Le Lucciole

Per partecipare alla Sfida basta aver voglia di mettersi in gioco.
Le fasi di gioco sono quattro:
1) Il primo giugno sveleremo il tema deciso da Wladimiro Borchi. I partecipanti dovranno scrivere un racconto e postarlo sul forum.
2) Gli autori si leggeranno e classificheranno i racconti che gli saranno assegnati.
3) Gli SPONSOR leggeranno e commenteranno i racconti semifinalisti (i migliori X di ogni girone) e sceglieranno i finalisti.
4) Il BOSS assegnerà la vittoria.
Fabrizioclarissa
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Le Lucciole

Messaggio#1 » giovedì 10 giugno 2021, 17:14

L’auto si arrestò con un rumore di acciottolio e l’uomo spense i fari.
Una luna spenta illuminava di sbieco il sentiero che si inoltrava incerto tra gli ampi latifogli.
“Papa dove siamo?” chiese il bambino sul sedile accanto.
Ricordava di averlo chiesto anche lui molti anni prima. Suo fratello, invece, aveva taciuto e si era toccato il mozzicone d’orecchio che gli pendeva dalla testa, come era solito fare quando era nervoso.
“C’è un posto dove quello che desideri si realizza. Quello che più di tutto il tuo cuore desidera” rispose l’eco remota di sua madre. Ma lui non ebbe il cuore di ripetere quella antica frase e si limitò a far scendere il bambino e prenderlo per mano. Iniziarono a camminare, appena stabili sul terreno sconnesso. Ogni passo il passato tornava, le antiche sensazioni sopite riprendevano il loro posto come acqua in un fiume secco.
La mano di suo fratello la ricordava bene. Era morbida e dura al contempo. Quella di sua madre, invece, un ossuto grappolo di dita che lo tenevano stretto in modo nervoso.
“Non capiterà più bambini. Ve lo prometto”. Probabilmente avrà detto anche qualcos’altro durante il tragitto, ma lui ricordava solamente quella frase. Sapeva bene che faceva riferimento al suo occhio. C’era una benda, sopra, ma sotto ben poco. L’uomo con cui stava, quell’essere puzzolente, l’aveva fatto di nuovo. Una volta era toccato ad un labbro, per fortuna appena ammaccato. Poi ad un mignolo. Adesso era stata la volta dell’occhio.
Ogni volta giurava e spergiurava di lasciarlo, di mandarlo in galera, di ammazzarlo. Ma dopo un po’ lui tornava con in regalo un po’ di quella polvere bianca che va su per il naso e la storia finiva là. O ricominciava.
Quell’uomo era cattivo con loro. Suo fratello ne portava i segni e quel padiglione penzolante era stato un suo dono. Quell’uomo tornava e loro potevano solo nascondersi quando capivano che arrivav il momento brutto, quando lui girava gli occhi e le vene gli apparivano potenti sotto al collo.
Padre e figlio proseguirono con cautela, incespicando e traballando, nascosti dal velo della notte appena diluito dal chiarore del satellite.
“Papà hai visto? Ci sono tanti rami per terra” disse il piccolo.
Era normale che fosse così. Rimanevano delle tracce di quel qualcosa che abitava il bosco. Era il suo manifestarsi. Rami e fronde verdi e forti non potevano cadere da soli. Una forza arrabbiata e selvaggia gli strappava dai grandi alberi che custodivano quel luogo da sempre.
Era estate ma non vi era alcun rumore attorno a loro, niente che provenisse dall’intrico di vegetazione. Era come se la vita fosse volata altrove, sospinta via dalla strana elettricità che permeava quei luoghi. Era come se alla vita conosciuta se ne fosse sostituita un’altra, misteriosa ed oscura, eppure al contempo pulsante e tesa, come un grosso felino acquattato nell’erba.
Poi gli apparve all’improvviso l’immagine di quell’uomo malvagio. Paradossalmente era l’unica che la sua mente aveva conservato. La sua testa sotto le ruote di quel grande camion che lo aveva travolto. Indossava il caso mentre guidava lo scooter, ma non era servito a nient’altro che a rendere la sua faccia grottesca come un mascherone da fontana, con gli occhi e la lingua di fuori e la testa incassata nell’acciaio.
Il prezzo era stato pagato ed il desiderio avverato. E ciò che veramente desideri si avvera sempre se il tributo è versato.
Si rese conto di essere arrivato per via del luccichio.
“Guarda papà le lucciole!” disse con entusiasmo suo figlio.
