Elia Ubertis di Emiliano Maramonte

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Emiliano Maramonte
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Elia Ubertis di Emiliano Maramonte

Messaggio#1 » martedì 16 marzo 2021, 0:43

Mi affaccio alla finestra. Ho udito una richiesta di aiuto. Tendo le orecchie ma non c’è altro, oltre il brusio urbano. Forse il vento mi ha ingannato. Abbasso lo sguardo, due piani più in basso, sul fatiscente villino all’altro lato della strada.
Torno a deprimermi sui conteggi di fine mese e maledico il giorno in cui ho scelto questa vita di merda.
Mi volto verso la finestra, stavolta sento chiaramente un lamento.
Proviene proprio da lì. Ma non era disabitato?
Resto in ascolto. Qualcuno è in pericolo, a quanto pare. Non so che fare. Chiamo la polizia? Un’ambulanza? Prendo il cellulare e digito il numero dei carabinieri. Pronto? Prego, dichiari qual è l’emergenza. C’è qualcuno che chiede aiuto e… Fornisco l’indirizzo e aspetto riscontro. Al momento tutte le nostre pattuglie sono impegnate. Invieremo qualcuno appena possibile. Riappendo. Forse tocca a me andare a controllare.
Scendo in strada. Che strano: quell’edificio è lì da tanti anni e io l’ho sempre ignorato, come tutti, del resto.
Attraverso la strada, supero il cancelletto scardinato e mi avvicino alla porta. Il tramonto conferisce all’abitazione un aspetto inquietante. Un brivido mi percorre la schiena.
Un altro lamento, più prolungato e triste degli altri, mi vibra nella testa.
Signore? Sta bene?
Aiuto! supplica qualcuno dall’interno. Mi coglie l’impulso di fuggire, ma giro lo stesso la maniglia e spingo. Do solo un’occhiata e me ne vado, giuro. Un’anemica lampadina illumina l’ambiente disadorno. Pochi mobili antichi, un tavolinetto di vetro e al centro della stanza una poltrona di pelle marrone su cui giace un uomo. Le pareti ingiallite sono cosparse di maschere di legno appese. Maschere orribili. Sembrano volti mummificati. L’uomo è vestito solo di una tunica grigia lisa e macchiata. Non è vecchio ma ha il viso olivastro solcato da profonde rughe ed è emaciato. Impossibile definirne l’età.
Aiutami, mi dice. Ha le braccia adagiate sui braccioli, la testa inclinata di lato. Boccheggia.
Signore, che succede?
Avvicinati; la voce è poco più che un soffio modulato.
Due, tre passi e mi fermo. Le chiamo un’ambulanza, gli dico.
Avvicinati, insiste.
Ancora due passi. Mi fermo.
Sono solo, dice. Sto per morire.
Quasi me la faccio sotto.
Solleva la destra e compare un oggetto. Un libricino dalla copertina intarsiata di simboli bizzarri. Prendilo, mi dice. Voglio che sia tuo, prima della fine.
Di cosa sta parlando?
Mi accosto alla poltrona. È un cimelio misterioso, segnato dal tempo.
Allungo il braccio, il cuore a mille, e sfioro con le dita la costina rugosa.
Con uno scatto, l’uomo mi afferra il polso con l’altra mano e me lo stringe.
Lasciami!
Mi attira a sé a pochi centimetri dalla faccia. Ha una forza incredibile. L’aria attorno alla sua testa è gelida, puzza di polvere bagnata.
Guardami, mi dice. Guardami bene. Non dimenticarmi.
I suoi occhi strabuzzati mi inoculano terrore.
Mi lasci! Cerco di liberarmi.
Io sono Elia Ubertis, rantola. Io sono Elia Ubertis.
Strattono forte la sua mano e finalmente mi molla. ‘Fanculo, vecchio! Indietreggio.
Lui ha uno spasimo in tutto il corpo. Tira indietro la testa, emette un verso acuto, poi esala l’ultimo respiro.
Sono paralizzato. Lo fisso per qualche secondo: non si muove più. Il libro antico è caduto a terra. Lo raccolgo guardingo e corro fuori dal villino.
Salgo a casa. Sono sconvolto. Chi è quel pazzo? Perché nessuno si è mai accorto di lui? Perché è morto?
Poso il libro sulla scrivania. Mi tengo la testa fra le mani. Non scorderò quegli occhi finché campo.
Respiro a fondo. Abbasso lo sguardo sulla copertina. Teschi in rilievo. Croci. Segni indecifrabili. Lo sfoglio.
Alcune pagine sono cosparse di frasi in latino, altre sono incomprensibili.
Passo le dita sulle righe.
Qualcosa fluisce dentro di me attraverso i polpastrelli. Immagini. Ricordi che non mi appartengono.
Un’intera vita mi si srotola davanti agli occhi.
Quello che vedo è agghiacciante.
Non voglio restare solo.
Pagina dopo pagina, imparo a interpretare i simboli sconosciuti. E capisco.
Tutto questo sapere non deve andare sprecato.
Ora so chi sono.
Questo potere consuma, ma può essere trasmesso.
Devo sbrigarmi. Continuo a leggere. Adesso non ho più dubbi.
Io sono Elia Ubertis.

Noi moriamo soltanto quando non riusciamo a mettere radici in altri. (Lev Tolstoj)



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Re: Elia Ubertis di Emiliano Maramonte

Messaggio#2 » martedì 16 marzo 2021, 0:46

Ciao Emiliano! Parametri rispettati, divertiti in questa SARA SIMONI EDITION!

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Signor_Darcy
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Re: Elia Ubertis di Emiliano Maramonte

Messaggio#3 » martedì 16 marzo 2021, 13:44

Parto dagli aspetti che ho apprezzato meno.
Ho trovato un po’ troppo frammentato il ritmo, forse – soprattutto nella prima parte e nel finale – ci sono un po’ troppi punti.
Un’altra cosa, magari una piccolezza, è l’ordine logico di certe parti: per esempio in “Mi volto verso la finestra, stavolta sento chiaramente un lamento”, avverto qualcosa che non mi suona molto a livello di concordanza.
Personalmente non amo molto l’aggettivo che precede il sostantivo (“fatiscente villino”, “anemica lampadina”); ma qua penso si cada più che altro nel gusto personale.
Infine l’assenza di segni grafici indicanti i dialoghi: sicuramente è una precisa scelta stilistica e – va detto – è ben gestita: in tutto il racconto si capisce sempre cosa è pronunciato e cosa è descritto. Non so quanto mi piaccia, tutto qua.

