Le guardiane

Per partecipare alla Sfida basta aver voglia di mettersi in gioco.
Le fasi di gioco sono quattro:
1) Il primo giugno sveleremo il tema deciso da Wladimiro Borchi. I partecipanti dovranno scrivere un racconto e postarlo sul forum.
2) Gli autori si leggeranno e classificheranno i racconti che gli saranno assegnati.
3) Gli SPONSOR leggeranno e commenteranno i racconti semifinalisti (i migliori X di ogni girone) e sceglieranno i finalisti.
4) Il BOSS assegnerà la vittoria.
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Laura Brunelli
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Le guardiane

Messaggio#1 » sabato 12 giugno 2021, 15:55

Le guardiane di Laura Brunelli


«Tammy, svegliati» le poggio una mano sulla spalla, con delicatezza. «Mina non c’è».
Tammy scrolla la spalla e si libera dalla mia presa. «Torna a letto, Lena», piagnucola. «Sarà andata a fare pipì». Neanche il tempo di finire la frase che già ricomincia a russare. Che stronza. Dannato il giorno che si è unita a noi. Lo dicevo a Mina che era una con la puzza sotto il naso, ma lei no. Le si è attaccata subito alla gonnella. Quella stronza, con quei suoi modi carini l’ha subito incantata.
Torno al mio angolino. Mi siedo su quel che resta di un vecchio materasso e aspetto Mina. Il tempo passa, ma lei non si vede. Dove cavolo è finita? Perché ci mette tanto? Si sarà mica sentita male? E sono sola. Di certo non posso contare su principessina Tammy. Con quei suoi bei capelli morbidi. In tre mesi se li sarà lavati un centinaio di volte. Si preoccupa più di trovare uno shampoo che del cibo. Che cavolo ci fa in strada una così? Beh, almeno durerà poco.
Il tempo passa e Mina non torna. Mi alzo ed esco. Miss Tammy ha preteso che facciamo i nostri bisogni in un posto solo, lontano dall’entrata. “Almeno non dobbiamo sorbirci la puzza dentro casa” ha detto. “Cosa cavolo vuol dire sorbirci?” Le ho chiesto. Ha alzato gli occhi al cielo e ha detto che se facevamo pipì lontano, la puzza non sarebbe entrata in casa. Non ci avevo mai pensato, ma l’idea non sembrava cattiva. Quindi ho ceduto. Così adesso la latrina è sul retro e per raggiungerla devo fare tutto il giro. Per fortuna la luce di un lampione lontano filtra tra gli alberi e illumina una striscia di terra attorno alla baracca. Mina non c’è. E non sento puzza di pipì fresca. «Mina, dove sei?». Nessuna risposta.
Ma che cavolo. Vorrei sapere come ha fatto Tammy a convincere Mina a lasciare la nostra zona. Lì almeno non eravamo mai sole. Ok che dormivamo in mezzo alla strada e dovevamo fare a turno per controllare che non ci pigliassero il posto, ma almeno non eravamo mai sole. Potevamo contare su Miky, Marco, Teresa. No, su Teresa no. Quando c'era lei in giro spariva sempre qualcosa. Ma almeno era simpatica.
Poi, un bel giorno ti arriva lei e che fa? Una casa, lei. Ha voluto una casa. Da sole. Senza estranei attorno. Che idea grandiosa. Si capisce che bazzica la strada da poco. Non sa come funziona. Tanto peggio per lei… e meglio per me.
Faccio il giro dall’altra parte. Qui è più buio. Devo fare attenzione se non voglio inciampare. Cammino rasente al muro tenendo una mano appoggiata al muro. Ovviamente Mina non c’è. Torno dentro di corsa e mio butto a terra vicino Tammy. Questa volta vedrai se non ti sveglio. La prendo per le spalle e la scuoto con forza. «Svegliati, svegliati, svegliati» le grido in faccia. «Mina è sparita. L’ho cercata dappertutto. Non c’è più».
Tammy si tira su di scatto, mi afferra i polsi e mi attorcina le braccia.
«Ahia» strillo «Che cavolo ti prende?» Allenta un po’ la presa e mi guarda. Ora è sveglia. «Scusa» balbetta e mi lascia andare «mi hai spaventata».
Brutta stronza. Mi massaggio le braccia e la guardo con odio, ma qualcosa nella sua espressione mi dice che è davvero mortificata. Chissà che le è preso. E quanta forza, a momenti mi spaccava le braccia. Deve averne passate di brutte. Non ci ha raccontato nulla della sua vita. Magari un giorno glielo chiederò, ora però dobbiamo trovare Mina.
«Allora?» mi alzo e poggio le mani sui fianchi «Hai intenzioni di aiutarmi o no?»
«A fare che?».
Non ci credo, si è già dimenticata. Non gliene frega proprio un accidente di noi «Mina è sparita» le ripeto per la centesima volta, scandendo bene le parole.
Tammy si strappa di dosso i giornali. «Ok, andiamo». Si alza, raccoglie da sotto il cuscino di stracci la borsa di pelle che si porta sempre dietro ed esce. Si ferma qualche secondo appena fuori dalla porta e si guarda intorno. Poi, senza neanche aspettarmi, si incammina decisa verso il bosco.
Ma dove va? È buoi la dentro. I rami delle grandi querce sono così intrecciati che ci si vede poco anche di giorno. Figuriamoci di notte. Io non mi allontano da casa senza una luce. «Aspetta» le grido.
Tammy si ferma. Si gira. Marcia verso di me con tale decisione che quando mi raggiunge devo piegarmi in dietro per evitare che mi dia una testata in fronte. «Se non ci sbrighiamo, perderemo le sue tracce». Si gira e riparte in quarta.
Tracce? Ma di che cavolo parla? Ma chi cavolo è questa? Dov’è finita la dolce principessa che ha conquistato il cuore di Mina in un battito di ciglia? «Non vedo un accidente» mi lamento «e non abbiamo nulla con cui difenderci».
