La pena dello smistamento

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Andrea Partiti
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La pena dello smistamento

Messaggio#1 » lunedì 19 ottobre 2020, 22:47

— Benvenuto allo smistamento!
— A cosa?
— Smistamento. Sei morto.
— Mor…
— Morto morto. Defunto. Deceduto. Kaput.
— E tu sei?
— Lo Smistatore.
— Ovviamente.
— Qua decidiamo se le anime vanno su. O vanno giù. Le smistiamo.
— Ho vissuto una vita onesta e…
— Non mi interessa, a nessuno interessa.
— Come no?
— Tutte balle, comandamenti peccati regole e regolette. Contano solo le anime.
— Cioè?
— Qua allo smistamento dovrai affrontare tutte le anime che hai mandato avanti. Mandato avanti prima del tempo.
— Uccise?
— Sì, le anime che hai ucciso.
— Non ho mai ucciso nessuno!
— Nessuna persona, mai specificato anime umane io. Non faccio favoritismi.
— Animali… tutti?
— Quelli con un’anima. Non verrai schiacciato da una tonnellata di lievito madre, non preoccuparti.
— Mammiferi?
— Senza dubbio.
— Rettili?
— Ovvio.
— Anfibi?
— Decisamente.
— Insetti?…
— Assolutamente.
— Insetti.
— Sì.
— Che ho ucciso.
— Esatto.
— Tutti?
— Tutti.
— E con affrontarli intendi…
— Fisicamente. Pensa a Russell Crowe nell’arena, una cosa del genere.
— E tutti ci passano quando muoiono?
— Ovvio, da sempre. All’inizio baravano un po’, chiedevano il permesso pregavano per le anime degli animali uccisi e li abbuonavo. Non potevano farne a meno, e altrimenti sai che strage!
— Capisco.
— Ancora adesso qualcuno segue la procedura.
— Ma io no.
— Decisamente no. Sembri abbattuto, è così terribile la situazione?
— Abbastanza.
— Cacciatore? I cacciatori sono sempre un po’ così, abbacchiati, a questo punto.
— No, no.
— Macellaio? Non sono così disperati, anzi, dipende da cosa macellavano.
— Nemmeno.
— Oh, un mistero! Allo Smistatore piacciono i misteri. Fammi pensare… veterinario?
— No.
— Peccato, ti avrei rassicurati subito, ci sono casi che non contano: buone intenzioni, sofferenza, e la lotta comunque non sarebbe di buon intrattenimento se l’anima avversaria è solo riconoscente e ormai ti ricorda con gioia e sollievo. Quindi?
— Disinfestatore.
— Eccolo! Dovevo arrivarci, anche se di solito sono molto più sicuri di loro stessi.
— Davvero?
— Sì, ovvio. Gran parte di loro non vede neppure le anime che ha sterminato. Una manciata di trappole qua e là, un po’ di veleno portato nei nidi, qualche pastiglia di anticoagulante. Il lavoro sporco non si vede.
— Ma conta?
— Conta, assolutamente. Ma non vogliamo rovinarti la sorpresa, vero?
— Suppongo…
— Quanti anni?
— Anni?
— Di lavoro!
— Ah. Trentotto.
— Tutti da sterminatore?
— Tutti. Ho iniziato da apprendista che avevo sedici anni, figurati.
— Sarà uno spettacolo di quelli da ricordare!
— Spettacolo?
— Beh, pensavi non ci fosse pubblico?
— Almeno quello…
— No, no, Russell Crowe, ricordi? Arena. Gladiatori. Pubblico. Animali selvaggi.
— E il pubblico sarebbe?
— Anime selezionate, hanno già combattuto e vinto, ora si annoiano e mi aiutano.
— Facendo da pubblico?
— Sì, fa atmosfera, colore. Altrimenti sarebbe noioso.
— E se perdo?
— Se perdi, lo sai: giù giù giù. Ti suggerisco di mettercela tutta.
— Non ho mai combattuto.
— Ed è il momento migliore per iniziare! A proposito, che armi preferisci?
— Cosa… cosa posso scegliere?
— Tutto quel che ti pare. Martello? Spada? Mitragliatrice? Pugnale?

