Dove avevo messo radici (di Massimo Tivoli)

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Massimo Tivoli
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Dove avevo messo radici (di Massimo Tivoli)

Messaggio#1 » martedì 16 marzo 2021, 0:30

Dove avevo messo radici
(di Massimo Tivoli)

L’ho fatto. Finalmente.
Riprendo a respirare regolare, ma la testa continua a girarmi. Mi siedo sul bordo del divano, i gomiti appoggiati sulle ginocchia e le mani alla fronte. Sento i jeans infradiciarsi a poco a poco sul sedere. Le tempie pulsano.
“Alla tua età la gente si sposa.” La voce di mio padre mi rimbomba nella mente. “Si compra una casa, si fa una famiglia. Alla tua età si mettono…”
Mettere radici.
È stato il mio chiodo fisso, per tutta la vita. Piantato nel cervello con invasata tenacia. “Hai fatto morire tua madre nell’angoscia” mi diceva. “Quando sarà, fammi crepare tranquillo.”
Mettere radici.
Un mantra di appartenenza. Come se solo chi abbia una casa, una famiglia, dei figli, possa essere considerato un individuo socialmente valido.
Mi alzo, scivolando all’indietro con una gamba. Per poco non ricadevo col sedere sul divano. Forse devo asciugare il pavimento, pulire, riordinare. Mi sento svuotato, non so che devo fare.
Uno squillo.
Mi sfilo il cellulare dalla tasca: è il numero di Marco. «Ciao. Che dici?» La voce non mi sembra nemmeno più la mia.
«Luca… mi devi scusare…» Forse sta cercando di trovare le parole giuste. Pensa che me ne possa fregare qualcosa, l’idiota.
«E di che?» Lo salvo dall’imbarazzo. «Tranquillo, non c’è problema.»
«Mi hanno bloccato al lavoro. È successo un bordello. Tutti i sistemi giù.»
Lavoro…
Del resto, Marco ci si può dedicare anima e corpo. È single, beato lui!
«Ma lasciamo perdere me» continua. «Tu come stai?»
Mi guardò intorno, che macello che ho fatto. Sento l’ansia montarmi da dentro, ribollirmi lo stomaco. «Mi riprenderò. Sta’ sereno.»
D’altronde, a che cazzo devi pensare tu, Marco? Ti alzi la mattina con la sola preoccupazione di andare a correre e poi a lavorare. Senza rotture di coglioni. Senza imprevisti. Senza salti mortali, tra figli piccoli che si ammalano di continuo, e permessi al lavoro, nottate in bianco per recuperare quello che non si è fatto. L’unico cruccio che hai è quello di dover decidere chi ti scoperai nelle seratine alcoliche, se la mora o la bionda di turno.
Le seratine…
Ne ho un ricordo vago, fumoso. Di fatto, non so nemmeno più che cazzo sono.
Silenzio all’altro capo della chiamata.
«Oh, ci sei?» gli faccio.
«Sì. È che non ho parole. Mi dispiace davvero tanto.»
«Lo so.» Con il piede insudiciato disegno un cerchio sul grès.
«Cristo. Tuo padre stava bene, ce ne aveva ancora da vivere.»
Un colpo al cuore. Improvviso. Definitivo.
È iniziato tutto quando la donna delle pulizie mi ha chiamato da casa di papà, singhiozzando e piangendo. Dentro di me è scattato qualcosa. Durante il funerale era già dilagato in un che di incontrollabile.
La puzza che ammanta la sala da pranzo mi ravviva il sapore ferroso in bocca. Raggiungo la finestra e la apro, per cambiare l’aria. «Ora devo andare. Ci risentiamo.»
«Per qualsiasi cosa ci sono, eh.»
«Si si, certo.»
«Un abbrac...»
Chiudo la chiamata, senza dargli il tempo di concludere. Quindi mi guardo intorno per l’ennesima volta. Quando sono tornato a casa, papà era stato sepolto. E io ero libero. Eppure, gli urletti e gli schiamazzi continuavano ad assillarmi. Striduli. Acuti. Spine piantate nel mio cervello imprigionato in un bozzolo di radici malate.
Mi volto verso il divano, verso Anna. Il corpo di mia moglie dilaniato, non so da quante coltellate: non le ho contate. Squarciato dal collo alla fica, le budella di fuori. La puzza di merda è rivoltante.
Cammino verso la finestra, cartilagini e parti molli crepitano e sguisciano sotto le suole. Al piccolo Giulio è toccata un’altra fine: l’ho preso per le gambe e gli ho spaccato la testa contro il termosifone. Lo schiocco secco mi ha fatto ripensare alle uova di cioccolato che avremmo rotto a Pasqua.
Mi affaccio di sotto, pensando a Linda. Le piaceva farsi chiamare “la gioia di papà”. L’ho massacrata di botte, fino a ridurla a un corpo ammaccato e bitorzoluto.
Forse è una storia che mi toccherà raccontare alla polizia. E se mi chiedono perché l’ho fatto, che gli rispondo? Io libero non mi ci sento. In realtà, non sento più niente.
Mi siedo sul davanzale della finestra dando le spalle al vuoto.
E lancio un’ultima occhiata al luogo dove avevo messo radici.
Ultima modifica di Massimo Tivoli il martedì 16 marzo 2021, 0:47, modificato 2 volte in totale.



