Oltre la morte

Per partecipare alla Sfida basta aver voglia di mettersi in gioco.
Le fasi di gioco sono quattro:
1) Il primo ottobre sveleremo il tema deciso da Debora Spatola. I partecipanti dovranno scrivere un racconto e postarlo sul forum.
2) Gli autori si leggeranno e classificheranno i racconti che gli saranno assegnati.
3) Gli SPONSOR leggeranno e commenteranno i racconti semifinalisti (i migliori X di ogni girone) e sceglieranno i finalisti.
4) Il BOSS assegnerà la vittoria.
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Polly Russell
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Oltre la morte

Messaggio#1 » domenica 18 ottobre 2020, 22:39

Oltre la morte

Si narra che le grandi storie siano fatte da piccoli uomini. Ma sono i cristiani a dirlo e non è la sola cazzata che raccontano. Il giorno in cui espugnammo Bjärkö è già leggenda e l’uomo che ce lo ha permesso: Ivar figlio di Sigur, Ivar la roccia, il mio uomo, era tutt’altro che piccolo.
Era il dodicesimo giorno dell’anno. Nessuno attacca in inverno. Tranne Ivar.
La neve era tanto alta da mordere le palle ai guerrieri e metà dei nostri nostri Drakkar, appena ormeggiati, già scricchiolava tra le braccia algide del fiordo. Ivar sorrise, più splendente dell’aurora. «Hanno acceso la pira, ci hanno visti,» abbassò lo sguardo su di me per un momento, «perfetto.»
«E cosa ti dice che non vedranno l’altra metà della flotta, al porto?»
«Oh la vedranno mia signora, ma a quel punto avranno già spostato tutti gli uomini al muro di cinta per aspettarci, e sarà troppo tardi.» Si rivolse agli uomini allora, non ebbe bisogno di parlare, dieci minuti dopo eravamo in marcia.
E marciammo, per tutto il giorno, a ritmo serrato. Quando ci accampammo per la notte riuscivo a sentire il profumo del salmone affumicato nel mercato di Bjärkö.
Avevo organizzato i turni di guardia e disposto le tende al riparo di un grosso sperone di roccia. Avrebbero potuto assalirci solo da un punto, se mai avessero tentato. Il giorno dopo sarebbe stato quello decisivo, afferrai l’otre e ne diedi un lungo sorso prima di passarlo al mio uomo, «se devo morire domani, voglio farlo con le labbra dolci di idromele.»
Mi poggiò le mani sulle spalle, spingendomi sulla pelliccia distesa a terra. «E se fossi io a morire?» mi sfiorò le labbra con le sue, per poi leccarsele compiaciuto.
«Verrei nel Valhalla e ti strapperei dalle mani di Odino.»
Chiuse la mano a coppa sul mio seno e strinse, inarcò la schiena e sfilò il pugnale dalla cinta, lo piantò a terra e finì di spogliarsi. Mi prese piano, con delicatezza, sentii ogni centimetro di pelle tesa scivolare dentro di me e il suo cazzo pulsare e gonfiarsi ancora, ma lui rimase fermo senza togliermi gli occhi dagli occhi, come se mi guardasse per la prima volta, o l’ultima. «Voglio un figlio da te,» sussurrò quando iniziò a muoversi, «oggi.»
«Non finché sarò una donna scudo, non chiedermelo ogni volta.» Riuscii a biascicare, sopraffatta dal piacere.
«Lo sarai per sempre, e lo sai. Tutte le donne vogliono un figlio!»
«Allora dovrai trovartene una che non sia io, c’è una lunga fila di puttane che si caverebbe un occhio per giacere con Ivar la Roccia.»
«Voglio un figlio che ti somigli.»
Lo scostai da me con un gesto secco e mi misi a sedere, le ginocchia raccolte. «Io voglio un figlio che non rischi di rimanere orfano ogni minuto della sua vita.»
Mi tirai sopra la pelliccia, non ricordo a cosa stessi pensando mentre il cielo si rischiarava, forse mi venne qualche dubbio, ma ora so che feci bene a fugarli con una scrollata di spalle.
Ivar mi scostò un ricciolo dietro l’orecchio, lo fermò con una delle treccine che mi pendevano da sopra la nuca rasata e mi sfiorò la tempia con un bacio. «A quanto pare il mio piacere dovrà attendere la fine della battaglia, e anche il tuo» ridacchiò.
Si levò e spalancò la tenda inondandomi di luce rosata. «Questa sarà l’ultima, donna. Caccerò i cristiani da Bjärkö e ne farò il tuo giardino e tu finalmente, mi darai dei figli.»
«E chi mi obbligherà?»
«Io.» Sorrise, gli occhi dello stesso colore del ghiaccio, appena fuori.
«Tu e quale esercito?» Risi di rimando e gli tesi la destra.

