Nives Safran

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Jacopo Berti
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Nives Safran

Messaggio#1 » martedì 19 gennaio 2021, 0:45

Eppure, dicono, c’era un tempo in cui la professoressa Nives Safran non era me, e te, e me e te insieme. E gli stratocumuli, e il castello sulla sommità del colle. E la spuma delle onde che si infrangono sul molo, e i voli aggraziati e i goffi atterraggi dei gabbiani.
Alcuni, non giovanissimi, ricordano di aver intravisto una ciocca di capelli corvini sfuggiti all’impeccabile ermetismo dell’acconciatura. Oppure di aver assistito alla fugace apparizione di un’autentica caviglia, balenata tra l’asfalto o i marmi delle scarpe, e i cerchioni delle biciclette accerchiati dai musi dei cani scomposti dalle borse della spesa delle gambe.
Accadeva, questo, quando ancora le tecnologie non erano così avanzate da trasformare la professoressa Nives Safran nel perfetto simulacro e riflesso del mondo che è ora.

Sul perché, a un certo punto, la luminare titolare della cattedra di etologia abbia deciso di vestirsi solo di specchi, si è dibattuto a lungo, senza giungere a una conclusione condivisa dal mondo accademico.
Si sa, invece, che il cambiamento è stato graduale: non serve, d’altra parte, un PhD per capire che passare dal riflettere sul comportamento dei cormorani al riflettere tutto non è cosa che si faccia dalla sera alla mattina.
Prima sono arrivate le lenti a specchio, poi abiti pieni di strass e lustrini, dai riflessi imprecisi e caleidoscopici – all’epoca pare frequentasse ancora le discoteche – poi specchi veri e propri, grandi e piccoli, dalla testa ai piedi, poi gli schermi, i tessuti di metalli rari, i nanomateriali, gli impianti cibernetici…

Passare accanto alla prof. Safran è un’esperienza da far impallidire i migliori personaggi pirandelliani. Sorprendi te stesso in atteggiamenti sospetti, e a volte non è il tuo naso o il tuo cappello di oggi a imbarazzarti, ma il tuo voltarti a guardare un bel fondoschiena di ieri, o il modo di armeggiare con l’ombrello dell’ultima giornata di pioggia.
Nonostante, a furia di far vedere, Nives Safran sia quasi cieca, dicono non osi nemmeno avvicinarsi a uno specchio, che non sia uno dei suoi. Tanto più per gli osservatori esterni la vista della professoressa deve essere incredibile ed emozionante, tanto meno forse dev’esserlo per lei.
O forse c’è dell’altro. Forse bisognerebbe chiederglielo.

Sono pochi, però, i temerari che le rivolgono la parola. Incapaci di distogliere lo sguardo dalle immagini dei loro stessi volti trepidanti, dalle mille mani tutte uguali che si rigirano tra le dita mille cappelli, taccuini, cellulari. Sudati e stralunati come tra i fumi del vaticinio della Pizia, rivolgono alla professoressa i commenti o le domande più disparate.
Raramente Safran risponde e, quando lo fa, anche le sue parole non sono altro che un gioco di specchi.
«È un onore conoscerla» - dice, emozionata, una matricola.
«È un onore conoscermi?» - risponde la professoressa, senza alcuna particolare inflessione. E improvvisamente il suo interlocutore si trova nudo, come quando stai guardando il tuo riflesso e scopri che anche qualcun altro lo sta facendo.
Solo una volta, dicono, la professoressa Safran non ha mantenuto la specchiatissima condotta del suo aplomb. Un ricercatore dalle velleità giornalistiche aveva ripescato una vecchia registrazione di una sua lezione e le chiedeva conto di alcune frasi, assolutamente fuori contesto. «Avete mai visto un predatore davanti a uno specchio? La maggior parte dei mammiferi e dei rettili entra in una situazione di stallo. L’istinto non porta ad aggredire né a rifuggire chi ti sarebbe del tutto pari».