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antico
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Re: Dove avevo messo radici (di Massimo Tivoli)

Messaggio#2 » martedì 16 marzo 2021, 0:34

Ciao Massimo! Mancavi da un sacco di tempo! Caratteri e tempo rispettati, buona SARA SIMONI EDITION!

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Massimo Tivoli
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Re: Dove avevo messo radici (di Massimo Tivoli)

Messaggio#3 » martedì 16 marzo 2021, 0:35

Ciao Antico! E ciao tutti! Sono contento di essere riuscito a riaffacciarmi nell'arena. Partecipare a MC è sempre molto stimolante e divertente.

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Antonio Pilato
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Re: Dove avevo messo radici (di Massimo Tivoli)

Messaggio#4 » martedì 16 marzo 2021, 14:56

Ciao Massimo, è stato un piacere leggerti.

Sono tornato anch’io dalla 150^ edizione, dopo essermi dileguato per un po’ di tempo.
Detto questo, ho trovato il tuo racconto devastante, soprattutto sul finale: è terribile il nichilismo come forma di tortura mentale, soprattutto quando fa compiere all’uomo azioni malvagie e, soltanto all’apparenza, insensate. Il tema è molto rispettato e la correlazione con la vicenda non può che trasmettere emozioni di un certo tipo.
Forse, l’unica nota dolente dell’intera storia risiede nel fatto che, già a metà della telefonata, mi aspettavo che il protagonista fosse un malato di mente, e che avesse ammazzato la moglie e i (presunti) figli.

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Sherwood
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Re: Dove avevo messo radici (di Massimo Tivoli)

Messaggio#5 » martedì 16 marzo 2021, 15:26

Ciao Massimo,
ho visto che anche tu hai partecipato a questa edizione e ho letto volentieri il tuo racconto, anche se non sei nel girone che dovrei commentare. Ho ritrovato con piacere il tuo stile fluido, la capacità di narrare i fatti senza fretta, prendendoti le giuste pause, mentre il disegno finale comincia a prendere forma. Hai seminato indizi, per esempio quando parli di un macello in casa e di un piede insudiciato con cui il protagonista disegna qualcosa sul pavimento, ma non ci avevi preparato al finale che arriva come un colpo allo stomaco. Crudo, spietato, lucido. Un racconto che lascia il segno, complimenti Massimo.
Un caro saluto da Angela Catalini al secolo Sherwood. :)

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Massimo Tivoli
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Re: Dove avevo messo radici (di Massimo Tivoli)

Messaggio#6 » martedì 16 marzo 2021, 15:42

Ciao Angela e Antonio! Grazie per i vostri commenti. È un piacere ritrovarvi qui, su MC.
Io mancavo da un po'... vediamo se per il futuro riuscirò a essere più presente. MC è una bella palestra.
Vi auguro una strepitosa Edition.

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Debora D
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Re: Dove avevo messo radici (di Massimo Tivoli)

Messaggio#7 » giovedì 18 marzo 2021, 18:36

Ciao Massimo, piacere di leggerti.
Racconto forte il tuo che gioca sullo stato di shock del protagonista e l’assurdità della telefonata. La conversazione con Marco è la parte centrale e consiste nel vero e proprio svolgimento perché il fatto sconvolgente è accaduto in realtà fuori scena, è un antefatto e il protagonista ce lo racconta.
Il lettore non lo sa all'inizio e lo scopre mano a mano, ma l'inganno ti è venuto bene perché non è incoerente.

