Non chiamatemi prof.

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filippo.mammoli
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Non chiamatemi prof.

Messaggio#1 » lunedì 15 marzo 2021, 23:34

Martina non sentiva neppure le urla che Fabrizio, il suo ragazzo, le stava lanciando da una decina di metri di distanza. Era rimasta indietro e lui aveva creduto che si fosse fermata davanti alla vetrina di un negozio di abbigliamento.
«Cosa fai lì imbambolata, hai visto la Madonna?»
La ragazza non rispose né si voltò. Sembrava ipnotizzata. L'oggetto di tanta attenzione era un uomo che sembrava sulla sessantina, ma non era facile indovinarne l'età, visto com'era ridotto. Nonostante fosse marzo, appoggiava i piedi nudi sul pavimento lastricato di piazza della Repubblica a Firenze e indossava un paio di jeans consumati, tagliati poco sotto il ginocchio. Completava la mise un vecchio piumino rosso sbiadito, raccolto da chissà quale discarica. La cosa che più risaltava del suo aspetto però, era la barba lunghissima, incolta e punteggiata qua e là da macchie di sugo e altri avanzi di cibo raggrumati. I pochi capelli rimasti ai lati e nella parte posteriore della testa, si raccoglievano in una lunga ed esile coda che arrivava a metà della schiena. Si muoveva disegnando cerchi, come un leone in gabbia. Nei piccoli occhi neri però, a tratti, brillava una luce intensa e malinconica.
Un ragazzo sui diciotto anni, davanti a Martina, dimostrò di conoscerlo. Mise la mano destra tesa a lato della bocca.
«Canto quinto dell'Inferno, prof.!»
Il barbone si voltò di scatto e Martina arretrò di un passo, impaurita.
«Non chiamatemi prof!» urlò «quell'uomo non esiste più. Se volete, posso raccontarvi qualcosa di Dante, ma non così, a comando. Non sono un juke box letterario, io. I' mi son un che, quando Amor mi spira, noto, e a quel modo ch'e' ditta dentro vo significando.»
Martina si rivolse al giovane di fronte.
«Lo conosci?»
«Lo seguo da un paio di mesi, vengo tutte le domeniche. Ho scoperto che era un professore, un dantista famoso, caduto in disgrazia dopo il divorzio.»
Fabrizio si avvicinò alla piccola folla, visto che la sua ragazza non dava cenno di volersi allontanare da quello spettacolo.
«Si può sapere cosa c'è di tanto interessante da guardare?»
Martina si voltò appena verso di lui.
«Sssh!» gli disse, e accompagnò il suono con il dito indice davanti al naso.
«Non dirmi che vuoi stare a vedere quel relitto d'uomo.»
«Ad ascoltare» precisò lei.
Il barbone si sedette e bevve un'ampia sorsata della bottiglia di birra appoggiata sul bordo del marciapiede.
Fabrizio prese Martina per un bracciò e la strattonò.
«Dai, andiamo, cazzo. Ora basta con questo barbone di merda!»
Lei sfilò il braccio e si allontanò.
«Vai pure, io resto qui.»
Fabrizio tornò indietro e avvicinò la bocca all'orecchio della sua ragazza.
«Un uomo senza dimora ha perso le sue radici e non vale più nulla.»
Si voltò e se ne andò di passo svelto.
Martina avanzò verso la calca superando due o tre persone per arrivare in prima fila. Il barbone la notò e alzò lo sguardo. Si alzò in piedi e fece un passo avanti.
«Buonasera signorina.»
«Buonasera.»
«Le interessa Dante?»
«S-s-sì» balbettò «domani ho l'interrogazione d'Italiano e abbiamo fatto il canto ottavo dell'Inferno...»
«A Filippo Argenti!» l'urlo del barbone esplose come un boato e fece sobbalzare tutti gli spettatori. Dopo una pausa, il professore di strada iniziò a camminare in cerchio e riprese a parlare.
«E' l fiorentino spirito bizzarro in sé medesmo si volvea co' denti. Non ti racconterò di chi fosse questo personaggio né del motivo per cui Dante abbia goduto così tanto nel mostrarci la violenza di questa scena, una delle più crude dell'Inferno. Lo sanno tutti. Preferisco porre l'accento su quello che ha cercato di fare questo bullo del medioevo, con la confisca dei beni di Dante dopo il suo esilio. Ha tentato di recidere definitivamente le radici del Poeta. Ma Dante, senza mettere più piede a Firenze, l'ha resa eterna e ha dimostrato quanto fosse attaccato a quella città.»
Martina annuì.
«Le radici di un uomo non sono un fatto fisico, non sono delle propaggini che dai piedi si collegano al terreno della proprietà che custodisce gelosamente.»
Si fermò di fronte a Martina e toccò la sua testa con il dito indice.
«Le radici sono quello che decidiamo di tenere del nostro passato, dopo aver lasciato andare tutto ciò che ci impedisce di staccarci da terra e di volare.»