Bjärkö era lì, a meno di un’ora di marcia da noi. La pira si era spenta, lasciando una colonna di fumo spezzata a trapuntare il cielo. Non so da chi sperassero sarebbe stata vista, ma a difendere la città c’era solo un pugno di uomini asserragliato sulla cinta. Come aveva detto Ivar.
Fingemmo un’assedio. Non avremmo potuto davvero assediare una città, non una così grande, non in inverno. Ma lo sapevamo soltanto noi.
Ordinai il muro di scudi non appena la croce sul portone fu ben visibile e mi posi al centro, Ivar era accanto a me e mi copriva la testa. «Vinceremo!» gridò, «o raggiungeremo il Vahalla.»
Non riuscivo a vedere molto attraverso l’intricato mosaico formato dagli scudi, ma della pece che ci stavano lanciando addosso dal torrione, percepii il calore, e le grida di un uomo alla mia sinistra. Non ricordo chi fosse, solo che lo sentii scricchiolare mentre lo calpestavo per continuare ad avanzare. «Non arretrate!» Urlai ai miei, mentre il mosaico si divideva per far passare l’ariete.
Il vapore del ghiaccio sciolto, l’odore di carne bruciata, fuoco e sopra alle grida clangore di ferro. Il primo colpo squassò la croce, ma la cascata di melma fumante investì l’ariete. Gli uomini più vicini non riuscirono nemmeno a gridare, i volti disciolti in una poltiglia nera e sanguigna e la testa dell’ariete sprofondò nella neve.
«Tyra!» Mi urlò dietro Ivar.
L’avevo sentito, ovvio che l’avessi sentito, ma non mi importava in quel momento. Inguainai la spada e afferrai l’ariete. Il legno era caldo e umido, macchiato di pece e stracci di pelle, strappati dalle braccia di chi aveva ceduto.
Sentì dare l’ordine di un nuovo lancio dall’alto. Abbassai la testa ma non accennai a spostarmi. «Avanti!» Gridai invece.
La pece rimbalzò sullo scudo con cui Ivar mi aveva protetta. Mi aveva raggiunta senza che me ne fossi accorta, la destra stretta all’ariete e con la sinistra proteggeva entrambi. Lo sentii grugnire nella cacofonia di grida, poi, in lontananza il corno: il nostro corno.
I drakkar erano arrivati e per la città non c’era più speranza.
Da quel momento non ricordo bene, le immagini si confondono. I miei uomini erano draghi di fuoco e metallo, divoravano e bruciavano qualunque cosa si parasse loro davanti. I sibili delle frecce scoccate dai Drakkar, però li ricordo. Un coro di serpenti ai miei ordini. Subito dopo, i nastri grigi di fumo che si arrotolavano sul torrione e sui ponti sospesi mi diedero conferma che, quelle incendiarie avevano raggiunto lo scopo. Il crepitio del fuoco mi raggiunse come una melodia, sorrisi e chiamai una nuova carica dell’ariete.
Al quarto colpo il portone cedette, il tonfo mi risuonò nel torace e mi fece vibrare i piedi, mi voltai per cercare Ivar ma era già entrato. Aveva gettato lo scudo e allora la vidi: la sua spalla sinistra era devastata. Non aveva protetto entrambi, aveva protetto solo me.
La carne viva pulsava sotto ai filamenti di pece e ai brandelli della casacca, allungai una mano per chiamarlo, fermarlo forse, ma era già sparito nella mischia.
Lo persi di vista, tentai di spostare lo sguardo ma la battaglia non me lo permise. Uno dei cristiani mi raggiunse da destra, tentò un affondo che non arrivò nemmeno a sfiorarmi, Günar, il mio fedele Günar gli staccò il braccio di netto, «non preoccuparti, signora, Ivar la Roccia non verrà fermato da qualche schizzo di pece cristiana e stasera sarà di nuovo tra le tue braccia.»
Annuii senza troppa convinzione e continuai ad avanzare, solo quando raggiunsi il centro della corte capii che Günar aveva ragione. Era lì, potente e feroce come Fenrir. Diversi corpi morti tra le gambe, non saprei dire quanti, il braccio sinistro abbandonato sul fianco e la destra che falciava vite come grano maturo.
Lo raggiunsi e mi lanciai verso uno dei cristiani. Un affondo che schivò per un soffio, parai il suo di rimando e attaccai di nuovo. Lui rimase fermo per un secondo di troppo, ai cristiani succede spesso quando vedono che sarà una donna a mandarli dal loro dio. Con una spazzata gli aprii il fianco.
Dovetti poggiare il piede sul suo torace e fare leva per disincagliare la spada dal costato. Appena in tempo per piantarla nello stomaco di quello che mi stava arrivando alle spalle. Il fiotto cremisi esplose seguendo l’ascesa della lama, scaldandomi il viso.
Mi pulii gli occhi, il sangue marcio del cristiano bruciava come acqua di mare, sputai e mi pulii ancora. Quando riuscii a vedere di nuovo avevamo vinto.

