Un luogo dove restare

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Damjen
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Un luogo dove restare

Messaggio#1 » martedì 16 marzo 2021, 0:20

Un luogo dove restare
di Sara Rosini


Quando la ragazza arriva correndo al limitare del bosco, scappando dal ricordo di qualcosa che non si può lasciare indietro, non è la prima volta che lei e il faggio si vedono. Si conoscono da che lei era bambina.
Spesso si era seduta a pescare col padre vicino alle sue radici, che si spingono per bere fino al torrente, proprio dove una grossa roccia piatta ne devia il corso. Erano pomeriggi di risate, quelli, e di scherzi. E poi, tempo dopo, la ragazza e il faggio si erano visti tante altre volte, quando lei ogni tanto era tornata ancora a pescare alla roccia piatta, sulle radici di lui, ma sempre da sola. In silenzio, ferma immobile per ore, a volte doveva essergli sembrata, anche lei, un albero. Un albero prodigioso che sa spuntare e morire nell’arco di un pomeriggio.
Quando lei arriva correndo al limitare del bosco, va a sbattere contro il faggio. Sobbalzano, entrambi, per il colpo. Lei si aggrappa a lui, lo abbraccia come se rischiasse di precipitare indietro. Deve averlo sempre creduto forte, più forte di quanto lui non sia, forse perché a differenza degli abeti che lo circondano, irti di aghi e rami bassi, lui non ha bisogno di nulla intorno a difenderlo.
Lui la sorregge, e nonostante non possa né vedere né capire il dolore di lei, la aiuta a reggerne il peso. Il tronco grigio, levigato e quasi tenero per la giovane età, s’impregna di lacrime. Se lui potesse, le sentirebbe scivolare giù fino a terra, fino alle sue radici. E nonostante tutta la pioggia che lui ha bevuto, e di cui non ha alcuna memoria, si ritroverebbe a scoprire che sapore ha la mancanza.
Ma forse, chissà, forse lui sa. Forse può sentire la ragazza frusciare a un vento sconosciuto che muove solo lei e null’altro intorno, e che è lei stessa a creare, caldo e ritmico. Forse lui può capire che quello non è come il vento che soffia caldo e arrabbiato da sud, che non ascolta il suono dei rami quando li spezza, né come il vento freddo del nord, che non ascolta le foglie che piangono l’arrivo dell’inverno, mentre le strappa una ad una. Sì, forse lui ora sente che quella che lei produce è la più dolce delle brezze, tra tutte quelle che si sono infrante sulla sua corteccia.
Quando arriva il buio, lei com’era venuta se ne va e il tempo prende a girare a due velocità differenti. Mentre lei percorre freneticamente avanti e indietro le strade che compongono la geografia della sua vita, lui mette su una piccola, chiarissima foglia.
Se lui potesse immaginare, o se solo sapesse sognare, desidererebbe immaginare e sognare la ragazza? Desidererebbe che lei stia germogliando? La vedrebbe fiorire? O forse la immaginerebbe frusciare a quel suo tenue vento che non sa muovere null’altro? Si chiederebbe se lei stia piovendo ancora, e su quale altro albero?
Poi lei torna. Qualcosa la riporta lì, dove i pomeriggi erano felici. Poi se ne va e poi torna, e ogni volta che la ragazza, ora donna, e il faggio sono lontani, il tempo si mette a zoppicare: da una parte i passi veloci di lei, dall’altra le lente falcate delle radici di lui. Solo quando sono insieme, il tempo riprende a scorrere nel modo giusto.
Lei comincia ad andare da lui quasi ogni giorno, un’estate. Si siede non troppo lontano, sul largo masso piatto che devia il corso del fiume obbligandolo a girargli intorno. A volte lei legge, altre volte pesca, qualche volta si appisola, ormai stanca. Se potesse vedere il mondo per come scorre per un faggio, forse avrebbe il tempo di scoprire che il sole cambia il suono delle rocce man mano che le scalda, e vedrebbe le stelle nuove accendersi e quelle vecchie spegnersi silenziosamente, insieme a lui. Soprattutto, vedrebbe le radici del faggio allungarsi e i suoi rami flettersi e farsi più rigogliosi, tendersi come braccia ogni giorno di più verso la roccia dove lei si accoccola. Se le fosse dato di vivere quanto un albero, e di scegliere un luogo dove restare, un giorno lontano si ritroverebbe le dita intrecciate alle radici del faggio come mani intrecciate tra innamorati.
Poi lei non viene più. Eppure, nonostante tutto, è una storia d’amore.
Ultima modifica di Damjen il martedì 16 marzo 2021, 0:22, modificato 1 volta in totale.



