Wish you were here (Alessandro Canella)

Per partecipare alla Sfida basta aver voglia di mettersi in gioco.
Le fasi di gioco sono quattro:
1) Il 17 febbraio sveleremo il tema deciso da ALBERTO BÜCHI. I partecipanti dovranno scrivere un racconto e postarlo sul forum.
2) Gli autori si leggeranno e classificheranno i racconti che gli saranno assegnati.
3) Gli SPONSOR leggeranno e commenteranno i racconti semifinalisti (i migliori X di ogni girone) e sceglieranno i finalisti.
4) Il BOSS assegnerà la vittoria.
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Alessandro -JohnDoe- Canella
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Wish you were here (Alessandro Canella)

Messaggio#1 » mercoledì 3 marzo 2021, 11:23

Wish you were here
Alessandro Canella

La voce ovattata di Tommy Lee attraversa le pareti del The Side e mi raggiunge fino al parcheggio. Con tono irritato ordina a Sir Bob Cornelius Rifo di alzare quelle fottute chitarre, dando il la all’assolo finale. È il mio passaggio preferito dell’intero album, ma in questo momento la concentrazione è altrove.
Chiudo gli occhi e faccio scendere la mano.
Le dita s’intrufolano tra i capelli di Giulia e iniziano a seguire il costante avanti e indietro della sua testa. La sento giocare con la lingua, avvolgermi con le labbra e scendere giù, fin dove le è possibile.
Appoggio la schiena sulla portiera dell’auto. È gelida e dal culo parte un brivido che percorre la spina dorsale.
L’orgasmo sale prepotente. Stringo i capelli di Giulia e tento di allontanarla, ma lei invece continua, anzi, aumenta il ritmo, la mano stretta attorno al cazzo ad accompagnare la bocca. Infine affonda il viso e lì rimane fino a che non mi svuoto dentro di lei.
Riapro gli occhi, il respiro corto.
Giulia è ai miei piedi. Ingoia e mi sorride. Col pollice pulisce una virgola di sperma dal mento, per poi succhiarsi il dito. Si alza e fa per baciarmi, ma prima che le sue labbra tocchino le mie allontano il volto.
«Dio, quanto sei pudico.» Sembra più delusa che arrabbiata.
Tiro su la zip dei pantaloni e mi guardo attorno. «Tu invece non lo sei affatto.»
«Non tutte possono permetterselo. Pensavo l’avessi capito, ormai.» Si sistema la gonna. Una calza le si è strappata lungo la coscia. «Spero almeno ti sia piaciuto il regalo di compleanno.»
«Ah, era questo? Peccato, speravo in quel vinile dei Pink di cui avevamo parlato.» Le faccio l’occhiolino.
«Non fare lo stronzo, non ti si addice.» A tradimento mi stampa un bacio. «Così impari.» Dall’interno della giacca tira fuori un pacchetto di sigarette. «Cos’hai deciso per i tuoi?»
Me ne porge una, ma rifiuto anche quella. «Non è ancora il momento.»
«E quando sarà, di grazia? Prima o dopo la fine del liceo? O magari dell’università. Anzi no, aspettiamo che schiattino, che dici?»
«Ora però la stronza la fai tu. Pensavo avessi detto che non avevamo fretta.»
«Di quanti mesi fa parliamo? Non ti conoscessi, potrei quasi pensare che ti sei trovato un’altra. O forse semplicemente non hai le palle per prendere una decisione.» Con la mano libera mi stringe in mezzo alle gambe. «Ci ho preso?»
Le afferro il polso e la spingo contro l’auto alle sue spalle.
Giulia ride. «È il tuo modo da maschio alpha di dirmi che mi sbaglio?»
«Esatto, ti sbagli.»
«E riguardo quale opzione? No, non dirlo. Non importa.» Stavolta è lei a spingermi indietro. «Ormai sei un adulto, Lucio. È tempo di scegliere cosa vuoi.»
Dà un ultimo tiro alla sigaretta e mi lancia uno di quei suoi sorrisi da troia. Senza smettere di fissarmi, si sfila gli slip da sotto la gonna e si siede sul cofano. Divarica le gambe. «E ora assaggiami.»

L’aspirapolvere di quella del piano di sopra mi sveglia alle 8 in punto, come ogni domenica. Affondo la faccia nel cuscino, ma ormai il sonno è svanito. Sbuffo e mi giro a pancia in su. Il poster di Cristiano Ronaldo che esulta a petto nudo dopo il goal nella finale di Champions del 2014 mi dà il buongiorno dal soffitto.
Piego la testa verso il letto di Filippo. È vuoto, le lenzuola tese, come appena stirate. Perfetto stile militare. A volte sembra impossibile che mio fratello sia la stessa persona che una volta si è fatta fotografare con una stella di Natale infilata tra le chiappe.
Mi metto a sedere sul bordo del letto e prendo il cellulare dal comodino. Distendo la tendina delle notifiche e scorro una dozzina di messaggi d’auguri tutti uguali. Nel mezzo ne intravedo uno di Giulia inviato poco prima delle 4.
Vorrei che tu fossi qui.
Attivo la tastiera. Mi spiace per ieri. So essere un vero stronzo. Dammi un’ora e arrivo. Invio il messaggio, ma le dita indugiano sui tasti. Vorrei aggiungere altro, ma ancora non trovo il coraggio. Spengo lo schermo.
Mi vesto e raggiungo la cucina. Mia madre sta ritirando i piatti dalla lavastoviglie, mentre mio padre beve un caffè intanto che guarda alla TV gli highlights degli anticipi.
Senza farmi notare vado a schioccare un bacio sulla guancia di mia madre. «Giorno ma’.»
Per poco non fa cadere una tazzina. «Lucio, che fai già in piedi?»
«Chiedilo alla Dorelli. E comunque più tardi devo vedermi con degli amici.»
«Non avete festeggiato abbastanza ieri?» Non la vedo in faccia, ma sono sicuro che stia sorridendo. «Vuoi fare colazione?»
La moca è ancora sul fornello. «Un caffellatte non mi dispiacerebbe.»
Mio padre manda a fanculo il televisore. «Sti cazzo d’africani. Milioni per comprarli e poi ti durano mezza stagione prima di rompersi qualche legamento.» Si gira verso di me. «E pure te! Ancora caffellatte? Hai 18 anni, Cristo. È tempo di bere vero caffè come gli adulti.»
«Ma devo berlo nero o posso usare il tuo dolcificante, pa’?»
Mio padre si toglie gli occhiali e me li punta contro. «Non essere strafottente.»
Annuisco. Meglio non farlo incazzare, almeno non oggi.
Mia madre mi fa una carezza e appoggia sulla tavola una tazza di caffellatte.
Dò un primo sorso. «Ma Filo?»
«In bagno» risponde mia madre. «Stamattina è uscito presto per andare a correre,» abbassa la voce «ma secondo me ti sta preparando una sorpresa. Oh, io non ho detto nulla.»
Porto le dita davanti alla bocca e la chiudo a chiave.
Guardo l’orologio sopra il frigo. Rischio di fare tardi. Finisco il caffellatte e saluto i miei. Sto per uscire, che incrocio Filo in corridoio.
«Ben svegliato, principessa. Pronto a festeggiare come si deve il passaggio al mondo di noi adulti?»
«Guarda che il mio compleanno era ieri. E poi sto uscendo.»
«Cos’è, vai a farti scartare il pacco da quella tua compagna di classe? Come si chiama… Laura?»
«Che sottile gioco di parole. No, davvero, mi spiace, ora non posso. Facciamo appena rientro, ok?»
«Non iniziare a rompere, che li conosco i tuoi impegni da pippaiolo.» Filo mi avvolge le spalle con un braccio e con l’altro traccia un arco in aria, come a volermi mostrare un paesaggio visibile solo a lui. «Oggi è un giorno importante per te. È il giorno in cui da fighetta cagacazzi quale sei, sboccerai in una bellissima farfalla.»
«Non sapevo che le farfalle sbocciassero.»
Filo mi molla uno scappellotto. «Una bellissima farfalla cagacazzi, ma pur sempre una farfalla. Quindi ora, fratellino, ti metti le scarpe ed esci con me, che ho una cosa da mostrarti.»
Faccio per rispondere, ma Filo alza un dito e mi zittisce. Agguanta i cappotti dall’attaccapanni e mi lancia il mio. Lo indosso e prendo il cellulare. Giulia non ha ancora letto il messaggio. Mi chiedo se…

