La vera storia di Frankenstein
Inviato: lunedì 16 novembre 2020, 22:59
A Este nevicava: fiocchi sottili imbiancavano il prato intorno alla villa che lord Byron aveva affittato per i suoi amici. La sala era a malapena rischiarata da un vecchio candelabro, appoggiato al centro del tavolo, attorno al quale sei persone si tenevano per mano. Uno di loro si alzò e soffiò sulle candele, facendo calare il buio.
Per un istante si sentì solo il vento che scuoteva le persiane. Poi una voce ruppe il silenzio:
«Spiriti del passato, stiamo invocando voi. Venite qua tra noi, ora!»
Il tavolo cominciò a scricchiolare e dopo si alzò un po’ da una parte.
«Sei qui tra noi? Chi sei? Rivela il tuo nome!»
Il tavolo colpì tre volte il pavimento; il giovane medium italiano, tal Guido Zuin, cadde in trance e subito dopo si udì una voce femminile:
«Nomen mihi est Lucusta!»
Silenzio.
«È meglio che parli il vostro inglese. Sono venuta a Roma Dalla Gallia. Tutti venivano da me per acquistare veleni. Un giorno mi chiamò Agrippina per uccidere l'imperatore Claudio; utilizzai i funghi. Fui condannata a morte ma Nerone mi propose uno scambio: la mia vita per quella del fratellastro Britannico. Accettai. Sette mesi dopo il suicidio di Nerone con il mio veleno, fui condannata a morte dall'imperatore Galba, violentata da una giraffa e sbranata dai leoni. So che non amate le storie antiche: voi volete conoscere il futuro e io ve lo svelerò!»
«Veramente noi…» interruppe lord Byron.
«Lo sai che non s’interrompono gli spiriti dei defunti? Comincerò da te!»
«Tu sei George Gordon Byron; tra cinque anni tua figlia Allegra morirà e tu la seguirai un anno dopo in Grecia. Sul tuo letto di morte non piangerà l’ultimo tuo grande amore, Lukas; stringerai i fogli del Don Juan che non terminerai!»
«Lucusta, noi vogliamo conoscere il futuro, non l’ora della nostra morte!»
Per tutta risposta lo spirito si rivolse al segretario di lord Byron:
«Dottor Polidori, sarà lei stesso che fra tre anni si darà la morte!»
Polidori, terreo, stava pe replicare, quando la voce continuò:
«E tu, grande poeta Percy Bysshe Shelley l’8 luglio 1822, morirai annegato al largo di La Spezia.»
Mary cominciò a singhiozzare, mentre stringeva tra la sua la mano del marito:
«Vattene, Lucusta, vattene, per pietà!»
«Mary, trentatré anni e non di più ti aspettano; colpi apoplettici e tumori al cervello ti annienteranno!»
Il dottor Davy, si alzò con i pugni serrati, interrompendo la catena ma la voce continuò:
«Siediti, chimico; tu sei il peggiore di tutti e morrai soffocato per mano della tua creatura che hai amato come fosse il tuo figlio prediletto ma che poi hai rinnegato come fosse uno spirito immondo!»
Le candele si riaccesero da sole e il medium cadde svenuto, mentre saliva bianca gli fuoriusciva dalla bocca chiusa.
Humphrey Davy fu circondato dai quattro amici che ora volevano sapere da lui chi fosse la creatura che lo avrebbe ammazzato.
Il chimico inglese si lasciò cadere su una poltrona:
«So già, Mary, che tu non mi vorrai credere ma io ho realizzato il tuo mostro, Frankenstein!»
«Humphrey, tu, tu, il mio professor Waldman, sei impazzito?»
«No, cara: io ho realizzato il tuo sogno. Il galvanismo alla fine mi ha consentito di…»
Un rumore di vetri infranti interruppe il discorso. Tutti si voltarono. All’ingresso della sala apparve un uomo alto e muscoloso, vestito di stracci che facevano intravedere parti della pelle, una pelle giallastra, segnata da cicatrici vicino ai gomiti, alle ginocchia e al collo. Il viso squadrato era circondato da un’enorme massa di capelli ricoperti di neve; gli occhi grigi, il colorito terreo delle gote, le labbra nere e tirate provocarono ribrezzo tra i presenti. Aprì la bocca, ne scaturì una voce roca:
«Humphrey mi hai abbandonato al freddo e al gelo; ho rischiato di morire e ora ti strozzerò!»
Il mostro allungò le braccia verso la gola del chimico e fu allora che echeggiò uno sparo; il medium l’aveva colpito con la sua pistola.
L’abominevole creatura, colpita al collo, barcollò, premette una mano sulla ferita e poi scappò, lanciando grida strazianti.
Lord Byron, le mani premute sulle orecchie, intimò:
«Ciò che abbiamo visto non dovrà essere rivelato ad alcuno, mai!»