Comunque, anche quando non le rivolgi la parola, la professoressa - come ogni insegnante che si rispetti - ti interroga. O meglio, tu interroghi te stesso, con la certezza di cogliere in fallo la tua immagine dalla faccia impreparata.
Chi sei? Quale dei tuoi riflessi è il più autentico? C’è davvero qualcuno, o qualcosa, sotto tutti quegli specchi, lamine, schermi?
C’è davvero qualcuno, o qualcosa, sotto i tuoi indumenti di cotone, lana, nylon. Sotto al tuo abito di pelle, muscoli, vene, ossa, visceri? Dietro allo specchio dei tuoi occhi?
Ultima modifica di Jacopo Berti il martedì 19 gennaio 2021, 0:47, modificato 1 volta in totale.


«Se avessimo anche una Fantastica, come una Logica, sarebbe scoperta l'arte di inventare» (Novalis, Frammenti)

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antico
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Re: Nives Safran

Messaggio#2 » martedì 19 gennaio 2021, 0:47

Ciao Jacopo! Caratteri e tempo ok, buona Specularia Edition!

Ps: non mi sono dimenticato della questione del confronto sul punto di vista, non ho avuto tempo... Aprirò una sezione apposita nel corso di questa edizione, spero già entro la settimana :)

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MatteoMantoani
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Re: Nives Safran

Messaggio#3 » mercoledì 20 gennaio 2021, 18:38

Ciao Jacopo. Piacere di leggerti. Ecco il mio commento al tuo racconto.

Prime Impressioni. Sono combattuto. Il tuo pezzo è per me di difficile interpretazione e valorizzazione all’interno di un gruppo che ha fatto scelte molto diverse dalle tue.

Aderenza al tema. Ci sono gli specchi, la vicinanza/lontananza no. Aiutami anche tu, se vuoi.

Punti di miglioramento. Il tuo pezzo è sui generis. Una voce narrante descrive una professoressa che si veste solo di specchi con tono quasi leggendario. Di certo questo è l’incubo di tutti gli studenti, ovvero quello di vedere la propria immagine riflessa nei momenti di disagio, un archetipo che richiama un po’ a Dorian Gray. Però, il tuo pezzo manca di una trama ben definita, è un po’ come il Nyarlathotep di Lovecraft, in cui viene descritta minuziosamente una specie di figura archetipa portatrice di disagio/distruzione/calamità, però in sostanza non c’è altro. Non so, alla fine della lettura sento che manca qualcosa. È come se fosse un bel quadro, di cui però si apprezza più la cornice che il quadro stesso. Non so se rendo l’idea.

Punti di forza. Tutto il tuo pezzo trasuda descrizioni e immagini poetiche, che mi sono piaciute molto. La frase iniziale, in cui descrivi la professoressa attraverso tutti i riflessi dei suoi abiti, è bellissima, anche se un pochino spiazzante, ad una prima lettura. L’idea stessa è molto bella, originale e senza dubbio difficile da rendere in un racconto. Per questo lodo il tuo coraggio e la tua inventiva.

Conclusioni. Insomma, una bella istantanea di un archetipo o un concetto profondo, però a livello narrativo cosa resta? Deve essere colpa mia, che sono poco avvezzo a questo genere. Il tuo posizionamento in classifica sarà dovuto a questo mio gusto personale, ma oggettivamente trovo il tuo pezzo molto evocativo, capace di trasmettere emozioni e sense of wonder. Mi piacerebbe molto capire se questa tua idea sia inseribile in una narrazione: magari uno studente che si ritrova a fare un esame con questa prof, con tutti gli equivoci del caso. Però non so se era nelle tue intenzioni. In ogni caso complimenti e buona fortuna per la gara!

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maurizio.ferrero
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Re: Nives Safran

Messaggio#4 » giovedì 21 gennaio 2021, 7:58

Ciao Jacopo, piacere di leggerti.