Ivar aveva la febbre, ne ero sicura, anche se non mi aveva permesso di accertarmene. Comunque era lì, a trangugiare litri di birra sul trono di quello che era stato il signore di Bjärkö. La città più ricca della Svezia ci stava offrendo un lauto banchetto e lo spettacolo dei suoi preti crocifissi nel salone del palazzo.
«Te lo avevo promesso, mia signora. Ora dovrai riporre la spada.» Strappò un pezzo di cervo e me lo avvicinò alle labbra. «Almeno finché il marmocchio non sia in grado di reggerne una, lui stesso.»
Si era fatto medicare da qualcuno, qualcuno che non ero io, il che voleva dire che era una brutta ferita. Poggiò la sinistra sul bracciolo è una ruga quasi impercettibile gli disegnò un angolo della bocca. «Vorrei davvero invecchiare accanto a te.»
«Qui? In una città mercantile? Davvero?»
«Perché no? È una città grande, ricca. Ed è nostra.» L’ultima frase la gridò sollevando il boccale. La cacofonia gracchiante di urla e risa che seguirono il suo slancio quasi mi stordì. Gli poggiai la mano su una coscia e gli sorrisi.
«È una vita da nobile che vuoi, quindi. Va bene,» bevvi un sorso, «allora inizia a pensare alla tua salute, signore di Bjärkö.» Raccolsi il mantello che era scivolato dallo schienale e glielo avvolsi attorno alle spalle con delicatezza. Mi prese la mano e la strinse. Se la portò al viso e la baciò. Non me ne accorsi subito, ma credo che stesse piangendo.
Rimasi qualche istante alle sue spalle, i nostri uomini ridevano, urlavano, cantavano raccontando la propria versione della battaglia e commemorando i morti. Da sotto il braccio di Günar spuntò il sorriso del figlio. Nemmeno quattordici anni e già un piccolo guerriero.
Mi sorpresi a pensare che era troppo piccolo e che Günar non avrebbe dovuto permettergli di venire con noi. «È giunto il momento, hai ragione.» Sussurrai al suo orecchio e mi accovacciai per
guardarlo negli occhi. «Scegli la stanza più bella e aspettami lì. Voglio fare un bagno prima.»
Feci un cenno a una serva che cercava di scomparire in un angolo buio della sala. Mi avvicinò senza mai a alzare lo sguardo o smettere di piangere, una collana con la croce tra le dita tremanti, la srotolava salmoidando qualcosa in latino.
«Preparami un bagno, poi conduci Ivar la Roccia nella stanza del cadavere,» indicai con un cenno della testa il corpo del signore di Bjärkö che dondolava appeso al lampadario centrale, «occupati della sua ferita. Ne sei in grado?»
Annuì con dei sussulti veloci e mi fece strada.