«…sotto il letto hai guardato?»
Il telefono rimanda il cigolio dell’anta dell’armadio. «Mi prendi per il culo?»
Conosco Filo, non ha guardato. «Di solito mamma il borsone lo mette lì.»
Silenzio.
«L’hai trovato?»
«Sì…»
«Era sotto il letto, vero?»
«Senti, fa poco il furbo, che stamattina era il tuo turno per la pattumiera, e ancora una volta ho dovuto pensarci io a pararti il culo con papà. Che poi, perché sei uscito all’alba?»
«Colpa della Masi. Oggi fa il test di chimica e non so un cazzo. Ho assoluto bisogno dei bigini di Laura.»
«Come no. Secondo me è tutta una scusa per vederti con lei. Oh, mica te ne faccio una colpa. Con quelle tette che si ritrova pure io mi son fatto un paio di se—»
Chiudo la telefonata e lancio un’occhiata all’orologio. Sono già in ritardo e l’autobus ancora non si vede. Fanculo, sono nemmeno due chilometri, io me li faccio a piedi.
Attraverso la strada e m’immetto in via Zara, che da lì posso tagliare in linea retta se passo dal parcheggio del Lidl. Negli auricolari parte un pezzo di Carpenter Brut di cui non ricordo mai il nome. Controllo sulla smartband: Meet Matt Stri
Qualcosa si schianta contro la mia spalla. Perdo l’equilibro e cado sbattendo il ginocchio contro il cemento. Gli auricolari schizzano chissà dove.
Rialzo la testa e vedo due tizi correre in quella che fino a pochi instanti prima era la mia stessa direzione. Uno grida all’altro di sbrigarsi. Pochi secondi più tardi svoltano al primo incrocio e scompaiono.
Rimango steso a terra, incapace di reagire. Un gemito proveniente da un vicolo alla mia destra mi risveglia dal torpore.
Puntello una mano per rialzarmi e mi addentro nel vicolo, stretto tra due palazzi. Dietro un cassonetto intravedo due gambe, ai piedi scarpe da tennis bianche macchiate di rosso. Giro attorno all’ostacolo. Raccolta in posizione fetale, una ragazza trema.
Mi piego sul ginocchio sano e la scrollo sulle spalle coperte da lunghi capelli scuri. «Tutto bene? Che è successo?»
S’irrigidisce. «Vattene!» La voce è rotta dai singhiozzi. «Non ho bisogno di nessuno.»
«Ascolta, forse è il caso di chiamare un’ambulanza. Sei ferita?» Non vedo borse o zaini attorno. «Ti hanno derubata?»
Due occhi gonfi e rossi si piantano sui miei. «Ho detto d’andartene. Sei sordo o soltanto idiota?»
Mi sforzo di ricambiare il suo sguardo, ma provo un forte imbarazzo nel farlo, come se mi sentissi in colpa per quello che le è successo.
Controllo l’orologio. Se non mi sbrigo, rischio di prendere un’altra insufficienza.
«Senti—»
Con una mano mi allontana.
«Per favore, vai via.» Piange. «Non ho bisogno della carità degli sconosciuti.»
Si aggrappa al bordo del cassonetto e tenta di tirarsi su, ma il dolore dev’essere troppo intenso e perde la presa. L’afferro per un soffio e la faccio appoggiare contro la parete del palazzo.
Oh, fanculo chimica e la Masi!
«Pensa quello che vuoi, ma io di qui non me ne vado.» Le porgo la mano. «Allora, cosa decidi?»
La ragazza mi guarda come se fossi un alieno.
Piego le labbra in un sorriso. «E comunque mi chiamo Lucio, non coso.»
Mi afferra la mano. «Giulia.»

Filo parcheggia davanti un capannone abbandonato, nella vecchia zona industriale. Apre il portaoggetti e prende un pacchetto incartato come peggio non si potrebbe.
«Sarebbe quello il regalo?»
Nasconde il pacchetto sotto la giacca. «Quello cosa?»
Scendiamo dall’auto e ci avviciniamo alla recinzione. In un punto è crollata verso l’interno, permettendoci di entrare senza difficoltà.
Filo fa strada. A giudicare da come si muove, non dev’essere la prima volta. Indica uno degli ingressi laterali. «Il posto è quello.»
«Il posto per cosa?»
Si ferma e mi appoggia le mani sulle spalle. «Lucio, per una volta, una soltanto, fammi felice e non rompere, ok?» Fa per proseguire, invece si ferma. «Davvero, te lo chiedo da fratello: fidati di me e niente stronzate. Ci tengo a te, non scordarlo mai.»
«Oh, ma che ti prende?»
Filo m’ignora ed entra nel capannone. Lo seguo.
La differenza di luce è così netta rispetto all’esterno che mi ci vuole un po’ per mettere a fuoco l’ambiente e notare che non siamo soli. Una decina di tizi col volto coperto ci osserva. Uno di loro tiene un cane al guinzaglio, un pitbull o qualche razza simile.
Da un tavolino da campeggio alla nostra destra Filo prende due passamontagna. Me ne porge uno. «Fa come ti dico e parla a voce bassa.»
Non mi sento a mio agio, e forse proprio per questo indosso il passamontagna senza fare domande.
I tizi davanti a noi si dividono in due ali. Alle loro spalle compare un ragazzo legato a una sedia, nudo, la testa piegata in avanti coperta da un cappuccio.
Filo si avvicina allo sconosciuto. Con un gesto deciso strappa via il cappuccio e lo afferra per i capelli. «Signori, vi presento…»

