Viaggio introspettivo

Per partecipare alla Sfida basta aver voglia di mettersi in gioco.
Le fasi di gioco sono quattro:
1) Il primo dicembre sveleremo il tema deciso da Flavia Imperi. I partecipanti dovranno scrivere un racconto e postarlo sul forum.
2) Gli autori si leggeranno e classificheranno i racconti che gli saranno assegnati.
3) Gli SPONSOR leggeranno e commenteranno i racconti semifinalisti (i migliori X di ogni girone) e sceglieranno i finalisti.
4) Il BOSS assegnerà la vittoria.
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Laura Cazzari
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Viaggio introspettivo

Messaggio#1 » venerdì 18 dicembre 2020, 18:44

È buio.
Un buio talmente intenso da sembrare tangibile.
Non vedo niente, non so dove sono, né se sono davvero qualcuno.
All’improvviso una musica mi colpisce in pieno, come un segnale di luce in mezzo a questa oscurità, e sento le lacrime corrermi lungo le guance.
Il mio corpo prende finalmente forma. Una forma a me conosciuta.
Braccia, gambe, testa e busto riappaiono come per magia.
Mi ripeto nella mente i concetti base.
“Sono Alysia, ho sedici anni e non so dove mi trovo”.
Provo a scavare nella memoria alla ricerca del mio ultimo ricordo, ma senza successo.
“Forse sono sotto shock”.
La musica che sento nell’aria dirada a poco a poco l’oscurità. È una melodia che non conosco, ma allo stesso tempo mi pare familiare.
Mi guardo attorno.
Un campo di fiori, completamente grigio si estende sotto i miei piedi per diversi chilometri.
Il mio sguardo può spaziare libero fino a un’immensa barriera blu come la notte, che mi impedisce di vedere oltre.
- Pensi di rimanere ferma qui ancora a lungo?
Sobbalzo per la sorpresa e mi guardo attorno.
Sono sola in mezzo al prato grigio. L’unica cosa che vedo accanto a me è un albero e da questo albero spunta una lanterna.
Sono un po’ confusa, ma la lanterna gira sui suoi cardini e si rivolge nuovamente a me.
- C’è qualche problema?
“Ok, un lampione mi sta parlando”. Forse sono impazzita, ma decido di rispondergli.
- Da dove cominciare…
La lanterna non sembra cogliere l’ironia.
- Beh, potresti cominciare oltrepassando la barriera. A meno che tu voglia rimanere qui impalata insieme a me.
Non so perché, ma oltrepassare il muro blu non mi sembra una grande idea. Tuttavia, neanche rimanere qui mi alletta molto; questo grigio infinito sembra risucchiarmi le energie.
- Cosa c’è oltre la barriera?
- Tu.
Risponde semplicemente il lampione.
“Ok, questo strano albero/lanterna è completamente inutile, ma magari potrebbe diventare il Virgilio di quello che ha tutta l’aria di essere il mio inferno personale”.
- Sembra buio, verresti con me?
Lui si inclina come se stesse riflettendo.
- D’accordo - dice infine - ma ti avverto, potrò accompagnarti solo fino a un certo punto.
- Meglio di niente, ma come farai a seguirmi?
Senza degnarmi di una risposta la lanterna si stacca dall’albero e si contorce implodendo su se stessa.
Quando la trasformazione termina, accanto a me c’è una lucciola.
- La luce ha varie forme.
Risponde semplicemente alla mia domanda inespressa, accoccolandosi sulla mia spalla.
Decido che è meglio non farsi troppe domande.
Mi volto verso la barriera, inspiro profondamente, come se stessi per tuffarmi in mare, e avanzo.
Attraverso un muro che ha la consistenza di un budino.
Non è una sensazione piacevole, ma in pochi attimi sono dall’altra parte e mi scontro con qualcosa di morbido.
Alzo la testa per cercare di capire contro cosa ho sbattuto.
- Questo non è un enorme orsetto di peluche?
Chiedo a bocca aperta.
- Trovi? Io direi invece, che è la tua infanzia.
Ribatte la lucciola.
- La mia infanzia?
- Non ti sembra familiare?
Guardo con attenzione e, sebbene sia davvero enorme, noto tanti piccoli dettagli che fanno riaffiorare in me ricordi sbiaditi che pensavo persi per sempre.
- È Teddy Mac Tenerello, ma perché è così grande?
- L’infanzia è una parte importante della nostra vita e ha una prospettiva delle cose tutta sua.
Si limita a rispondere la lucciola, mentre prende il volo e mi incita a proseguire.
Avanzando arrivo alla quasi completa consapevolezza di essere impazzita. Intorno a me c’è una foresta che non è una foresta.
Le forme sembrano riconoscibili, ma tutto è colorato da pennellate pastello infantili, con alcuni spazi vuoti e altri troppo carichi di colore, senza che i contorni siano stati rispettati.
Vedo castelli di sabbia che nuotano dell’aria con tanto di pinne, braccioli e boccale.
Vedo cespugli cambiare forma per prendere le sembianze di disegni chiaramente nati dalla mano di un bambino.
La mia guida, tuttavia, prosegue decisa.
- Guarda, un fiume.
Noto all’improvviso.
Non so perché, ma mi sembra la prima cosa sensata che vedo.
- Quello non è un fiume - ribatte la lucciola - guarda meglio.
“Ovviamente” penso “perché dovrei stupirmi se c’è un fiume che non è un fiume”.
Mi avvicino alla riva, pensando di essere ormai pronta a tutto.
Non potrei essere più in errore.
La prima cosa che vedo è il viso paffuto di una bambina.
Sobbalzo dalla paura, ma la mia guida mi spinge a continuare a guardare.
Mi faccio coraggio e ritento.
La bambina paffuta non è nell’acqua come pensavo, ma è come se stessi guardando un film proiettato nel fiume. Come una pellicola.
La bambina sta gattonando felice verso due grosse mani e all’improvviso si tira in piedi e comincia a camminare. Dopo due passi cade rovinosamente sul tappeto.
Mia madre mi raccontava sempre che la prima volta che ho camminato ho fatto solo due passi prima di schiantarmi a terra.
Seguendo il corso del fiume la scena cambia. La bambina è più grande e sta piangendo a dirotto, mentre qualcuno la sta lasciando all’asilo.
- Questi sono i miei ricordi?
La lucciola non risponde.
Quando mi volto vedo che sta osservando il fiume come ipnotizzata. Poco sopra di lei appare uno specchio. Ha una forma strana, come se la parte inferiore fosse inclinata all’indietro, come un parabrezza.
- E quello cos’è?
La lucciola finalmente distoglie lo sguardo dal fiume e guarda nella direzione indicata.
- Io non vedo niente, proseguiamo.
Lo specchio, però è ancora lì e mi sta mostrando quelli che sembrano due coni di luce e una strada.
Una fitta dolorosissima mi trapassa la testa e comincio a respirare affannosamente.
- Cosa ti prende?
Chiede la lucciola.
Lo specchio è sparito e al suo pasto è tornata la melodia che avevo sentito prima.
Il dolore alla testa cessa di colpo. Decido di non darci peso, altrimenti non uscirò sana di mente da questo posto.
- Niente, andiamo.
Costeggiamo il fiume lasciandoci alle spalle fiori a forma di pastelli colorati e altalene a forma di porta o viceversa. Non mi è chiaro.