Avevo indossato uno dei lunghi abiti da timorata di Dio che la serva aveva lasciato per me, accanto alla vasca. Non era comodo, impossibile cavalcare o combattere, ma era leggero e devo dire, mi piaceva il modo in cui mi accarezzava i fianchi.
Avevo ancora i capelli umidi, li raccolsi in una coda alta, scoprendo la rasatura.
Dischiusi la porta sorridendo, mi sentivo come una verginella la sua prima notte. A pensarci ora, mentre stringo il suo pugnale tra le mani, mi sento ancora più sciocca.
Presi un respiro ed entrai.
Stava dormendo.
Il grande guerriero, il signore della guerra, quello che aveva preso Bjärkö in un solo giorno, aveva ceduto alla birra e si era addormentato come un bambino.
Era nella posizione che adotta quando è rilassato, quando non ci sono battaglie in vista, quando il suo unico pensiero sono i salmoni da affumicare. Riverso da un lato, in posizione fetale, la destra sotto al viso.
«Credevo mi avresti tenuta sveglia fino all’alba.» Gli sfiorai i capelli e gli spostai una lunga ciocca dal collo.
Dal quel collo così freddo. «Ivar... Ivar!!»
Lo squarcio gli apriva la gola da parte a parte, sollevai la coperta con uno strattone. Sciabordò come i panni battuti al fiume. Ma era sangue quello che la impregnava.
Lo afferrai per le spalle e lo scrollai, la testa ciondolò, inerte e gridai.
Gridai talmente forte che temetti mi si sarebbe strappata la faccia, e lo desiderai anche.
Il silenzio mi raggiunse in un momento. Nessun suono dalla sala, al piano di sotto. Mi avevano sentita. Per forza.
Uno sguardo alle sue mani, dov’era la sua spada? Arrancai tra le lenzuola madide, tastando in quel delirio umido e caldo. «Dove l’hai messa, maledetta puttana, dove!»
La vidi a terra, accanto al letto, l’afferrai e gli schiacciai l’elsa nella destra. «Stringila...» supplicai.
Chiusi le sue dita attorno al manico intarsiato e urlai di nuovo. «Stringila maledetto bestione! Per Odino stringila!»
Quando entrò Günar, quasi spaccando la porta, stavo piangendo, le mie dita intrecciate alle sue intorno all’elsa, in una stretta che non c’era. «Ti prego... ti prego...»
«Cosa è successo?» Urlò, poi mi raggiunse.
Mi afferrò per le spalle e mi staccò da lui. «Lo hanno ucciso nel sonno?»
Lo sapeva, non me lo stava chiedendo.
«No, aveva la sua spada, lui...»
Mi sollevò di peso e mi strinse. La spada cadde a terra, rimbalzò con un suono lento, ovattato, o forse ero io a sentirlo così.
«Tyra.» Mi scrollò obbligandolo a guardarlo. «Tyra!» Ancora. «Puoi ingannare me, e anche te stessa, ma non Odino.»
Mi chiuse in un’abbraccio forte, disperato, impedendomi di guardare. «Chi è stato?»
Non so quanto impiegai a formulare quel pensiero. Quanto possono correre veloci? Ma era tutto chiaro nella mia mente. Perfetto, come un piano d’attacco ben studiato. Come una razzia pianificata a tavolino per settimane.
«La serva.»
Mi sciolsi dal suo abbraccio. Avevo smesso di piangere, non perché il mio cuore non fosse spezzato, ma perché era talmente inaridito da aver prosciugato anche le lacrime.
Lo guardai negli occhi con tutta la determinazione di un capo, il suo capo. «La cercherai, la troverai e farai in modo che ti preghi di ucciderla.»
Lui si era inginocchiato. «Si, certo.»
«Adesso prendi gli uomini, tutti, e portali ai Drakkar. Tornerete a casa stanotte.»
«Ma...»
«Non è una cosa che voglio discutere.»
Lo sentii tentennare, immagino stesse cercando un tono di voce accondiscendente. «Dobbiamo onorare Ivar la Roccia. Prepararlo per il passaggio.»
«Lo farò io, vedrete le fiamme della sua pira dal mare.»
«Ma... non puoi bruciarlo, non è morto in battaglia. Il suo spirito si perderà.»

Non so in che modo lo guardai, ma so che non disse altro, abbassò solo il capo. Diede uno sguardo al corpo di Ivar e gli sfiorò la fronte con la sua. Lo sentii singhiozzare, solo un momento. Poi uscì.

Hanno impiegato poche ore a lasciare la città. Avevano caricato i Drakkar di qualsiasi cosa di valore potesse essere trasportata, argento, oro, stoffe, viveri e schiavi. Molti schiavi.
Se lo sarebbero fatto bastare, siamo vichinghi in fondo e una città non è altro che un mucchio di pietra e legno, disposti in modo ordinato.
Günar ha trovato la schiava, io non ho voluto vederla. Chissà perché i cristiani si stupiscono tanti quando vedono le donne scudo, le loro donne sanno essere più letali e subdole.
Ho acceso fuochi in tutta la città, incendiando la pece che non erano riusciti a tirarci addosso, lasciando il palazzo per ultimo.
E ora sono qui. Il pugnale di Ivar la Roccia tra le mani, il suo corpo davanti e il fuoco tutto intorno.
Strappo i tendaggi del baldacchino che lo ha visto morire e li getto nel camino, gli metto il pugnale tra le dita. «Anche adesso, amore mio, sei così bello.» Stringo le sue mani tra le mie e mi avvicino. Non lo lascerò nel gelo del Niflheimr.
Ancora un passo, la punta del pugnale mi preme la gola. Mi perdo per un momento nei suoi occhi vitrei poi guardo in alto. «Apri bene il tuo occhio Odino!» grido, stringo le due mani più forte e mi avvicino ancora. Il sangue mi scalda il collo e scovola tra i seni. «Sto venendo a prendermelo per portarlo nel Valhalla, e sfiderò anche te se me lo impedirai!»
Ancora un passo.