«Il buio non è un problema» mi sorride e si avvicina di nuvo. «E poi ho questo». Solleva una gamba dei pantaloni e mi mostra un coltello legato al polpaccio.
«Ma cosa…» Ok, forse mi sono sbagliata sul suo conto. Questo suo lato imprevisto potrebbe esserci utile. Se ritrova Mina potrei cambiare idea.
Tammy si volta. «Stammi appiccicata, così non ti perdi». Si gira e si si avvia verso il bosco.
Mmm… quanto odio quel suo tono di condiscendenza. La seguo ed entriamo nel bosco. Incespico e inciampo. Non si vede un accidente. Agguanto un lembo della sua maglia, non si sa mai. Se mi perdessi, non saprei proprio cosa fare.
Rami e foglie secche mi penetrano nelle piante dei piedi, strappandomi la carne. Tammy procede spedita. Stringo i denti. Ma come cavolo fa? Ha i piedi foderati di piombo?
Ogni tanto Tammy rallenta, si china ad osservare il terreno, poi riprende il cammino, a volte prosegue dritta, altre gira a destra o a sinistra. Comincio a pensare che sia tutta una scena, mi sta pigliando per il…
Tammy si blocca di scatto e le finisco addosso. Si abbassa e si nasconde dietro a un cespuglio di biancospino. Allunga un braccio verso di me per tirarmi giù, ma fende solo l'aria. Sono già accucciata di fianco a lei. Non sono mica scema. Ho capito l'antifona. Oltre il cespuglio c’è una piccola radura.
«Eccola,» Tammy allunga l’indice verso la radura. «La vedi?». Seguo la direzione del suo dito. Una massa di capelli ispidi riflette la luce fioca della luna. Mina è seduta su una roccia. Da sola. Lascio la presa sulla maglia di Tammy e mi alzo, ma lei mi afferra per un braccio e mi tira giù. Ancora. Comincia a darmi sui nervi.
Tammy si posa un dito sulla bocca. Rimane accucciata, si gira, sventola un paio di volte la mano e forma un cerchio con l’indice. O mamma, deve aver visto troppi film d’azione. Sta a vedere che si crede Lara Croft. L’ultimo patrigno che si è accodato a quella sciroccata di mia madre guardava solo quel tipo di film. Tutto inseguimenti, sparatorie e botte. Non erano poi così male. Almeno non erano osceni come quelli che guardavano gli altri. Le avventure mi piacevano, specialmente quelle di Lara. Solo che poi, le botte, quello stronzo le dava anche a me.
Nascoste dietro ai cespugli di biancospino procediamo piano lungo il bordo della radura fino ad arrivare alle spalle di Mina. Da qui la visuale è tutta libera. Ma che cavolo! Non c’è nessuno, solo Mina e… un gatto? Non ci credo. Questa volta Mina mi sente. Mi ha fatto prendere un colpo per niente. Come cavolo le è venuto in mente di correre dietro a un gatto in piena notte. E poi odia i gatti.
«Avete finito di giocare a nascondino?». Io e Tammy sobbalziamo. Sembra la voce di Mina, ma… è diversa, il tono, il ritmo. È… è una cantilena. «Avanti, entrate. Vi stavo aspettando».
Tammy si alza in piedi e mi tira dietro di lei, come a volermi proteggere, raddrizza la schiena, fa un bel respiro e avanza nella radura, trascinandomi con sé. Non degna Mina di uno sguardo. «Chi sei? Cosa vuoi?» sputa fuori le parole con una durezza da far accapponare la pelle. Così decisa sembra molto più grande dei sui quattordici anni. Ma che fa? Parla al gatto?
«Voi, naturalmente».
«Cosa…». Tammy non riesce a finire la frase. Mina le è saltata addosso la sbatte per terra. Per un soffio non faceva cadere anche me.
«Mina» le urlo, «Ma che fai?» Lei non mi risponde. Mena colpi a destra e sinistra. Tammy si difende, ma non la colpisce.
«Non dovevate voltarle le spalle». Ancora la voce di Mina, ma questa volta sono certa che non è lei che parla. Sta lottando con Tammy davanti a me e la voce proviene da…mi giro verso il gatto. «Sei tu che parli?»
«Uh, sei sveglia, ragazzina.»
Ma che cavolo... «Ti faccio vedere io.» Mi lancio verso il gatto, ma lui, con un balzo, salta sulla quercia più vicina e sale sui rami più alti. Non riuscirò mai a prenderlo. Ho bisogno di Tammy. Mi getto nella mischia e cerco di staccarla da Mina. Che però non molla. Mi becco un pugno in faccia, ma alla fine riesco a dividerle. «Fermatevi, cerchiamo di ragionare»
«Bene, bene, bene. Qualcuno pare proprio sveglio» Sentire la voce di Mina uscire dalla bocca del gatto mi fa scendere i brividi lungo la schiena. Mi giro verso di lui. O forse è una lei? «Che cavolo vuoi?» gli urlo contro. Che situazione assurda. Non posso credere di essere messa in scacco da un gatto.
«Seguitemi.»
Che cosa? Pensa di poterci dare degli ordini? «E perché dovremmo?» gli grido in faccia. Tammy mi stringe il braccio e scuote la testa.
«Se rivolete indietro la vostra amica…» detto questo comincia a leccarsi una zampa. Che schifo.
«E cosa dovremmo fare?». Trattengo a stento la rabbia, forse è meglio fingere di assecondarlo finché non troviamo un modo per liberarci di lui.
Il gatto poggia la zampa per terra. «Dovete aiutarmi a liberare mio marito». Si gira e si incammina nel bosco. “Muovetevi”