Quei brillanti insetti gravitavano in senso antiorario in prossimità del cerchio di pietre. Non superavano mai il limite; non cambiavano mai direzione. Formavano una specie di cono di luce blanda ed opaca che si avvitava su se stessa, composta da decine di piccoli invertebrati attratti da una qualche oscura ragione in quei paraggi. Per i poeti sono l’emblema del firmamento in terra, ma non là. Apparivano, semmai, la grottesca rappresentazione di una qualche assurda anomalia, un assurdo girotondo.
Sua madre si era fermata a guardarle, questo lo ricordava. Gli era sembrato che singhiozzasse. Poi aveva guardato entrambi.
L’occhio buono, grigio e screziato di verde, era apparso oscuro e bordato di rosso.
Aveva chinato la testa e accarezzato il suo fratellone.
Era un bel bambino con i capelli scuri tagliati corti che mostravano fin troppo chiaramente la mutilazione dell’orecchio. Era più grande di lui e lo amava molto. Aveva tre anni di più ma da che si ricordava era sempre stato lui a vestirlo, a dargli da mangiare, a lavarlo. E se poteva lo nascondeva dall’uomo cattivo. Dormivano nello stesso letto e ogni notte lui gli stringeva la mano e quella pressione, morbida e dura, lo faceva star meglio.
“Aspetta qua” disse la donna, poi prese l’altro figlio ed entrò tra le pietre.
Lui fece la stessa cosa. Ebbe la sensazione che le lucciole si paralizzassero in aria per un istante mentre si avvicinavano, che tutto si solidificasse come un mosaico fatto di vetro temperato. Poi l’istante passò e varcarono quelle antiche pietre. Erano dentro al cerchio. Attorno ancora l’insolito nugolo d’insetti luminosi ed il loro insolito volteggiare antiorario. Ma adesso erano dentro.
“Papà ma che posto è questo?” chiese.
Forse lo chiese anche suo fratello. Oppure sua madre lo disse senza una ragione. Oppure nessuno parlò ed una voce gli rimbombò nella testa, mentre stranito ed incuriosito attendeva al di fuori del limite. Comunque fosse andata seppe la natura di quel luogo e che cosa dovesse accadere. Era un qualcosa che molti avevano appreso dalle vecchie sdentate che abitavano per quei monti. O lo avevano sentito sussurrare durante i falò estivi da ragazzacci spavaldi e spaccamondo. O lo aveva raccontato chi già c’era stato.
Lui lo aveva scoperto in quell’istante.
Non si poteva ottenere qualsiasi cosa, quale fosse il pagamento, ma solo ciò che veramente si desiderasse. Ciò che l’anima anelava più di ogni altra cosa.
“Papà?”
“Sai” rispose al figlio “tua madre ha distrutto tutto. Ma io glielo impedirò.” Lo disse assaporando l’amaro di quelle parole in bocca. Era l’amaro della sconfitta che non puoi evitare. Ma che non riesci comunque ad accettare.
Il bambino chinò il capo e non capì. In realtà, di tutto quel periodo fatto di litigi e separazioni aveva solo capito che la sua famiglia non c’era più. I bambini sono esseri semplici.
Alzò la testa e lo guardò con gli occhi pieni di lacrime.
“Papà, tu mi vuoi bene?” chiese con la sua vocina incrinata dalla paura.
Si sentì gelare, ma si fece forza. Era solo un’istante poi avrebbe cancellato tutto. Un nuovo inizio. Senza più errori. Sarebbero stati tutti meglio. Tutti.
Si cavò di tasca il coltello e lo aprì. Per un attimo, alla luce opaca delle lucciole, gli parve che il bambino avesse il padiglione dell’orecchio mozzato.
Poi affondò. Una, due, tre volte.
Il piccolo sussultò ma non pianse. Si accasciò senza un lamento. La luminescenza divenne più forte e rossastra. Il sangue uscì vermiglio dalle ferite e fu bevuto con avidità dal terreno. Il coltello cadde chi sa dove. Le lucciole girarono sempre più forte. Sempre di più. E di più. Chiuse gli occhi.
“Guardami” disse quella voce graffiante. Non la sentiva da anni. Aprì gli occhi e la vide, con il suo occhio bendato ed il labbro sfregiato.
“Mamma” disse con un fiato che fu liberazione e dolore.
Oltre il cerchio, oltre le lucciole, un bambino con i capelli a scodella guardava curioso il suo fratellino.
L’aria era immobile e calda, nessun rumore animava il bosco.
“Guardami” ripeté la donna.
Poi, dalla borsetta che teneva a tracolla, tirò fuori un martello. Era esattamente come lo ricordava: lungo e con il manico rosso.
La guardò nell’unico occhio grigio che quella notte era opaco ed arrossato.
Poi guardò il fratellone e lo salutò, con un largo sorriso. Anche lui rispose, come se fosse un gioco di quelli che facevano tra di loro.
Per la prima volta, in trent’anni, si sentì completamente felice.
Il primo colpo lo colpì dritto sulla fronte.