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Re: Oltre la morte

Messaggio#2 » domenica 18 ottobre 2020, 22:41

La stravaganza di lei è nel non voler essere madre in un periodo in cui era tutto ciò che vi si aspettava da una donna.
Narrazione in prima
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Re: Oltre la morte

Messaggio#3 » venerdì 23 ottobre 2020, 14:46

Ciao Polly


Oltre la morte, un titolo forte per una storia forte, con una protagonista molto forte.
Ho gradito tutti questi aspetti; infatti i miei commenti riguardano principalmente lo stile.

Dettagli vividi, ma c’è un ampio uso del raccontato. Elementi che fanno a pugni con l’immersività. Verbi sensoriali, considerazioni della voce narrante a posteriori, sequenze temporali non consecutive ( “Ordinai il muro di scudi non appena la croce sul portone fu ben visibile”

In generale ci sono delle punteggiature che andrebbero riviste (pur che ho notato netti miglioramenti da QR)
Virgole dove servirebbe una pausa più lunga o addirittura un’interruizione di frase.
- Il giorno dopo sarebbe stato quello decisivo, afferrai l’otre e ne diedi un lungo sorso prima di passarlo al mio uomo.
- Rimasi qualche istante alle sue spalle, i nostri uomini ridevano, urlavano, cantavano raccontando la propria versione della battaglia e commemorando i morti.
- Se lo sarebbero fatto bastare, siamo vichinghi in fondo e una città non è altro che un mucchio di pietra e legno, disposti in modo ordinato.

E dove una virgola avrebbe migliorato la frase.
«Apri bene il tuo occhio Odino!»

Perplessità su alcune scelte descrittive / stilistiche.
Non riuscivo a vedere molto attraverso l’intricato mosaico formato dagli scudi. Mi lascia perplesso che una vichinga si riferisca a un mosaico.
lui rimase fermo senza togliermi gli occhi dagli occhi. In fondo è quello che succede, ma l’estetica della frase l’ho trovata inadatta.
Non so da chi sperassero sarebbe stata vista. Forma passiva che incide sulla frase.
«Sto venendo a prendermelo per portarlo nel Valhalla, e sfiderò anche te se me lo impedirai!» essendo questa una frase conclusiva, le presterei particolare attenzione. “anche” è riferito alla morte? “se proverai a impedirmelo” mi sembra più attinente. Cercherei una forma più scorrevole di “sto venendo a prendermelo per portarlo”.
Sul finale mi immagino Ivar sdraiato. Per quanto i “passi” trasmettano un messaggio appropriato, credo che propri i “passi” non rendano, mi danno l’idea di Tyra che cammini verso di lui, mentre suppongo si chini.
Vite falciate come grano maturo è stra-abusata.
La scena del figlio di Gunar non mi è stata chiara subito, per come è stata costruita. I dettagli sono fino a quel momento piuttosto netti e quel “sorriso che spunta” non mi ha fatto capire bene al primo colpo.

Refusi che ho visto qua e là. Un’abbraccio, un’assedio, si stupiscono tanti.


Nella trama non ho trovato una forte attinenza alla traccia. La disperazione c’è, ma in una parte molto contenuta della storia. Si potrebbe dire che anche l’azione finale è un gesto disperato, ma disperato vuol dire senza speranza, mentre alla fine la forza di Tyra mi sembra tutt’altro che priva di speranza o determinazione. Sembra che ce la possa davvero fare. Ciò nonostante trovo comunque il livello di disperazione accettabile. Invece la bellezza di Ivar è accennata, e non è un elemento portante della storia: questa bellezza potrebbe non comparire mai e non cambierebbe nulla. Fatico anche a vedere come stravagante il fatto che lei non desideri un figlio finché rischieranno la vita in battaglia: certo magari la maggior parte delle altre donna non la pensa così, ma non lo trovo sufficiente per giustificare la sua “stravaganza”.

