Orfea

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SilviaCasabianca
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Orfea

Messaggio#1 » martedì 16 febbraio 2021, 0:46

Orfea
di Silvia Casabianca

Lo schermo dell'IPhone da due informazioni, ed entrambe crudeli.
La prima è che fuori fa 1 grado. La seconda è che lui è in ritardo.

Burian mi aggredisce alla giugulare. Cerco i lembi della sciarpa e li stiro in basso. Chiudo frettolosamente il primo bottone. Respiro e scaldo l’aria ad un palmo dal mio naso.
Attraverso la nuvoletta di alito osservo i tetti scomposti del borgo, sorvegliati da una coperta stellata.

Attendo questo incontro da un’anno e cinque mesi.
Stai serena Orfea. C’hai diciassette mesi di terapia alle spalle.
Let it be. There will be an answer. Let it be.

Un fruscio di foglie secche annuncia qualcosa. Mi volto. C’è un cane annoiato che bruca l’erba. Un rottweiler. I suoi muscoli sono coperti di un nero lucido. Nel vedermi, il padrone si tira su la mascherina.

«Hey..ciao»

Pum. Colpo al cuore. Timbro di tenebra, che mi scava dentro i timpani, mi salta nelle viscere.

Ok Orfea. Ricordati di tutti gli insegnamenti della psicologa. Mettiti una bolla di sapone intorno, colorala del colore dell’anima. Viola. Anzi no, lilla. Meglio lilla.

Mi volto di nuovo. Sotto la luce calda del lampione, anche se la mascherina cela l’ovvio, i suoi occhi sorridono.

«Siediti». Gli faccio posto nella panchina e tento di raggiungere l’orlo per non disturbarlo.
Cazzo. Non sono capace di stare con lui senza dare di matto.

La vita non può ferirti. Respira.

«Come stai?». Il fiatone rende la sua voce un sussurro d’angelo.

Vengo invasa da una svampa di Jean Paul Gaultier e esagero spallucce - «Alla Grande!»

Fuffy ci si avvicina. Stringe fra i denti una palla e scuote il testone così velocemente da sembrare tricefalo.

«Tu invece? Come stai?»

Si abbassa la mascherina e gli occhi mi cadono sulle sue labbra.

Insomma. «Non è mica facile! Mi manca...»

Il cuore ora sembra aver risalito. Lo sento affacciarsi dalle pupille. Cosa? Cosa gli manca?

«Sai? Viaggiare, girare il mondo.»

Porto gli occhi al cielo. Mi infilo le mani ghiacce in tasca e comincio a guardare oltre l’orizzonte. Con la coda dell’occhio lo vedo tirare fuori una Malboro e infilarsela sopra l’orecchio. Annuisco lentamente tenendo fisso lo sguardo sul panorama i cui contorni offuscati si perdono nella notte di nebbia, il tutto rovinato da un orribile inceneritore a strisce bianche e rosse che svetta fra i tetti medievali in adorazione di cime innevate.

«Certo. Ti capisco...»

Lo sento sbuffare. Deglutisco. «No, scusami, non è che non mi interessa che stai male per i viaggi, le cose, eccetera, è che questo lo so, lo immagino»

«Riguardo al resto...»

Un brivido mi cammina sulla cervicale.

«Cerco la bellezza che c’era fra di noi un tempo. La cerco nel mio presente. Eppure… » - Scuote il capo - «Quella era roba di qualità». Si volta e cerca la mia complicità.

Strizzo le labbra e negli occhi mi entra la follia. Al diavolo tutto. Ora lo bacio. Lo abbraccio. Gli salto al collo.

«Non... preoccuparti» - deglutisco - «Arriverà». Chino lo sguardo però sono fiera. Le ho domate tutte e ottanta.

«Dici?» - aggrotta la fronte.

«Certo!». Un sospiro mi attraversa la gola. Fremo. Mi alzo di scatto. «Se però…»

Lui alza lo sguardo. La sigaretta scivola via dalle sue tempie e cade, impattando la fanghiglia.

«Se... solo mi perdonassi di aver fallito. Se solo...perdonassi te stesso, di aver fallito»

Che si dice in questi casi? Chiamami? Cercami su Facebook?

Mi afferra un polso. Sento i suoi polpastrelli caldi risalire sulla mia pelle. Mi sto mangiando il tepore delle sue dita, con avidità, dopo un anno e cinque mesi. Diciassette mesi di terapia. Chiudo gli occhi e lentamente mi stacco, a fatica. Mi alzo in piedi.

«Se dovesse accadere, solo in quel caso, citofonami.»
Col cazzo che dico whatsappami. Col cazzo. Gli do le spalle. Comincio a camminare. Un piede dopo l’altro. Guardo di fronte a me. Non ti perderò per la seconda volta. Non voltarti. Non riesco a sentire i suoi passi. Forse è ancora là. Accelero. Ecco sto per raggiungere la luce, sto per uscire dagli inferi. Che ci vuole?

Ce l’ho quasi fatta ma all’ultimo minuto giro i tacchi e mi volto di nuovo verso il belvedere. Lo cerco con lo sguardo ma l’inceneritore a strisce bianche e rosse svetta come unico e solo protagonista. La scena è statica e non vi è alcun accenno di vita.
Ultima modifica di SilviaCasabianca il martedì 16 febbraio 2021, 0:59, modificato 2 volte in totale.



