Il palloncino in chiesa

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Davide_Mannucci
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Il palloncino in chiesa

Messaggio#1 » lunedì 21 dicembre 2020, 23:59

IL PALLONCINO IN CHIESA

Un palloncino qui non dovrebbe starci. Esploro l’interno della chiesa come se cercassi qualcuno capace di spiegarmi questa assurdità. La mamma piange e la signora Valdesini continua a dire che un’omelia così non si sente neanche dal Papa. Quel palloncino mi osserva come a sfidarmi. Vuoi giocare con me?
Giacomo mi prende la mano e mi regala un bacio sulla guancia. “Che caro ragazzo” sento sussurrare dalla panca dietro a me. Davvero caro, peccato che si sia scopato la mia migliore amica. Che schifo. Un vero e proprio bravo ragazzo quel Giacomo. E pensare che non posso neanche incazzarmi con quella troia, non posso proprio, per via di quel cazzo di palloncino. E come si fa?
Mi fa male il collo, è sempre più gonfio e tutti mi guardano. Certo, una sciarpa a maggio non passa proprio inosservata. Però chi se ne frega, tanto lo sanno tutti che Elisa, la povera dolce figlia di Gemma, tra poco tira le cuoia.
“Hai saputo della figliola della sarta? Non vuole curarsi. Ma io proprio non capisco. Quello è uno dei rari tumori che se sei giovane puoi cavartela. Ah certo, devi fare chemio e radio”.
Eh certo, brutte troie baciapile, cosa vuoi che sia un po’ di radio a vent’anni. Vaffanculo.
Il prete – gran bel fico, cazzo – si diverte a fare il girotondo col suo barattolino del fumo; mi piace l’incenso.
Ma quel palloncino, proprio non dovrebbe starci qua.
“Non voglio curarmi Don Gabriel, no, non voglio, ok? Ho paura e non mi va di perdere i capelli, stare male e fare il viottolo tra casa mia e quel maledetto reparto del Policlinico”. Parlare con il Don non è servito a niente, ma almeno le mie pupille hanno goduto per qualche ora. Ma cosa devo cambiare idea? Ma si rendono conto che soffrire a vent’anni è una cazzata che se davvero l’ha inventata Dio c’è da aver paura?
Dopo la funzione il Don mi vuole in sagrestia. Che palle, un altro predicozzo sulla necessità di curarsi. Se almeno mi chiedesse quale sia il mio ultimo desiderio potrei farmelo lì, in mezzo a ceri e gonnelle colorate. Che mi lasciasse in pace anche lui. Ma dove sta scritto che io non possa decidere di non curarmi? Ho vent’anni cazzo e non ho voglia di vedere la spazzola piena di capelli o la tazza del cesso davanti alla faccia chissà quante volte al giorno. Il babbo alla fine mi disse che non ne poteva più. Mi viene la nausea, devo uscire di qua. E quel maledetto palloncino è ancora lì, beffardo e fiero. Non si muove neanche, accidenti a lui, neanche un filo di vento. Si soffoca qua dentro.
La gente si alza, la musica sembra volare, proprio come quelle ali d’aquila di cui parla il testo. Tutti intorno a me piangono, o fanno finta di commuoversi, come le troie baciapile che parlano di chemioterapia come se fosse la tintura fatta sabato dal parrucchiere. Il prete, sempre più materassabile, anche con quel ridicolo mantello viola sopra la veste bianca, cerca una via d’uscita dalla calca. Quindi vuoi scappare anche tu dalle grinfie del palloncino eh? Mi avvicino all’altare e quella sfera gonfia d’aria sembra perdere il suo potere e lascia la scena a lei, la piccola Gloria chiusa dentro quello che è lo spettacolo più schifoso del mondo: una bara bianca in chiesa.
Le mani si arrendono e si accasciano sul legno freddo e le immagini tornano a rincorrersi, proprio come facevamo io e Gloria l’estate scorsa nel pratone a Vallombrosa. “La babysitter più fica del mondo”, questo ero. Mi unisco al concerto di lacrime e, come un ceffone a mano aperta, mi arriva quella sera, quella schifosa ultima sera con lei. “Non affaticarla troppo e valle vicino, si sente appena quello che dice”. Eppure avevo sentito molto bene e anche adesso lo sento, mia piccola saggia sorellina mancata. Ti ho promesso di andare a Disneyworld, con o senza di te. Sì, l’ho fatta quella promessa. Ma che cazzo ne sapevo io che sarebbe arrivato Hodgkin col suo linfoma? No, non potevi saperlo neanche tu.
Il legno bianco scompare, e una nuvola di fumo grigio mi avvolge. La musica sfuma e la tua voce mi accarezza.
“Prendi lo sciroppo, Elisa e portami la foto con Olaf e Topolino”.
Le troie baciapile mi passano accanto e il fumo grigio se ne va. Sorridono le bagasce, come se avessero capito.
Come se sapessero che andrò a Disneyworld. Cazzo Gloria se ci andrò!
Ultima modifica di Davide_Mannucci il martedì 22 dicembre 2020, 0:08, modificato 1 volta in totale.


Davide Mannucci

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antico
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Re: Il palloncino in chiesa

Messaggio#2 » martedì 22 dicembre 2020, 0:03

Ciao Davide! Stai dando continuità alle tue partecipazioni, ottimo! Tutto ok con i parametri, buona Davide Del Popolo Riolo Edition!

alexandra.fischer
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Re: Il palloncino in chiesa

Messaggio#3 » mercoledì 23 dicembre 2020, 18:10

IL PALLONCINO IN CHIESA di Davide Mannucci Tema centrato. Storia amarissima. Elisa vede i suoi vent’anni distrutti dal linfoma di Hodgkin che si aggiunge a una vita difficile (ha perso il lavoro di bambinaia, il suo fidanzato l’ha tradita con un’altra). L’atmosfera della storia è cupa: il palloncino in chiesa, quello di troppo, è parte del funerale della migliore amica di lei, Gloria, morta dello stesso male. II finale acquista speranza quando lei ricorda l’ultima estate trascorsa con l’amica e la promessa di visitare insieme Disneyworld. Allora decide di curarsi per onorare l’amica scomparsa.

