Una spelonca perturbante

Per partecipare alla Sfida basta aver voglia di mettersi in gioco.
Le fasi di gioco sono quattro:
1) Il primo giugno sveleremo il tema deciso da Wladimiro Borchi. I partecipanti dovranno scrivere un racconto e postarlo sul forum.
2) Gli autori si leggeranno e classificheranno i racconti che gli saranno assegnati.
3) Gli SPONSOR leggeranno e commenteranno i racconti semifinalisti (i migliori X di ogni girone) e sceglieranno i finalisti.
4) Il BOSS assegnerà la vittoria.
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roberto.masini
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Una spelonca perturbante

Messaggio#1 » domenica 13 giugno 2021, 17:53

Prologo. «Dai, nonno, racconta!»
«Narra la leggenda che nella grotta di Guardamonte un grande tesoro fosse stato nascosto da una misteriosa regina che regnava sulle valli Staffora e Curone. Si diceva che fosse molto crudele e che uccidesse in modo violento tutti quelli che si rifiutavano di pagare le tasse che richiedeva ai contadini. Aveva accumulato un enorme tesoro che aveva nascosto in fondo alla grotta. La regina era anche una maga e, per difenderlo, aveva evocato orrende creature con cento braccia e cento occhi. Solo lei ogni tanto si addentrava nella caverna, ammansiva i mostri e si faceva un bagno ricoperta di polvere d’oro. Poi un giorno non trovarono più la Regina. Si disse fosse rimasta nella grotta a bearsi del suo tesoro. Passò del tempo e alcuni giovani coraggiosi tentarono di ricuperare il tesoro; non si seppe più niente di loro. Alcuni visitatori, circa dieci anni fa, sentirono lugubri lamenti provenire da una parete di roccia, priva di anfratti. Nessuno credette alla loro storia: eppure io stesso ho sentito quei lamenti; sono i lamenti di una donna. È la Regina chiusa nella roccia!»
«È finita?» disse Paolo.
«Tutto qui?» aggiunse Anna.
«Noi non ci siamo spaventati per niente: ti sei inventato tutto come nelle altre storie che ci hai sempre raccontato!» fecero in coro Gianna e Francesco.
«Andiamo a fare merenda!» propose Anna.

La spedizione scientifica. Allo speleologo del CAI di Alessandria brillavano gli occhi.
«Dottor Grossi, lo vede anche lei? È un passaggio!»
Il paleontologo illuminò la crepa.
«Domani chiamerò i miei colleghi e studieremo il da farsi.

* * *

Prima d’iniziare a parlare, diede un’occhiata alla sala, assicurandosi che ci fossero Enrica Amelotti, la biologa, Mario Cellerino, il geologo, Massimo Ravazzi, il fisico e Giovanni Frattini, l’ingegnere: senza di loro l’impresa non aveva prospettive.
«Colleghi, molti di voi conoscono la grotta di Guardamonte o più precisamente le arenarie di monte Vallassa che appartengono al Miocene. Però vedo tra di voi qualcuno che non conosce il luogo e quindi ve ne darò una descrizione. Guardate queste slide. La cavità si presenta come un basso riparo sotto roccia, nascosto tra la vegetazione e ingombro di massi sul pavimento, alla base di una parete verticale.
Sul lato sud-ovest un ripido scivolo con fondo in terriccio conduce dopo pochi metri al fondo che chiude subito su una piccola condotta in cui si è tentato di asportare il riempimento di terriccio. Purtroppo, dopo pochissimo tempo, lo scavo è stato abbandonato per l'eccessivo restringersi delle pareti. Questa parte di cavità, esclusa la sola condotta terminale, presenta chiari segni di crolli lungo i pochi evidenti interstrati della formazione geologica.
Diversa, invece, è la morfologia della seconda parte della grotta alla quale si accede tramite un passaggio aperto grazie all’asportazione del terriccio che lo occludeva. Il varco immette sul pavimento di un'alta diaclasi, relativamente stretta che però non crea grandi difficoltà di progressione. Le pareti in tutta la forra sono molto levigate, segno del passaggio di acqua sotto forma di percolazione dall'esterno, tuttora presente. Tale percolazione in inverno crea suggestive stalattiti e piccoli drappeggi di ghiaccio. Verso sud-est, la diaclasi è orientata grossomodo nord-ovest sud-est; la progressione si interrompe su un grosso crollo, successivamente ricoperto di terriccio compatto che in pratica impedisce di risbucare sul sentiero antistante la grotta. Solo nella parte alta la cavità comunica ancora con l'esterno. Questo crea una notevole corrente d'aria che nel periodo dell'esplorazione veniva assorbita dall’ ingresso. Procedendo nella parte opposta, si giunge in breve ad un interessante incrocio di diaclasi ortogonali fra loro. Purtroppo tutte impercorribili… fino a ieri, perché oggi si è aperto un passaggio che vale la pena di esplorare. Aspetto le vostre osservazioni ma soprattutto le vostre adesioni!»
Come si aspettava, i suoi quattro amici gli comunicarono l’intenzione di partecipare all’impresa.

