Apparenza

Per partecipare alla Sfida basta aver voglia di mettersi in gioco.
Le fasi di gioco sono quattro:
1) Il 17 febbraio sveleremo il tema deciso da ALBERTO BÜCHI. I partecipanti dovranno scrivere un racconto e postarlo sul forum.
2) Gli autori si leggeranno e classificheranno i racconti che gli saranno assegnati.
3) Gli SPONSOR leggeranno e commenteranno i racconti semifinalisti (i migliori X di ogni girone) e sceglieranno i finalisti.
4) Il BOSS assegnerà la vittoria.
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Fagiolo17
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Apparenza

Messaggio#1 » domenica 28 febbraio 2021, 12:09

Apparenza
di Luca Fagiolo


Oggi.
Parcheggio tra una vecchia Punto e un’Audi. Giro la chiave nell’accensione e prendo un lungo respiro. Le lacrime mi annebbiano la vista. Le asciugo con un fazzolettino e viene via anche un po’ di fondotinta. L’occhio destro manda una fitta appena lo sfioro. Mi guardo allo specchietto. Il livido si vede ancora nonostante il trucco, qualcuno lo noterà. Frugo nel porta oggetti, dovrei avere degli occhiali da sole da qualche parte. Tra rossetti, assorbenti e scontrini trovo i Burberry comprati a Milano un paio d’anni fa insieme a Pietro.
Così va meglio. A uno sguardo distratto potrebbe passare per un’occhiaia e oggi avrei tutti i motivi del mondo per averla.
Sfilo la bottiglia di rum da sotto al sedile e ne mando giù una sorsata.
«Cristo.» Il liquore brucia lungo la gola, la bocca sa di rancido. Scuoto la bottiglia. Ne è rimasto meno di metà, devo passare a comprarne dell’altro.
Esco dall’auto, lo sportello urta la fiancata dell’Audi. Alzo le spalle. Mi appoggio al cofano della macchina e recupero l’equilibrio. Affondo coi tacchi nella ghiaia e attraverso il parcheggio.
Un uomo vestito di scuro scende dalla sua auto a pochi metri dall’entrata. Apre lo sportello del passeggero e prende una vecchia signora sotto braccio. La donna si tiene la mano sul viso, singhiozza così forte da coprire il suono dei miei passi sul pietrisco.
Supero la volta del cimitero e anche i rumori delle auto in lontananza si affievoliscono per rispettare il decoro.
Le campane risuonano a morto. Rintocchi lenti e profondi. Taglio per il cortile interno, l’odore di fiori appassiti mi stringe lo stomaco. Una boccata di vomito mi risale la gola. Mi piego e la caccio fuori davanti a un loculo con la foto di un vecchio raggrinzito con i capelli radi.
Spero che nessuno mi abbia vista.
Mi pulisco la bocca col dorso del guanto e mi rimetto dritta. La messa sta per cominciare.

4 mesi prima.
Omar mi passa le dita tra i capelli. «Rallenta un secondo, Matilde.» Ansima.
Smetto di usare la bocca, ma continuo a massaggiargli il cazzo con la mano. Dio, quanto è grosso. «Che c’è? Non ti piace?»
«No no, assolutamente.» Sorride con quei suoi denti bianchissimi. Mi sono sempre chiesta perché i neri li abbiano così splendenti. La luce della lampada gli illumina gli addominali sotto la camicia slacciata.
«Stavi per venire?» Lui sorride e annuisce. «Allora hai fatto bene a fermarmi.»
Col braccio sposto tastiera, mouse e appunti di lavoro dalla scrivania. Il barattolo della coca-cola si rovescia e le penne rotolano a terra. Appoggio le natiche sulla superficie fredda e apro le gambe. Me la accarezzo con le dita, lo smalto rosso scintilla.
Omar si gode la vista. «La adoro rasata.»
«Come tutti gli uomini.» Lo afferro per la nuca e gli tiro la faccia in mezzo alle mie gambe. Comincia a leccare e a succhiare. Inarco la schiena, la testa libera di dondolare all’indietro. Omar mi accarezza la pancia, sale e scende. Piccoli brividi rincorrono le sue dita. Gli prendo la mano e mi infilo il medio in bocca. Geme. Mi eccita sentirlo in mio potere. Pietro è sempre stato così assente in quei momenti, come farlo con un manichino poco dotato.
Ma cosa diavolo mi salta in mente. Se penso a mio marito mi si smorza tutta la voglia.
Muovo le dita di Omar sul seno. Il polpastrello bagnato gioca col capezzolo turgido. Non mi basta, voglio di più. È passato troppo tempo dall’ultima volta che l’ho fatto.
Gli spingo via la faccia, mi volto e adagio la pancia sulla scrivania. Odora di sesso. Mi aggrappo al bordo e mi tiro uno schiaffo sul gluteo.
Omar mi mette le mani sui fianchi, il cazzo sulla schiena striscia poco alla volta. Un brivido mi risale la spina dorsale. Lo infila e comincia a muoversi, delicato, come se ci fosse il rischio di rompermi.
«Non sono una bambola di porcellana. Dacci dentro.»
Il ritmo aumenta. Ce l’ha davvero grosso. Mi fa male quando arriva in fondo. «Più forte!»
Spinge con foga. La scrivania striscia sul pavimento con un cigolio. Facciamoci sentire da tutto il palazzo! «Oh sì, così! Schiaffeggiami.» Smette di muoversi. Mi volto, ha il viso arrossato dall’imbarazzo. «Omar, cazzo, dammi uno schiaffo sul culo!»
Mi rifila una sberla rumorosa, ma poco convinta.
«Più forte. Fammi godere!»
Un’altra, più decisa. Sposto i capelli e sbircio la sua faccia da sopra la spalla. Si morde il labbro, spinge in profondità e mi colpisce di nuovo. «Ah!» Stavolta mi ha fatto male. «Così. Fammi sentire viva!»
Colpo dopo colpo la scrivania finisce contro quella del capo. La foto dell’avvocato Ponzoni abbracciato alla moglie ondeggia. La afferro appena in tempo prima che scivoli oltre l’orlo. Com’erano giovani… L’avvocato parla sempre della moglie defunta, deve aver sofferto molto.
«Che presa!» Omar si toglie il sudore dalla fronte. Riprende fiato.
Non è il momento di fare una pausa. Gli prendo il cazzo in mano e faccio due passi verso la parete tirandomelo dietro come un cane al guinzaglio. I mattoni a faccia vista mi graffiano le scapole. Omar mi solleva per le cosce e mi penetra. Mi scopa contro il muro. Fa male e mi piace da impazzire. Giro la testa, i capelli mi finiscono negli occhi. Mi lecca il collo, su su fino all’orecchio. Il quadro appeso alla parete si stacca dal perno e finisce a terra con un tonfo. Omar spalanca gli occhi, si guarda attorno nella penombra dello studio.
«Non ti fermare, siamo soli.»
Spinge di nuovo, più lento ma deciso. Sono così vicina, mi manca pochissimo…
Omar geme. Tuffa il viso nei miei capelli e il suo cazzo pulsa dentro di me. Mi deposita a terra, il respiro accelerato.
C’ero quasi, perché dev’essere così difficile?
«È stato stupendo.» Si stravacca sulla sedia, con le gambe che tremano e il pene che si affloscia. «Sei venuta anche tu, vero?»
«Certo.» Non ho voglia di sgonfiargli l’ego. Mi piego e contraggo gli addominali. Il liquido biancastro sgocciola fuori, lo raccolgo in un fazzoletto di carta.
Controllo il quadro, il vetro sembra integro per fortuna. «Aiutami a sistemare questo disastro, se non vogliamo che domani l’avvocato se ne accorga.» Gli faccio l’occhiolino.
«Non avrei mai pensato che…»
«Che gli straordinari fossero una scusa per scoparti? È da quando ti hanno assunto che sogno questo momento.»
«Ma tu sei sposata, Matilde.»
«Non mi sembrava fosse un problema mentre te lo succhiavo.»
Omar arrossisce. È proprio un timidone. «Dai, dimmi qualcosa di te. Sei fidanzato o vivi ancora con la mamma?»
«Non sono così giovane. Ci saranno sei o sette anni di differenza tra me e te.» Si infila i boxer, l’elastico schiocca sull’addome. «Abito col mio dobermann. Potresti venire a conoscerlo una volta.»
«Non ti allargare troppo. Ce l’ho già un marito, anche se non lo sopporto.»
Si allaccia i bottoni della camicia e sfila gli occhiali da vista dal taschino della giacca, ancora appoggiata alla sedia della sua scrivania. «Se non lo ami più perché non lo lasci?»
«Non è così facile.» Non lo è per niente.
«Vuoi parlarne?»
«Non pensavo fosse una seduta dallo psicologo.» Gli accarezzo la guancia e addolcisco il tono. «Sei un gran bel ragazzo, Omar, e sembri anche intelligente, ma non è il caso che racconti proprio a te i miei problemi di coppia.»
«Sono bravo ad ascoltare.»
Sospiro. Mi siedo sulla scrivania. «Non scopiamo. Mai. Lo avremo fatto una decina di volte in sei anni di matrimonio.»
Omar strabuzza gli occhi.
«È gay. Mi ha sposata per salvare le apparenze e per assicurarsi il patrimonio della famiglia. Credo che suo padre sia l’uomo più bigotto che abbia mai conosciuto. Uno di quelli che ancora pensa che il sesso serva solo per fare figli e che le donne a cui piace farlo siano tutte puttane.»
«Mi dispiace.»
«All’inizio i suoi soldi mi hanno resa felice, ma non poteva durare per sempre. Da piccola sognavo di avere una famiglia numerosa, due o tre figli almeno. Avevo deciso anche i nomi.» Una lacrima mi bagna la guancia. «Mi ha fatto credere di voler fare l’amore solo dopo il matrimonio. Ho pensato, finalmente uno che non vuole entrarmi nelle mutande e basta!» Che stupida sono stata. «Dopo meno di un anno di fidanzamento abbiamo fissato la data delle nozze. Al ritorno dalla luna di miele ha gettato la maschera.»
Omar mi abbraccia. Appoggio la fronte sul suo petto e singhiozzo. Intercetto una lacrima nera di mascara prima che gli sgoccioli sulla camicia.
«Non saprei come andare avanti se lo lasciassi. Dipendo da lui per ogni cosa. La casa dove abitiamo è sua e anche la macchina e tutte le persone con cui ho a che fare sono sue conoscenze.»
«Ce la faresti. Guardati: sei una donna con due palle così! L’avvocato ti adora, sarebbe perso senza di te.»
«Sono più fragile di quanto non dia a vedere. Però ti ringrazio, fa piacere sapere che qualcuno crede in te.» Gli stampo un bacio sull’angolo della bocca.
Finisco di rivestirmi e raccolgo la borsa da terra. Ci chiudiamo la porta dell’ufficio alle spalle e scendiamo le scale in silenzio. Non voglio che finisca tutto così, è stato bello e Omar mi piace davvero.
«Non prendere impegni per lunedì,» gli do una pacca sul culo, «potrebbero toccarti altri straordinari.»
Omar mi sorride, infila le mani in tasca e si allontana.
Spero non lo racconti a nessuno, se Pietro lo venisse a sapere… No, non lo farebbe mai, è un bravo ragazzo. Scaccio il pensiero e salgo in auto. Pietro ha prenotato al ristorante per stasera e non posso tardare.