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Re: Orfea

Messaggio#2 » martedì 16 febbraio 2021, 0:49

Ciao Silvia! Caratteri e tempo ok anche per te, buona 150° EDITION!

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Re: Orfea

Messaggio#3 » martedì 16 febbraio 2021, 18:05

Ciao Silvia,
ho letto il tuo racconto con piacere.
Mi è rimasto ostico comprenderne a pieno il PLOT.
Qui di seguito quel che ho capito.
Orfea è andata in analisi per superare (parrebbe) lo shock dell'abbandono da parte di questo tizio che rivede dopo un anno e mezzo. Lui fa discorsi che lasciano presagire un suo rinnovato interesse e lei riesce a dargli le spalle e ad andarsene, nonostante una parte di sé ne aneli ancora le carezze e i baci.
Ho capito bene?
Il tema dell'ultimo minuto, se ho capito, sta nel fatto che solo alla fine lei riesce a sottrarsi, giusto?
Non mi è dispiaciuto, ma mi ha lasciato con un senso di irrisolto.
A rileggerci presto.
W

Alcune notazioni stilistiche:
Lo schermo dell'IPhone da (qua manca un accento) due informazioni, ed entrambe crudeli.
La prima è che fuori fa 1 grado. La seconda è che lui è in ritardo.

Burian mi aggredisce alla giugulare. Cerco i lembi della sciarpa e li stiro in basso. Chiudo frettolosamente (meglio evitare gli avverbi in -ente, rallentano la lettura e spesso sono inutili - meglio "in fretta") il primo bottone. Respiro e scaldo l’aria ad (attenzione alle -d eufoniche, oggi si usano solo quando ci sono due vocali uguali [a un palmo - ad andare] un palmo dal mio naso.
Attraverso la nuvoletta di alito osservo i tetti scomposti del borgo, sorvegliati da una coperta stellata.

Attendo questo incontro da un’anno e cinque mesi.
Stai serena Orfea. C’hai diciassette mesi di terapia alle spalle. (La dottrina è discorde, ma, almeno a mio gusto, i pensieri è meglio che vengano messi in corsivo per distinguerli dal resto)
Let it be. There will be an answer. Let it be.

Un fruscio di foglie secche annuncia qualcosa ("annuncia qualcosa" è proprio bruttino. Forse poteva bastare: "Un fruscio di foglie secche mi fa voltare" oppure "Mi volto per il frusciare delle foglie secche dietro di me") Mi volto. C’è un cane annoiato che bruca l’erba. (Qui ci metterei ":", perché la frase successiva specifica proprio la razza del cane) Un rottweiler. I suoi muscoli sono coperti ("coperti" lascia intendere che non sia il suo reale colore [da lettore ho dovuto fermarmi a pensare una frazione di secondo se il cane non fosse dipinto]. Forse è meglio, più semplicemente: "I suoi muscoli sono di un nero lucido") di un nero lucido. Nel vedermi, il padrone si tira su la mascherina.

«Hey..ciao» (pignoleria, ma i puntini devono essere tre e dopo deve esserci lo spazio "Hey... ciao!")

Pum. Colpo al cuore. Timbro di tenebra, che mi scava dentro i timpani, mi salta nelle viscere.

Ok Orfea. (meglio "Ok, Orfea!") Ricordati di tutti gli insegnamenti della psicologa. Mettiti una bolla di sapone intorno, colorala del colore dell’anima. (Anche qui metterei ":" perché dopo specifichi il colore dell'anima, rendi il testo più chiaro) Viola. Anzi no, lilla. Meglio lilla.

Mi volto di nuovo. Sotto la luce calda del lampione, anche se la mascherina cela l’ovvio, i suoi occhi sorridono.

«Siediti». Gli faccio posto nella panchina e tento di raggiungere l’orlo per non disturbarlo.
Cazzo. Non sono capace di stare con lui senza dare di matto.

La vita non può ferirti. Respira.

«Come stai?». Il fiatone rende la sua voce un sussurro d’angelo.

Vengo invasa da una svampa di Jean Paul Gaultier e esagero spallucce - «Alla Grande!»

Fuffy ci si avvicina. Stringe fra i denti una palla e scuote il testone così velocemente da sembrare tricefalo.

«Tu invece? Come stai?»

Si abbassa la mascherina e gli occhi mi cadono sulle sue labbra.

Insomma. «Non è mica facile! Mi manca...»

Il cuore ora sembra aver risalito. Lo sento affacciarsi dalle pupille. Cosa? Cosa gli manca?

«Sai? Viaggiare, girare il mondo.»

Porto gli occhi al cielo. Mi infilo le mani ghiacce in tasca e comincio a guardare oltre l’orizzonte. Con la coda dell’occhio lo vedo tirare fuori una Malboro e infilarsela sopra l’orecchio. Annuisco lentamente tenendo fisso lo sguardo sul panorama i cui contorni offuscati si perdono nella notte di nebbia, il tutto rovinato da un orribile inceneritore a strisce bianche e rosse che svetta fra i tetti medievali in adorazione di cime innevate.

«Certo. Ti capisco...»

Lo sento sbuffare. Deglutisco. «No, scusami, non è che non mi interessa che stai male per i viaggi, le cose, eccetera, è che questo lo so, lo immagino»

«Riguardo al resto...»

Un brivido mi cammina sulla cervicale.

«Cerco la bellezza che c’era fra di noi un tempo. La cerco nel mio presente. Eppure… » - Scuote il capo - «Quella era roba di qualità». Si volta e cerca la mia complicità.