Detto questo, il racconto – che si lascia leggere senz’altro – propone un’amara riflessione sulle scelte di vita che molti di noi fanno e, in quanto tale, prova a far riflettere il lettore, in parte riuscendoci anche, grazie soprattutto a stilettate rapide invero piuttosto riuscite (“Sono paralizzato”, “Non voglio restare solo”).
Il tema del “mettere radici” l’ho inteso in senso figurato, quando nel protagonista si instaura il dubbio prima e la sicurezza poi di dover dare un senso diverso alla propria. Ci può stare, anche se forse è un po’ forzato – o magari sono io che non ho capito, può pure essere.

In definitiva un buon racconto, forse un po’ didascalico in alcune parti; senza dubbio interessante.

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Lilith_luna
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Re: Elia Ubertis di Emiliano Maramonte

Messaggio#4 » martedì 16 marzo 2021, 17:19

Ciao Emiliano, parto dicendo che il racconto mi è piaciuto. Bell'atmosfera, inquietante il giusto.
Cerco di andare in ordine per non perdermi pezzi per strada.
Ci sono due punti all'inizio che secondo me sarebbe meglio invertire: ovvero la vista che arriva al lettore prima del suono. Parti dicendo che lui va alla finestra perché ha sentito una richiesta d'aiuto, e qui ci può stare, ma successivamente il protagonista prima si gira verso la finestra e poi ci dice che sente un lamento, quando l'azione dovrebbe avvenire in modo natural-sequenziale di "sento un suono e mi giro per cercarlo", non so se mi sono spiegata. Non la reputo una cosa importante, ma ci tenevo a sottolinearla.
Mi ha lasciato un attimo perplessa la scelta di non utilizzare segni per i dialoghi, ma devo dire che dal momento che non risulta confusionario, non vedo perché non possa andare, è ben gestito. Inizialmente avevo pensato fosse una scelta motivata, tipo che in realtà fosse nella sua testa, insomma che stesse facendo tutto da solo.
Il villino di per sé è inquietante e l'atmosfera creata ha saputo suscitare in me dei piccoli brividi. Ho sentito l'odore di chiuso, la polvere bagnata. L'immagine delle maschere è stata la ciliegina, in questo caso.
Tuttavia anche qui c'è un passaggio che mi stride in fatto di "naturalezza". Lui vede per primo l'uomo, che è sensato, ma poi guarda le pareti e poi torna di nuovo sull'uomo. Mi sono fermata un attimo a rifletterci e mi è parso innaturale che si perdesse a guardare la stanza quando sulla poltrona c'è quell'uomo mezzo morto che dovrebbe catalizzare la sua attenzione. Non so.
Ma poi io manco ci sarei entrata lì dentro! xD
Sul finale mi è piaciuto di più, nonostante le frasi fossero più sincopate, ma questo ha dato anche il giusto ritmo alla scena. Il "passaggio di vita" è stata una bella scena da immaginare. Ottima conclusione.
Non ho rilevato errori o refusi, per cui ottimo lavoro.

In ultimo, spesso mi piace assegnare dei colori a ciò che leggo e i tuoi sono perfetti per l'atmosfera creata, poiché ho visto tutto svolgersi nei colori terrosi di polvere e antichità, dei libri rilegati in pelle e pagine ingiallite.

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Massimo Tivoli
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Re: Elia Ubertis di Emiliano Maramonte

Messaggio#5 » martedì 16 marzo 2021, 19:43

Ciao Emiliano,
è un piacere rileggerti. Il racconto è weird al punto giusto: c’è la suspense iniziale, l’atmosfera cupa e misteriosa e il finale che lascia con un senso di indeterminatezza, che nel weird ci può stare. Elia Ubertis che si trasmette da uomo a uomo, da coscienza a coscienza, da anima ad anima, mettendo radici nel tempo e nello spazio, conferisce un che di cosmico alla storia. Peccato per il limite di battute perché, secondo me, il racconto avrebbe guadagnato maggiore sostanza se tu avessi legato la trasmigrazione perenne dell’Ubertis originale – l’inizio di tutto – a qualcosa che lo riguardasse, a uno scopo che andasse al di là di quello palese di vivere in eterno. In altre parole, la lettura mi ha lasciato con una domanda: chi era (il primo) Elia Ubertis? Tanto è vero che in un primo momento ho persino pensato che fosse un personaggio storico, di cui, per mia ignoranza, io non conoscessi l’esistenza. Invece, a fine racconto, capisco che Elia Ubertis è solo un nome e cognome che serve per mostrare al lettore questo processo di trasmigrazione eterna. In altre parole, il racconto mostra bene l’elemento fantastico su cui si basa, ma, almeno io, ho sentito la mancanza di una storia che sfruttasse di più l’idea (del resto il protagonista è un personaggio passivo, che subisce la cosa; non sappiamo quali sono i suoi desideri e i suoi conflitti). Questo chiaramente è facile a dirsi per chi, come me, sta comodamente seduto sul divano a leggerti, ma, come sappiamo, sarebbe stato molto difficile a farsi nelle modalità di esecuzione previste dal contest. Per cui, mi tengo la bella idea e riconosco che il racconto ha comunque un suo valore.

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Davide Di Tullio
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Re: Elia Ubertis di Emiliano Maramonte