…Giulia mi tira dentro l’ascensore un attimo prima che le porte automatiche si chiudano con un rumore secco.
«I sensori non funzionano da anni.» Si avvicina alla pulsantiera e seleziona il nono piano. «Qui tutto è rotto, inquilini compresi.»
Le pareti a specchio dell’ascensore moltiplicano all’infinito le nostre immagini. Mi do una controllata. Che idea del cazzo indossare la cravatta. Che poi, io il nodo nemmeno lo so fare e quel tutorial su YouTube non è che fosse così chiaro.
«Non siamo obbligati a rimanere.» Le mani di Giulia vanno a sistemarmi la cravatta. Sollevo un poco il mento per facilitarla. Sento il nodo ammorbidirsi attorno alla gola.
«Sono tuoi amici. Non possono essere poi tanto male se riescono a sopportarti.»
Giulia mi molla uno buffetto sulla guancia. «Non sono soltanto amici. Sono la mia famiglia.» Mi slaccia il colletto. «E lo stesso vale anche per te.»
«Sul fatto di riuscire a sopportarti?»
«No, sul fatto di non essere poi tanto male; quando non fai lo stronzo.»
L’ascensore si ferma.
Mano nella mano, raggiungiamo l’appartamento. Suoniamo il campanello. Da dentro un miscuglio di voci e musica. Suoniamo ancora.
La porta si spalanca e riconosco la voce di Florence che canta You got the love.
«Giulietta!» Un ragazzo in completo bianco e papillon abbraccia Giulia e la bacia sulle guance. Perlomeno non sono il più elegante. «Alla fine ti sei decisa a presentarci il tuo boy.» Mi squadra da testa a piedi.
Un secondo ragazzo, vestito pure lui come un gelataio, si avvinghia al primo appoggiandogli il mento sulla spalla. «E brava la nostra bimba, sempre più giovani ce li troviamo.»
«Non fate gli stronzi pure voi, che già ci pensa lui a farmi sentire vecchia.» Giulia mi prende per il fianco e mi stringe a sé. «Lucio, ti presento Dani e Matteo, i padroni di casa. Se vuoi prendere appunti, loro sono cintura nera di coglionaggine.»
Veniamo fatti accomodare. All’interno una ventina o forse più tra ragazzi e ragazze, tutti più grandi di me, sono impegnati chi a ballare, chi a bere, chi a chiacchierare, chi a limonare. Giulia mi presenta a tutti quelli che la salutano. Già al terzo nome inizio a dimenticare quelli precedenti e ad annuire in maniera automatica.
Raggiungiamo il tavolo del buffet. La presa di Giulia si fa più debole. Mi giro e la vedo trascinata via. Fa appena in tempo ad alzare un dito per dire che ci vorrà solo un minuto, che scompare nella folla.
Proprio quello che speravo non accadesse.
Decido di versarmi un bicchiere di Coca, ma qualcuno mi arpiona la spalla. È Dani. O Matteo? Merda…
«Perché non lo chiediamo a lui? Lucio — giusto? — abbiamo un quesito filosofico da sottoporti. La qui presente Rosa» con un movimento plateale del braccio Danimatteo indica una ragazza con i capelli rosa e le orecchie ricoperte di piercing «sostiene che la scrittura inclusiva non può coesistere con la comunicazione pubblicitaria.»
«No, brutta checca, non storpiare quello che ho detto! Quello che sostengo, da cazzoditraduttrice che con le parole ci vive, è che l’uso di perifrasi e simboli grafici ancora poco conosciuti e privi di una grammatica condivisa rischia di spostare il focus dal contenuto alla forma, e questo in campo pubblicitario, se permetti, è un cazzo di problema.»
«Ok ok, come dici te. E tu Lucio? A favore della schwa negli spot dei detersivi e fanculo quella bigotta della sciura Maria o la pensi come miss delicatezza?»
L’attenzione dei presenti si concentra su di me e non ho idea di cosa cazzo stiano parlando. Devo inventare qualcosa. «Ecco, a mio avviso… un punto d’incontro… un punto d’incontro forse c’è.» Tutti mi osservano in attesa della rivelazione. «Il principio di Colby: se dall’esterno non puoi cambiare lo status quo, prova dall’interno, per quanto piccoli siano all’apparenza i risultati.»
Nessuno dice nulla.
Danimatteo alza gli occhi. «Colby… Non mi è nuovo. Come fa di nome?»
«Terry, mi pare.»
«Terry Colby…» Si blocca. «Ma non è un personaggio di Mr Ro—»
«Scusa l’attesa!» Giulia mi prende sottobraccio e mi dà un bacio sulla guancia. «Ok, gente, interrogatorio concluso. Questo ragazzo ora è mio per almeno i prossimi 10 minuti.»
Ci facciamo largo tra la calca danzante ed entriamo in una camera ricolma di tele appoggiate le une sulle altre lungo le pareti. Al centro, su un cavalletto, un quadro non ancora ultimato ritraente i volti di Dani e Matteo che si baciano.
Giulia chiude la porta e vi si appoggia con la schiena. «Scusa. Avevo scordato cosa significa essere quello nuovo.»
«Poteva andare peggio. Se m’interrogavano di chimica, lì sì che sarei stato nella merda.»
Ride. Dio quanto è bella. «Grazie.»
«Di cosa?»
«Per esserci. Per essere qui con me. So bene quanto possa essere difficile all’inizio.»
«Quindi andando avanti diventa più semplice? Ti prego, dimmi che è così!»
Giulia abbassa gli occhi. «Vorrei che lo fosse, ma non succede sempre. Per alcuni non lo è mai.»
Passo l’indice sulla cornice impolverata di un quadro raffigurante un letto con le lenzuola disfatte. «Suppongo allora che la prossima volta sarà il mio turno in fatto di presentazioni.»
«Soltanto se lo vorrai. Non abbiamo fretta.» Si avvicina e mi prende le mani tra le sue. «Sono certa che saprai riconoscere il momento.»
Abbasso gli occhi sulle nostre dita intrecciate. «Ho il terrore che tu riponga troppa fiducia in me.»
Scuote la testa. «La mia non è fiducia. Io credo in te. E credo in noi.»

Filo stringe le dita attorno ai capelli del ragazzo legato alla sedia, gli solleva la testa. «Signori, vi presento Giulio
La gola mi si chiude.
La mia ragazza è davanti a me. Mi fissa, ma non mi vede.
Filo lascia la presa e si pulisce la mano sui jeans. «Girano voci sul nostro amico. Beh, alcune non sono proprio voci. Tipo il fatto che gli piaccia vestirsi da donna.» Indica un mucchietto di vestiti a lato della sedia, gli stessi che Giulia indossava ieri notte. «Il problema è che a quanto pare gonna e rossetto non gli bastano più. No, a lui ora piacciono anche i ragazzini. Dico bene, Giulio?»
Giulia solleva la testa e sorride. Uno degli incisivi è spezzato. «Mi spiace deluderti, ma a me interessano soltanto i cazzi dei veri uomini. Se ti abbassi i pantaloni te lo dimostro… Oh, stupida che sono. Dimenticavo che qui il ragazzino sei tu.»
Filo scoppia a ridere. Col pollice indica Giulia e guarda i suoi amici. «Simpatica, vero?» Il sorriso si piega in una smorfia di disgusto e col dorso della mano la colpisce in pieno volto. Il cane inizia ad abbaiare. «Devo riconoscere che ne hai di palle, per essere una checca.»
Il tizio col pitbull si avvicina ai vestiti di Giulia e fruga nelle tasche, mentre quella merda di cane le annusa un piede mostrando i denti. «Chissà se ne avrà ancora dopo aver dato un’occhiata a questo.»
Il tizio armeggia con qualcosa, ma Filo glielo strappa dalle mani.
Gli occhi di mio fratello incrociano i miei. In mano tiene il cellulare di Giulia.
Sono fottuto.
Lo accende. Fa una smorfia. «Suppongo tu non sia interessato a condividere il tuo pin, vero?»
Giulia risponde mandandogli un bacio.
«Come preferisci.» Filo lascia cadere il cellulare e lo colpisce più volte col tacco dello scarpone fino a spaccarlo. «Non importa. È tempo di regali.» Infila la mano sotto la giacca e mi porge il pacchetto.
Le mani mi tremano. «Filo, cos’è sta follia?» gli sussurro.
«Zitto e scarta.»
Rompo una delle pieghe laterali e strappo la carta, svelando una scatolina anonima in cartone. Appoggio i pollici sulla linguetta di chiusura e la sgancio. All’interno trovo un portachiavi in acciaio a forma di teschio con le orbite cave.
Prima che possa dire nulla, Filo prende il portachiavi e butta via la scatola. «Distendi le dita.» Mi prende una mano e infila medio e anulare all’interno delle orbite del teschio. «Ora richiudi.» La fronte scompare nel palmo, lasciando visibili soltanto i denti.
Osservo il tirapugni stretto tra le mie dita senza riuscire a dire nulla.
Filo mi prende la testa tra le mani e mi obbliga a guardarlo. «Non avere paura. Io sarò sempre al tuo fianco. So che farai la scelta giusta.» Mi abbraccia e avvicina la bocca al mio orecchio. «E poi mica vorrai che la gente pensi che sei frocio?» Lascia la presa, si fa da parte.
«Picchia! Picchia!» gridano i suoi amici.
Avanzo.
Giulia è di fronte a me. Sulle guance le lacrime sciolgono il sangue rappreso. Eppure sorride, non so dire se per sfida o perché mi abbia riconosciuto sotto il passamontagna.
«Picchia! Picchia!» I piedi battono per terra.
La guardo e come quella prima volta mi sento piccolo.
«Picchia! Picchia!»
Vorrei dirle che andrà tutto bene, che è tutto uno scherzo, che stasera andremo da Dani e Matteo e che passeremo la sera a parlare di musica e di futuro.
«Picchia!Picchia!Picchia!»
Vorrei dirle che è bellissima e che la amo e che anch’io credo in noi.
«Picchiapicchiapicchia!»
Vorrei dirle tante cose.
Invece sollevo il braccio e inizio a colpire.
Ultima modifica di Alessandro -JohnDoe- Canella il mercoledì 3 marzo 2021, 23:47, modificato 8 volte in totale.


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Re: Wish you were here (Alessandro Canella)

Messaggio#2 » mercoledì 3 marzo 2021, 11:39

Tema: Io credo in te
La fiducia di due persone si riversa sul medesimo soggetto. Ma cosa succede, se le loro verità non sono compatibili l'una con l'altra?

