Il cane del diavolo

Per partecipare alla Sfida basta aver voglia di mettersi in gioco.
Le fasi di gioco sono quattro:
1) Il 17 febbraio sveleremo il tema deciso da ALBERTO BÜCHI. I partecipanti dovranno scrivere un racconto e postarlo sul forum.
2) Gli autori si leggeranno e classificheranno i racconti che gli saranno assegnati.
3) Gli SPONSOR leggeranno e commenteranno i racconti semifinalisti (i migliori X di ogni girone) e sceglieranno i finalisti.
4) Il BOSS assegnerà la vittoria.
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MatteoMantoani
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Il cane del diavolo

Messaggio#1 » domenica 28 febbraio 2021, 15:15

Ada raccoglie lo zecchino d’argento, carezza il rilievo della croce sulla faccia e lo passa alla mamma. Le dita contornate di sporcizia afferrano il soldo e lo infilano in una tasca del vestito lacero. Un passante dal tabarro scuro lancia loro un’occhiata, ma prosegue dritto.
La pancia di Ada brontola: anche oggi avrebbero saltato il pranzo. Si trascina sul selciato e si avvicina alla mamma. «Mi racconti ancora la storia del ponte?»
Lei sospira. «Dopo però fai la brava e continua a lavorare.» Si lecca le labbra screpolate. «Quando hanno costruito questa città, ci voleva un ponte.» Indica la struttura oltre la piazza. «Un ponte molto lungo, perché il fiume è largo e tormentoso.»
Un uomo calvo dagli occhi verdi le getta uno sguardo obliquo, lei protende la mano aperta, ma nulla da fare.
Tira su col naso. «Costruire il ponte con solo le proprie forze era molto difficile, allora gli abitanti hanno fatto un patto col diavolo.»
Ada si stringe nelle spalle, quel pezzo le fa sempre paura. Spinge il nasino sul fianco della mamma, che la accarezza i folti capelli.
«Il diavolo avrebbe costruito il ponte in una notte, ma poi chiunque lo avesse attraversato per primo gli avrebbe dato l’anima.» Tossisce. «I cittadini hanno acconsentito, perché avevano escogitato un modo per ingannarlo.»
Ada alza lo sguardo a fissare la mamma. «Come?»
«Lo sai, come.»
«Dai dimmelo, lo voglio sentire.»
«Un cane.» Sorride. «Hanno fatto attraversare il ponte a un cane.»
«E il diavolo?»
«Ha dovuto accontentarsi, i patti sono patti, ma si è arrabbiato.» Fa un gesto in aria con le mani, come per fare una magia. «Ha trasformato il cane in pietra, e l’ha gettato sotto il ponte.»
«E il cane di pietra è ancora lì, vero?»
«Certo! E chiunque lo trovi avrà una fortuna immensa, perché con quel cane è stato ingannato il diavolo!»
Un ciuffo di capelli le scivola sul naso. La sua mano ravvia la ciocca e poi scatta in avanti al passaggio di un uomo col mantello rosso. Nulla.
Ada bisbiglia. «Lo troverò, quel cane.» La fissa negli occhi.
«So che ce la farai.» Sorride. «Ho fiducia in te.»
«Lo troverò per te, per noi due»
Il sorriso della mamma le scalda il cuore. Vederla felice è raro, ormai: da quando sono arrivate in quella città, è taciturna e sta sempre sulle sue.
Due stivali di cuoio lucido si fermano di fronte a loro, la sagoma di uno sconosciuto offusca il sole. Il ricamo d’oro di un cane decora la sua veste da una spalla all’altra. Ada cerca di guardarlo in faccia, ma il suo viso è nascosto dall’ombra di un tricorno col bordo d’argento. La sua mano si muove a estrarre un fazzoletto dalla tasca, che poi porta a coprire il naso.
«Lui ti vuole vedere.» La voce è soffocata dal tessuto.
La mamma si alza, ma lui la ferma. «Non tu. La bambina.» Punta il dito guantato su Ada. «Per pranzo. Mandagliela.»
Si volta, imbocca un vicolo e se ne va.
Ada alza le sopracciglia. «Hai visto il disegno sul suo petto?»
«Era un blasone, ogni nobile ne ha uno. Il cane è il simbolo dei signori d’Arcano.»
«Un nobile? Sono quelli col sangue blu?»
«Quelli col sangue blu.» Sospira. «Ricordati il suo nome per dopo: Ar-ca-no. Lui ti condurrà dal suo padrone.»
«Devo andarci da sola? Non voglio, ho paura!»
«Non ti accadrà niente di male, fidati di me.»

Una capretta bela in un recinto, degli uomini portano in spalla ceste di ortaggi e due cavalli sbuffano ruminando fieno. Ada attraversa il cortile del palazzo e raggiunge il portico. A un tavolo, quattro uomini giocano a carte e bevono vino. Uno di questi ha un tricorno argentato appeso allo schienale della sedia e una tunica decorata in filo d’oro. Il suo viso imberbe è quello di un ragazzo: un paio di brufoli gli costellano la guancia.
Ada si schiarisce la gola. «Signor Cano. Sono venuta qui come richiesto.»
Il giovane abbandona le carte sul tavolo, si gira verso di lei e la fissa da capo a piedi.
Scuote la testa. «Il mio nome è Ar-cano. Conte, d’Arcano.»
Lei si piega in una riverenza. «Signor conte Ar-cano.»
Uno dei giocatori sghignazza, le sue guance paffute sono cosparse di venuzze rossastre. D’Arcano si alza in piedi, il simbolo del cane dorato sul suo petto riverbera la luce di mezzogiorno.
«La vedi quell’entrata lì?» Indica un uscio in fondo al porticato. «Va’ dentro, cerca la governante e fai quello che ti dice.»
Ada si inchina ancora e lancia un ultimo sguardo alla compagnia di bevitori; uno di loro le strizza l’occhio. Il cuore le palpita in petto, non attende oltre e sgambetta verso il punto indicatole. La porta è aperta, entra e la richiude alle spalle. Si ritrova in una stanza affollata: diversi servi in grembiale affettano cipolle, condiscono carne e rimestano dentro a pignatte di rame.
Lo stomaco le gorgoglia. Si piega e guarda dentro a una bacinella: degli animali simili a grossi ragni brulicano sul fondo e si contorcono in una danza di centinaia di zampette.
Ada si ritira disgustata e sbatte la schiena su un morbido pancione.
«Ah! Sei arrivata!»
Il viso paffuto di una donna grassa le sorride, le sue manone le agguantano le spalle.
Ada trema. «Signora, siete voi la governante?»
«Su su, piccola. Non avere paura. Vieni con me.»
«Dove?»
La donna non le risponde e si avvia fuori dalla cucina. Attraversano un paio di stanze, fino a che non giungono in una saletta con al centro una grande tinozza. La luce del sole penetra da una finestrella coi vetri coperti di ragnatele.
«Sua Eccellenza arriva subito. Tu da brava spogliati che adesso ti porto l’acqua per il bagno.»
Ada apre la bocca per dire qualcosa, ma la governante se ne va senza dargliene il tempo. Indecisa sul da farsi, si siede sul pavimento e nasconde il viso tra le ginocchia.
La porta cigola, un paio di pantofole di velluto viola le si avvicinano.
«Benvenuta, cara.»
La voce è pastosa, rassicurante. Ada si raddrizza e fissa il volto dalla pelle raggrinzita come carta appallottolata stiracchiata alla bell'e meglio. I suoi occhi, due globi azzurri attraversati da striature grigiastre, la fissano dall’alto al basso. La bocca di Ada si spalanca senza emettere alcun suono.
Tre donne entrano trasportando secchi colmi d’acqua fumante, riempiono la tinozza, e se ne vanno.
Il vecchio annuisce e scopre una fila di denti bianchissimi. «Il tuo bagno è pronto. Coraggio!»
Lei balbetta. «Devo fare il bagno, adesso?»
«Certo. Vedrai, sarà molto piacevole, finché l’acqua è ancora calda.»
Ada si appoggia alla tinozza, ci mette dentro la mano. Il calore le accarezza la pelle.