N.d.A. Da Il romanzo gotico di Robert Mass
Davy morì a Ginevra per un collasso respiratorio, anche se un medico eccepì sul certificato necroscopico.
Per un istante si sentì solo il vento che scuoteva le persiane. Poi una voce ruppe il silenzio:
«Spiriti del passato, stiamo invocando voi. Venite qua tra noi, ora!»
Il tavolo cominciò a scricchiolare e dopo si alzò un po’ da una parte.
«Sei qui tra noi? Chi sei? Rivela il tuo nome!»
Il tavolo colpì tre volte il pavimento; il giovane medium italiano, tal Guido Zuin, cadde in trance e subito dopo si udì una voce femminile:
«Nomen mihi est Lucusta!»
Silenzio.
«È meglio che parli il vostro inglese. Sono venuta a Roma Dalla Gallia. Tutti venivano da me per acquistare veleni. Un giorno mi chiamò Agrippina per uccidere l'imperatore Claudio; utilizzai i funghi. Fui condannata a morte ma Nerone mi propose uno scambio: la mia vita per quella del fratellastro Britannico. Accettai. Sette mesi dopo il suicidio di Nerone con il mio veleno, fui condannata a morte dall'imperatore Galba, violentata da una giraffa e sbranata dai leoni. So che non amate le storie antiche: voi volete conoscere il futuro e io ve lo svelerò!»
«Veramente noi…» interruppe lord Byron.
«Lo sai che non s’interrompono gli spiriti dei defunti? Comincerò da te!»
«Tu sei George Gordon Byron; tra cinque anni tua figlia Allegra morirà e tu la seguirai un anno dopo in Grecia. Sul tuo letto di morte non piangerà l’ultimo tuo grande amore, Lukas; stringerai i fogli del Don Juan che non terminerai!»
«Lucusta, noi vogliamo conoscere il futuro, non l’ora della nostra morte!»
Per tutta risposta lo spirito si rivolse al segretario di lord Byron:
«Dottor Polidori, sarà lei stesso che fra tre anni si darà la morte!»
Polidori, terreo, stava pe replicare, quando la voce continuò:
«E tu, grande poeta Percy Bysshe Shelley l’8 luglio 1822, morirai annegato al largo di La Spezia.»
Mary cominciò a singhiozzare, mentre stringeva tra la sua la mano del marito:
«Vattene, Lucusta, vattene, per pietà!»
«Mary, trentatré anni e non di più ti aspettano; colpi apoplettici e tumori al cervello ti annienteranno!»
Il dottor Davy, si alzò con i pugni serrati, interrompendo la catena ma la voce continuò:
«Siediti, chimico; tu sei il peggiore di tutti e morrai soffocato per mano della tua creatura che hai amato come fosse il tuo figlio prediletto ma che poi hai rinnegato come fosse uno spirito immondo!»
Le candele si riaccesero da sole e il medium cadde svenuto, mentre saliva bianca gli fuoriusciva dalla bocca chiusa.
Humphrey Davy fu circondato dai quattro amici che ora volevano sapere da lui chi fosse la creatura che lo avrebbe ammazzato.
Il chimico inglese si lasciò cadere su una poltrona:
«So già, Mary, che tu non mi vorrai credere ma io ho realizzato il tuo mostro, Frankenstein!»
«Humphrey, tu, tu, il mio professor Waldman, sei impazzito?»
«No, cara: io ho realizzato il tuo sogno. Il galvanismo alla fine mi ha consentito di…»
Un rumore di vetri infranti interruppe il discorso. Tutti si voltarono. All’ingresso della sala apparve un uomo alto e muscoloso, vestito di stracci che facevano intravedere parti della pelle, una pelle giallastra, segnata da cicatrici vicino ai gomiti, alle ginocchia e al collo. Il viso squadrato era circondato da un’enorme massa di capelli ricoperti di neve; gli occhi grigi, il colorito terreo delle gote, le labbra nere e tirate provocarono ribrezzo tra i presenti. Aprì la bocca, ne scaturì una voce roca:
«Humphrey mi hai abbandonato al freddo e al gelo; ho rischiato di morire e ora ti strozzerò!»
Il mostro allungò le braccia verso la gola del chimico e fu allora che echeggiò uno sparo; il medium l’aveva colpito con la sua pistola.
L’abominevole creatura, colpita al collo, barcollò, premette una mano sulla ferita e poi scappò, lanciando grida strazianti.
Lord Byron, le mani premute sulle orecchie, intimò:
«Ciò che abbiamo visto non dovrà essere rivelato ad alcuno, mai!»
N.d.A. Da Il romanzo gotico di Robert Mass
Davy morì a Ginevra per un collasso respiratorio, anche se un medico eccepì sul certificato necroscopico.