Punti di forza: il rifiuto di Elisa di curarsi per via delle sofferenze che dovrà affrontare. Il linguaggio parlato, giovanile e con espressioni di ferocia nei riguardi dell’ipocrisia delle baciapile e del fidanzato fedifrago presente in chiesa a salutarla. Il lato trasgressivo di lei, che desidera il bel sacerdote. E sul finale, la voce in spirito dell’amica che la invita a cominciare la cura e a portarle la foto di Olaf e Topolino da Disneyworld.

Punti deboli: frasi che ti riporto qui corrette.
Un vero e proprio bravo ragazzo, Giacomo.
tanto lo sanno tutti che la qui presente Elisa, la povera dolce figlia di Gemma, fra poco tirerà le cuoia.
“Non affaticarla troppo. Avvicinati a lei, si sente appena quel che dice”.
Eppure, mia piccola saggia sorellina mancata, ti avevo ascoltato molto bene come anche adesso.
Cazzo, Gloria, se ci andrò.

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Stefano.Moretto
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Re: Il palloncino in chiesa

Messaggio#4 » giovedì 24 dicembre 2020, 16:46

Ciao Davide
mi aspettavo una bella prova da parte tua dopo quello che mi hai fatto leggere il mese scorso. Devo dire che per certi aspetti mi hai soddisfatto, per altri no. La storia è tragicamente bella e lo stile con cui la riporti è buono, ma ti sei un po' autosabotato con la distribuzione delle informazioni che rendono la trama molto confusa alla prima lettura. C'è bisogno quantomeno di una rilettura dopo la prima per riuscire a capire tutto al volo perché ci sono molti elementi che inizialmente non si possono capire. Ad esempio:
La mamma piange e la signora Valdesini continua a dire che un’omelia così non si sente neanche dal Papa.

Questa è la terza frase del racconto. Arrivato qui ho pensato "o c'è qualcosa che non ho capito, o ci sarà un colpo di scena oppure l'omelia era davvero molto bella". Ho optato per la terza opzione per quasi tutto il racconto finché, quasi alla fine, non ho scoperto che era in atto un funerale. E lì mi ha stravolto la visione di tutti gli eventi precedenti. Era un dettaglio, secondo me, da inserire subito per far capire il contesto. Anche perché il punto di vista non è affatto chiaro all'inizio. In particolare questa frase:
Mi fa male il collo, è sempre più gonfio e tutti mi guardano. Certo, una sciarpa a maggio non passa proprio inosservata. Però chi se ne frega, tanto lo sanno tutti che Elisa, la povera dolce figlia di Gemma, tra poco tira le cuoia.

Ci ho messo un po' per capire che stava pensando di sé in terza persona, non è stato proprio immediato per me. Insomma sono stato per un bel pezzo senza capire chi fosse "l'io narrante".
Quando però si hanno tutte le informazioni il testo scorre molto bene, prova che il tuo stile è buono.
Non so come rapportarmi invece con la ragazza "in calore" per il prete al funerale della sorellina(?), è uno degli elementi che mi ha causato un po' di dissonanza nel tutto.
Insomma, mi hai confuso. Da un lato mi piace molto, da un altro ci sono elementi che mi fanno storcere il naso. Credo mi piacerebbe leggere di tuo qualcosa di più strutturato e progettato con cura. Vedo che per Odissea Wonderland non sei nel gruppo che devo valutare, ma per curiosità lo leggerò lo stesso, voglio vedere se con molto più tempo e molti più caratteri hai sfornato qualcosa di veramente bello come mi aspetto.

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Pretorian
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Re: Il palloncino in chiesa

Messaggio#5 » giovedì 24 dicembre 2020, 18:31

Ciao, Davide e piacere di leggerti.
Dunque il racconto ha uno stile efficace e un personaggio con una caratterizzazione interessante, pur se incompleta, a mio avviso.
Stile e trama presentano comunque delle problematiche: il primo , benché estremamente curato, in alcuni frangenti presenta un'uscita dal personaggio, che porta all'emersione del narratore. Elisa percepisce letteralmente qualsiasi cosa che avviene accanto a lei, al punto che diviene evidente che il POV non è più il suo, ma quello di qualcuno che ha chiara la situazione in tutta la chiesa. Anche il continuo intervenire dei suoi giudizi nel testo, a lungo andare, danneggia la narrazione, perché spostano costantemente l'attenzione dalle azioni ai pensieri, più di quanto un testo così breve meriterebbe. Sulla trama, ho l'impressione che tu abbia infilato troppi temi diversi in un solo testo: abbiamo il tema dell'ipocrisia degli astanti (ma perché? Non si capisce in cosa starebbe il loro giudizio negativo, almeno, non fino al livello di rabbia che la protagonista dimostra praticamente in ogni riga) quello della malattia di Elisa (anche qui, non si capisce perché lei abbia deciso sostanzialmente di morire. Il suo rapporto con Gloria la fa sembrare una persona estremamente vitale, anzi, la parte finale sembrerebbe doverla spingere più a voler vivere per poter esaudire l'ultimo desiderio della sua amica, piuttosto che a voler morire) e quello della morte di Gloria (lo so che doveva essere il colpo di scena legato al concretizzarsi del significato del palloncino, ma gli dedichi troppo poco spazio perché possa davvero svelarsi tutta la sua carica drammatica). Troppa roba per troppi pochi caratteri, decisamente.

Alla prossima!