Il fiume, ad un certo punto, si divide.
Una parte continua a proseguire mantenendo un colore lucido e trasparente fino a diventare solo un piccolo ruscelletto, mentre l’altra parte, la più grande, inizia a diventare torbida e mossa, come un mare in tempesta.
Mi affaccio per cercare di capire il motivo del cambiamento, ma dopo aver visto un letto vuoto e una lapide con inciso un nome che non riesco a leggere, mi accorgo che la lucciola non mi sta seguendo.
- Cosa succede?
Le chiedo temendo un pericolo imminente.
- Non posso proseguire.
- Cosa? Non puoi mica abbandonarmi qui da sola.
- Non vorrei, ma l’ho già fatto.
La lucciola si trasforma nuovamente in lampione, poi sembra svanire.
La luce, però, sembra rimanere per permettermi di vedere, un po’ più chiaramente, quel posto innaturale.
La foresta sembra trasformarsi, tutto quello che prima era infantile e gioioso adesso è più adulto e cupo.
Ho paura di quello che mi aspetta qui.
Vorrei tornare da Teddy Mac Tenerello, lì mi sentivo sicura, ma guardando indietro vedo che il paesaggio pastello sta perdendo colore. Tutto quello che mi sono lasciata alle spalle perde a poco a poco vita e diventa grigio.
Inizio a correre, per paura che quell’assenza di colori inglobi anche me.
Un cespuglio di rovi, con delle lingue al posto delle spine, mi blocca il passaggio. Cerco di superarlo mentre le lingue mi feriscono la pelle come piccoli aghi.
Ho già provato questa sensazione. Un ricordo riaffiora e vedo le mie compagne di scuola che mi deridono per il mio peso eccessivo.
Scaccio quell’immagine, non è qualcosa che voglio ricordare. Superato il cespuglio di rovi vedo che alcune lingue mi sono rimaste attaccate addosso e non riesco a togliermele.
Il dolore che provocano continua a lacerarmi la pelle e il cuore.
Avanzando trovo un albero imponente con rami altissimi, impossibili da raggiungere.
Guardando distrattamente riesco a scorgere, sul ramo più basso, un frutto a forma di torta di compleanno.
Mi sembra di riconoscere il dolce che mia mamma aveva fatto per il mio dodicesimo compleanno e che io mi sono rifiutata di mangiare, per paura di ingrassare. Ricordo l’espressione sul suo viso.
Anche gli altri rami sono carichi di pietanze, ma non li guardo neanche. Io e il cibo non abbiamo un buon rapporto.
Lo specchio di prima appare di nuovo di fronte a me, sospeso in aria, e sempre inclinato. Rallento.
Qualcosa dentro di me mi urla di non guardare, ma non riesco a distogliere lo sguardo.
Scorgo nuovamente i coni di luce e la strada.
Un possente albero appare nello specchio, sulla sinistra, in lontananza, mentre la carreggiata comincia ad oscillare. L’immagine diventa sfocata, come se fosse stata immersa in acqua.
La fitta alla testa torna prepotente e il dolore quasi mi acceca.
Vedo giochi di luce davanti a me e sento un senso di oppressione al petto.
La musica si insinua nuovamente nel mio dolore e attenua a poco a poco la fitta.
Torno al presente, lo specchio è sparito.
“Non guarderò più quello strano oggetto, questo è poco, ma sicuro”.
Ricomincio a correre, ma all’improvviso inciampo e cado rovinosamente a terra.
Con le braccia mi proteggo il volto, ma non sento dolore.
Mi metto subito a sedere e noto che le mani non sono ferite.
Allora, mi volto e guardo cosa mi ha fatto cadere e vedo un bastone con una punta brillante che attira la mia attenzione.
Lo prendo in mano e noto che la parte alta ha la forma di un kiwi. L’uccello non il frutto.
Un ricordo si forma nella sua mente. Emily, la mia migliore amica, mi aveva regalato un ciondolo con quella forma, spiegandomi che il kiwi era l’unico uccello senza ali e coda.
Penso volesse comunicarmi qualcosa, ma non l’ho mai capito. L’ho tenuto al collo per diversi anni.
Torno al presente e riprendo il cammino aiutandomi col bastone.
Continuo a voltarmi indietro per paura di vedere il grigio avvicinarsi.
Il bastone mi sorregge in diverse occasioni, ma non mi accorgo di un crepaccio, nascosto dalla vegetazione insolita, e cado giù rovinosamente perdendo di vista il bastone.
Il volo non è altissimo, ma mi toglie il fiato.
La vista è appannata.
Aspetto che il respiro torni normale e mi tiro a sedere.
Mi accorgo di essere finita in una pianura piena di geyser che, invece di spruzzare acqua, eruttano fumo.
Non era la mia vista a essere appannata, ma è quel posto che è immerso nella nebbia dei fumi.
Provo a cercare di risalire il crepaccio, ma senza riuscirci.
Non ho alternativa che attraversare quel luogo impervio.
Devo fare continuamente attenzione a dove metto i piedi, mentre il fumo mi annebbia la mente e rende i suoni ovattati.
È una sensazione familiare. Un altro ricordo riaffiora. Sono sdraiata in una stanza, rido come una scema, mentre la musica e il fumo riempiono tutti gli spazi. Le facce degli altri sono confuse, ma riconosco Emily che cerca di portarmi fuori mentre io la mando via in malo modo.
Torno al presente, gli occhi pieni di lacrime, ripendo a correre.
Non voglio rimanere in questo posto un minuto di più. Voglio tornare a casa, ovunque sia.
Lo strano specchio riappare, ma questa volta non lo degno d'uno sguardo.
Sento il suono di uno schianto, ma nulla mi ferma.
Finalmente raggiungo la fine di quel terribile luogo e davanti a me c’è di nuovo la barriera blu.
Non so se è la via d’uscita, ma mi ci fiondo dentro.
Questa volta, però, la barriera mi respinge e ritorno indietro.
Ricomincio a piangere.
- Fammi uscire, non voglio rimanere qui.
Grido.
Tiro pugni e lancio tutti gli oggetti che trovo per terra, ma la parete rimane impassibile e restituisce tutto quello che le viene scagliato contro.
Mi volto col fiatone per vedere se qualcuno può aiutarmi. L’unica cosa che noto, però, è il grigio che avanza.
Chiamo la lucciola, urlo il nome di Emily, piagnucolo che voglio la mamma, invoco la musica familiare, ma nulla accade.
Il grigio sta per raggiungermi, ma non mi voglio dare per vinta.
Inizio a correre lungo la muraglia alla ricerca di un via d’uscita.
Corro a lungo, con tutte le mie forze. A intervalli regolari mi fermo per provare a uscire, ma vengo sempre rispedita indietro.
A un certo punto le energie mi vengono meno e mi accascio a terra.
Sento che la fine è vicina, ma non riesco a rassegnarmi.
Il grigio ormai lambisce la mia ombra. Ancora pochi istanti e mi inghiottirà.
Lo specchio appare nuovamente davanti a me con i suoi coni luminosi.
- Vattene.
Gli urlo.
Lui, però, rimane lì.
Gli lancio contro una pietra che, invece di romperlo, lo attraversa.
“Ecco la via d’uscita” penso.
Non ci rifletto, non voglio pensare a cosa mi aspetta lì, ma mi ci tuffo dentro a occhi chiusi, poco prima che il grigio mi raggiunga.