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Re: Un luogo dove restare

Messaggio#2 » martedì 16 marzo 2021, 0:22

Ciao Sara e benvenuta nell'Arena! Caratteri e tempo ok, buona SARA SIMONI EDITION! Ps: se ancora non ci sei, ti consiglio di entrare nel gruppo fb di Minuti Contati ;)

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Massimo Tivoli
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Re: Un luogo dove restare

Messaggio#3 » mercoledì 17 marzo 2021, 10:31

Ciao Sara,
piacere di leggerti. Sono contento di aver trovato un’altra interpretazione del tema in chiave weird. Io stesso, appena letto il tema, avevo pensato che un weird ci sarebbe stato proprio bene. Poi, va be’, la testa ha deviato verso un genere a me più congeniale…
Ma ritorniamo a te: credo che non serva dirti che hai una scrittura accattivante e poetica, uno stile originale, che a me non dispiace affatto. Il racconto è suggestivo e poetico. Bella l’idea di questa simbiosi tra la ragazza e il faggio, simbiosi che perdura nel tempo, un po’ come un’autentica storia d’amore, come del resto scrivi nella chiusa. La situazione, complice anche la tua prosa affascinante, emoziona il lettore, nella misura in cui lui/lei può avvertire le suggestioni astratte scatenate dalla natura bizzarra (in senso positivo) del legame tra la ragazza e il faggio. Insomma, hai scelto di andare per un racconto situazionale, dove non ci sono personaggi protagonisti, a farla da padrone, ma i veri protagonisti del racconto sono l’idea weird alla base e la tua scrittura (quest’ultima più di tutto il resto). Ecco, diciamo che, per il tipo di lettore che io sono, avrei preferito che la tua scrittura, così bella e particolare, fosse stata messa al servizio di una storia e non il contrario (la situazione al servizio della tua scrittura). Una storia che mi facesse vivere spalla a spalla con questo o con quel personaggio. È come se, in un museo d’arte, io stia contemplando un bel quadro, palesemente fatto bene, che magari mi trasmette pure emozioni fulminee, ma di cui, alla fine, quando magari mi scosto per guardare un altro quadro, non ricordo più niente.
Chiaramente devo ammettere che il mio è solo un parere soggettivo, radicato in chi sono io come lettore, in quelle che sono le mie preferenze narrative, e sono sicuro che per altri lettori, invece, il tuo racconto raggiunga il pieno consenso.
In conclusione, il racconto resta comunque uno dei miei preferiti e, sforzandomi ad astrarre da quelle che sono le mie preferenze e soggettività (cosa che chi è chiamato a giudicare dovrebbe cercare di fare), credo proprio di piazzarlo alto in classifica, per tutti i motivi che accenno nella prima parte del mio commento.

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Signor_Darcy
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Re: Un luogo dove restare

Messaggio#4 » venerdì 19 marzo 2021, 10:41

Bel racconto, quasi una fiaba, che mi ha ricordato subito l’Angelo Branduardi degli anni Settanta – ed è un complimento, sia chiaro. Difetta forse un po’ di trama, ma in fondo penso che sia giusto così.
Bella l’idea di provare a umanizzare l’albero, o quantomeno di immaginare come potrebbe essere, con parti come “tendersi come braccia ogni giorno di più verso la roccia dove lei si accoccola” che, al netto di preferenze lessicali, trovo molto calorose e riuscite.

“In silenzio, ferma immobile per ore, a volte doveva essergli sembrata, anche lei, un albero”: io adoro l’uso esteso delle virgole, però qua mi sembra francamente eccessivo, tanto che la lettura ne risulta rallentata. Un altro esempio evidente è in “Sobbalzano, entrambi, per il colpo”.

“Si chiederebbe se lei stia piovendo ancora, e su quale altro albero?” Bella l’immagine, anche se resa in maniera credo imperfetta, sarebbe più corretto – anche se orrendo – un “facendo piovere”, forse. O qualcosa tipo “se piovesse ancora dai suoi occhi”.

“Poi lei torna. Qualcosa la riporta lì, dove i pomeriggi erano felici. Poi se ne va e poi torna” è un po’ confuso e ridondante.