Mina mi afferra per un braccio e mi strattona. Mi giro verso di lei. Per la prima volta da quando siamo arrivate nella radura la guardo in faccia. Ha gli occhi vuoti e il viso è senza espressione. Oh Mina, piccola mia. Che cavolo ti ha fatto quel gattaccio. Guardo Tammy che fa un cenno di assenso e mi metto in cammino dietro al Gatto. Si ferma davanti all’ingresso di una caverna. «Entrate».
La grotta è piccola. C’è un piccolo slargo su cui è disegnato un cerchio circondato da strani simboli. Dietro al cerchio, due sarcofaghi appaiati. La lastra che ricopre uno dei due è spaccata a metà. «Quindi non sei un gatto»
«Certo che no». E ride.
Ride con la risata di Mina. Le lacrime mi salgono agli occhi. Le trattengo e grido tutta la rabbia verso il gatto «E allora chi diavolo sei?»
«Tu parli troppo». Mina mi si para davanti, con uno sguardo feroce negli occhi verdi. Oddio, non vorrà picchiare anche me? Arretro verso la parete. Ma Mina non mi colpisce. Guardo Tammy, che scuote il capo e si siede. La imito.
Il gatto si gira e si dirige verso l’entrata «Se rivolete la vostra amica, non muovetevi».
Non crederà mica che lo aspetteremo davvero? Mi alzo, ma Mina mi poggia le mani sulle spalle e mi spinge giù con tutta la forza che ha. «Oh Mina, ti prego, svegliati» piagnucolo. Lei non risponde e mi fissa con il vuoto negli occhi. Si mette tra noi e l’ingresso della caverna e si siede a gambe incrociate. La schiena dritta. Immobile come una statua.
Guardo Tammy. Non ha più detto una parola da quando abbiamo trovato Mina nella radura. Se ne sta lì immobile a fissare la parete di fronte a noi. Mi sa che mi sbagliavo. Il pugnale, tutto quel parlare di tracce, l’appostamento accucciate come gli eroi dei film. Tutta scena. Si è già arresa. Poggio le braccia sulle ginocchia e nascondo la testa. Non voglio che mi veda piangere.
***
Qualcosa struscia sul pavimento. Guardo Mina. È immobile e il gatto non è tornato. Tammy, invece, si sta muovendo. Si è tirata la borsa sulle gambe e ci ha infilato una mano. La tira fuori. Stringe qualcosa che luccica. Che cavolo, non sarà… no, il coltello non era nella borsa. Si alza in piedi. Trattengo il fiato e guardo Mina. Non si muove. Tammy le gira in torno e raggiunge i sarcofaghi. Tenendo gli occhi fissi su Mina e mi alzo anch’io. Nessuna reazione. «Perché non reagisce?»
«Il gatto è troppo lontano. Ha perso il contatto». Tammy si infila tra i sarcofaghi. Il passaggio è stretto, deve camminare di lato per superarli, ma alla fine ci riesce.
«Che cavolo significa?»
«Anche se si è preso l'anima di Mina, può controllare il suo corpo solo da una breve distanza.» Allunga una mano. Uno scatto e una fiammella illumina la parete. Delle figure stilizzate formano una scena truculenta. I corpi di un umo e una donna dentro a due sarcofaghi, entrambi con una ferita all’altezza del cuore. Sopra di loro un umo tiene alto un pugnale insanguinato.
«Come pensavo». Tammy si gira verso di me con un’espressione triste negli occhi castani. «Mi dispiace tanto». Tira fuori il pugnale e me lo mostra illuminandolo con l’accendino. Sulla lama sono incisi gli stessi simboli che ho visto sul pavimento.
Cosa cavolo… Cosa centra Tammy con tutto questo? Come fa ad avere quel pugnale? Da dove viene? Le domande si accavallano nella mia mente e mi confondono le idee. La guardo dritta negli occhi. «Dove lo hai preso?» è tutto quello che riesco a dire.
«Era di mio padre».
Di suo padre? «Che cavolo significa?»
«Mio padre era un guardiano delle anime. Ora che è morto, sono io il guardiano» Tammy indica il dipinto. “I due corpi nei sarcofaghi sono il veicolo umano di due spiriti demoniaci, Makutep e Totemuk”
«Ma sono morti, no?”
Tammy scrolla il capo. “I corpi. Ma gli spiriti sono intrappolati dentro ai sarcofaghi.» Indica la tomba con il coperchio distrutto. “O almeno lo erano.»
«Quindi il gatto...»
«È posseduto da Makutep.»
«Bhe, allora basterà imprigionare di nuovo quello spirito, no?»
«È quello che intendo fare.»
«Bene. Così Mina sarà libera e ce ne potremo andare. Giusto?»
Tammy non risponde e si volta. Seguo il suo sguardo e… no, no, no, no. Non vorrà mica… Un atroce sospetto si fa strada nella mia mente. Ripenso al nostro incontro, al modo in cui ha conquistato l’affetto di Mina. Con me, invece è sempre stata fredda distante. Non si è mai preoccupata di conquistare la mia fiducia. Possibile che sapesse? Che avesse calcolato tutto? Mi piazzo tra lei e Mina. «Non te lo permetterò.»
«Non voglio farle del male.»
Lo dice con una tristezza nella voce e nello sguardo che dubito della sua sincerità «Non ti credo».
Tammy si gira verso la parete. «Oh Lena. Davvero mi dispiace tanto...» Si gira verso di me. Ha gli occhi lucidi, ma non piange. «Non posso salvarla».
Se mi avesse dato un pugno avrebbe fatto meno male. Le gambe mi cedono e finisco col culo per terra. Non è possibile, non ci credo. «Che significa che non puoi salvarla?» Tammy si inginocchia davanti a me e mi poggia una mano sulla spalla. «Per imprigionare lo spirito di Makutep devo uccidere il gatto. Questo lo sai, vero?».
«Ma se uccidi il gatto...» non riesco a finire la frase. Il gelo si fa strada nel mio corpo. Sento il sapore del sale sulla lingua. Le mani mi tremano. Le chiudo a pugno. Mi asciugo le lacrime con dorso della mano destra. La guardo dritta negli occhi e mi alzo.