Oggi.
L’interno della chiesa è freddo. Lungo la navata principale, vicino all’altare, hanno posizionato alcuni funghi riscaldanti, ma qui sul fondo il loro tepore non arriva. L’odore di incenso mi sale nelle narici. Spero di non vomitare di nuovo. La bara è stata sistemata ai piedi del presbiterio. Legno bianco, laccato. Le lacrime mi riempiono gli occhi, ripenso a quello che gli ho fatto e mi sento così in colpa. Non se lo meritava. Nessuno se lo meriterebbe.
Qualcosa mi si spezza dentro. I singhiozzi mi fanno tremare il corpo. Non ce la faccio. Anche il naso comincia a gocciolare. Sussulto, mi manca l’aria. Cerco di prendere un respiro profondo, ma è diventato così complicato. Più inspiro più i polmoni si riempiono di incenso. Spalanco le ante ed esco.
Urto una signora davanti al portone. «Ma che modi!»
Vorrei scusarmi, ma mi gira la testa e potrei crollarle addosso.
Un peso sul petto sembra volerlo sfondare. Ho bisogno di aria. Aria! Anche i battiti del cuore accelerano. È un infarto? Morirò anche io?
Non voglio morire. Me lo merito, ma non voglio. Non voglio. La fronte suda, il trucco mi cola negli occhi, brucia.
Qualcuno mi scuote per le spalle. «Matilde? Matilde, tutto bene?»
«Non…» Mi sento mancare, mi accascio tra le sue braccia.
L’avvocato Ponzoni mi regge, cerca di tenermi in piedi. «Prova a respirare lentamente.» Mi schiocca le dita davanti allo sguardo. «Concentrati. Dentro,» inspira, «e poi fuori.» Espira. «Fallo insieme a me.»
Ho il fiato corto. Entrano mezzi respiri, sempre più brevi. La gola serrata.
«Adesso proviamo a contare. Da cento a zero. Saltando tre numeri. Cento…»
«Novan-novantasette. Novantaquattro. Novantuno.»
«Esatto, proprio così. Ad ogni numero un bel respiro. Vedrai, sarà facile.»
Conto alla rovescia, un respiro alla volta. Il peso sul petto si alleggerisce.
Le gambe non mi reggono, mi sembra di aver percorso cento gradini in salita. L’avvocato mi aiuta a sedermi contro al muro del campanile.
«Va meglio?»
«Sì, ora sì. Grazie davvero.»
«È solo una crisi di panico, tranquilla.» Posa la mano sulla mia spalla. «Prenditi un minuto prima di rientrare. So quanto è difficile perdere una persona cara.»
L’avvocato è davvero una persona premurosa, ma non può nemmeno immaginare cosa sto passando. Ha perso sua moglie per un tumore. Io invece…
Che ipocrita che sono, dovrei andarmene. Essere qui non mi farà meritare il suo perdono.