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Jacopo Berti
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Re: Il palloncino in chiesa

Messaggio#6 » domenica 27 dicembre 2020, 0:04

Il palloncino è il simbolo della morte di una ragazzina, così come la bara bianca. La seconda è facilmente identificabile, il primo no; e infatti davvero una delle domande che ci si pone leggendo il tuo racconto è perché tratti come “elemento sorpresa” il fatto che la funzione sia un funerale. Siamo in una chiesa nella quale si svolge un funerale e questo, a rigor di logica, dovrebbe essere la prima cosa che viene detta o mostrata. Eppure, il punto di vista è quello di una ragazza ventenne. Oggi, a quest’età si può essere ancora adolescenti, come lei, diventata grande amica di una ragazzina a cui faceva da babysitter. Sta passando attraverso una fase di negazione della realtà sia della morte dell’amica che della sua malattia che, se non curata, condurrà alla morte lei stessa. Elisa “vede” il palloncino, “vede” la gente che parla male di lei e che commenta la sua scelta, “vede” il parroco figo, “vede tutto” pur di non vedere la bara con dentro Gloria, davanti all’altare, al centro della chiesa. Vede e si ribella; alla fine vede anche l’amica e si ribella alla sua stessa ribellione.
Se riusciamo ad entrare nel punto di vista di Elisa, gli elementi di confusione e contraddittorietà, anche se dovessero essere una mancanza dell’autore, li attribuiamo al personaggio. Una mossa astuta e rischiosa, ma con me ha funzionato.
«Se avessimo anche una Fantastica, come una Logica, sarebbe scoperta l'arte di inventare» (Novalis, Frammenti)

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Davide_Mannucci
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Re: Il palloncino in chiesa

Messaggio#7 » domenica 27 dicembre 2020, 0:17

Jacopo Berti ha scritto:Il palloncino è il simbolo della morte di una ragazzina, così come la bara bianca. La seconda è facilmente identificabile, il primo no; e infatti davvero una delle domande che ci si pone leggendo il tuo racconto è perché tratti come “elemento sorpresa” il fatto che la funzione sia un funerale. Siamo in una chiesa nella quale si svolge un funerale e questo, a rigor di logica, dovrebbe essere la prima cosa che viene detta o mostrata. Eppure, il punto di vista è quello di una ragazza ventenne. Oggi, a quest’età si può essere ancora adolescenti, come lei, diventata grande amica di una ragazzina a cui faceva da babysitter. Sta passando attraverso una fase di negazione della realtà sia della morte dell’amica che della sua malattia che, se non curata, condurrà alla morte lei stessa. Elisa “vede” il palloncino, “vede” la gente che parla male di lei e che commenta la sua scelta, “vede” il parroco figo, “vede tutto” pur di non vedere la bara con dentro Gloria, davanti all’altare, al centro della chiesa. Vede e si ribella; alla fine vede anche l’amica e si ribella alla sua stessa ribellione.
Se riusciamo ad entrare nel punto di vista di Elisa, gli elementi di confusione e contraddittorietà, anche se dovessero essere una mancanza dell’autore, li attribuiamo al personaggio. Una mossa astuta e rischiosa, ma con me ha funzionato.


Ciao!
Un commento per cui non so dire nient'altro che grazie... Ho scritto un concentrato e una sintesi di realtà purtroppo vissute sulla mia pelle e l'ho fatto scrivendo come se fossi Elisa ed ogni elemento - attrazione fisica per il prete compresa - era costruito per uscire da quella realtà schifosa e devastante che è il palloncino in chiesa...appeso a una bara bianca.
Anche avesse funzionato solo con te...beh...ho raggiunto lo scopo: calare il lettore nei panni di Elisa...aldilà delle apparenti contraddizioni. Grazie !!
Davide Mannucci

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Davide_Mannucci
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Re: Il palloncino in chiesa

Messaggio#8 » domenica 27 dicembre 2020, 7:18

Pretorian ha scritto:Ciao, Davide e piacere di leggerti.
Dunque il racconto ha uno stile efficace e un personaggio con una caratterizzazione interessante, pur se incompleta, a mio avviso.


Ciao Agostino! Grazie per il commento e grazie per l'apprezzamento dello stile (ci lavoro per acquistare sempre più consapevolezza e padronanza e quando arriva sono contento.


Pretorian ha scritto:Stile e trama presentano comunque delle problematiche: il primo , benché estremamente curato, in alcuni frangenti presenta un'uscita dal personaggio, che porta all'emersione del narratore. Elisa percepisce letteralmente qualsiasi cosa che avviene accanto a lei, al punto che diviene evidente che il POV non è più il suo, ma quello di qualcuno che ha chiara la situazione in tutta la chiesa. Anche il continuo intervenire dei suoi giudizi nel testo, a lungo andare, danneggia la narrazione, perché spostano costantemente l'attenzione dalle azioni ai pensieri, più di quanto un testo così breve meriterebbe.


Grazie anche per questa osservazione. Sicuramente l'ostacolo più grosso nella stesura di questo racconto è stato il coinvolgimento nella/e storia/e. Molte cose erano chiare nella mia testa...in particolare la rabbia di Elisa e la sua voglia di concentrarsi su tutto tranne che sulla bara bianca. Questo può aver dato l'impressione di una presenza onnisciente. Non me ne ero accorto e quindi grazie...metto da parte per lavorare meglio sullo stile.
Grazie ancora e alla prossima!
Davide Mannucci

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Filippo Santaniello
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Re: Il palloncino in chiesa

Messaggio#9 » domenica 27 dicembre 2020, 18:44

Ciao Davide,
ti faccio i complimenti per lo stile asciutto e secco come una frustata in grado di veicolare emozioni potenti e contrastanti, però devo muoverti delle critiche sulla capacità di esporre una storia comprensibile per il lettore. In certi punti della lettura mi sono dovuto fermare e tornare indietro, perciò non è stata una lettura semplicissima. Per fortuna ci ha pensato Alexandra con la sua sinossi a riassumere il significato del testo perché io, ripeto, ho fatto fatica a districarmi nella trama. Non sto qui a riportare i passaggi più ostici del testo, non avrebbe senso, ti consiglio però, per la prossima volta, di pensare anche al lettore il quale non vive nella testa dello scrittore e non può conoscere certi dettagli che per l'autore sono scontati. Comunque lo stile c'è, bisogna solo lavorare la forma per un connubio che ha potenzialità davvero esplosive!

