Vèrgin Tour
Inviato: mercoledì 14 aprile 2021, 18:14
Flower è seduta sulle spalle di due sacerdoti della Scorta, la durezza dei loro muscoli spinge con forza nei suoi glutei.
La ragazza getta un ultimo sguardo al cielo plumbeo e frastagliato dagli alti Ruderi prima di entrare nella Casa della Dea.
Papadonprì, vestito di bianco, guida tutti per le stanze illuminate dallo Spirito incastonato nelle pareti e sul soffitto.
Flower allunga le dita verso uno dei bulbi di luce fredda che le passa accanto, così diversi dal chiarore feroce di un qualsiasi fuoco del Villaggio.
Ritrae la mano: la luce dello Spirito è sacra.
Rimira il vestito bianco e lungo in cui è avvolta; non è mai sentita così bella.
«Per di qua.» bisbiglia Papadonprì.
L’anziano sale una rampa di scale, gli uomini lo seguono un gradino dopo l’altro.
Flower barcolla e d’istinto si sorregge sulle teste dei due accompagnatori; loro sorridono e le stringono con più forza le cosce, senza fermarsi.
Le mani degli uomini sono ruvide.
Papadonprì si ferma davanti una porta a metà del corridoio, i due sacerdoti posano Flower a terra con delicatezza.
Il prato sotto i piedi nudi punge eppure è lucido come fosse intriso di rugiada.
La Dea stessa camminò su quel campo aguzzo nei tempi antichi!
Un brivido piacevole le serpeggia nella schiena scoperta.
Papadonprì prende la mano di Flower e insieme varcano la porta.
La luce dello Spirito, alle loro spalle, illumina una fetta sottile della stanza e null'altro.
«Accomodati, il Rito comincerà presto. Hai paura?»
«No.» risponde Flower. «Soltanto gioia.»
Nella penombra, dita tremanti le sfiorano il naso, le guance e poi i seni. Il sostegno destro del vestito le scivola in basso.
L’uomo si allontana e si volta.
«La Dea sta per arrivare.»
La porta si chiude portandosi via Papadonprì, la Scorta e la Luce dello Spirito.
Non esiste più nulla, eccetto il petto che a fatica tenta di contenere il cuore pulsante.
L’Occhio Luminoso si apre e inonda la stanza con una luce vibrante.
Flower stringe gli occhi e resiste alla tentazione di serrare le palpebre; non le è concesso di perdersi nemmeno un’istante della Visione.
La nuda parete davanti a lei si riempie di forme e colori, diviene la finestra sul Mondo Antico che attendeva.
Alcuni Ruderi, più alti e regolari di come sono in realtà, si stagliano su di un cielo notturno.
Il Mare Giallo, sotto di essi, è invece di un blu osceno. La luce dello Spirito brilla dappertutto e si riflette su acque e mattoni.
Suoni vigorosi cominciano a martellarle nelle orecchie, nel petto e nel ventre. E poi arriva.
Flower si morde il labbro secco, lo stomaco fa un salto all’indietro.
È Lei!
I capelli voluminosi, la pelle immacolata come quella di un neonato, la fessura seducente nei denti davanti.
La Dea danza sul posto, passeggia, la guarda dritta negli occhi e Flower naufraga in quell’azzurro intenso.
La Dea muove le labbra sormontate dall’ammaliante puntino nero.
Canta.
Le parole in lingua Antica volano nella stanza; sono troppo rapide e il significato è oscuro.
La Dea appare e ricompare ogni volta indossando abiti diversi, la chioma divina cambia forma e lunghezza.
Gli occhi di Flower pizzicano, si siede sull’erba pungente.
A stento ricorda la vita prima che varcasse la porta della Casa.
Lei vive perché è la Dea a volerlo, tutto qui.
C’è altro?
Un gatto gigantesco passeggia su di un pavimento candido, il suo corpo diventa quello di un uomo e abbraccia la Dea su di un ponte perfetto incassato tra due Ruderi.
Flower riconosce per la prima volta una parola.
Vèrgin.
«Si, Dea. Sarò la tua Vèrgin…»
L’occhio Luminoso si chiude, la finestra sul Mondo Antico scompare.
Un bulbo di Spirito si accende sul soffitto; la Dea se n’è andata e a Flower manca già, la vorrebbe accanto per la fine del Rito.
No, ora tocca a lei e a lei soltanto.
La porta alle spalle si apre, il cuore di Flower perde un battito.
Papadonprì e la Scorta entrano uno dopo l’altro, nudi e coi membri penzolanti.
Due uomini si fanno avanti; sono quelli che la sorreggevano mentre entravano nella Casa.
Flower sorride.
È felice che quei due siano i primi.
[…]
Flower spinge il portone della Casa della Dea ed esce.
I Ruderi che la circondano sono chiazzati di luce rosata, lo spicchio di cielo sopra gli edifici morti è tinto di un bianco-azzurro che promette una bella giornata.
La sua giornata.
La prima da Vèrgin.
Flower scende le scale ben attenta a evitare le pozzanghere giallognole, residui di una notte di pioggia.
Aveva sentito tuonare durante il Rito, doveva esserne caduta parecchia.
I nuovi pantaloni e la canottiera a bande colorate le permettono ogni movimento.
Soltanto i numerosi pendenti che le saltellano sul petto a ogni gradino danno fastidio, ma si sarebbe abituata.
Ha stretto troppo la fascia che tiene sui capelli; si ripromette di allentarla.
Flower scoppia d’energia da quando si è svegliata, seppur dolorante nei muscoli e tra le gambe.
Si era ritrovata sola nella stanza della Visione, coperta di un lenzuolo cosparso di petali.