Bonus a cui punto:
Bonus 1: Flashback che arricchisca la trama
Bonus 2: Almeno una scena di sesso violento, ma non gratuito
Bonus 3: Almeno una scena con un cane

In merito al bonus 2, sono il primo a ritenere il fattore "violenza" non del tutto presente (quantomeno per come concepisco l'idea di sesso violento), tuttavia aggiungere ulteriore durezza alla scena l'avrebbe a mio avviso snaturata, rendendola gratuita, appunto. Detto questo, qualora tale bonus non venisse ritenuto rispettato, non avrò obiezioni al riguardo.
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Re: Wish you were here (Alessandro Canella)

Messaggio#3 » domenica 7 marzo 2021, 21:47

Prime Impressioni: Ciao Alessandro, eccomi chiamato a commentarti ancora. Appena finito di leggere il tuo racconto le mie impressioni sono state molto positive. Anche se durante la lettura ho sbadigliato qua e là, la conclusione, col twist e la tragedia di un ragazzo che non riesce a diventare uomo, mi ha lasciato qualcosa cui pensare, e quando un racconto fa così è sintomo che è ben riuscito.

Aderenza al Tema: La minuziosa spiegazione che hai fornito nel tuo post (sigh) spiega bene le tue intenzioni: approvo tutto. Il sesso non è violento, quindi non so se ti darei il bonus. In effetti, non so nemmeno io come avresti potuto infilare una scena di sesso violento qui, a meno che (la butto lì) ci sia violenza sessuale oltre che fisica nella scena finale. Comunque mi piace così, la storia che hai descritto funziona bene così com’è. Punto.

Punti di Miglioramento. Sinceramente, non so cosa consigliarti per andare a migliorare il tuo racconto, che per quanto mi riguarda è già ben sviluppato. Ad andare proprio a cercare qualcosa: è un po’ una presa in giro che un pdv in prima non noti alcun tratto mascolino in Giulia, e non lo riveli quindi al lettore. So che hai voluto tenere tutto per il finale, però la cosa stride un po’. Lasciamo stare le scene in cui il pdv ha accettato la sessualità ambigua di Giulio/a, però, appena la conosce tra i cassonetti, deve notare qualcosa, e ce lo deve riferire… hai un po’ rotto il patto narrativo, con questo narratore inattendibile. Comunque, non lo vedo un grosso problema pratico, ma più filosofico.

Punti di Forza. Ho sorriso nel notare in più occasioni la rottura delle regole di show don’t tell. Credo intenzionale, visto che hai dimostrato di usare questa tecnica molto bene in altre occasioni. Secondo me queste piccole intromissioni di raccontato qua e là non snaturano la narrazione, perché il tuo pdv è saldo e non ci trovo sbavature. Dal punto di vista della narrazione, quindi, nessun problema (a parte la sega mentale del punto precedente). Il tema che hai scelto di esplorare è reso molto bene, magari avrei sacrificato qualcosa per introdurre un po’ di spazio per approfondire il conflitto interiore nella fase finale, che mi sembra un po’ sbrigativa. L’idea in sé è il punto di forza del racconto, e il modo in cui l’hai sviluppata mi sembra buono.

Conclusioni. A mio avviso il tuo racconto ha sicuramente le possibilità per passare il turno, e il posizionamento nella mia classifica ricalcherà questa mia convinzione. Bravo, ottimo lavoro.

Analisi riga per riga.
Qui ci sarà poca roba, un po’ perché è tardi e sono stanco, un po’ perché ho trovato solo un paio di minuzie che cambierei, perché nel complesso il racconto è scritto molto bene. Intanto ti segnalo questo, poi magari ci do un’occhiata più approfondita a mente fresca nei prossimi giorni.

Il poster di Cristiano Ronaldo che esulta a petto nudo dopo il goal nella finale di Champions del 2014 mi dà il buongiorno dal soffitto.
Ecco: da qui in poi il tuo pdv mi sta sul c**zo. :) Scherzi a parte, decidi tu se attirarti le ire di tutti i lettori anti-juventini che troverai… io non rischierei di scegliere un protagonista gobbo.
Comunque, con quello che viene fuori dopo, capisco perché il pdv è affascinato da ‘sto bel giovinotto col petto nudo…

Sto per uscire, che incrocio Filo in corridoio.
Perché c’è quel “che”? Un po’ gergale come frase, la correggerei…

Attraverso la strada e m’immetto in via Zara, che da lì posso tagliare in linea retta se passo dal parcheggio del Lidl.
Idem come sopra. Poi io sempre detto “La Lidl”, ma penso che questo cambi da zona a zona.

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Re: Wish you were here (Alessandro Canella)

Messaggio#4 » domenica 7 marzo 2021, 23:18

Ciao Mentis.
Innanzitutto grazie dell'approfondito commento. A tal proposito, mi soffermo sulle criticità da te rilevate, prima di tutto il discorso sul PDV.

Innanzitutto, questo racconto è stato il mio primissimo esperimento con un narratore inaffidabile. Credo che la scelta sia dipesa da uno scambio di commenti proprio su tale argomento intrattenuti durante l'ultimo MC. Quello scambio di battute mi ha fatto pensare "ehi, e se alla prima occasione lo provassi pure io questo benedetto narratore inaffidabile"? Questo per dire che sono il primo a essere convinto di non essere riuscito a padroneggiarlo al meglio. In particolare proprio la scena del primo incontro tra Lucio e Giulia mi ha messo in terribile difficoltà. All'inizio ho persino tentato di scriverla tutta attraverso termini neutri, ma in alcuni passaggi l'impossibilità di usare termini apertamente maschili o femminili rendeva quelle frasi a dir poco forzate, al limite dell'incomprensibile. Sono quindi d'accordo con te che avrei dovuto accennare a qualche tratto mascolino senza però far capire il sesso biologico di Giulia. A prescindere che passi il turno, quella è di sicuro una parte da sistemare.
Idem per il finale, allo stato attuale più condensato di come lo avevo pensato all'inizio. In prima stesura avevo anche inserito un rimando alla prima scena del racconto, ma ho dovuto tagliarlo del tutto. Come sopra, anche questo è una parte che urge una revisione.

Questione Ronaldo. Qui ho una confessione da fare. Non ci capisco una mazza di calcio, tanto che sul gruppo di Discord del NaNoWriMo avevo anche chiesto una mini consulenza calcistica. Non solo: nel decidere il soggetto del poster, ho letteralmente cercato su Google i seguenti termini: poster calciatore manzo. Spero che la mia compagna non controlli la cronologia. :D

Riguardo l'uso del "che polivalente" e di Lidl declinato al maschile, sono entrambi errori voluti, proprio al fine d'imitare uno stile di linguaggio più vicino al parlato che allo scritto.

Ancora grazie del commento. Alla prossima.
lupus in fabula

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Re: Wish you were here (Alessandro Canella)

Messaggio#5 » lunedì 8 marzo 2021, 8:33

JohnDoe ha scritto:Ciao Mentis.
Innanzitutto, questo racconto è stato il mio primissimo esperimento con un narratore inaffidabile. Credo che la scelta sia dipesa da uno scambio di commenti proprio su tale argomento intrattenuti durante l'ultimo MC. Quello scambio di battute mi ha fatto pensare "ehi, e se alla prima occasione lo provassi pure io questo benedetto narratore inaffidabile"? Questo per dire che sono il primo a essere convinto di non essere riuscito a padroneggiarlo al meglio. In particolare proprio la scena del primo incontro tra Lucio e Giulia mi ha messo in terribile difficoltà. All'inizio ho persino tentato di scriverla tutta attraverso termini neutri, ma in alcuni passaggi l'impossibilità di usare termini apertamente maschili o femminili rendeva quelle frasi a dir poco forzate, al limite dell'incomprensibile. Sono quindi d'accordo con te che avrei dovuto accennare a qualche tratto mascolino senza però far capire il sesso biologico di Giulia. A prescindere che passi il turno, quella è di sicuro una parte da sistemare.
Idem per il finale, allo stato attuale più condensato di come lo avevo pensato all'inizio. In prima stesura avevo anche inserito un rimando alla prima scena del racconto, ma ho dovuto tagliarlo del tutto. Come sopra, anche questo è una parte che urge una revisione.