***

La prima luce che vidi mi bruciò gli occhi.
Le urla mi bruciarono i timpani.
L’ondeggiare della folla sugli spalti mi fece salire un conato di nausea.
Il cemento sotto ai piedi era ruvido. Feci un passo avanti. Il mio corpo era giovane, non avevo dolori. Indossavo la mia tuta rossa da lavoro con gli stivali pesanti.
Le urla sciamarono.
Lo smistatore annunciò il mio nome e dal pubblico un singolo battito di mani all’unisono mi salutò.
Una grande saracinesca si sollevò di fronte a me, fino a bloccarsi in alto.
Un singolo ragnetto zampettò avanti, mentre il passaggio si sigillava alle sue spalle.
Abbassai il lanciafiamme con la fiamma pilota pronta ad accendere il getto vaporizzato. Poi lo abbassai, perplesso.
Mi avvicinai al ragnetto che faticava ad avvicinarsi con le sue zampe corte e tozze.
Lo schiacciai sotto la suola con uno scrocchio lieve che risuonò nel silenzio del momento.
Un boato di incoraggiamento mi stordì facendomi quasi crollare a terra.
— Primo round superato! — gridò la voce amplificata dello Smistatore. — Avanti col secondo round!
La saracinesca riprese ad alzarsi.



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antico
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Re: La pena dello smistamento

Messaggio#2 » lunedì 19 ottobre 2020, 22:53

Ciao Andrea! Finalmente anche tu fai il tuo esordio nell'Ottava Era! Caratteri e tempo ok, buona Livio Gambarini Edition!

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Laura Cazzari
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Re: La pena dello smistamento

Messaggio#3 » mercoledì 21 ottobre 2020, 20:40

Ciao Andrea, la tua immagine dell’inferno l’ho trovata molto ironica e teatralmente estremizzata. Il tema c’è.
Il passaggio dove dice di essere un disinfestatore è esilarante. Mi piace che tu abbia scelto di descrivere tutto con un dialogo. Tuttavia, all’inizio è davvero troppo frammentato e ridondante. Smorza il ritmo della narrazione, anche sul finale secondo me potevi fare di meglio. Il passaggio che diche che non conta se non vede le anime che ha sterminato non mi è chiaro. Da migliorare.
Laura Cazzari

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Giacomo Puca
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Re: La pena dello smistamento

Messaggio#4 » mercoledì 21 ottobre 2020, 22:18

Ciao Andrea, contento di leggerti.

Tema
Centrato, la storia narra un "andare all'inferno" quindi il tema c'è ed è anche sfruttato.

Stile
Disclaimer: eventuali suggerimenti non sono un "salire in cattedra". Sono solo esempi inventati sul momento per far capire meglio la mia posizione!

Del primo blocco ho apprezzato la brillantezza. Il dialogo serve a fornire informazioni ma lo fa senza essere pedante. Forse qualche battuta è un po' "innaturale" tipo

— Come no?
— Tutte balle, comandamenti peccati regole e regolette. Contano solo le anime.

Sarebbe stato più incisivo, a mia opinione
— Come no?
Tutte balle, comandamenti peccati regole e regolette.Contano solo le anime.
La stringatezza della risposta, oltre a sembrare più realistica darebbe maggior senso al successivo "cioè?"

Altro esempio:
— Non ho mai ucciso nessuno!
— Nessuna persona, mai specificato anime umane io. Non faccio favoritismi.
— Animali… tutti?
Forse qualcosa del genere era più d'effetto:
— Non ho mai ucciso nessuno!
— Non hai mai ucciso nessuno... umano.