Accade poco nel racconto, il protagonista ricorda, la struttura è circolare e sei bravo a dipingere il rapporto malato con il padre.
Una mostruosità del genere è molto grande per uno spazio così piccolo ed empatizzare con un padre che fa strage della famiglia non è facile.

Il punto di forza per me è nel modo in cui dipingi il suo stato confusionale, però proprio per questo trova qui sta anche il suo punto debole.
Mi spiego.
Luca è sconvolto, non capisce cosa deve fare, è in una specie di atarassia in cui non prova niente. Però è troppo razionale.
La focalizzazione su di lui si infrange un po’ quando riesce ad analizzare come un psicologo criminale le sue azioni.

È stato il mio chiodo fisso, per tutta la vita. Piantato nel cervello con invasata tenacia.
Un mantra di appartenenza.
È iniziato tutto quando la donna delle pulizie mi ha chiamato da casa di papà, singhiozzando e piangendo. Dentro di me è scattato qualcosa. Durante il funerale era già dilagato in un che di incontrollabile.
 Spine piantate nel mio cervello imprigionato in un bozzolo di radici malate.

Espressioni come queste sono razionalizzazioni che ho faticato a far corrispondere a lui nel suo stato di shock e rimozione. Sono pensieri lucidi, lui capisce che aveva una dipendenza, radici malate ecc. però allo stesso tempo non sa cosa rispondere alla polizia.

Ti faccio due piccole osservazioni nate dal mio gusto, perciò fanne l’uso che preferisci.
Per descrivere il suo stato usi sentire, pater di tutti i verbi di percezione.
Sento i jeans infradiciarsi a poco a poco sul sedere.
Mi sento svuotato, non so che devo fare.
Sento l’ansia montarmi da dentro
Io libero non mi ci sento. In realtà, non sento più niente.

Nei primi tre casi è usato al servizio della descrizione, mentre alla fine serve per veicolare un forte significato. L’effetto è un po’ rovinato dalla presenza del verbo così tante volte. Si potrebbe sostituire?

La lunga sequenza riflessiva in cui lui si lamenta e invidia quell’idiota di Marco ha una temperatura molto più bassa del resto. Potrebbe essere un po’ troppo lunga. Per rendere il concetto basta meno. Tra l’altro alla fine mi ha fatto nascere un dubbio la questione del numero dei figli, dice tre figli piccoli ma poi alla fine sono due.
D’altronde, a che cazzo devi pensare tu, Marco? Ti alzi la mattina con la sola preoccupazione di andare a correre e poi a lavorare. Senza rotture di coglioni. Senza imprevisti. Senza salti mortali, tra figli piccoli che si ammalano di continuo, e permessi al lavoro, nottate in bianco per recuperare quello che non si è fatto. L’unico cruccio che hai è quello di dover decidere chi ti scoperai nelle seratine alcoliche, se la mora o la bionda di turno.
Le seratine…


Conclusione: tema centrato, ho trovato il testo equilibrato e ho apprezzato la struttura solida. Una buona prova che mi è piaciuta più alla seconda lettura. L'inganno al lettore è un gioco pericoloso ma a te è riuscito abbastanza bene. Punto debole per me la razionalizzazione a posteriori che fa a volte il protagonista

Alla prossima, Buon divertimento

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Massimo Tivoli
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Re: Dove avevo messo radici (di Massimo Tivoli)

Messaggio#8 » giovedì 18 marzo 2021, 18:41

Ciao Debora, ti ringrazio molto del commento tanto accurato che mi offre molti spunti su cui riflettere per migliorare. Grazie davvero.
Solo una precisazione sui “tre” figli... scusami, ma credo tu ti sia confusa... anche nel testo che “quoti” c’è scritto: “tra figli piccoli...”, “tra” e non “tre” ;-)
Va bene, non è determinante. Era solo per precisarlo.
Grazie per i commenti molto utili.
A rileggerci e buona Edition.