Sul destino di un guerriero che non muore combattendo, pilastro della parte conclusiva della storia. Lodevole l’evitare l’infodump, ma questo aspetto si rivela man mano troppo lentamente: mentre la storia si avviava al finale, continuavo a chiedermi il perché delle azioni di Tyra. E alla fine non ho neppure avuto un quadro completo.


Riassumendo.
Mi è piaciuta la protagonista, l’ambientazione in cui sono stato calato, e il drammatico epilogo della storia.
Peccato per tutto quel raccontato.

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Polly Russell
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Re: Oltre la morte

Messaggio#4 » venerdì 23 ottobre 2020, 15:51

Ciao Mauro, considerando che l’ho scritto nelle tre ore precedenti al termine di scadenza, posso ritenermi ampiamente soddisfatta sia delle virgole che dei refusi! XD grazie del commento, ci sono alcune parti davvero utili.
Ma veniamo a noi, parto dal fondo perché me lo ricordo meglio, non so quanto debba essere alto il livello di disperazione che intendi, se un suicidio non lo reputi sufficiente! Per la bellezza invece ci sta, nella mia testa era chiaro, ma il lettore non è nella mia testa. Non intendevo la bellezza di Ivar, che può essere soggettiva, intendevo la bellezza del loro rapporto, che viola la normalità, per quel tempo e quel luogo. Una donna che non vuole essere madre non è certo una donna appetibile, tanto meno una che comanda sul proprio uomo. Esistevano guerriere e strateghe tra i vichinghi, la tomba di una condottiera fu trovata proprio nella città che descrivo, ma appunto: una. Nella più grande necropoli vichinga esistente. Per la stravaganza vale lo stesso concetto.

Perché mai una vichinga non dovrebbe conoscere il mosaico? I Bizantini ne producevano molti, e i romani ne hanno lasciati in mezza Inghilterra. I vichinghi di Bjärkö, tra l’altro, commerciavano con l’Oriente.


Sto scrivendo in prima e passo dal passato al presente, perché la storia finisce assieme al narrante, è ovvio che ci siano verbi sensoriali, il punto di vista è totalmente suo e la narrazione che ho scelto prevede pensieri diretti e riflessioni. In questo caso, ci devono essere. Lo stesso vale per il raccontato, proprio perché sta, appunto, raccontando.

Sul finale hai ragione, ho pensato a Ivar seduto, con la spada tra le mani, ma non l’ho scritto. ;p

Grazie e alla prossima
Polly

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Mauro Lenzi
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Re: Oltre la morte

Messaggio#5 » venerdì 23 ottobre 2020, 16:43

Polly Russell ha scritto:Considerando che l’ho scritto nelle tre ore precedenti al termine di scadenza, posso ritenermi ampiamente soddisfatta sia delle virgole che dei refusi! XD

Solo tre ore! Complimenti!


Polly Russell ha scritto:
grazie del commento, ci sono alcune parti davvero utili.


Mi fa molto piacere. Ora controbatto alla tue osservazioni, non per convincerti delle mie idee, ma perché vedo che in alcune parti non mi sono spiegato sufficientemente bene.


Polly Russell ha scritto:
non so quanto debba essere alto il livello di disperazione che intendi, se un suicidio non lo reputi sufficiente!

Non ho detto che non lo reputo sufficiente. Ho detto accettabile… insomma sufficiente =P Che non vuol dire che sia venuto male, ma ho una sensibilità differente al riguardo. Provo a spiegarla. Considerando che ho inteso Disperazione come: “assenza di speranza”, ecco non mi ha dato quell’idea. Per come è stato costruito il personaggio di Tyra, nel suo carattere e le sue convinzioni, ho ritenuto che lei pensi davvero di raggiungere la sua anima e portarla con sé nel Valhalla. Per cui ecco perché non mi è sembrato un suicidio all’apice della disperazione, bensì l’inizio di un viaggio.


Polly Russell ha scritto:
Perché mai una vichinga non dovrebbe conoscere il mosaico? I Bizantini ne producevano molti, e i romani ne hanno lasciati in mezza Inghilterra. I vichinghi di Bjärkö, tra l’altro, commerciavano con l’Oriente.

Non ero convinto che potesse conoscerlo, ma neppure escluderlo. Quel che volevo dire è che non mi sembra nel personaggio che Tyra si esprima così, è un’espressione troppo raffinata per lei.

Polly Russell ha scritto:
Sto scrivendo in prima e passo dal passato al presente, perché la storia finisce assieme al narrante, è ovvio che ci siano verbi sensoriali, il punto di vista è totalmente suo e la narrazione che ho scelto prevede pensieri diretti e riflessioni. In questo caso, ci devono essere. Lo stesso vale per il raccontato, proprio perché sta, appunto, raccontando.