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Luca Nesler
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Re: Il palloncino in chiesa

Messaggio#10 » lunedì 28 dicembre 2020, 10:42

Ciao Davide, piacere.
Hai scelto un flusso di coscienza di vecchio stampo che ha pregi e difetti. Il pregio è che sei profondamente inserito nella testa della protagonista e che puoi usare facilmente un linguaggio molto colloquiale che fa stare il lettore a proprio agio. Il difetto più grave, secondo me, è che questo tipo di narrazione ricorda in ogni momento al lettore che sta leggendo e che c'è un personaggio che parla proprio con lui. Così il lettore tende a chiedersi per tutto il tempo "dove vuole arrivare?" "perché questa ragazza sta parlando con me, fuori dalla pagina?"

L'incipit mi è piaciuto molto, è chiaro e lancia in una situazione precisa (la chiesa) con un mistero bizzarro (il palloncino). Avvince e fa la sua parte. Poi c'è molta confusione. Il tuo pezzo soffre di un flusso di informazioni apparentemente costruito in modo casuale. Naturalmente è legittimo pensare che la protagonista pensi queste cose e che le consideri così, in modo un po' confusionario, ma il lettore che non ha la stessa conoscenza dei fatti si trova disorientato. Nelle battute virgolettate non si capisce chi parla, di chi parla e a chi parla, per esempio. Ma anche nella parte in prosa c'è poco a cui aggrapparsi. Per metà racconto non capivo quale fosse la situazione, né chi dicesse le battute e in che arco temporale. Dopo la metà credevo di stare leggendo la mente della defunta che assisteva al proprio funerale e che il palloncino fosse qualcosa di simbolico/mistico. Arrivato alla fine, invece, è una ragazzina al funerale della sorellina.
Il problema è che, impostando così il racconto, chiedi al lettore una sospensione di giudizio molto lunga entro cui l'interesse per la vicenda è minimo, perché non la si capisce.

Riguardo i contenuti hai dei guizzi interessanti nei giudizi della protagonista che funzionano bene. Mancano del tutto movimenti esterni però e la cosa, ancora, penalizza la lettura e non dà l'idea di un ambiente autentico.

Riguardo lo stile ho notato un po' di incertezza. Tutto il racconto è unicamente il pensiero della protagonista, allora perché talvolta metti le virgolette, talvolta il corsivo? Anche la punteggiatura non è sempre corretta. Mancano un po' di virgole. Ti faccio degli esempi pescando a caso dal testo:
- "Non voglio curarmi Don Gabriel" va la virgola dopo il vocativo;
- "Ma cosa devo cambiare idea?" per leggerla nel modo corretto va una virgola dopo devo;
- "soffrire a vent’anni è una cazzata che se davvero l’ha inventata Dio c’è da aver paura?" la subordinata "se davvero l'ha inventata Dio" andrebbe tra virgole.

Insomma, nel complesso direi che rendi molto bene l'interiorità di una ragazza, ma servirebbe un'accurata revisione per uniformare il testo a livello stilistico e, soprattutto, organizzare le informazioni in modo da restituire al lettore un quadro chiaro.

Riporto qualche parte del testo per darti ulteriori spunti.

"La mamma piange e la signora Valdesini continua a dire che un’omelia così non si sente neanche dal Papa."
La mamma piange va bene, c'introduce al funerale. La signora V. continua a dire, ecc... invece esce molto dalla situazione, perché è fuori dalla percezione del momento. Il narratore spiega al lettore un'azione continuativa e piazza un dialogo indiretto, come se avesse già assistito alla cosa, invece che notarla mentre viene scritta. Questo crea un divario tra il lettore e il testo che non favorisce il coinvolgimento e non stimola l'immaginazione del lettore nel modo giusto. Passa un'informazione, invece che mostrare una scena vivida. Insomma, il solito show, don't tell. Questo effetto è mitigato dal fatto che, apparentemente, davvero la voce narrante si rivolge al lettore in modo consapevole (cosa che già di per sé non permette questo tipo di coinvolgimento). Te lo faccio notare in generale.

“Che caro ragazzo” sento sussurrare dalla panca dietro a me.
Qui usi il dialogo diretto come se fossimo fuori dalla testa della protagonista. Con questa incoerenza a volte siamo dentro, a volte fuori. Disorienta e allontana dalla situazione.

Alla prossima!

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Davide_Mannucci
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Re: Il palloncino in chiesa

Messaggio#11 » lunedì 28 dicembre 2020, 11:09

Ciao Luca! Grazie mille del commento, soprattutto delle cose che, a tuo avviso, dovrei riguardare. Ci lavorerò senz'altro ed è per questo che aver scoperto MC mi sta regalando enormi soddisfazioni: un continuo stimolo a migliorarmi e a scrivere, studiare, sperimentare, scrivere di nuovo e imparare.
Sono d'accordo con quasi tutto quello che mi hai detto. Il quasi riguarda questa parte:

Luca Nesler ha scritto:
"La mamma piange e la signora Valdesini continua a dire che un’omelia così non si sente neanche dal Papa."
La mamma piange va bene, c'introduce al funerale. La signora V. continua a dire, ecc... invece esce molto dalla situazione, perché è fuori dalla percezione del momento. Il narratore spiega al lettore un'azione continuativa e piazza un dialogo indiretto, come se avesse già assistito alla cosa, invece che notarla mentre viene scritta. Questo crea un divario tra il lettore e il testo che non favorisce il coinvolgimento e non stimola l'immaginazione del lettore nel modo giusto. Passa un'informazione, invece che mostrare una scena vivida. Insomma, il solito show, don't tell. Questo effetto è mitigato dal fatto che, apparentemente, davvero la voce narrante si rivolge al lettore in modo consapevole (cosa che già di per sé non permette questo tipo di coinvolgimento). Te lo faccio notare in generale.

“Che caro ragazzo” sento sussurrare dalla panca dietro a me.
Qui usi il dialogo diretto come se fossimo fuori dalla testa della protagonista. Con questa incoerenza a volte siamo dentro, a volte fuori. Disorienta e allontana dalla situazione.

Alla prossima!


in realtà la signora V. sta blaterando durante il funerale in perfetto stile "Pia donna che parla a vanvera durante una messa" e contribuisce ancora di più a far incazzare la ragazza. Elisa percepisce la mamma che piange ma anche la frase sull'omelia e lo fa nello stesso momento. Probabilmente non sono riuscito a trasmetterlo.
Stessa cosa per il "Che caro ragazzo". Siamo nella testa di Elisa ma è una testa che ha delle orecchie e sente i discorsi dietro di lei. sente il commento sul fidanzato e ricomincia col flusso di pensiero, proprio legato a quella frase e al tradimento di lui.