Messaggio#6 » mercoledì 17 marzo 2021, 13:07

megagenius ha scritto:Mi affaccio alla finestra. Ho udito una richiesta di aiuto. Tendo le orecchie ma non c’è altro, oltre il brusio urbano. Forse il vento mi ha ingannato. Abbasso lo sguardo, due piani più in basso, sul fatiscente villino all’altro lato della strada.
Torno a deprimermi sui conteggi di fine mese e maledico il giorno in cui ho scelto questa vita di merda.
Mi volto verso la finestra, stavolta sento chiaramente un lamento.
Proviene proprio da lì. Ma non era disabitato?
Resto in ascolto. Qualcuno è in pericolo, a quanto pare. Non so che fare. Chiamo la polizia? Un’ambulanza? Prendo il cellulare e digito il numero dei carabinieri. Pronto? Prego, dichiari qual è l’emergenza. C’è qualcuno che chiede aiuto e… Fornisco l’indirizzo e aspetto riscontro. Al momento tutte le nostre pattuglie sono impegnate. Invieremo qualcuno appena possibile. Riappendo. Forse tocca a me andare a controllare.
Scendo in strada. Che strano: quell’edificio è lì da tanti anni e io l’ho sempre ignorato, come tutti, del resto.
Attraverso la strada, supero il cancelletto scardinato e mi avvicino alla porta. Il tramonto conferisce all’abitazione un aspetto inquietante. Un brivido mi percorre la schiena.
Un altro lamento, più prolungato e triste degli altri, mi vibra nella testa.
Signore? Sta bene?
Aiuto! supplica qualcuno dall’interno. Mi coglie l’impulso di fuggire, ma giro lo stesso la maniglia e spingo. Do solo un’occhiata e me ne vado, giuro. Un’anemica lampadina illumina l’ambiente disadorno. Pochi mobili antichi, un tavolinetto di vetro e al centro della stanza una poltrona di pelle marrone su cui giace un uomo. Le pareti ingiallite sono cosparse di maschere di legno appese. Maschere orribili. Sembrano volti mummificati. L’uomo è vestito solo di una tunica grigia lisa e macchiata. Non è vecchio ma ha il viso olivastro solcato da profonde rughe ed è emaciato. Impossibile definirne l’età.
Aiutami, mi dice. Ha le braccia adagiate sui braccioli, la testa inclinata di lato. Boccheggia.
Signore, che succede?
Avvicinati; la voce è poco più che un soffio modulato.
Due, tre passi e mi fermo. Le chiamo un’ambulanza, gli dico.
Avvicinati, insiste.
Ancora due passi. Mi fermo.
Sono solo, dice. Sto per morire.
Quasi me la faccio sotto.
Solleva la destra e compare un oggetto. Un libricino dalla copertina intarsiata di simboli bizzarri. Prendilo, mi dice. Voglio che sia tuo, prima della fine.
Di cosa sta parlando?
Mi accosto alla poltrona. È un cimelio misterioso, segnato dal tempo.
Allungo il braccio, il cuore a mille, e sfioro con le dita la costina rugosa.
Con uno scatto, l’uomo mi afferra il polso con l’altra mano e me lo stringe.
Lasciami!
Mi attira a sé a pochi centimetri dalla faccia. Ha una forza incredibile. L’aria attorno alla sua testa è gelida, puzza di polvere bagnata.
Guardami, mi dice. Guardami bene. Non dimenticarmi.
I suoi occhi strabuzzati mi inoculano terrore.
Mi lasci! Cerco di liberarmi.
Io sono Elia Ubertis, rantola. Io sono Elia Ubertis.
Strattono forte la sua mano e finalmente mi molla. ‘Fanculo, vecchio! Indietreggio.
Lui ha uno spasimo in tutto il corpo. Tira indietro la testa, emette un verso acuto, poi esala l’ultimo respiro.
Sono paralizzato. Lo fisso per qualche secondo: non si muove più. Il libro antico è caduto a terra. Lo raccolgo guardingo e corro fuori dal villino.
Salgo a casa. Sono sconvolto. Chi è quel pazzo? Perché nessuno si è mai accorto di lui? Perché è morto?
Poso il libro sulla scrivania. Mi tengo la testa fra le mani. Non scorderò quegli occhi finché campo.
Respiro a fondo. Abbasso lo sguardo sulla copertina. Teschi in rilievo. Croci. Segni indecifrabili. Lo sfoglio.
Alcune pagine sono cosparse di frasi in latino, altre sono incomprensibili.
Passo le dita sulle righe.
Qualcosa fluisce dentro di me attraverso i polpastrelli. Immagini. Ricordi che non mi appartengono.
Un’intera vita mi si srotola davanti agli occhi.
Quello che vedo è agghiacciante.
Non voglio restare solo.
Pagina dopo pagina, imparo a interpretare i simboli sconosciuti. E capisco.
Tutto questo sapere non deve andare sprecato.
Ora so chi sono.
Questo potere consuma, ma può essere trasmesso.
Devo sbrigarmi. Continuo a leggere. Adesso non ho più dubbi.
Io sono Elia Ubertis.

Noi moriamo soltanto quando non riusciamo a mettere radici in altri. (Lev Tolstoj)


Ciao, mio caro conterraneo, piacere di leggerti! Il tuo racconto ha un qualche reminiscenza lovekraftiana, ma risulta (fortunatamente) aggiornato ad uno stilema moderno! Si legge molto bene, con questa alternanza di pensato e dialogo. In alcuni tratti peró sembra che il pensato diventi una sorta di dialogo indiretto ( vedi il " e maledico il giorno in cui ho scelto questa vita di merda"). Noto poi che non hai usato le caporali per i brevi scambi di dialogo finale. é stata una precisa scelta?
Ad ogni buon conto, al netto di qualche sbavatura il tuo racconto mi risulta godibile. Ho apprezzato molto l´uso della focalizzazione stretta in prima persona che, senza dubbio, elimina ogni ambiguitá sul soggetto parlante.

a rileggerci presto!

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wladimiro.borchi
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Re: Elia Ubertis di Emiliano Maramonte

Messaggio#7 » mercoledì 17 marzo 2021, 14:16

Il mio amico Emiliano!!!!
Oh, finalmente posso ricommentarti.
Allora, cerco di non farmi prendere troppo dall'enorme stima che ho per te e di evidenziarti subito le magagne (preciso doverosamente: assolutamente soggettive (nel senso di mie) e che alla fine son solo quisquiglie che non pregiudicano in alcun modo un lavoro che mi pare, nel complesso assai buono).
Come ho detto un'idea carina e interessante, un buon racconto e uno stile impeccabile.
Però...
Cosa c'è che non va? (Al di là di quel fastidioso anticipare il visto al sentito che ti hanno già fatto notare)
Il ritmo scelto rispetto al tipo di racconto.
Il narrato è troppo scorrevole e sincopato. Si corre nella lettura e, invece, almeno a me (parlo come lettore) nelle situazioni di angoscia serve respiro, attesa, periodi un po' più lunghi.
Anche l'aver inserito il dialogo nel narrato senza segni di punteggiatura, se è un idea che ho apprezzato in generale e che ho trovato anche in altri romanzi e racconti, non l'ho trovata in linea con la tua storia, dove avrei preferito che ogni pezzetto prendesse il suo posto e che non si corresse come dei pazzi fino alla fine.
Non so se mi sono spiegato.
Resta un racconto molto buono, ma che, almeno secondo me, poteva essere assai migliore.
A rileggerci presto
W

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Emiliano Maramonte
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Re: Elia Ubertis di Emiliano Maramonte

Messaggio#8 » mercoledì 17 marzo 2021, 18:52

Signor_Darcy ha scritto:Parto dagli aspetti che ho apprezzato meno.
Ho trovato un po’ troppo frammentato il ritmo, forse – soprattutto nella prima parte e nel finale – ci sono un po’ troppi punti.
Un’altra cosa, magari una piccolezza, è l’ordine logico di certe parti: per esempio in “Mi volto verso la finestra, stavolta sento chiaramente un lamento”, avverto qualcosa che non mi suona molto a livello di concordanza.
Personalmente non amo molto l’aggettivo che precede il sostantivo (“fatiscente villino”, “anemica lampadina”); ma qua penso si cada più che altro nel gusto personale.
Infine l’assenza di segni grafici indicanti i dialoghi: sicuramente è una precisa scelta stilistica e – va detto – è ben gestita: in tutto il racconto si capisce sempre cosa è pronunciato e cosa è descritto. Non so quanto mi piaccia, tutto qua.