Sono alla guida di un’auto. Quella realtà riconoscibile stona messa a confronto con la foresta soprannaturale di poco fa.
La macchina è quella di mia madre che qualche volta prendevo in prestito con o senza il suo consenso.
Sul sedile accanto a me c’è una bottiglia mezza vuota di rum.
Non vedo bene la strada. Sono strafatta e sto piangendo. Il parabrezza è sporco di polvere.
Scorgo un possente albero, dall’altra parte della strada, farsi sempre più vicino.
So cosa sta per accadere e non voglio vederlo.
Cerco di frenare, ma il mio corpo non risponde, come se io fossi solo una mera spettatrice.
Voglio chiudere gli occhi, ma non posso fare neanche questo.
Provo a urlare, ma non odo nessun suono.
Il cuore batte all’impazzata.
La macchina continua sbandare.
Mi vedo cambiare corsia e andare incontro alla morte.
- Smettila. Lo so cosa sta per succedere. Fallo smettere.
Non voglio essere qui, ma l’auto procede inesorabile.
All’improvviso capisco cosa lo specchio si aspetti da me.
- D’accordo lo ammetto: l’incidente è stato colpa mia, volevo morire. Adesso, però, portami via.
Urlo con tutto il fiato che ho in corpo, e questa volta riesco a udire la mia voce.
Sento lo schianto, ma ormai sono lontana. Fluttuo in aria e mi sento leggera, senza peso.
Poi il dolore mi colpisce inaspettatamente, come un pugno.
Ho male ovunque. La testa e le braccia pulsano sofferenti e respirare è insopportabile.

Apro gli occhi.
La luce del giorno mi ferisce.
Sono in una stanza che non riconosco.
Sono attaccata a delle macchine che non smettono di fare bip.
Seduto sotto la finestra vedo James. Il mio amico di sempre, sta canticchiando una melodia familiare.
Emily è addormentata con la testa appoggiata sul mio letto.
Sento dei passi nel corridoio, volto la testa e vedo mia madre entrare in stanza.
Ci mette un attimo ad accorgersi che sono sveglia.
- Alysia.
Urla e corre ad abbracciarmi tra le lacrime.
Emily si sveglia e, insieme a James, mi avvolgono tra le loro braccia confortanti.
Loro singhiozzano, io piango.
- È stata colpa mia, ho deciso io di andare contro quell’albero.
Mugugno e finalmente, dopo quel l'ammissione, mi sento leggera e libera da un peso opprimente e pronta a ricominciare.
Loro, però, non ci fanno neanche caso e continuano a stringermi forte.
Alzo lo sguardo e vedo una foto appoggiata sul comodino.
Mio padre e la me bambina ridono felici, circondati dalle lucciole.
- Grazie.
Mormoro semplicemente. Poi, con un sospiro, accetto l’affetto dei miei cari, come un balsamo sulle ferite.