Luca Nesler ha scritto:Nelle battute virgolettate non si capisce chi parla, di chi parla e a chi parla, per esempio. Ma anche nella parte in prosa c'è poco a cui aggrapparsi. Per metà racconto non capivo quale fosse la situazione, né chi dicesse le battute e in che arco temporale.


Qua, a mio avviso, sei stato leggermente esagerato perché dovresti dire che tu non hai capito e non che non si capisce, dal momento che altri lo hanno capito. Ho riletto tutto e noto che è anonima soltanto una battuta ma è facilmente attribuibile a un parente o a un'infermiera presente al capezzale della bambina. Non sono schiavo delle regole e a volte mi permetto di usare un Hemingweiano"imagine don't tell" che lascia al lettore il piacere di immaginarsi la presenza di una nonna, di un amico, di un medico pietoso. E poi era totalmente ininfluente il capire o meno chi fosse. Le altre battute, specie la prima in cui faccio notare subito che si tratta delle "troie baciapile", sono abbastanza evidenti.
Per il resto, mi hai dato ottimi spunti di riflessione e miglioramento.
Grazie ancora per la tua preziosa analisi!
A presto
Davide Mannucci

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Alessio
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Re: Il palloncino in chiesa

Messaggio#12 » lunedì 28 dicembre 2020, 22:45

Ciao Davide,
ti confesso che non ho capito il racconto. Non ho capito il ruolo del palloncino del titolo: se è una metafora di qualche cosa, non mi è arrivata. Non ho capito se la tua declinazione del tema è legata a Elisa che ha il cancro o a Gloria che è morta.
Mi strania un po’ il fatto che sia tutto un flusso di pensieri di Elisa, ma quello è un problema mio, però a volte in questi pensieri avverto la presenza del narratore. Mi disorienta il fatto che alla fine, dopo tutto il discorso sulla malattia, siamo al funerale della bambina cui lei faceva da babysitter. Ho trovato quella parte un po’ confusa.
“Ma che cazzo ne sapevo io che sarebbe arrivato Hodgkin col suo linfoma? No, non potevi saperlo neanche tu.”: stiamo parlando della malattia di Elisa o della morte di Gloria?
Apprezzo comunque il taglio introspettivo, mi arriva la rabbia di Elisa per la sua situazione e per l’intromissione delle altre persone in quella che lei considera una sua questione privata.
In definitiva, un bello spunto di riflessione, che però sembra non voler andare da nessuna parte.
Alla prossima.

P.S.: Dopo aver letto gli altri commenti, ho capito il senso del palloncino, ma confesso che mi sono trovato nelle stesse condizioni di Luca:
Luca Nesler ha scritto: Dopo la metà credevo di stare leggendo la mente della defunta che assisteva al proprio funerale e che il palloncino fosse qualcosa di simbolico/mistico.

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Davide_Mannucci
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Re: Il palloncino in chiesa

Messaggio#13 » martedì 29 dicembre 2020, 8:19

Alessio ha scritto:Ciao Davide,
ti confesso che non ho capito il racconto. Non ho capito il ruolo del palloncino del titolo: se è una metafora di qualche cosa, non mi è arrivata. Non ho capito se la tua declinazione del tema è legata a Elisa che ha il cancro o a Gloria che è morta.
Mi strania un po’ il fatto che sia tutto un flusso di pensieri di Elisa, ma quello è un problema mio, però a volte in questi pensieri avverto la presenza del narratore. Mi disorienta il fatto che alla fine, dopo tutto il discorso sulla malattia, siamo al funerale della bambina cui lei faceva da babysitter. Ho trovato quella parte un po’ confusa.
“Ma che cazzo ne sapevo io che sarebbe arrivato Hodgkin col suo linfoma? No, non potevi saperlo neanche tu.”: stiamo parlando della malattia di Elisa o della morte di Gloria?
Apprezzo comunque il taglio introspettivo, mi arriva la rabbia di Elisa per la sua situazione e per l’intromissione delle altre persone in quella che lei considera una sua questione privata.
In definitiva, un bello spunto di riflessione, che però sembra non voler andare da nessuna parte.
Alla prossima.

P.S.: Dopo aver letto gli altri commenti, ho capito il senso del palloncino, ma confesso che mi sono trovato nelle stesse condizioni di Luca:
Luca Nesler ha scritto: Dopo la metà credevo di stare leggendo la mente della defunta che assisteva al proprio funerale e che il palloncino fosse qualcosa di simbolico/mistico.


Ciao Alessio e grazie per il commento.
Il ruolo di un palloncino in chiesa è purtroppo chiaro a me o a chi ha avuto dirette e dolorose esperienze con le bare bianche (e purtroppo piccole) in chiesa. Avrei pero dovuto renderlo chiaro subito, quindi grazie per la segnalazione...ci lavorerò e terrò conto anche di questo commento per migliorarmi.
Per quanto riguarda il linfoma di Hodgkin, anche lì ho dato per scontato che fosse chiaro, soprattutto perché poco prima segnalo il collo gonfio di Elisa e i commenti sulla chemioterapia. Ma pure questo lo prendo come stimolo a porre più attenzione ed essere chiaro. Poi il fatto che tu non capisca dove vuole andare il racconto, mi dispiace perché il tema è legato al cambiamento di Elisa che, davanti alla bara bianca e al ricordo della promessa fatta alla bambina (a Disneyworld con o senza di te), decide di curarsi così da poterla mantenere. Però anche questa la tengo come segnalazione preziosa per migliorare la mia ancora grezza scrittura (e sono qui in questa meravigliosa palestra proprio per questo).
Su una cosa invece sono confuso e chiedo aiuto: dici che nel flusso di pensieri si avverte la presenza del narratore, mentre ieri mi è stata mossa la critica che, se durante un flusso di pensieri si sente una voce esterna (peraltro sentita dalle orecchie ben attaccate alla testa dalla quale proviene lo stesso flusso...e non quella del narratore), ecco che si esce dall'immersione. Ecco...qui mi perdo e siccome sono qui per imparare...chiedo soccorso :)
Grazie mille del prezioso commento!