Le finestre spalancate lasciavano passare ogni stilla dell’aurora e illuminavano un tavolo che la sera prima non c’era, contenente una ciotola di latte e una di miele, frutta fresca, gallette, una zuppa fumante con pezzi di carote dentro.
La più abbondante colazione della sua vita.
In addestramento le era stato insegnato che più la Dea rimaneva soddisfatta del comportamento dell’aspirante Vèrgin durante il Rito e più i doni al suo risveglio sarebbero stati abbondanti.
Oh sì, la Dea doveva aver gradito molto.
Una Croce da combattimento era appoggiata all’uscio, promemoria per la vita futura: una Vèrgin è una guerriera.
La ragazza raggiunge la Strada.
Nessuno in giro.
La piccola folla che aveva assistito al suo ingresso doveva essere tornata al Villaggio alle prime gocce di pioggia.
Da dietro una Conchiglia-su-Quattro-Ruote inclinata su di un fianco, Isla sbuca in groppa alla sua Freccia.
China sul sedile, le gambe lunghe vorticano sui pedali e i suoi capelli color del grano fluttuano al vento del mattino.
Flower aggira un mucchio di rovi bluastri che dilaniano la Strada e la raggiunge.
Isla scende, lascia cadere Freccia e l’abbraccia, alzandola un poco da terra.
«Ce l’ho fatta!» esulta Flower mulinando la Croce «Sono anch’io una Vèrgin, adesso! Le nostre strade saranno una come quando eravamo bambine.»
Isla, più alta di un palmo di mano, le sorride.
Così vicine e con la Dea ancora ben impressa nella testa, Flower comprende infine perché l’amica sia stata chiamata con il nome della Terra Promessa: il puntino nero tra il naso e le labbra, il colore ceruleo degli occhi e la fessura nei denti...
Isla non La eguagliava in bellezza, ambizione blasfema, ma La ricordava come un pulcino ricorda la mamma aquila dalla testa bianca.
«Ho incontrato Papadonprì nei Rifugi quando sono ritornata al Villaggio stamattina.»
Il sorriso di Isla si schiuse «Ti ha affidato a me per la tua prima missione.»
Flower ha un capogiro di felicità.
Isla è ufficialmente il suo mentore!
«Davvero? Verrò con te al di fuori dei Confini a combattere gli Stolti?»
Flower si incupisce.
«Per ora no. Mi accompagnerai alla Torre che Fende il Cielo.»
[…]
Flower butta giù un sorso e avvita il tappo della borraccia.
Il carretto trascinato da Isla è pieno di carne sotto sale, foglie di insalate gialle, boccioni di Acqua Pulita e cesti di mele dalla sfumatura color sangue. Freccia, posata per verticale in un angolo del carretto, sobbalza e tintinna ad ogni buca.
Isla procede a testa alta e senza fiatone.
Flo tira su col naso, l’odore della vegetazione in quel pezzo di Strada sa di verdura marcia.
La nuova Vèrgin brama la fatica che farà quando il suo mentore le chiederà il cambio; le provviste per le Matiriàlgher che vivono nella Torre valgono bene una schiena dolorante e una fronte imperlata di sudore.
Si guarda intorno, rotea la Croce nell’aria stantia.
Il sole sta per raggiungere lo spicchio di cielo libero sulle loro teste dopo una mattina passata a far capolino tra i Ruderi.
Uno scricchiolio e uno dei lunghi pali di metallo dalla testa rotonda, sul ciglio della strada, precipita su di una quercia vicina.
Corvi spaventati gracchiano mentre fuggono dall'albero mutilato.
I muscoli di Flower si rilassano, Isla riprende a trascinare le provviste.
«Quando tornerà la Dea» Flower si avvicina all’amica «credi che anche quel palo caduto ricomincerà a generare luce di Spirito?»
«Può darsi.» Isla risponde senza voltarsi.
La mente di Flower dissotterra i ricordi della Visione: la Dea su una barchetta, i pali di metallo che gettano luce tonda e bianca tra i Ruderi intonsi…
«Tocca a te!»
Isla molla la presa dal carretto e si fa da parte.
Flower infila per bene i pendenti tra la canottiera e il seno e afferra i manici di legno ancora tiepidi.
«Trascinerai il carro per l’ultimo pezzo di strada» il mentore punta il dito davanti a sé «Siamo quasi arrivati.»
Flower intravede una colossale sagoma nera lambire il sole con la punta sottile.
La ragazza contrae i muscoli della schiena e fa avanzare il carretto: non si era sbagliata nel valutarne il peso.
«Possono esserci degli Stolti in giro? Cercano ancora di scovare l’accesso segreto della Torre?» chiede Flower.
Silenzio.
«Qualsiasi cosa succeda» Isla inarca le sopracciglia sottili «ubbidisci a ogni mio ordine.»
.
«Isla, tua madre è ancora la Prima Matiriàlgher, vero?»
Flower ha fatto quella domanda di getto, appoggiata sul carro mentre cerca di scorgere la cima della Torre.
Davanti al gigantesco basamento circondato da un intrico di vegetazione e metallo divelto, la giovane Vèrgin alza il mento il più possibile. Una fitta al collo la fa desistere.
«Si.»
La voce di Isla è lontana; il mentore sta sbloccando l’ingresso segreto, nascosta dall’intrico di fogliame multicolore.
Flo non ha mai conosciuto la madre di Isla, Non la ricorda nemmeno presente all’uscita della figlia dalla Casa dello Spirito, dopo il Rito.
Un leggero pizzicore le striscia nel petto al pensiero di incontrarla, di poterla ringraziare per gli studi sui testi sacri, magari farsi mostrare i ritratti della Dea custoditi e restaurati da generazioni e generazioni diverse di Matiriàlgher…
«Vieni, l’ingresso è aperto!» urla Isla da dietro una sfilza di alberi a foglie larghe.