Laura Cazzari

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Re: Viaggio introspettivo

Messaggio#2 » venerdì 18 dicembre 2020, 18:47

Ciao. Eccomi, spero che il racconto piaccia e si capiscano tutti i riferimenti. Segnalo che ho inserito tutti e quattro i bonus.

Tema: E' un viaggio nella mente e nei ricordi della protagonista, quindi tutto è un simbolismo e nulla è come sembra

Bonus 1: Protagonisti adolescenti (Young Adult), la protagonista ha 16 anni.
Bonus 2: Almeno una scena che generi “sense of wonder”, alla fine ho cercato di inserire un po' di colpi di scena che creassero il "sense of wonder": il viaggio introspettivo è dovuto al'incidente che lei ha causato, la lucciola è il padre morto, gli amici erano con lei durante il suo viaggio....
Bonus 3: Uso di flashback e/o flashfoward, nella mente della protagonista riaffiorano, durante tutta la storia, dei ricordi.
Bonus 4: Uno specchio deve essere importante nella trama, uno specchio continua ad apparire nel suo viaggio introspettivo per portarla alla realtà. In realtà lo specchio è il parabrezza della sua macchina.
Laura Cazzari

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Re: Viaggio introspettivo

Messaggio#3 » lunedì 21 dicembre 2020, 22:22

A TUTTI I PARTECIPANTI:
Se volete che La Sfida diventi qualcosa di più di un esercizio di scrittura sta a voi impegnarvi. Anche nella fase dei commenti cercate di superare i vostri limiti. Fate critiche costruttive, cercate le lacune dei racconti che dovete leggere e non fatevi problemi nell’esprimere il vostro pensiero in maniera onesta.
La perfezione non passa da queste parti ma insieme potete aiutarvi a migliorare.
Ultima nota, affinché la comunità cresca, se non l’avete fatto vi consiglio di iscrivervi al gruppo Facebook de La Sfida a…
https://www.facebook.com/groups/215238252346692

Daniel Travis
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Re: Viaggio introspettivo

Messaggio#4 » martedì 22 dicembre 2020, 13:41

Secondo racconto ricco di potenziale che un po', confesso, finisce per deludermi.

Punti deboli: l'idea di un Alice in Wonderland lisergico per rielaborare - o, ancora meglio, affrontare - un incidente è fenomenale, mi fa accettare con tranquillità anche le pesanti allegorie volendo.
Sembra però che il racconto non abbia alcun interesse a impressionarmi, coinvolgermi o stupirmi: vuole solo darmi una lista di eventi che si sono susseguiti nella testa di una ragazza, eventi che sarebbe fighissimo esplorare emotivamente, e invece.
Ci sono ragioni specifiche, in world, per cui la protagonista non esprisce sense of wonder e, più avanti, quando comincia effettivamente a provare emozioni intense, che possono arrivare al lettore, cade direttamente nella paura (ma anche lì, paura di un dolore comprensibile, umano, chiaro se non a lei perlomeno al lettore fin dalla prima comparsa del parabrezza). Ci sono. E in più, il sense of wonder qui rappresenta un bonus, non un obbligo.
Eppure, portarmi in un viaggio lisergico ma affrontarlo con piatta, ripetitiva pacatezza (passaggi come Ok, un lampione mi sta parlando”. Forse sono impazzita, ma decido di rispondergli, Senza degnarmi di una risposta la lanterna si stacca dall’albero e si contorce implodendo su se stessa sembrano riassunti o parodie di un trip introspettivo, che tuttavia non ha la struttura di una parodia, e ci sono molti passaggi analoghi), non erode solo la meraviglia; erode il coinvolgimento in generale.
Poi ci sono piccole stonature come Ok, questo strano albero/lanterna è completamente inutile, ma magari potrebbe diventare il Virgilio di quello che ha tutta l’aria di essere il mio inferno personale”: aspetta, quale delle due? È completamente inutile o può guidarti in una situazione tanto aliena e spiacevole che non esiti a definirla il tuo inferno personale? Certo, potrbbe trattarsi di una contraddizione/errore della protagonista, ma finché viene presentato linearmente l'effetto non cambia.
Oppure - D’accordo lo ammetto: l’incidente è stato colpa mia, volevo morire. Adesso, però, portami via. - Urlo con tutto il fiato che ho in corpo, e questa volta riesco a udire la mia voce: perché non usare il punto esclamativo? Leggo tre frasi di seguito, tutte col punto fermo, una distaccata confessione, e poi vengo informato che il tono è tutt'altro a posteriori, senza un valido motivo. Easy fix, intendiamoci, basta aggiustare la punteggiatura.

Punti di forza: la premessa ha tutte le carte in regola per essere valorizzata al meglio. Ci sono dei set up buoni, come la melodia, che paga nel finale.
Questo passaggio, poi, è un ottimo scorcio, drasticamente più sottile e aggraziato delle altre allegorie allucinatorie: Anche gli altri rami sono carichi di pietanze, ma non li guardo neanche. Io e il cibo non abbiamo un buon rapporto.. Si tratta di una buona apertura sulla vita della protagonista, e incidentalmente genera più sense of wonder del resto, perché mi lascia a immaginare (wonder) il legame tra un elemento del paesaggio straordinario e un problema di profondità inaspettata, lasciata vaga nel migliore dei modi.
Il Crocicchio è un punto tra le cose. Qui si incontrano Dei e Diavoli e si stringono patti. Qui, dopo aver trapassato i vampiri e averli inchiodati a terra, decapitati, bruciati, si gettano al vento le loro ceneri.
Il Crocicchio è un luogo di possibilità.