Strizzo le labbra e negli occhi mi entra la follia. Al diavolo tutto. Ora lo bacio. Lo abbraccio. Gli salto al collo.

«Non... preoccuparti» - deglutisco - «Arriverà». Chino lo sguardo però sono fiera. Le ho domate tutte e ottanta.

«Dici?» - aggrotta la fronte.

«Certo!». Un sospiro mi attraversa la gola. Fremo. Mi alzo di scatto. «Se però…»

Lui alza lo sguardo. La sigaretta scivola via dalle sue tempie e cade, impattando la fanghiglia.

«Se... solo mi perdonassi di aver fallito. Se solo...(qui ci vuole uno spazio)perdonassi te stesso, di aver fallito»

Che si dice in questi casi? Chiamami? Cercami su Facebook?

Mi afferra un polso. Sento i suoi polpastrelli caldi risalire sulla mia pelle. Mi sto mangiando il tepore delle sue dita, con avidità, dopo un anno e cinque mesi. Diciassette mesi di terapia. Chiudo gli occhi e lentamente mi stacco, a fatica. Mi alzo in piedi.

«Se dovesse accadere, solo in quel caso, citofonami.»
Col cazzo che dico whatsappami. Col cazzo. Gli do le spalle. Comincio a camminare. Un piede dopo l’altro. (Non so... Che volevi intendere? Si cammina sempre un piede dopo l'altro.) Guardo di fronte a me. Non ti perderò per la seconda volta. Non voltarti. Non riesco a sentire i suoi passi. Forse è ancora là. Accelero. Ecco sto per raggiungere la luce, sto per uscire dagli inferi. Che ci vuole?

Ce l’ho quasi fatta ma all’ultimo minuto giro i tacchi e mi volto di nuovo verso il belvedere. Lo cerco con lo sguardo ma l’inceneritore a strisce bianche e rosse svetta come unico e solo protagonista. La scena è statica e non vi è alcun accenno di vita.

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Polly Russell
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Re: Orfea

Messaggio#4 » martedì 16 febbraio 2021, 23:19

Ciao! Anche con te pare essere la prima volta.
Certo commentare dopo che è passato il buon Wladimiro, e anche particolarmente in forma, è quasi superfluo :), comunque ecco i miei due spicci.
Ha l’impronta di uno YA, forti emozioni, ripensamenti, focus molto profondo sulla protagonista. Non male.
Sorvolo sulla forma, è già passato Wlad e mi concentro su un paio di aspetti. Il primo è l’aderenza al tema, che non trovo. Lei non ha tirato dritta perché non voleva più avere a che fare con lui. Ha tirato dritta perché sperava di essere seguita o osservata da lontano da lui. Ma quando finalmente si gira, si accorge che lui se ne era semplicemente andato. Dov’è l’evento dell’ultimo minuto?
Altro punto è il dialogo centrale. È un po’ confuso, a un certo punto non ho capito chi parlasse e nemmeno di cosa stesse parlando.
Il cane non bruca. Capisco che tu abbia voluto usare la parola di proposito ma boh... non ce la vedo.
Ma sul serio ha chiamato un Rott Fuffy? Chi è Hagrid? XD
Scherzi a parte, un lavoro piacevole, l’introspezione di lei è perfettamente riuscita.
Polly

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SilviaCasabianca
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Re: Orfea

Messaggio#5 » mercoledì 17 febbraio 2021, 17:11

Ciao Wladimiro
Grazie mille della risposta e del commento dettagliato!
Purtroppo, come avrai notato dalla mia consegna alle 00.59 (tanto per restare fedele al tema!) ho avuto difficoltà a consegnare nei tempi, quindi questo spiega tutti i refusi che AIME' hai trovato. SOB.

Riguardo a tutti gli spunti per migliorare lo stile, ti ringrazio e prenderò sicuramente spunto, molti sono dovuti sempre alla fretta nel consegnare ma mi rendo conto non sia una giustificazione.

Per quanto riguarda l'interpretazione della trama, è correttissima. L'interpretazione del tema invece, e quindi il finale del racconto è al contrario di come l'hai vista tu. Essendo una reinterpretazione in chiave moderna del mito di Orfeo ed Euridice (di cui spero si capiscano i riferimenti), Orfea in realtà riesce a sottrarsi, ci riesce nel momento in cui si volta e se ne va, salvo poi, all'ultimo minuto, poco prima di svoltare la strada e quindi uscire dalla visuale di lui, si volta nuovamente cambiando idea. Così come Orfeo, che non avrebbe dovuto voltarsi fino all'uscita dal mondo degli inferi se voleva riavere Persefone che aveva perso già una volta, cede e ad un secondo dall'uscita dagli inferi si volta non trovandola più lì e perdendola per sempre, anche la mia protagonista si volta e quindi lui non c'è più e l'ha perso di nuovo. Aimé.

"Un piede dopo l’altro. (Non so... Che volevi intendere? Si cammina sempre un piede dopo l'altro.)" --> qui volevo intendere un pensiero che fa lei per incoraggiarsi, tipo "dai, non è difficile, un piede dopo l'altro e raggiungi la fine della via", lei è concentrata sui suoi passi.
Ultima modifica di SilviaCasabianca il mercoledì 17 febbraio 2021, 17:23, modificato 2 volte in totale.