Detto questo, il racconto – che si lascia leggere senz’altro – propone un’amara riflessione sulle scelte di vita che molti di noi fanno e, in quanto tale, prova a far riflettere il lettore, in parte riuscendoci anche, grazie soprattutto a stilettate rapide invero piuttosto riuscite (“Sono paralizzato”, “Non voglio restare solo”).
Il tema del “mettere radici” l’ho inteso in senso figurato, quando nel protagonista si instaura il dubbio prima e la sicurezza poi di dover dare un senso diverso alla propria. Ci può stare, anche se forse è un po’ forzato – o magari sono io che non ho capito, può pure essere.

In definitiva un buon racconto, forse un po’ didascalico in alcune parti; senza dubbio interessante.


Grazie mille, Stefano, per i rilievi tecnici. Effettivamente, rileggendo più volte il testo, mi sono accorto di troppi "spezzatini" nei periodi, alla lunga possono dar fastidio, come anche la collocazione temporale di due azioni. Queste segnalazioni sono molto importanti per mettere più attenzione a certe cattive abitudini...
E grazie, naturalmente, per gli apprezzamenti.
Buona Edition!

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Emiliano Maramonte
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Re: Elia Ubertis di Emiliano Maramonte

Messaggio#9 » mercoledì 17 marzo 2021, 18:56

Lilith_luna ha scritto:Ciao Emiliano, parto dicendo che il racconto mi è piaciuto. Bell'atmosfera, inquietante il giusto.
Cerco di andare in ordine per non perdermi pezzi per strada.
Ci sono due punti all'inizio che secondo me sarebbe meglio invertire: ovvero la vista che arriva al lettore prima del suono. Parti dicendo che lui va alla finestra perché ha sentito una richiesta d'aiuto, e qui ci può stare, ma successivamente il protagonista prima si gira verso la finestra e poi ci dice che sente un lamento, quando l'azione dovrebbe avvenire in modo natural-sequenziale di "sento un suono e mi giro per cercarlo", non so se mi sono spiegata. Non la reputo una cosa importante, ma ci tenevo a sottolinearla.
Mi ha lasciato un attimo perplessa la scelta di non utilizzare segni per i dialoghi, ma devo dire che dal momento che non risulta confusionario, non vedo perché non possa andare, è ben gestito. Inizialmente avevo pensato fosse una scelta motivata, tipo che in realtà fosse nella sua testa, insomma che stesse facendo tutto da solo.
Il villino di per sé è inquietante e l'atmosfera creata ha saputo suscitare in me dei piccoli brividi. Ho sentito l'odore di chiuso, la polvere bagnata. L'immagine delle maschere è stata la ciliegina, in questo caso.
Tuttavia anche qui c'è un passaggio che mi stride in fatto di "naturalezza". Lui vede per primo l'uomo, che è sensato, ma poi guarda le pareti e poi torna di nuovo sull'uomo. Mi sono fermata un attimo a rifletterci e mi è parso innaturale che si perdesse a guardare la stanza quando sulla poltrona c'è quell'uomo mezzo morto che dovrebbe catalizzare la sua attenzione. Non so.
Ma poi io manco ci sarei entrata lì dentro! xD
Sul finale mi è piaciuto di più, nonostante le frasi fossero più sincopate, ma questo ha dato anche il giusto ritmo alla scena. Il "passaggio di vita" è stata una bella scena da immaginare. Ottima conclusione.
Non ho rilevato errori o refusi, per cui ottimo lavoro.

In ultimo, spesso mi piace assegnare dei colori a ciò che leggo e i tuoi sono perfetti per l'atmosfera creata, poiché ho visto tutto svolgersi nei colori terrosi di polvere e antichità, dei libri rilegati in pelle e pagine ingiallite.


Ciao!
Piacere di conoscerti e grazie per la lettura e per il commento.
Faccio tesoro delle tue segnalazioni. Preciso che le ulteriori descrizioni degli interni del villino erano necessarie per calare un minimo il lettore nell'ambiente e per enfatizzare l'aspetto lugubre della vicenda. Forse mi sono dilungato un pochino più del dovuto.
Grazie per gli apprezzamenti.
Buona Edition!

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Emiliano Maramonte
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Re: Elia Ubertis di Emiliano Maramonte

Messaggio#10 » mercoledì 17 marzo 2021, 19:17

Massimo Tivoli ha scritto:Ciao Emiliano,
è un piacere rileggerti. Il racconto è weird al punto giusto: c’è la suspense iniziale, l’atmosfera cupa e misteriosa e il finale che lascia con un senso di indeterminatezza, che nel weird ci può stare. Elia Ubertis che si trasmette da uomo a uomo, da coscienza a coscienza, da anima ad anima, mettendo radici nel tempo e nello spazio, conferisce un che di cosmico alla storia. Peccato per il limite di battute perché, secondo me, il racconto avrebbe guadagnato maggiore sostanza se tu avessi legato la trasmigrazione perenne dell’Ubertis originale – l’inizio di tutto – a qualcosa che lo riguardasse, a uno scopo che andasse al di là di quello palese di vivere in eterno. In altre parole, la lettura mi ha lasciato con una domanda: chi era (il primo) Elia Ubertis? Tanto è vero che in un primo momento ho persino pensato che fosse un personaggio storico, di cui, per mia ignoranza, io non conoscessi l’esistenza. Invece, a fine racconto, capisco che Elia Ubertis è solo un nome e cognome che serve per mostrare al lettore questo processo di trasmigrazione eterna. In altre parole, il racconto mostra bene l’elemento fantastico su cui si basa, ma, almeno io, ho sentito la mancanza di una storia che sfruttasse di più l’idea (del resto il protagonista è un personaggio passivo, che subisce la cosa; non sappiamo quali sono i suoi desideri e i suoi conflitti). Questo chiaramente è facile a dirsi per chi, come me, sta comodamente seduto sul divano a leggerti, ma, come sappiamo, sarebbe stato molto difficile a farsi nelle modalità di esecuzione previste dal contest. Per cui, mi tengo la bella idea e riconosco che il racconto ha comunque un suo valore.


Massimo carissimo, sono proprio contento di rivederti in queste lande infernali!
Sono sincero: mi sono mancati i tuoi lavori, in tutto questo tempo. Ecco perché andrò a leggerti con grande entusiasmo e curiosità. Sicuramente avrai tirato fuori un altro grande pezzo!
Vengo al tuo commento.
Legittimo il tuo quesito. Chi era il primo Elia Ubertis? Non lo so neanche io; forse un antico stregone, forse un demone, un druido redivivo... Boh, chi lo sa?
Inutile dirti che quando si parla di narrativa brevissima, bisogna trovare dei difficilissimi equilibri. Mi rendo conto anche io che sarebbe stato carino avere un'idea dell'origine di questa trasmigrazione, ma ho dovuto fare delle scelte. Ho dovuto spiegare il meccanismo ma tralasciando il punto di partenza e qualche altro elemento di "semina". In buona sostanza, chi indovina le scelte narrative vince.
Grazie comunque per la lettura e gli apprezzamenti.
Buona Edition e... bentornato!