In piedi vicino alla riva del fiume, il falegname armeggia coi pantaloni e si slaccia la patta. La sua barba mal rasata punge il viso di Mariella che, chiusi gli occhi, prova a deglutire. L’uomo le copre il viso con la mano callosa e le infila due dita tra le labbra. Lei apre la bocca, le dita penetrano e le premono la lingua fino a farle male. Un sapore amarognolo si diffonde sul palato, un granello di segatura si stacca dall’unghia e la punge.
«Eddai, vecchio arnese, fai il tuo lavoro.» L’alito del falegname puzza di vino e d’aglio. «Troia, aiutami tu.»
Mariella allunga il braccio e cerca a tastoni il membro floscio. Trovatolo, lo massaggia alla buona.
Il falegname le colpisce il polso. «Mannò, non così.» Sbuffa e la spinge per farla voltare.
Lei si gira con le dita ancora ficcate in gola e appoggia la fronte sui mattoni del ponte. L’uomo fa scivolare la mano sotto la sua gonna, alza un bordo, afferra il fianco e spalma la panzona sulla sua schiena.
Mariella apre le gambe, un salsicciotto caldo le si infila tra le cosce. Il falegname si dondola avanti e indietro, il suo peso la spiaccica contro il muro. L’arnese finalmente si indurisce.
«Allarga di più, stupida cagna.» Le tira i capelli e chiude le dita nella sua bocca a mo’ di artiglio.
Lei geme dal dolore e apre di poco le ginocchia, il pene scivola in alto, ma non la penetra. Il dondolare si fa più concitato e il falegname ansima a ogni botta. Molla la presa sul fianco, porta il polso sulla sua gola e la stringe a sé. Mariella fatica a respirare: le dita in bocca le provocano conati di vomito e l’altra mano la strozza. Lacrime le scendono sulle guance, il muro ruvido le scortica il viso.
«Ossì!»
Un fiotto caldo si diffonde tra le cosce, le dita si ritraggono e la liberano. Mariella poggia le mani a terra e prende un respiro profondo. Tossisce e sputa la saliva salata.
«Ecco a te.»
Tre monete le colpiscono la mano, rimbalzano e affondano nella terra morbida della sponda del fiume. Le raccoglie e se le infila in tasca. Alza lo sguardo: la figura del falegname si allontana nel sentiero che riporta in strada. Il cielo volge alla sera, il sole rosso la fissa come un occhio ferino.
Si lecca il palato, dove una piccola ferita diffonde un sapore ferroso. Sospira, e ascolta le acque del fiume scorrere ai suoi piedi. Raccoglie un po’ d’acqua gelata con le mani a coppa, si risciacqua la bocca e si lava via il seme appiccicoso dalle cosce. Brividi di freddo le corrono lungo l’inguine.
«Mamma!» La voce della bambina è vicina.
Mariella si volta di scatto e abbassa la gonna. La sagoma di Ada, illuminata dalla luce del tramonto, corre verso di lei.
«Eccomi, mamma.»
Le si avvicina e le porge un sacchetto. Lei sospira, si alza e stringe la bambina tra le braccia.
«Mamma, mi soffochi.»
La libera e si abbandona sul terreno umidiccio. Ada, a sua volta, le si mette accanto e agita il sacchetto di fronte ai suoi occhi.
«Prendi. Sono buone.»
Mariella afferra l’involto e lo apre. Un odore dolciastro le arriva alle narici, lo stomaco inizia a gorgogliare.
La bambina ride. «Sembrano ragni, ma bisogna aprirli e mangiare quello che hanno dentro. Si chiamano masa.. masanie—»
«Masanete.» Raccoglie un guscio di un granchio, lo schiaccia col pollice e succhia i granuli oleosi delle uova. «Te le ha date lui, per me? O gliele hai chieste tu?»
«Ho detto che volevo portartene un po’.» Sorride. «All’inizio mi facevano schifo, ma poi ne ho mangiate tantissime.»
«Brava, tesoro mio.» Lecca un carapace e ne raccoglie un altro. «Lui, è stato gentile con te, allora.»
«Certo, mi ha fatto il bagno. E mi ha strofinata per bene!»
«Come?»
«Con la spugna!»
Mariella getta a terra il guscio vuoto. «Ti ha lavata lui, non una serva?»
«L’ha fatto lui, è un vecchietto buono e affettuoso.»
Smette di respirare. «E ti ha pulita.. anche in mezzo alle gambe?»
«Certo, anche lì.»
Stringe i denti e rimane in silenzio. Le unghie le si conficcano nei palmi.
«E dopo? Cos’ha fatto?»
«Mi ha messo dei vestiti puliti e mi ha dato tante cose da mangiare.»
«Non ti ha..» tossisce e balbetta, «gli hai dato un bacetto per ringraziarlo?»
«Certo! Sono stata molto educata, come mi hai insegnato.» Annuisce. «E anche lui mi ha baciato tutte e due le guance, e mi ha detto di tornare quando voglio.»
«Solo le guance?»
Ada si volta e alza le sopracciglia. «Avrei dovuto baciarlo anche sulla fronte? Come fai tu con me?»
Scuote la testa. «No, no. Sei stata bravissima.» Stringe i pugni. «Bravissima.»

Le candele proiettano ombre serpentine sui muri della cattedrale. Da una cappella laterale provengono i brusii della celebrazione dei vespri. Mariella si avvicina a una colonna e si appoggia alla fredda pietra. Le figure dei santi, decorate sulle vetrate illuminate dal tramonto, la scrutano coi visi di vetro tinti di luce sanguigna.
Distoglie lo sguardo e fissa l’altare. Il vescovo pronuncia una cantilena in latino con gli occhi sbarrati: le iridi sono azzurre, striate da venature grigie. Il suo viso contratto è popolato di rughe. Mariella fissa quell’uomo. Si accarezza il ventre. Ricorda.

Suor Mariella posa la mano sotto l’ombelico e massaggia il pancione. Quando il bambino scalcia le infonde gioia e coraggio, ma stavolta non si muove.
La badessa non smette di fissarla coi suoi occhi marroni. «Non ti penti per i tuoi peccati?»
Suor Mariella rimane in silenzio. Il vescovo è un uomo importante, influente e lei si fida di lui. Verrà a prenderla e la porterà via dal convento: gliel’ha promesso, e lei non ha motivo di non credergli.
Una lacrima le riga la guancia.
«Non parli? Non rispondi?»
Suor Mariella si fissa la punta dei piedi.
Come può il frutto dell’amore essere un peccato? Così le dice sempre sua Eccellenza.
Lui arriverà, gliel’ha promesso. Lui ha Dio dalla sua parte. Lui la porterà via con sé, perché l’ama e ama il loro bambino.


Mariella percorre il corridoio che conduce alla sagrestia della cattedrale.
Un ragazzo le si para davanti e, sbarratale la strada, incrocia le braccia sul cane ricamato sul suo petto.
«Dove credi di andare?»
«Cercavo proprio te.»
Il giovane infila la mano in tasca, estrae il fazzoletto e l’appoggia sul viso a coprire il naso.
Lei ride. «Non è colpa mia se puzzo, abito sotto un ponte, che cosa pretendi?»
D’Arcano si allontana di un passo. «Perché sei venuta qui? Cosa speri di ottenere?»
Mariella gli si avvicina e lo fissa negli occhi. «Che per una volta ti ricordi di avere una sorella e una nipote.»
«Tu sei una peccatrice.» Sbuffa. «Non sei più mia sorella.»
«Non giocare a fare il duro, non ti si addice.»
«Dovevi restare in convento.» Scuote la testa. «E la bambina doveva andare a quella famiglia di contadini.»
«Ho fatto la scelta di credere in lui, speravo che mantenesse le sue promesse!»
«Sei solo una stupida.» Sbatte un piede. «Testarda come un mulo. Non mi hai mai dato ascolto.»
Lei allarga le labbra in un sorriso. «Non parlarmi in questo modo, fratellino, o dovrò sculacciarti.»
«Mi hai seccato, guarda che ti riempio di schiaffi!»
«Vediamo se arrivi a tanto. Coraggio!»
D’Arcano alza la mano aperta, poi l’abbassa. «Sarebbe questo il modo che hai di ringraziarmi per averlo convinto ad accoglierla in casa sua?» Sbuffa. «Non sei venuta in città per questo?»
«Certo, lo volevo. Ma adesso non più.»
«Perché? Lui è stato buono con lei: l’ha lavata e nutrita!»
«Lavata, certo, anche in mezzo alle gambe!»
La mano col fazzoletto ricade lungo il fianco. «A cosa alludi?» Il viso imberbe è contratto, le labbra tremano. «Sei pazza?»
Mariella scuote la testa. «Lo sai che le ha fatto il bagno personalmente?» Le lacrime le rigano le guance. «Se solo penso alle sue dita che la toccano..»
Il ragazzo digrigna i denti. «Ma è suo padre, le ha solo fatto il bagno!»
«Certo, ma è un maiale. Cosa credi che succederà appena le spunteranno le tette? Se solo ripenso al modo con cui mi guardava..»
D'Arcano si volta e fissa il vuoto. «Stai esagerando. Quello che ti è accaduto anni fa ti perseguita e ti offusca il cervello, vedi quello che vuoi vedere.»
Mariella appoggia le mani sulle guance del fratello e gli ruota il capo per costringerlo a guardarla. «Dillo ancora.» Le lacrime le offuscano la vista. «Dimmelo in faccia, che sono io che mi immagino tutto.»
«Ma.. lo sai che sono sempre stato dalla tua parte!» Gli trema la mascella. «So quanto hai sofferto, quando ti ha abbandonata.»
Alza le mani e le appoggia sulle sue. Le accarezza. I suoi occhi si inumidiscono.
Mariella gli circonda il collo con le braccia.
Lui la stringe forte.
«Sorella mia.» Sospira. «Va bene, dimmi come posso aiutarti.»