I verbi sensoriali ci sono “ovviamente” perché tu non ci mostri, ma ci racconti tramite Tyra. Se mostrassi, sarebbe mostrato ciò che vede, e non il fatto che lei veda. E se invece racconta, a chi si rivolge? A noi lettori, a nessun altro dentro la storia. Insomma si resta fuori dalla storia, non c’è un’immersione completa.

Sul mostrato non intendo dibattere per un paio di semplici motivi: il più importante è che c’è chi lo spiega molto meglio di me, quindi sarebbe inutile aggiungere la mia voce. E la seconda è che tu sei una scrittrice piuttosto esperta, non devo farti capire nulla, né tantomeno pretendere di convincerti. ;)

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Re: Oltre la morte

Messaggio#6 » venerdì 23 ottobre 2020, 18:20

Ciao Polly,
ben trovata. Il tuo racconto si fa leggere volentieri, l’io narrante è intenso e determinato, riesce a coinvolgere ed essere credibile. Bene anche ambientazione ed eventi descritti: tutto è vivido, non ci sono tempi morti o particolari incongruenze di trama. Ciò che mi convince un po’ meno è l’eco così ingombrante a Vikings: è bene che l’omaggio non prevarichi il testo, e questa cosa la dico sia a te che a me stesso, perché anch’io ci casco abbastanza spesso... Sul linguaggio, poi, mi fa un po’ storcere il naso il turpiloquio con cui cerchi di rafforzare e brutalizzare la protagonista. Che sia forte, spietata e passionale si capisce lo stesso, non serve indugiare sul cazzo pulsante di Ivar. Sui bonus: il tema bellezza maledetta c’è tutto, il fascino di Ivar sa di morte; la narrazione in prima presente ed efficace; della stravaganza invece neanche l’ombra. La protagonista incarna fin troppo bene l’ambivalenza della Shield-maiden che oscilla tra violenza guerriera e desiderio di maternità. C’è qualità, comunque. Quindi complimenti e in bocca al lupo!

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Re: Oltre la morte

Messaggio#7 » sabato 24 ottobre 2020, 17:34

Ciao Polly,
è sempre un piacere leggerti, mi piacciono un sacco le idee che tiri fuori dal cappello per i contest.
In questo nello specifico sei sicuramente in tema, vedo la narrazione in prima persona ma colgo meno il personaggio stravagante. Poco male, è sicuramente di livello e il finale mi ha dato i brividi.
Molte sbavature, ho letto che lo hai scritto in 3 ore quindi non posso che farti i complimenti, ma essendo un contest devo tenerne conto.
Ti segnalo quello che ho notato nel caso avessi voglia di sistemarlo. Chiaramente è tutto in base alla mia sensibilità e al mio gusto, non sono di certo il portatore della sacra fiamma della scrittura. Evito di evidenziare i refusi, ci ha già pensato Mauro.

La neve era tanto alta da mordere le palle ai guerrieri e metà dei nostri nostri Drakkar, appena ormeggiati, già scricchiolava tra le braccia algide del fiordo.
A parte il doppio nostri è una frase un po' troppo lunga. già solo togliendo l'inciso viaggerebbe molto più liscia. Toglierei anche il già: La neve era tanto alta da mordere le palle ai nostri guerrieri, i Drakkar ormeggiati scricchiolavano tra le braccia del fiordo.

afferrai l’otre e ne diedi un lungo sorso
Quel "NE" mi suona malissimo. Ma non sono sicuro sia sbagliato.

percepii il calore
il verbo percepire sta male.

L’avevo sentito, ovvio che l’avessi sentito, ma non mi importava in quel momento.
La parte iniziale della frase è legnosa.

Subito dopo, i nastri grigi di fumo che si arrotolavano sul torrione e sui ponti sospesi mi diedero conferma che, quelle incendiarie avevano raggiunto lo scopo.
la virgola dopo che non ci vuole, a meno che non fosse un inciso e allora manca dopo incendiarie. Subito dopo di inizio frase non lo metterei. Lo racconti dopo, quindi succede dopo.

Annuii senza troppa convinzione e continuai ad avanzare, solo quando raggiunsi il centro della corte capii che Günar aveva ragione.
"solo quando" stesso discorso di subito dopo. E anche capii suona male: Annuii senza troppa convinzione e continuai ad avanzare, raggiunsi il centro della corte: Gunar aveva ragione.