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Laura Cazzari
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Re: Viaggio introspettivo

Messaggio#5 » martedì 22 dicembre 2020, 14:02

Daniel Travis ha scritto:Secondo racconto ricco di potenziale che un po', confesso, finisce per deludermi.

Punti deboli: l'idea di un Alice in Wonderland lisergico per rielaborare - o, ancora meglio, affrontare - un incidente è fenomenale, mi fa accettare con tranquillità anche le pesanti allegorie volendo.
Sembra però che il racconto non abbia alcun interesse a impressionarmi, coinvolgermi o stupirmi: vuole solo darmi una lista di eventi che si sono susseguiti nella testa di una ragazza, eventi che sarebbe fighissimo esplorare emotivamente, e invece.
Ci sono ragioni specifiche, in world, per cui la protagonista non esprisce sense of wonder e, più avanti, quando comincia effettivamente a provare emozioni intense, che possono arrivare al lettore, cade direttamente nella paura (ma anche lì, paura di un dolore comprensibile, umano, chiaro se non a lei perlomeno al lettore fin dalla prima comparsa del parabrezza). Ci sono. E in più, il sense of wonder qui rappresenta un bonus, non un obbligo.
Eppure, portarmi in un viaggio lisergico ma affrontarlo con piatta, ripetitiva pacatezza (passaggi come Ok, un lampione mi sta parlando”. Forse sono impazzita, ma decido di rispondergli, Senza degnarmi di una risposta la lanterna si stacca dall’albero e si contorce implodendo su se stessa sembrano riassunti o parodie di un trip introspettivo, che tuttavia non ha la struttura di una parodia, e ci sono molti passaggi analoghi), non erode solo la meraviglia; erode il coinvolgimento in generale.
Poi ci sono piccole stonature come Ok, questo strano albero/lanterna è completamente inutile, ma magari potrebbe diventare il Virgilio di quello che ha tutta l’aria di essere il mio inferno personale”: aspetta, quale delle due? È completamente inutile o può guidarti in una situazione tanto aliena e spiacevole che non esiti a definirla il tuo inferno personale? Certo, potrbbe trattarsi di una contraddizione/errore della protagonista, ma finché viene presentato linearmente l'effetto non cambia.
Oppure - D’accordo lo ammetto: l’incidente è stato colpa mia, volevo morire. Adesso, però, portami via. - Urlo con tutto il fiato che ho in corpo, e questa volta riesco a udire la mia voce: perché non usare il punto esclamativo? Leggo tre frasi di seguito, tutte col punto fermo, una distaccata confessione, e poi vengo informato che il tono è tutt'altro a posteriori, senza un valido motivo. Easy fix, intendiamoci, basta aggiustare la punteggiatura.


Ciao Daniel, grazie per la tua dettagliata analisi. Non so se hai letto il mio commento ma il sense of wonder riguardava non solo la confessione della ragazza, ma anche la figura del padre morto che l'ha accompagnata nel viaggio finchè ha potuto. Il lampione, la lucciola sono tutte forme della luce che poi la accompagna nel suo viaggio o nella vita come un'aura protettrice anche dopo la sua morte. Mi spiace che molti collegamenti non ti siano saltati all'occhio, forse non li ho dettagliati troppo, ma volevo mantenere il grande dettame show not tell. Col racconto ho voluto creare un enorme parallelismo tra la sua vitae il suo inconscio trasformandolo in introspezione. Spero che ti risulti più chiaro il tutto adesso. :) Infine davvero mi stupisce che tu abbia trovato distaccatezza e non coinvolgimento nel racconto perchè mentre lo scrivevo ho provato un sacco di emozioni, mi spiace che non siano trapelate.
Laura Cazzari

Daniel Travis
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Re: Viaggio introspettivo

Messaggio#6 » martedì 22 dicembre 2020, 14:44

Non so se hai letto il mio commento ma il sense of wonder riguardava non solo la confessione della ragazza, ma anche la figura del padre morto che l'ha accompagnata nel viaggio finchè ha potuto. Il lampione, la lucciola sono tutte forme della luce che poi la accompagna nel suo viaggio o nella vita come un'aura protettrice anche dopo la sua morte. Mi spiace che molti collegamenti non ti siano saltati all'occhio, forse non li ho dettagliati troppo, ma volevo mantenere il grande dettame show not tell. Col racconto ho voluto creare un enorme parallelismo tra la sua vitae il suo inconscio trasformandolo in introspezione. Spero che ti risulti più chiaro il tutto adesso.

Tranquilla, i collegamenti sono molto chiari anche alla prima lettura (non a caso li ho chiamati "pesanti allegorie" e ne ho citati alcuni anche nel commento): il potenziale, il groundwork, i pezzi, ci sono; è l'esecuzione - l'assemblaggio, se vogliamo - che, secondo me, va ritoccata a dovere.
Spero che ti risulti più chiaro il tutto adesso. :) Infine davvero mi stupisce che tu abbia trovato distaccatezza e non coinvolgimento nel racconto perchè mentre lo scrivevo ho provato un sacco di emozioni, mi spiace che non siano trapelate.

Lo immaginavo, non si tratta di un problema irrisolvibile però: bisogna lavorare sulla forma. La scelta del lessico, il ritmo, la punteggiatura che al momento suggeriscono piattezza si possono aggiustare nella direzione emotiva desiderata. Immagina di avere tratteggiato la trama di un film, che però al momento è privo di effetti speciali, recitazione, colonna sonora - solo che tutti questi elementi vanno fatti con le parole, i segni e le pause.
Insomma, ottima idea, da portare a compimento.
Il Crocicchio è un punto tra le cose. Qui si incontrano Dei e Diavoli e si stringono patti. Qui, dopo aver trapassato i vampiri e averli inchiodati a terra, decapitati, bruciati, si gettano al vento le loro ceneri.
Il Crocicchio è un luogo di possibilità.