Quattro giorni prima.
Pietro cambia stazione alla radio, una canzone di Emma Marrone, che strazio. Fuori dal finestrino la città passa veloce.
Ha indossato un completo firmato, ma non la cravatta, questo significa che non siamo ospiti di uno dei suoi amici altolocati. Spero che la cena abbia porzioni decenti, l’ultima volta sono uscita affamata. «Allora, vuoi dirmi da chi stiamo andando?»
«È una sorpresa, amore.» Amore, come se provasse davvero qualcosa per me.
Sistemo le pieghe della gonna. «Sono i Pontessori? Spero non i Malaspina. Non sopporto quel pestifero del figlio.»
«Non indovinerai mai, ma sarà di tuo gradimento, fidati.»
La macchina rallenta, imbocca una via sulla destra. Pietro controlla i civici. Mi batte sulla coscia con la mano guantata. «Ci siamo quasi.»
Non conosco questa zona. Siamo fuori dal centro e il quartiere non è niente di che.
Pietro ferma l’auto e spinge il pulsante del freno a mano. «Eccolo qui, il 46.» Sorride. «Puoi passarmi la bottiglia di vino?»
Raccolgo il Montrachet dai seggiolini posteriori e glielo porgo. Chiudo i bottoni della giacca e scendo dall’auto. Una cartaccia svolazza verso un lampione spento. Le grida esaltate di un tifoso sovrastano la telecronaca di una partita di calcio. Un uomo fuma alla finestra con il braccio fuori e la sigaretta accesa.
«Ma dove siamo, Pietro?»
«Da un amico comune.»
Si ferma davanti a un cancellino. Due appartamenti affiancati, uno illuminato e l’altro al buio. Suona il campanello. «Mi hai costretto tu.»
«Chi è?» La voce che esce dal citofono è quella di Omar.
«Pietro Rodomonti.»
«Chi?»
«Oh, mi scusi. Probabilmente conosce meglio mia moglie Matilde. Dì ciao, Matilde.»
La serratura del cancello scatta.
«Pietro, che cosa significa? Perché siamo a casa di Omar?»
«Non vuoi presentarmi l’uomo che ti scopa?»
Oddio, come ha fatto a scoprirlo? Siamo sempre stati così attenti, non è possibile.
Omar appare sulla soglia di casa, tra le sue gambe il dobermann ringhia. «A cuccia, Bali.» Socchiude l’uscio dietro di sé, il cane mugola.
Omar fa un passo avanti. «Cosa ci fate qui?» I lineamenti del viso sono duri, è arrabbiato. Ma io non ho colpe. Non ne sapevo nulla.
«Che maleducazione, signor Ousmanne, non mi dà neanche la mano?» Pietro gliela porge.
Omar non può far altro che stringergliela. Sposta gli occhi su di me. «Io davvero non capisco.»
«Possiamo entrare? Ho portato anche una bottiglia di Montrachet per brindare.» Pietro osserva l’esterno della casa, la tuta sgualcita che indossa Omar. «Ma dubito lei lo conosca, costa parecchio.»
Omar spalanca la porta. «Accomodatevi.» Dal divano raccoglie una coperta che puzza di cane e la sistema nel mobile sotto la televisione. «Porto Bali in camera, a volte è suscettibile con gli sconosciuti.»
Pietro lo fissa, non fa nulla per nascondere l’astio.
Mi siedo sul divano, una piantana nell’angolo illumina la stanza. La tv è accesa sulla partita, ma il volume è appena udibile. Sul tavolino basso al centro della stanza sono appoggiati il telecomando e il cellulare di Omar.
«Hai buon gusto, Matilde. È un fusto niente male.»
«Siamo solo colleghi.»
Pietro accavalla le gambe, fa l’occhiolino. «Ostinata come un mulo.»
Omar compare sulla soglia. Si appoggia allo stipite della porta e incrocia le braccia sul petto. «Adesso volete darmi qualche spiegazione?»
«Dovreste darne voi a me.» Pietro sbotta, il ciuffo gli cade sulla fronte. «A che gioco state giocando?»
«Non capisco cosa intende, signor Rodomonti.»
«Sono mesi che andate a letto insieme! Straordinari. Pensavi davvero me la sarei bevuta, Matilde?»
«Chi ti ha messo in testa certe fesserie?»
«Non sono nato ieri. Sospettavo sarebbe successo prima o poi, ma speravo saresti stata più discreta. Un minimo di rispetto, dopo tutto quello che ho fatto per te.»
«Ma se non mi hai mai amata!»
«Sono intrappolato in questo matrimonio quanto te, o credi di essere l’unica a soffrire? Vorrei avere il lusso di innamorarmi ed essere me stesso una volta tanto.»
«E allora fallo!» Omar lo interrompe. «Nessuno te lo può impedire.»
«Cosa vuoi saperne!» Pietro balza in piedi. «A mio padre si spezzerebbe il cuore se scoprisse che sono omosessuale! Per non parlare dello scandalo che ne uscirebbe.» Gira intorno al divano e si appoggia allo schienale, le braccia tremano. «La stampa non parlerebbe d’altro per mesi pur di screditare la mia famiglia.»
Non me ne frega niente della sua famiglia. Sono stanca di vivere una farsa, di recitare la parte della brava mogliettina quando niente ci tiene legati.
«Pietro, basta. Non ne posso più. Voglio il divorzio.»
I suoi occhi si spalancano. Apre la bocca, la copre col palmo della mano. «Non l’hai detto.»
«Sì che l’ha detto.» Omar mi cinge le spalle. «Finalmente hai trovato il coraggio. Ho sempre saputo che ce l’avresti fatta.» Mi tira a sé. Il cuore contro al mio orecchio batte forte.
Pietro comincia a ridere. Una risata acuta, incontrollata. Fa paura. «Voi due non mi toglierete tutto.»
Impugna la bottiglia di vino per il collo, la maneggia come se fosse un randello. Se la passa da una mano all’altra. Ha gli occhi indemoniati, la fronte sudata.
«Metti giù quella bottiglia.» Omar si frappone a braccia aperte. «Calmati, dalla a me. Non fare sciocchezze.»
Pietro singhiozza. «Perché devo essere l’unico a soffrire?» Lo colpisce con la bottiglia dritto in faccia. Omar cade all’indietro, batte la testa contro il tavolino. Un fiotto di sangue mi finisce addosso. «Cristo Santo! Ma sei impazzito?»
Le spalle di Pietro si alzano e si abbassano. «Ho sistemato le cose.»
Omar mugugna. Apre gli occhi, ma non sembra vedermi. Il sangue continua a uscire dal taglio alla nuca. «Sono qui, andrà tutto bene. Pietro, chiama l’ambulanza.»
Muove qualche passo, la bottiglia ancora stretta in mano. «Spostati.»
«Cosa credi di fare? Fermati finché sei in tempo.»
«Spostati ho detto!» Mi strattona per la spalla. Dall’altra stanza il dobermann guaisce. Piange e abbaia. Graffia la porta per uscire e salvare il suo padrone.
Pietro colpisce di nuovo Omar alla testa, la bottiglia va in frantumi, vino e sangue schizzano in tutta la stanza. Si ritrova tra le mani il vetro aguzzo. Lo guarda per un istante e glielo ficca nel collo.
«No!»
Gli salto addosso, sbattiamo contro il tavolino che si ribalta. Pietro mi tira un manrovescio in faccia e mi spinge via.
«È inutile, ormai è morto.» Prende fiato, lunghi respiri, i denti scoperti in un ghigno.
Omar non emette un suono. Dalla gola squarciata trabocca ancora del sangue. La chiazza rossa ha raggiunto i piedi del divano, sfiora il mobile con la televisione.
Pietro striscia sul pavimento fino a sbattere la schiena contro al muro. «Lo abbiamo ucciso…»
«Sei stato tu!»
«Se non mi avessi tradito sarebbe ancora vivo.»
«Dirò tutto alla polizia.»
Alza le mani e mi mostra i guanti insanguinati. «Ci sono solo le tue impronte sulla bottiglia. Come lo giustificherai?»
«Io… io…» Non sono stata io. Non l’ho ucciso.
È stato un incidente, uno scatto d’ira. Se racconto la verità alla polizia non mi succederà nulla. Addosserò tutta la colpa su Pietro, era geloso e ha ucciso il mio amante.
No, no! Suo padre insabbierebbe tutto. Lui la farebbe franca e io finirei in prigione.
Ho le guance bagnate di lacrime. Quando ho iniziato a piangere? «Non… non voglio finire in prigione.»
«Non ci andrai.» Pietro mi prende per le spalle. «Ti fidi di me?»
Non ho altra scelta e per questo lo odio ancora di più. Annuisco.