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Debora D
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Re: Dove avevo messo radici (di Massimo Tivoli)

Messaggio#9 » giovedì 18 marzo 2021, 18:44

Massimo Tivoli ha scritto:Ciao Debora, ti ringrazio molto del commento tanto accurato che mi offre molti spunti su cui riflettere per migliorare. Grazie davvero.
Solo una precisazione sui “tre” figli... scusami, ma credo tu ti sia confusa... anche nel testo che “quoti” c’è scritto: “tra figli piccoli...”, “tra” e non “tre” ;-)
Va bene, non è determinante. Era solo per precisarlo.
Grazie per i commenti molto utili.
A rileggerci e buona Edition.


Grazie! ma guarda quello che fanno gli occhi. Ho davvero letto TRE per ben TRE volte!

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Massimo Tivoli
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Re: Dove avevo messo radici (di Massimo Tivoli)

Messaggio#10 » giovedì 18 marzo 2021, 18:45

Sapessi quante volte succede a me... :D

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Hayà
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Re: Dove avevo messo radici (di Massimo Tivoli)

Messaggio#11 » sabato 20 marzo 2021, 14:34

Ciao Massimo, è un piacere leggerti.

Okay, wow. Ammetto che è stato un testo difficile da leggere, ma in maniera positiva. Le descrizioni finali su come ha ucciso i figli (in particolare quello “schiocco al termosifone”) mi hanno dato un colpo al cuore.
Ho molto apprezzato come hai delineato tutta la scena, dall’inizio alla fine, e gli indizi disseminati per la storia. Che qualcosa non andava era certo fin dalle prime righe, ma quel “qualcosa” ti colpisce all’improvviso e ti fa mancare il respiro.

Ammetto che non ho molto da commentare, in questo testo. Complimenti!

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Massimo Tivoli
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Re: Dove avevo messo radici (di Massimo Tivoli)

Messaggio#12 » sabato 20 marzo 2021, 14:46

Hayà ha scritto:Ciao Massimo, è un piacere leggerti.

Okay, wow. Ammetto che è stato un testo difficile da leggere, ma in maniera positiva. Le descrizioni finali su come ha ucciso i figli (in particolare quello “schiocco al termosifone”) mi hanno dato un colpo al cuore.
Ho molto apprezzato come hai delineato tutta la scena, dall’inizio alla fine, e gli indizi disseminati per la storia. Che qualcosa non andava era certo fin dalle prime righe, ma quel “qualcosa” ti colpisce all’improvviso e ti fa mancare il respiro.

Ammetto che non ho molto da commentare, in questo testo. Complimenti!


Ciao Hayà, sono contento che il racconto ti sia piaciuto e ti ringrazio per il bel commento.
Ti auguro una buona Edition!

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Fagiolo17
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Re: Dove avevo messo radici (di Massimo Tivoli)

Messaggio#13 » sabato 20 marzo 2021, 16:47

Ciao Massimo, è un piacere leggere il tuo testo e commentarti.
Con me parti avvantaggiato, sono un amante di tinte noir, pulp e temi come quello che hai affrontato in questo racconto.
Il testo mi è piaciuto molto, la declinazione del tema pure.
Stilisticamente mi ha fatto storcere il naso l'uso del verbo percettivo SENTIRE, un po' troppo presente e che avrei cercato di eliminare in alcuni frangenti.
Non che questo cambi di molto il mio gradimento del testo, però credo sarebbe stato ancora più incisivo.
La frase che ho preferito in assoluto è quel paragone con le uova di pasqua. Davvero, davvero incisivo!
Complimenti e a rileggerci presto.

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Massimo Tivoli
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Re: Dove avevo messo radici (di Massimo Tivoli)

Messaggio#14 » sabato 20 marzo 2021, 16:53

Fagiolo17 ha scritto:Ciao Massimo, è un piacere leggere il tuo testo e commentarti.
Con me parti avvantaggiato, sono un amante di tinte noir, pulp e temi come quello che hai affrontato in questo racconto.
Il testo mi è piaciuto molto, la declinazione del tema pure.
Stilisticamente mi ha fatto storcere il naso l'uso del verbo percettivo SENTIRE, un po' troppo presente e che avrei cercato di eliminare in alcuni frangenti.
Non che questo cambi di molto il mio gradimento del testo, però credo sarebbe stato ancora più incisivo.
La frase che ho preferito in assoluto è quel paragone con le uova di pasqua. Davvero, davvero incisivo!
Complimenti e a rileggerci presto.