A presto
Davide Mannucci

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Alessio
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Re: Il palloncino in chiesa

Messaggio#14 » martedì 29 dicembre 2020, 8:57

Ciao Davide
DavideMannucci ha scritto:Il ruolo di un palloncino in chiesa è purtroppo chiaro a me o a chi ha avuto dirette e dolorose esperienze con le bare bianche (e purtroppo piccole) in chiesa. Avrei pero dovuto renderlo chiaro subito, quindi grazie per la segnalazione...ci lavorerò e terrò conto anche di questo commento per migliorarmi.

Fortunatamente io non ho mai avuto questo tipo di esperienza e quindi non associavo i palloncini alla bara bianca, così mi sembrava solo un elemento estraneo che attirava l'attenzione di Elisa perché era fuori posto.

DavideMannucci ha scritto:Per quanto riguarda il linfoma di Hodgkin, anche lì ho dato per scontato che fosse chiaro, soprattutto perché poco prima segnalo il collo gonfio di Elisa e i commenti sulla chemioterapia. Ma pure questo lo prendo come stimolo a porre più attenzione ed essere chiaro. Poi il fatto che tu non capisca dove vuole andare il racconto, mi dispiace perché il tema è legato al cambiamento di Elisa che, davanti alla bara bianca e al ricordo della promessa fatta alla bambina (a Disneyworld con o senza di te), decide di curarsi così da poterla mantenere. Però anche questa la tengo come segnalazione preziosa per migliorare la mia ancora grezza scrittura (e sono qui in questa meravigliosa palestra proprio per questo).

Non conosco i sintomi del linfoma di Hodgkin, anche se posso immaginare che provochi una qualche tumefazione dei linfonodi, però quella frase butta lì così mi ha confuso, credevo che fosse la causa della morte di Gloria.
Invece, non avevo proprio capito che alla fine Elisa decidesse di curarsi. Avevo interpretato il viaggio a Disneyworld come semplicemente il desiderio di mantenere la promessa fatta alla bambina prima che fosse troppo tardi.

DavideMannucci ha scritto:Su una cosa invece sono confuso e chiedo aiuto: dici che nel flusso di pensieri si avverte la presenza del narratore, mentre ieri mi è stata mossa la critica che, se durante un flusso di pensieri si sente una voce esterna (peraltro sentita dalle orecchie ben attaccate alla testa dalla quale proviene lo stesso flusso...e non quella del narratore), ecco che si esce dall'immersione. Ecco...qui mi perdo e siccome sono qui per imparare...chiedo soccorso :)

Non sono preparato come Luca a cogliere esattamente cosa non va, per me rimane più una sensazione generale. Però ho dato una rilettura veloce al racconto e posso indicarti un paio di punti dove penso che tu possa migliorare questo aspetto. Se poi scrivo cagate, qualcuno mi correggerà :)

Esploro l’interno della chiesa come se cercassi qualcuno capace di spiegarmi questa assurdità.
Questo per me è esterno al pdv. E' l'impressione che potrebbe avere qualcuno che vede Elisa che si sta guardando intorno. Il pensiero di Elisa dovrebbe essere più diretto: lei che si chiede se qualcuno può spiegarle questa assurdità.

sento sussurrare dalla panca dietro a me
Verbo percettivo. Il lettore deve essere il personaggio. Tu quando senti qualcosa non pensi di sentire, senti e basta. Usare i verbi percettivi ti porta fuori dal pdv.

Mi avvicino all’altare e quella sfera gonfia d’aria sembra perdere il suo potere e lascia la scena a lei, la piccola Gloria chiusa dentro quello che è lo spettacolo più schifoso del mondo: una bara bianca in chiesa.
Mi chiedo: Elisa penserebbe veramente in questi termini? Dal mio punto di vista, questo è il narratore che interviene per dirci cosa dobbiamo pensare.

Spero di aver reso l'idea :)

Buona scrittura!

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Davide_Mannucci
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Re: Il palloncino in chiesa

Messaggio#15 » martedì 29 dicembre 2020, 9:13

Esploro l’interno della chiesa come se cercassi qualcuno capace di spiegarmi questa assurdità.
Questo per me è esterno al pdv. E' l'impressione che potrebbe avere qualcuno che vede Elisa che si sta guardando intorno. Il pensiero di Elisa dovrebbe essere più diretto: lei che si chiede se qualcuno può spiegarle questa assurdità.


Sì, quel verbo stacca un po' dal pdv... Non ci avevo fatto caso. Grazie!

sento sussurrare dalla panca dietro a me
Verbo percettivo. Il lettore deve essere il personaggio. Tu quando senti qualcosa non pensi di sentire, senti e basta. Usare i verbi percettivi ti porta fuori dal pdv.


Verissimo!! Ci sta meglio "sussurrano dalla panca dietro...". Obrigado!


Mi avvicino all’altare e quella sfera gonfia d’aria sembra perdere il suo potere e lascia la scena a lei, la piccola Gloria chiusa dentro quello che è lo spettacolo più schifoso del mondo: una bara bianca in chiesa.
Mi chiedo: Elisa penserebbe veramente in questi termini? Dal mio punto di vista, questo è il narratore che interviene per dirci cosa dobbiamo pensare.


Questo è stato a grandi linee quel che ho pensato io in una drammatica occasione ma mi rendo conto che suoni esterno.

Spero di aver reso l'idea :)


Perfettamente! Grazie!!!
Davide Mannucci

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Luca Nesler
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Re: Il palloncino in chiesa

Messaggio#16 » martedì 29 dicembre 2020, 11:19

DavideMannucci ha scritto:Qua, a mio avviso, sei stato leggermente esagerato perché dovresti dire che tu non hai capito e non che non si capisce, dal momento che altri lo hanno capito. Ho riletto tutto e noto che è anonima soltanto una battuta ma è facilmente attribuibile a un parente o a un'infermiera presente al capezzale della bambina. Non sono schiavo delle regole e a volte mi permetto di usare un Hemingweiano"imagine don't tell" che lascia al lettore il piacere di immaginarsi la presenza di una nonna, di un amico, di un medico pietoso. E poi era totalmente ininfluente il capire o meno chi fosse. Le altre battute, specie la prima in cui faccio notare subito che si tratta delle "troie baciapile", sono abbastanza evidenti.