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SilviaCasabianca
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Re: Orfea

Messaggio#6 » mercoledì 17 febbraio 2021, 17:17

Ciao Polly!
Grazie mille del tuo commento.
Innanzi tutto scusami l'ignoranza ma cos'è YA?
Ti ringrazio per gli incoraggiamenti, sto cercando di lavorare sullo stile.
Riguardo al tema, ovvero il finale, come spiegavo anche a Wladimiro, si rifà al mito. Lei tira dritta nonostante abbia la tentazione di voltarsi più volte. All'ultimo minuto però cede e si volta, così come Orfeo nel mito tradizionale, e quindi lui non c'è più. E' evidente però che se non sono riuscita a comunicare sul finale, devo aver E DI GROSSO, sbagliato qualcosa. SOB di nuovo.

Ho riso molto sui dettagli sul cane, ahahahha. Si, è un bruca di proposito. "brucare" lo uso nel suo significato letterale di "mangiare strappando a piccoli morsi l'erba dal terreno", i cani a volte lo fanno quando sono annoiati (almeno il mio lo fa, ma che il mio cane sia psicopatico è molto probabile, ahaha). Fuffy è ironico, come a dire "non so come si chiama", non è il vero nome del cane, è tipo "coso" per gli umani =)

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Stefano.Moretto
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Re: Orfea

Messaggio#7 » giovedì 18 febbraio 2021, 0:11

Ciao Silvia
il tuo punto di forza in questa narrazione è l'immersione nel personaggio. Davvero ben costruita, praticamente ogni azione o input sensoriale è filtrata attraverso un pensiero o una sensazione della protagonista e questo ci rende molto facile immedesimarci in lei. Quello che ci ostacola invece è la discrepanza di informazioni tra ciò che sa lei e ciò che sappiamo noi: avremmo avuto bisogno di qualche tip in più sul motivo per cui si vedono dopo un anno e mezzo e su cosa sia successo prima per riuscire a capire appieno la situazione e sentirci parte delle emozioni della protagonista. In questo modo invece usiamo le emozioni scaturite per ricostruire la trama attraverso un processo di ingegneria inversa; funziona, ma non è ottimale.
Fai attenzione anche ai problemi di anticipazione:
Lo schermo dell'IPhone da due informazioni, ed entrambe crudeli.
La prima è che fuori fa 1 grado. La seconda è che lui è in ritardo.

Porto questo come esempio: qui lei vede che fuori fa un grado è che lui è in ritardo, ma ce lo dice solo dopo aver filtrato l'informazione, raggruppandole entrambe sotto l'etichetta "crudeli". Qui l'effetto è un po' come quando trovi un libro dove il protagonista dice "non ero preparato a quello che sarebbe successo", una frase che ti preannuncia che ci sarà qualcosa, ma non ti dice di preciso cosa. Non è un bell'effetto da leggere, o meglio, non è l'effetto migliore che puoi aspirare a ottenere.

Riguardo il pensato in corsivo: Wladimiro mi perdonerà, ma trovo che in una narrazione in prima persona sia praticamente impossibile utilizzare questo schema. Ha già più senso usando la terza persona, per cui la narrazione e i pensieri possono (ma non devono) essere divisi; in prima persona questo non è possibile perché tutta la narrazione è filtrato dal pensato del protagonista. Decidere cosa deve stare in corsivo e cosa no è pressoché impossibile, soprattutto in un testo con questo livello di immersività. L'unica possibilità è utilizzare una prima persona quasi sterile, in cui non vengono descritte le emozioni, ma solo i pensieri diretti esplicitati in modo da staccarli di netto dalla narrazione. Non è questo il caso.

Nota finale:
Burian mi aggredisce alla giugulare.

Non sapevo che Burian fosse il nome di un vento, questa frase mi ha un attimo spiazzato. Avresti potuto utilizzare un nome più conosciuto, anche se meno specialistico, per non alienare gli ignoranti come me.

Nel complesso comunque il racconto mi è piaciuto molto.

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Alessandro -JohnDoe- Canella
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Re: Orfea

Messaggio#8 » giovedì 18 febbraio 2021, 14:14

Premessa: è la terza volta che cerco di scrivere questo commento, che qui da me oggi stanno facendo lavori sulla linea elettrica e continua a saltare la luce. Se quindi sembrerò più cattivo del solito (possibile?) sappi che il nervo non nasce dalla lettura del tuo racconto. :D

Inizio con un paio di note a corredo. Per la prima, mi permetto di risponderti io su cosa significhi YA. Sta per Young Adult, ovvero un genere rivolto agli adolescenti e che parla di adolescenti. A voler essere precisi, non è correttissimo definirlo "genere", in quanto lo YA si può contaminare con fantasy, fantascienza, romanzo di formazione, rosa/sentimentale e chi più ne ha ne metta. La seconda è invece una nota "grafica": perché tutti quegli spazi bianchi? Onestamente non ne capisco la ragione, visto che nulla aggiungono alla narrazione. Sembrano più un vezzo che però rischia solo di distrarre il lettore.

Passiamo ora al commento vero e proprio.

Dovessi riassumere il brano in una parola sarebbe "ni". Da un lato ho infatti apprezzato il particolare tono psicologico dato al tuo personaggio, dall'altra però ho trovato i dialoghi forzati e per nulla naturali. Tipo questo passaggio:
«Cerco la bellezza che c’era fra di noi un tempo. La cerco nel mio presente. Eppure… » - Scuote il capo - «Quella era roba di qualità».