Dario17
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Re: Viaggio introspettivo

Messaggio#7 » martedì 29 dicembre 2020, 17:26

Prendo per buono il tema, seppur tra molte virgolette. Il fatto che il racconto sia dall'inizio una passeggiata nell'inconscio e nella fantasia durante un coma e che quindi vi sia simbolismo dietro le immagini e gli oggetti mi pare semplicistico.
Stesso discorso per i bonus: ci sono ma sono stati rispettati con sforzo minimo. Per il sense of wonder sarebbe bene spingere un po' più sull'accelleratore delle idee, però.
Il racconto l'ho trovato poco originale. Troppo poco originale.
È una passeggiata nell'inconscio della protagonista che comunica con il lettore tramite flusso di coscienza.
Anche l'accompagnatore etereo ha un gusto noto, più che di un topos letterario è un clichè.
I dialoghi, piuttosto fiabeschi e già noti ai più, non mi sollecitano a proseguire la lettura.
La protagonista ripercorre la sua esistenza, vuole fuggire e poi si sveglia. Manca mordente, pathos, un bel conflitto che tenga sulle spine.
Va ritoccato anche lo stile, a mio avviso: è una scrittura acerba e poco ricercata, non scorretta anche se vi sono sparse qua e la ripetizioni, avverbi in -mente poco funzionali, i "quasi", la virgola seguita dalla congiunzione "e"...
La prima persona è stata una scelta azzeccata e funzionale per l'idea che avevi in mente, però il narratore a volte si lascia un po' andare con dei commentini poco eleganti che sfiorano la battutina da cabaret.
Uno su tutti il:

Lo prendo in mano e noto che la parte alta ha la forma di un kiwi. L’uccello non il frutto.

Altro concetto che ti voglio segnalare è questo:

"Mi volto verso la barriera, inspiro profondamente, come se stessi per tuffarmi in mare, e avanzo.
Attraverso un muro che ha la consistenza di un budino."
Così sembra che dopo qualche decina di passi incontri la barriera ma poche righe sopra, descrivendo l'ambiente, poni la barriera alla fine di uno "sguardo che spazia libero".
Le distante un po' farfalline, seppur in "un luogo non luogo", mi disorientano quando leggo.

Va fatto un buon lavoro di riscrittura, a mio avviso.

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Hayà
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Re: Viaggio introspettivo

Messaggio#8 » mercoledì 30 dicembre 2020, 11:51

Ciao Laura, è un piacere leggerti.

Allora, premetto subito che ho adorato molto l'idea: ho un certo debole per le storie di questo genere perciò mi ha coinvolto fin da subito. Lo stile l'ho trovato buono, molto pulito, e i simbolismi che si susseguono li ho apprezzati molto (la scena con i geyser mi ha colpito particolarmente, così come la scena della lucciola che si sofferma a guardare i ricordi di sua figlia nel fiume).
Lascerò la parola ai giudici, ma per me i bonus sono tutti da attribuire, così come il tema è stato azzeccato. Mi piace pensare che "nulla è come sembra" non sia solo legato all'esperienza di pre-morte, ma anche alla confessione della protagonista. Mi piace molto come hai utilizzato lo specchio in questo contesto.

Però ho delle note dolenti da commentare.

Inizio da cose puramente tecniche e di forma. Ho notato un paio di refusi e piccole accortezze di punteggiatura che inserirò qui:

Un campo di fiori, completamente grigio si estende sotto i miei piedi per diversi chilometri.

Dopo grigio manca una virgola, oppure toglila direttamente dopo fiori.

Sono sola in mezzo al prato grigio. L’unica cosa che vedo accanto a me è un albero e da questo albero spunta una lanterna.

C'è una ripetizione forzata di "albero". Forse un semplice "da cui" avrebbe perfettamente funzionato.

Alzo la testa per cercare di capire contro cosa ho sbattuto.

Viene ripetuto due volte il fatto che abbia sbattuto.

Lo specchio è sparito e al suo pasto è tornata la melodia che avevo sentito prima.

"Posto" al posto di pasto.

Torno al presente, gli occhi pieni di lacrime, ripendo a correre.

"Riprendo"

Però questi sono cose di poco conto, lo ammetto, facilmente sistemabili con una rilettura.

La lucciola si trasforma nuovamente in lampione, poi sembra svanire.
La luce, però, sembra rimanere per permettermi di vedere, un po’ più chiaramente, quel posto innaturale.
La foresta sembra trasformarsi, tutto quello che prima era infantile e gioioso adesso è più adulto e cupo.


Ora, disclaimer totale: NON sono una scrittrice professionista, né una editor. Ho solo studiato da autodidatta e con la mia esperienza, ma una delle cose che spesso leggo è di evitare i verbi come "sembrare". Qui penso sia un buon esempio. La lucciola "sembra" svanire, la luce "sembra" rimanere, la foresta "sembra" trasformarsi.
Se togli i sembra, le frasi hanno un effetto maggiore. La lucciola svanisce, la luce rimane, la foresta si trasforma.

Ovviamente, prendi questo consiglio un po' con le pinze, sono anche delle sensazioni che ho avuto io leggendo :)

- D’accordo lo ammetto: l’incidente è stato colpa mia, volevo morire. Adesso, però, portami via.
Urlo con tutto il fiato che ho in corpo, e questa volta riesco a udire la mia voce.

Qui cambierei la punteggiatura, aggiungendo un bel punto esclamativo. Non mi pare stia urlando! (Anche se ammetto che dirlo come una confessione funziona comunque, ma stona con la spiegazione che dai dopo).