Quando riuscii a vedere di nuovo avevamo vinto.
Anche qui il quando che non serve e il verbo sensoriale.

Gli poggiai la mano su una coscia e gli sorrisi.
Il secondo "gli" potresti toglierlo.

Mi scrollò obbligandolo a guardarlo.
obbligandoLO a guardarLO

Ancora un passo.
Passo non rende l'idea della scena.

è stato un piacere leggerti! Alla prossima.

andyvox
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Re: Oltre la morte

Messaggio#8 » domenica 25 ottobre 2020, 13:06

Ciao Polly,

non so se è un mio limite ma non sono riuscito a cogliere l'attinenza del racconto al tema, perchè non mi convincono del tutto le scelte della protagonista. A me sembra tutto meno che disperata, e il suicidio finale non mi pare sufficientemente motivato da tutto quello che abbiamo appreso di lei in precedenza. Anche per quanto riguarda il bonus del personaggio stravagante non credo sinceramente che si possa ritenere centrato, ma forse è anche colpa della mia totale ignoranza degli usi e costumi vichinghi. Come ti hanno già detto, poi, il racconto presenta vari refusi ed errori, ma visto il tempo in cui lo hai scritto è più che normale.
Andrea Pozzali

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Re: Oltre la morte

Messaggio#9 » mercoledì 28 ottobre 2020, 11:55

~Proelium~ ha scritto:Ciao Polly,
ben trovata. Il tuo racconto si fa leggere volentieri, l’io narrante è intenso e determinato, riesce a coinvolgere ed essere credibile. Bene anche ambientazione ed eventi descritti: tutto è vivido, non ci sono tempi morti o particolari incongruenze di trama. Ciò che mi convince un po’ meno è l’eco così ingombrante a Vikings: è bene che l’omaggio non prevarichi il testo, e questa cosa la dico sia a te che a me stesso, perché anch’io ci casco abbastanza spesso... Sul linguaggio, poi, mi fa un po’ storcere il naso il turpiloquio con cui cerchi di rafforzare e brutalizzare la protagonista. Che sia forte, spietata e passionale si capisce lo stesso, non serve indugiare sul cazzo pulsante di Ivar. Sui bonus: il tema bellezza maledetta c’è tutto, il fascino di Ivar sa di morte; la narrazione in prima presente ed efficace; della stravaganza invece neanche l’ombra. La protagonista incarna fin troppo bene l’ambivalenza della Shield-maiden che oscilla tra violenza guerriera e desiderio di maternità. C’è qualità, comunque. Quindi complimenti e in bocca al lupo!

Ciao! Grazie del commento e dei complimenti, ci sta che tu senta tanto l’eco di Viking, però mi perplime un po’, intanto perché mentre lo scrivevo pensavo a The L’asta Kingdom XD E poi perché mi sono basata su fatti reali della mitologia e storia morena.La città che descrivo e che faccio bruciare, è realmente esistita ed era il più grande portò commerciale dell’epoca, tra i popoli nordici e, a un certo punto, senza motivi a noi noto, sparisce dalla storia. In quella città fu trovata anche la tomba di una donna guerriera, una condottiera è una stratega, scoperta che ha rivalutato la figura femminile della guerriera vichinga, spostandola dalla mitologia alla storia. Per quanto riguarda il turpiloquio, che dirti? Se parlassi del pene del mio compagno, chiamandolo, appunto “pene” sarebbe strano e suonerebbe strano anche a lui. Stava ricordando un’amplesso non teneva una lezione di anatomia.
Alla prossima.
Polly

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Polly Russell
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Re: Oltre la morte

Messaggio#10 » mercoledì 28 ottobre 2020, 11:57

andyvox ha scritto:Ciao Polly,

non so se è un mio limite ma non sono riuscito a cogliere l'attinenza del racconto al tema, perchè non mi convincono del tutto le scelte della protagonista. A me sembra tutto meno che disperata, e il suicidio finale non mi pare sufficientemente motivato da tutto quello che abbiamo appreso di lei in precedenza. Anche per quanto riguarda il bonus del personaggio stravagante non credo sinceramente che si possa ritenere centrato, ma forse è anche colpa della mia totale ignoranza degli usi e costumi vichinghi. Come ti hanno già detto, poi, il racconto presenta vari refusi ed errori, ma visto il tempo in cui lo hai scritto è più che normale.

E niente, in questo contest ho capito che suicidarsi perché si è perso il proprio amato non è sintomo di disperazione. Mi sembra parecchio strano, ma ne prendo atto.
Grazie per lettura e commento.
Polly

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