Mentre si gira, Flower lo vede.
La pelle d'oca, un calore anomalo si diffonde sotto la canottiera.
C'era una sagoma umana tra le due Conchiglie semicoperte dal lenzuolo lacero a strisce rosse e stelle bianche.
Non la vede più. Ma c’era qualcosa, oh sì che c’era.
Flower afferra il lato lungo della Croce con entrambe le mani.
«Flo, ti muovi o no?»
La giovane Vèrgin si morde il labbro, stringe gli occhi e ricalca con lo sguardo il profilo delle due Conchiglie-su-Quattro-Ruote.
Le labbra si increspano in un sorriso, tira fuori un pezzetto di lingua e lo serra tra i denti.
Il suo primo Stolto.
Dopo che avrà massacrato quell’infedele, Isla dovrà per forza portarla con sé ai Confini…
Si agitano i cespugli alla destra delle Conchiglie.
Flower porta la Croce dietro le spalle, le braccia tese al massimo.
Un colpo di reni, come in addestramento.
La Croce rimane immobile.
«Ferma!» il respiro di Isla le solletica il collo «Non c’è niente laggiù!»
Flo da un secondo strattone alla sua arma, la sfila dalla presa del mentore.
«Si che c’è…» bercia lei. Si prepara a lanciare di nuovo.
«Rispetta gli ordini!»
Flower abbassa l’arma e soffia; Isla vuole tenerla lontana dal pericolo e non si fida…
La voglia di uccidere le ristagna nello stomaco, il sapore acre della delusione le serpeggia in gola.
Isla la cinge per le spalle, da un ultimo sguardo ai cespugli.
«Tra i Ruderi ombre e vento possono confondere, non ci badare.»
[…]
Dopo venti serie di scale, Flower rimpiange la puzza degli animali morti che c’erano dietro l’ingresso.
Almeno era tutto piano, là sotto.
Le mura opache e male illuminate dalla fiaccola di Isla sembrano avvicinarsi sempre di più man mano che le due Vèrgin salgono, come a volerle stritolare.
Un cunicolo infinito che va dal basso verso l’alto, le viscere della Torre.
Flo non si sofferma più sugli oscuri simboli appesi alle pareti maciullate dall’umidità, il suono del suo respiro pesante le sembra quello di un cinghiale selvatico, lì dentro.
Raggiunge il ventunesimo livello, si sfila il sacco delle provviste a terra e appoggia la schiena ad una grata che barcolla per il colpo subito.
«Non lo farei se fossi in te.» sussurra Isla. Ogni parola riecheggia almeno tre volte.
«N-non sono stanca, dammi solo un…»
«Puoi riposare, se vuoi» Isla fa passare la fiamma tra la grata, il calore punzecchia il volto di Flower quando le fiamme la sfiorano «ma non poggiarti a peso morto su queste barriere altrimenti…»
Il mentore indica sotto.
Un precipizio interminabile. Le fiamme lambiscono solo l’inizio di un ipotetico volo senza fine. Flower torna in piedi con uno scatto e riafferra il sacco. Una goccia di sudore le corre tra i seni.
.
Flower e Isla varcano l'ingresso della Casa delle Matiriàlgher.
Nello stomaco della giovane Vèrgin danzano i resti di un pasto consumato sui gradini, gli occhi viziati da un sonno durato quanto un battito di farfalla.
Svoltano a destra e una stanza gigantesca le accoglie.
Flo aspira a piene boccate aria non viziata, buona perché finalmente non sa di nulla.
Una fila di finestre bordate di rosso da cui penetra luce arancione si affaccia sul…tutto.
Flower si sporge in quella più vicina.
Spalanca gli occhi e le caccole ai loro bordi si sciolgono al passaggio di lacrime pungenti.
Il sole nasce da una linea dell’orizzonte rosata e interminabile, i Ruderi si moltiplicano sul terreno tra le acque giallastre, numerosi come steli d’erba metallica.
Muove la mano verso di essi, sono così piccoli che potrebbe afferrarne una manciata intera.
Si gira verso Isla.
«È tutto così…così…»
«Ti piace il panorama, adoratrice della Dea?»
La voce bassa simile a un tuono è uno schiaffo al collo. Risate echeggiano nello stanzone, rimbalzano sul soffitto trafitto da sostegni penzolanti.
Uomini e donne sbucano fuori da dietro le colonne.
Indossano pantaloni strappati e giacche dalle spalle appuntite, i volti dipinti: gli uomini dalla pelle nera hanno metà volto cosparso di una farina opaca, quelli dalla pelle bianca hanno del catrame nell’altra metà.
Brandiscono bastoni, pezzi di metallo, bottiglie spaccate.
Flower si asciuga gli occhi.
Stolti. Fedeli del Dio Demone Bianco e Nero.
Isla impugna la Croce con la mano destra, la sinistra chiusa nel lembo del sacco delle provviste.
Sono tanti, ma non troppi.
Il suo mentore li combatte da anni; li aprirà come frutta matura uno per uno, lei deve solo assecondare i suoi attacchi e coprirle le spalle.
La Dea è con loro, chi può fermarle?
Flo allunga il collo e scorge le stanze dietro gli Stolti.
I corpi delle Matiriàlgher giacciono immobili a terra, ognuna in posizione diversa e innaturale.
Sulle pareti, ritratti della Dea irradiano la sua divina bellezza…mutilata!
Lo stomaco di Flo va in fiamme.
I dipinti sono strappati, sfigurati, tartassati. A una Dea manca un braccio, ad altre le gambe. Una ha un membro di uomo disegnato sulla guancia.
Isla raggiunge l’uomo al cento della fila, lui la squadra dall’alto in basso.