Ciao Luca, ti ringrazio per il bel commento.
D’accordo assolutamente con te per l’uso eccessivo del verbo “sentire”, purtroppo la scrittura con i MinutiContati non è il mio forte. In un contesto più convenzionale, in fase di revisione, sarebbe sicuramente stato un aspetto che avrei aggiustato.
Quindi ci hai visto più che giusto ;-)
Ti auguro una strepitosa Edition!

Dario17
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Re: Dove avevo messo radici (di Massimo Tivoli)

Messaggio#15 » domenica 21 marzo 2021, 18:27

È un buon racconto immerso nella disumanità e tristemente in un clichè dei nostri tempi, forse di tutti i tempi.
Fluido e ben cadenzato, giusto una manciata di sottolineature:

" Sento i jeans infradiciarsi a poco a poco sul sedere. " Non ho capito se le la sia fatta addosso oppure sia sangue altrui"

"Le seratine…Ne ho un ricordo vago, fumoso. Di fatto, non so nemmeno più che cazzo sono." Lo trovo poco realistico, questo pensiero. Quando qualcosa ti manca davvero, o peggio ancora quando qualcuno ce lo ha e tu non più, lo sai benissimo com'è fatto. Non a 360 gradi ma parecchi particolari vividi ti rimangono dentro e sono quelli la sorgente del dolore. A meno che non sia una patologia specifica dietro ma non mi è parso di leggerne nel tuo protagonista (oltre la psicosi omicida, sia chiaro)

Lo spiegone finale in prima persona, sopratutto per quanto riguarda i figli, mi è rimasto un po' sullo stomaco: ci viene raccontato e solo in parte ne vediamo effettivamente i particolari. Vista l'efferatezza qua un bel mostrato era preferibile a un mero elenco dei fatti accaduti e delle conseguenze.

Tema rispettato.

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Re: Dove avevo messo radici (di Massimo Tivoli)

Messaggio#16 » domenica 21 marzo 2021, 18:52

Dario17 ha scritto:È un buon racconto immerso nella disumanità e tristemente in un clichè dei nostri tempi, forse di tutti i tempi.
Fluido e ben cadenzato, giusto una manciata di sottolineature:

" Sento i jeans infradiciarsi a poco a poco sul sedere. " Non ho capito se le la sia fatta addosso oppure sia sangue altrui"

"Le seratine…Ne ho un ricordo vago, fumoso. Di fatto, non so nemmeno più che cazzo sono." Lo trovo poco realistico, questo pensiero. Quando qualcosa ti manca davvero, o peggio ancora quando qualcuno ce lo ha e tu non più, lo sai benissimo com'è fatto. Non a 360 gradi ma parecchi particolari vividi ti rimangono dentro e sono quelli la sorgente del dolore. A meno che non sia una patologia specifica dietro ma non mi è parso di leggerne nel tuo protagonista (oltre la psicosi omicida, sia chiaro)

Lo spiegone finale in prima persona, sopratutto per quanto riguarda i figli, mi è rimasto un po' sullo stomaco: ci viene raccontato e solo in parte ne vediamo effettivamente i particolari. Vista l'efferatezza qua un bel mostrato era preferibile a un mero elenco dei fatti accaduti e delle conseguenze.

Tema rispettato.


Ciao Dario. Grazie per gli spunti che mi offri per migliorare la resa del racconto. Li apprezzo.
A rileggerci e buona Edition!

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SilviaCasabianca
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Re: Dove avevo messo radici (di Massimo Tivoli)

Messaggio#17 » domenica 21 marzo 2021, 23:00

Ciao Massimo,
Piacere di leggerti.
Complimenti per stile e tecnica, mi sembra tu abbia usato entrambe molto bene. Ottimo il modo in cui dissemini gli indizi. Il dettaglio del piede sudicio che non capisci di cosa ma poi comprendi essere parte del piano del narratore davvero buono. Ottimo anche come l'inizio della storia faccia credere che si stia parlando di tutt'altro e invece, bam.
Beh quel bam purtroppo con me parte svantaggiato (al contrario di Fagiolo): io non amo affatto il pulp. Non amo leggere dettagli gratuiti di disumanità e orrore. Cercherò quindi di andare oltre il mio senso estetico di lettrice e ti dico che se quello che volevi era suscitare disagio ci sei riuscito. Purtroppo nel mio caso non ho potuto empatizzare col protagonista, non tanto per quello che commette, ma perché sembra proprio non averne un motivo sufficientemente radicato, vuoi i pochi caratteri a disposizione, vuoi anche il fatto che non c'è un odio diretto verso la moglie e i figli. Non fraintendermi, capisco essere un simbolo diretto di quelle radici che lui ha messo e infatti l'idea ci sta ed è un'intuizione buona. Solo che forse in un racconto così breve avrei privilegiato gli aspetti psicologici a quelli splatter.
Comunque bravo!