Mi piace la ripetizione della prima frase anche nel terzo paragrafo, ma l’avrei riportata tale e quale.

MI piace molto l’idea dei tempi diversi dei due protagonisti che però scorrono sincroni quando sono vicini, è molto poetica.

Molto bella la parte sui venti del sud e del nord, davvero, sembra un brano – ancora un’analogia musicale, scusami – di un cantautore delle mie parti, Davide Van De Sfroos, che chiude i suoi album con brevi poesie dedicate al vento. Anche questo è un complimento.

Bello scritto, in definitiva. Soffre un po’ di rallentamenti di lettura e di alcune parti strutturalmente più deboli; ma è stata sicuramente una piacevole lettura.

Ma perché lei poi non viene più? Che le succede? Scappa, prova dolore, questo lo sappiamo; ma forse manca qualche elemento. O forse sono io che non l’ho colto.

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Damjen
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Re: Un luogo dove restare

Messaggio#5 » venerdì 19 marzo 2021, 20:46

Massimo Tivoli ha scritto:Ciao Sara,
piacere di leggerti. Sono contento di aver trovato un’altra interpretazione del tema in chiave weird. Io stesso, appena letto il tema, avevo pensato che un weird ci sarebbe stato proprio bene. Poi, va be’, la testa ha deviato verso un genere a me più congeniale…
Ma ritorniamo a te: credo che non serva dirti che hai una scrittura accattivante e poetica, uno stile originale, che a me non dispiace affatto. Il racconto è suggestivo e poetico. Bella l’idea di questa simbiosi tra la ragazza e il faggio, simbiosi che perdura nel tempo, un po’ come un’autentica storia d’amore, come del resto scrivi nella chiusa. La situazione, complice anche la tua prosa affascinante, emoziona il lettore, nella misura in cui lui/lei può avvertire le suggestioni astratte scatenate dalla natura bizzarra (in senso positivo) del legame tra la ragazza e il faggio. Insomma, hai scelto di andare per un racconto situazionale, dove non ci sono personaggi protagonisti, a farla da padrone, ma i veri protagonisti del racconto sono l’idea weird alla base e la tua scrittura (quest’ultima più di tutto il resto). Ecco, diciamo che, per il tipo di lettore che io sono, avrei preferito che la tua scrittura, così bella e particolare, fosse stata messa al servizio di una storia e non il contrario (la situazione al servizio della tua scrittura). Una storia che mi facesse vivere spalla a spalla con questo o con quel personaggio. È come se, in un museo d’arte, io stia contemplando un bel quadro, palesemente fatto bene, che magari mi trasmette pure emozioni fulminee, ma di cui, alla fine, quando magari mi scosto per guardare un altro quadro, non ricordo più niente.
Chiaramente devo ammettere che il mio è solo un parere soggettivo, radicato in chi sono io come lettore, in quelle che sono le mie preferenze narrative, e sono sicuro che per altri lettori, invece, il tuo racconto raggiunga il pieno consenso.
In conclusione, il racconto resta comunque uno dei miei preferiti e, sforzandomi ad astrarre da quelle che sono le mie preferenze e soggettività (cosa che chi è chiamato a giudicare dovrebbe cercare di fare), credo proprio di piazzarlo alto in classifica, per tutti i motivi che accenno nella prima parte del mio commento.



Ciao Massimo :)
Ti ringrazio davvero per il tuo commento che va a cadere dove effettivamente capisco di non aver ancora cominciato a lavorare, ovvero sulle storie.
La prossima volta saprò (spero) mettere in pratica il tuo consiglio!
Grazie e a presto.

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Damjen
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Re: Un luogo dove restare

Messaggio#6 » venerdì 19 marzo 2021, 21:13

Signor_Darcy ha scritto:Bel racconto, quasi una fiaba, che mi ha ricordato subito l’Angelo Branduardi degli anni Settanta – ed è un complimento, sia chiaro. Difetta forse un po’ di trama, ma in fondo penso che sia giusto così.


Ciao, molto piacere!
Sono subito andata a cercare la canzone di Branduardi e ho trovato "l'amico angelo". Intendevi quella? Molto bella comunque.

Signor_Darcy ha scritto:In silenzio, ferma immobile per ore, a volte doveva essergli sembrata, anche lei, un albero”: io adoro l’uso esteso delle virgole, però qua mi sembra francamente eccessivo, tanto che la lettura ne risulta rallentata. Un altro esempio evidente è in “Sobbalzano, entrambi, per il colpo”.