Queste sono tuttavia questioni trascurabili rispetto al vero difetto del primo blocco: l'assoluta assenza di... tutto. Non abbiamo ambiente, personaggi, oggetti. Niente, solo voci parlanti.
Un vero peccato considerando che hai imbastito una sequenza dialogica rinunciando al alla forma di comunicazione più importante che abbiamo: il linguaggio del corpo.

La seconda parte accenna l'ambientazione, ma comunque resta vaga. Non saprei come immaginare l'arena. Tipo anfiteatro dell'antica Roma?

Trama
L'idea è interessante: l'uomo e gli organismi complessi hanno l'anima. Ogni anima privata della morte naturale, ha diritto alla sua vendetta.
Il preambolo iniziale carica di aspettative il finale, aspettative che per me sono deluse.
Non succede niente di interessante, tutta la parte dove lo scrittore dovrebbe sorprendermi, i "livelli successivi" di questa specie di arena deathmatch sono lasciati alla fantasia del lettore, che deve accontentarsi di un ragnetto.
Un esempio/suggerimento, giusto per spiegarmi:
Far iniziare il secondo blocco con lui stremato, vesti lacere, circondato da mucchi di scarafaggi carbonizzati. Manca solo l'ultimo avversario e poi sarà paradiso.
Si apre la gabbia ed esce fuori... un labrador! Il labrador di quando il protagonista era bambino!
Il labrador si avvicina scodinzolando, il protagonista si lancia sul cane, lo stringe.
Il cane lo lecca. Il cane lo morde al collo, scappa via e lo lascia sanguinante sul cemento.
Mentre l'anima del protagonista inizia l'espulsione in direzione inferno, lo smistatore spiega che quello è l'amato labrador del protagonista. Quello che la nonna gli raccontava fosse scappato quando il protagonista aveva quattro anni. Invece non era vero. Lui l'aveva chiuso nel bagagliaio dell'auto per gioco e l'aveva lasciato lì, distratto dai cartoni in tv. Distratto in quel caldo, caldissimo pomeriggio di luglio...
Ecco perché è il boss finale, perché sarebbe stato difficilissimo per lui ucciderlo... e infatti perde.

Valutazione finale.
Un racconto che promette molto nella prima parte ma il finale lascia un po' a bocca asciutta. I dialoghi divertenti riescono a tenere in piedi il tutto ma non possono fare miracoli.

Per qualsiasi cosa scrivi pure.
A rileggersi!
In narrativa non esistono regole, ma se le rispetti è meglio.

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Sentenza
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Re: La pena dello smistamento

Messaggio#5 » mercoledì 21 ottobre 2020, 22:53

Ciao Andrea

Ho letto la tua storia e devo dire che è scivolata abbastanza bene. Il tema principale è stato pienamente rispettato ed anche l'originalità della struttura che è abbastanza vivace. Soprattutto ho apprezzato l'idea del quasi infinito susseguirsi di "round" che può essere inteso come una sorta di pena anche maggiore dello stesso inferno. Tuttavia ci sono anche delle cose che mi hanno lasciato un pò così così. Ho trovato il personaggio del disinfestatore un pò troppo passivo e con poco spessore, e anche lo smistatore non mi ha convinto abbastanza, tranne che nella parte finale. Ma il problema principale è che la "pena" che il malcapitato dovrà scontare è facilmente intuibile con largo anticipo. Al tuo posto avrei articolato il racconto diversamente. Avrei fatto "rinvenire" il disinfestatore direttamente nell'arena con lo smistatore a fare da "conduttore" un pò come in un incontro di pugilato e con il malcapitato che round dopo round scopre piccoli tasselli della sua situazione fino alla sorpresa finale quando il lettore intuisce che è stato un disinfestatore nella vita precedente.

Quello che mi spingeva verso la fine del racconto non era tanto "chissà cosa succederà", bensì "vediamo se ho indovinato la fine già dall'inizio".
Detto ciò ho letto tutto senza nessuna fatica e senza intoppi e mi è piaciuto.