«Chi cazzo ti credi di essere?» le urlo in faccia. Tammy spalanca la bocca, sgrana gli occhi e arretra. «Lena…»
«Sei solo una stronza. Non te ne frega un accidente di noi». Non voglio ascoltarla. Come ho fatto a pensare di potermi fidare di lei? «Ora prendo Mina e ce ne andiamo». Le volto le spalle, ma lei mi afferra per braccio. «Aspetta». Non mi giro. Tiro il braccio. Tammy molla la presa. «Forse c’è un modo.»
Ok, ha attirato la mia attenzione. Mi fermo e mi giro verso di lei. Ha il naso arricciato e la bocca e le sopracciglia corrugate. «Non ti piacerà» sussurra.
***
Il tempo passa, ma il gatto non si vede. Dove cavolo è finito. Sono tornata a sedermi dov'ero prima. Di fronte a Mina. Tengo gli occhi fissi su di lei. Ogni tanto mi muovo un po, in attesa di una sua reazione. Non ce la faccio più ad aspettare. Se non arriva presto non riuscirò a… fare quello che devo fare.
Gli occhi di Mina mettono a fuoco lo spazio vuoto nel punto in cui dovrebbe essere seduta Tammy. Ci siamo. Il gatto si sta avvicinando. Mina gira la testa a destra e sinistra. Individua Tammy. È nascosta dietro la parete, vicino all'entrata della caverna, la schiena contro il muro. Mina si alza di scatto e le va incontro, pronta a colpirla. Ma io sono più veloce. Le salto addosso. Sono più grande… e più forte. Le blocco le braccia dietro la schiena e le tengo ferme all'altezza dei polsi.
Le passo il braccio destro intorno al collo e stringo. Mina scalcia e si dibatte e mi fa perdere la presa sui polsi. Le sue mani si aggrappano al braccio che le serra la gola. Mi graffia. Allento un po’ la presa e lei riesce ad infilare una mano sotto il braccio e tira.
«Lena. Che fai? Se si libera siamo tutte morte».
La voce di Tammy mi riscuote. Ha ragione. Oh Mina, mi dispiace, mi dispiace tanto. Non c’è altra soluzione. Con la mano libera le afferro il braccio sinistro e glielo attorcino dietro alla schiena. Stringo più forte il braccio attorno al collo di Mina. Lei continua a dimenarsi ma con meno foga. La mia presa e salda. Mi giro verso il muro, con i sarcofaghi alle spalle. Da questa posizione Mina non può vedere Tammy e l’entrata della caverna.
Dal bosco giunge un fruscio di rami e foglie che cozzano fra loro, accompagnato da un miagolio. Stanno arrivando. Speriamo che Tammy non prenda il gatto sbagliato.
Mina ricomincia a scalciare. Ma questa volta non le lascio spazio di movimento. Tieni duro piccolina. Fra poco sarà tutto finito.
Guardo Tammy. La schiena poggiata alla parte, un braccio a sfiorare l’entrata della caverna. È tesa come un arco, pronta a scattare. Un lampo rosso attraversa l’entrata. Tammy tira il braccio. La corda si tende e la trappola scatta. Il gatto, appeso a testa in giù. Ci guarda per un istante.
Poi Mina scoppia a ridere. «Bene, bene, bene. E ora? Che cosa avete intenzione di fare?»
Un lampo scintilla tra Tammy e il gatto. È il momento. Tammy affonda la lama nel petto dell’animale e io stringo con tutta la mia forza il collo di Mina, pronta a reagire. Lo spirito di Makutep lascia il corpo del gatto e si infila in quello di Mina che ricomincia a dimenarsi con più forza di prima.
Tammy Mi raggiunge e afferra il braccio libero di Mina. La tiene ferma e mi aiuta a portare a termine il mio lavoro. Stringo con tutta la forza che ho. Il profumo e i capelli di Mina mi pizzicano il naso. La sua mano infilata sotto il mio braccio preme contro la gola e mi facilita il compito.
Il corpo di Mina si affloscia. Sento che Tammy lascia la presa. Smetto di stringere, ma non lascio andare Mina. Non riesco a crederci. Ho ucciso la mia migliore amica.
«Lasciala Lena.» La voce di Tammy è dolce, gentile. Ma sento una nota di urgenza. «Dobbiamo fare presto».
Ha ragione. Adagio il corpo di Mina sul pavimento e mi scosto.
Tammy si accuccia di fianco a le e comincia a rianimarla. Resto immobile a osservare i movimenti di Tammy e conto. Uno, due, tre, quattro, respira, uno, due, tre, quattro respira, uno, due, tre, quattro… Avanti Mina respira, respira, respira.
Un colpo di tosse. Tammy si ferma. Mina apre e gli occhi. Cado in ginocchio, allungo le braccia e appoggio la testa sulle gambe di Mina. Le mie lacrime le bagnano l’orlo della maglietta. Ce l’abbiamo fatta.
***
Mina e Tammy stanno parlottando fra loro. Apro gli occhi. Il pavimento è duro e freddo. È buio. Mi guardo intorno ma non trovo le finestre. Ma dove cavolo…
Mi tiro su di scatto. Siamo ancora nella caverna.
«Ah, ci siamo svegliate?». Tammy mi guarda e mi sorride. Ancora quel tono di condiscendenza. Mi sa che dovrò farci l’abitudine. Il sarcofago di Makutep è di nuovo sigillato. Mi alzo. Tammy raccoglie la sua borsa.
Mina mi viene incontro e mi abbraccia. «Grazie»
«Devi ringraziare Tammy. Senza di lei saremmo morte entrambe».
Usciamo dalla caverna. Il sole sta sorgendo. Devo molto a Tammy, ma non voglio tornare in quella baracca. Prendo un respiro profondo e dico tutto d’un fiato «Voglio tornare ai magazzini abbandonati»
Tammy si ferma, mi guarda e scoppia a ridere.
«Scordati i magazzini, la baracca e la strada. Andiamo a casa.»
Ultima modifica di Laura Brunelli il martedì 15 giugno 2021, 12:37, modificato 1 volta in totale.



