato molto più peso allo stile che alla trama. L'idea del racconto gioca tutto sul colpo di scena finale, e sono contento che almeno quello non fosse scontato, però occorre investire più tempo anche sulla pianificazione dell'arco. Essendo un racconto avevo sottovalutato questo aspetto, però vale la pena di rifletterci. Lo terrò di certo presente per la prossima Sfida.

Sono molto contento che tutto sommato il racconto vi sia piaciuto, è il mio primo tentativo in questo forum (e quasi il primo in assoluto) e mi date l'incoraggiamento a riprovarci. Auguro a tutti voi buona fortuna e buon lavoro.

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Mauro Lenzi
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Re: Trinità Lunare

Messaggio#8 » lunedì 26 ottobre 2020, 13:58

Ciao Mentis, è stato un piacere.
Trovo il tuo approccio ottimo e sono convinto che se avrai tempo da dedicare alla scrittura, migliorerai molto in poco tempo: in ogni caso ti toglierai delle belle soddisfazioni.

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