Pezzo molto poetico, le descrizioni si lasciano leggere con piacere e sono molto evocative.
Il personaggio che descrivi (perché in fin dei conti il racconto è una lunga dissertazione su un singolo personaggio) è molto interessante e non sfigurerebbe in un'opera più lunga. Piazzata qui, in un testo così breve, non trova il giusto spazio e impedisce ai lettore di comprendere le reali motivazioni alla base della sua trasformazione.
Immagino che ognuno possa vederci un po' "quello che vuole", e ciò si sposa bene con gli abiti di specchi della professoressa, ma il tutto, e soprattutto la domanda finale, lascia una sensazione di insoluto troppo grande.
Manca insomma un succo della vicenda. "Persone che fanno cose", per dirla facile.
Non ho ben capito come il tuo testo si sposi con il tema: ci sono gli specchi, ma non la questione legata alla prospettiva. Almeno, io non l'ho percepita. Ti direi quindi che il tema è solo sfiorato.

A presto!

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Debora D
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Re: Nives Safran

Messaggio#5 » venerdì 22 gennaio 2021, 18:31

Ciao Jacopo, piacere di leggerti.
In questo ritratto di personaggio che fai noto l’influenza di Pirandello e del suo sentimento del contrario. Ho apprezzato questo aspetto.
(Lo citi pure
un’esperienza da far impallidire i migliori personaggi pirandelliani )

Trovo umorismo, satira e comicità i generi attualmente più adatti al narratore onnisciente quindi non mi ha disturbato in questo caso.
Il lettore di questi generi si aspetta di avere la voce dell’autore che lo accompagna e lo aiuta a notare la deformazione del reale.
Ad esempio in questa frase l’effetto funziona benissimo. Io sono un’insegnante e mi ci sono ritrovata.
Comunque, anche quando non le rivolgi la parola, la professoressa - come ogni insegnante che si rispetti - ti interroga.

Anche la prolissità, la ricchezza lessicale e la subordinazione rientrano in questo discorso. Alcune frasi le ho trovate un po’ più difficili da comprendere:
 balenata tra l’asfalto o i marmi delle scarpe, e i cerchioni delle biciclette accerchiati dai musi dei cani scomposti dalle borse della spesa delle gambe.
Per cogliere l’insieme dell’immagine l’ho letta tre volte. L’accumulazione è stata faticosa.

Mi interrogo sulla scelta del ritratto a discapito della scena e narrazione. Vedere la professoressa in azione e la reazione della gente intorno a lei mi sarebbe piaciuto. L’hai descritta ma non mostrata, nemmeno raccontata in realtà.
Accenni un raccontare in alcuni momenti. Come qui:
ricercatore dalle velleità giornalistiche aveva ripescato una vecchia registrazione di una sua lezione e le chiedeva conto di alcune frasi, assolutamente fuori contesto. «Avete mai visto un predatore davanti a uno specchio? La maggior parte dei mammiferi e dei rettili entra in una situazione di stallo. L’istinto non porta ad aggredire né a rifuggire chi ti sarebbe del tutto pari».
Però l’episodio del giornalista è lasciato in sospeso e mi è mancato una conclusione.

Per quanto riguarda la conclusione le domande poste sono troppe per me.
Io avrei concluso solo con questa
O meglio, tu interroghi te stesso, con la certezza di cogliere in fallo la tua immagine dalla faccia impreparata. che era annunciata dalla battuta che ho citato più sopra.

Le sei domande successive sono troppe. Qui siamo nel campo del soggettivo poiché per me sono poco utili ai fini della comprensione generale del testo. Mi piace più rimanere con il mio intelletto e la mia immaginazione che si incontrano in una intuizione piuttosto che avere la riflessione servita.