La bambina siede a cavalcioni su un grosso sasso che spunta dall’acqua. Le sue risate si mescolano al fragore del fiume.
«Mamma! Vieni!»
Mariella alza la gonna e mette i piedi nel fiume gelido. Il crepuscolo incorona le montagne con luce dorata. Le torce serali accese sul Ponte del Diavolo, sopra di lei, brillano e illuminano la riva. Raggiunge la figlia che, a cavalcioni su una grossa roccia, agita le braccine e la chiama a sé.
«L’ho trovato.»
Mariella si aggrappa al masso e ne accarezza i rilievi lisci, levigati dall’acqua. La sua forma non lascia adito a dubbi: un bozzo a un’estremità ricorda una testa, la protuberanza allungata dall’altra parte una coda.
«Sembra un cane!»
«Sì!» La bambina abbraccia la roccia. «Il cane del diavolo, l’ho trovato! E ora, esprimo un desiderio!»
Prende un respiro profondo. «Cosa desideri, tesoro?»
«Voglio tanti soldi! Per mangiare cose buone e comprare una casa!»
Mariella ricaccia indietro le lacrime. Alza il sacchetto e lo fa penzolare di fronte a sé. Un cane dorato, dipinto sul cuoio, scintilla alla luce delle torce.
«Guarda.» Sorride. «Ecco i desideri che si avverano!»
Ada scende dalla roccia, afferra la borsetta con le sue manine ed estrae una manciata di zecchini d’oro.
«Siamo ricche!»
«Non proprio.» Ride. «Ma tireremo avanti per un bel po’.»
L’abbraccia, la stringe forte, poi alza lo sguardo e fissa il ponte sopra di loro: sulla facciata della cattedrale gotica, poco distante, i grossi pinnacoli si innalzano al cielo. Là dentro, da qualche parte, suo fratello sta subendo le ire del suo padrone. Se lei e Ada possono andarsene, è solo grazie a lui.
«Questa è la città del demonio.» Stringe i denti. «Andiamocene via.»
Ultima modifica di MatteoMantoani il lunedì 1 marzo 2021, 20:22, modificato 4 volte in totale.



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Re: Il cane del diavolo

Messaggio#2 » domenica 28 febbraio 2021, 15:15

Punto a tutti i bonus. Spero che sia abbastanza chiaro dove e come compaiono gli elementi richiesti, in caso, lo posso spiegare.

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Re: Il cane del diavolo

Messaggio#3 » domenica 7 marzo 2021, 22:46

Ciao Mentis.
Il tuo è il secondo brano che leggo e, devo essere onesto, mi mette parecchio in difficoltà e già so che mi farà penare parecchio in fase di posizionamento.
Il fatto è questo. Stilisticamente, ho trovato il pezzo molto valido e con una prima metà di qualità veramente alta. Con poche pennellate sei riuscito a creare un bell’affresco di personaggi inseriti in un’ambientazione vivida pur con i pochi dettagli forniti al lettore, segno che sei stato abile nello scegliere le informazioni davvero utili e scartare quelle superflue. In particolare, la scena che introduce il giovane d’Arcano la trovo perfetta nella sua costruzione dal basso verso l’alto e il “gioco d’ombre”. 10 con lode.

Dove sta il problema allora? Nell’equilibrio tra la prima e seconda parte.

Fino al punto che precede la scena ambientata nella cattedrale, tutto scorre senza intoppi. I personaggi sono ben delineati, le loro reazioni chiare e logiche. Poi però, ecco in rapida successione tutta una serie di colpi di scena: Mariella che in verità è un’ex suora, che il padre della figlia altri non è che un vescovo, che il ragazzo è in verità il fratello… PUM! PUM! PUM! È proprio una questione di cambio di ritmo. Siamo passati da una narrazione “lenta” (ma in senso positivo), a una sequela di rivelazioni concentrate in pochissime righe.

Altra cosa: Mariella, visto il suo passato, avrebbe potuto sospettare quali erano le reali intenzioni del padre della bambina, ma prendiamo per buono che abbia sperato fino all’ultimo nel buon cuore di costui. Resta il fatto che la sua “vendetta” pare ben poca cosa. Il vescovo alla fine cosa perde? Un po’ di denaro (una cifra nemmeno così ingente, a giudicare dalle parole di Mariella)? Non so, da lettore (e padre) ho trovato il finale poco “soddisfacente”, anche perché alla fine sembra disegnare Mariella come un personaggio interessato soprattutto al tornaconto personale, più che alla vittoria di una morale superiore. Sia chiaro: non sono un fautore dei personaggi positivi a tutti i costi e portatori di valori universali. Anzi, i personaggi ambigui e dalla dubbia moralità sono il più delle volte quelli che mi affascinano di più. Tuttavia, l’impressione qui è che tali note “grigie” nel personaggio di Mariella dipendano più dal caso che da una precisa e cosciente volontà nel tratteggiarla in maniera tanto negativa quanto quella del suo “avversario”. Forse ciò dipende anche dal fatto che il PDV nella prima metà è tutto sulla figlia, il che non fa percepire al lettore tale ambiguità.

Segnalo infine una quisquiglia:
«Se solo penso alle sue dita che la toccano..»


Riassumendo, ottima la prima metà, un po’ meno la seconda. Un vero peccato, perché, controllando i caratteri a disposizione, avevi anche spazio in abbondanza per una migliore costruzione dell’atto conclusivo. Rimane comunque un racconto ben scritto, che meriterebbe però una revisione del secondo atto.
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Re: Il cane del diavolo

Messaggio#4 » lunedì 8 marzo 2021, 8:22

JohnDoe ha scritto:Ciao Mentis.
Il tuo è il secondo brano che leggo e, devo essere onesto, mi mette parecchio in difficoltà e già so che mi farà penare parecchio in fase di posizionamento.

Ciao Alessandro. Tranquillo, sii pure severo.

Il fatto è questo. Stilisticamente, ho trovato il pezzo molto valido e con una prima metà di qualità veramente alta. Con poche pennellate sei riuscito a creare un bell’affresco di personaggi inseriti in un’ambientazione vivida pur con i pochi dettagli forniti al lettore, segno che sei stato abile nello scegliere le informazioni davvero utili e scartare quelle superflue. In particolare, la scena che introduce il giovane d’Arcano la trovo perfetta nella sua costruzione dal basso verso l’alto e il “gioco d’ombre”. 10 con lode.

Sono i miei esercizi di studio della terza persona, che preferisco di gran lunga alla prima e che trovo anche più "vendibile" a un pubblico più vasto. Se mi dici che sono riuscito a renderla bene, è per me già un bel traguardo.

Poi però, ecco in rapida successione tutta una serie di colpi di scena: Mariella che in verità è un’ex suora, che il padre della figlia altri non è che un vescovo, che il ragazzo è in verità il fratello… PUM! PUM! PUM! È proprio una questione di cambio di ritmo. Siamo passati da una narrazione “lenta” (ma in senso positivo), a una sequela di rivelazioni concentrate in pochissime righe.

Devi dire la verità, non pensavo che questo potesse essere un problema, ma se me lo fai notare significa che stona. Ci penserò. Grazie dell'osservazione.