Il problema è che quando leggo simili passaggi, è come se sentissi che non è più il personaggio a parlare, ma l'autore. Vengo strappato dalla finzione del testo per essere catapultato davanti al computer, sensazione rafforzata dal fatto che i due personaggi parlino alla stessa maniera, con tanti "non detti" e sospensioni del discorso.
Riguardo al testo vero e proprio, condivido le note fatte da Wladimiro, anche se rimango dell'opinione che il grosso problema di questo racconto risieda nel senso di finzione che traspare.
Il consiglio che posso darti è di asciugare il testo dalle tante frasi fatte e da quelle un po' retoriche e concentrarti sul conflitto che DEVE trasparire dal dialogo. Scrivi ad esempio che la protagonista attende questo incontro da un anno e mezzo, poi però fai troncare il tutto in maniera sbrigativa, con due personaggi che si scambiano quattro battute in croce piene di sottintesi che non riescono a far immedesimare il lettore nel dolore della protagonista. Al contrario, lo allontanano e lo confondono.
Tutto ciò è un peccato, perché il racconto ha del potenziale, ma allo stato attuale tale potenziale non è minimamente espresso. Mi spiace.
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Re: Orfea

Messaggio#9 » sabato 20 febbraio 2021, 16:37

Ciao Stefano!
Ti ringrazio molto per il tuo commento. I tuoi consigli sono davvero tutti di grande aiuto, e cercherò di applicarli quando riprenderò in mano questo brano.
Sono d'accordo anche sul discorso del corsivo.

Stefano.Moretto ha scritto:Quello che ci ostacola invece è la discrepanza di informazioni tra ciò che sa lei e ciò che sappiamo noi: avremmo avuto bisogno di qualche tip in più sul motivo per cui si vedono dopo un anno e mezzo e su cosa sia successo prima per riuscire a capire appieno la situazione e sentirci parte delle emozioni della protagonista. In questo modo invece usiamo le emozioni scaturite per ricostruire la trama attraverso un processo di ingegneria inversa; funziona, ma non è ottimale.


Riguardo a questo punto che evidenzi, è molto interessante. Nell'economia del racconto ho pensato non fosse rilevante sapere cos'era successo prima. Sai, le storie finiscono e non è davvero originale starne a spiegare i motivi. Non avevo pensato che però questo potesse provocare confusione di trama. Posso chiederti dove esattamente hai sentito l'esigenza di avere una info in più, e quale?
Grazie!

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Re: Orfea

Messaggio#10 » sabato 20 febbraio 2021, 17:02

Ciao Silvia, piacere di trovarti nell'arena.
Devo ammettere che non mi riesce facile valutare il tuo racconto.
Mi lascia un senso di incompiuto, soprattutto nel finale.
Al netto di alcuni errori ortografici quali "da" come terza persona dle verbi dare che va con l'accento, "un'anno" dove l'apostrofo non ci vuole e qualche "d" eufomica di troppo e altre che non ci sono dove ci vorrebbero, la forma non mi convince del tutto.
Indugi a volte in descrizioni non funzionali alla storia che scivolano nell'info dump.
C'è un sottinteso non abbastanza esplicito da lasciar capire la storia, soprattutto il finale.
Il tema arriva alla fine ma non si inserisce nell'economia della storia. Tutto quello che credevo di aver capito, viene messo in discussione dal finale.
Mi dispiace, ma non mi è arrivato.
Alla prossima.

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Re: Orfea

Messaggio#11 » sabato 20 febbraio 2021, 22:41

SilviaCasabianca ha scritto:Ciao Stefano!
Riguardo a questo punto che evidenzi, è molto interessante. Nell'economia del racconto ho pensato non fosse rilevante sapere cos'era successo prima. Sai, le storie finiscono e non è davvero originale starne a spiegare i motivi. Non avevo pensato che però questo potesse provocare confusione di trama. Posso chiederti dove esattamente hai sentito l'esigenza di avere una info in più, e quale?
Grazie!


Certo, con piacere.

Alla seconda riga c'è un "lui è in ritardo"; questa frase non è problematica di per sé dato che siamo appunto all'inizio del racconto e quindi io mi aspetto che tra poco ne saprò di più, quindi dico "okay, si deve vedere con uno, vediamo come va avanti". Il problema è che questo perché non arriva. La preparazione ci sta. Mi stai portando fuori casa col personaggio, vedo cosa fa per un po' e va benissimo, ma poi arriviamo qui:

Attendo questo incontro da un’anno e cinque mesi.
Stai serena Orfea. C’hai diciassette mesi di terapia alle spalle.


A questo punto il desiderio di informazioni è salito bruscamente, se prima era un 3/10 ora è un 7/10. Voglio sapere con chi si deve vedere e perché questo tipo l'ha mandata in terapia. Può essere suo padre che l'ha malmenata per decenni e dopo un anno di terapia riesce a passare oltre, oppure un ragazzo che l'ha usata facendole fare da portafogli approfittando del suo amore e adesso lo incontra per farsi ridare i soldi che gli deve, o ancora può essere suo fratello che mentre erano in macchina insieme e lei guidava hanno avuto un incidente, lui è andato in coma e lei è rimasta traumatizzata per averlo quasi ucciso. Insomma potrebbe essere letteralmente qualsiasi cosa (non sapendo, fin qui, se il genere del racconto è mainstream potrei inserirci pure qualche esempio con alieni verdi o gatti parlanti). Ovviamente non dico che mi aspetto esattamente queste cose, ma che se fossero arrivate non ci sarebbe stato niente, fino a qui, che ci sarebbe andato in contrasto, ovvero avresti potuto usarle senza problemi (magari doveva vedere un alieno che si camuffa da umano e che l'ha traumatizzata a morte sbucando dalla sua cantina e sarebbe stato perfettamente legittimo per quel che sappiamo finora).