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Laura Brunelli
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Re: Le guardiane

Messaggio#2 » sabato 12 giugno 2021, 15:57

Ciao a tutti.
Ambisco a tutti i bonus.
Grazie e buona lettura

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Laura Brunelli
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Re: Le guardiane

Messaggio#3 » martedì 15 giugno 2021, 12:55

Perdonatemi, è la seconda volta che scrivo su MC e non so bene come funziona. Non so se potevo, ma ho editato. Mi era rimasta una frase che pensavo di aver eliminato dopo la fine del racconto. Nel file di word era finita in una pagina nuova e non la visualizzavo a video. Ho usato la funzione “seleziona tutto” e me la sono portata dietro.

Cristina
Messaggi: 29

Re: Le guardiane

Messaggio#4 » venerdì 18 giugno 2021, 21:23

Ciao Laura!
Il tuo racconto mi è piaciuto molto. Ha un po’ il sapore degli anime, a me ha ricordato sailor moon, sarà per il fatto che sono ci sono le guardiane e per il gatto parlante ^^.
Andando oltre i gusti personali, vediamo tema e bonus. Allora, il tema c’è, queste ragazzine che vivono in catapecchie o per strada sono sole, al buio in tutto il racconto e per la protagonista questi sono problemi.
Anche i bonus ci sono: abbiamo un gatto parlante posseduto e delle ragazzine che devono uccidere la loro amica per salvarla.
La storia scorre bene, rallenta solo un po’ troppo nella parte in cui attendono il ritorno del gatto (ma niente di grave).
Cosa si poteva migliorare secondo me: all’inizio Tammy ci mette troppo a passare in azione e lo fa troppo repentinamente quando si decide. Un cambio un po’ brusco, sembra svogliata all’inizio e comunque se non si è accorta della presenza di un nemico nei dintorni, poi non si spiega come trovi le tracce in un istante.
Verso la fine avrei messo da qualche parte una frase tipo ‘adesso sei anche tu una guardiana’ di Tammy parlando al pdv, visto che il titolo del racconto è ‘le guardiane’ e da quello che leggiamo questo titolo sembra assunto per discendenza. Introducendo una frase del genere possiamo intuire lo si possa diventare anche per nomina se no mi rimane un po’ l’incongruenza. Oppure mettere come titolo La guardiana.
Un’altra cosa, non si capisce dove sia andato il gatto, visto che dice di voler liberare lo spirito del marito. Il sarcofago è li nella caverna, avrebbe dovuto chiedere alle ragazze di spaccarlo.
Comunque sto facendo le pulci. Il racconto è ottimo ! Brava ^^
Cristina Di Rosa

Dario17
Messaggi: 417

Re: Le guardiane

Messaggio#5 » venerdì 18 giugno 2021, 23:24

Un racconto molto "SailorMoonesco" con gatti che parlano e piccole eroine all'opera.
A mio avviso, questo testo ha un fortissimo problema di bilanciamento: se nel tratteggiare l'introspezione della protagonista te la cavi discretamente al netto magari di qualche sproloquio interiore, nelle descrizioni dell'ambiente, dei personaggi e nello svolgersi dell'azione lasci davvero troppi buchi in cui il lettore cade durante la lettura. Nella prima parte i personaggi si muovono in un mondo vuoto.
Sono per strada? Sono sotto un ponte? Sono in città? Sono in campagna? O in una foresta? Tammy è bionda o mora? è magra o robusta? che vestiti indossa Mina?
Particolari ben specifici dovevano disegnare il mondo attorno ai personaggi in maniera molto migliore.
Lo stile è così così e soffre di uno sbilanciamento simile a quello specificato sopra: nelle frasi brevi te la cavi benone ma purtroppo le utilizzi davvero a raffica e la lettura ne risulta sincopata.
Forse a un tipo di avventura e intreccio simile servirebbe un po' più di caratteri per definirsi compiuta e ricca, ma ci può anche stare.
La prima persona regge ma occhio a quando esci dal pov come in questo caso:
"Gli occhi di Mina mettono a fuoco lo spazio vuoto nel punto in cui dovrebbe essere seduta Tammy. " Se si è interni a Lena, questa è una cosa che lei non può sapere ne percepire.
Tema ok.