Fabrizio Clarissa



Cristina
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Re: Le Lucciole

Messaggio#2 » giovedì 17 giugno 2021, 23:51

Ciao Fabrizio.
Un racconto piuttosto strano il tuo. Questo cerchio misterioso con le lucciole, meta finale di gente disperata, lascia con tante domande.
Devo dirti che la narrazione è piuttosto ingarbugliata. In tanti punti ho fatto fatica a capire chi parlasse e a chi si riferisse. Quando usi ‘Lui’ ci sono troppi lui in ballo (il pdv, il fratello, l’uomo cattivo...).
All’inizio sembrava quasi che il fratello fosse fratello al bambino e non al protagonista. L’ho capito dopo quando hai detto che l’orecchio mozzato era un regalo dell’uomo malvagio.
Qualche errorino qua e là di punteggiatura o di battitura (parole incomplete).
Qui : “Aspetta qua” disse la donna, poi prese l’altro figlio ed entrò tra le pietre. / non si capisce che figlio prende, e la frase dopo non aiuta / Lui fece la stessa cosa. / sembrerebbe quasi che prende un altro figlio ma ne ha solo uno, quindi intendi che entra tra le pietre, ma devo rallentare e fare questo ragionamento mentre leggo.
E nella parte finale chi è che muore? Direi il fratello del pdv visto che lui poi ha portato lì il figlio, ma non si capisce bene...
Anche dove dice che la moglie ha distrutto tutto ma lui glielo impedirà, ma allora era meglio dire ‘ha quasi distrutto tutto’ oppure ‘ma io sistemerò le cose’.
Parliamo del tema: soli al buio. C’è la solitudine è c’è il buio, direi che è la sofferenza a condurre lì il protagonista. Penso che con il tema ci siamo.
Con i bonus non li hai indicati ma immagino tu abbia voluto inserirli entrambi. Sul misfatto necessario: che sia necessario per il protagonista, nel suo delirio causato anche dai ricordi vissuti nel passato, direi che si sente.
Le lucciole si comportano decisamente in modo strano, quindi anche qui ci siamo.
Idea interessante, sicuramente il racconto lascia un senso d’amarezza e di dolore in bocca. La morte del figlio è un po’ prevedibile, ma ho sperato fino alla fine che non succedesse. Grazie della lettura !!
Cristina Di Rosa