Altra cosa: Mariella, visto il suo passato, avrebbe potuto sospettare quali erano le reali intenzioni del padre della bambina,

Qui sta il gioco: non le ho mai veramente esplicitate. Ecco un altro esempio di narratore inaffidabile :) perché Mariella percepisce qualcosa sulla base della sua brutta esperienza, e ne parla col fratello, che invece la vede diversamente. La scena del bagno non è volutamente inserita nella narrazione, sta al lettore schierarsi.

ma prendiamo per buono che abbia sperato fino all’ultimo nel buon cuore di costui. Resta il fatto che la sua “vendetta” pare ben poca cosa. Il vescovo alla fine cosa perde? Un po’ di denaro (una cifra nemmeno così ingente, a giudicare dalle parole di Mariella)? Non so, da lettore (e padre) ho trovato il finale poco “soddisfacente”, anche perché alla fine sembra disegnare Mariella come un personaggio interessato soprattutto al tornaconto personale, più che alla vittoria di una morale superiore. Sia chiaro: non sono un fautore dei personaggi positivi a tutti i costi e portatori di valori universali. Anzi, i personaggi ambigui e dalla dubbia moralità sono il più delle volte quelli che mi affascinano di più. Tuttavia, l’impressione qui è che tali note “grigie” nel personaggio di Mariella dipendano più dal caso che da una precisa e cosciente volontà nel tratteggiarla in maniera tanto negativa quanto quella del suo “avversario”. Forse ciò dipende anche dal fatto che il PDV nella prima metà è tutto sulla figlia, il che non fa percepire al lettore tale ambiguità.

Speravo che il dialogo col fratello fosse abbastanza chiaro: Mariella non vuole qualcosa dal padre di Ada, ma vuole il sostegno e l'aiuto del fratello. So poi che il vescovo perde poca roba, ma se il tuo servo ti ruba in casa, voglio bene vedere se poi non lo frusti.

Segnalo infine una quisquiglia:
«Se solo penso alle sue dita che la toccano..»


Grazie per la segnalazione, ma non ho ben capito cosa mi stai facendo notare. Cosa non va secondo te con questa frase?

Riassumendo, ottima la prima metà, un po’ meno la seconda. Un vero peccato, perché, controllando i caratteri a disposizione, avevi anche spazio in abbondanza per una migliore costruzione dell’atto conclusivo. Rimane comunque un racconto ben scritto, che meriterebbe però una revisione del secondo atto.

Un'esplorazione del secondo atto ci sta, come osservazione. Ho sempre paura di finire i caratteri ;) ecco perché progetto storie brevi già in partenza.

Grazie mille per il commento e per i consigli. Se ti va di spiegarmi quella cosa che non ho capito mi faresti un piacere.

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Re: Il cane del diavolo

Messaggio#5 » lunedì 8 marzo 2021, 9:12

Parto dalla frase segnalata.
Mi riferivo ai puntini di sospensione, qui due anziché tre. Appunto, una quisquiglia. :)

Passando alla questione principale, ora mi è più chiara la direzione che hai voluto tracciare. Tuttavia rimane un punto critico a mio avviso ed è lì che nasce la confusione. Scrivi che Mariella non vuole niente dal padre. Eppure questo passaggio dice il contrario:

Sbuffa. «Non sei venuta in città per questo?»
«Certo, lo volevo. Ma adesso non più.»


Almeno con me, il cortocircuito parte da qui, portandomi al seguente percorso interpretativo della storia:

1. Mariella si sente tradita, ma vuole bene a sua figlia e vorrebbe garantirle una vita migliore.
2. Si reca in città nel tentativo di attirare l'attenzione del vescovo e in qualche modo (che al lettore viene fatto solo intuire) ci riesce.
3. Usa la figlia come "esca" (anche se non era il suo piano iniziale): se il vescovo avrà un ravvedimento, le garantirà una vita migliore, altrimenti sarà comunque una fonte di guadagno per lei (e qua ne uscirebbe una personalità più complessa e "scissa" tra volontà conscia e volontà inconscia). Siamo onesti: Mariella è una prostituta e non può non intuire cosa sta per accadere alla figlia. Eppure in quelle righe non mostra nessuna titubanza.
4. Mariella si pente dell'aver mandato la figlia alla mercé del vescovo e si rivolge al fratello in cerca d'aiuto/vendetta.

Quindi, riassumendo, da lettore ho avuto la sensazione di un personaggio che, a causa degli eventi subiti nel suo passato, è ora dominata da una vena di cinismo, anche nei confronti della figlia. E sia chiaro: questo tratteggio del personaggio mi piace molto! Quello che mi piace meno è la differenza di peso tra le premesse di un personaggio denso di contraddizioni interiori e la risoluzione finale un po' sottotono.

Riguardo la questione dei colpi di scena, fosse per me eliminerei la rivelazione del suo passato da suora, rendendola, così come il fratello, come una coppia di semplici servitori del vescovo sin da bambini (orfani adottati? questo rafforzerebbe il senso drammatico del "sacrificio" della figlia da parte di Mariella). Anche perché nel personaggio di Mariella non si percepisce fervore religioso o fede. Per dire, la parola "Dio" compare una sola volta nel flashback e di rimandi religiosi non ce ne sono altri tra i pensieri di Mariella. Piuttosto, se vuoi mantenerla nei panni di un'ex religiosa, aggiungi dettagli che la connotino come tale. Ad esempio, durante la scena di sesso inserisci dei suoi pensieri in cui chiede perdono a dio per i suoi peccati, un'invocazione affinché protegga la figlia...

Credo sia tutto. Ripeto: il racconto è buono. Va però, a mio avviso, sviluppato meglio nella seconda parte e soprattutto attorno al conflitto interiore di Mariella. Fatto questo, non può che salire di categoria.
lupus in fabula

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Re: Il cane del diavolo

Messaggio#6 » lunedì 8 marzo 2021, 14:00

Ciao, ti lascio questo commento a caldo, dopo aver letto la storia solo una volta e forzandomi a non rileggerla se non prima di votare tra qualche giorno. Nel commento della votazione ti dirò di più, se ci sarà da dire altro.

Molto bello il primo paragrafo, ci si cala facilmente nel setting e sono stati piazzati indizi e paletti per stimolare curiosità nel lettore. Il racconto poi prosegue bene e ha stimolato in me la voglia di andare avanti per scoprire cosa accadeva (devo precisare che il setting che hai scelto è uno che leggo sempre volentieri, così come il tema trattato e via dicendo: insomma, senza saperlo hai scritto la storia per me).

Note stilistiche non ne ho molte, ci sono un paio di dialoghi che mi sono sembrati “televisivi”, un po’ in doppiaggese, nella parte centrale del racconto. Quelli tra fratello e sorella. Vorrei pure fare un appunto sul finale, ma sono molto indeciso io stesso su cosa pensare, quindi ci rifletterò meglio prima della votazione: intanto ti dico che forse si poteva evitare di far capire cosa stava accadendo al fratello? Sì? No? Visto il resto della storia quella parte mi ha un po’ lasciato così, forse avrei preferito che il “rischio” fosse integrato in qualche altro modo, forse in un dialogo o in qualche gesto di lui.

Torno di nuovo alla storia in generale: mi piace, non ci sono particolari sbavature e apprezzo pure le descrizioni, bilanciate bene (un filo in più e avrebbero stonato). La durezza è espressa in modo molto garbato, ha senso? Nella scena di sesso ovviamente un po’ meno, è ovvio, ma pure quella me la immagino ripresa da una telecamera che cerca un po’ di censurare, di omettere, quasi dovesse essere per una prima serata (il messaggio però passa).

I bonus ci sono tutti, sono un po’ indeciso su quello del sesso però. È violento per i nostri standard, ma è molto normale per gli standard di quel tempo (immaginario o reale che sia). Sbaglio?

Fammi sapere quali erano le tue intenzioni con la storia e io le confronterò con ciò che ho recepito per farmi un’idea precisa.
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MatteoMantoani
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Re: Il cane del diavolo

Messaggio#7 » lunedì 8 marzo 2021, 15:23

JohnDoe ha scritto:1. Mariella si sente tradita, ma vuole bene a sua figlia e vorrebbe garantirle una vita migliore.
2. Si reca in città nel tentativo di attirare l'attenzione del vescovo e in qualche modo (che al lettore viene fatto solo intuire) ci riesce.
3. Usa la figlia come "esca" (anche se non era il suo piano iniziale): se il vescovo avrà un ravvedimento, le garantirà una vita migliore, altrimenti sarà comunque una fonte di guadagno per lei (e qua ne uscirebbe una personalità più complessa e "scissa" tra volontà conscia e volontà inconscia). Siamo onesti: Mariella è una prostituta e non può non intuire cosa sta per accadere alla figlia. Eppure in quelle righe non mostra nessuna titubanza.
4. Mariella si pente dell'aver mandato la figlia alla mercé del vescovo e si rivolge al fratello in cerca d'aiuto/vendetta.