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Re: Dove avevo messo radici (di Massimo Tivoli)

Messaggio#18 » domenica 21 marzo 2021, 23:47

SilviaCasabianca ha scritto:Ciao Massimo,
Piacere di leggerti.
Complimenti per stile e tecnica, mi sembra tu abbia usato entrambe molto bene. Ottimo il modo in cui dissemini gli indizi. Il dettaglio del piede sudicio che non capisci di cosa ma poi comprendi essere parte del piano del narratore davvero buono. Ottimo anche come l'inizio della storia faccia credere che si stia parlando di tutt'altro e invece, bam.
Beh quel bam purtroppo con me parte svantaggiato (al contrario di Fagiolo): io non amo affatto il pulp. Non amo leggere dettagli gratuiti di disumanità e orrore. Cercherò quindi di andare oltre il mio senso estetico di lettrice e ti dico che se quello che volevi era suscitare disagio ci sei riuscito. Purtroppo nel mio caso non ho potuto empatizzare col protagonista, non tanto per quello che commette, ma perché sembra proprio non averne un motivo sufficientemente radicato, vuoi i pochi caratteri a disposizione, vuoi anche il fatto che non c'è un odio diretto verso la moglie e i figli. Non fraintendermi, capisco essere un simbolo diretto di quelle radici che lui ha messo e infatti l'idea ci sta ed è un'intuizione buona. Solo che forse in un racconto così breve avrei privilegiato gli aspetti psicologici a quelli splatter.
Comunque bravo!


Ciao Silvia,
grazie per il commento. Sì, ti do ragione: in così poche battute, la difficoltà maggiore era proprio quella di far arrivare al lettore un soggetto che, già con una psiche labile di suo, è poi giunto alla saturazione psicologica. Mentre lo scrivevo mi sono detto più volte che, probabilmente, non era il soggetto giusto per uno spazio così ristretto. Ho tentato ;-)
A rileggerci e buona Edition.

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Roberto Bartoletti
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Re: Dove avevo messo radici (di Massimo Tivoli)

Messaggio#19 » martedì 23 marzo 2021, 12:06

Ciao Massimo, piacere di conoscerti e leggerti.
Che dire, una bella batosta. Hai preso il concetto rassicurante del “mettere radici” e lo hai ribaltato, rendendolo opprimente e nocivo nella mente del protagonista, fino a fargli strappare quei legami nel modo più brutale. Un raptus o semplicemente lo sfogo di una forzatura mal sopportata per troppo tempo. I dettagli riguardanti i bambini sono stati una scelta cruda, ma verosimile; mi hanno turbato, ma è esattamente ciò che dovevano fare. Bravo, spero di rileggerti presto.

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Re: Dove avevo messo radici (di Massimo Tivoli)

Messaggio#20 » martedì 23 marzo 2021, 12:40

Roberto Bartoletti ha scritto:Ciao Massimo, piacere di conoscerti e leggerti.
Che dire, una bella batosta. Hai preso il concetto rassicurante del “mettere radici” e lo hai ribaltato, rendendolo opprimente e nocivo nella mente del protagonista, fino a fargli strappare quei legami nel modo più brutale. Un raptus o semplicemente lo sfogo di una forzatura mal sopportata per troppo tempo. I dettagli riguardanti i bambini sono stati una scelta cruda, ma verosimile; mi hanno turbato, ma è esattamente ciò che dovevano fare. Bravo, spero di rileggerti presto.


Ciao Roberto,
grazie per il bel commento. Sono contento che per te il racconto possa avere funzionato. Sì, lo scopo del soggetto interpretato era proprio quello di turbare il lettore. ;-)
A rileggerci e ti auguro una buona Edition!