Certo, hai ragione. Mi sono espresso male. Di solito ricevo due critiche come commentatore: 1-sono troppo rude, 2-credo di avere ragione in assoluto.
Approfitto per dire che rude, lo sono senz'altro nella misura in cui dico quello che penso senza trattenere nulla (ma sono contento che la gente se la prenda, così poi sarà più severa con me, anche se spero sempre di farmi degli amici...)
Riguardo al fatto che io possieda la ragione assoluta: ovviamente no, ma cerco di commentare al massimo delle mie possibilità lasciando che siano gli autori a soppesare i feedback e a decidere che peso dare loro. Spesso, mi scappano frasi come quella che hai segnalato.

Dicendo "non si capisce" io penso sia implicito (ma non lo è, mi rendo conto) che questo riguardi la mia lettura. Do per scontato anche che, se io non l'ho capito, ci sarà una percentuale, se pur minima vista la mia scarsa capacità di comprensione, che non lo capirà. Te lo segnalo perché forse si può rendere la parte più comprensibile per aumentare la percentuale che non avrà dubbi e che continuerà a leggere senza incepparsi.

Aggiungo (perché mi piace far andare le dita sulla tastiera) che non penso che lasciare che il lettore decida coscientemente qualcosa di non detto sul testo sia una buona idea. Nel senso che, se vuoi che il lettore si concentri sulla storia e vuoi, per questo, tenerlo avvinto nella lettura, dovresti fare tutto il possibile per non perdere la sua attenzione. Penso sia chiaro che, se nel flusso dell'immaginato il lettore deve fermarsi per decidere, dopo un rapido elenco mentale, chi è a parlare, hai perso l'attenzione sul testo. Inoltre il dubbio gli rimane.
Poi, la regola che seguo è: se una cosa non serve, non metterla. Se non è importante chi sta parlando, probabilmente non è importante la sua battuta.

DavideMannucci ha scritto:Su una cosa invece sono confuso e chiedo aiuto: dici che nel flusso di pensieri si avverte la presenza del narratore, mentre ieri mi è stata mossa la critica che, se durante un flusso di pensieri si sente una voce esterna (peraltro sentita dalle orecchie ben attaccate alla testa dalla quale proviene lo stesso flusso...e non quella del narratore), ecco che si esce dall'immersione. Ecco...qui mi perdo e siccome sono qui per imparare...chiedo soccorso :)
Grazie mille del prezioso commento!


Sono perfettamente d'accordo con Alessio: è come se il personaggio raccontasse le proprie sensazioni o, in altre parole, si rendesse conscio delle proprie sensazioni e percezioni per restituirle al lettore.

Provo a fare una riflessione sul perché questo approccio mi abbia stranito rispetto al discorso diretto.
Quando scegli uno stile fornisci al lettore un mezzo attraverso cui filtra il testo. Così capisce se sta guardando la scena dall'esterno, se condivide le percezioni di uno o più personaggi, se la storia gli è narrata direttamente dall'autore. In base a questo dà significato a ciò che legge.
Se tu sei incoerente con la scelta stilistica, il lettore è confuso. Alcuni non hanno problemi: se non capiscono qualcosa saltano e fingono che non esista. Ci sono abituati.
Ma con altri avrai un problema, perché, se sono confusi, non sono avvinti e tendono a mollare il testo (chi li costringe?)

Che centra col tuo testo?
Secondo me, tu sei partito con un flusso di coscienza che ci fa capire che percepiamo il mondo attorno alla protagonista solamente filtrato dal suo pensiero cosciente.

"Un palloncino qui non dovrebbe starci."
Noi non vediamo il palloncino, sappiamo che lo vede lei. Diverso sarebbe stato "Un palloncino rosso è sospeso sopra l'altare".

"Esploro l’interno della chiesa come se cercassi qualcuno capace di spiegarmi questa assurdità."
Non vediamo la chiesa o le persone con cui la protagonista potrebbe entrare in relazione, sentiamo che lo fa lei. Se qui tu avessi messo "Mi sporgo dal banco. La nonna piange." avremmo saputo che, la prima frase è il suo pensiero, ma lei è un soggetto che interagisce con l'ambiente e avremmo capito, più o meno istintivamente, di essere in focalizzazione interna e avremmo preso il dialogo diretto dopo come una cosa normale. Invece la percezione trasformata in pensiero, rimanda la sensazione di un flusso di coscienza in cui la battuta dovrebbe essere filtrata come discorso indiretto.

Detto questo, penso che non sia una buona strategia usare questo stile per coinvolgere il lettore, ma è un esperimento interessante.
Non so se per te ha senso né se ce l'ha in generale. Ho approfittato della tua disponibilità per riflettere sul perché di certe sensazioni sperando di aumentare la nostra consapevolezza.
Grazie dell'occasione!

Alla prossima!

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Davide_Mannucci
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Re: Il palloncino in chiesa

Messaggio#17 » martedì 29 dicembre 2020, 11:37

Luca, grazie mille davvero di aver dedicato il tuo tempo a me e al racconto. Ottima analisi e direi davvero preziosa. Io replico e pongo domande nella speranza di trovare qualcuno che si metta a sedere accanto a me e mi dica "Figliolo, ti spiego..." :) e tu lo hai fatto...e quindi GRAZIE!!!

Dicendo "non si capisce" io penso sia implicito (ma non lo è, mi rendo conto) che questo riguardi la mia lettura.