Puoi anche lasciare così, non sono un grande esperto quindi non so se c'è veramente bisogno di una revisione. Magari solo nella scena dei cassonetti. Oppure tagliala proprio, c'è comunque il flashback della festa.
Per il finale sì, secondo me devi calcare un po' più la mano: il tuo pdv sta avendo una crisi di identità parecchio pesante e deve prendere una di quelle famose decisioni "irrevocabili" della vita.. però il tutto è sistemato in poche righe.

Questione Ronaldo. Qui ho una confessione da fare. Non ci capisco una mazza di calcio, tanto che sul gruppo di Discord del NaNoWriMo avevo anche chiesto una mini consulenza calcistica. Non solo: nel decidere il soggetto del poster, ho letteralmente cercato su Google i seguenti termini: poster calciatore manzo. Spero che la mia compagna non controlli la cronologia. :D

Grande! :) Nemmeno io in realtà me ne intendo granché. Il NaNoWriMo che spesso citate mi incuriosisce e mi affascina non poco. Un giorno magari se ti va ti chiederò di raccontarmi la tua esperienza, anche se non so se sarò mai così coraggioso di provarci.

Riguardo l'uso del "che polivalente" e di Lidl declinato al maschile, sono entrambi errori voluti, proprio al fine d'imitare uno stile di linguaggio più vicino al parlato che allo scritto.

Se sono cose volute, allora a posto.

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Giovanni Attanasio
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Re: Wish you were here (Alessandro Canella)

Messaggio#6 » martedì 9 marzo 2021, 10:53

Ciao, ti lascio questo commento a caldo, dopo aver letto la storia solo una volta e forzandomi a non rileggerla se non prima di votare tra qualche giorno. Nel commento della votazione ti dirò di più, se ci sarà da dire altro.

La stella di Natale tra le chiappe è top, un bell’esempio di come mostrare un personaggio senza troppi fronzoli. Nel “ben svegliato, principessa” avrei tenuto il femminile anche per svegliato. “Carpenter brut”, conosco bene l’individuo!

E quindi Giulia è un Giulio. Ok. Se ci sono degli indizi sparsi per il racconto prima della rivelazione finale, me li sono persi in questa prima lettura. Mettendo per un attimo da parte questo, la narrazione è molto altalenante. Ci sono parti ottime, buona prosa e buono “show”, e altre parti che sono invece passabili. Qualche dialogo mi ha fatto storcere il naso, forse un po’ troppo artificiosi vista la “naturalezza” del contesto e della narrazione.

I flashback, mi pare di averne percepiti due, dovrebbero servire a farci capire cosa sta accadendo (forse i dettagli sul vero sesso di Giulia sono lì e non li ho notati?) ma non so se hanno funzionato. Seppur ci sia un avanzamento e dinamismo nel testo, ho l’impressione che la storia si sarebbe potuta dimezzare in lunghezza e il risultato sarebbe stato identico se non migliore.

Ho visto molto la questione della fiducia tra i fratelli, e anche quella di Giulia riposta nel protagonista. A ripensarci, il fratello ha un po’ da subito quei modi da faccia di merda, e questo giustifica il suo percorso verso l’obbligo a cui sottopone il protagonista. E forse il problema è proprio nel protagonista, gli manca qualcosa. In questa lettura non ho percepito la sua voce, è rimasto molto passivo.

Di sicuro una delle storie che dovrò rileggere con attenzione in fase di valutazione per farmi un quadro molto preciso.

Fammi sapere quali erano le tue intenzioni con la storia e io le confronterò con ciò che ho recepito per farmi un’idea precisa.
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Re: Wish you were here (Alessandro Canella)

Messaggio#7 » martedì 9 marzo 2021, 13:22

Ciao Giovanni e grazie del commento. Ci ho trovato un paio di spunti molto interessanti su come migliorare la storia e la percezione di essa.

Giovanni Attanasio ha scritto:La stella di Natale tra le chiappe è top, un bell’esempio di come mostrare un personaggio senza troppi fronzoli. Nel “ben svegliato, principessa” avrei tenuto il femminile anche per svegliato. “Carpenter brut”, conosco bene l’individuo!

Sì, ammetto di essermi divertito a buttare nel racconto un po' di pezzi che fanno parte del mio repertorio di gusti musicali. :D
Riguardo l'appunto sul ben svegliato/a, è un ottimo suggerimento! Farebbe intuire che Filo è a conoscenza dell'omosessualità del fratello, senza però far capire che la disapprova. Mi piace.

Giovanni Attanasio ha scritto:E quindi Giulia è un Giulio. Ok. Se ci sono degli indizi sparsi per il racconto prima della rivelazione finale, me li sono persi in questa prima lettura. Mettendo per un attimo da parte questo, la narrazione è molto altalenante. Ci sono parti ottime, buona prosa e buono “show”, e altre parti che sono invece passabili. Qualche dialogo mi ha fatto storcere il naso, forse un po’ troppo artificiosi vista la “naturalezza” del contesto e della narrazione.

No, nel brano non ci sono indizi, in quanto, per come ho concepito il senso della storia, non servono. Agli occhi di Lucio, Giulio non esiste. E lo stesso vale per la percezione che Giulia stessa ha di sé (la vecchia questione sesso biologico VS genere). La "scoperta" di Giulio è pertanto una sorpresa per il lettore, ma non per il portatore di PDV. Detto questo, come scritto nel commento a Mentis, durante il primo flashback in verità qualche "indizio" (se così vogliamo chiamarlo) servirebbe.

Giovanni Attanasio ha scritto:I flashback, mi pare di averne percepiti due, dovrebbero servire a farci capire cosa sta accadendo (forse i dettagli sul vero sesso di Giulia sono lì e non li ho notati?) ma non so se hanno funzionato. Seppur ci sia un avanzamento e dinamismo nel testo, ho l’impressione che la storia si sarebbe potuta dimezzare in lunghezza e il risultato sarebbe stato identico se non migliore.

Sul fatto che la storia sarebbe potuta risultare addirittura migliore senza i flashback non mi trovi d'accordo. Avevo bisogno di creare un contrasto tra le due persone più vicine a Lucio. Solo che una si muove attivamente nel presente della narrazione, l'altra no, essendo stata rapita. Senza i flashback sarebbe stato impossibile creare empatia nei confronti di Giulia e l'intera scena finale ne sarebbe risultata depotenziata (al di là del fatto che è da migliorare, e su questo non ci piove). Non solo: l'intero racconto è disseminato da azioni a "specchio" tra Filo e Giulia. Entrambi gli mollano uno scappellotto quando fa il sarcastico, entrambi lo portano a una "festa" piena di sconosciuti, entrambi manifestano la loro fiducia nei suoi confronti toccandolo (Giulia prendendogli le mani, Filo la testa) ecc. Ho cercato insomma di creare un gioco a scatole cinesi; che poi ci sia riuscito o no, è tutto un altro discorso. :)

Giovanni Attanasio ha scritto:Ho visto molto la questione della fiducia tra i fratelli, e anche quella di Giulia riposta nel protagonista. A ripensarci, il fratello ha un po’ da subito quei modi da faccia di merda, e questo giustifica il suo percorso verso l’obbligo a cui sottopone il protagonista. E forse il problema è proprio nel protagonista, gli manca qualcosa. In questa lettura non ho percepito la sua voce, è rimasto molto passivo.