Red Robin
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Re: Dove avevo messo radici (di Massimo Tivoli)

Messaggio#21 » mercoledì 24 marzo 2021, 12:45

Ciao Massimo,
Il racconto mi è molto piaciuto. Ho apprezzato particolarmente il tuo stile, elegante, con una scelta ponderata dei termini che, anche per una situazione così macabra e cruda, di grande concretezza, riescono a riferirsi ad un registro linguistico elevato. Il racconto scorre molto bene, in effetti. Ogni tanto ho percepito qualche sfasamento, soprattutto tra le informazioni offerte nella parte iniziale e i colpi di scena finali. Niente che una seconda lettura non possa risolvere o di effettivamente illecito, comunque, perché i nodi a livello di trama tornano tutti. Tema centrato, seppur non nella maniera più originale (tagliare le radici che si hanno già messo, azione che termina nell'omicidio della propria famiglia in seguito a un momento di forte crisi che scardina certezze e riporta alla luce pressioni del passato). Alla prossima!

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Andrea76
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Re: Dove avevo messo radici (di Massimo Tivoli)

Messaggio#22 » mercoledì 24 marzo 2021, 12:51

Ciao Massimo,
“Dove avevo messo radici” è un ottimo racconto. Lo è per il soggetto (amo gli anti-eroi) e per come è costruito. Ho trovato tutti gli indizi che hai seminato coerenti con il personaggio, dall’atarassia che lo pervade nell’incipit alla confusione psico-fisica che lo fa quasi scivolare dal divano, dal disincantato cinismo con cui parla al telefono con l’amico Marco allo stato di shock in cui cade nel momento in cui ricorda la morte del padre che poi rappresenta la genesi della sua pazzia. Lucide e per questo efficaci le dettagliate descrizioni del pluriomicidio. Forse fin troppo lucide, come ti è già stato fatto notare. Forse l’approccio razionale con cui Luca ripercorre il suo gesto folle rappresenta una dissonanza rispetto alle turbe psichiche che affollano la sua mente e che tu fino ad allora avevi così ben descritto.
A rileggerti

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Massimo Tivoli
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Re: Dove avevo messo radici (di Massimo Tivoli)

Messaggio#23 » mercoledì 24 marzo 2021, 13:02

Red Robin ha scritto:Ciao Massimo,
Il racconto mi è molto piaciuto. Ho apprezzato particolarmente il tuo stile, elegante, con una scelta ponderata dei termini che, anche per una situazione così macabra e cruda, di grande concretezza, riescono a riferirsi ad un registro linguistico elevato. Il racconto scorre molto bene, in effetti. Ogni tanto ho percepito qualche sfasamento, soprattutto tra le informazioni offerte nella parte iniziale e i colpi di scena finali. Niente che una seconda lettura non possa risolvere o di effettivamente illecito, comunque, perché i nodi a livello di trama tornano tutti. Tema centrato, seppur non nella maniera più originale (tagliare le radici che si hanno già messo, azione che termina nell'omicidio della propria famiglia in seguito a un momento di forte crisi che scardina certezze e riporta alla luce pressioni del passato). Alla prossima!


Ciao Valerio,
grazie per il commento. Sì, la mia interpretazione del tema non è particolarmente originale: mi sono giocato l’unico spunto che mi è arrivato alle 23.00, dopo aver messo tutta la famiglia a letto ;-)
A rileggerci e buona Edition!

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Re: Dove avevo messo radici (di Massimo Tivoli)

Messaggio#24 » mercoledì 24 marzo 2021, 13:05

Andrea76 ha scritto:Ciao Massimo,
“Dove avevo messo radici” è un ottimo racconto. Lo è per il soggetto (amo gli anti-eroi) e per come è costruito. Ho trovato tutti gli indizi che hai seminato coerenti con il personaggio, dall’atarassia che lo pervade nell’incipit alla confusione psico-fisica che lo fa quasi scivolare dal divano, dal disincantato cinismo con cui parla al telefono con l’amico Marco allo stato di shock in cui cade nel momento in cui ricorda la morte del padre che poi rappresenta la genesi della sua pazzia. Lucide e per questo efficaci le dettagliate descrizioni del pluriomicidio. Forse fin troppo lucide, come ti è già stato fatto notare. Forse l’approccio razionale con cui Luca ripercorre il suo gesto folle rappresenta una dissonanza rispetto alle turbe psichiche che affollano la sua mente e che tu fino ad allora avevi così ben descritto.
A rileggerti


Ciao Andrea,
grazie per il commento. Eh, sì, la razionalizzazione del protagonista mi ha fregato. Lì per lì non ci ho pensato, ma grazie alle vostre osservazioni devo riconoscere che è un aspetto da rivedere.
A rileggerci e buona Edition!