Conclusione: personaggio pirandelliano intrigante che però è solo ritratto e non agisce. Mancano una situazione iniziale e uno svolgimento veri e propri. Un personaggio in cerca di storia per parafrasare il grande autore già citato.
Tema: lo specchio c'è ed è usato in modo suggestivo, ma non ho colto la contrazione delle distanze.

alla prossima
buona Specularia Edition

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EricaMartelli
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Re: Nives Safran

Messaggio#6 » sabato 23 gennaio 2021, 16:48

Ciao Jacopo, piacere di leggerti! Sono al mio primo intervento su MC, quindi perdona se anche i miei commenti saranno acerbi. Ho trovato il tuo racconto radicalmente diverso dagli altri che ho letto. Mi sono piaciute la poesia e la leggerezza delle descrizioni, anche se alcune arrivate al limite della (mia poca) immaginazione. Stuzzicanti i riferimenti a Pirandello e molto azzeccati nel contesto del personaggio. In generale, l’ho trovato difficile da leggere e un po’ criptico. Il tema e’ centrato, ma ho fatto fatica sia a capire la trama che a leggere il testo, complici frasi molto lunghe. Probabilmente cercherei di accorciarle perche’ anche se non lette ad alta voce, mi lasciano l’effetto ‘fiato trattenuto’ prima di arrivare al punto.

Giulio_Marchese
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Re: Nives Safran

Messaggio#7 » domenica 24 gennaio 2021, 18:56

Ciao Jacopo.
Il tuo racconto non mi ha convinto. Sicuramente l'idea è interessante, ma potrebbe essere un incipit per qualcosa di più lungo. Così com'è mi dice poco, non succede niente e tutte le domande poste sul finale non mi hanno dato spunti di riflessione veri e propri.

Punti di forza: Una prosa evocativa ed una bella idea di base.

Punti deboli: A tratti il pezzo sembra pretenzioso a causa di eccessivi barocchismi, l'incipit non l'ho per niente trovato invitante e, se non avessi dovuto per il contest, probabilmente non avrei continuato a leggere: non mi ha incuriosito.

Come lo migliorerei: Inserendo questo personaggio in un testo più lungo in cui possa interagire (azione) con altri personaggi caratterizzati a loro volta. In questo modo si potrebbero sorgere spunti dalle singole storie "riflesse" più che dalla professoressa in sé.

In conclusione, racconto che non rientra nei miei gusti e che dal punto di vista tecnico richiama un modo di scrivere d'altri tempi: quella sorta di prosa poetica che però finisce per non essere ne prosa ne poesia. Mi spiace, a rileggerci!

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Pretorian
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Re: Nives Safran

Messaggio#8 » martedì 26 gennaio 2021, 0:25

Ciao Jacopo e piacere di leggerti.
Il racconto è certamente evocativo e le immagini che suscita sono un punto a suo favore. A livello di stile, questa evocatività è pagata da una certa ricercatezza eccessiva nella narrazione, che diventa pesante e macchinosa. Il semplice fatto che esordisci con un "Eppure" rende fin da subito la lettura complessa senza una reale necessità.
Il problema maggiore, però, è che questa storia... non è una storia! Mi spiego: con un racconto di narrativa si intende un testo in cui succede effettivamente qualcosa. Si parte da un punto A e si arriva a un punto X tramite diversi passaggi intermedi. In questo racconto, di preciso, cosa succede? Ti limiti a descrivere il comportamento strano della professoressa Nives (anche quì, il nome sembra bizzarro per il puro gusto di essere bizzarro) e basta. Potrebbe aver senso se si trattasse dell'estratto di una vicenda più grande ma, preso da solo, non ha alcun valore narrativo. Non basta l'evocatività a fare di un testo un racconto, oppure potrebbe essere considerata narrativa anche il resoconto della spesa.
Se il testo ti è piaciuto, ti conviene ripulirlo dai suoi elementi più barocchi e inserirlo in una vicenda effettiva. Perché la professoressa fa quello che fa? Cosa comporta? Quali sono le sue emozioni? Comincia a farti delle domande e a mettere per iscritto le risposte e vedrai che sarai sulla buona strada.

Alla prossima!