«Come stai?». Il fiatone rende la sua voce un sussurro d’angelo.

Arrivato qui posso escludere il padre violento, ma non l'ex flirt o il fratello (forse neanche l'alieno)

Si abbassa la mascherina e gli occhi mi cadono sulle sue labbra.

Insomma. «Non è mica facile! Mi manca...»

Il cuore ora sembra aver risalito. Lo sento affacciarsi dalle pupille. Cosa? Cosa gli manca?

Qui dalle sue emozioni finalmente capisco che si tratta di un ragazzo che gli piace in senso romantico. Non so ancora cos'è successo tra loro di così grave da mandarla da uno psicologo, ma almeno ho restrinto di tantissimo il campo.

«Se... solo mi perdonassi di aver fallito. Se solo...perdonassi te stesso, di aver fallito»

Unito al chiaro desiderio della ragazza nei suoi confronti, inizi a mettere insieme i pezzi. Il problema è che "aver fallito" è un qualcosa che lascia campo all'immaginazione. Si può pensare che intenda "aver fallito come coppia", ma può essere anche "aver fallito ad avere figli" o "aver fallito a rapinare quella banca insieme a te e mi dispiace che tu sia stato un anno e mezzo in prigione". Okay forse sto esagerando.

Spero di averti reso chiaro come ho ricostruito dentro di me la storia mentre la leggevo

Riguardo il discorso che non è importante sapere perché una storia è finita: Well yes, but actually no. Normalmente questo è vero, ma in questa storia tutto il focus è sulla rottura che ha causato effetti devastanti sulla vita della protagonista.
Immaginati se nel Signore degli Anelli ci fosse stata questa scena:
Gandalf: "Devi buttare l'anello in un vulcano che sta sotto l'essere più cattivo e potente in vita al mondo che comanda armate di orchi, spettri e ragni giganti."
Frodo: "Sembra leggermente pericoloso. Perché devo farlo? Cos'ha di speciale questo anello?"
Gandalf: "Buona fortuna."
Insomma, due domande sul perché debba suicidarsi uno se le fa. Qui è lo stesso. Non così tragico magari, ma stai creando un grosso interesse su una cosa e quindi un lettore si aspetta che gli dirai cos'è quella cosa.

Ti faccio una postilla finale: il modo in cui ognuno legge un brano varia tantissimo in base agli elementi su cui si concentra. Una persona che presta molta attenzione all'interiorizzazione del personaggio e poca alla trama generale non ti farà mai queste osservazioni semplicemente perché non gli interessa capire per filo e per segno cos'è successo per arrivare a quel punto, ma gli interessa vivere il momento. Persone come me invece (per gli amici: i rompiscatole) sono molto più interessate a capire di cosa sta parlando la storia e hanno uno scarso focus sull'interiorità del personaggio (su questo aspetto io sto cercando di migliorare portandomi a un 50–50).
Ovviamente l'ideale è soddisfare entrambe le categorie di lettori, per questo ti ho evidenziato come sei stata molto brava a interiorizzare il personaggio, tanto che è persino possibile dedurre la storia solo dai suoi sentimenti.

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Re: Orfea

Messaggio#12 » domenica 21 febbraio 2021, 21:45

Ciao JohnDoe,

grazie del tuo commento. Mi dispiace non ti sia arrivato molto. cerco di seguire i vostri consigli nelle prossimi edizioni. Alla prossima

Ciao Filippo,
ti ringrazio del tuo commento. Mi dispiace che non ti sia piaciuto il mio racconto. Gli errori ortografici ci sono, aimè, ma ho consegnato a 00.59 quindi il motivo sta tutto là (lo so, lo dicono tutti ahaha, però è proprio così). Al di là di questo però ammetto di non aver colto a pieno dove sta tutta questa negatività del tuo giudizio. Non importa, alla prossima riproverò! Buona Edition.
Ultima modifica di SilviaCasabianca il domenica 21 febbraio 2021, 22:19, modificato 1 volta in totale.

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Re: Orfea

Messaggio#13 » domenica 21 febbraio 2021, 21:53

Ciao Stefano,

Innanzi tutto grazie di cuore per esserti dedicato a me, e in maniera così approfondita!
Mmmh ok, si, ora penso di aver capito meglio. Mi hai dato l'opportunità di calarmi nella mente di un lettore quindi grazie.
Il problema credo risieda ancora una volta nei caratteri, infatti avevo scritto di più ma ho dovuto tagliare, quindi suppongo che devo imparare a scrivere restando in un numero di caratteri ma senza tagliare via informazioni importanti, il ché per me è forse la sfida più difficile.

Quando hai fatto l'esempio del signore degli anelli ho sputato un polmone. Ti sarò per sempre grata di questa perla.