Edoardo Foresti
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Re: La pena dello smistamento

Messaggio#6 » giovedì 22 ottobre 2020, 9:51

Ciao Andrea! Credo sia la prima volta che ti leggo, spero che il mio commenti ti sia utile.
Prima di tutto, sicuramente il tema è centrato. Hai sperimentato con un brano impostato principalmente come un ininterrotto scambio di battute. Devo dire che qui funziona, ho sempre distinto chi stesse dicendo cosa e non lo trovo scontato in un dialogo del genere, che potrebbe rischiare di far perdere il filo al lettore.
Credo che la parte meno riuscita sia, invece, la seconda. Prima di tutto, parlando di tecnicismi, segnalo l'uso del verbo "bruciare" ripetuto nelle prime due frasi. Poi, parlando in generale delle mie impressioni, seppur il flusso della lettura rimanga scorrevole, devo dire che il finale manca di quel brio che mi sarei aspettato dal climax. Mi spiego meglio: il dialogo riesce benissimo a creare anticipazione verso l'ultimo frammento. Quello che accade, però, è che ci troviamo invece di fronte alla prima sfida, semplice e completamente nelle mani del condannato. Non c'è un forte conflitto, una vera e propria difficoltà da superare, fisica o psicologica. Ben diverso sarebbe stato leggere dei round finali con un protagonista stremato, o di uno scontro che metta in difficoltà la sua morale.
Nel complesso, purtroppo il testo perde mordente sul finale. Ho comunque apprezzato la sperimentazione, è sempre bello leggere testi meno canonici.
A presto!

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Andrea Partiti
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Re: La pena dello smistamento

Messaggio#7 » giovedì 22 ottobre 2020, 11:05

Il finale voleva essere aperto.

Volevo portare l'attenzione verso una battle royale in cui la lotta era verso ogni anima uccisa contemporaneamente e rivelare alla fine che la sfida era in realtà una pena, una lunghissima serie di microsfide noiose ripetitive e quasi una tortura per sottolineare ogni uccisione fatta in vita. Non sono sfide da perdere, per via dell'arma a scelta.

L'ho troncata alla prima sfida per lasciare la possibilità di un qualcosa di crescente, incrementale round dopo round.

Non credo avrebbe senso concentrarmi sulla dinamica di una sfida, avendo rimosso completamente le informazioni sensoriali nei primi tre quarti di racconto, mi sembrerebbe molto sbilanciato scendere in dei dettagli d'azione.

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Pietro D'Addabbo
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Re: La pena dello smistamento

Messaggio#8 » venerdì 23 ottobre 2020, 9:53

Ciao Andrea,

il tuo racconto l'ho trovato piacevole. Il lungo dialogo iniziale è pienamente funzionale e coinvolgente, tanto che sarei stato entusiasta se avessi portato all'estremo la scelta tenendo il dialogo anche per la seconda parte del racconto, per illustrare la scelta dell'arma, l'annuncio del primo avversario, la sorpresa di fronte al 'rischio' inesistente di sconfitta, infine la comprensione del tedio eterno che lo attende come pena infernale.
Questo ultimo dettaglio, in realtà, non l'ho evinto dal racconto ma dalla tua risposta ad un commento. Mi sembrava, leggendo, che tu invece volessi suggerire che il diavolo stia illudendo il condannato di avere vittorie facili, ma poi...
quel primo ragno era da solo perché ucciso con una scopa, la sfida successiva è invece uno sciame di vespe perché uccise tutte insieme con lo spray, quella ancora successiva una carica di una decina di tori perché la carne nella salsiccia non veniva da un solo animale. Un crescendo a cui serviva almeno un secondo scontro per disegnare la retta in salita della difficoltà.
Anche per disegnare il tedio occorreva secondo me un secondo se non un terzo scontro, per tracciare una linea invece piatta e monotona come la intendevi tu.
Da questo punto di vista il finale è troppo aperto e fa disperdere tutta la suspence abilmente creata fin là.
"Ho solo due cose da lasciarti in eredità, figlio mio, e si tratta di radici ed ali." (William Hodding Carter)