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antico
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Re: Non chiamatemi prof.

Messaggio#2 » lunedì 15 marzo 2021, 23:36

Ciao Filippo! Caratteri e tempo ok, buona SARA SIMONI EDITION!

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Antonio Pilato
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Re: Non chiamatemi prof.

Messaggio#3 » martedì 16 marzo 2021, 12:28

Ciao Filippo, è stato un piacere leggerti.

Il racconto segue una logica personale coerente col tema e attraverso una lettura scorrevole e ben comprensibile. Visto ciò che il barbone afferma sul finale il tema risulta rispettato, anche se non in perfetta linea col titolo del tuo lavoro.
Tu apparterrai alla città in cui è nato il Sommo, io vivo nella città in cui è morto, ma devo ammettere che, al di là della valenza prettamente ‘poetica’ del discorso che il barbone fa nel finale, non sono riuscito a cogliere significati particolarmente originali o anche solo ‘strani’…mi dispiace.

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filippo.mammoli
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Re: Non chiamatemi prof.

Messaggio#4 » martedì 16 marzo 2021, 12:48

Ciao Antonio,
Ti ringrazio del commento.
Quanto all'orginalità, chissà, forse hai ragione, anche se questo può dipendere dal gusto e dalla cultura personale. Ho cercato di declinare il tema in modo originale, questo sì, ma non sta a me dire quanto e se ci sia riuscito. Riguardo alla stranezza convengo con te non ci sia nulla di strano, né ho fatto in modo che ci fosse. Non voglio però spiegare cosa dovesse arrivare, perché il racconto sta lì per questo e deve parlare da solo.

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Debora D
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Re: Non chiamatemi prof.

Messaggio#5 » venerdì 19 marzo 2021, 14:33

Ciao Filippo e piacere di leggerti e commentarti,
mi sono sentita tirata in causa con questo titolo! Scherzi a parte il racconto ci presenta un vecchio insegnante che ha perso un po’ di ragione e ne ha mantenuta altra. Qualsiasi riferimento dantesco mi capiti sott’occhio io lo amo e quindi ho apprezzato, però i discorsi del professore sono lunghi e tanto didascalici. Fa proprio la lezione che non sempre riesco a calare nel contesto e nella realtà.