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Re: Orfea

Messaggio#14 » lunedì 22 febbraio 2021, 17:32

Ciao Silvia, del tuo racconto ho apprezzato l’interiorità del personaggio, e anche quel lavoro sulla ricerca dello stile, che secondo me va nella direzione giusta.
In diversi punti, come ti ha fatto notare Stefano, ci sono delle parti che non sono chiare, come se ci fossero dei punti che sono stati saltati, ma che sarebbero essenziali alla comprensione del testo.
Direi un racconto che ha delle buone basi su cui ci sarebbe da lavorare sopra.

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Gimmi
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Re: Orfea

Messaggio#15 » martedì 23 febbraio 2021, 12:14

Ciao!
Sono in ritardo e sarò diretto. Perdona se sembro brutale ^^

Non sono molto entrato nel racconto. Una donna che vorrebbe lasciarsi alle spalle una storia d'amore, nonostante vorrebbe continuare a stare con lui. Refusi e incomprensioni a parte, secondo me, manca il cuore interessante. Non sono insieme ai personaggi perché non è chiaro quello che vogliono e non lo scopriamo.
Penso tu abbia descritto una situazione come un altra senza coglierne il centro.
Non andrei così tanto a capo, elimina il ritmo.

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Eugene Fitzherbert
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Re: Orfea

Messaggio#16 » mercoledì 24 febbraio 2021, 22:48

Ciao, Silvia,
Non so se questa è la prima volta hce ti commento (perché ormai sono rincoglionito oltre ogni dire), ma ha poca importanza.
Quel che interessa è che il mio commento arriva dopo un bel pacco di discussione dove sostanzialmente c'è già scritto tutto.
Purtroppo, la cadenza delle battute e delle azioni non mi ha fatto veramente capire cosa stesse succedendo: ci sono dei passaggi un po' confusi, con allusioni che non trovano appiglio né prima né dopo. A una prima lettura, avevo pensato che il ragazzo che la tua protagonista incontra fosse solo il frutto della usa immaginazione, un'allucinazione che diciassette mesi di terapia non erano riusciti a cancellare. Poi, in realtà ,quello con le allucinazioni sono io. Ma me ne farò una ragione.
Stilisticamente parlando, a parte qualche sbavatura, c'è un buon controllo dell'immersività della scrittura, anche se è da limare. Stai studiano qualche manuale, per caso?

A presto.

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SilviaCasabianca
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Re: Orfea

Messaggio#17 » mercoledì 24 febbraio 2021, 23:38

Ciao Eugene,
grazie del commento.
Si, mi hai già commentato alla scorsa edition. Non sto studiando un manuale in particolare, ma faccio analisi del testo, mi esercito un po' qua e là, perché?
Accetto tutti gli appunti che mi fate e le critiche, e mi va bene tutto però comincio a sentirmi confusa rispetto alle vostre incomprensioni.
Ne approfitto per fare lo spiegone, che non volevo fare per non influenzarvi ma a questo punto credo sia necessario:

Il racconto si rifà al mito di Orfeo e ne è una rivisitazione in chiave moderna, dunque tanti sottintesi sono proprio il gioco stesso del racconto.

Mi rendo conto di aver fatto una scelta un po' ardita ma mi sorprende che nessuno abbia speso due parole (anche di critica, per carità) sul mito.

Orfea deve vedersi con un ragazzo con cui ha avuto una storia d'amore, una persona che ha perso in passato perché era incapace di gestire la sua emotività, come si evince dal modo in cui si complimenta con se stessa per aver gestito bene la scena della panchina.
Non si sono visti per un anno e mezzo, sia per la pandemia (si parla di mascherina che viene abbassata. Burian non è un vento a caso ma è un vento di questo inverno e di molti inverni rigidi italiani degli ultimi anni), ma soprattutto perché lui non ha saputo perdonare se stesso di aver fallito nella relazione, e non ha perdonato neanche lei per aver fallito. Infatti non spiego i motivi della fine della storia perché a mio avviso non è un punto focale: le storie finiscono perché si fallisce nell'impresa di gestire le proprie emotività. (ok, qui forse un riferimento in più sarebbe stato d'obbligo, ma il succo è questo senso di fallimento).
Il rottweiler tricefalo è un chiaro riferimento a Cerbero che si trova di fronte alla porte degli inferi quando Orfeo raggiunge gli inferi (parola che uso alla fine per chiarire di nuovo il riferimento).
La parte centrale del racconto poi spiega molte dinamiche: lui, egocentrico, che si lamenta di quello che in pandemia non può fare, lei che si annoia e non lo ascolta perché vorrebbe si parlasse di LORO ogni tanto. Lui che pensa che lei non si preoccupi abbastanza per lui.
Ma oltre a questo, vediamo una forte passione e soprattutto la ricerca, da parte di entrambi, di quella bellezza che c'era fra di loro, anche in altre persone, ma non la trovano.
Alle fine lei sa che per non perderlo una seconda volta (così come successe a Orfeo)dovrà essere brava a "non voltarsi", ovvero a dichiararsi, porre le sue condizioni con assertività e poi andarsene, senza ripensamenti. Sembra riuscire ma quando sta per svoltare, all'ultimo minuto, si volta verso di lui (Orfeo non doveva voltarsi a vedere la sua amata fin quando non sarebbe uscito dagli inferi ma cede, insicuro, quindi si volta e lei non c'è più. Dopo tanto casino, tanto immergersi negli inferi, l'ha persa per insicurezza). Lei, idem, dopo un anno e mezzo di immersione nell'inconscio, nelle sue ombre (terapia psicologica), alla fine cede alle sue insicurezze e all'ultimo minuto si volta e infatti lui se n'è andato via e l'ha perso: immagine che simbolizza l'averlo perso di nuovo.
E' un brano che parla della difficoltà delle relazioni, di come ci mettono a dura prova, e di come sia facile perdersi e riperdersi dopo tanta fatica per un nonnulla.
Il mito originario affronta la tematica del rapporto fra amore e volontà. Ade è il signore del tempo che maledetto fa finire le cose Perciò il mito di Orfeo è il mito dei miti: infatti il requisito perché l’anima (la bellezza anche) possa fare ritorno è non voltarsi indietro, che può avere mille accezioni: dal non guardare al passato, al non oggettivare l'altro desiderandolo ma lasciarlo al suo libero arbitrio. Orfeo "non dà tempo al tempo, è impaziente, si volta". Un mito amaro ma che ha dentro così tanto da non poter essere spiegato se non in chiave mitica appunto, simbolica. Ecco perché ho preferito usare simboli. Anche l'inceneritore è ciò che contamina la bellezza (del paesaggio), ovvero qualcosa di moderno che contamina la purezza di un bell'amore (infatti lei si rifiuta di dire whatsappami perché se vuoi tornare da me devi avere il coraggio di citofonarmi).
Voi direte: e ma così metti tante carne al fuoco. Ok, ma i miti lo fanno.