Red Robin
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Re: Dove avevo messo radici (di Massimo Tivoli)

Messaggio#25 » mercoledì 24 marzo 2021, 13:22

Massimo Tivoli ha scritto:
Red Robin ha scritto:Ciao Massimo,
Il racconto mi è molto piaciuto. Ho apprezzato particolarmente il tuo stile, elegante, con una scelta ponderata dei termini che, anche per una situazione così macabra e cruda, di grande concretezza, riescono a riferirsi ad un registro linguistico elevato. Il racconto scorre molto bene, in effetti. Ogni tanto ho percepito qualche sfasamento, soprattutto tra le informazioni offerte nella parte iniziale e i colpi di scena finali. Niente che una seconda lettura non possa risolvere o di effettivamente illecito, comunque, perché i nodi a livello di trama tornano tutti. Tema centrato, seppur non nella maniera più originale (tagliare le radici che si hanno già messo, azione che termina nell'omicidio della propria famiglia in seguito a un momento di forte crisi che scardina certezze e riporta alla luce pressioni del passato). Alla prossima!


Ciao Valerio,
grazie per il commento. Sì, la mia interpretazione del tema non è particolarmente originale: mi sono giocato l’unico spunto che mi è arrivato alle 23.00, dopo aver messo tutta la famiglia a letto ;-)
A rileggerci e buona Edition!



Oh noo, spero il testo non ricalchi intenzioni recondite dell'autore ahah

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Massimo Tivoli
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Re: Dove avevo messo radici (di Massimo Tivoli)

Messaggio#26 » mercoledì 24 marzo 2021, 13:35

Red Robin ha scritto:
Massimo Tivoli ha scritto:
Red Robin ha scritto:Ciao Massimo,
Il racconto mi è molto piaciuto. Ho apprezzato particolarmente il tuo stile, elegante, con una scelta ponderata dei termini che, anche per una situazione così macabra e cruda, di grande concretezza, riescono a riferirsi ad un registro linguistico elevato. Il racconto scorre molto bene, in effetti. Ogni tanto ho percepito qualche sfasamento, soprattutto tra le informazioni offerte nella parte iniziale e i colpi di scena finali. Niente che una seconda lettura non possa risolvere o di effettivamente illecito, comunque, perché i nodi a livello di trama tornano tutti. Tema centrato, seppur non nella maniera più originale (tagliare le radici che si hanno già messo, azione che termina nell'omicidio della propria famiglia in seguito a un momento di forte crisi che scardina certezze e riporta alla luce pressioni del passato). Alla prossima!


Ciao Valerio,
grazie per il commento. Sì, la mia interpretazione del tema non è particolarmente originale: mi sono giocato l’unico spunto che mi è arrivato alle 23.00, dopo aver messo tutta la famiglia a letto ;-)
A rileggerci e buona Edition!



Oh noo, spero il testo non ricalchi intenzioni recondite dell'autore ahah


Ahahahah, devo ammettere che è stata una serata, quella del Lunedì di MC, dura: le mie due meraviglie non ne volevano sapere di dormire... ma sono salve perché, al contrario del protagonista, le adoro :-) però, sì, un minimo sotto pressione mi ci sono sentito... :D

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Re: Dove avevo messo radici (di Massimo Tivoli)

Messaggio#27 » giovedì 8 aprile 2021, 12:12

Un ritorno con il botto, Massimo. Un racconto maturo, controllato, complesso, funzionale in ogni sua parte, duro. Potevi fare di più? Sicuramente, non credo sia importante empatizzare con il protagonista e rimane un quale senso di mancanza, forse dovevi esagerare sulla confusione, tarare diversamente il suo stato d'animo, ma è solo una mia vaga idea perché la soluzione da te proposta non ha evidenti punti deboli. Tema preso in pieno, ovviamente. Per me un pollice su e finisci davanti al racconto di Moretto per una struttura interna più complessa segno di una maggiore difficoltà di esecuzione.

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