«Vi aspettavamo la notte scorsa.» dice.
Isla sposta la testa, fa un cenno col mento.
«Vedo che non vi siete annoiati nel frattempo.»
Flo si tormenta la punta della lingua tra i denti, ha già scelto i primi due Stolti in cui infilare la punta della Croce.
Isla, fa partire le danze! Io ci sono!
La fila degli Stolti si apre e una donna viene scagliata ai piedi di Isla; geme quando rimbalza sul pavimento. Un vestito lungo e color rosa appena colta le lascia le spalle scoperte, i guanti dello stesso colore sono lerci e al collo indossa collane argento.
La Prima Matiriàlgher?
La donna alza la testa, emette un sibilo dalle labbra spaccate.
«Figlia…sei bellissima…»
Gli Stolti iniziano a battere le mani e cantilenano parole blasfeme, una nenia demoniaca.
«Bìt-it…Bìt-it…Bìt-it…»
Isla molla il sacco, afferra i lati corti della Croce e pianta il lato lungo tra i seni della Prima Matiriàlgher.
Flo urla fino a dolersene.
Fischi e risate echeggiano nella sala.
Isla sfila il metallo imbevuto di sangue dal corpo di sua madre, afferra un lembo del vestito ormai più rosso che rosa e la tira a sé.
«Se sono così bella, perché hai deciso di abbandonarmi, eh? In nome di una Dea che hai visto solo una volta?» La lascia cadere a terra, un tonfo sordo.
«Pazza!» urla Flo alla sua amica. Ma lo è davvero? Con chi ha viaggiato per venire fin sulla Torre? Chi l’ha accolta all’uscita della Casa della Dea?
Isla, colei che condivide il nome con la Terra Promessa? Islabònita…
Il capo degli Stolti porge un vasetto alla matricida, lei intinge due dita dentro, ne estrae del fango nero e se lo spalma con cura sulla guancia destra.
«Flower, il mondo è molto più grande di quello che pensi, io l’ho visto.» Isla non la guarda mentre parla, il tono della voce piatto come il Mare Giallo «Esistono molti Dei e molti popoli, tu non sei mai uscita da un villaggio affossato tra i Ruderi. Le leggi del Dio Bianco e Nero concedono a uomini e donne di vivere insieme, di fare il mestiere che più si aggrada, di scegliersi da soli il proprio compagno e non di essere sbattuta come l’ultima delle pecore dopo la prima perdita di sangue!»
«Quello è il volere della Dea e a me è piaciuto! Era piaciuto anche a te!» Flower vomita quelle parole una dopo l’altra.
«Perché ero ingenua. Gli Antichi sono scomparsi e gli Dei torneranno? Forse.
Ma intanto persone libere fuori dai Confini possono scegliere il Dio o la Dea che preferiscono. Non hai idea di quanti siano.»
«Esiste una sola Dea, gli altri sono demoni sconfitti dalla Magnifica e cacciati dalla Terra Promessa!»
Anziché dieci contro due, è un undici contro uno.
Stringe i muscoli del culo solo per rimanere in piedi.
Isla fa un passo verso Flo, il fango nero sgocciola sul pavimento.
Gli Stolti non muovono un muscolo, tranne due che prendono a tirar fuori delle carote dal sacco steso a terra.
Isla l’infedele tende una mano insanguinata verso Flower.
«Ho atteso che anche tu diventassi una Vèrgin per poterti portare via con me. Fai uno sforzo, so che è difficile liberarsi da certe catene. Il mondo fuori fa schifo, ma c’è del buono per cui vale la pena starci.» Isla sorride «Vieni con me, se vuoi vivere.»
Flo ritrova per il tempo di un brivido la solita Isla: Vèrgin, migliore amica e mentore.
Le ha fatto un’offerta col cuore, lo comprende; Flower avrebbe preferito che le sferrasse un colpo di Croce tra le costole.
«Sai che esistono altre case in cui lo Spirito illumina le stanze? Vuoi vederle con me?» cantilena Isla con voce leggera.
«Shù-bi-dù-bi-dù!» Flo lancia il grido di guerra e scatta in avanti.
La Dea è con lei, vincerà.
Le due Croci cozzano a mezz’aria e vi rimangono, spinte da forze contrarie.
«Posso ucciderla in meno di un soffio di vento, se vuoi.» sentenzia il capo degli Stolti da lontano.
Isla digrigna i denti e devia la seconda falcata di Flower.
«Tu non farai un cazzo, Billiejìn! Ti ho dato la chiave della Torre, lei è mia e la porterò con me come pattuito.»
Isla fa una piroetta e sparisce.
Flower sgrana gli occhi, attorno a se ci sono solo Stolti e finestre bordate di rosso.
«Non mi lasci scelta, mi dispiace...» il respiro di Isla le carezza la nuca.
E poi il buio.
[…]
Flower solleva le palpebre e la luce le trafigge il cervello.
Un cielo bianco e un dondolio nauseante.
La Dea è sopra di lei, la guarda con l’infinito amore di cui solo Lei è capace.
Non riesce a muoversi, il suo corpo non le risponde.
Flower singhiozza e solo al primo singulto capisce di aver ancora un volto.
«Dea, ho fallito…» gli occhi della Vèrgin si inumidiscono, il cielo e la Dea diventano di cristallo. «Perdonami…perdonami…»
Il punto nero sopra le labbra si solleva e lascia il posto a un sorriso, il seducente spazio tra i denti in bella mostra.
Flower si lascia andare a quella bellezza divina e richiude gli occhi.
.
Isla sorride e carezza le corde con cui è legata Flower.
I Ruderi sfilano ai lati, Freccia è adagiata sul fondo del carretto trainato da Billiejin.