La sensazione che hai provato verso Lucio è esattamente quello che volevo. Lucio è effettivamente passivo. Cresciuto in una famiglia di estrema destra, ha paura ad accettare del tutto la sua omosessualità (nella prima scena faccio intuire che non ha nemmeno mai praticato sesso orale a Giulia). Insomma, ho cercato di creare il percorso di crescita (estremizzato e sopra le righe, certo) di un omosessuale represso, di quelli che di giorno lanciano anatemi a salvaguardia della famiglia tradizionale e poi la nonna sono assidui frequentatori di orge gay (ogni riferimento a József Szájer è puramente casuale :D).
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Re: Wish you were here (Alessandro Canella)

Messaggio#8 » martedì 9 marzo 2021, 14:26

Giovanni Attanasio ha scritto:Sul fatto che la storia sarebbe potuta risultare addirittura migliore senza i flashback non mi trovi d'accordo. Avevo bisogno di creare un contrasto tra le due persone più vicine a Lucio. Solo che una si muove attivamente nel presente della narrazione, l'altra no, essendo stata rapita. Senza i flashback sarebbe stato impossibile creare empatia nei confronti di Giulia e l'intera scena finale ne sarebbe risultata depotenziata (al di là del fatto che è da migliorare, e su questo non ci piove). Non solo: l'intero racconto è disseminato da azioni a "specchio" tra Filo e Giulia. Entrambi gli mollano uno scappellotto quando fa il sarcastico, entrambi lo portano a una "festa" piena di sconosciuti, entrambi manifestano la loro fiducia nei suoi confronti toccandolo (Giulia prendendogli le mani, Filo la testa) ecc. Ho cercato insomma di creare un gioco a scatole cinesi; che poi ci sia riuscito o no, è tutto un altro discorso. :)

La sensazione che hai provato verso Lucio è esattamente quello che volevo. Lucio è effettivamente passivo. Cresciuto in una famiglia di estrema destra, ha paura ad accettare del tutto la sua omosessualità (nella prima scena faccio intuire che non ha nemmeno mai praticato sesso orale a Giulia). Insomma, ho cercato di creare il percorso di crescita (estremizzato e sopra le righe, certo) di un omosessuale represso, di quelli che di giorno lanciano anatemi a salvaguardia della famiglia tradizionale e poi la nonna sono assidui frequentatori di orge gay (ogni riferimento a József Szájer è puramente casuale :D).


No, i flashback non penso vadano tolti, forse ho espresso male la mia idea. Mi pare di aver detto che ci avrei messo qualche indizio, ma a fronte di quello che hai spiegato è un lato del mio commento che lascia il tempo che trova.

Aspé, quello è il tizio che è scappato dall'orgiona pazzesca? Spero sia lui :D
Da quel che ricordo di questa lettura non mi pare di aver percepito questa omossessualità latente, se non nei comportamenti del fratello che lo insulta (ma quello potrebbe pure essere "normale"). Ma qui il problema potrebbe essere mio, visto che, come puoi immaginare, il mio occhio tende a vedere come normali certi atteggiamenti che per un "uomo duro" sono considerati femminili o poco alpha.
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Re: Wish you were here (Alessandro Canella)

Messaggio#9 » martedì 9 marzo 2021, 19:28

Ciao Alessandro e piacere di leggerti.
Di solito leggo prima tutti i racconti per farmi un'idea del girone prima di cominciare a commentare, ma col tuo racconto ho deciso di fare un'eccezione. Perché? Perché mi ha lasciato qualcosa. Una sensazione di rammarico e dispiacere. Un "no, dai, cazzo, non può finire così" che mi ha fatto venire voglia di commentare a caldo, di non riflettere troppo. Avrò tempo di aggiungere altro se mi verrà in mente.

Arriviamo alla ciccia.
Il racconto mi è piaciuto molto. Mi è piaciuto come lo hai condotto e l'uso dei dettagli che hai dato.
Nella prima scena in cui Lucio incontra Giulia non ho sentito tanta inaffidabilità. Si trova davanti quella che ai suoi occhi è una donna. Che poi per lui lo sia in senso stretto o in senso lato non conta. Se avesse commentato i tratti mascolini ci avresti comunicato che li ha notati con attenzione (che magari l'hanno pure infastidito), in questo modo invece ci comunichi che è a suo agio con quello che vede (non col fatto che sia ferita, ma col suo modo di essere donna). Si sente in colpa per quello che le hanno fatto e questo ci dice tanto di lui, soprattutto quando a fine racconto chiudiamo il cerchio.
A mio avviso va benissimo così.
Nel finale invece avrei speso due parole in più. Ma due. In quei momenti non è che stiamo lì a farci chissà che dilemmi morali. Devo farlo, no, non devo, se lo faccio sono una merda o chissà cosa. Semplicemente scatta qualcosa e si agisce.
Chiaro che dipende da persona a persona, ma ci hai mostrato un Lucio che prende una decisone senza tentennare. Se avessi speso righe e righe a descrivere il suo trip mentale avremmo avuto un altro tipo di Lucio, uno più riflessivo.

Le parole che decidiamo di usare, così come quelle che decidiamo di omettere descrivono la personalità del nostro PDV, soprattutto quando siamo così strettamente nella sua testa.

ho un dubbio su questo passaggio:

«E comunque mi chiamo Lucio, non coso.»


Perchè dice "non coso"? Hai tagliato qualcosa nel testo ed è rimasto per errore o era voluto?

Sto per uscire, che incrocio Filo in corridoio.


Su questo invece sto ancora cercando di capire se mi piace quando vengono usati volutamente certi errori o certi regionalismi o se preferisco che il racconto scorra liscio e corretto grammaticalmente e che certe cose siano presenti solo nei dialoghi.
Non mi sono ancora dato una risposta definitiva. Per ora ho l'assoluta certezza che un condizionale/congiuntivo sbagliato nel corpo del racconto mi fanno chiudere la vena! :P

Un grosso in bocca al lupo, a mio avviso il tuo racconto merita di passare!

A rileggerci presto.

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Re: Wish you were here (Alessandro Canella)

Messaggio#10 » martedì 9 marzo 2021, 23:36

@ Giovanni
Sì, è esattamente lui, l'indiscusso vincitore dell'ambito premio "Faccia da... Ipocrita 2020". :D

Mi sfugge invece l'ultima parte del tuo commento. In che senso non cogli l'omosessualità latente di Lucio? O_o

@ Luca
Innanzitutto grazie delle parole spese per questo racconto. L'essere riuscito a far sedimentare qualcosa a termine lettura per me è già un grosso risultato.

Riguardo "coso", hai ragione. Nella prima stesura Giulia rispondeva a Lucio in malo modo, dicendogli qualcosa tipo "Te ne vuoi andare, coso?", passaggio poi scartato per guadagnare caratteri. Grazie della segnalazione.

PS: No, i congiuntivi sbagliati sono troppo anche per me. Posso accettare di usare un che polivalente o qualche avverbio ad minchiam, ma mai sbagliare (anche se volutamente) un congiuntivo.
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Giovanni Attanasio
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Re: Wish you were here (Alessandro Canella)

Messaggio#11 » mercoledì 10 marzo 2021, 9:14

JohnDoe ha scritto:Mi sfugge invece l'ultima parte del tuo commento. In che senso non cogli l'omosessualità latente di Lucio? O_o


Che l'ho capito alla fine. Ma poco importa, dovrò rileggere il testo prima di votare quindi noterò tutto ciò che mi sono perso. Nulla di grave, sono io che mi esprimo a cazzo come sempre. :)
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Damjen
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Re: Wish you were here (Alessandro Canella)

Messaggio#12 » mercoledì 10 marzo 2021, 11:55

Ciao, piacere di conoscerti :)
Come ho già detto altrove, cercherò di scrivere tutto ciò che sono in grado di capire, e spero soprattutto di dire solo le cose utili (e non una di più).
Il tuo scritto ha, a mio personalissimo gusto, davvero molti pregi rilevanti che vado subito a elencare.

Ciò che mi piace
– I dialoghi sono veloci, credibili, ben separati da beat che aggiungono movimento. Scivolano via in tempo reale, che è un piacere.
– Essendo io una persona un po’ (…introversa?), apprezzo (e invidio) chi riesce a usare i termini (in questo caso proporzionatamente forti) adatti a dare autenticità alla storia. (Io non ce l’ho fatta e ho scritto una scena di sesso che manco le fanfiction adolescenziali…) Quindi ho apprezzato tanto che tu abbia usato proprio i termini più giusti per la situazione. È una cosa talmente importante, che spero di riuscirci presto, a mia volta.
–In poche battute, il padre di Lucio è talmente verosimile da sembrare reale. Un accenno al dolcificante e già gli voglio bene.
– Alla festa, il dialogo sulla scrittura inclusiva è proprio ben proposto, in equilibrio tra slang per addetti ai lavori e parolacce. Sembra davvero ostrogoto parlato tra ostrogoti, proprio per come lo parlerebbero quando sono in relax. Molto verosimile.
–Il colpo di scena è ben preparato e l’epilogo è crudele. Dunque, direi, coraggioso.
– Potrei riassumere il tutto dicendo che ho apprezzato la tua “voce”, la sicurezza con cui la usi.