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Andrea76
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Re: La pena dello smistamento

Messaggio#9 » venerdì 23 ottobre 2020, 13:07

Ciao Andrea, il tuo è un racconto che si regge quasi tutto sul dialogo tra il protagonista e lo Smistatore. E lo fa bene perché a parte qualche ridondanza tutto ciò che si dicono (soprattutto quello che dice lo Smistatore) è credibile. Il finale invece non risponde alle aspettative perché manca di un qualsiasi elemento che dia circolarità alla scena e che in qualche modo risolva il conflitto che è stato premesso. Peccato perché questa carenza rende il racconto un po’ mozzo.
Nulla da dire invece sul tuo stile che ha sia ritmo che movimento.

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Emiliano Maramonte
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Re: La pena dello smistamento

Messaggio#10 » sabato 24 ottobre 2020, 20:03

Ciao Andrea! Molto lieto di ritrovarti!
Ti risparmio la tiritera sul fatto che non si può costruire un racconto esclusivamente sui dialoghi se non c'è un'idea clamorosa alla base o un motivo molto particolare. E infatti confermo il mio gusto: non amo particolarmente i racconti di questo tipo. Sulla tua capacità narrativa nulla quaestio, ormai ti conosco e so cosa puoi fare, infatti il testo è pulito e ottimamente condotto. Anche l'idea è carina, ma si diluisce nel lungo dialogo che, a tratti, genera un bel po' di confusione (in sostanza troppo spesso non si capisce chi dice cosa).
Buone premesse, conclusione così così, anche perché quando hai insistito sul discorso dell'arena, del Gladiatore, più o meno ho capito dove volevi andare a parare: il dannato che deve affrontare le sue vittime. Non che in ogni racconto che leggo pretendo di trovare colpi di scena clamorosi, però alla fin fine si è sgonfiata la carica narrativa.
Quindi, buona intuizione, tema centrato, buona scrittura, ma storia che non mi ha entusiasmato più di tanto.

In bocca al lupo!
Emiliano.

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Eugene Fitzherbert
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Re: La pena dello smistamento

Messaggio#11 » domenica 25 ottobre 2020, 10:00

Ciao, Andrea,
bentrovato!
Il racconto si fa leggere, non c'è dubbio.
Il dialogo all'inizio è molto teatrale, veloce, anche se le battute così veloci tendono a sovrapporsi e ingarbugliarsi, soprattutto considerando che i due, lo smistatore e lo smistato, hanno lo stesso lessico e nessuno dei due mostra degli intercalari che lo differenzino.
La seconda parte, poi, diventa un racconto in prosa 'normale', ma personalmente ho trovato discutibile la scelta di raccontare al passato remoto in prima persona. Il dialogo precedente ci ha messo nel bel mezzo dell'azione, in un istante presente e continuo. Avresti dovuto continuare con il presente anche dopo, sarebbe stato più coerente.
Nel complesso, un racconto valido, con qualche pecca da sperimentazione.
Alla prossima.

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Gabriele Dolzadelli
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Re: La pena dello smistamento

Messaggio#12 » domenica 25 ottobre 2020, 22:54

Ciao Andrea. Piacere di leggerti.
Racconto molto dialogato e poco descrittivo, se non nella parte finale. Nonostante questo, gestito molto bene. Attraverso una conversazione sei stato capace di far immagine il contesto e dare profondità al protagonista, cosa non da poco. Scorrevole, dunque, bizzarro, originale e anche divertente. Forse il fatto di far ridere con la battuta finale fa molto effetto La sai l'ultima, con la videocamera che si avvicina al tuo viso in attesa della risata, però ha funzionato lo stesso. Mi è piaciuto davvero molto e lo premio molto volentieri. A presto!