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Emiliano Maramonte
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Re: Elia Ubertis di Emiliano Maramonte

Messaggio#11 » mercoledì 17 marzo 2021, 19:30

wladimiro.borchi ha scritto:Il mio amico Emiliano!!!!
Oh, finalmente posso ricommentarti.
Allora, cerco di non farmi prendere troppo dall'enorme stima che ho per te e di evidenziarti subito le magagne (preciso doverosamente: assolutamente soggettive (nel senso di mie) e che alla fine son solo quisquiglie che non pregiudicano in alcun modo un lavoro che mi pare, nel complesso assai buono).
Come ho detto un'idea carina e interessante, un buon racconto e uno stile impeccabile.
Però...
Cosa c'è che non va? (Al di là di quel fastidioso anticipare il visto al sentito che ti hanno già fatto notare)
Il ritmo scelto rispetto al tipo di racconto.
Il narrato è troppo scorrevole e sincopato. Si corre nella lettura e, invece, almeno a me (parlo come lettore) nelle situazioni di angoscia serve respiro, attesa, periodi un po' più lunghi.
Anche l'aver inserito il dialogo nel narrato senza segni di punteggiatura, se è un idea che ho apprezzato in generale e che ho trovato anche in altri romanzi e racconti, non l'ho trovata in linea con la tua storia, dove avrei preferito che ogni pezzetto prendesse il suo posto e che non si corresse come dei pazzi fino alla fine.
Non so se mi sono spiegato.
Resta un racconto molto buono, ma che, almeno secondo me, poteva essere assai migliore.
A rileggerci presto
W


Caro Wlad, stima più che ricambiata che, nel tuo caso, tracima nell'ammirazione (non sono uso alle sviolinate...).
Ti ringrazio per la franca valutazione e la apprezzo tantissimo proprio perché mi permette di avere il giusto sguardo su ciò che scrivo senza troppo autocompiacimento.
Devo riflettere sull'aspetto del ritmo; sono entrato un po' in crisi perché non sei il primo a farmelo notare. Ci lavorerò su.
Grazie anche a te per gli apprezzamenti.

In bocca al lupo!

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lucaspalletti
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Re: Elia Ubertis di Emiliano Maramonte

Messaggio#12 » giovedì 18 marzo 2021, 0:46

Piacere di conoscerti e leggerti, Emiliano.
Sono alla prima edizione, spero che il mio parere non risulti troppo "acerbo" o maldestro.
Ho apprezzato l'idea del racconto, incontra parecchio il mio gusto personale.
A mio avviso il brano centra senza problemi il tema, anche se forse, in funzione prettamente del contest, avrei visto un accenno più "visivo" alle radici come un plus. Ad esempio dei simboli sul tomo ( con dei viticci al posto dei teschi, magari), o la sensazione di sentirsi abbarbicare o soffocare alla lettura del libro maledetto. Siamo comunque nell'ambito della pignoleria (e della soggettività), ed il testo scorre bene ugualmente.
Unico altro appunto che mi sento di fare è riguardo ai dialoghi. Ho trovato un pelo disorientante l'assenza di punteggiatura. Anche se non ho avuto difficoltà a capire chi fosse "in battuta", spesso ho dovuto interrompere la lettura per distinguere la prosa dalla componente dialogica. Niente di grave, ovviamente, però la mia esperienza ne è uscita un pelo "spezzettata". Magari anche questa è un'impressione soggettiva, ma lo trovo un peccato, perché altrimenti il brano sarebbe stato ancor più piacevole da leggere.
Comunque una bella prova, grazie per la piacevole lettura!
Luca

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Emiliano Maramonte
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Re: Elia Ubertis di Emiliano Maramonte

Messaggio#13 » giovedì 18 marzo 2021, 12:40

Davide Di Tullio ha scritto:
megagenius ha scritto:Mi affaccio alla finestra. Ho udito una richiesta di aiuto. Tendo le orecchie ma non c’è altro, oltre il brusio urbano. Forse il vento mi ha ingannato. Abbasso lo sguardo, due piani più in basso, sul fatiscente villino all’altro lato della strada.
Torno a deprimermi sui conteggi di fine mese e maledico il giorno in cui ho scelto questa vita di merda.
Mi volto verso la finestra, stavolta sento chiaramente un lamento.
Proviene proprio da lì. Ma non era disabitato?
Resto in ascolto. Qualcuno è in pericolo, a quanto pare. Non so che fare. Chiamo la polizia? Un’ambulanza? Prendo il cellulare e digito il numero dei carabinieri. Pronto? Prego, dichiari qual è l’emergenza. C’è qualcuno che chiede aiuto e… Fornisco l’indirizzo e aspetto riscontro. Al momento tutte le nostre pattuglie sono impegnate. Invieremo qualcuno appena possibile. Riappendo. Forse tocca a me andare a controllare.
Scendo in strada. Che strano: quell’edificio è lì da tanti anni e io l’ho sempre ignorato, come tutti, del resto.
Attraverso la strada, supero il cancelletto scardinato e mi avvicino alla porta. Il tramonto conferisce all’abitazione un aspetto inquietante. Un brivido mi percorre la schiena.
Un altro lamento, più prolungato e triste degli altri, mi vibra nella testa.
Signore? Sta bene?
Aiuto! supplica qualcuno dall’interno. Mi coglie l’impulso di fuggire, ma giro lo stesso la maniglia e spingo. Do solo un’occhiata e me ne vado, giuro. Un’anemica lampadina illumina l’ambiente disadorno. Pochi mobili antichi, un tavolinetto di vetro e al centro della stanza una poltrona di pelle marrone su cui giace un uomo. Le pareti ingiallite sono cosparse di maschere di legno appese. Maschere orribili. Sembrano volti mummificati. L’uomo è vestito solo di una tunica grigia lisa e macchiata. Non è vecchio ma ha il viso olivastro solcato da profonde rughe ed è emaciato. Impossibile definirne l’età.
Aiutami, mi dice. Ha le braccia adagiate sui braccioli, la testa inclinata di lato. Boccheggia.
Signore, che succede?
Avvicinati; la voce è poco più che un soffio modulato.
Due, tre passi e mi fermo. Le chiamo un’ambulanza, gli dico.
Avvicinati, insiste.
Ancora due passi. Mi fermo.
Sono solo, dice. Sto per morire.
Quasi me la faccio sotto.
Solleva la destra e compare un oggetto. Un libricino dalla copertina intarsiata di simboli bizzarri. Prendilo, mi dice. Voglio che sia tuo, prima della fine.
Di cosa sta parlando?
Mi accosto alla poltrona. È un cimelio misterioso, segnato dal tempo.
Allungo il braccio, il cuore a mille, e sfioro con le dita la costina rugosa.
Con uno scatto, l’uomo mi afferra il polso con l’altra mano e me lo stringe.
Lasciami!
Mi attira a sé a pochi centimetri dalla faccia. Ha una forza incredibile. L’aria attorno alla sua testa è gelida, puzza di polvere bagnata.
Guardami, mi dice. Guardami bene. Non dimenticarmi.
I suoi occhi strabuzzati mi inoculano terrore.
Mi lasci! Cerco di liberarmi.
Io sono Elia Ubertis, rantola. Io sono Elia Ubertis.
Strattono forte la sua mano e finalmente mi molla. ‘Fanculo, vecchio! Indietreggio.
Lui ha uno spasimo in tutto il corpo. Tira indietro la testa, emette un verso acuto, poi esala l’ultimo respiro.
Sono paralizzato. Lo fisso per qualche secondo: non si muove più. Il libro antico è caduto a terra. Lo raccolgo guardingo e corro fuori dal villino.
Salgo a casa. Sono sconvolto. Chi è quel pazzo? Perché nessuno si è mai accorto di lui? Perché è morto?
Poso il libro sulla scrivania. Mi tengo la testa fra le mani. Non scorderò quegli occhi finché campo.
Respiro a fondo. Abbasso lo sguardo sulla copertina. Teschi in rilievo. Croci. Segni indecifrabili. Lo sfoglio.
Alcune pagine sono cosparse di frasi in latino, altre sono incomprensibili.
Passo le dita sulle righe.
Qualcosa fluisce dentro di me attraverso i polpastrelli. Immagini. Ricordi che non mi appartengono.
Un’intera vita mi si srotola davanti agli occhi.
Quello che vedo è agghiacciante.
Non voglio restare solo.
Pagina dopo pagina, imparo a interpretare i simboli sconosciuti. E capisco.
Tutto questo sapere non deve andare sprecato.
Ora so chi sono.
Questo potere consuma, ma può essere trasmesso.
Devo sbrigarmi. Continuo a leggere. Adesso non ho più dubbi.
Io sono Elia Ubertis.