Hai ragione, e difatti rileggendo ora capisco di aver esagerato. E pensa che nemmeno amo troppo le virgole...

Signor_Darcy ha scritto:Si chiederebbe se lei stia piovendo ancora, e su quale altro albero?” Bella l’immagine, anche se resa in maniera credo imperfetta, sarebbe più corretto – anche se orrendo – un “facendo piovere”, forse. O qualcosa tipo “se piovesse ancora dai suoi occhi”.


In effetti scrivendola ho avuto dei dubbi su questa frase.
Ma nella fretta non ho fatto in tempo a ricordarmi di sistemarla O_o'

Signor_Darcy ha scritto:Poi lei torna. Qualcosa la riporta lì, dove i pomeriggi erano felici. Poi se ne va e poi torna” è un po’ confuso e ridondante.


Qui ho cercato di creare una specie di "avanti veloce", tipo telecomando. Questo perché volevo provare a rendere lo strano movimento del tempo. Se mai dovesse tornarmi in futuro questa (balzana XD) idea, cercherò un altro modo.

Signor_Darcy ha scritto:Mi piace la ripetizione della prima frase anche nel terzo paragrafo, ma l’avrei riportata tale e quale.


Era quella l'idea ma mi sono sbagliata per la frettissima.


Signor_Darcy ha scritto:Ma perché lei poi non viene più? Che le succede? Scappa, prova dolore, questo lo sappiamo; ma forse manca qualche elemento. O forse sono io che non l’ho colto.


Ecco, qui avrebbe dovuto succedere che quell'avanti veloce di cui sopra, quel "poi va poi torna", mostrasse che era passato talmente tanto tempo che alla fine lei era morta.
La prossima volta cercherò di stare più attenta.
Intanto grazie di cuore per i consigli. A presto :)

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filippo.mammoli
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Re: Un luogo dove restare

Messaggio#7 » sabato 20 marzo 2021, 14:30

Ciao Sara,
Credo sia la prima volta che leggo qualcosa di tuo.
Mi piace chi ha il coraggio di spingersi in territori poco battuti e ricerca l'originalità nella declinazione del tema. Per questo posso solo farti i complimenti.
La scrittura è buona e adatta al taglio fantastico e animista che hai scelto. La storia del grande albero è dell'amore con una ragazza non è male, ma l'ho trovata un po' statica nel suo insieme. Non sono un fanatico del mostrato a tutti i costi, ma forse qui il raccontato pesa un po' troppo, anche se è un bel raccontato.
La cosa che invece secondo me stona davvero, è quel finale. Sembra affrettato e mozzato. Soprattutto ho trovato inappropriata l'ultima frase, in cui l'intrusione dell'autore e di uan fastidiosa vocina fuori campo ci propina la morale. Che invece, casomai, deve sempre arrivare da sola al lettore, che se ha bisogno di essere imboccato significa che la storia non ha funzionato.
Non penso sia questo il caso, ma quel finale rovina un po' quanto costruito prima.
Alla prossima.

alexandra.fischer
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Re: Un luogo dove restare

Messaggio#8 » domenica 21 marzo 2021, 17:59

UN LUOGO DOVE RESTARE di Sara Rosini Tema centrato. Punti di forza: il legame fra la ragazza e il faggio. Lei dapprima lo vede quando va a pescare con il padre, poi quando ci va da sola e arriva addirittura a urtarci contro e lui a suo modo percepisce l’urto e la sorregge. Arrivano anche altre occasioni durante le quali lei e il faggio si tengono compagnia: quando lei si siede sul masso del fiume vicino, dove le radici del faggio si estendono per ricevere acqua, legge, oppure pesca. Fino al giorno in cui lei scompare. Il fascino della storia è nel mostrare i diversi tempi di vita della ragazza (frenetici, corre, si impegna in molte attività) e del faggio (che ha ritmi di vita lenti, è immerso nella natura, ne vede i particolari infinitesimali come le stelle scomparse e nel mentre, lascia crescere con il tempo che ci vuole una fogliolina sul ramo). Affascinante anche il fatto di attribuire al faggio sentimenti di affetto, che si vedono nel suo allungare i rami sulla ragazza divenuta donna per meglio ripararla quando è seduta sul masso e attribuirle una vita simile alla sua (la bellissima immagine della brezza tiepida riferita al respiro di lei). Bellissima anche l’immagine del faggio che beve le lacrime di lei, e le trova diverse dalla solita pioggia. Inoltre, molto bello il primo incontro, nel quale, vedendola immobile, la scambia per un albero.
Punto deboli: nessuno.