Sai che sono una fan della scrittura immersiva, ma apprezzo anche una buona terza persona, ritengo che sia molto più difficile da gestire in modo coerente ed efficace, richiede più spazio e più cura e mi è difficile anche entrarci dentro da lettrice. Ti scrivo che effetto mi fa, sperando che la cosa sia utile.
Prendiamo questo passaggio.
Martina non sentiva neppure le urla che Fabrizio, il suo ragazzo, le stava lanciando da una decina di metri di distanza.
Incipit che mi fa chiedere, il racconto focalizzerà su Martina o su Fabrizio? A giudicare dalla prima frase mi sembra che la risposta sia Fabrizio perché è l’unico in grado di rendersi conto che sta gridando e che lei non lo sente.
lui aveva creduto che si fosse fermata davanti alla vetrina di un negozio di abbigliamento.
Anche questo è una conferma. Mi schiero con Fabrizio, solo lui può farsi tale opinione.
La mia impressione però viene confutata dal resto del racconto, infatti sarà Martina in relazione con il professore a essere il fulcro. Ma non sono del tutto sicura, forse è il professore il fulcro?
Insomma, leggendo ho avuto un po’ di difficoltà a posizionarmi e quindi a focalizzare. A che mi serve avere un fulcro chiaro? Perché mi fisso sul chi? Perché mi piace empatizzare il più possibile e scivolare fra un’immagine e l’altra come se fossi dentro al personaggio. Qui siamo nel campo del gusto oltre che delle scelte stilistiche.

Bello il parallelismo fra l'uomo scalzo e Dante. Il Sommo poeta sembra aver perso le sue radici a causa dell’esilio e, invece, non le ha mai perse, così come il personaggio le ha perse secondo la società ma non dentro di sé.
Martina è attratta da lui perché ha una verifica e quindi approccia la letteratura in termini materiali, però per il colto clochard la Commedia e Dante sono diventati la vita.
Tutto molto profondo e intenso.
Lo avrei amato ancora di più con una densità più stringata dei concetti.
«E' l fiorentino spirito bizzarro in sé medesmo si volvea co' denti. Non ti racconterò di chi fosse questo personaggio né del motivo per cui Dante abbia goduto così tanto nel mostrarci la violenza di questa scena, una delle più crude dell'Inferno. Lo sanno tutti. Preferisco porre l'accento su quello che ha cercato di fare questo bullo del medioevo, con la confisca dei beni di Dante dopo il suo esilio. Ha tentato di recidere definitivamente le radici del Poeta. Ma Dante, senza mettere più piede a Firenze, l'ha resa eterna e ha dimostrato quanto fosse attaccato a quella città.»
La battuta è molto lunga. Mi sarebbe piaciuto qualche gesto per renderla più viva. Ho fatto l'esperimento di leggerla senza la frase sottolineata e mi è sembrata funzionare di più. Se lui ha lasciato la via del professore, via anche alle premesse accademiche.

Minuzie:
E' -> dove sta l'accento?

Dialoghi:
Martina si rivolse al giovane di fronte.
«Lo conosci?»
-> la battuta sulla stessa riga? visto che è Martina a rivolgersi e il verbo fa da avvio alla battuta stessa.
Fabrizio prese Martina per un bracciò e la strattonò.
«Dai, andiamo, cazzo. Ora basta con questo barbone di merda!»
Lei sfilò il braccio e si allontanò.
«Vai pure, io resto qui.»

Stesso discorso per queste battute. Creare un capoverso battuta formato da azione di avvio e battuta insieme aiuta il lettore a immaginarsi la scena e rende automatico il riconoscimento di chi parla. L’andare a capo indica l’inizio di una nuova sequenza quindi in automatico ogni volta devo rilocalizzare chi parla.

Conclusione: Dante è sempre Dante e dunque anche rischioso, infatti il racconto rischia di reggersi solo sull’auctoritas, però mi piace come hai svicolato il pericolo con il confronto tra il poeta e il senzatetto. Il punto debole per me sta nella focalizzazione incerta dell’inizio, questione personale mi rendo conto. Altro punto: la lunga battuta didascalica.

Spero di esserti stata utile,
alla prossima e buona sfida!

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filippo.mammoli
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Re: Non chiamatemi prof.

Messaggio#6 » venerdì 19 marzo 2021, 15:41

Ciao Debora,
grazie del commento. Quando le osservazioni sono così circostanziate e motivate, fanno solo piacere.
Riguardo al punto di vista, a cui cerco di prestare attenzione, avrebbe dovuto essere quello di Martina.
È vero che all'inizio sembra focalizzato su Fabrizio.
Il professore barbone hi voluto che parlasse prorpio da professore, sebbene non ami più quell'appellativo che lo rimanda a una vita che non ha più.
Ma a parte le tue giustissimo osservazioni, sono contento che sia arrivato il messaggio e il parallelo/contrasto tra il Poeta e il barbone.