Noi moriamo soltanto quando non riusciamo a mettere radici in altri. (Lev Tolstoj)


Ciao, mio caro conterraneo, piacere di leggerti! Il tuo racconto ha un qualche reminiscenza lovekraftiana, ma risulta (fortunatamente) aggiornato ad uno stilema moderno! Si legge molto bene, con questa alternanza di pensato e dialogo. In alcuni tratti peró sembra che il pensato diventi una sorta di dialogo indiretto ( vedi il " e maledico il giorno in cui ho scelto questa vita di merda"). Noto poi che non hai usato le caporali per i brevi scambi di dialogo finale. é stata una precisa scelta?
Ad ogni buon conto, al netto di qualche sbavatura il tuo racconto mi risulta godibile. Ho apprezzato molto l´uso della focalizzazione stretta in prima persona che, senza dubbio, elimina ogni ambiguitá sul soggetto parlante.

a rileggerci presto!


Carissimo conterraneo, grazie per gli apprezzamenti e per le considerazioni.
Togliendo i segni del discorso diretto, mi sono preso un bel rischio, ma è stata una scelta precisa: volevo uniformare tutto in un unico flusso narrativo. Paradossalmente però, così facendo, ho frammentato la tensione, costringendo il lettore a tornare indietro per rileggere i passi. Che mi serva di lezione.
In bocca al lupo e complimenti per l'arruffamento delle penne! Siete troppo forti!

alexandra.fischer
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Re: Elia Ubertis di Emiliano Maramonte

Messaggio#14 » giovedì 18 marzo 2021, 21:24

ELIA UBERTIS di Emiliano Maramonte Tema centrato. Punti di forza: l’uso di frasi semplici che rispecchiano in modo credibile il linguaggio quotidiano (la telefonata ai carabinieri, i pensieri del protagonista). Per quel che riguarda il protagonista, mi piace il suo spessore. Va oltre al quotidiano, oltrepassa l’indifferenza verso la vecchia casa quando sente il lamento. E la descrizione di questa casa dai mobili antichi, debolmente illuminata, con i volti alle pareti e il morente Elia Umbertis del titolo, con i tratti del mago (non parlo solo del tomo o della tunica, ma anche dell’aspetto consunto dal potere che ha acquisito dalla lettura e amplificato nella solitudine). Bella la confidenza che si instaura fra i due e il passaggio di consegne. La storia è aiutata molto dalla citazione di Tolstoj nel finale.
Punti deboli: nessuno.

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filippo.mammoli
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Re: Elia Ubertis di Emiliano Maramonte

Messaggio#15 » sabato 20 marzo 2021, 10:56

Ciao Emiliano,
Sono molto contento di doverti commentare.
Anche questa volta il tuo racconto è molto interessante e, al solito, ben scritto.
Ti dico subito che sono in overdose da valutazioni sull'immersività, sulla gestione maniacale del punto di vista e sull'ossessione del mostrato invece che raccontato.
Per cui non entrerò affatto nel merito di tutto questo.
Ti dirò che ho sentito con forza la paura e la sottile angoscia che ha respirato il protagonista e che ho seguito con trepidazione tutti i suoi passi, fino al gran finale. I periodi brevi non spezzano il ritmo, a mio parere, al contrario. Sono rimasto un po' incerto all'inizio sui dialoghi senza punteggiatura, ma dopo poco si capisce bene ed è una scelta che può dare grandi frutti se gestita bene, vedi Saramago.
In definitiva per me è un ottimo racconto, uno dei tuoi migliori.

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Emiliano Maramonte
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Re: Elia Ubertis di Emiliano Maramonte

Messaggio#16 » domenica 21 marzo 2021, 18:21

alexandra.fischer ha scritto:ELIA UBERTIS di Emiliano Maramonte Tema centrato. Punti di forza: l’uso di frasi semplici che rispecchiano in modo credibile il linguaggio quotidiano (la telefonata ai carabinieri, i pensieri del protagonista). Per quel che riguarda il protagonista, mi piace il suo spessore. Va oltre al quotidiano, oltrepassa l’indifferenza verso la vecchia casa quando sente il lamento. E la descrizione di questa casa dai mobili antichi, debolmente illuminata, con i volti alle pareti e il morente Elia Umbertis del titolo, con i tratti del mago (non parlo solo del tomo o della tunica, ma anche dell’aspetto consunto dal potere che ha acquisito dalla lettura e amplificato nella solitudine). Bella la confidenza che si instaura fra i due e il passaggio di consegne. La storia è aiutata molto dalla citazione di Tolstoj nel finale.
Punti deboli: nessuno.


Cosa posso dire? Grazie per gli apprezzamenti!
Buona Edition!
Emiliano.