Oggi.
«Matilde…» Alzo gli occhi. Pietro mi osserva. Indossa il completo scuro, le scarpe di vernice, neppure un accenno di occhiaie. «Come ti sei ridotta?»
Appoggio la fronte sul palmo: la gonna è tutta sgualcita, sulle scarpe una macchia di vomito.
Mi incalza. «Quanto hai bevuto?»
«Che coraggio presentarti al suo funerale dopo averlo ammazzato.»
«Abbassa la voce.» Mi stringe il polso, mi fa male.
Tira fuori un fazzoletto dalla tasca dei pantaloni e mi asciuga le lacrime. «Non essere sciocca. Non puoi permetterti certe scenate. La prigione non è il luogo di villeggiatura dove vorresti passare i prossimi vent’anni.»
Incrocia le dita con le mie e mi accompagna oltre la porta della chiesa.
L’avvocato Ponzoni si avvicina.
Pietro gli porge la mano. «Grazie, avvocato. La sua confidenza è stata preziosa.»
Non può essere stato lui…
L’avvocato sospira, evita il mio sguardo. Si allontana, sulle prime parole del prete trova un posto dove sedersi.
Pietro mi stringe per il fianco e mi bacia la fronte. «Abbracciami, ci stanno guardando.»



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Fagiolo17
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Re: Apparenza

Messaggio#2 » domenica 28 febbraio 2021, 12:21

Tema: Io credo in te
Omar crede in Matilde.

Bonus 1: Flashback che arricchisca la trama -2
Il racconto è gestito tramite due lunghi flashback.

Bonus 2: Almeno una scena di sesso violento, ma non gratuito -2
Nel primo flashback.

Bonus 3: Almeno una scena con un cane -1
Nel secondo flashback.

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MatteoMantoani
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Re: Apparenza

Messaggio#3 » sabato 6 marzo 2021, 15:22

Prime Impressioni: Ciao Luca. Piacere di rileggerti, come sempre. :)

Aderenza al Tema: La fiducia di Omar per Matilde, e quella “forzata” di Matilde per Pietro. I bonus ci sono tutti (magari, ad essere proprio rompipalle, il cane non è che serva a granché.. ma mi piace pensare che Omar sia il cagnolino di Matilde, difatti lei lo prende al “guinzaglio”)

Punti di Miglioramento: Per questa Sfida sto cercando di proporre anche dei commenti riga per riga, ma nel tuo caso non ne vedo bisogno, se non per l’elastico delle mutande che sbatte sull’addome, per cui sul momento ho pensato ai boxer ascellari di Fantozzi: direi inguine, per evitare ogni possibilità di fraintendimento. Altro termine che secondo me potresti rivedere, sono le “natiche” quando Matilde si siede sulla scrivania: mi pare un termine troppo neutro visto che stai descrivendo un rapporto sessuale. Direi piuttosto “sedere” o, perché no, “culo”.
Quanto alla trama: poco da dire, fa il suo lavoro. Magari ti dilunghi un po’ troppo nella scena di sesso, comunque è funzionale alla trama perché Matilde nella vita è costretta a rinunciarvi e quindi lo vive con intensità. Non capisco bene perché Pietro se la prenda tanto per il tradimento della moglie, potresti magari calcare la mano sul fatto che sia possessivo, o che veda la moglie come un oggetto di sua proprietà.

Punti di Forza: La lettura del tuo pezzo è, come sempre per i tuoi racconti, molto scorrevole. Tieni alta l’attenzione grazie alla presenza di numerosi dettagli sensoriali, e al buon vecchio show don’t tell che ormai usi molto bene.

Conclusioni: Il tuo stile asciutto e scorrevole è un esempio da seguire, lo sappiamo già. La trama mi ha interessato, la conclusione del racconto è buona. Insomma, non so se è uno dei tuoi pezzi migliori (“Thief at home” rimane uno dei miei preferiti, proprio perché proponevi una riflessione che andava al di là della lettura del racconto, cosa che però qui non c’è), comunque l’ho letto con piacere.

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Alessandro -JohnDoe- Canella
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Re: Apparenza

Messaggio#4 » sabato 6 marzo 2021, 23:49

Ciao Luca.
Ultimamente ci si incrocia parecchio. :)
Parto col dire che questo racconto mi è piaciuto molto di più rispetto a quello del contest di dicembre. Scorrevole, scritto con padronanza, con un buon equilibrio tra le singole scene. Tuttavia, paradossalmente, ho trovato il tuo stile anche una delle principali criticità del pezzo. Mi spiego…
La storia presenta una protagonista che vive tre momenti della sua vita con tre stati emotivi molto diversi: dolore e alterazione causata dall’alcol nel presente, eccitazione e orrore/paura nei due flashback. Tuttavia, all’interno del brano, dal punto di vista della costruzione delle frasi e dei singoli passaggi, questi diversi stati emotivi non si percepiscono. Riprendendo il corretto termine usato da Mentis, tutto rimane sempre troppo neutro. Prendiamo la prima parte: le azioni che tu descrivi sono quelle di una persona ubriaca (l’equilibrio precario, l’impossibilità di controllare con precisione i movimenti del corpo, la nausea ecc.), ma tutto viene descritto con estrema lucidità. Il PDV è sì concentrato sul personaggio, ma allo stesso tempo rimane distante. Insomma, la mediazione dell’autore/narratore, pur essendo un racconto in prima persona, tende a farsi sentire.
Il mio consiglio è questo: calca la mano. Gioca con il ritmo delle frasi, con le percezioni descritte, tagliando tutti quei dettagli che una persona in uno stato alterato non noterebbe e sottolinea invece (anche col lessico) le sensazioni emotivamente più rilevanti per il personaggio in QUEL momento. Esempio: quando Matilde afferra la foto dell’avvocato è corretto il fatto che lei sappia che quella foto lo ritrae, ma siamo davvero sicuri che avrebbe la lucidità di pensare a quanto era giovane, al fatto che egli parli sempre della moglie defunta e del dolore che egli prova? Siamo onesti: si sta facendo (perdona il francesismo) sbattere dopo anni di astinenza sessuale. Donna o uomo che sia, in una situazione del genere tutte le sensazioni sarebbero concentrate verso sé stessi, non verso l’esterno.

Secondo punto scricchiolante del racconto: Pietro. A inizio racconto, attraverso le parole di Matilde, ce lo presenti sostanzialmente come un personaggio passivo preoccupato soltanto a salvare le apparenze. La sua reazione nel finale assume quindi dei connotati poco coincidenti con le premesse. Anche qui mi ricollego Mentis e al suo ottimo consiglio: rendi Pietro più possessivo. Mi permetto di fare il gioco del “what if” con il tuo personaggio.
Pietro è sottomesso al padre, cosa che lo costringe a una vita di menzogne e di “sottomissione” nei confronti del genitore. Allo stesso tempo però è un uomo di potere (economico e sociale). Abbiamo quindi una vittima “armata”. Ecco, io punterei su questo aspetto: presentare Pietro non solo come un represso con uno scatto d’ira, bensì un uomo che sfrutta la sua posizione per ottenere quello che vuole (perché non dovrebbe avere pure lui un amante? basterebbe essere discreti, come da lui stesso detto) e che allo stesso tempo non permette la medesima libertà alla sua “vittima” sulla quale riversa tutta la frustrazione accumulata a causa della sua condizione familiare. Insomma, un Pietro allo stesso tempo vittima e carnefice.
A tal proposito la morte di Omar l’ho trovata un po’ forzata. Siamo davvero sicuri che un personaggio come Pietro, anche andando a sottolineare i suoi eventuali tratti possessivi, possa risolvere la situazione soltanto uccidendo il “rivale”? Da un personaggio nella sua posizione mi aspetterei qualcosa di più machiavellico, una violenza più psicologica, magari facendo in modo di far sì che Omar non possa vedere più la moglie, la quale subirebbe a quel punto la stessa “prigionia” subita dal marito a causa del padre.