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Davide Di Tullio
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Re: Un luogo dove restare

Messaggio#9 » domenica 21 marzo 2021, 18:35

Damjen ha scritto:Un luogo dove restare
di Sara Rosini


Quando la ragazza arriva correndo al limitare del bosco, scappando dal ricordo di qualcosa che non si può lasciare indietro, non è la prima volta che lei e il faggio si vedono. Si conoscono da che lei era bambina.
Spesso si era seduta a pescare col padre vicino alle sue radici, che si spingono per bere fino al torrente, proprio dove una grossa roccia piatta ne devia il corso. Erano pomeriggi di risate, quelli, e di scherzi. E poi, tempo dopo, la ragazza e il faggio si erano visti tante altre volte, quando lei ogni tanto era tornata ancora a pescare alla roccia piatta, sulle radici di lui, ma sempre da sola. In silenzio, ferma immobile per ore, a volte doveva essergli sembrata, anche lei, un albero. Un albero prodigioso che sa spuntare e morire nell’arco di un pomeriggio.
Quando lei arriva correndo al limitare del bosco, va a sbattere contro il faggio. Sobbalzano, entrambi, per il colpo. Lei si aggrappa a lui, lo abbraccia come se rischiasse di precipitare indietro. Deve averlo sempre creduto forte, più forte di quanto lui non sia, forse perché a differenza degli abeti che lo circondano, irti di aghi e rami bassi, lui non ha bisogno di nulla intorno a difenderlo.
Lui la sorregge, e nonostante non possa né vedere né capire il dolore di lei, la aiuta a reggerne il peso. Il tronco grigio, levigato e quasi tenero per la giovane età, s’impregna di lacrime. Se lui potesse, le sentirebbe scivolare giù fino a terra, fino alle sue radici. E nonostante tutta la pioggia che lui ha bevuto, e di cui non ha alcuna memoria, si ritroverebbe a scoprire che sapore ha la mancanza.
Ma forse, chissà, forse lui sa. Forse può sentire la ragazza frusciare a un vento sconosciuto che muove solo lei e null’altro intorno, e che è lei stessa a creare, caldo e ritmico. Forse lui può capire che quello non è come il vento che soffia caldo e arrabbiato da sud, che non ascolta il suono dei rami quando li spezza, né come il vento freddo del nord, che non ascolta le foglie che piangono l’arrivo dell’inverno, mentre le strappa una ad una. Sì, forse lui ora sente che quella che lei produce è la più dolce delle brezze, tra tutte quelle che si sono infrante sulla sua corteccia.
Quando arriva il buio, lei com’era venuta se ne va e il tempo prende a girare a due velocità differenti. Mentre lei percorre freneticamente avanti e indietro le strade che compongono la geografia della sua vita, lui mette su una piccola, chiarissima foglia.
Se lui potesse immaginare, o se solo sapesse sognare, desidererebbe immaginare e sognare la ragazza? Desidererebbe che lei stia germogliando? La vedrebbe fiorire? O forse la immaginerebbe frusciare a quel suo tenue vento che non sa muovere null’altro? Si chiederebbe se lei stia piovendo ancora, e su quale altro albero?
Poi lei torna. Qualcosa la riporta lì, dove i pomeriggi erano felici. Poi se ne va e poi torna, e ogni volta che la ragazza, ora donna, e il faggio sono lontani, il tempo si mette a zoppicare: da una parte i passi veloci di lei, dall’altra le lente falcate delle radici di lui. Solo quando sono insieme, il tempo riprende a scorrere nel modo giusto.
Lei comincia ad andare da lui quasi ogni giorno, un’estate. Si siede non troppo lontano, sul largo masso piatto che devia il corso del fiume obbligandolo a girargli intorno. A volte lei legge, altre volte pesca, qualche volta si appisola, ormai stanca. Se potesse vedere il mondo per come scorre per un faggio, forse avrebbe il tempo di scoprire che il sole cambia il suono delle rocce man mano che le scalda, e vedrebbe le stelle nuove accendersi e quelle vecchie spegnersi silenziosamente, insieme a lui. Soprattutto, vedrebbe le radici del faggio allungarsi e i suoi rami flettersi e farsi più rigogliosi, tendersi come braccia ogni giorno di più verso la roccia dove lei si accoccola. Se le fosse dato di vivere quanto un albero, e di scegliere un luogo dove restare, un giorno lontano si ritroverebbe le dita intrecciate alle radici del faggio come mani intrecciate tra innamorati.
Poi lei non viene più. Eppure, nonostante tutto, è una storia d’amore.