Ciò che non ho capito
(e qui darò prova di avere sprezzo del mio orgoglio…)
– “Appoggio la schiena sulla portiera dell’auto…” Confesso che alla prima lettura avevo erroneamente immaginato i protagonisti in macchina (ma invece che “sulla” avresti usato “alla”) , tanto che non avevo capito perché lui prendesse freddo al didietro… ‘Naggia a me.
– Al primo stacco, mi sono persa. I nomi erano già quattro (Masi esclusa), e non avevo ancora capito dove posizionare Laura (“Come si chiama… Laura?”, che detta così poteva pure essere che, semplicemente, non si ricordasse il nome di Giulia). In più non ho capito fino all’ultima parola (“Giulia”) se fosse già il flashback o un semplice stacco temporale.

Ciò che, mentre leggevo, mi ha richiesto di interrompere il film mentale per capire
– È una reale bazzecola ma nella frase “Dietro un cassonetto intravedo due gambe”, la parola “dietro” mi ha creato un altro stop (e te pareva?), stavolta visivo. Poiché i cassonetti sono rasoterra, ho scartato il pezzo sotto e ho immaginato due gambe distese, a lato. Ma poi la persona è in posizione fetale, quindi mi sono persa a ritoccare il film mentale.
– È una mia mancanza, ma i riferimenti a canzoni e cantanti (alcuni a me sconosciuti) e alcune citazioni, tipo Colby, mi hanno fatta sentire un po’ smarrita, tipo che mi perdevo dei pezzi per strada. Alla seconda lettura ho fatto tutte le ricerche necessarie, senza però poter colmare tutti i buchi. Mi dispiace di non averti potuto seguire in tutto, mi dispiace sinceramente.

Ciò che secondo me potrebbe essere potenziato
– “…la scrollo sulle spalle…” credo sia scorretto, ma forse mi sbaglio.
– “Filo parcheggia davanti un capannone…” Ho cercato l’uso di “davanti il” al posto di “davanti al” e non è sbagliato, però è sconsigliato. Ma allora è solo una questione di gusti.
– “…mi molla uno buffetto”.


Ricapitolando, ho apprezzato davvero il tuo racconto per quanto è dinamico, cioè complesso e vivido. Però altre cose mi hanno messa in difficoltà, e quindi mi è dispiaciuto di non riuscire a stare al passo. La cosa è, comunque, molto stimolante, quindi… grazie :)
Spero davvero di essere stata meticolosa solo fino al punto di utilità. Mi scuso sinceramente per tutto il resto.
Ciao :)

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Re: Wish you were here (Alessandro Canella)

Messaggio#13 » mercoledì 10 marzo 2021, 13:04

Giovanni Attanasio ha scritto:
JohnDoe ha scritto:Mi sfugge invece l'ultima parte del tuo commento. In che senso non cogli l'omosessualità latente di Lucio? O_o


Che l'ho capito alla fine. Ma poco importa, dovrò rileggere il testo prima di votare quindi noterò tutto ciò che mi sono perso. Nulla di grave, sono io che mi esprimo a cazzo come sempre. :)


No, scusa, in questo caso sono io a essere tordo. ^_^''
Sì, hai ragione nel dire che non si colgono elementi che denotino l'omosessualità del protagonista, ma anche qui è voluto. Un po' per evitare l'effetto macchietta (che già mi era sfuggito con Dani e Matteo durante la prima stesura), un po' perché pur essendo un racconto in prima persona, uno dei temi portanti è la percezione che gli altri hanno di noi. Va inoltre detto che in fase di taglio ho dovuto eliminare un passaggio che rende meglio questo concetto e che spero di poter reinserire qualora qualora passassi al secondo turno, quindi ci sta che allo stato attuale il testo non arrivi al 100% come è successo a te. Mea culpa.
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Re: Wish you were here (Alessandro Canella)

Messaggio#14 » mercoledì 10 marzo 2021, 13:31

Ciao Sara e innanzitutto benvenuta in questa gabbia di matti.
Ti ringrazio per il commento estremamente preciso e puntuale. Mi hai fornito parecchi spunti di riflessione, ragion per cui procederò punto per punto.

Damjen ha scritto:Confesso che alla prima lettura avevo erroneamente immaginato i protagonisti in macchina (ma invece che “sulla” avresti usato “alla”) , tanto che non avevo capito perché lui prendesse freddo al didietro… ‘Naggia a me.

Un mio grosso problema è che spesso tendo a dare per scontato che l'immagine dell'ambientazione dentro la mia testa sia la stessa che traspare dalle parole. E' vero: in questo passaggio la disposizione dei personaggi rispetto agli oggetti non è immediata. Vedo se riesco a dare una sistemata.

Damjen ha scritto: Al primo stacco, mi sono persa. I nomi erano già quattro (Masi esclusa), e non avevo ancora capito dove posizionare Laura (“Come si chiama… Laura?”, che detta così poteva pure essere che, semplicemente, non si ricordasse il nome di Giulia). In più non ho capito fino all’ultima parola (“Giulia”) se fosse già il flashback o un semplice stacco temporale.

Il primo flashback è la parte che mi ha fatto penare di più. Hai ragione: troppi nomi in troppo poco spazio. Di sicuro posso eliminare il nome della prof. Vedo anche se si può fare qualcosa per rendere immediato il passaggio a un tempo passato rispetto alla narrazione principale.

Damjen ha scritto: È una reale bazzecola ma nella frase “Dietro un cassonetto intravedo due gambe”, la parola “dietro” mi ha creato un altro stop (e te pareva?), stavolta visivo. Poiché i cassonetti sono rasoterra, ho scartato il pezzo sotto e ho immaginato due gambe distese, a lato. Ma poi la persona è in posizione fetale, quindi mi sono persa a ritoccare il film mentale.

No, non è una bazzeccola. Anche qui hai ragione. Se la posizione è fetale, difficilmente Lucio avrebbe visto due gambe distese. Due possibilità: o elimino la posizione fetale o descrivo in maniera diversa ciò che s'intravede dietro il cassonetto. Ottima osservazione!

Damjen ha scritto: È una mia mancanza, ma i riferimenti a canzoni e cantanti (alcuni a me sconosciuti) e alcune citazioni, tipo Colby, mi hanno fatta sentire un po’ smarrita, tipo che mi perdevo dei pezzi per strada. Alla seconda lettura ho fatto tutte le ricerche necessarie, senza però poter colmare tutti i buchi. Mi dispiace di non averti potuto seguire in tutto, mi dispiace sinceramente.

Come scrivevo qualche commento più su, nel caratterizzare Lucio ho voluto dargli i miei stessi gusti musicali. Pink Floyd a parte, ci sta che gli altri nomi siano di gran lunga meno noti, anche perché non li ho mai chiamati col nome corretto, ma con i nomi dei membri, questo perché nella testa di Lucio è per lui chiaro che Florence è la cantante dei Florence + The Machine o che Sir Bob Cornelius Rifo è il leader dei The Bloody Beetroots.

Damjen ha scritto:“…la scrollo sulle spalle…” credo sia scorretto, ma forse mi sbaglio.

No, hai ragione. E in questo caso l'errore è mio, non di Lucio. Non ho davvero idea di come abbia fatto a scrivere una roba del genere senza accorgermene in fase di revisione. O_o

Damjen ha scritto:“Filo parcheggia davanti un capannone…” Ho cercato l’uso di “davanti il” al posto di “davanti al” e non è sbagliato, però è sconsigliato. Ma allora è solo una questione di gusti.

Qui invece mi sfugge l'errore, visto che io ho scritto "davanti UN capannone". L'unico "errore" qui è l'omissione della formula (più corretta) "davanti A un capannone", ma qui invece l'ho fatto per avvicinare lo scritto al parlato.

Damjen ha scritto:“…mi molla uno buffetto”.

Vero, non è un passaggio bellissimo. Anche qui è meglio se trovo qualcosa di più efficace.