«Il tempo delle suppliche è finito, amica mia. È giunto per te il tempo di vivere.»
La ragazza getta un ultimo sguardo al cielo plumbeo e frastagliato dagli alti Ruderi prima di entrare nella Casa della Dea.
Papadonprì, vestito di bianco, guida tutti per le stanze illuminate dallo Spirito incastonato nelle pareti e sul soffitto.
Flower allunga le dita verso uno dei bulbi di luce fredda che le passa accanto, così diversi dal chiarore feroce di un qualsiasi fuoco del Villaggio.
Ritrae la mano: la luce dello Spirito è sacra.
Rimira il vestito bianco e lungo in cui è avvolta; non è mai sentita così bella.
«Per di qua.» bisbiglia Papadonprì.
L’anziano sale una rampa di scale, gli uomini lo seguono un gradino dopo l’altro.
Flower barcolla e d’istinto si sorregge sulle teste dei due accompagnatori; loro sorridono e le stringono con più forza le cosce, senza fermarsi.
Le mani degli uomini sono ruvide.
Papadonprì si ferma davanti una porta a metà del corridoio, i due sacerdoti posano Flower a terra con delicatezza.
Il prato sotto i piedi nudi punge eppure è lucido come fosse intriso di rugiada.
La Dea stessa camminò su quel campo aguzzo nei tempi antichi!
Un brivido piacevole le serpeggia nella schiena scoperta.
Papadonprì prende la mano di Flower e insieme varcano la porta.
La luce dello Spirito, alle loro spalle, illumina una fetta sottile della stanza e null'altro.
«Accomodati, il Rito comincerà presto. Hai paura?»
«No.» risponde Flower. «Soltanto gioia.»
Nella penombra, dita tremanti le sfiorano il naso, le guance e poi i seni. Il sostegno destro del vestito le scivola in basso.
L’uomo si allontana e si volta.
«La Dea sta per arrivare.»
La porta si chiude portandosi via Papadonprì, la Scorta e la Luce dello Spirito.
Non esiste più nulla, eccetto il petto che a fatica tenta di contenere il cuore pulsante.
L’Occhio Luminoso si apre e inonda la stanza con una luce vibrante.
Flower stringe gli occhi e resiste alla tentazione di serrare le palpebre; non le è concesso di perdersi nemmeno un’istante della Visione.
La nuda parete davanti a lei si riempie di forme e colori, diviene la finestra sul Mondo Antico che attendeva.
Alcuni Ruderi, più alti e regolari di come sono in realtà, si stagliano su di un cielo notturno.
Il Mare Giallo, sotto di essi, è invece di un blu osceno. La luce dello Spirito brilla dappertutto e si riflette su acque e mattoni.
Suoni vigorosi cominciano a martellarle nelle orecchie, nel petto e nel ventre. E poi arriva.
Flower si morde il labbro secco, lo stomaco fa un salto all’indietro.
È Lei!
I capelli voluminosi, la pelle immacolata come quella di un neonato, la fessura seducente nei denti davanti.
La Dea danza sul posto, passeggia, la guarda dritta negli occhi e Flower naufraga in quell’azzurro intenso.
La Dea muove le labbra sormontate dall’ammaliante puntino nero.
Canta.
Le parole in lingua Antica volano nella stanza; sono troppo rapide e il significato è oscuro.
La Dea appare e ricompare ogni volta indossando abiti diversi, la chioma divina cambia forma e lunghezza.
Gli occhi di Flower pizzicano, si siede sull’erba pungente.
A stento ricorda la vita prima che varcasse la porta della Casa.
Lei vive perché è la Dea a volerlo, tutto qui.
C’è altro?
Un gatto gigantesco passeggia su di un pavimento candido, il suo corpo diventa quello di un uomo e abbraccia la Dea su di un ponte perfetto incassato tra due Ruderi.
Flower riconosce per la prima volta una parola.
Vèrgin.
«Si, Dea. Sarò la tua Vèrgin…»
L’occhio Luminoso si chiude, la finestra sul Mondo Antico scompare.
Un bulbo di Spirito si accende sul soffitto; la Dea se n’è andata e a Flower manca già, la vorrebbe accanto per la fine del Rito.
No, ora tocca a lei e a lei soltanto.
La porta alle spalle si apre, il cuore di Flower perde un battito.
Papadonprì e la Scorta entrano uno dopo l’altro, nudi e coi membri penzolanti.
Due uomini si fanno avanti; sono quelli che la sorreggevano mentre entravano nella Casa.
Flower sorride.
È felice che quei due siano i primi.
[…]
Flower spinge il portone della Casa della Dea ed esce.
I Ruderi che la circondano sono chiazzati di luce rosata, lo spicchio di cielo sopra gli edifici morti è tinto di un bianco-azzurro che promette una bella giornata.
La sua giornata.
La prima da Vèrgin.
Flower scende le scale ben attenta a evitare le pozzanghere giallognole, residui di una notte di pioggia.
Aveva sentito tuonare durante il Rito, doveva esserne caduta parecchia.
I nuovi pantaloni e la canottiera a bande colorate le permettono ogni movimento.
Soltanto i numerosi pendenti che le saltellano sul petto a ogni gradino danno fastidio, ma si sarebbe abituata.
Ha stretto troppo la fascia che tiene sui capelli; si ripromette di allentarla.
Flower scoppia d’energia da quando si è svegliata, seppur dolorante nei muscoli e tra le gambe.
Si era ritrovata sola nella stanza della Visione, coperta di un lenzuolo cosparso di petali.
Le finestre spalancate lasciavano passare ogni stilla dell’aurora e illuminavano un tavolo che la sera prima non c’era, contenente una ciotola di latte e una di miele, frutta fresca, gallette, una zuppa fumante con pezzi di carote dentro.