Ciao Sara, piacere di leggerti. Dunque, devo ammettere che il tuo racconto è particolare. Ho fatto un po' fatica scorrere questa prosa raccontata, senza dialoghi e a tratti poetica. Non ho scorto un conflitto, quindi la mia attenzione andava calando, man mano che mi accingevo a terminare la lettura. Lo stile onnisciente del narratore mi ha un po' disturbato.

a rileggerci!

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Lilith_luna
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Re: Un luogo dove restare

Messaggio#10 » lunedì 22 marzo 2021, 12:09

Ciao Sara,
il tuo racconto è affascinante. All'inizio, capendo subito che sarebbe stato un racconto tutto sul raccontato (scusa il gioco di parole), ho fatto fatica a farmi coinvolgere, ma la tu prosa è così delicata che alla fine ci sei riuscita. Mi hai ricordato quei racconti che leggevo da piccola, quelle fiabe che creavano belle immagini, anche se a discapito della trama.
Mi ha toccato molto il pezzo del faggio che si allunga sulla roccia, davvero dolce.
È un racconto intriso di tristezza, di "mai più" che mi ha lasciato qualcosa.
Se proprio dovessi trovare qualcosa che non va, direi che ci sono troppe virgole. Per il resto, essendo un racconto volutamente in tell, non posso dire nulla.
Molto molto carino.

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Stefano.Moretto
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Re: Un luogo dove restare

Messaggio#11 » martedì 23 marzo 2021, 9:32

Ciao Sara
Questa sarà una citazione molto molto nerd, ma il tuo racconto mi ha ricordato l'anime "Hotarubi no mori e" (è un mediometraggio da 45 minuti, se hai l'occasione dacci un occhio). Il tema centrale del tuo racconto è diverso, ma il ritornare periodicamente sempre nello stesso posto per "amore" è gestito in modo molto simile.
Tuttavia ci sono vari aspetti problematici nel tuo racconto per cui non sono riuscito ad avere un coinvolgimento emotivo come invece c'è stato con quell'anime (a parte la lunghezza, chiaramente).
Nel tuo racconto, in pratica, la storia è un riassunto della vita di questo faggio limitatamente a quando arriva la ragazza, ed essendo un albero la sua vita non è particolarmente avvincente. Quello che riesce a tenere in piedi tutto il racconto senza annoiare il lettore è lo stile poetico con cui hai decorato il testo, ma non è sufficiente. Di fatto questa è più simile a una poesia che a un racconto.
Non sto dicendo che lo stile poetico non va bene, sia chiaro. Quello che intendo è che non c'è una storia dietro. Ti faccio un paio di esempi su come avresti potuto rendere questo testo un racconto a tutti gli effetti:
Il tronco grigio, levigato e quasi tenero per la giovane età, s’impregna di lacrime.

Qui c'è un forte punto d'interesse (o se preferisci usare un'altra terminologia, qui c'è un punto ad alta temperatura) in cui la ragazza piange. Ci si interroga naturalmente sul perché stia piangendo, qual è l'avvenimento che l'ha sconvolta così tanto da farla scappare dal faggio. L'informazione non arriva e l'interesse sfuma gradualmente mentre descrivi come l'albero potrebbe riconoscere il fiato della ragazza come diverso dal vento. Dopodiché nel testo quella scena non trova riferimenti, quindi perde di significato: è solo uno dei tanti pianti di una ragazza.
Avresti potuto cogliere di più l'attenzione del lettore dando indicazioni del motivo del suo pianto: magari ha litigato con i genitori, oppure si è lasciata col ragazzo, o ancora sta vivendo un lutto, o semplicemente ha preso un brutto voto a scuola. Qualcosa che possa essere ripreso più avanti per far vedere come la situazione si è evoluta col tempo. Faccio un esempio concreto e banalotto: lei corre lì piangendo perché ha preso un 4 a matematica e la madre l'ha rimproverata. Le volte successive che torna si porta dietro dei quaderni e passa il tempo lì a studiare (invece delle altre attività che hai descritto fini a se stesse), poi quando torna lì come donna adulta gli dai qualche segno caratteristico del fatto che il suo grande ostacolo ormai l'ha superato, per esempio è tornata lì per avere un posto tranquillo dove scrivere il testo del suo dottorato di ricerca. La tua prosa poetica avrebbe potuto soffermarsi sul faggio che sapendo il significato di quei caratteri l'avrebbe prima incoraggiata durante i suoi studi e poi sarebbe stato felice del fatto che la protagonista è riuscita a superare le sue difficoltà.
Questo è un esempio un po' scemo e banalotto, potevano essere mille altre cose che dessero un carattere in evoluzione: un esempio più maturo può essere lei che si lascia col ragazzo, passa il tempo a cercare di fidarsi di nuovo e sul termine torna al faggio insieme a suo marito.
Insomma, qualcosa che generasse una storia.