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Emiliano Maramonte
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Re: Elia Ubertis di Emiliano Maramonte

Messaggio#17 » domenica 21 marzo 2021, 18:24

filippo.mammoli ha scritto:Ciao Emiliano,
Sono molto contento di doverti commentare.
Anche questa volta il tuo racconto è molto interessante e, al solito, ben scritto.
Ti dico subito che sono in overdose da valutazioni sull'immersività, sulla gestione maniacale del punto di vista e sull'ossessione del mostrato invece che raccontato.
Per cui non entrerò affatto nel merito di tutto questo.
Ti dirò che ho sentito con forza la paura e la sottile angoscia che ha respirato il protagonista e che ho seguito con trepidazione tutti i suoi passi, fino al gran finale. I periodi brevi non spezzano il ritmo, a mio parere, al contrario. Sono rimasto un po' incerto all'inizio sui dialoghi senza punteggiatura, ma dopo poco si capisce bene ed è una scelta che può dare grandi frutti se gestita bene, vedi Saramago.
In definitiva per me è un ottimo racconto, uno dei tuoi migliori.


Ciao Filippo!
Mi fa molto piacere che ti sia piaciuto.
Proprio in questo periodo anch'io sono piuttosto in fissa con manuali e lezioni sull'immersività e sto sudando le proverbiali sette camicie per giungere ad acquisizioni tecniche univoche. Non è facile, ma alla fin fine la scrittura è meravigliosa proprio per questo: non si finisce mai di imparare!
Grazie per il bellissimo apprezzamento.

In bocca al lupo!
Emiliano.

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Stefano.Moretto
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Re: Elia Ubertis di Emiliano Maramonte

Messaggio#18 » lunedì 22 marzo 2021, 0:46

Ciao Emiliano.
La storia nel suo complesso è intrigante e mi ha ricordato vagamente in Adventure Time il background di Re Ghiaccio (aka Simon), ovvero un uomo la cui mente viene stravolta dal possesso di un oggetto magico e misterioso. Immagino che il tema vada interpretato in questo modo: la personalità di Ubertis che mette radici nella mente di un nuovo ospite. Un modo originale per portare questo tema, non c'è che dire.
Passo ad analizzare le cose che mi sono piaciute meno.
Nella primissima parte del racconto mostri una tendenza all'anticipazione:
Mi affaccio alla finestra. Ho udito una richiesta di aiuto.

Questa cosa si ripete dopo altre volte, anticipi l'effetto alla causa. Per azioni così brevi l'effetto negativo è minimo e in molti lettori otterrai solo un senso di vago disturbo nella lettura, ma avere qualcosa che disturbi la lettura non è qualcosa che vuoi in un tuo testo, ti consiglio di farci più attenzione in futuro.
Per quanto riguarda i dialoghi senza virgolette o altri segni di distinzione, a me non piacciono e la trovo una scelta immotivata: è vero che nella vita reale i segni non esistono, ma nella vita reale sai distinguere tra la narrazione degli eventi e un suono, perché vengono da input diversi. In un testo questa distinzione non c'è, perché è tutto testo.
Ho visto che ti è stato già segnalato, quindi faccio un'analisi un po' più approfondita su questa tematica.
In un brano in terza persona al passato fare dei dialoghi senza segni distintivi può causare meno disturbo perché i dialoghi sono al presente e quindi capisci quasi automaticamente che un pezzo al presente è un dialogo, ma costringi il lettore a consumare risorse mentali per fare questa distinzione.
In un testo in prima persona al presente come il tuo, invece, diventa pure difficile riuscire a fare questa distinzione, ad esempio:
Aiuto! supplica qualcuno dall’interno. Mi coglie l’impulso di fuggire, ma giro lo stesso la maniglia e spingo. Do solo un’occhiata e me ne vado, giuro.

L'ultima frase è parlata o un pensiero? Da un lato mi viene da pensare che sia un parlato per il "giuro" finale, che sembra rivolto a qualcuno, ma non trovo molto sensato che se qualcuno ti chiede aiuto tu rispondi che dai solo un'occhiata, quindi mi rimane il dubbio.
In altri punti invece diventa difficile capire chi è che sta parlando:
Pronto? Prego, dichiari qual è l’emergenza. C’è qualcuno che chiede aiuto e… Fornisco l’indirizzo e aspetto riscontro. Al momento tutte le nostre pattuglie sono impegnate. Invieremo qualcuno appena possibile. Riappendo. Forse tocca a me andare a controllare.

Qui non si capisce bene chi sta parlando. Il primo "Pronto?" immagino sia della polizia, ma allora perché continuano a parlare senza aspettare risposta? Allora sarà del protagonista, ma di solito quando si telefona si aspetta che sia l'altro a dire "Pronto" per parlare. Inoltre sempre nello stesso pezzo alterni dialoghi diretti a dialoghi indiretti, complicando ulteriormente la cosa.
Insomma, è una scelta che personalmente non avrei fatto. Anche se qui sei riuscito a giostrartela complessivamente bene, facendo capire più o meno sempre chi dice cosa, non è una strategia che consiglierei di adottare se l'obiettivo era quello di tenere il ritmo serrato. Certo, nella lettura il ritmo è serratissimo, ma ostacoli la comprensione in chi legge.
Ho immaginato che tu possa aver adottato questa scelta per risparmiare caratteri (visto che sei sul limite preciso al millimetro). In questo caso ti posso dare una soluzione alternativa: elimina la conversazione con la polizia. Non serve ai fini della trama, non ci dice qualcosa di particolare sul protagonista e non serve a un colpo di scena finale, quindi puoi tagliare quel pezzo senza alcun problema e ti ricavi i caratteri per riformattare lo stile.
Nel complesso ho trovato il tuo racconto molto interessante soprattutto per il potenziale che esprime in possibili sviluppi, purtroppo lo stile adottato non mi ha permesso di godermelo appieno.

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Emiliano Maramonte
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Re: Elia Ubertis di Emiliano Maramonte

Messaggio#19 » lunedì 22 marzo 2021, 10:44

Stefano.Moretto ha scritto:Ciao Emiliano.
La storia nel suo complesso è intrigante e mi ha ricordato vagamente in Adventure Time il background di Re Ghiaccio (aka Simon), ovvero un uomo la cui mente viene stravolta dal possesso di un oggetto magico e misterioso. Immagino che il tema vada interpretato in questo modo: la personalità di Ubertis che mette radici nella mente di un nuovo ospite. Un modo originale per portare questo tema, non c'è che dire.
Passo ad analizzare le cose che mi sono piaciute meno.
Nella primissima parte del racconto mostri una tendenza all'anticipazione:
Mi affaccio alla finestra. Ho udito una richiesta di aiuto.