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Laura Brunelli
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Re: Le guardiane

Messaggio#6 » domenica 20 giugno 2021, 16:40

Ciao Cristina, Ciao Dario 17,
Grazie dei commenti e dei preziosi consigli.
Sulle assonanze con Saylor Moon, non saprei che dire, non ho mai visto la serie, confesso di essere un po’ più “âgée” rispetto a voi, darò un’occhiata.
Cristina: sono contenta che ti sia piaciuto. Per quanto riguarda le parti migliorabili, non preoccuparti di farmi le pulci. È difficile capire cosa gli altri capiscano di quello che si scrive.
Per esempio, come hai giustamente intuito, le ragazze avrebbero dovuto aiutare il gatto ad aprire il sarcofago. Anche se non è stato esplicitato nel testo, si capisce dal contesto. Il gatto, invece doveva andare a cercare un altro gatto che potesse ospitare lo spirito di Totemuk. Nella versione iniziale il gatto lo diceva in un dialogo che però mi sembrava legnoso. Purtroppo, modificandolo mi sono persa l’informazione che poi mi sono dimenticata di introdurre in un altro punto. Mea culpa e grazie per avermelo segnalato.
Stesso discorso per l’acquisizione del titolo di guardiane, non mi ero accorta che, per come introdotto il tema, si potesse pensare che avvenisse per discendenza.
Dario17: confermo le tue impressioni sullo stile, è stato un po’ un esperimento, siccome è uno stile che non mi dispiace, soprattutto per dare ritmo alla lettura, volevo vedere le reazioni e capire come calibrarlo, quindi grazie per il feedbek, tra parentesi, non sei il primo che me lo fa notare, quindi riproverò, cercando di dosare e alternare meglio le frasi brevi a frasi più lunghe.
Per quanto riguarda le descrizioni, in effetti, mi sono concentrata molto sulla parte centrale e, alla fine mi è rimasto poco spazio per il resto. Ho anche dovuto tagliare qua e là e sicuramente il testo ne ha risentito.

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Alessandro -JohnDoe- Canella
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Re: Le guardiane

Messaggio#7 » domenica 20 giugno 2021, 23:56

Ciao Laura.
È la prima volta che c’incrociamo, quindi mi scuso preventivamente se nelle righe che seguiranno sembrerò un “poco” pignolo, ma sono dell’idea che una sana mazzata sia sempre più utile di un commento generale.
Inizio col segnalare una serie di passaggi a mio avviso da rivedere per passare poi a un commento generale.

«Tammy, svegliati» le poggio una mano sulla spalla, con delicatezza. «Mina non c’è».

Nei dialoghi la minuscola viene usato solo se la voce del personaggio viene seguita da un verbo indicante l’atto del parlare (dire, tuonare, bisbigliare ecc., come ad esempio fai, correttamente, nel battuta nella riga successiva) o se la frase fuori dalle virgolette sta a descrivere un’azione che avviene in contemporanea con il parlato e che prosegue con il ritorno del virgolettato (esempio bruttobrutto: «Da questa stanza potrai uscire soltanto con le tasche vuote oppure», il ladro puntò la pistola su Robertino, «con un buco nella testa»). Se invece la battuta del personaggio è completa, come in questo caso, va chiusa con il punto fermo, con la frase fuori dal virgolettato che inizia per maiuscola.

Tammy scrolla la spalla e si libera dalla mia presa.

Ok, so già che stai pensando: “siamo alla seconda riga e già mi segnala ogni singola frase, ‘sto cagacazzi” :D Scherzi a parte, ne approfitto solo per segnalare una mia fissazione (fissazione perché fino a qualche tempo fa era anche un mio difetto stilistico e che pertanto ora colgo appena lo leggo). Mi riferisco all’uso dei possessivi anche quando superflui. Questo è uno di quei casi, in quanto è ovvio a chi appartenga la presa. La morale, quindi, è: in fase di revisione, appena trovi un possessivo, chiediti se è davvero fondamentale. Scoprirai che nove volte su dieci non lo è.

mi afferra i polsi e mi attorcina le braccia.

Non è che intendevi “intorcina”?

È buoi la dentro.

“Buio” e “là”.

si china ad osservare il terreno

Attenzione alle D eufoniche.

Tammy si blocca di scatto e le finisco addosso.

Due note qua. Innanzitutto “di scatto” si usa per indicare un movimento improvviso, non l’esatto contrario. La seconda, più importante, è che formule come di scatto, improvvisamente/all’improvviso, d’un tratto ecc. è bene evitarle quando possibile. Tali formule, infatti, anticipano al lettore che sta per accadere qualcosa, eliminando di fatto la sorpresa. In altre parole, ottengono l’esatto contrario dell’effetto voluto. Regola buona e giusta da ricordare sempre è che gli eventi non avvengono “improvvisamente”, ma avvengono e basta.
Tornando al caso specifico del tuo racconto, se il portatore di PDV ha tempo per accorgersi che Tammy “si blocca di scatto”, perché le finisce addosso? La sequenza degli eventi è insomma sbagliata. La protagonista finisce addosso a Tammy perché NON si è accorta che quest’ultima si è fermata di scatto. Ergo, la frase in questione non deve mostrare altro che la collisione, non la considerazione sullo stop di Tammy.