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Pretorian
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Re: Nives Safran

Messaggio#9 » martedì 26 gennaio 2021, 0:25

Ciao Jacopo e piacere di leggerti.
Il racconto è certamente evocativo e le immagini che suscita sono un punto a suo favore. A livello di stile, questa evocatività è pagata da una certa ricercatezza eccessiva nella narrazione, che diventa pesante e macchinosa. Il semplice fatto che esordisci con un "Eppure" rende fin da subito la lettura complessa senza una reale necessità.
Il problema maggiore, però, è che questa storia... non è una storia! Mi spiego: con un racconto di narrativa si intende un testo in cui succede effettivamente qualcosa. Si parte da un punto A e si arriva a un punto X tramite diversi passaggi intermedi. In questo racconto, di preciso, cosa succede? Ti limiti a descrivere il comportamento strano della professoressa Nives (anche quì, il nome sembra bizzarro per il puro gusto di essere bizzarro) e basta. Potrebbe aver senso se si trattasse dell'estratto di una vicenda più grande ma, preso da solo, non ha alcun valore narrativo. Non basta l'evocatività a fare di un testo un racconto, oppure potrebbe essere considerata narrativa anche il resoconto della spesa.
Se il testo ti è piaciuto, ti conviene ripulirlo dai suoi elementi più barocchi e inserirlo in una vicenda effettiva. Perché la professoressa fa quello che fa? Cosa comporta? Quali sono le sue emozioni? Comincia a farti delle domande e a mettere per iscritto le risposte e vedrai che sarai sulla buona strada.

Alla prossima!

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Eugene Fitzherbert
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Re: Nives Safran

Messaggio#10 » mercoledì 27 gennaio 2021, 20:12

Ciao, Jacopo.
Hai calcato l'acceleratore sulla prosa lirica e hai tirato fuori un pezzo poetico ed evocativo.
Ma è abbastanza per chiamarlo racconto? Purtroppo, no. Quello che manca alle tue bellissime parole è la storia, l'intelaiatura su cui le tue immagini devono scorrere per mostrare qualcosa. Tra i mille volteggi e arzigogoli dei tuoi periodi, emerge la figura sicuramente affascinante della Professore Nives Safran, ma a parte il suo riflesso, non vediamo mai chi sia davvero e perché susciti così tanto scalpore. Cosa ha fatto mai? Perché il mio desiderio voyeuristico di lettore deve essere frustrato da questa mancanza di particolari? Dammi qualcosa che io possa poi raccontare a qualcun altro, non allettarmi con la presenza di un essere umano che si veste di specchi, senza farmi vedere le conseguenze! Ci resto male!

Prova a integrare la professoressa in una trama che abbia del conflitto, che mostri un po' di "azione" e vedrai da solo le potenzialità che ha un personaggio del genere.

Andrea J. Leonardi
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Re: Nives Safran

Messaggio#11 » giovedì 28 gennaio 2021, 21:52

Ciao Jacopo,
arrivo al dunque.

Tema. Abbastanza centrato, in maniera non del tutto originale. (Specchio e oggetto vicino non sono originali, il resto del racconto lo è.)

Trama. Accattivante l’idea di una persona che si ricopre di specchi. È ancora lei la protagonista? O lo sono tutti coloro che si specchiano? Non c’è una vera storia, un piccolo arco narrativo, tuttavia ci viene raccontato un “qualcosa” di magico e quasi irreale che ti fa dire: “ehi, la conosci la storia della professoressa Nives Safran?”

Stile. Sono pronto a scommettere che si sia Di solito, non sono un fan di questo stile. La tua prosa, invece, non mi ha infastidito molto, ed è anzi piacevole. Ho solo una cosa da commentare. All’inizio del secondo paragrafo scopriamo che Nives si è ricoperta di specchi, e questo spiega tutte le frasi del primo paragrafo; invertirei le due informazioni, perché? Perché tutto il primo paragrafo non acquista nessuna valenza e importanza nella mente del lettore: le frasi, per quanto bello da leggere, hanno bisogno di un sostegno e aggancio alla vicenda. Ho provato a leggerli al contrario, e credo funzioni.

Ciò che mi lascia un po' col dubbio, in questo racconto, è la Trama. Non c'è una vicenda, si sente la mancanza? Che tipo di racconto sto leggendo? Ho ben due ore per deciderlo.

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