Fabrizioclarissa
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Re: Le Lucciole

Messaggio#3 » venerdì 18 giugno 2021, 12:39

Cara Cristina
ti ringrazio molto per il commento. Soprattutto per le critiche ragionate che hai mosso al racconto. Ne farò uno strumento di crescita. Buona giornata
F C

Dario17
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Re: Le Lucciole

Messaggio#4 » venerdì 18 giugno 2021, 23:24

Molto, molto, molto confuso.
Ho impiegato un bel po' di righe per capire se fossi interno oppure esterno al punto di vista e non è un buon segno. La scrittura si perde in figure retoriche vaghe e non mi aiutano a immaginarmi bene il contesto. Anche il continuo salto indietro e avanti nel tempo dell'incipit è piuttosto fuorviante.
Gli unici particolari ben definiti sono le menomazioni fisiche del bambino e del padre prima di lui (se ho capito bene).
Alla fine c'è qualcuno che muore sacrificato in una specie di altare con lucciole che ci girano intorno, ma non ne sono sicuro nemmeno ad una seconda lettura.
Andrebbe fatto un lavoro di cesello su questo testo, ovvero decidere un punto di vista fisso in cui immettere il lettore (tipo quello del padre) e togliere le inutili divagazioni per favorire meglio le azioni del protagonista sul suo coprotagonista (tipo il figlio).
Il testo e la lettura respirerebbe molto meglio.

Fabrizioclarissa
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Re: Le Lucciole

Messaggio#5 » sabato 19 giugno 2021, 14:23

Grazie Dario per la tua recensione. L’ho apprezzata.
Un caro saluto

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Alessandro -JohnDoe- Canella
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Re: Le Lucciole

Messaggio#6 » domenica 20 giugno 2021, 0:29

Ciao Fabrizio.
Visto che rientri tra le nuove leve del forum, ti do innanzitutto il benvenuto. Detto questo, spero mi perdonerai se nelle righe che seguono sarò un po’ pignolo, ma ritengo A) che il testo abbia del potenziale inespresso e B) che una sana bastonata (costruttiva, eh) sia molto più utile di una pacca sulle spalle al motto di “andrà meglio la prossima volta”. Parto con alcuni appunti specifici e poi passo a un commento più generale.

Ricordava di averlo chiesto anche lui molti anni prima. Suo fratello, invece, aveva taciuto e si era toccato il mozzicone d’orecchio che gli pendeva dalla testa, come era solito fare quando era nervoso.

Passaggio subottimale. Inizi con un ricordo. Per logica, la frase successiva, trovandosi nel medesimo capoverso, dovrebbe continuare sulla nuova linea temporale, cosa che in effetti è. Solo che, per come è costruita la frase, sono possibili due ulteriori interpretazioni, entrambe corretto dal punto di vista delle connessioni logiche: A) ci troviamo nel presente narrativo e il fratello a cui si riferisce il narratore è quello dell’uomo; B) ci troviamo nel presente narrativo e il fratello è del primo bambino. Certo, la prima interpretazione (quella corretta) rimane quella più ovvia, ma il costringere il lettore a questo improvviso salto temporale non appena iniziata la narrazione rischia di confonderlo. Il mio consiglio è di evitare qualsivoglia ambiguità e introdurre la seconda frase con una formula del tipo “In quell’occasione suo fratello…”.

“Non capiterà più bambini. Ve lo prometto”. Probabilmente avrà detto anche qualcos’altro durante il tragitto, ma lui ricordava solamente quella frase.

Siamo di nuovo nel passato, ma con un verbo al futuro. In questo caso l’imperfetto (aveva detto) risulta la scelta migliore.

Una volta era toccato ad un labbro […] Poi ad un mignolo.

Attenzione alle D eufoniche. Non si usano più. Non sto a segnalare tutte quelle presenti nel testo, ma ne ho comunque trovate altre sparse tra le righe. Kill them with fire!