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Proelium
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Re: Non chiamatemi prof.

Messaggio#7 » venerdì 19 marzo 2021, 16:33

Ciao Filippo,
il mio è un commento da intruso che non ci azzecca nulla con classifica o altro, ma a me il racconto è arrivato. Ci sarà anche bisogno di qualche colpo di lima, ma dice tanto a chi ha voglia di ascoltare. Ce ne fossero di più, di frammenti di realtà capaci di farci riflettere.

P.S. Al posto del richiamo a Inferno V, saresti stato ancora più quadrato con Caronte. Si sarebbe fuso meglio all'immagine del dantista-saltimbanco.

In bocca al lupo, fine dell'intrusione!
Francesco

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Hayà
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Re: Non chiamatemi prof.

Messaggio#8 » sabato 20 marzo 2021, 12:33

Ciao Filippo, è un piacere rileggerti.

Tutto sommato, un testo che mi ha sorpreso. Ho veramente apprezzato come hai inserito il tema e come vengono mostrati i due punti di vista diversi (quello di Fabrizio e quello del professore).
La descrizione iniziale del professore l’ho trovata molto azzeccata e perfettamente visualizzabile. Complimenti.

Detto questo, però, ho un paio di note dolenti riguardo un paio di "spiegazioni" (il fatto che Fabrizio pensava che la ragazza si fosse fermata di fronte a un negozio di abbigliamento, il ragazzo che “dimostra di conoscere” il prof) che rallentavano la lettura.
Un’altra piccola nota: in un primo momento, dalla descrizione del prof non viene nominata nessuna folla di persone accanto a lui. Eppure, quando Martina si avvicina, deve “avanzare la calca” per arrivare prima in fila e si parla persino di un gruppo di spettatori.

Ma, tutto sommato, è un testo che ho apprezzato, soprattutto per la declinazione del tema. Complimenti!

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Fagiolo17
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Re: Non chiamatemi prof.

Messaggio#9 » sabato 20 marzo 2021, 17:12

Ciao Filippo e bentrovato.
Un racconto infarcito di aneddoti danteschi che gioca in modo interessante sul tema radici.
Questo ex professore barbone mi ha ricordato una persona reale che conoscevo, mi chiedo se ne esista uno così in ogni città...
Questa scena è descritta bene, ricca di dettagli, ma ho trovato poco conflitto che mi spingesse ad arrivare al finale per scioglierlo.
Si tratta comunque di un buon lavoro.
A rileggerci presto.

Dario17
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Re: Non chiamatemi prof.

Messaggio#10 » domenica 21 marzo 2021, 18:26

L'idea di base mi ha acchiappato e il pezzo è uno di quelli che è scorso meglio del tuo gruppo, devo confessarlo.
qualche nota a mio avviso stonata e facilmente migliorabile:
"Nei piccoli occhi neri però, a tratti, brillava una luce intensa e malinconica" troppo abusato questo particolare, un gradino sotto alla cecità di un ipotetico vecchio cantore di strada.

«Dai, andiamo, cazzo. Ora basta con questo barbone di merda!»
«Un uomo senza dimora ha perso le sue radici e non vale più nulla.»
Non è credibile che un adolescente salti da una frase tipica da brufoloso lamentoso a un'aforisma da bacio Perugina. Ci vedo una forzatura per infilare bene il tema nel racconto ma la chiosa finale rende questa frase inutile. Da un fidanzato superficiale, bastava un "vaffanculo" e un'alzata di spalle.
Finale un po' mogio. Capisco il riferimento al fidanzato coglioncello, però ci stava meglio una chiusura più frizzante.
Il tema c'è.

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Emiliano Maramonte
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Re: Non chiamatemi prof.