«Bene, bene, bene. Qualcuno pare proprio sveglio» Sentire la voce di Mina uscire dalla bocca del gatto mi fa scendere i brividi lungo la schiena. Mi giro verso di lui. O forse è una lei? «Che cavolo vuoi?» gli urlo contro. Che situazione assurda. Non posso credere di essere messa in scacco da un gatto.

Da “sentire” in poi il testo andrebbe messo a capo, in quanto cambia il personaggio autore delle azioni descritte. Ricordati inoltre di chiudere le frasi dei dialoghi con il punto fermo. Tendi a dimenticarlo spesso.

«Se rivolete indietro la vostra amica…» detto questo comincia a leccarsi una zampa. Che schifo.

Perché “che schifo”? I gatti si leccano normalmente le zampe.

Il gatto poggia la zampa per terra. «Dovete aiutarmi a liberare mio marito». Si gira e si incammina nel bosco. “Muovetevi”

Suppongo che le ultime virgolette siano una svista. Manca inoltre il punto di chiusura.

Sopra di loro un umo tiene alto un pugnale insanguinato.

Uomo.

«Chi cazzo ti credi di essere?» le urlo in faccia. Tammy spalanca la bocca, sgrana gli occhi e arretra. «Lena…»

Stesso discorso di sopra: se cambia il personaggio che compie l’azione, si va a capo.

Ogni tanto mi muovo un po

Po’.

Non ce la faccio più ad aspettare. Se non arriva presto non riuscirò a… fare quello che devo fare.

Questo è forse il passaggio più grave e su cui focalizzare l’attenzione. Stai adottando una narrazione in prima persona, il che significa che il tuo personaggio/narratore conosce qualunque pensiero abbia a che vedere con sé stesso. In questo caso però si sta autocensurando al solo scopo di mantenere il mistero nei confronti del lettore, il che strappa quest’ultimo dall’immersione narrativa palesando l’artificiosità del testo. Se si vuole adottare uno stile immersivo (e la prima persona al presente è la quintessenza dell’immersività) allora non si possono adottare simili stratagemmi. Se il tuo personaggio pensa a qualcosa, quel qualcosa va riportato sulla pagina senza se e senza ma.

Con la mano libera le afferro il braccio sinistro e glielo attorcino dietro alla schiena.

Di nuovo questo verbo. Attenzione che non esiste in italiano. Il verbo a cui di sicuro di riferisci è “intorcinare”, non attorcinare.

Dal bosco giunge un fruscio di rami e foglie che cozzano fra loro

Cozzare è un verbo che indica un suono netto, tipo quello delle nacchere. Un suono, insomma, che mal si adatta a quello di foglie che si colpiscono le une contro le altre.

La mia presa e salda.

È salda.

Mina mi viene incontro e mi abbraccia. «Grazie»
[...]
«Devi ringraziare Tammy. Senza di lei saremmo morte entrambe».
[...]
«Scordati i magazzini, la baracca e la strada. Andiamo a casa.»

Tre dialoghi, tre sistemi di punteggiatura diversa a fine frase. Premesso che il punto a fine frase serve sempre, o lo inserisci all’interno delle virgolette (scelta che personalmente prediligo) oppure fuori. Di certo non si può alternare lo stile. So che sembrano puntigliosità, queste, ma simili dettagli distinguono a colpo d’occhio il testo di un principiante da quello di chi vuole intraprendere la strada del professionismo.

Ed eccoci al commento vero e proprio. Mi spiace dover dire non aver apprezzato per nulla il testo, non tanto per le incertezze stilistiche, bensì soprattutto per i troppi buchi e forzature nella trama.
Innanzitutto, chi sono le protagoniste? Delle senzatetto, viene da intuire, ma qual è il loro passato? Perché stanno insieme? Quali rapporti li legano? Hanno la stessa età? I dettagli che fornisci nella tua storia sono troppo generici, a tal punto da non essere riuscito a farmi un’idea precisa di nessuna di loro, se non quella di tre ragazzine che vivono per strada senza però che la vita di strada abbia influenzato le loro personalità. Nelle tue pagine non ho trovato la disperazione, la fame (reale e metaforica), il senso di sconfitta sociale, di vita ai margini che invece dovrebbe caratterizzare dei personaggi nelle loro condizioni.
Questo sul lato caratterizzazione dei personaggi, ma come dicevo il testo è pieno anche di forzature, Tammy in primis. Insomma, ‘ste tizie vivono chissà dove, in un mondo all’apparenza normale, quando all’improvviso una viene rapita da un gatto demoniaco il cui antro è a poca distanza dal luogo in cui vivono le protagoniste (e fin qui può anche starci). Poi però, attraverso quello che a conti fatti è nulla più di un deus ex machina, si scopre che una delle tre è una guardiana delle anime. Che poi, nemmeno si capisce cosa sia, visto che la cosa viene buttata lì in letteralmente due righe di testo senza essere più ripresa. Parliamo dell’elemento che dà letteralmente il titolo al racconto, eppure non ci viene fornita alcuna informazione in merito.
C’è poi il discorso della sparizione del gatto, sulla quale ho visto che hai già risposto, ma resta il fatto che, allo stato attuale, questo è e rimane un altro grosso buco.