Ho inoltre un altro problema con la formattazione della storia.
Dopo un dialogo dove descrivi le azioni di qualcuno, non serve andare a capo.
Esempi:
- Tu.
Risponde semplicemente il lampione.


- La luce ha varie forme.
Risponde semplicemente alla mia domanda inespressa, accoccolandosi sulla mia spalla.


Basta aggiungerlo dopo. Ammetto che leggerlo era un po' strano. Sembravano azioni che accadevano all'esterno del dialogo, quando invece lo accompagnavano.

Ora parlerò del contenuto.

Come ripeto, la trama l'ho trovata buona, e l'ho trovato un buon "viaggio" nella mente della protagonista. Le descrizioni le ho trovate piuttosto azzeccate e in tema con il sense of wonder, anche se penso che se la protagonista avesse agito in qualche scena avrebbe avuto un effetto migliore. Il miglior esempio che mi viene in mente è quando raggiunge la foresta con i castelli volanti (descrizione molto buona!): per rendere tutto più "tangibile" forse la protagonista avrebbe potuto provare a toccare uno degli alberi, ad esempio.

Ho una nota dolente su una questione di contenuto: durante il viaggio veniamo a conoscenza di alcune persone importanti per Alysia, ad eccezione di una. James.
Viene solo detto che si conoscono da sempre, ma nella visione di lui non c'è proprio menzione, al contrario di Emily. Vedere Emily aspettare il risveglio dell'amica ha un certo effetto dopo averla conosciuta durante il viaggio, ma per James questo effetto è praticamente assente. Qualche riferimento su di lui durante il viaggio avrebbe aiutato parecchio.

Insomma, il tema mi è piaciuto molto, l'idea la trovo molto buona, ma la storia in sé l'ho trovata un po' "piatta": la protagonista non reagisce molto di fronte a cosa succede (ad eccezione di alcune scene verso la fine). Penso che qualche riferimento in più alla questione della sua "scelta" sull'incidente avrebbe reso più interessanti le cose. Però ho comunque apprezzato.

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Puch89
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Re: Viaggio introspettivo

Messaggio#9 » lunedì 4 gennaio 2021, 15:30

Ciao Laura.
Racconto che si basa su un'idea decisamente abusata il tuo, il che non mi ha permesso di leggere con molto entusiasmo. Sarà che il viaggio introspettivo e comatoso è talmente abusato (anch'io qui se non sbaglio l'ho utilizzato una volta o due) che ormai per stupirmi dev'essere davvero brillante. La tua idea di viaggio introspettivo non mi è dispiaciuta, devo concedertelo, la cosa che ho apprezzato maggiormente è il modo in cui hai utilizzato certi simbolismi, che vanno a rappresentare i punti cardine o elementi fondamentali nella vita di Alysia. L'orsacchiotto, il rovo di spine con le lingue l'albero con il cibo, persino la melodia che proveniva dal suo amico di sempre James. Davvero ben fatto, sono stati elementi molto evocativi. Ma ahimè, per quanto tu abbia disseminato il racconto di elementi evocativi, sembra che ti sia sforzata il più possibile per togliere ogni forma di evocatività, rendendoli asettici e privi di magia, il che è assurdo in un contest che prevede il sense of wonder. Vedi, lo stile non mi convince. Hai didascalizzato l'intera vicenda in modo molto freddo e poco emotivo, e in un viaggio introspettivo del genere mi sembra davvero poco appropriato. Alysia attraversa questo piccolo mondo interagendo con oggetti inanimati parlanti, lucciole parlanti, foreste colorate che poi si ingrigiscono, e quanto c'è di più assurdo, ma non si evince nessun coinvolgimento emotivo in questo; hai cercato di risaltare il suo stupore qua e là, ma a mio avviso non è stato sufficiente: sembrava come se Alysia sapesse perfettamente che quello fosse un viaggio dal coma al risveglio. E' un peccato che tu non abbia reso più profondamente l'emotività del personaggio principale, ne avrebbe giovato di molto l'intera vicenda, a mio avviso. Così è solo una didascalia di eventi, una lista della spesa. Mi dispiacere essere così critico, ma non sono riuscito a lasciarmi trasportare, non ho trovato coinvolgimento emotivo nel modo in cui hai rappresentato questo percorso verso il risveglio.
Parlando di tema e bonus; nulla è come sembra, la traccia base ce l'abbiamo a modo suo. Lo specchio c'è, è un ennesimo clichè (entro nello specchio) ma l'ho usato anch'io 'sto giro quindi non criticherò la scelta. Abbiamo il flashback nella macchina. Il sense of wonder ne esce un po' sconfitto, l'hai preso eh, ma al minimo sindacale, il che, ripeto, è assurdo in un racconto alla Alice in wonderland. Il racconto meriterebbe di essere rivisto e ripensato in termini diversi, lasciando andare a ruota libera di più l'estro sacrificando un po' di senso analitico, eccessivo e freddo in un mood del genere.
In conclusione, racconto discreto che poteva essere migliore, ma di base soffre del problema di utilizzare un'idea talmente tanto abusata che si parte svantaggiati per fare qualcosa di davvero originale.

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Fagiolo17
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Re: Viaggio introspettivo

Messaggio#10 » martedì 5 gennaio 2021, 13:12

Ciao Laura, non mi dilungo su tema, bonus e trama di cui hanno già parlato quelli che mi hanno preceduto.
Ci tengo però a farti notare che nel tuo testo ci sono circa trenta avverbi in -mente, una ventina di "vedo" e una decina di "guardo".
Uno dei consigli più diffusi nella scrittura moderna è quello di eliminare più possibili i verbi percettivi dalla narrazione, ancora di più se fatta in prima persona.
Se siamo dentro la testa del personaggio non hai bisogno di utilizzare tali forme, quello che descrivi è quello che il personaggio vede o sente. In base a quanti dettagli inserisci mi stai comunicando quanto a fondo guarda quell'immagine o ascolta quel suono.