Di nuovo grazie per i molti spunti di miglioramento. :)
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Re: Wish you were here (Alessandro Canella)

Messaggio#15 » sabato 13 marzo 2021, 22:46

Ehi, ma questo è il primo tuo racconto che leggo?, no, mi sa che ne avevo letto un altro, comunque è il primo che devo commentare. Che dire? Una narrazione ottima, davvero. Immagino sia per via dello stile a me congeniale: asciutto, privo di fronzoli inutili. Per le pennellate rapide che tratteggiano caratteri e atmosfere in un momento. Funzionale, veloce e immediato.
Quindi ho davvero poco da suggerirti. Ma veniamo a quel poco: mi serve una semina sulle "sane" abitudini di Filo. Vero è che Lucio non ne sa nulla e che viene introdotto proprio il giorno dopo il proprio compleanno, nella cricca di omofobi/transofobi picchiatori, ma qualche accenno Filippo dovrebbe averlo dato. Una battuta, una cavolata la mattina a colazione, quello che ti pare, ma non può uscirmi da un fianco che fa parte di una banda organizzata di picchiatori. In questa ottica mi porta fuori strada anche la stella di natale nel culo, non è troppo poco macho? magari meglio la classica fiammata con la scorreggia, allora.
Hai scelto di usare un narratore inattendibile, ok. A me sta un po' sulle palle, ma questo non mi ha impedito di godere della storia che hai creato, quindi tanto di cappello.
Così a occhio e croce, mi pare manchino due dei tre elementi fondamentali perché un narratore inattendibile sia tale. Premesso che non me ne frega niente e che il racconto mi va benissimo così, (omofobia troppo ben nascosta di Filippo a parte) ti suggerirei di concentrare i due fattori mancanti nel finale. Alla fine Lucio sa benissimo cosa sta facendo, non vorrebbe farlo, ma si caga in mano e picchia. Credo che un narratore inattendibile avrebbe scaricato tutta la colpa sul fratello e la sua cricca e avrebbe giustificato meglio e con più piglio la propria impossibilità a fare altro. Ribadendo che a me non ha affatto disturbato, proporrei comunque di calcare la mano su come Lucio si senta obbligato, su come soffra nel fare quello che fa, ma proprio non può fare altrimenti.
Ah, con il bonus del sesso violento proprio non ci siamo. ;)
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Re: Wish you were here (Alessandro Canella)

Messaggio#16 » domenica 14 marzo 2021, 22:46

Ciao Polly. Innanzitutto grazie del commento e degli spunti.
Polly Russell ha scritto:mi serve una semina sulle "sane" abitudini di Filo. Vero è che Lucio non ne sa nulla e che viene introdotto proprio il giorno dopo il proprio compleanno, nella cricca di omofobi/transofobi picchiatori, ma qualche accenno Filippo dovrebbe averlo dato. Una battuta, una cavolata la mattina a colazione, quello che ti pare, ma non può uscirmi da un fianco che fa parte di una banda organizzata di picchiatori. In questa ottica mi porta fuori strada anche la stella di natale nel culo, non è troppo poco macho? magari meglio la classica fiammata con la scorreggia, allora.

Sì, è vero. Una mezza idea mi era venuta l'ultimo giorno di consegna, ma prevedeva un po' troppe modifiche per il tempo (e i caratteri) rimasto. Vediamo se con i caratteri bonus del secondo turno riesco a piazzarla.
Polly Russell ha scritto:Hai scelto di usare un narratore inattendibile, ok. A me sta un po' sulle palle, ma questo non mi ha impedito di godere della storia che hai creato, quindi tanto di cappello.
Così a occhio e croce, mi pare manchino due dei tre elementi fondamentali perché un narratore inattendibile sia tale.

Premesso che questo racconto è il primo esperimento in assoluto col narratore inattendibile, per come mi è stato insegnato questo si basa su omissione d'informazioni, alterazione dei fatti e distorsione della realtà (i quali non è detto che debbano sempre coesistere). Ora, suppongo che nel tuo commento tu ti riferisca agli ultimi due punti. Sulla distorsione, nella prima stesura c'era un passaggio nel finale che si ricollegava alla scena iniziale nel parcheggio, ma che ho poi dovuto tagliare per recuperare caratteri. Spero di riuscire a reinserirla nella seconda fase.
Polly Russell ha scritto:Premesso che non me ne frega niente e che il racconto mi va benissimo così, (omofobia troppo ben nascosta di Filippo a parte) ti suggerirei di concentrare i due fattori mancanti nel finale. Alla fine Lucio sa benissimo cosa sta facendo, non vorrebbe farlo, ma si caga in mano e picchia. Credo che un narratore inattendibile avrebbe scaricato tutta la colpa sul fratello e la sua cricca e avrebbe giustificato meglio e con più piglio la propria impossibilità a fare altro. Ribadendo che a me non ha affatto disturbato, proporrei comunque di calcare la mano su come Lucio si senta obbligato, su come soffra nel fare quello che fa, ma proprio non può fare altrimenti.

Giusta osservazione. Un dettaglio che mi è venuto in mente solo a tempo scaduta è il fatto che Lucio non si avvicini a Giulia di sua sponte, ma perché spinto fisicamente (e metaforicamente) da uno degli amici del fratello. Allo stato attuale, non ha molto senso che Lucio si "arrenda" così facilmente e in effetti quello era ed è uno dei passaggi su cui devo lavorare maggiormente.
Polly Russell ha scritto:Ah, con il bonus del sesso violento proprio non ci siamo. ;)

E su questo sfondi una porta aperta. Il fatto è che la scena di sesso era funzionale alla narrazione che avevo in mente, seppur in relazione a quel dettaglio tagliato a cui ho accennato sopra. Trasformarla in una scena violenta non avrebbe però avuto senso visto il carattere passivo di Lucio. A ben vedere, avrei dovuto semplicemente rinunciare al bonus e tanti saluti.

Grazie ancora e alla prossima.

PS: comunque se finisce come sul contest MC, non mi lamento affatto di arrivare alle tue spalle in fase di qualificazione :P
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Re: Wish you were here (Alessandro Canella)

Messaggio#17 » lunedì 15 marzo 2021, 6:12

PS: comunque se finisce come sul contest MC, non mi lamento affatto di arrivare alle tue spalle in fase di qualificazione :P
e ci credo: maledetto!
;p
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Re: Wish you were here (Alessandro Canella)

Messaggio#18 » mercoledì 17 marzo 2021, 22:46

Così come per il racconto postato due mesi fa, anche in quest'occasione lascio una sorta di "changelog" della versione 1.1 realizzata per la semifinale, in quanto, sempre come scritto a suo tempo, nel momento in cui si decide di accogliere una modifica suggerita da altri, quel brano acquisisce una paternità che va oltre l'autore principale. Quindi, ancora una volta, grazie a tutti dei preziosi suggerimenti.

PS: ovviamente ho tralasciato dalla lista tutte le correzioni stilistiche minori.

Scena introduttiva:
- Le dita s’intrufolano tra i capelli di Giulia > Le dita affondano tra i capelli di Giulia

Colazione + incontro con Filo:
- Ben svegliato, principessa > Ben svegliata, principessa (l'uso del solo femminile rende bene come, anche inconsciamente, Filippo non riesca a vedere il fratello come un "uomo")
- Tolto il riferimento a Laura per evitare che il lettore possa pensare erroneamente che Filo in verità stia cercando di ricordare il nome di Giulia.
- Aggiunto dettaglio relativo al portachiavi di Filo, così da far intuire nel finale che si tratta di un oggetto/simbolo comune a tutta la banda.

Primo incontro tra Lucio e Giulia:
- Aggiunti dettagli quando Lucio si addentra nel vicolo per sottolinearne il carattere passivo.
- Corretto il “campo visivo” di Lucio quando intravede i piedi di Giulia dietro il cassonetto.
- Tolto il secondo riferimento alla Masi per non creare confusione.

Arrivo di Lucio e Filo al capannone:
- Piccola modifica al dialogo tra Lucio e Filo prima di entrare nel capannone.
- Lucio ora, prima di entrare, controlla una seconda volta il cellulare, trovando le spunte dei messaggi ancora grigie.

Scena finale:
- Nuovo spezzone di dialogo per Filo che va a collegarsi, indirettamente, alla scena iniziale, così da "giocare" sul tema dell'apparenza e sul fatto che per tutto il racconto ho fatto pensare al lettore che Giulia sia davvero una donna.
- Ora Lucio non si muove di sua sponte verso Giulia, ma viene spinto verso di essa. Ho anche modificato leggermente la progressione dei suoi pensieri tra un "picchia picchia" e l'altro.
lupus in fabula

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