Direi che hai interpretato tutto nel modo corretto, a parte forse questa "doppiezza" di Mariella, che non era nelle mie intenzioni. Quella che volevo è che lei andasse alla città per prima riconciliarsi col vescovo, poi (una volta esplorate le sue paure nei confronti del rapporto padre/figlia) cercasse un aiuto dal fratello per fuggire e iniziare una vita nuova.

Quindi, riassumendo, da lettore ho avuto la sensazione di un personaggio che, a causa degli eventi subiti nel suo passato, è ora dominata da una vena di cinismo, anche nei confronti della figlia. E sia chiaro: questo tratteggio del personaggio mi piace molto! Quello che mi piace meno è la differenza di peso tra le premesse di un personaggio denso di contraddizioni interiori e la risoluzione finale un po' sottotono.

L'idea di ingrigire questo personaggio piace anche a me. Ne terrò conto, se mai ci sarà una seconda stesura. Che la risoluzione sia sottotono, hai ragione, può starci. La mia idea era di spostare l'attenzione sul sacrificio del fratello (cane sacrificato al diavolo), ma se non arriva non arriva. Poco da fare.

Riguardo la questione dei colpi di scena, fosse per me eliminerei la rivelazione del suo passato da suora, rendendola, così come il fratello, come una coppia di semplici servitori del vescovo sin da bambini (orfani adottati? questo rafforzerebbe il senso drammatico del "sacrificio" della figlia da parte di Mariella). Anche perché nel personaggio di Mariella non si percepisce fervore religioso o fede. Per dire, la parola "Dio" compare una sola volta nel flashback e di rimandi religiosi non ce ne sono altri tra i pensieri di Mariella. Piuttosto, se vuoi mantenerla nei panni di un'ex religiosa, aggiungi dettagli che la connotino come tale. Ad esempio, durante la scena di sesso inserisci dei suoi pensieri in cui chiede perdono a dio per i suoi peccati, un'invocazione affinché protegga la figlia...

In effetti che fosse suora era solo per aumentare il twist, ma può benissimo essere invece come dici tu. Sulle connotazioni religiose di Mariella, c'è un pezzo in cui ho cercato di far trapelare il suo disgusto per i peccati che commette (la scena in cui entra nella cattedrale e vede le immagini dei santi che risplendono di luce sanguigna), ma si vede che è troppo debole, e non arriva nemmeno questa.

Credo sia tutto. Ripeto: il racconto è buono. Va però, a mio avviso, sviluppato meglio nella seconda parte e soprattutto attorno al conflitto interiore di Mariella. Fatto questo, non può che salire di categoria.

Confermo le tue osservazioni. Grazie mille. :)
Ultima modifica di MatteoMantoani il lunedì 8 marzo 2021, 16:13, modificato 1 volta in totale.

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Re: Il cane del diavolo

Messaggio#8 » lunedì 8 marzo 2021, 15:30

Giovanni Attanasio ha scritto:Molto bello il primo paragrafo, ci si cala facilmente nel setting e sono stati piazzati indizi e paletti per stimolare curiosità nel lettore. Il racconto poi prosegue bene e ha stimolato in me la voglia di andare avanti per scoprire cosa accadeva (devo precisare che il setting che hai scelto è uno che leggo sempre volentieri, così come il tema trattato e via dicendo: insomma, senza saperlo hai scritto la storia per me).

Può farmi solo piacere. Grazie.

Note stilistiche non ne ho molte, ci sono un paio di dialoghi che mi sono sembrati “televisivi”, un po’ in doppiaggese, nella parte centrale del racconto. Quelli tra fratello e sorella.

Era una delle mie paure peggiori, non sai quante volte l'ho riscritto, quel pezzo. I dialoghi realistici sono uno dei miei talloni d'Achille.. preferisco che certe cose trapelino dalle azioni e dagli sguardi, ma qui purtroppo mi serviva qualcosa che fungesse da infodump.

Vorrei pure fare un appunto sul finale, ma sono molto indeciso io stesso su cosa pensare, quindi ci rifletterò meglio prima della votazione: intanto ti dico che forse si poteva evitare di far capire cosa stava accadendo al fratello? Sì? No? Visto il resto della storia quella parte mi ha un po’ lasciato così, forse avrei preferito che il “rischio” fosse integrato in qualche altro modo, forse in un dialogo o in qualche gesto di lui.

Giudica più severamente che puoi; sono conscio che la seconda parte è sottotono.

Torno di nuovo alla storia in generale: mi piace, non ci sono particolari sbavature e apprezzo pure le descrizioni, bilanciate bene (un filo in più e avrebbero stonato). La durezza è espressa in modo molto garbato, ha senso? Nella scena di sesso ovviamente un po’ meno, è ovvio, ma pure quella me la immagino ripresa da una telecamera che cerca un po’ di censurare, di omettere, quasi dovesse essere per una prima serata (il messaggio però passa).
I bonus ci sono tutti, sono un po’ indeciso su quello del sesso però. È violento per i nostri standard, ma è molto normale per gli standard di quel tempo (immaginario o reale che sia). Sbaglio?

Qui penso siano gusti: ho fatto leggere il pezzo a un mio amico e mi ha detto che sono passato a scrivere porno :) In realtà già così per me è troppo, e non volevo calcare ulteriormente la mano. Non sono una suora, però certe cose semplicemente non mi piace scriverle.

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Re: Il cane del diavolo

Messaggio#9 » lunedì 8 marzo 2021, 17:05

MentisKarakorum ha scritto:Giudica più severamente che puoi; sono conscio che la seconda parte è sottotono.


Lo farò nel giudizio finale, se troverò qualcosa da dire di più specifico e utile. Prima voglio finire di leggere tutto almeno una volta sennò non mi sbrigo in tempo. :)
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Damjen
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Re: Il cane del diavolo

Messaggio#10 » mercoledì 10 marzo 2021, 11:24

Ciao, molto piacere di conoscerti :)

È la prima volta che esprimo le mie considerazioni qui. Cercherò di combattere la naturale timidezza per dire tutto ciò che sono in grado di capire. Spero con tutto il cuore che essere all'altezza, e soprattutto di dire solo le cose utili (e non una di più).
Per cominciare, la mia opinione complessiva sul tuo scritto è certamente positiva. Ho compreso la storia già alla prima lettura. Le scene sono vivide e dinamiche. Il conflitto c’è, da subito (la povertà estrema). Hai perfino trovato il modo di far maturare un personaggio (il fratello), ma su questo ho una perplessità che ti esporrò più sotto.
Secondo me hai beccato tutti i bonus.
E ora mi spingo più nel dettaglio.


Ciò che mi piace
– “Tabarro”, parola che non conoscevo e dà connotazione e accuratezza.
– “Tira su col naso.” Fa perfettamente capire l’atteggiamento di una persona abituata a non occuparsi di sé.
– “Spinge il nasino sul fianco della mamma.” Molto bello per la dolcezza e molto ben fatto per suggerire l’età della bambina.
– “La sua mano si muove a estrarre un fazzoletto dalla tasca, che poi porta a coprire il naso.” In perfetto mostrato.
– “…si siede sul pavimento e nasconde il viso tra le ginocchia… un paio di pantofole di velluto viola le si avvicinano.” Perfetta la consecutio narrativa della sequenza, perché la bambina, essendo rannicchiata a terra, vedrà prima i piedi di chi si avvicina.
– “…volto dalla pelle raggrinzita come carta appallottolata stiracchiata alla bell'e meglio”, mi piace l’immagine. Anche il fatto che sia carta stiracchiata senza troppo impegno (o interesse) aggiunge un’ulteriore sfumatura.
– “Ada si appoggia alla tinozza... Il calore le accarezza la pelle”, bella la sensazione tattile.
– Tutta la scena di sesso, ricca di elementi sensoriali. E poi l’atteggiamento del boscaiolo, il suo linguaggio. Vivido e verosimile.
– Quando Ada e Mariella si ritrovano, la madre “sospira, si alza e stringe la bambina… La libera e si abbandona sul terreno umidiccio.” Mi è piaciuta la tenerezza, e soprattutto la semplicità con cui l’hai descritta, che l’ha resa particolarmente vera.
– “Le torce serali… brillano e illuminano la riva”, bell’atmosfera.