Ogni volta giurava e spergiurava di lasciarlo, di mandarlo in galera, di ammazzarlo. Ma dopo un po’ lui tornava con in regalo un po’ di quella polvere bianca che va su per il naso e la storia finiva là. O ricominciava.

Il tuo narratore è esterno, ma comunque focalizzato nella mente dell’uomo. Ne consegue che i pensieri, anche se sotto forma di ricordi, sono veicolati dal protagonista in versione adulta, non del sé stesso bambino. Una formula come “polvere bianca” mal si adatta quindi a un adulto, che di certo, nel tempo, ha compreso che quella polvere altro non era che cocaina.

Quell’uomo era cattivo con loro. Suo fratello ne portava i segni e quel padiglione penzolante era stato un suo dono. Quell’uomo tornava e loro potevano solo nascondersi quando capivano che arrivav il momento brutto, quando lui girava gli occhi e le vene gli apparivano potenti sotto al collo.

Cito il passaggio subito successivo e mi ricollego quanto appena detto sopra. Nel tuo racconto il protagonista ha dei ricordi, non dei flashback. Quindi la focalizzazione dei pensieri deve rimanere nel presente narrativo. Se invece vuoi oscillare tra due versioni diverse del tuo protagonista (adulto e bambino), puoi farlo, ma a quel punto devi passare alla tecnica del flashback. BTW, ne approfitto per segnalare anche un “arrivav”.

“Papà hai visto? Ci sono tanti rami per terra” disse il piccolo.

All’inizio il bambino lo chiama “papa” che avevo inteso come un errore di pronuncia atto a far intuire l’età del bambino. Ora però lo chiama più correttamente papà. Quale delle due versioni è sbagliata?

Formavano una specie di cono di luce blanda

“specie di” è una formula da evitare, in quanto troppo blanda e incapace di visualizzare un’immagine dettagliata nella mente del lettore.

“Papà ma che posto è questo?” chiese.

Chiese chi? Ok, è ovvio che è il figlio del protagonista in versione adulta, ma resta il fatto che il soggetto andrebbe sempre esplicitato quando muta rispetto a quello della precedente azione, oltremodo se, come nel tuo caso, il testo è caratterizzato da continui balzi temporali.

Il coltello cadde chi sa dove

Si scrive chissà dove.

E arriviamo al commento finale. Come scrivevo all’inizio, il racconto ha del potenziale. L’atmosfera generale mi piace, ma la resa è, allo stato attuale, troppo grezza. Innanzitutto, la scelta di un narratore onnisciente che, oltretutto, fonde passato e presente narrativo strappa il lettore da una piena immersione nel testo. Se da una parte può apparire come uno stratagemma narrativo interessante (sulla carta) rispetto a una più tradizionale struttura a flashback, dall’altra grida al lettore che è tutta finzione, frantumando così qualsivoglia empatia nei confronti del personaggio. Empatia, infatti, non è soltanto soffrire per le sorti di un personaggio, ma anche e soprattutto entrare nella sua testa, vivere il mondo attraverso i suoi occhi, e questo è un discorso che non vale soltanto per la narrativa immersiva che va sempre più di moda negli ultimi anni. Quello che intendo dire è che se vuoi che il tuo messaggio raggiunga il lettore, devi stare sempre molto attento a fare in modo che il tuo tratto stilistico non lo distragga dalla lettura, cosa che invece così non è nel testo attuale.
Certo, l’uso dei flashback avrebbe reso la struttura della storia più canonica, ma allo stesso tempo avrebbe garantito uno spettro di sensazioni più ampio, diviso tra protagonista bambino (dotato di una conoscenza e di una sfera di valori più ristrette) e protagonista adulto (che ben sa cosa sta succedendo e che pertanto vive quel momento in maniera diversa).
Concludo con una nota marginale relativa alle regole della sfida. Ricorda che devi sempre segnalare in un messaggio separato i bonus a cui ambisci, altrimenti non ti saranno poi riconosciuti, ed è un vero peccato perdere 4 punti soltanto per una dimenticanza, come in questo caso.
Alla prossima.
lupus in fabula