Segnalo infine giusto un errore di battitura.

I mattoni a faccia vista

Si chiamano mattoni faccia a vista. [EDIT] Vista la segnalazione di Polly, non considerare quanto scritto. Non che quella frase inficiasse sul giudizio finale. ;)

Per concludere, un racconto con un ottimo potenziale e una distribuzione degli eventi ben costruita. Il testo si lascia leggere senza intoppi ed è sempre estremamente scorrevole (persino troppo, riprendendo la prima parte del mio commento). Matilde e Omar mi sono molto piaciuti nel loro tratteggio, molto meno Pietro, a mio avviso vero punto debole su cui lavorare in fase di revisione.
Alla prossima.
Ultima modifica di Alessandro -JohnDoe- Canella il domenica 7 marzo 2021, 0:04, modificato 1 volta in totale.
lupus in fabula

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Re: Apparenza

Messaggio#5 » sabato 6 marzo 2021, 23:55

JohnDoe ha scritto:
I mattoni a faccia vista

Si chiamano mattoni faccia a vista

Sono abbastanza sicura che di chiamino A faccia vista. Ho lavorato una decade in edilizia e li ho sempre sentito e chiamati così. Però nel dubbio ho googolato e ho trovato ambo le versioni. Quindi immagino si possa dire in tutti e due i modi.
Scusate l’intromissione ma Sanremo è noioso.
Polly

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Alessandro -JohnDoe- Canella
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Re: Apparenza

Messaggio#6 » domenica 7 marzo 2021, 0:02

Polly Russell ha scritto:
JohnDoe ha scritto:
I mattoni a faccia vista

Si chiamano mattoni faccia a vista

Sono abbastanza sicura che di chiamino A faccia vista. Ho lavorato una decade in edilizia e li ho sempre sentito e chiamati così. Però nel dubbio ho googolato e ho trovato ambo le versioni. Quindi immagino si possa dire in tutti e due i modi.
Scusate l’intromissione ma Sanremo è noioso.


Oddio, ho vissuto nella menzogna fino ad oggi!
Edito immediatamente. Grazie della segnalazione.
lupus in fabula

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Polly Russell
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Re: Apparenza

Messaggio#7 » domenica 7 marzo 2021, 0:17

JohnDoe ha scritto:
Oddio, ho vissuto nella menzogna fino ad oggi!
Edito immediatamente. Grazie della segnalazione.

lol!!
Va bene anche faccia a vista a quanto ho capito! ;)
Polly

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MatteoMantoani
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Re: Apparenza

Messaggio#8 » domenica 7 marzo 2021, 8:06

Quando ho scritto il commento anche io sono andato a controllare "faccia a vista" e "a faccia vista", e il mio amico Google mi ha confermato che si dice in entrambi i modi (più che altro l'ho visto scritto in entrambi i modi e ho tratto la conclusione).
Vale anche per il racconto di Polly, per cui ho cercato nel sito della Crusca se si dice "sono proseguito" oppure "ho proseguito", e stavolta ho trovato delle indicazioni precise da quei saggi esperti, e non ho segnalato la cosa a Polly nel mio commento.
È proprio facile fare errori di itagliano :)

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Alessandro -JohnDoe- Canella
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Re: Apparenza

Messaggio#9 » domenica 7 marzo 2021, 9:11

Ma infatti il mio commento è nato proprio dal ritenere si trattasse di un errore di battitura, anche perché "faccia a vista", a prescindere dal fatto che pensavo fosse l'unico modo di chiamare quel tipo di mattoni, mi suona meglio. Detto questo, so già che in futuro non potrò può guardare quel tipo di mattoni senza ripensare a questo post.
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Polly Russell
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Re: Apparenza

Messaggio#10 » domenica 7 marzo 2021, 9:51

Ma quanto è bello che in tutto questo, Fagiolo non abbia messo bocca? XD
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Re: Apparenza

Messaggio#11 » domenica 7 marzo 2021, 11:11

In realtà ha scritto "a faccia a vista" solo per godere delle nostre immense seghe mentali

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Damjen
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Re: Apparenza

Messaggio#12 » mercoledì 10 marzo 2021, 12:36

Ciao, molto piacere :)
Il tuo racconto mi è piaciuto per molti aspetti, e l’ho letto di filato, capendo la storia già alla prima lettura. Vi ho trovato molti pregi ma, a mio gusto personale, alcuni difetti. Mi dispiace se ho dei gusti un po’ strani (che non riesco a compiacere nemmeno con la mia stessa scrittura, sia beninteso) per cui spero, nella mia analisi, di non essere stata spiacevole o, peggio ancora, inutile e basta.


Ciò che mi piace
– “Esco dall’auto, lo sportello urta la fiancata dell’Audi. Alzo le spalle. Mi appoggio al cofano della macchina e recupero l’equilibrio. Affondo coi tacchi nella ghiaia e attraverso il parcheggio.” Ho proprio visto la scena. Perfetta.
– Apprezzo e invidio la capacità di usare tutti i termini adeguati, seppur forti (pane al pane, vino al vino) in una situazione in cui i personaggi li penserebbero proprio così. Io non ne sono ancora capace…
– I dialoghi sono fluidi e dinamici, verosimili e pieni di beat non gratuiti. Molto ben fatti.
– Matilde è una donna per certi versi molto tosta. Si prende almeno una parte di ciò che vuole. Ho anche apprezzato che, tra alcool, tradimenti senza sensi di colpa e piccola venalità, tu sia riuscito a renderla concretamente antipatica.
– “Abbracciami, ci stanno guardando.” Il finale è una degna punizione per lei.


Ciò che non ho capito
_ Matilde è tosta, ma è anche fragile. In varie situazioni si prende ciò che vuole, e lo fa fino in fondo, ed è anche razionale, un po’ fredda e calcolatrice, ma in altre è poco lucida, tanto da crearseli i guai, attraverso considerazioni illogiche e autocompiacenti. Forse è sintomo di un personaggio sfaccettato, ma nel poco spazio a disposizione forse era meglio limare un po’ gli opposti.


Formule abusate
[Mi riferisco a quelle coppie, o più, di parole (che ovviamente uso anch’io, tipo spettacolo mozzafiato, sguardo assassino, brivido alla schiena, etc) che a forza di finire insieme sono diventate quasi dei modi di dire. Ho imparato a considerarle dei piccoli atti di pigrizia, per questo cerco sempre di stanarle dai miei scritti per provare a trasformarle in qualcosa di più originale e personale.]

–“Il liquore brucia lungo la gola” ci sta più che bene, ovviamente, ma è piuttosto logoro.
– “Piccoli brividi rincorrono…” Purtroppo ho una fisima del tutto personale su tutti gli “aggettivo-brividi”
– “Le lacrime mi riempiono gli occhi…” è molto “tell”, quando invece potresti mostrarlo con qualcosa di più originale.
– “Qualcosa mi si spezza dentro. I singhiozzi mi fanno tremare il corpo. Non ce la faccio. Anche il naso comincia a gocciolare. Sussulto, mi manca l’aria. Cerco di prendere un respiro profondo, ma è diventato così complicato.” Ti prego, non mi odiare… Questa descrizione è (come altre più sotto che non specificherò oltre) ovviamente perfettamente corretta e rende bene l’idea, ma è già tutto sentito. Davvero, non te lo direi se non avessi considerato che puoi certamente potenziarla.