Messaggio#11 » domenica 21 marzo 2021, 23:08

Ciao Filippo!
Conclusi i miei doveri verso la classifica, ora me la spasso un po' a leggere qualcun altro qua e là. Inizio da te.
Il racconto mi ha spiazzato, nel senso del tentativo ardito di filtrare il tema attraverso un'interpretazione molto rischiosa, Dante Alighieri, ossia un vero monumento italiano della cultura.
Ci sono profondità di contenuti e riflessione e anche la figura del prof/barbone poteva diventare, all'interno della trama, una figura assai affascinante e, a suo modo, monumentale. E' mancato qualcosa. Rispondendo a un commentatore hai detto: "Non voglio però spiegare cosa dovesse arrivare, perché il racconto sta lì per questo e deve parlare da solo." Okay, hai rappresentato un momento, un fotogramma, ma, come sai meglio di me, in narrativa deve sempre succedere qualcosa. Il qualcosa accade, verso metà della trama (si instaura una sorta di momento magico tra la studentessa e il prof), ma questo sviluppo meritava una conclusione con uno scioglimento emotivo forte, incisivo. Provo a proporre. Fabrizio diventa molesto con i suoi insulti e il prof si erge a dargli una lezione verbale, con lo stesso imperioso orgoglio di Farinata degli Uberti nella tomba infuocata del Canto V dell'Inferno.
Per il resto, mi è piaciuto lo stile, pulito e preciso come ormai ci hai abituato ad apprezzare, e mi accodo a chi ha trovato problemi di "focalizzazione" e immersività. Ma non entro nel merito perché questo argomento è oggetto di vastissimi dibattiti.
Buona prova, comunque.

Emiliano.

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SilviaCasabianca
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Re: Non chiamatemi prof.

Messaggio#12 » lunedì 22 marzo 2021, 23:51

Ciao Filippo e piacere di leggerti.
La trama è davvero carina. Apprezzo molto il fatto che ti sia voluto mettere alla prova portando qui un parallelismo con un canto della Divina Commedia: non facile, azzardato, colto. Non posso che apprezzare la scelta.
I personaggi sono ben caratterizzati e la scena che secondo me hai gestito meglio è quella in cui Martina chiede al ragazzo di fronte a sé se conosce l'uomo, il ragazzo risponde e poi arriva Fabrizio chiedendo cosa succede: sei stato cinematografico, elemento che per me è molto importante in un racconto.
A parte questo però ammetto che ho trovato il tutto abbastanza monotono. Fabrizio potevi caratterizzarlo meglio, o meglio potevi rendere meglio il modo in cui avevi scelto di caratterizzarlo, con Martina sei stato più preciso. Il barbone non so: parla sempre di Dante ma non desidera che lo chiamino professore, perché? Sarebbe stato più credibile vederlo gongolare piuttosto, e magari poi si scopriva che non era neanche un vero professore, semplicemente era uno che aveva studiato Dante a memoria ma mancandole qualche rotella non aveva potuto fare carriera. Non che voglia cambiarti la trama però credo che con alcune scelte diversi ci avresti fatto innamorare di più dei personaggi.

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Roberto Bartoletti
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Re: Non chiamatemi prof.

Messaggio#13 » martedì 23 marzo 2021, 12:07

Ciao Filippo, piacere di conoscerti e leggerti.
Ho sempre avuto un debole per i personaggi come il barbone del tuo racconto. Io stesso ne ho conosciuto uno molto simile, che nel pieno di una ciucca necessaria sfoderava citazioni incredibili, provenienti dal suo passato culturale e certamente più felice. Tornando al racconto, apprezzo l’idea e la costruzione del contesto. Ho trovato qualche dialogo un po' forzato, soprattutto la frase di Fabrizio sulle radici. Secondo me potevi farne a meno, visto il modo con cui inserisci comunque il tema nel finale, e lo fai bene. Bella quindi l’analogia tra il senzatetto che tiene stretto il suo amore per quella parte di passato che ama e il Dante esiliato che fa altrettanto. Non è immediatissima, ma secondo me vale il racconto. A presto e in bocca al lupo.