Fabrizioclarissa
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Re: Le Lucciole

Messaggio#7 » domenica 20 giugno 2021, 19:09

Grazie John del bel commento. Mi permetto solo di sottolineare due sbavature: in italiano corrente si scrive chissà oppure la forma non contratta chi sa.
Quanto ai bonus il regolamento non dice che non verranno assegnati a chi non scrive a quali aspira. Poi se per prassi è invalso quest’uso taccio.
Un caro saluto
FC

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Re: Le Lucciole

Messaggio#8 » lunedì 21 giugno 2021, 0:08

Ciao Fabrizio.
Devo darti ragione sul discorso "chi sa". Ero convinto fosse oggi considerato al pari delle D eufoniche, quando invece è una formula ritenuta ancora corretta. Mea culpa.

Riguardo invece i bonus, nel post "Vivo nel buio, Parte la SFIDA!!!" c'è scritto "Ogni partecipante dovrà scrivere, in risposta al proprio racconto, i bonus a cui aspira". Si tratta, purtroppo, di una regola generale. :(
lupus in fabula

Fabrizioclarissa
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Re: Le Lucciole

Messaggio#9 » lunedì 21 giugno 2021, 8:13

Ciao John
Nel post c’è un link che rinvia al regolamento. Là non si fa menzione di sanzioni per chi non dica “ voglio il bonus”. Del resto nemmeno il post che indichi prevede un malus: si limita a dire di indicare i bonus ( credo per comodità di conteggio) ma non dice che, qualora vi fossero, non verranno conteggiati. Poi mi rimetto ai giudici. Un abbraccio
FC

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Alessandro -JohnDoe- Canella
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Re: Le Lucciole

Messaggio#10 » lunedì 21 giugno 2021, 8:20

Spero sia come dici tu, non essendo noi utenti ad avere poter su bonus e malus. Lo scrivevo solo perché mi spiacerebbe vedere il tuo brano penalizzato per una questione che esula dal suo contenuto. :)
lupus in fabula

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Re: Le Lucciole

Messaggio#11 » martedì 22 giugno 2021, 13:47

Ciao Fabrizio.
Trovo che il tuo testo abbia del potenziale dal punto di vista dei temi e valori toccati e per l'idea di base, ma trovo il tuo stile di scrittura molto confuso e baroccheggiante.
Usi una specie di narratore esterno, che legge i pensieri di tutti, che in alcuni punti parla come un adulto e in altri come un bambino. Purtroppo in molti passaggi ho faticato a capire chi stesse parlando o pensando e questo purtroppo è un grosso punto a tuo sfavore.
Per i bonus, che ho visto che non hai segnalato a quali aspiravi, do per scontato che aspirassi a entrambi.
Sulle lucciole mi esprimo relativamente poco visto che non ho idea di come si comportino solitamente.
Sul misfatto necessario, mi dispiace ma non mi trovi per nulla convinta. Il protagonista uccide suo figlio come dono per far esaudire il suo più grande desiderio, che, se non ho capito male, sia morire così da non far vincere la ex moglie. Ma misfatto necessario ha bisogno che si indaghi il perché è necessario per il protagonista: cioè cosa ha fatto questa ex moglie per arrivare a uccidere il proprio figlio? Oppure il misfatto necessario era della madre perché non aveva la forza di smettere di drogarsi e di avere per casa questo uomo che la picchiava? Ma una madre davvero potrebbe uccidere il proprio figlio per smettere di drogarsi?
Non so. Il tuo racconto mi lascia più dubbi che certezze.

Fabrizioclarissa
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Re: Le Lucciole

Messaggio#12 » martedì 22 giugno 2021, 20:08

Grazie del tuo commento l’ho molto apprezzato. Un caro saluto
FC

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