Ciò che potrebbe essere potenziato
– La frase “Pietro è sempre stato così assente in quei momenti, come farlo con un manichino poco dotato” è, a mio parere, un’opportunità mancata. È la prima immersione emozionale nel personaggio eppure non sembra la considerazione emotivamente focalizzata su una persona che ne abbia sofferto. Ovviamente lei sta tradendo il marito, quindi ci sta che sia “fredda”, o che comunque non si concentri su ciò che potrebbe farle provare emozioni improduttive data la circostanza ( perché giustamente “Se penso a mio marito mi si smorza tutta la voglia”), ma è proprio per questo, cioè per il fatto che lei in questa scena arriva dopo essere stata un’ubriaca e una traditrice, che ci vorrebbe una bella cazzuolata (cioè una grossa spatasciata di cazzuola) di empatia, di quella tosta. Sennò, ora della fine, non mi interesserà poi tanto se si è cacciata in tutti questi guai.
– “Una lacrima mi bagna la guancia.” Forse una descrizione più approfondita, magari perfino senza lacrima data la scorza del personaggio, avrebbe giovato all’empatizzazione. Lei in fondo non sembra una che esprime, sembra più una che ragiona e resiste. E difatti “Intercetto una lacrima nera di mascara prima che gli sgoccioli sulla camicia”, che è raziocinante oltre misura, visto che intanto singhiozza.
– L’avvocato Ponzoni conosce qualche rudimento di primo soccorso, allora è più verosimile che faccia andare giù, distesa, Matilde.
– Nella scena in cui si fronteggiano tutti e tre a casa di Omar, Pietro è un po’ troppo caricaturale. Spero di non esagerare se snocciolo la sequenza, ma trovo che andrebbe resa meno drammatica, già che ne è forte il contenuto, allo scopo di renderla più naturale e credibile. Inizialmente Pietro è offensivo (“Che maleducazione, signor Ousmanne”), e sarcastico (“Hai buon gusto, Matilde”), poi è ragionevole (“speravo saresti stata più discreta. Un minimo di rispetto”) poi però comincia a dare di matto con spiegazioni improbabili (la stampa che ci andrebbe avanti per mesi…), trema, poi ride in modo acuto e incontrollato (“Voi due non mi toglierete tutto”), allora diventa pericoloso, piange anzi singhiozza, passa all’autocommiserazione (“Perché devo essere l’unico a soffrire?”), infine è in verità un freddo assassino con tanto di premeditazione (i guanti).
– “Ti fidi di me? Non ho altra scelta e per questo lo odio ancora di più. Annuisco.” Dopo tutto quello che è successo sopra, secondo me questa conclusione è poco naturale.

Scusa se sono stata una rompiscatole... ma spero di essere stata meticolosa solo fino al punto di utilità. Mi scuso sinceramente per tutto il resto.
Ciao :)

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Fagiolo17
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Re: Apparenza

Messaggio#13 » mercoledì 10 marzo 2021, 19:49

Dico solo... a faccia a vista!

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Fagiolo17
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Re: Apparenza

Messaggio#14 » mercoledì 10 marzo 2021, 20:16

Risposte a tutto tondo sui personaggi.
Mai come in questo racconto ho cercato di creare dei personaggi grigi, né bianchi né neri.
Principalmente per uscire da quei cliché di cui spesso mi si accusa (accusa è poi un parolone), ma che nelle 4.000 battute di Minuti Contati credo facciano il loro sporco lavoro e per questo motivo utilizzo spesso.

Pietro.
Il nostro Pietro è una vittima, ma non solo, è anche un aguzzino. Costretto a simulare una vita di coppia con una donna che non ama, che ha conquistato e sposato e a cui solo successivamente ha detto la verità sulla sua sessualità.
è succube del padre, della popolarità e del potere della famiglia e obbligato dal loro bigottismo a vivere una vita di menzogne. Non si azzarda nemmeno ad avere un amante e a innamorarsi, perché è terrorizzato dalle conseguenze.
L'unica volta in cui non pensa alle conseguenze è quando, preso dal panico, colpisce Omar fino ad ucciderlo. Non è premeditato. I guanti sono un caso, una scusa a cui si aggrappa per riavere il controllo della situazione nel momento in cui Matilde minaccia di dire tutto alla polizia. Veramente la polizia non le crederebbe se Matilde dicesse la verità? è quello che Pietro vuole che lei creda, e in un momento di disperazione la povera Matilde cade vittima per l'ennesima volta dell'influenza del marito.
Pietro non è così freddo e neppure così calcolatore. Purtroppo il PdV è Matilde e non possiamo sentire cosa passa nella sua testa in quegli attimi, prima di colpire Omar. Perde le staffe e si fa trascinare dagli eventi. In un gesto disperato compie l'omicidio. Quante storie così si sento alla tv o si leggono sul giornale?
Poi torna freddo e razionale, perchè è l'unico modo in cui può uscire da quella situazione (proprio come gli assassini che "per strada salutava sempre" che poi fanno a pezzi il corpo della vittima per non finire in prigione).

Matilde.

Matilde è una donna forte, ma anche fragile. Una donna che si è fatta abbindolare da Pietro e dalla bella vita che lui le ha promesso. Una donna che ha acconsentito a sposarsi dopo poco che conosceva Pietro perché in lui aveva creduto. In lui e nella vita che le avrebbe permesso di vivere.
Ma l'equilibrio precario della coppia si guasta abbastanza in fretta. Matilde non può avere quello che desidera, una famiglia, l'amore, e finisce col tradirlo con un uomo che le piace davvero. Più piccolo di lei, su cui forse crede di poter manifestare una sorta di controllo come Pietro fa con la sua vita (la scena di sesso condotta da Matilde, con un Omar a volte addirittura in imbarazzo ne è una dimostrazione).
Non è però una alcolizzata. Nella scena del funerale ha bevuto perché l'alcool aiuta a dimenticare. Chi non ci ha mai provato? Questo non significa che ne sia dipendente.
Nelle scene al presente è una donna distrutta da quello che ha fatto il marito, di cui si sente responsabile, se non addirittura complice. Ma Pietro è l'unica sua speranza per non finire in galera (o almeno così gli ha fatto credere) e se prima aveva il desiderio di liberarsi e di cercare una nuova vita, ora non può più nemmeno sperarci.

Alla fine del racconto Matilde e Pietro sono intrappolati in una vita che odiano da cui non hanno alcuna via di fuga.

Bene, questo era lo SPIEGONE! Una piccola parte della scheda dei personaggi che ho preparato prima di scrivere il racconto. Ogni comportamento o battuta dei protagonisti deriva da questa scheda, che rappresenta le loro personalità e le loro motivazioni. Il perché dietro a ogni loro scelta.

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Giovanni Attanasio
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Re: Apparenza

Messaggio#15 » giovedì 11 marzo 2021, 13:33

Ciao, ti lascio questo commento a caldo, dopo aver letto la storia solo una volta e forzandomi a non rileggerla se non prima di votare tra qualche giorno. Nel commento della votazione ti dirò di più, se ci sarà da dire altro.

Ottimo incipit. Sulla scena di sesso non sono molto convinto. Mi è sembrata più lunga del dovuto e stereotipicamente “maschile”, capisci? Mi è sembrata porno, che di per sé non è un problema, il sesso così esiste certo, ma qualcosa nei passaggi e nei dialoghi l’ha resa molto comica e poco erotica o godibile.