Ti faccio un esempio.
1. Entro in camera e vedo sul comodino un libro.
in questo caso l'utilizzo di vedo è inutile e facilmente sostituibile costruendo meglio la frase.

2.Entro in camera, sul comodino è appoggiato un libro rosso.
vedo un libro rosso, ma non sono particolarmente interessato.

3. Entro in camera, sul comodino è appoggiato un libro dalla copertina rossa, dalle pagine rovinate spunta uno scontrino usato come segnalibro.
il libro attira la mia attenzione, quindi aggiungo dettagli e lo caratterizzo meglio.

Sugli avverbi in -mente il discorso è ampio. Ovunque la frase possa reggersi anche senza andrebbero eliminati. Inoltre bisogna trovare la parola più adatta che non abbia bisogno di essere specificata da un avverbio. Spesso li aggiungiamo gli avverbi per dar forza ad un concetto, ma senza che ce ne sia veramente bisogno.

Corro velocemente. hai mai visto qualcuno correre lentamente? a quel punto sta camminando
Mangio voracemente = mi strafogo
guardo insistentemente = fisso

Spero che il mio commento possa esserti utile. Non voglio essere saccente o sfacciato. Mi piacerebbe fosse un buon suggerimento per migliorare il tuo stile.
ogni volta che finisco di scrivere io uso il tasto trova e cerco tutti i mente, i vedo, i sento, i noto, i guardo, i dopo, i quando, i poi e via dicendo e li elimino. piano piano ne sto usando sempre meno e mi sembra che la mia scrittura stia migliorando grazie a questi piccoli accorgimenti.

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wladimiro.borchi
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Re: Viaggio introspettivo

Messaggio#11 » martedì 5 gennaio 2021, 14:17

Ciao Laura.
Leggendo i consigli di scrittura di Chuck Palaniuk ce n'era uno che proprio non riuscivo ad afferrare.
Quel mostro di scrittore, a un tratto, consiglia di sfruttare a pieno le potenzialità della narrativa, quella sua versatilità che è in grado di distinguerla dagli altri linguaggi (cinema, teatro, televisione ecc.).
Leggere il tuo racconto mi ha chiarito il concetto. Non dico che non ci siano stati film diretti a esplorare immagini come quelle da te evocate, ma la resa, per forza di cose, era inferiore. Immagino dipenda dal fatto che la parola scritta si serva dell'immaginazione di chi legge: tratteggia i contorni degli oggetti e lascia al lettore il compito di riempirli fino in fondo di luci e colori.
Quindi, complimenti per la scelta coraggiosa e per l'idea.
Il racconto mi è piaciuto e, al netto di avverbi in -ente e verbi percettivi che ti sono stati fatti notare (com'è giusto che sia, perché siamo qui tutti per aiutarci e migliorarci a vicenda) mi ha preso fin dall'inizio e mi ha accompagnato a un finale non scontato (la visione della lapide, infatti, chiamava morte, non redenzione).
Vero che avresti potuto sfruttare meglio le reazioni della tua protagonista alle immagini inquietanti e allo smarrimento, ma io ci ho letto prevalentemente una ricerca di leggerezza young-adult in linea con l'occupazione della nostra giudice suprema.
L'unica cosa che non ho capito è come fosse posizionata l'originaria lanterna sull'albero, dove fossero i cardini sopra i quali ruotava e il senso di rotazione. Lì mi sono davvero un po' perso ed essendo all'inizio della storia ho dovuto fare un po' di fatica a rientrare.
Complimenti ancora.
W

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Eugene Fitzherbert
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Re: Viaggio introspettivo

Messaggio#12 » martedì 5 gennaio 2021, 18:36

Caio, Laura,
bentrovata quaggiù nella sfida!
Ho letto il tuo racconto e mi è piaciuto per molti versi, tipo le suggestioni visive, le immagini oniriche, in certa misura anche per le allegorie (anche se alcune sono un po' telefonate.
Purtroppo quello hce non mi ha veramente agganciato è il motivo per cui la nostra protagonista stia affrontando questa mini epopea. Perché deve riconoscere il fatto di essersi uccisa (o aver tentato)? cosa le cambia saperlo. (Non mi rispondere CAMBIA TANTO! :D, è implicito che ci sia il cambiamento, ma mi stai raccontando una storia, e una cosa del genere è meglio non lasciarla nel territorio aleatorio dell'implicito). Sarebbe dovuto emergere, suffragato dalle splendide immagini che hai dipinto, anzi le immagini stesse avrebbero dovuto far percepire lo struggle della ragazza.
Il finale redentorio è bello, indubbiamente, con un suo interessante dei dettagli (l'amica che sta con la testa appoggiata al letto... Non so quante volte l'ho vista, e non puoi immaginare quanto sia VERA!), è però costruito sul nulla, e questo purtroppo gli toglie forza. Io non ho tifato per la protagonista, perché non sapevo neanche a cosa stava giocando.
Dovresti curare le scene in modo da creare un conflitto che spinga la storia in avanti, dovresti mettere in difficoltà la tua protagonista e farla uscire dai guai cambiata, dopo aver fatto un passo in più verso la sua redenzione. Capisci cosa intendo?

Dal punto di vista stilistico, valgono le stesse cose che ti sono già state menzionate. Non mi ripeto, perché sarebbe pleonastico.
Come sempre ti prego di non prendere questi commenti sul personale, anzi, al contrario: siamo qui tutti per migliorare. Sono contento di averti letto e spero che con questi piccoli suggerimenti tu riesca a migliorare la storia.
A presto!

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