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Andrea76
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Re: Non chiamatemi prof.

Messaggio#14 » martedì 23 marzo 2021, 19:27

Ciao Filippo,
la forza del tuo racconto sta nella peculiarità con cui hai centrato il tema. Ho trovato coraggioso e riuscito il tuo riferimento del “mettere radici” a quel Filippo Argenti che Dante, per bocca di Virgilio, apostrofa come colui che in vita si credeva grande re e all'Inferno è finito come maiale nel fango. Ho trovato la tua una citazione erudita e allo stesso tempo emozionante. Nel tuo racconto manca tuttavia un reale conflitto nel personaggio portatore punto di vista, e come ti è già stato fatto notare il didascalismo delle battute del saggio clochard stemperano la tensione e il pathos durante la lettura. C’è anche un po’ di confusione nella focalizzazione del pdv, laddove nell’incipit mi è sembrato che fosse il ragazzo di Martina il protagonista della storia. Ribadisco comunque di aver apprezzato l’originalità con cui hai affrontato il tema.
A rileggerti.

Red Robin
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Re: Non chiamatemi prof.

Messaggio#15 » mercoledì 24 marzo 2021, 12:01

Ciao Filippo,
Il racconto mi è piaciuto per il modo interessante in cui hai interpretato il tema. Tuttavia, non mi ha convinto del tutto. Ti spiego perché. Il personaggio di Fabrizio è tratteggiato veramente male. Alterna un linguaggio da tipico adolescente stereotipato a espressioni che nessuno userebbe mai nel parlato colloquiale, come "relitto d'uomo". Poi, mentre le riflessioni del dantista nella parte finale del racconto suscitano spunti di riflessione, il commento del ragazzo fa sembrare il tema un po' infilato a forza, come se ci trovassimo di fronte a un minispieghino ("un uomo che ha perso le radici..."), impressione che fortunatamente ribalti nel finale. Lo stile è fluido, non ho trovato particolari intoppi, ma nemmeno motivi di pregio. Il personaggio del professore caduto in disgrazia, considerati i pochi caratteri, è descritto magistralmente, anche nei pochi aspetti di caratterizzazione fisica con cui lo ritrai.
Complimenti, alla prossima!

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antico
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Re: Non chiamatemi prof.

Messaggio#16 » mercoledì 7 aprile 2021, 18:10

Un racconto che mi è piaciuto, ma che presenta alcuni limiti strutturali, soprattutto nella prima parte, di cui non posso non tenere conto. Sulla questione Fabrizio non ripeto quanto già detto da altri, ma lo condivido aggiungendo solo una forte sensazione di forzatura nella sua uscita di scena con quella frase a effetto ben poco contestualizzata dalla situazione, ma molto contestualizzata dalle intenzioni del racconto. Forzato anche il fermarsi di Martina perché poi non si dimostra studentessa di quell'uomo: cosa può averla attratta? Certo, il giorno dopo ha l'interrogazione, ma inizialmente il vecchio prof non fa nulla per richiamare Dante, quindi rimaniamo incagliati sul fatto che Martina si sia fermata perché doveva fermarsi, punto: una forzatura. Da quel punto in poi il testo acquisisce il suo tono e prende vigore. Certo, siamo dalle parti di un racconto con morale forte che non ammette repliche e chiede solo di essere "ascoltato", ma lo fai bene e risulti convincente, più che altro per come decidi di inscenarlo e così si arriva al finale e si rimane con un buon gusto in testa, almeno a me così è successo. Tema ovviamente rispettato. Concludendo, le basi sono estremamente deboli e lo sviluppo buono e gradevole. Per me un pollice tendente verso l'alto in modo solido, ma i margini di miglioramento del racconto sono ancora notevoli, senza richiedere chissà quali interventi.

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