La trama non è proprio male, ma non sono riuscito a entrare in sintonia con Matilde. Mi è mancato qualcosa, non so nemmeno dirti cosa ma ci provo lo stesso. Forse la situazione mi è sembrata troppo hollywoodiana? Lei tradisce lui, lui ammazza amante, si scopre che l’avvocato ha aiutato il marito nel reato. Magari è un flash mio, ma il marito l’ha scoperto grazie all’avvocato amico? Siccome facevano zozzerie nello studio, forse è lui che si è accorto e l’ha detto al marito? In ogni caso, penso che a fermare il mio entusiasmo ed averti tirato fuori dalla narrazione sono i cliché, la linearità della trama e l’assenza (ovviamente per me, certo) di un vero aggancio per farmi empatizzare con uno qualsiasi dei personaggi. Sai cosa mi sarebbe piaciuto? Una crescita in Omar che anziché star lì (viene detto e mostrata che è impacciato e timido, ma che tiene anche a Matilde) bloccasse una banalissima bottigliata e mazzuolasse il marito. Forse volevi evitare che qualcuno picchiasse un omosessuale? Non so, mi sarebbe piaciuto vedere Omar e Matilde assieme, difatti sin dalla prima scena ho pensato che ci fosse il marito nella cassa.

Sullo stile non ho tanto da dire. C’è qualche sbavatura qua e là e qualche dialogo un po’ cheesy, che forse si ricollega alla mia impressione hollywoodiana precedente. Pensi che senza flashback avrebbe reso meglio? Io non credo abbiano aiutato più di tanto.

Fammi sapere quali erano le tue intenzioni con la storia e io le confronterò con ciò che ho recepito per farmi un’idea precisa.
"Scrivo quello che voglio e come voglio. Fatevelo piacere."

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Re: Apparenza

Messaggio#16 » giovedì 11 marzo 2021, 14:10

Giovanni Attanasio ha scritto:Ciao, ti lascio questo commento a caldo, dopo aver letto la storia solo una volta e forzandomi a non rileggerla se non prima di votare tra qualche giorno. Nel commento della votazione ti dirò di più, se ci sarà da dire altro.

Ottimo incipit. Sulla scena di sesso non sono molto convinto. Mi è sembrata più lunga del dovuto e stereotipicamente “maschile”, capisci? Mi è sembrata porno, che di per sé non è un problema, il sesso così esiste certo, ma qualcosa nei passaggi e nei dialoghi l’ha resa molto comica e poco erotica o godibile.

La trama non è proprio male, ma non sono riuscito a entrare in sintonia con Matilde. Mi è mancato qualcosa, non so nemmeno dirti cosa ma ci provo lo stesso. Forse la situazione mi è sembrata troppo hollywoodiana? Lei tradisce lui, lui ammazza amante, si scopre che l’avvocato ha aiutato il marito nel reato. Magari è un flash mio, ma il marito l’ha scoperto grazie all’avvocato amico? Siccome facevano zozzerie nello studio, forse è lui che si è accorto e l’ha detto al marito? In ogni caso, penso che a fermare il mio entusiasmo ed averti tirato fuori dalla narrazione sono i cliché, la linearità della trama e l’assenza (ovviamente per me, certo) di un vero aggancio per farmi empatizzare con uno qualsiasi dei personaggi. Sai cosa mi sarebbe piaciuto? Una crescita in Omar che anziché star lì (viene detto e mostrata che è impacciato e timido, ma che tiene anche a Matilde) bloccasse una banalissima bottigliata e mazzuolasse il marito. Forse volevi evitare che qualcuno picchiasse un omosessuale? Non so, mi sarebbe piaciuto vedere Omar e Matilde assieme, difatti sin dalla prima scena ho pensato che ci fosse il marito nella cassa.

Sullo stile non ho tanto da dire. C’è qualche sbavatura qua e là e qualche dialogo un po’ cheesy, che forse si ricollega alla mia impressione hollywoodiana precedente. Pensi che senza flashback avrebbe reso meglio? Io non credo abbiano aiutato più di tanto.

Fammi sapere quali erano le tue intenzioni con la storia e io le confronterò con ciò che ho recepito per farmi un’idea precisa.


Ciao Giovanni, beh senza flashback sarebbero mancati due terzi della storia!

A parte le battute avrei anche potuto raccontare gli eventi in ordine cronologico, ma sì sarebbe perso il colpo di scena di chi c'era dentro la bara. Che volutamente rimane un mistero fino alla fine del secondo flashback.

Sì è stato l'avvocato a fare la spia, non voleva vedere un altro matrimonio distrutto (come il suo a causa della morte della moglie) e quindi lo spiffera a Pietro. Ma non sono amici e l'avvocato non conosce il segreto di Pietro.

Nella mia visione Omar è un buono, che non avrebbe mai colpito qualcuno. E mi sembrava molto cliché il nero palestrato che mena il marito dell'amante.

Un quesito sul cliché perché ormai ne lo sento ripetere un po' troppo spesso.

Tradimento-scoperta-morte dell'amante.
Tradimento-scoperta-morte marito
Tradimento-scoperta-morte della donna incolpevole.

A mio avviso sono 3 cliché. Come ormai è cliché praticamente qualsiasi cosa si possa scrivere o vedere in TV.

E la mia domanda è proprio questo, cos'è cliché e cosa invece si può definire "innovativo"? Come trama intendo, non come stile.

Mi piacerebbe avere un confronto a figura. Non solo con te, sia chiaro. In generale!

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Re: Apparenza

Messaggio#17 » giovedì 11 marzo 2021, 14:38

@Fagiolo17
Non so davvero come spiegartelo, te lo giuro. A ripensarci ora dopo dieci minutini non sono sicuro il problema sia solo del cliché. Sai, si discute in ambienti letterari vari che la trama originale non esista più, ed è vero! Quello che mi ha un po' allontanto dal flusso del racconto è sì, legato al cliché, ma di più legato a un'immersione nei personaggi che non sono riuscito a fare mia. Ho provato a entrare in Matilde, a vivere i suoi pensieri e ragionare come lei, ma qualcosa nello scorrere del testo me lo ha impedito. Allora sono passato a Omar, che mi sembrava più "attaccabile" e ho provato a essere lui e stava quasi funzionando.
La mia opinione resta quella che nel finale doveva almeno difendersi, se non mazzuolare il marito. Vedermelo lì, stecchito, mi ha fatto stare male. Vedi? Forse il tuo riserbo verso i cliché ti ha fatto evitare che l'uomo nero picchiasse l'altro, com'è classico: però ci stava! Con archetipi e cliché bisogna stare attenti non perché sono solo "già visti", ma proprio perché siccome sono già visti ci sono stati e ci sono media che ne fanno uso abominevole e allora ci terrorizza l'idae di commettere lo stesso sbaglio.

Come risolvere, secondo me. Da un libro che ho letto, libretto breve chiamato "Le trentasei situazioni drammatiche" di Mike Figgis, ho estratto il concetto che per ovviare a un cliché, una trope abusata, basta dare un piccolo twist e variare anche la cosa un minimo. A volte basta invertire i sessi dei personaggi, per farti capire. Il signor Figgis raggruppa quelle che si possono vedere come trentasei trope cinematografiche, trentasei situazioni che in un modo o nell'altro sono presenti. Il tuo racconto, secondo questo metodo, rientra in "Crimini passionali" e un minimo in "Imprudenza fatale".
Con tutta questa pappardella voglio dire che i cliché devi affrontarli, non evitarli, altrimenti finisci a fare un errore che io ho commesso e commetto spesso, ossia quello di scrivere cose pazze e sconclusionate per il gusto di "eh, guarda quanto sono bravo, scrivo cose originali!".
Per giustificare il mio primo impatto, perché di quello si tratta visto che ho letto il racconto una sola volta ancora, ritorno sul fatto dell'immersione e dell'empatia. Il cliché è risaltato perché non ho trovato altri elementi di appiglio, qualcosa che spostasse la mia attenzione via dalla linearità della trama. Considera che ancora ti parlo a prima lettura, lo ripeto, non sto nemmeno tornando a rileggermi parti per formulare le mie tesi. Ma allora, stringendo. Non ho sentito un legame con la protagonista, io penso si possa sintetizzare tutto qui. Voglio pure chiedere scusa per ciò che ho detto sulla scena di sesso, sono stato troppo impulsivo nel giudicarla.