Ahia!!! Hai lasciato, a me lettore del tuo commento, il potere di decidere e quindi immaginare o interpretare; hai perso la mia attenzione lasciandomi in balia del mio interpretato :D Naturalmente scherzo! ;)


DavideMannucci ha scritto:Su una cosa invece sono confuso e chiedo aiuto: dici che nel flusso di pensieri si avverte la presenza del narratore, mentre ieri mi è stata mossa la critica che, se durante un flusso di pensieri si sente una voce esterna (peraltro sentita dalle orecchie ben attaccate alla testa dalla quale proviene lo stesso flusso...e non quella del narratore), ecco che si esce dall'immersione. Ecco...qui mi perdo e siccome sono qui per imparare...chiedo soccorso :)
Grazie mille del prezioso commento!



Provo a fare una riflessione sul perché questo approccio mi abbia stranito rispetto al discorso diretto.
Quando scegli uno stile fornisci al lettore un mezzo attraverso cui filtra il testo. Così capisce se sta guardando la scena dall'esterno, se condivide le percezioni di uno o più personaggi, se la storia gli è narrata direttamente dall'autore. In base a questo dà significato a ciò che legge.
Se tu sei incoerente con la scelta stilistica, il lettore è confuso. Alcuni non hanno problemi: se non capiscono qualcosa saltano e fingono che non esista. Ci sono abituati.
Ma con altri avrai un problema, perché, se sono confusi, non sono avvinti e tendono a mollare il testo (chi li costringe?)

Che centra col tuo testo?
Secondo me, tu sei partito con un flusso di coscienza che ci fa capire che percepiamo il mondo attorno alla protagonista solamente filtrato dal suo pensiero cosciente.

"Un palloncino qui non dovrebbe starci."
Noi non vediamo il palloncino, sappiamo che lo vede lei. Diverso sarebbe stato "Un palloncino rosso è sospeso sopra l'altare".

"Esploro l’interno della chiesa come se cercassi qualcuno capace di spiegarmi questa assurdità."
Non vediamo la chiesa o le persone con cui la protagonista potrebbe entrare in relazione, sentiamo che lo fa lei. Se qui tu avessi messo "Mi sporgo dal banco. La nonna piange." avremmo saputo che, la prima frase è il suo pensiero, ma lei è un soggetto che interagisce con l'ambiente e avremmo capito, più o meno istintivamente, di essere in focalizzazione interna e avremmo preso il dialogo diretto dopo come una cosa normale. Invece la percezione trasformata in pensiero, rimanda la sensazione di un flusso di coscienza in cui la battuta dovrebbe essere filtrata come discorso indiretto.


Interessante, giusto e chiarissimo. Hai ragione - non assoluta, si intende :D - su tutto. Ci rifletto, ci lavoro e nel prossimo Contest cercherò di amalgamare al meglio tutte queste informazioni.
grazie davvero!


Non so se per te ha senso né se ce l'ha in generale. Ho approfittato della tua disponibilità per riflettere sul perché di certe sensazioni sperando di aumentare la nostra consapevolezza.
Grazie dell'occasione!


questo è lo spirito con cui affronto MC: migliorarsi, imparare, confrontarsi e ascoltare tutto, anche le considerazioni truci e crude.
Per quanto riguarda prendersela...no dai, figuriamoci se a 47 anni con tutte le beghe che la vita ci propone, mi metto a fare il permaloso se una persona, evidentemente più competente di me, mi dice "Ciccio ma come cazzo scrivi?" ahahahah.. Scherzi a parte, anche se sul momento sono rimasto un po' perplesso, il tuo è uno dei commenti più interessanti, utili e preziosi per quello che cerco qua! Sarò severo con te? Adesso vediamo come ti comporti! :)

Grazie ancora!
Davide Mannucci

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Re: Il palloncino in chiesa

Messaggio#18 » giovedì 31 dicembre 2020, 19:58

Ciao Davide.
Racconto intenso il tuo, ti prende per mano e ti porta lungo un viale di grande sofferenza, specialmente se certe esperienze sono state vissute personalmente, come è accaduto a me; per questo ho colto subito il riferimento al palloncino in chiesa, sin dal titolo. Ti dico subito che l'ho apprezzato, il tema c'è, lo stile c'è, il flusso di coscienza però è a tratti un po confuso, forse anche per una gestione dei punto a capo non molto buona e perché a volte si fa fatica a capire chi sono i soggetti di determinate riflessioni, ma una seconda rilettura mi ha permesso di capire meglio il tutto. Ho impiegato un po' a capire che il protagonista fosse una lei, ma credo sia voluto, l'inizio ti getta dentro alla situazione senza troppe spiegazioni e spiazza un po', diciamo che, in linea generale, gestirei meglio l'elevata mole di informazioni che fuoriescono dal flusso; è uno stile che va gestito molto sapientemente o il rischio di estraniare il lettore dal tutto è dietro l'angolo.
Nel complesso una buona prova!

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Re: Il palloncino in chiesa

Messaggio#19 » sabato 2 gennaio 2021, 19:10

Il racconto è potenzialmente una bomba, solo che mi sembra sia in una fase ancora decisamente revisionabile. Jacopo Berti lo ha capito in pieno e io attraverso lui, ma il tuo lavoro di revisione dev'essere orientato ad aumentare il numero di lettori cui arriva direttamente. In primis, probabilmente è un racconto che richiede più spazio. A seguire, appunti sparsi: ho faticato a capire fosse una ragazza e credo andrebbe chiarito subito, la nota sul ragazzo è ridondante perché lui non ha funzione apparente, la funzione del palloncino bianco andrebbe spiegata prima della fine del racconto, va esplicata meglio la sua decisione di curarsi con conseguente accettazione della realtà, dall'ultimo punto ne deriva un più approfondito lavoro sul suo rapporto con Gloria e quindi sulla sua psiche lacerata, meno ripetizioni MANGIAPILE e PRETE FIGO che in un testo così breve arrivano a dare noia. In buona sostanza, credo che anche in 4242 caratteri, eliminando il superfluo e concentrandoti su certi aspetti, potresti ottenere un risultato più efficace, ma ribadisco che in fase di revisione puoi sbattertene dei limiti e quindi lavorare anche sul doppio dei caratteri. Concludendo, per me un pollice tendente verso l'alto, ma non in modo brillante e in classifica finisce dietro al pari votato DARK ROOM, più giusto nelle dimensioni rispetto a questo.

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