Riguardo il tuo stile, mi soffermo un attimo su un paio di cose:
Quando la ragazza arriva correndo al limitare del bosco, scappando dal ricordo di qualcosa che non si può lasciare indietro, non è la prima volta che lei e il faggio si vedono.

Qui se togli l'inciso senti che c'è qualcosa che stride nella frase. "quando la ragazza arriva al limitare del bosco non è la prima volta che lei e il faggio si vedono". Magari non è sbagliata grammaticalmente, ma non riesco a collegare le due cose come un periodo sensato in sé. La prima parte sembra suggerire una certa urgenza della ragazza, dopotutto sta scappando da qualcosa, ma "non è la prima volta che lei e il faggio si vedono" evoca invece una certa calma. Anche il pezzo successivo di flashback delle volte in cui la ragazza era stata lì da bambina disorienta molto rispetto al senso di urgenza che avevi richiamato, e infatti dopo la ragazza va a sbattere contro l'albero e si mette a piangere. C'è un distacco emotivo troppo grande tra le due cose, soprattutto per essere le primissime righe del testo. Ci poteva stare un minimo flashback di poche parole, ma qui sono diverse righe che ti fanno dimenticare che la ragazza sta scappando da qualcosa.
Sobbalzano, entrambi, per il colpo.

Qui devi fare attenzione: all'inizio del testo noi non sappiamo se questo è un brano fantasy e finora hai trattato il faggio quasi come se fosse un essere senziente e gli attribuisci pensieri razionali, quindi il dubbio che sia una creatura tipo un Ent o comunque una pianta magica senziente è legittimo. Se mi dici che l'albero sobbalza io mi immagino l'albero che sobbalza: non il tronco che, colpito dalla ragazza, ondeggia, ma proprio un movimento volontario di scostamento. Solo dopo, quando scrivi:
nonostante non possa né vedere né capire il dolore di lei

Capisco che è un normale albero e che è semplicemente la prosa poetica che lo umanizza.

Comunque devo dire che mi è piaciuto molto il tema del tempo che scorre diversamente per il faggio e la donna, forse è l'aspetto che ho apprezzato di più nel testo.

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wladimiro.borchi
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Re: Un luogo dove restare

Messaggio#12 » mercoledì 24 marzo 2021, 15:32

Ciao Sara,
racconto difficile da valutare e da classificare.
Se da un lato, infatti, lo sforzo di ricerca poetica è andato a segno, un po' meno ho apprezzato l'aver virato in alcuni casi sul narratore onnisciente e sul raccontato, a scapito dello "show".
Non sono nemmeno io un corsista fanatico di quelli "o si scrive dome dice il Maestro (volutamente maiuscolo) o è tutto brutto" anzi: spesso qua dentro preferisco chi sperimenta a chi si fa il compitino scrio scrio con la pappa scodellata da altri. Secondo me, però, potevi mantenere il registro che avevi scelto, infilandoti a forza nel PDV della ragazza e sfruttarne le azioni e i pensieri per regalare immagini ancor più suggestive di quelle che hai trovato.
Resta una buona prova, ma un po' faticosa.
A rileggerci presto.
W

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giulio.palmieri
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Re: Un luogo dove restare