La più abbondante colazione della sua vita.
In addestramento le era stato insegnato che più la Dea rimaneva soddisfatta del comportamento dell’aspirante Vèrgin durante il Rito e più i doni al suo risveglio sarebbero stati abbondanti.
Oh sì, la Dea doveva aver gradito molto.
Una Croce da combattimento era appoggiata all’uscio, promemoria per la vita futura: una Vèrgin è una guerriera.
La ragazza raggiunge la Strada.
Nessuno in giro.
La piccola folla che aveva assistito al suo ingresso doveva essere tornata al Villaggio alle prime gocce di pioggia.
Da dietro una Conchiglia-su-Quattro-Ruote inclinata su di un fianco, Isla sbuca in groppa alla sua Freccia.
China sul sedile, le gambe lunghe vorticano sui pedali e i suoi capelli color del grano fluttuano al vento del mattino.
Flower aggira un mucchio di rovi bluastri che dilaniano la Strada e la raggiunge.
Isla scende, lascia cadere Freccia e l’abbraccia, alzandola un poco da terra.
«Ce l’ho fatta!» esulta Flower mulinando la Croce «Sono anch’io una Vèrgin, adesso! Le nostre strade saranno una come quando eravamo bambine.»
Isla, più alta di un palmo di mano, le sorride.
Così vicine e con la Dea ancora ben impressa nella testa, Flower comprende infine perché l’amica sia stata chiamata con il nome della Terra Promessa: il puntino nero tra il naso e le labbra, il colore ceruleo degli occhi e la fessura nei denti...
Isla non La eguagliava in bellezza, ambizione blasfema, ma La ricordava come un pulcino ricorda la mamma aquila dalla testa bianca.
«Ho incontrato Papadonprì nei Rifugi quando sono ritornata al Villaggio stamattina.»
Il sorriso di Isla si schiuse «Ti ha affidato a me per la tua prima missione.»
Flower ha un capogiro di felicità.
Isla è ufficialmente il suo mentore!
«Davvero? Verrò con te al di fuori dei Confini a combattere gli Stolti?»
Flower si incupisce.
«Per ora no. Mi accompagnerai alla Torre che Fende il Cielo.»
[…]
Flower butta giù un sorso e avvita il tappo della borraccia.
Il carretto trascinato da Isla è pieno di carne sotto sale, foglie di insalate gialle, boccioni di Acqua Pulita e cesti di mele dalla sfumatura color sangue. Freccia, posata per verticale in un angolo del carretto, sobbalza e tintinna ad ogni buca.
Isla procede a testa alta e senza fiatone.
Flo tira su col naso, l’odore della vegetazione in quel pezzo di Strada sa di verdura marcia.
La nuova Vèrgin brama la fatica che farà quando il suo mentore le chiederà il cambio; le provviste per le Matiriàlgher che vivono nella Torre valgono bene una schiena dolorante e una fronte imperlata di sudore.
Si guarda intorno, rotea la Croce nell’aria stantia.
Il sole sta per raggiungere lo spicchio di cielo libero sulle loro teste dopo una mattina passata a far capolino tra i Ruderi.
Uno scricchiolio e uno dei lunghi pali di metallo dalla testa rotonda, sul ciglio della strada, precipita su di una quercia vicina.
Corvi spaventati gracchiano mentre fuggono dall'albero mutilato.
I muscoli di Flower si rilassano, Isla riprende a trascinare le provviste.
«Quando tornerà la Dea» Flower si avvicina all’amica «credi che anche quel palo caduto ricomincerà a generare luce di Spirito?»
«Può darsi.» Isla risponde senza voltarsi.
La mente di Flower dissotterra i ricordi della Visione: la Dea su una barchetta, i pali di metallo che gettano luce tonda e bianca tra i Ruderi intonsi…
«Tocca a te!»
Isla molla la presa dal carretto e si fa da parte.
Flower infila per bene i pendenti tra la canottiera e il seno e afferra i manici di legno ancora tiepidi.
«Trascinerai il carro per l’ultimo pezzo di strada» il mentore punta il dito davanti a sé «Siamo quasi arrivati.»
Flower intravede una colossale sagoma nera lambire il sole con la punta sottile.
La ragazza contrae i muscoli della schiena e fa avanzare il carretto: non si era sbagliata nel valutarne il peso.
«Possono esserci degli Stolti in giro? Cercano ancora di scovare l’accesso segreto della Torre?» chiede Flower.
Silenzio.
«Qualsiasi cosa succeda» Isla inarca le sopracciglia sottili «ubbidisci a ogni mio ordine.»
.
«Isla, tua madre è ancora la Prima Matiriàlgher, vero?»
Flower ha fatto quella domanda di getto, appoggiata sul carro mentre cerca di scorgere la cima della Torre.
Davanti al gigantesco basamento circondato da un intrico di vegetazione e metallo divelto, la giovane Vèrgin alza il mento il più possibile. Una fitta al collo la fa desistere.
«Si.»
La voce di Isla è lontana; il mentore sta sbloccando l’ingresso segreto, nascosta dall’intrico di fogliame multicolore.
Flo non ha mai conosciuto la madre di Isla, Non la ricorda nemmeno presente all’uscita della figlia dalla Casa dello Spirito, dopo il Rito.
Un leggero pizzicore le striscia nel petto al pensiero di incontrarla, di poterla ringraziare per gli studi sui testi sacri, magari farsi mostrare i ritratti della Dea custoditi e restaurati da generazioni e generazioni diverse di Matiriàlgher…
«Vieni, l’ingresso è aperto!» urla Isla da dietro una sfilza di alberi a foglie larghe.
Mentre si gira, Flower lo vede.