Ciò che, mentre leggo, mi fa interrompere il film mentale poiché mi richiede un piccolo ragionamento
– “Le dita contornate”, forse meglio unghie contornate…?
– “Anche oggi avrebbero saltato il pranzo.” Con una frase così raziocinante, non percepisco alcuna emozione. Non sento la fame, nemmeno un reale dispiacere. Un brontolio della pancia è una sensazione talmente leggera e indefinita, da suonarmi inattendibile. Non mi fa capire, non mi spinge a provare empatia.
– “Si trascina sul selciato.” Lì per lì, avendo capito che si trattava di una persona che faceva l’elemosina, ho pensato a una disabilità.
– “Il fiume è largo e tormentoso.” Con tormentoso intendevi davvero dire che dà tormento?
– “Era un blasone, ogni nobile ne ha uno… Lui ti condurrà dal suo padrone.” Prima ho pensato che fosse un nobile, e poi che invece era un servitore.

Ciò che non ho capito
Se il fratello è il Conte D’arcano, in pratica è un nobile al servizio di un altro nobile? E come mai, se in fondo davvero teneva alla sorella, non l’ha aiutata prima?

Ciò che secondo me potrebbe essere potenziato
– Mentre ho trovato coerente (per la corretta consecutio narrativa) la soggettiva nell’espediente di inquadrare il vescovo a partire dalle ciabatte (data la posizione della bambina quando lo vede), così non ho trovato altrettanto coerente la medesima carrellata dal basso quando gli stivali suggeriscono che il Conte è fermo davanti alle due donne. Fino a quel punto Mariella era stata attenta, anche mentre già raccontava, a intercettare eventuali benefattori, e ciò che vedeva erano la calvizie e il colore degli occhi di un uomo, il mantello rosso di un altro. Ma poiché la carrellata dal basso è, effettivamente, un espediente visivamente elegante che rallenta efficacemente l’entrata in scena, basterebbe favorirla attraverso una consecutio narrativa che suggerisca uno sguardo basso, ad esempio con la donna che si è persa a fissare il piatto vuoto delle offerte, o la bambina che si guarda le mani con cui salverà la madre. Sono solo idee, scusa se mi sono dilungata in una cosa che era comunque corretta.
– Nella scena in cui Mariella e il fratello s’incontrano, entrambi cambiano repentinamente stati d’animo. In una sequenza narrativa in tempo reale (per via del discorso diretto), e che quindi dura piuttosto poco, entrambi passano attraverso atteggiamenti piuttosto distanti, perfino contraddittori (“non sei più mia sorella”, d’altronde in effetti gioca a carte mentre lei muore di fame insieme alla bambina, poi però “sai che sono sempre stato dalla tua parte”). E lei all’inizio ride, ma nel giro di poche battute passa dal sarcasmo alla sfida alle lacrime, per poi diventare affettuosa. Troppo veloce…?
– La punizione finale per il fratello non è resa, e questo fa sì che il suo sacrificio sembri poca cosa di fronte al fatto che lasciava sorella e nipote a sopravvivere a stento. Spingere di più sull’esito negativo del suo aiuto avrebbe reso il finale più forte, e il fatto che arrivasse così tardivamente, più comprensibile.


Formule abusate
[Mi riferisco a quelle coppie, o più, di parole (che ovviamente uso anch’io, tipo spettacolo mozzafiato, sguardo assassino, brivido alla schiena, etc) che a forza di finire insieme sono diventate quasi dei modi di dire. Ho imparato a considerarle dei piccoli atti di pigrizia, per questo cerco sempre di stanarle dai miei scritti per provare a trasformarle in qualcosa di più originale e personale.]

– Ada ha paura, per questo “si stringe nelle spalle”
– “Il sorriso della mamma le scalda il cuore.”
– “Il giovane… la fissa da capo a piedi.”
– “I suoi occhi… la fissano dall’alto al basso.”
– “Brividi di freddo le corrono…” (ho un grosso problema personale con la parola “brividi”, che sia aggettivato o spostato lungo cose)
– “Stringe i denti…”
– “Le unghie le si conficcano nei palmi.”
– “Le labbra tremano… digrigna i denti… gli trema la mascella.” Ci stanno tutti, anche perché rendono l’idea, ma al contempo sono talmente tipici da suonare un po’ fiacchi.


Come dicevo, il mio giudizio complessivo è di sicuro positivo. In particolare, percepisco una vena di dolcezza che adoro. Spero davvero di essere stata meticolosa solo fino al punto di utilità. Mi scuso sinceramente per tutto il resto.
È stato un reale piacere leggerti!!
:)

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Re: Il cane del diavolo

Messaggio#11 » mercoledì 10 marzo 2021, 16:14

Damjen ha scritto:È la prima volta che esprimo le mie considerazioni qui. Cercherò di combattere la naturale timidezza per dire tutto ciò che sono in grado di capire. Spero con tutto il cuore che essere all'altezza, e soprattutto di dire solo le cose utili (e non una di più).

Premetto nel ringraziarti per il tuo commento così approfondito (non ci speravo) e per i tuoi toni così pacati e gentili (cosa rara che apprezzo sempre).
Vorrei riprendere in mano la discussione su un paio di punti, per spiegarmi meglio e per chiederti qualche chiarimento, se sei d’accordo.

Ciò che, mentre leggo, mi fa interrompere il film mentale poiché mi richiede un piccolo ragionamento
– “Le dita contornate”, forse meglio unghie contornate…?

Certo, avevo in mente l’immagine di mani rugose con sporcizia tra le pieghe, ma meglio quello che dici tu.

– “Il fiume è largo e tormentoso.” Con tormentoso intendevi davvero dire che dà tormento?

Ho consumato le pagine del vocabolario (virtuale) prima di inserire “tormentoso”. Pensavo che andasse bene anche in questo caso… ma sono d’accordo che risulta un po’ ambiguo.

– “Era un blasone, ogni nobile ne ha uno… Lui ti condurrà dal suo padrone.” Prima ho pensato che fosse un nobile, e poi che invece era un servitore. Se il fratello è il Conte D’arcano, in pratica è un nobile al servizio di un altro nobile?

I nobili possono “servire” nobili più importanti, sia nel senso che sono loro vassalli, sia nel senso che possono ricoprire cariche di funzionari statali (ministeriali). Nel sistema feudale descritto in questo racconto (ripreso da quello friulano) il vescovo è il principe del Sacro Romano Impero che regge un intero stato imperiale, e quindi ha al suo servizio un’intera corte di nobili ministeriali, tra cui la famiglia d’Arcano (realmente esistita, e che proviene dal paesetto omonimo vicino a San Daniele del Friuli (quello del prosciutto)).
Il gioco padrone/servitore è per calcare la mano sulla figura del cane, usato da Mariella come termine spregiativo, ma non ratificato dal narratore.

E come mai, se in fondo davvero teneva alla sorella, non l’ha aiutata prima?

Non lo spiego nel racconto, ma la mia visione è che Mariella fuggendo dal convento si è inimicata la famiglia (accennato quando il fratello la riprende per non aver lasciato la figlia alla famiglia di contadini).

– Nella scena in cui Mariella e il fratello s’incontrano, entrambi cambiano repentinamente stati d’animo. In una sequenza narrativa in tempo reale (per via del discorso diretto), e che quindi dura piuttosto poco, entrambi passano attraverso atteggiamenti piuttosto distanti, perfino contraddittori (“non sei più mia sorella”, d’altronde in effetti gioca a carte mentre lei muore di fame insieme alla bambina, poi però “sai che sono sempre stato dalla tua parte”). E lei all’inizio ride, ma nel giro di poche battute passa dal sarcasmo alla sfida alle lacrime, per poi diventare affettuosa. Troppo veloce…?

Grazie per questo appunto. Non hai idea di quante volte abbia riscritto il dialogo. Sono conscio che non è perfetto. Speravo che lasciasse intendere che il conflitto interiore del ragazzo è comunque in atto, e non repentino, e che Mariella potesse esercitare sul fratello una certa influenza (è pur sempre la sorella maggiore…)

– La punizione finale per il fratello non è resa, e questo fa sì che il suo sacrificio sembri poca cosa di fronte al fatto che lasciava sorella e nipote a sopravvivere a stento. Spingere di più sull’esito negativo del suo aiuto avrebbe reso il finale più forte, e il fatto che arrivasse così tardivamente, più comprensibile.

Un punto interessante, ma non volevo approfondire un altro pdv (già due mi sembra troppo, per un racconto così breve). Di certo lo posso fare se amplierò la storia, grazie del suggerimento.

Formule abusate
[Mi riferisco a quelle coppie, o più, di parole (che ovviamente uso anch’io, tipo spettacolo mozzafiato, sguardo assassino, brivido alla schiena, etc) che a forza di finire insieme sono diventate quasi dei modi di dire. Ho imparato a considerarle dei piccoli atti di pigrizia, per questo cerco sempre di stanarle dai miei scritti per provare a trasformarle in qualcosa di più originale e personale.]