Pensala in questo modo: la storia sarebbe stata migliore se avessi raccontato dal punto di vista di Omar o del marito? Cosa sarebbe stato diverso e in che modo questo mi poteva aiutare a gestire meglio il flusso narrante ed evitare cliché e parenti vari? Avrei potuto azzardare una terza persona narrante anziché una prima? Come sarebbe stato spostare il focus dalla scena della bara e del funerale alla scena dell'omicidio stesso?
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Re: Apparenza

Messaggio#18 » giovedì 11 marzo 2021, 18:14

Ho capito cosa intendi grazie mille!

Molto interessante questo libretto, lo cerco perché la questione mi affascina parecchio. Proprio perché è un attimo finire nel cliché e far cadere tutto il costrutto per una scena che ti fa dire "ma no, sempre la solita solfa"!

Avevo valutato di fare il pdv di Pietro, ma poi avremmo perso la scena di sesso richiesta dai bonus e Matilde essendo quella più sofferente mi sembrava di primo acchito il soggetto migliore. Con più spazio e tempo a disposizione potrei valutare il doppio punto di vista. Per dare modo al lettore di identificarsi in Matilde o in Pietro.
Omar mi è risultato troppo passivo a storia conclusa, per poter ambire al pdv.

Grazie mille delle ulteriori delucidazioni Giovanni, è sempre un piacere!

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Re: Apparenza

Messaggio#19 » sabato 13 marzo 2021, 14:09

Buondì caro e ben trovato. Storia lineare, più o meno plausibile (poi ti dirò perchè più o meno), flashback ben gestiti. I bonus ci sono tutti, anche se il sesso violento è un po' tirato per i capelli, ritengo che un paio di sculacciate non siano sufficienti a fare di un amplesso, un amplesso violento, ma dato che qui ci si addentra nella sensibilità personale non mi sento di criticare alcun che.
Ha ragione Attanasio quando dice che la scena di sesso è molto maschile, almeno anche a me ha dato quell'impressione, ma visto che l'ha scritta un uomo, era difficile fare altrimenti. lol
Non ho capito bene se il tuo racconto sia o meno attinente alla traccia. Perché questa fiducia, io non la vedo. In che senso Omar crede in Matilde? Crede che prima o poi troverà la forza di lasciare il marito? Sinceramente mi pare un po' pochino per giustificare addirittura il tema del contest. Mi sarebbe andato bene come bonus, ma come tema... "ni".
I personaggi sono un po' piatti, se ne stanno sullo sfondo come gli attori senza battuta a una recita scolastica, che se ne stanno lì, in piedi, con le mani dietro la schiena. Prendi Matilde, si fa portare in macchina a casa dell'amante, permette al marito di suonare il campanello e si mette a chiacchierare con lui: ma davvero? Per quanto esistano caratteri diversi e persone diverse, io credo che sarebbe difficile trovare una persona disposta a seguire il coniuge in una situazione del genere. Non ha nemmeno la scusa di essere una donna sottomessa o terribilmente spaventata dal marito, in quel caso sarebbe stata più attenta nella sua relazione con Omar. Però ok, posso anche credere che Matilde sia una donna passiva, incapace di reagire. solo che poi questo cozza con il suo modo di fare con Omar. A meno che non abbia avuto una schiera di amanti precedenti, trovo improbabile che una donna remissiva e spaventata si porti a spasso l'amante, afferrandolo per l'uccello, al primo appuntamento. lol
In realtà mi sembra fuori dal personaggio anche il solo fatto che sia stata lei a cercare di rimorchiarlo.
Omar anche se ne sta lì. Si fa portare a letto dalla collega, si fa accusare dal di lei marito, si fa ammazzare... Non fa mai niente.
Pietro passa da omosessuale triste e represso a bestia assassina con ottime conoscenze della legge e del modo migliore di incastrare sua moglie, nel giro di diciotto secondi. Avrei ben accettato un'attacco d'ira finito male, ma qui c'è della premeditazione di cui non dai alcuna semina. Pietro sembra più succube e impaurito che un freddo e calcolatore assassino. Ci voleva qualche accenno qua e là, nei racconti di Matilde a Omar. Magari il panico di Matilde quando si rende conto che sono davanti casa dell'amante. Insomma qualcosa che non mi faccia spuntare dal nulla tutto quel raziocinio,
per quanto riguarda lo stile, posso dirti che avrei preferito un'immedesimazione maggiore con Matilde, è una prima persona e io non vedo una gran differenza nel suo modo di narrare gli eventi, nelle varie parti del racconto.
Quindi ricapitolando: qualche passaggio in cui capiamo che Omar fa ance delle cose, che ha delle sue idee, che si muove in un certo modo, per un certo motivo. Semine per l'omicidio, e allineare il carattere di Matilde. Magari la parte violenta del sesso può essere un'idea di Omar, lei prima la subisce, magari solo perchè non sa di che si tratta, perché è poco esperta e poi le piace.
Scusa, ultimo punto, che ce ne frega a noi, di sapere che la spia è l'avvocato? Mi mette in testa solo un gran numero di quesiti. perché conosce il marito, forse è il padre, quindi il suocero di Matilde? Perchè se ne sta tutto tranquillo dopo che qualcuno ammazza Omar, subito dopo che lui ha fatto la spia? non gli viene nemmeno mezzo sospetto?
Per il resto alcuni passaggi sono molto buoni, e degli stati d'animo davvero ben resi.
è stata una piacevole lettura.
Polly

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Re: Apparenza

Messaggio#20 » sabato 13 marzo 2021, 16:06

Ciao Polly e grazie mille del commento.

Solo un paio di appunti.

Matilde non si fa portare da Omar, o meglio, non sa che stanno andando da Omar perché lei non c'è mai stata. Infatti per tutto il tragitto si domanda dove stiano andando e non riconosce la casa. Si rende conto che sono da Omar solo quando sente la sua voce al citofono.

Qui devo aver sbagliato io perché in molti lo avete interpretato così: Pietro non ha premeditato l'omicidio. Altrimenti si sarebbe portato perlomeno un coltello o una pistola, non certo una bottiglia di vino. In un raptus di rabbia quando la moglie chiede il divorzio scatta e colpisce Omar, che sta cercando di calmarlo e non reagisce alla smazzuolata in testa.
Tornato in sé si rende conto di avere ancora addosso i guanti, e quando si parla di omicidi o furti la prima cosa che viene in mente a tutti sono le impronte. Per questo usa la scusa delle impronte sulla bottiglia per far impanicare ancora di più Matilde.

Il tema del "credo in te" nella mia testa era duplice: Omar che crede che Matilde possa lasciare Pietro. E poi Matilde che è costretta a credere in Pietro perchè è la sua unica possibilità per non finire in prigione.

«Non ci andrai.» Pietro mi prende per le spalle. «Ti fidi di me?»
Non ho altra scelta e per questo lo odio ancora di più. Annuisco.

Ok, ho scritto fidi e non credi, ma il concetto è quello! :P

Sul dettaglio dell'avvocato invece, avevo fatto leggere il racconto ad alcune persone prima di presentarlo al contest e più di una si era domandata come avesse scoperto il marito del tradimento.
Visto che mi bastava un piccolissimo dettaglio per incolpare l'avvocato, l'ho fatto.
Che poi l'avvocato sospetti o meno di Pietro o di Matilde non è dato saperlo dal racconto. (da come l'ho fatto comportare, no, non sospetta, ma magari sta solo fingendo.

Grazie ancora e alla prossima.

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