Scusate ma il tentativo di spiegare tutto dovevo farlo perché, appunto, nessuno ha fatto riferimento a tutto il mito che c'è sotto e senza il quale il racconto ovviamente non reggerebbe.

Grazie a chi mi leggerà.

Andrea Cangiotti
Messaggi: 35

Re: Orfea

Messaggio#18 » giovedì 25 febbraio 2021, 22:16

Un testo sentimentale e profondo che dimostra empatia da parte di chi scrive.
Refusi a parte, la storia profuma di nostalgico. Secondo me il tema è stato affrontato. I protagonisti sono ben tratteggiati e il lettore mentre legge riesce a entrare nella loro testa. A me è piaciuto anche se i dialoghi prevalgono sul testo in sè. Lo stile è scorrevole. Sicuramente si può migliorare, ovviamente, ma la base è già buona. Unico consiglio: magari approfondire il racconto con alcuni dettagli in più

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antico
Messaggi: 7167

Re: Orfea

Messaggio#19 » mercoledì 3 marzo 2021, 12:38

Peccato essere costretto ad arrivare a commentare solo sempre alla fine... Dunque, credo che il problema grosso qui sia stato proprio il rapporto con il mito, nel senso che se non lo si conosce non ci si può arrivare e anche se lo si conosce non è così sicuro che lo si possa percepire. Nella mia lettura ho immaginato una ragazza uscita da un percorso legato alla dipendenza da sostanze stupefacenti che si incontra con il compagno con il quale si era lasciata andare e dal quale cercava di rimanere lontana per non ricadere negli stessi errori. Insomma, ho ciccato in pieno. E quindi la domanda successiva è: perché sono andato così lontano dalla comprensione delle tue intenzioni? Lo ammetto, ero ignorante sul mito di Orfeo e pertanto ho cercato la semina nel testo che mi permettesse di decrittare la situazione con le informazioni in mio possesso e sono arrivato a quello. Ne consegue che il finale mi è risultato molto problematico e lontano dal tuo intendimento perché lei è attratta e infine cede, o vorrebbe cedere, e si volta scoprendo che era stato lui ad andarsene e, pertanto, lei ne esce infine sconfitta. In pratica, si tratta in toto di gestione delle informazioni e l'errore sta nel dare troppo per scontato che un elemento esterno al racconto sul quale si decide di fondarlo sia a disposizione delle conoscenze del lettore. Aggiungo, però, che per me è un errore anche quando lettore e autore condividono le stesse conoscenze perché un racconto, per come lo vedo, deve cercare, a prescindere, di essere il più autonomo possibile. Detto questo, la lettura è stata assolutamente positiva e il testo, al netto di quel finale problematico (per come è arrivato a me) mi è piaciuto. Anche il tema è ok perché lei cede proprio all'ultimo. Direi un pollice tendente verso il positivo in modo solido, ma non brillante. Ritengo che tu abbia notevoli capacità introspettive e sono molto curioso di leggere i tuoi prossimi lavori.

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SilviaCasabianca
Messaggi: 108

Re: Orfea

Messaggio#20 » mercoledì 3 marzo 2021, 14:54

Ciao Antico,
intanto ti ringrazio di cuore per il tuo commento e per aver preso in considerazione tutto il mio pippone sul mito =P

Sono d'accordo con te, ho gestito ("molto" ce lo aggiungo io) male l'armonia fra riferimenti, conoscenze pregresse e allusioni nel testo. Mi rendo conto, anche perché è palese dai commenti di molti compreso il tuo, di aver creato confusione.
Di questo la colpa non può che essere di chi scrive, ergo mi assumo la totale responsabilità di non aver fatto passare il messaggio come speravo.
Non mi biasimo troppo solo perché ero consapevole che non sarebbe stato semplicissimo. Lo sospettavo ma ho voluto comunque mettermi alla prova.
Accetto dunque pienamente la critica e cercherò di tenere a mente quanto sia difficile rendere un testo autonomo, come tu dici, e di quanto sia importante saper bilanciare bene le troppe informazioni con le troppo poche, gioco di equilibri per nulla scontato per un narratore.
Grazie ancora!

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