– Ada ha paura, per questo “si stringe nelle spalle”
– “Il sorriso della mamma le scalda il cuore.”
– “Il giovane… la fissa da capo a piedi.”
– “I suoi occhi… la fissano dall’alto al basso.”
– “Brividi di freddo le corrono…” (ho un grosso problema personale con la parola “brividi”, che sia aggettivato o spostato lungo cose)
– “Stringe i denti…”
– “Le unghie le si conficcano nei palmi.”
– “Le labbra tremano… digrigna i denti… gli trema la mascella.” Ci stanno tutti, anche perché rendono l’idea, ma al contempo sono talmente tipici da suonare un po’ fiacchi.

Sono davvero contento che tu sia riuscita a trovare la piaga in cui rigirare il proverbiale coltello. Sono molto critico verso il mio modo di mostrare le emozioni attraverso i gesti, cosa che trovo particolarmente difficile. Sarà che i romanzi che leggiamo sono quasi sempre scritti in tell: quindi dicono Tizio è felice, è arrabbiato, è offeso… ma senza mostrare le conseguenze fisiche di questi stati d’animo.
Visto che anche tu stai intraprendendo uno studio di questo tipo, se posso, ti chiederei se per caso hai trovato qualcosa da studiare (manuale/risorsa/articolo) per approfondire questi aspetti (lo chiedo anche a chiunque legga questo commento). Giuro: mi sono rotto di scrivere di unghie che si piantano nei palmi, denti che si stringono, eccetera… ma non ho trovato ancora delle valide alternative.

Di nuovo grazie per la preziosissima analisi, spero davvero di ricevere ancora tuoi commenti, e spero che la piccola analisi che ho fornito io al tuo racconto ti sia stata utile, e che abbia comunque ricalcato i toni garbati che era mia intenzione mantenere

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Re: Il cane del diavolo

Messaggio#12 » mercoledì 10 marzo 2021, 19:03

Ciao e bentrovato!

Allora vado dritto al punto.
Mi è piaciuto molto come hai descritto l'ambientazione coi giusti particolari e in poche righe ci hai fatto capire dove si sarebbe svolta la vicenda.
Ho trovato una prima parte convincente e ben condotta, che mi ha intrigato e incuriosito.
Mi trovo d'accordo con chi mi ha preceduto e ho visto un calo nella seconda.
L'unica cosa che non mi è piaciuta è stato il mestiere della nostra Mariella. Non la prostituta, quello precedente: la suora. Mi è sembrato un po' stonare col resto della vicenda. Oltre al fatto che se è il villaggio dove è cresciuta insieme al fratello qualcuno potrebbe ricordarsi di lei come religiosa. Non che questo avrebbe impedito a un falegname voglioso di sfogare le sue necessità, ma mi ha fatto storcere un po' il naso.

In questo tipo di narrazione storica ti vedo molto a tuo agio, è il genere in cui ti vedo più ferrato e dove mi piaci di più. Hai sempre una penna invidiabile e delle ottime trame, ma su questo genere dai il meglio.

In bocca al lupo e alla prossima lettura.

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Re: Il cane del diavolo

Messaggio#13 » mercoledì 10 marzo 2021, 20:45

Fagiolo17 ha scritto:Ciao e bentrovato!

Allora vado dritto al punto.
Mi è piaciuto molto come hai descritto l'ambientazione coi giusti particolari e in poche righe ci hai fatto capire dove si sarebbe svolta la vicenda.
Ho trovato una prima parte convincente e ben condotta, che mi ha intrigato e incuriosito.
Mi trovo d'accordo con chi mi ha preceduto e ho visto un calo nella seconda.
L'unica cosa che non mi è piaciuta è stato il mestiere della nostra Mariella. Non la prostituta, quello precedente: la suora. Mi è sembrato un po' stonare col resto della vicenda. Oltre al fatto che se è il villaggio dove è cresciuta insieme al fratello qualcuno potrebbe ricordarsi di lei come religiosa. Non che questo avrebbe impedito a un falegname voglioso di sfogare le sue necessità, ma mi ha fatto storcere un po' il naso.

Ciao Luca! Grazie del commento, su questo punto volevo solo puntualizzare che la città in cui svolge la vicenda non è il luogo di origine di Mariella (ovvio che non è chiaro, perché non lo dico..). Sono d'accordo con te sul calo nella seconda parte, paura di non avere abbastanza caratteri a disposizione e forse una risoluzione frettolosa (un mio amico, lettore severissimo dei miei racconti, ma ha detto che il finale è una m***a. Ne sono conscio. E mi dispiace).

In questo tipo di narrazione storica ti vedo molto a tuo agio, è il genere in cui ti vedo più ferrato e dove mi piaci di più. Hai sempre una penna invidiabile e delle ottime trame, ma su questo genere dai il meglio.

Sono tutto rosso, un complimento che arriva da uno del tuo stampo vale il doppio. Grazie mille.

In bocca al lupo e alla prossima lettura.

Anche a te! A presto a rileggerci!

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Re: Il cane del diavolo

Messaggio#14 » giovedì 11 marzo 2021, 11:31

Buongiorno :)

MentisKarakorum ha scritto:I nobili possono “servire” nobili più importanti, sia nel senso che sono loro vassalli, sia nel senso che possono ricoprire cariche di funzionari statali (ministeriali). Nel sistema feudale descritto in questo racconto (ripreso da quello friulano) il vescovo è il principe del Sacro Romano Impero che regge un intero stato imperiale, e quindi ha al suo servizio un’intera corte di nobili ministeriali, tra cui la famiglia d’Arcano (realmente esistita, e che proviene dal paesetto omonimo vicino a San Daniele del Friuli (quello del prosciutto)).
Il gioco padrone/servitore è per calcare la mano sulla figura del cane, usato da Mariella come termine spregiativo, ma non ratificato dal narratore.


Ho capito perfettamente. Grazie per la spiegazione che magari un giorno potrebbe anche tornarmi utile.

MentisKarakorum ha scritto:Non lo spiego nel racconto, ma la mia visione è che Mariella fuggendo dal convento si è inimicata la famiglia (accennato quando il fratello la riprende per non aver lasciato la figlia alla famiglia di contadini).


Capito. In effetti è comprensibile che in un mondo in cui onore e obbedienza sono prioritari (giusto?), un gesto che lede entrambi sia pressoché imperdonabile. Ci sta.

MentisKarakorum ha scritto:Non hai idea di quante volte abbia riscritto il dialogo. Sono conscio che non è perfetto. Speravo che lasciasse intendere che il conflitto interiore del ragazzo è comunque in atto, e non repentino, e che Mariella potesse esercitare sul fratello una certa influenza (è pur sempre la sorella maggiore…)


Il conflitto interiore del fratello è in effetti chiaro, e che Mariella sia la più forte dei due è reso in maniera molto efficace (lo sfida, lo stuzzica), ma a mio parere è una scena troppo veloce per contenere entrambi gli estremi, cioè il gap dal rigetto all'abbraccio.

MentisKarakorum ha scritto:Sono davvero contento che tu sia riuscita a trovare la piaga in cui rigirare il proverbiale coltello.


Prometto che lo rigirerò sempre con affetto :)


MentisKarakorum ha scritto:Sono molto critico verso il mio modo di mostrare le emozioni attraverso i gesti, cosa che trovo particolarmente difficile. Sarà che i romanzi che leggiamo sono quasi sempre scritti in tell: quindi dicono Tizio è felice, è arrabbiato, è offeso… ma senza mostrare le conseguenze fisiche di questi stati d’animo.


In effetti il tell è una bella comodità, e poi è la vecchia scuola, per cui è difficile trovare libri scritti diversamente.

MentisKarakorum ha scritto:Visto che anche tu stai intraprendendo uno studio di questo tipo, se posso, ti chiederei se per caso hai trovato qualcosa da studiare (manuale/risorsa/articolo) per approfondire questi aspetti (lo chiedo anche a chiunque legga questo commento). Giuro: mi sono rotto di scrivere di unghie che si piantano nei palmi, denti che si stringono, eccetera… ma non ho trovato ancora delle valide alternative.


Sto studiando anch'io ma non ho ancora trovato qualcosa che lo spieghi in modo definitivo.
Ciò che cerco di fare (ma non so con quanti risultati) è di dire molto meno di quanto mi verrebbe. In fondo scrivere di unghie nei palmi è talmente ritrito che tanto vale non scriverlo. Il lettore non andrà in confusione se il resto è stato architettato bene.
Ma come hai visto, predico bene e razzolo male, dato che il mio racconto è uno spiegone intergalattico!!