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Giacomo Puca
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Re: La pena dello smistamento

Messaggio#13 » lunedì 26 ottobre 2020, 16:27

Andrea Partiti ha scritto:Il finale voleva essere aperto.

Volevo portare l'attenzione verso una battle royale in cui la lotta era verso ogni anima uccisa contemporaneamente e rivelare alla fine che la sfida era in realtà una pena, una lunghissima serie di microsfide noiose ripetitive e quasi una tortura per sottolineare ogni uccisione fatta in vita. Non sono sfide da perdere, per via dell'arma a scelta.

L'ho troncata alla prima sfida per lasciare la possibilità di un qualcosa di crescente, incrementale round dopo round.

Non credo avrebbe senso concentrarmi sulla dinamica di una sfida, avendo rimosso completamente le informazioni sensoriali nei primi tre quarti di racconto, mi sembrerebbe molto sbilanciato scendere in dei dettagli d'azione.


Ciao, scusa se rispondo solo ora.
Secondo me l'idea che la battle royale sia solo una punizione mascherata da prova ha due grossi problemi:
-Il primo problema è che non si capisce, non si evince questa info nel testo.
-Il secondo problema è l'incompatibilità con la tua affermazione "L'ho troncata alla prima sfida per lasciare la possibilità di un qualcosa di crescente, incrementale round dopo round."
O la sfida è sfida vera per accedere al paradiso mediante prove via via più difficili, o è una punizione fatta di ripetizione infinita di sfide facili. Non vedo come coniugare le due cose.
In narrativa non esistono regole, ma se le rispetti è meglio.

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Alfabri
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Re: La pena dello smistamento

Messaggio#14 » giovedì 29 ottobre 2020, 16:23

Ciao Andrea, piacere di leggerti.
Ho letto parecchi tuoi racconti da queste parti, e li ho sempre trovati molto piacevoli. Questo devo dirti che fa purtroppo parzialmente eccezione.
Provo a spiegarmi: il botta e risposta del dialogo iniziale conferisce un carattere sostanzialmente comico alla storia, in cui il contrappasso assume una valenza grottesca ma con anche una potenziale declinazione gore. Qui sinceramente mi aspettavo che la storia schiacciasse sull'acceeleratore, rivelando una svolta critica o delle sfide inenarrabili.
In realtà il tutto si sgonfia in un nulla, senza peraltro lasciare tracce del sapore comico-grottesco dell'inizio. Secondo me su questo aspetto dovresti lavorare, dando un po' di "pepe" al finale che, per quando tu abbia cercato di giustificare come una sorta di punizione nell'iterazione infinita, così com'è ha davvero poco carattere. Prova appena sufficiente, per me.
Alla prossima!

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Re: La pena dello smistamento

Messaggio#15 » giovedì 29 ottobre 2020, 22:07

Bel racconto, devo dire che mi ha stupito. Da come è scritto potrebbe essere benissimo una creepypasta da leggere su YouTube. Mi ha intrigato davvero tanto e ora voglio sapere assolutamente come finisce...o almeno sapere che cosa sarà il secondo ostacolo!

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antico
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Re: La pena dello smistamento

Messaggio#16 » venerdì 30 ottobre 2020, 9:26

Idea molto buona costruita su una strategia efficace che però non riesci a mettere in pratica appieno. Forse troppo lunga la prima parte, tende ad avvitarsi un po' su se stessa. Attenzione anche a una virgola mancante che fa stoppare il flusso di lettura, fondamentale in un racconto come questo. Il finale, poi, pur essendo sufficientemente efficace, mi è apparso un pelo monco perché si ferma al disvelare il giochetto sul quale è costruito il tutto, ma in tal modo rimane freddo mentre il riuscire a far percepire al lettore il tedio infinito di quello che aspettava il protagonista sarebbe stato, probabilmente, preferibile. Per me un pollice tendente verso l'alto in modo convinto anche se non brillante.

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