Questa cosa si ripete dopo altre volte, anticipi l'effetto alla causa. Per azioni così brevi l'effetto negativo è minimo e in molti lettori otterrai solo un senso di vago disturbo nella lettura, ma avere qualcosa che disturbi la lettura non è qualcosa che vuoi in un tuo testo, ti consiglio di farci più attenzione in futuro.
Per quanto riguarda i dialoghi senza virgolette o altri segni di distinzione, a me non piacciono e la trovo una scelta immotivata: è vero che nella vita reale i segni non esistono, ma nella vita reale sai distinguere tra la narrazione degli eventi e un suono, perché vengono da input diversi. In un testo questa distinzione non c'è, perché è tutto testo.
Ho visto che ti è stato già segnalato, quindi faccio un'analisi un po' più approfondita su questa tematica.
In un brano in terza persona al passato fare dei dialoghi senza segni distintivi può causare meno disturbo perché i dialoghi sono al presente e quindi capisci quasi automaticamente che un pezzo al presente è un dialogo, ma costringi il lettore a consumare risorse mentali per fare questa distinzione.
In un testo in prima persona al presente come il tuo, invece, diventa pure difficile riuscire a fare questa distinzione, ad esempio:
Aiuto! supplica qualcuno dall’interno. Mi coglie l’impulso di fuggire, ma giro lo stesso la maniglia e spingo. Do solo un’occhiata e me ne vado, giuro.

L'ultima frase è parlata o un pensiero? Da un lato mi viene da pensare che sia un parlato per il "giuro" finale, che sembra rivolto a qualcuno, ma non trovo molto sensato che se qualcuno ti chiede aiuto tu rispondi che dai solo un'occhiata, quindi mi rimane il dubbio.
In altri punti invece diventa difficile capire chi è che sta parlando:
Pronto? Prego, dichiari qual è l’emergenza. C’è qualcuno che chiede aiuto e… Fornisco l’indirizzo e aspetto riscontro. Al momento tutte le nostre pattuglie sono impegnate. Invieremo qualcuno appena possibile. Riappendo. Forse tocca a me andare a controllare.

Qui non si capisce bene chi sta parlando. Il primo "Pronto?" immagino sia della polizia, ma allora perché continuano a parlare senza aspettare risposta? Allora sarà del protagonista, ma di solito quando si telefona si aspetta che sia l'altro a dire "Pronto" per parlare. Inoltre sempre nello stesso pezzo alterni dialoghi diretti a dialoghi indiretti, complicando ulteriormente la cosa.
Insomma, è una scelta che personalmente non avrei fatto. Anche se qui sei riuscito a giostrartela complessivamente bene, facendo capire più o meno sempre chi dice cosa, non è una strategia che consiglierei di adottare se l'obiettivo era quello di tenere il ritmo serrato. Certo, nella lettura il ritmo è serratissimo, ma ostacoli la comprensione in chi legge.
Ho immaginato che tu possa aver adottato questa scelta per risparmiare caratteri (visto che sei sul limite preciso al millimetro). In questo caso ti posso dare una soluzione alternativa: elimina la conversazione con la polizia. Non serve ai fini della trama, non ci dice qualcosa di particolare sul protagonista e non serve a un colpo di scena finale, quindi puoi tagliare quel pezzo senza alcun problema e ti ricavi i caratteri per riformattare lo stile.
Nel complesso ho trovato il tuo racconto molto interessante soprattutto per il potenziale che esprime in possibili sviluppi, purtroppo lo stile adottato non mi ha permesso di godermelo appieno.


Ciao Stefano!
Grazie per la lettura e per l'analisi approfondita; questo forum è un vero e proprio laboratorio di scrittura e i consigli e le "bacchettate" sono sempre utili e formative.
Avete tutti ragione: l'inconveniente dell' "anticipazione" mi ha colto di sorpresa, me ne sono accorto solo dopo aver ricevuto il primo commento! Dovrò farci assolutamente attenzione la prossima volta.
Questione discorso diretto. Anche io odio questi tipi di sperimentazioni. Un paio di mesi fa ho letto un e-book di fantascienza tutto scritto in questo modo, non ti dico la fatica di arrivare alla conclusione e, soprattutto, l'enorme confusione a ogni pagina!
Stavolta, però, mi sono assunto consapevolmente il rischio, ho voluto provare questa tecnica, ma mi sono reso conto che, se non viene eseguita con la massima precisione, è dannosa. La mia intenzione era di uniformare tutte le percezioni e i flussi di coscienza del protagonista in un'unica corrente narrativa. Evidentemente qualcosa è andato storto. Tornerò alla "tradizione" con i segni del discorso diretto o al corsivo, se del caso.

Grazie ancora e buona Edizione!

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giulio.palmieri
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Re: Elia Ubertis di Emiliano Maramonte

Messaggio#20 » mercoledì 24 marzo 2021, 22:21

Ciao Emiliano, piacere di leggerti.
Allora, il racconto secondo me scorre bene, essendo un estimatore di Tabucchi e Saramago mi sono ritrovato nella tua sperimentazione. Secondo me però alcuni passaggi sono un po' veloci, del tipo l'avvicinarsi alla porta del palazzo, il tramonto, o le sensazioni dell'incipit. Resto anche col desiderio di sapere cosa vede il protagonista nel libro, e di tutti i dettagli accennati ma non mostrati. Insomma, personalmente esco dalla lettura con la voglia di una maggiore immersione nell'atmosfera del racconto, che ha tutto il sapore di Lovecraft. Ad ogni modo, una buona prova. E buona edition!

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antico
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Re: Elia Ubertis di Emiliano Maramonte

Messaggio#21 » giovedì 8 aprile 2021, 17:17

Complimenti per la sperimentazione, direi che sei riuscito a portarla fino in fondo senza cedimenti e questo è un bel plus. Non so quanto mi piaccia questa tecnica, sia chiaro, ma credo anche che il problema principale che ho riscontrato le lasci ancora uno spiraglio per un'esecuzione più equilibrata. Mi spiego: credo che in certi passaggi tu abbia dovuto accelerare per riuscire ad arrivare puntuale all'appuntamento con il limite di caratteri. In pratica, questa cosa ti ha influenzato andando a incidere sul tuo controllo del racconto e facendoti perdere, in alcuni punti, l'equilibrio necessario. Questa è la mia idea. Tema perfettamente declinato. Concludendo, per me un pollice tendente verso il positivo in modo brillante per la sperimentazione e l'esecuzione, al netto di quanto di ho sottolineato sulla problematica caratteri.

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Emiliano Maramonte
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Re: Elia Ubertis di Emiliano Maramonte

Messaggio#22 » giovedì 8 aprile 2021, 18:33

Grazie, Antico, per la valutazione, ma soprattutto lasciami dire che sono contentissimo che tu stia bene e sia tornato in pista.
Grazie anche per i complimenti.

Emiliano.

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