La pelle d'oca, un calore anomalo si diffonde sotto la canottiera.
C'era una sagoma umana tra le due Conchiglie semicoperte dal lenzuolo lacero a strisce rosse e stelle bianche.
Non la vede più. Ma c’era qualcosa, oh sì che c’era.
Flower afferra il lato lungo della Croce con entrambe le mani.
«Flo, ti muovi o no?»
La giovane Vèrgin si morde il labbro, stringe gli occhi e ricalca con lo sguardo il profilo delle due Conchiglie-su-Quattro-Ruote.
Le labbra si increspano in un sorriso, tira fuori un pezzetto di lingua e lo serra tra i denti.
Il suo primo Stolto.
Dopo che avrà massacrato quell’infedele, Isla dovrà per forza portarla con sé ai Confini…
Si agitano i cespugli alla destra delle Conchiglie.
Flower porta la Croce dietro le spalle, le braccia tese al massimo.
Un colpo di reni, come in addestramento.
La Croce rimane immobile.
«Ferma!» il respiro di Isla le solletica il collo «Non c’è niente laggiù!»
Flo da un secondo strattone alla sua arma, la sfila dalla presa del mentore.
«Si che c’è…» bercia lei. Si prepara a lanciare di nuovo.
«Rispetta gli ordini!»
Flower abbassa l’arma e soffia; Isla vuole tenerla lontana dal pericolo e non si fida…
La voglia di uccidere le ristagna nello stomaco, il sapore acre della delusione le serpeggia in gola.
Isla la cinge per le spalle, da un ultimo sguardo ai cespugli.
«Tra i Ruderi ombre e vento possono confondere, non ci badare.»
[…]
Dopo venti serie di scale, Flower rimpiange la puzza degli animali morti che c’erano dietro l’ingresso.
Almeno era tutto piano, là sotto.
Le mura opache e male illuminate dalla fiaccola di Isla sembrano avvicinarsi sempre di più man mano che le due Vèrgin salgono, come a volerle stritolare.
Un cunicolo infinito che va dal basso verso l’alto, le viscere della Torre.
Flo non si sofferma più sugli oscuri simboli appesi alle pareti maciullate dall’umidità, il suono del suo respiro pesante le sembra quello di un cinghiale selvatico, lì dentro.
Raggiunge il ventunesimo livello, si sfila il sacco delle provviste a terra e appoggia la schiena ad una grata che barcolla per il colpo subito.
«Non lo farei se fossi in te.» sussurra Isla. Ogni parola riecheggia almeno tre volte.
«N-non sono stanca, dammi solo un…»
«Puoi riposare, se vuoi» Isla fa passare la fiamma tra la grata, il calore punzecchia il volto di Flower quando le fiamme la sfiorano «ma non poggiarti a peso morto su queste barriere altrimenti…»
Il mentore indica sotto.
Un precipizio interminabile. Le fiamme lambiscono solo l’inizio di un ipotetico volo senza fine. Flower torna in piedi con uno scatto e riafferra il sacco. Una goccia di sudore le corre tra i seni.
.
Flower e Isla varcano l'ingresso della Casa delle Matiriàlgher.
Nello stomaco della giovane Vèrgin danzano i resti di un pasto consumato sui gradini, gli occhi viziati da un sonno durato quanto un battito di farfalla.
Svoltano a destra e una stanza gigantesca le accoglie.
Flo aspira a piene boccate aria non viziata, buona perché finalmente non sa di nulla.
Una fila di finestre bordate di rosso da cui penetra luce arancione si affaccia sul…tutto.
Flower si sporge in quella più vicina.
Spalanca gli occhi e le caccole ai loro bordi si sciolgono al passaggio di lacrime pungenti.
Il sole nasce da una linea dell’orizzonte rosata e interminabile, i Ruderi si moltiplicano sul terreno tra le acque giallastre, numerosi come steli d’erba metallica.
Muove la mano verso di essi, sono così piccoli che potrebbe afferrarne una manciata intera.
Si gira verso Isla.
«È tutto così…così…»
«Ti piace il panorama, adoratrice della Dea?»
La voce bassa simile a un tuono è uno schiaffo al collo. Risate echeggiano nello stanzone, rimbalzano sul soffitto trafitto da sostegni penzolanti.
Uomini e donne sbucano fuori da dietro le colonne.
Indossano pantaloni strappati e giacche dalle spalle appuntite, i volti dipinti: gli uomini dalla pelle nera hanno metà volto cosparso di una farina opaca, quelli dalla pelle bianca hanno del catrame nell’altra metà.
Brandiscono bastoni, pezzi di metallo, bottiglie spaccate.
Flower si asciuga gli occhi.
Stolti. Fedeli del Dio Demone Bianco e Nero.
Isla impugna la Croce con la mano destra, la sinistra chiusa nel lembo del sacco delle provviste.
Sono tanti, ma non troppi.
Il suo mentore li combatte da anni; li aprirà come frutta matura uno per uno, lei deve solo assecondare i suoi attacchi e coprirle le spalle.
La Dea è con loro, chi può fermarle?
Flo allunga il collo e scorge le stanze dietro gli Stolti.
I corpi delle Matiriàlgher giacciono immobili a terra, ognuna in posizione diversa e innaturale.
Sulle pareti, ritratti della Dea irradiano la sua divina bellezza…mutilata!
Lo stomaco di Flo va in fiamme.
I dipinti sono strappati, sfigurati, tartassati. A una Dea manca un braccio, ad altre le gambe. Una ha un membro di uomo disegnato sulla guancia.
Isla raggiunge l’uomo al cento della fila, lui la squadra dall’alto in basso.
«Vi aspettavamo la notte scorsa.» dice.