Messaggio#13 » mercoledì 24 marzo 2021, 20:19

Ciao Sara, piacere di leggerti.
Chapeau. Secondo me hai puntato in profondità. E hai scelto qualcosa di difficilissimo: una storia d'amore tra una ragazza che diventa donna, e una creatura vegetale, che non ha altro pensiero se non quello che la ragazza sente in lui. Poi, hai messo a confronto i tempi della loro vita: l'albero cresce lentamente, mette foglie, è tutt'uno col tempo ciclico dei giorni e delle notti, mentre la ragazza va e viene.
Il racconto merita una limatura importante. Dovresti evitare le ripetizioni, e applicare un focus maggiore a tutti i passaggi narrativi. Ad esempio, in questo passaggio:

Se lui potesse immaginare, o se solo sapesse sognare, desidererebbe immaginare e sognare la ragazza? Desidererebbe che lei stia germogliando? La vedrebbe fiorire?

potrebbe diventare:

Se lui potesse immaginare desidererebbe sognare la ragazza? Desidererebbe vederla germogliare? La vedrebbe fiorire?

Quindi un focus maggiore e più controllato (puntando alla scorrevolezza della lettura) su questo tipo di pensieri e di sensazioni.
Mi è piaciuto molto, però più difficile e profondo è l'esercizio maggiore deve essere il suo controllo formale.
Comunque, brava.

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lucaspalletti
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Re: Un luogo dove restare

Messaggio#14 » giovedì 25 marzo 2021, 18:26

Ciao Sara,
Piacere di aver letto un tuo brano per la prima volta.
Un brano, a dire il vero, per me molto difficile da valutare. Così come difficile (specialmente con un formato tanto ridotto) è il compito che ti sei prefissa: quello di raccontare la storia d'amore impossibile tra un faggio e una ragazza nel corso degli anni.
La vicenda mi ha riportato alla mente, pescando a piene mani da memorie adolescenziali che credevo di aver rimosso, la storia dell'albero di Menoa nella saga di Eragon. O, ancora, qualche passaggio del Silmarillion di Tolkien.
Da un lato ho apprezzato parecchio l'atmosfera quasi fiabesca, soave e delicata che traspare dalla tua prosa. Si nota distintamente la ricercatezza del lessico e della costruzione.
Dall'altro, il narratore troppo onnisciente non mi ha permesso di sentirmi dentro alla narrazione e di provare le emozioni che un testo del genere avrebbe potuto trasmettere. Non lo dico per un discorso di narrativa immersiva o di punto di vista in soggettiva. Anzi, credo che volendo narrare la storia d'amore nel suo complesso, abbracciando anche lo scorrere del tempo, la scelta di restare esterni fosse in un certo qual modo dovuta.
Riassumendo, è come se la storia non mi fosse arrivata. Ed è un peccato, perchè le potenzialità erano ottime. L'idea è azzeccata e la tua penna capace. Solo, magari per mia sensibilità soggettiva, è mancata quella "botta" emotiva che mi aspettavo.
Sono sicuro che la prossima volta saprò emozionarmi con un tuo testo, e non vedo l'ora di leggerlo!
Nel frattempo, buona edition!
Luca

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Re: Un luogo dove restare

Messaggio#15 » venerdì 9 aprile 2021, 15:00

Un racconto coraggioso che vive delle sensazioni che cerca di fare nascere nel lettore e per ottenerle utilizza una tecnica tutta sua, anche funzionale, nel quale però a volte la voce narrante fa sentire troppo la sua presenza (e questo era implicito nella scelta fatta, ma semmai l'obbiettivo era quella di trovare il modo per non farla percepire al di fuori delle sensazioni presunte del faggio). Qualcosa non funziona anche nella parte iniziale con quel senso di urgenza di lei che arriva di corsa che fa pensare a un inseguimento e inserisce il lettore in un'attesa fallace. Poi l'avvicinamento al faggio e anche in quel punto qualcosa stride quando non dovrebbe. Ma ok, stiamo parlando di una strategia ben specifica va valutata nella sua funzionalità, come uno spartito musicale che deve creare una certa atmosfera: ci riesce, quasi. Il finale è ottimo con quella chiusa perentoria che fornisce quel tono romantico, da favola appena conclusa eppure eterna. Insomma, tutto sommato direi che il racconto è riuscito, pur nelle sue criticità che interrompono un flusso che, invece, dovrebbe essere costante e continuo. Molto interessante e un complimenti all'utrice per la scelta. Curioso di leggere i prossimi lavori. Per me siamo dalle parti del pollice tendente verso l'alto in modo brillante.

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