Mi spiace se le mie parole sembrano dure, ma vedile come uno sprono a fare di meglio. Spesso questo forum viene correttamente definito una palestra di scrittura, e si sa: a volte in palestra ci si becca un pugno in faccia durante un allenamento. L’importante è imparare nel tempo come schivarlo e come contrattaccare. Il mio consiglio è di lavorare soprattutto sulla costruzione delle tue prossime trame, attualmente principale tallone d’Achille di questo brano. Sullo stile, una volta recepiti gli automatismi basilari dei vari tipi di narratore e d’immersione che si vuole fornire al lettore, questo diventerà sempre più naturale.
Alla prossima.
lupus in fabula

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Laura Brunelli
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Re: Le guardiane

Messaggio#8 » lunedì 21 giugno 2021, 11:12

Ciao Alessandro,
Grazie per il commento e per i consigli.
Tranquillo, non mi offendo, al contrario, sono d’accordo con te sulle mazzate. E poi ritengo che le critiche siano sempre utili, anche, e soprattutto, quando non si condividono, servono comunque a farti ragionare su come un lettore può reagire a quello che scrivi. Tranquillo non è una polemica, ma ha un senso e più avanti mi spiego.
In realtà, concordo su tutti gli aspetti negativi che hai segnalato. Sia stilistici che di trama. Mi sono concentrata forse troppo sullo svolgimento della scena, senza pensare bene alle domande che lasciavo aperte. Ovviamente, da sola non penso che ci sarei arrivata, nella mia testa era tutto ovvio, logico e comprensibile, perché io sapevo quello che volevo dire. Per questo apprezzo le critiche, anche quelle che, in un primo momento fanno storcere il naso e dire “ma come, non si capiva?”.
Quindi, se mai ti capiterà di commentare nuovamente un mio racconto, non preoccuparti di massacrarmi, è proprio quello che cerco. Ho imparato di più nei due tentativi che ho fatto qui su MC che in mesi di studio.
Detto questo, vado a spiegarmi sulla questione delle critiche non condivise. Più che altro, devo segnalare un tuo errore. Non voglio far polemica, ma solo darti una informazione. Attorcina esiste, verbo attorcere. È un termine in disuso, ma lo trovi ancora sui Dizionari.

Eccolo (https://dizionari.repubblica.it/Italian ... rcere.html):
attorcere
[at-tòr-ce-re] (attòrco; si coniuga come tòrcere)
A v.tr.
Torcere, avvolgere intorno: a. una fune intorno a un gancio
|| Avvolgere strettamente una cosa su se stessa: capelli in bionda treccia attorse (Petrarca); a. i panni lavati per farne uscire l'acqua
B v.rifl. attòrcersi
Avvolgersi, arrotolarsi intorno: la serpe gli si attorse al braccio
|| Contorcersi: si attorceva sulla sedia per il dolore

Oppure (https://www.treccani.it/vocabolario/attorcere/):
attòrcere v. tr. [dal lat. attorquēre, rifatto su torcere] (coniug. come torcere), non com. – Torcere all’intorno; avvolgere una cosa in sé stessa o più cose insieme: a. una fune; a. la lana; Minòs ... attorse otto volte la coda al dosso duro (Dante). ◆ Part. pass. attòrto, anche come agg.: un canapo attorto; Chiome d’argento fine, irte ed attorte Senz’arte (Berni).
Ed ecco, invece, una citazione un po’ più recente di quelle portate dai dizionari:
Luigi Malerba, Il circolo di Granada, Milano, Mondadori, 2002, p. 118: Homero Luís riuscì a trattenere in gola l’ira che gli attorcinava lo stomaco.

Credimi, davvero non te lo dico per far polemica o per difendere il mio testo. Anche se il termine esiste, il solo fatto che qualcuno possa non riconoscerlo, significa che è meglio pensarci bene prima di usarlo, soprattutto nel modo in cui l’ho usato io, come pensiero di Lena. Effettivamente è poco credibile che una ragazza di strada lo conosca.

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Alessandro -JohnDoe- Canella
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Re: Le guardiane

Messaggio#9 » lunedì 21 giugno 2021, 11:34

Figurati, nessuna polemica. :) Anzi, sono io che non avevo pensato ad "attorcere", in quanto, da come avevi coniugato il verbo, avevo pensato a un fantomatico "attorcinare" (da cui il mio rimando a "intorcinare"). A questo punto è però chiaro dove sta l'inghippo: la coniugazione verbale. Nel testo da te copia-incollato è infatti scritto che "attorcere" va coniugato al pari di "torcere", essendo una sua derivazione. Ne consegue che "glielo attorcino" è sbagliato, in quanto la forma corretta è "glielo attorco" e "mi attorcina" in verità è "mi attorce".
lupus in fabula

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Re: Le guardiane

Messaggio#10 » martedì 22 giugno 2021, 14:20

Ciao Laura. Mi fa piacere leggerti e vorrei darti il benvenuto su MC.
La storia mi è piaciuta, il tema è stato ben trattato e i bonus sono rispettati. Come ti hanno scritto anche gli altri ricorda molto sailor moon, ma non è un grosso problema.
Al netto di un po' di refusi sparsi nel testo, sei riuscita bene a tracciare l'interiorità della protagonista. Stai solo attenta a non eccedere con i lamenti perché in alcuni passaggi sono tanti e questo rallenta la possibilità di legarsi emotivamente a loro.
La storia scorre bene nella prima parte e in quella finale, mentre quando incontrano il gatto e poi nella taverna tutto è molto molto lento. Inoltre hai costruito le scene dovendo ripetere spesso le stesse cose o i nomi delle protagoniste e questo rallenta un po' tutto il testo.
Avrei descritto un po' di più i vari ambienti per delineare meglio il nostro film mentale.
Capisco il limite di parole, ma manca la grossa fetta di come imprigionano lo spirito. Lo hai liquidato con troppe poche righe. In più non capisco l'ultimo pezzo, in cui Lena si risveglia. Da cosa? Si è addormentata o è svenuta dall'emozione?
A parte qualche piccolo dubbio, credo che tu abbiamo fatto una buona prova.

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