MentisKarakorum ha scritto:Di nuovo grazie per la preziosissima analisi, spero davvero di ricevere ancora tuoi commenti, e spero che la piccola analisi che ho fornito io al tuo racconto ti sia stata utile, e che abbia comunque ricalcato i toni garbati che era mia intenzione mantenere


Grazie a te, perché prima di ricevere il tuo commento (il primo che ho ricevuto in assoluto) ero un po' preoccupata.
Anzi, a dirla tutta ero proprio terrorizzata XD

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Re: Il cane del diavolo

Messaggio#15 » sabato 13 marzo 2021, 15:07

Ciao Mentis, ben trovato.
Inizio con dire che per una buona metà del pezzo mi sono trovata ben calata nel contesto e nel periodo storico, nonostante tu non abbia fatto menzione dell'anno, ma hai abilmente seminato indizi qua e là.
Alcune frasi sono ottime, al limite del poetico, una su tutte la descrizione della pelle del vescovo, assimilata a della carta appallottolata e ridistesa. Altre troppo ampollose.
La sua mano si muove a estrarre un fazzoletto dalla tasca, che poi porta a coprire il naso.
Per esempio. Va bene il mostrato ma "si copre il naso con un fazzoletto" era più che sufficiente. lol
Oppure
un paio di brufoli gli costellano la guancia

un paio di cose, non possono costellare, essendo appunto, solo un paio.
Comunque, si arriva più o meno a metà del racconto con interesse e con una certa ansia, per la sorte della piccola, mandata, almeno a quanto appare all'inizio, dalla di lei mamma a offrire il proprio corpo al riccone pedofilo di turno.
solo che da quel momento in poi c'è il delirio. La mamma era una suora che aveva avuto un figlio, niente meno che dal vescovo, che però era in qualche modo amico del di lei fratello, che era, niente di meno che, un conte, nonché il ragazzo con i brufoli che era venuto a prendere la bambina. Bum! Nemmeno un Pedro Almodovar in perfetta forma avrebbe sciorinato un tal numero di informazioni, tra l'altro poco probabili, o comunque davvero, davvero anomale in venti righe.
Ma analizziamo con calma. Questo vescovo non ha avuto alcun danno d'immagine dall'aver ingravidato una suora? che per quanto suora e quindi femmina, era sempre figlia di una famiglia importante. Mi pare piuttosto strano che se ne siano tutti fregati. Strano anche il fatto che sia sotto a un ponte. Ho poca dimestichezza col periodo, ma credo che l'avrebbero più semplicemente data in moglie a qualche mezzadro, o l'avrebbero chiusa di nuovo in convento, e magari portato la bambina altrove. La tua spiegazione sul fatto che la madre non volesse è poco credibile, non credo proprio che una donna avrebbe avuto voce in capitolo.
Trovo però apprezzabile e interessante la scena di sesso violento. Mentre ero lì, pronta d aspettarmi sto vescovo pedofilo, arriva lei con il falegname e allora mi chiedo, che cavolo ci è andata a fare lì, la bambina? Buono, molto buono, desta la mia curiosità e mi invoglia ad andare avanti nella lettura.
Ma torniamo a quello che non mi quadra. Il ragazzo è il fratello di lei. Va bene. Prima la tratta come l'ultima delle serve, le urla addosso che ha solo quello che si merita, poi si mette a giocare con lei a chi picchia chi, e si abbracciano?
Lei manda la bambina dal vescovo, da sola. La bambina le riferisce che il vescovo non ha fatto altro che farle un bagno, e a quanto dice il fratello "è suo padre, non c'è nulla di male". Lei però è comunque certa che il vescovo, in fondo in fondo sia anche incestuoso e che prima o poi avrebbe approfittato della bambina. Perchè ce la manda? Perchè, se ha questa idea di lui, ha pensato di passarci una vita insieme?
detto questo, tutta la prima parte è piacevole e ti fa venir voglia di proseguire nella lettura. La storia del ponte del diavolo me la raccontava mio padre, e mi ha regalato un ricordo piacevole.



Piccolo appunto tecnico, i cavalli non ruminano. Quelle sono le mucche.
Polly

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Re: Il cane del diavolo

Messaggio#16 » sabato 13 marzo 2021, 15:42

Polly Russell ha scritto:Ciao Mentis, ben trovato.
Inizio con dire che per una buona metà del pezzo mi sono trovata ben calata nel contesto e nel periodo storico, nonostante tu non abbia fatto menzione dell'anno, ma hai abilmente seminato indizi qua e là.
Alcune frasi sono ottime, al limite del poetico, una su tutte la descrizione della pelle del vescovo, assimilata a della carta appallottolata e ridistesa. Altre troppo ampollose.
La sua mano si muove a estrarre un fazzoletto dalla tasca, che poi porta a coprire il naso.
Per esempio. Va bene il mostrato ma "si copre il naso con un fazzoletto" era più che sufficiente. lol
Oppure
un paio di brufoli gli costellano la guancia


Ciao Polly, grazie per queste note, che approvo. La frase della mano potrà sembrare contorta, era uno dei miei esperimenti di "mostrato puro": penso che possa a questo punto piacere o non piacere, perché c'è chi invece mi ha lodato per quest'immagine. Concordo con te che una semplificazione sia doverosa. Sulla costellazione dei brufoli, hai ragione, potrei correggere in "un gruppo di brufoli" o "un grappolo di brufoli gli fiorisce sulla guancia", tanto per rendere la cosa ancora più schifosa.
Sui cavalli che ruminano, mea culpa.. dopo vado a prendere il muro a testate.

Questo vescovo non ha avuto alcun danno d'immagine dall'aver ingravidato una suora? che per quanto suora e quindi femmina, era sempre figlia di una famiglia importante. Mi pare piuttosto strano che se ne siano tutti fregati.

Nella mia testa tutti hanno dato la colpa a Mariella per aver sedotto e corrotto il vescovo. In effetti, se ci pensi, è così che spesso è stata vista la cosa, dalla Genesi in poi. Il fratello lo dice, a un certo punto, che è colpa delle donne se il vescovo è un maniaco: mi sembra ricalcare bene una mentalità vecchia e maschilista.

Strano anche il fatto che sia sotto a un ponte. Ho poca dimestichezza col periodo, ma credo che l'avrebbero più semplicemente data in moglie a qualche mezzadro, o l'avrebbero chiusa di nuovo in convento, e magari portato la bambina altrove. La tua spiegazione sul fatto che la madre non volesse è poco credibile, non credo proprio che una donna avrebbe avuto voce in capitolo.

La bambina doveva andare a un mezzadro (il fratello lo ricorda nel dialogo con Mariella), ma lei è scappata perché voleva tenersi la figlia, fidandosi che il suo uomo (ricco e potente) l'avrebbe aiutata ad uscire dall'inghippo.. cosa che non è mai avvenuta.

Il ragazzo è il fratello di lei. Va bene. Prima la tratta come l'ultima delle serve, le urla addosso che ha solo quello che si merita, poi si mette a giocare con lei a chi picchia chi, e si abbracciano?

Lui è un adolescente che cerca di fare il duro, quando in realtà soffre molto per quanto successo alla sorella. So che in poche righe tale cosa è molto difficile da rendere.. e non credo di esserci riuscito, a questo punto.

Lei manda la bambina dal vescovo, da sola. La bambina le riferisce che il vescovo non ha fatto altro che farle un bagno, e a quanto dice il fratello "è suo padre, non c'è nulla di male". Lei però è comunque certa che il vescovo, in fondo in fondo sia anche incestuoso e che prima o poi avrebbe approfittato della bambina. Perchè ce la manda? Perchè, se ha questa idea di lui, ha pensato di passarci una vita insieme?

Non ne è certa, pensa che in fondo il vescovo sia buono e che voglia amare la bambina come sua figlia. Il fatto che poi sia stato lui personalmente a farle il bagno, le fa scattare la molla del sospetto che le causa anche un risveglio interiore, che la porta a vedere finalmente il vescovo per quello che è. Nella parte del dialogo col fratello, questa paura che un domani il padre si avventi sulla figlia, è esplicitata.

detto questo, tutta la prima parte è piacevole e ti fa venir voglia di proseguire nella lettura. La storia del ponte del diavolo me la raccontava mio padre, e mi ha regalato un ricordo piacevole.

L'hanno raccontata tante volte anche a me :) è una leggenda legata al ponte della città di Cividale del Friuli (patrimonio Unesco), ma poi ho scoperto che è comune in molte città europee.

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