Isla sposta la testa, fa un cenno col mento.
«Vedo che non vi siete annoiati nel frattempo.»
Flo si tormenta la punta della lingua tra i denti, ha già scelto i primi due Stolti in cui infilare la punta della Croce.
Isla, fa partire le danze! Io ci sono!
La fila degli Stolti si apre e una donna viene scagliata ai piedi di Isla; geme quando rimbalza sul pavimento. Un vestito lungo e color rosa appena colta le lascia le spalle scoperte, i guanti dello stesso colore sono lerci e al collo indossa collane argento.
La Prima Matiriàlgher?
La donna alza la testa, emette un sibilo dalle labbra spaccate.
«Figlia…sei bellissima…»
Gli Stolti iniziano a battere le mani e cantilenano parole blasfeme, una nenia demoniaca.
«Bìt-it…Bìt-it…Bìt-it…»
Isla molla il sacco, afferra i lati corti della Croce e pianta il lato lungo tra i seni della Prima Matiriàlgher.
Flo urla fino a dolersene.
Fischi e risate echeggiano nella sala.
Isla sfila il metallo imbevuto di sangue dal corpo di sua madre, afferra un lembo del vestito ormai più rosso che rosa e la tira a sé.
«Se sono così bella, perché hai deciso di abbandonarmi, eh? In nome di una Dea che hai visto solo una volta?» La lascia cadere a terra, un tonfo sordo.
«Pazza!» urla Flo alla sua amica. Ma lo è davvero? Con chi ha viaggiato per venire fin sulla Torre? Chi l’ha accolta all’uscita della Casa della Dea?
Isla, colei che condivide il nome con la Terra Promessa? Islabònita…
Il capo degli Stolti porge un vasetto alla matricida, lei intinge due dita dentro, ne estrae del fango nero e se lo spalma con cura sulla guancia destra.
«Flower, il mondo è molto più grande di quello che pensi, io l’ho visto.» Isla non la guarda mentre parla, il tono della voce piatto come il Mare Giallo «Esistono molti Dei e molti popoli, tu non sei mai uscita da un villaggio affossato tra i Ruderi. Le leggi del Dio Bianco e Nero concedono a uomini e donne di vivere insieme, di fare il mestiere che più si aggrada, di scegliersi da soli il proprio compagno e non di essere sbattuta come l’ultima delle pecore dopo la prima perdita di sangue!»
«Quello è il volere della Dea e a me è piaciuto! Era piaciuto anche a te!» Flower vomita quelle parole una dopo l’altra.
«Perché ero ingenua. Gli Antichi sono scomparsi e gli Dei torneranno? Forse.
Ma intanto persone libere fuori dai Confini possono scegliere il Dio o la Dea che preferiscono. Non hai idea di quanti siano.»
«Esiste una sola Dea, gli altri sono demoni sconfitti dalla Magnifica e cacciati dalla Terra Promessa!»
Anziché dieci contro due, è un undici contro uno.
Stringe i muscoli del culo solo per rimanere in piedi.
Isla fa un passo verso Flo, il fango nero sgocciola sul pavimento.
Gli Stolti non muovono un muscolo, tranne due che prendono a tirar fuori delle carote dal sacco steso a terra.
Isla l’infedele tende una mano insanguinata verso Flower.
«Ho atteso che anche tu diventassi una Vèrgin per poterti portare via con me. Fai uno sforzo, so che è difficile liberarsi da certe catene. Il mondo fuori fa schifo, ma c’è del buono per cui vale la pena starci.» Isla sorride «Vieni con me, se vuoi vivere.»
Flo ritrova per il tempo di un brivido la solita Isla: Vèrgin, migliore amica e mentore.
Le ha fatto un’offerta col cuore, lo comprende; Flower avrebbe preferito che le sferrasse un colpo di Croce tra le costole.
«Sai che esistono altre case in cui lo Spirito illumina le stanze? Vuoi vederle con me?» cantilena Isla con voce leggera.
«Shù-bi-dù-bi-dù!» Flo lancia il grido di guerra e scatta in avanti.
La Dea è con lei, vincerà.
Le due Croci cozzano a mezz’aria e vi rimangono, spinte da forze contrarie.
«Posso ucciderla in meno di un soffio di vento, se vuoi.» sentenzia il capo degli Stolti da lontano.
Isla digrigna i denti e devia la seconda falcata di Flower.
«Tu non farai un cazzo, Billiejìn! Ti ho dato la chiave della Torre, lei è mia e la porterò con me come pattuito.»
Isla fa una piroetta e sparisce.
Flower sgrana gli occhi, attorno a se ci sono solo Stolti e finestre bordate di rosso.
«Non mi lasci scelta, mi dispiace...» il respiro di Isla le carezza la nuca.
E poi il buio.
[…]
Flower solleva le palpebre e la luce le trafigge il cervello.
Un cielo bianco e un dondolio nauseante.
La Dea è sopra di lei, la guarda con l’infinito amore di cui solo Lei è capace.
Non riesce a muoversi, il suo corpo non le risponde.
Flower singhiozza e solo al primo singulto capisce di aver ancora un volto.
«Dea, ho fallito…» gli occhi della Vèrgin si inumidiscono, il cielo e la Dea diventano di cristallo. «Perdonami…perdonami…»
Il punto nero sopra le labbra si solleva e lascia il posto a un sorriso, il seducente spazio tra i denti in bella mostra.
Flower si lascia andare a quella bellezza divina e richiude gli occhi.
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Isla sorride e carezza le corde con cui è legata Flower.
I Ruderi sfilano ai lati, Freccia è adagiata sul fondo del carretto trainato da Billiejin.
«Il tempo delle suppliche è finito, amica mia. È giunto per te il tempo di vivere.»