* * *

«Allora, Giovanni, su questa frequenza tra i 446.000 e i 446.200 Mhz ci terremo costantemente in contatto.»
L’ingegner Frattini alzò il pollice al cielo, rivolto verso Grossi e s‘infilò le cuffie.
Giunti in prossimità del varco, Grossi si collegò:
«Giovanni, stiamo per varcare la fenditura che si è aperta nella parete ovest; sono le 8.30 di oggi 11 giugno 2002. Mi senti? Passo.»
«Forte e chiaro, Alessio. Passo.»
«Okkei, ci sentiamo dopo. Passo e chiudo.»
Un angusto sentiero scendeva impercettibilmente tra pareti di arenaria che colpiti dalle luci delle lampade riflettevano un colore verdastro che Cellerino non riusciva a spiegare: era in netto contrasto con il grigio degli ambienti fin lì esplorati. La biologa indicò al gruppo uno strano pipistrello. Dall’aspetto sembrava una volpe volante, il più grande chirottero esistente, ma le dimensioni erano piccolissime, poco più del pollice di una mano. Non riuscì a catturarlo.
«Giovanni, mi senti? Passo.»
«Eccomi. Ditemi tutto. Passo.»
«Siamo scesi di circa cento metri. L’arenaria continua ad essere verdastra. Enrica ha raccolto alcuni esemplari di fauna. Sono molto strani, a suo dire. Ha trovato un Leptodirus hochenwartii di straordinarie dimensioni e mai rilevato nell’Italia nord occidentale. Passo.»
«Scusa, un lepto che? Passo.»
«Con tutte le spedizioni che abbiamo fatto ancora non ti ricordi i nomi scientifici? È quel coleottero che si è adattato a vivere in ambiente ipogeo e perciò possiede le caratteristiche morfologiche tipiche degli animali troglobi: zampe e antenne allungate, scomparsa delle ali, totale depigmentazione e anoftalmia. Come anche tu dovresti ricordare, le sue caratteristiche sono: il torace sottilissimo e le elitre allungate e concave che ricoprono completamente l'addome, conferendo all'animale la forma tipicamente tondeggiante. È la nota falsa fisogastria che permette all'animale di immagazzinare aria umida sotto le elitre e utilizzarla per la respirazione nelle aree più secche. Un'altra caratteristica è la presenza sulle antenne dell’organo di Hamann che consente di percepire il grado di umidità presente nell'aria. E non mi chiedere conto dei termini troglobi, anoftalmia e fisogastria. Passo!»
«Ma per chi mi avete preso? Io sono un ingegnere, non un biologo. Smettetela di prendermi per il culo. Vi ricordo che la vostra vita dipende da me! Passo.»
«Non portare sfiga e non te la prendere! Ci sentiamo dopo. Passo e chiudo.» rispose il paleontologo, mentre Enrica Amelotti rideva convulsamente.
La grotta si allargò in un’ampia sala zeppa di stalattiti e di stalagmiti dalla strana forma detta a pila di piatti.
Mentre il gruppo procedeva a rilento con il naso in aria, soffermando la propria attenzione sulle stalattiti, s’udì un rumore metallico. Massimo Ravazzi aveva urtato qualcosa con gli scarponi. Tutte le lampade dei caschi si diressero verso il basso, illuminando qualcosa d’inspiegabile. C’erano due scheletri di soldati spagnoli ancora ricoperti delle armature a placche, con i tipici elmi a profilo tondo, muniti di cresta a segmento di cerchio con tesa a barchetta.
Accanto a loro due alabarde perfettamente conservate. La corrosione delle corazze e delle armi era superficiale e perciò inspiegabile, poiché erano passati più di cinquecento anni. Non fecero in tempo a comunicare a Giovanni l’importante scoperta che Mario Cellerino, il geologo, gridò:
«Correte, venite a vedere!»
Alessio Grossi, eccitato, si collegò:
«Giovanni, ascolta. Abbiamo scoperto un baratro. Non siamo riusciti a calcolarne esattamente la profondità ma, nascosto da strani muschi, licheni e felci le cui grandi dimensioni non si spiegano, data la quasi totale mancanza di luce, si scorge un sentiero nella roccia, una specie di scala a chiocciola senza gradini addossata alle pareti del pozzo. Inizio la discesa con Mario e Massimo. Enrica ci aspetta qui. Segna l’ora. Ci risentiamo quando abbiamo raggiunto il fondo. Passo e chiudo.»
Ai tre uomini la discesa sembrò infinita in quel buio fittissimo soltanto in parte rischiarato dalle torce elettriche. In realtà, quando giunsero in fondo al sentiero elicoidale, Enrica disse loro che era trascorsa solo mezz’ora. Le dissero che poteva raggiungerli.

Allucinante scoperta. Superato un angusto passaggio, percorsero un tunnel alto e stretto, ingombro di stalagmiti, che saliva in modo impercettibile, rischiarato da una luce ambrata proveniente dalle rocce circostanti.
Avevano percorso circa settecento metri, quando udirono il rumore dell’acqua che scorreva. Il tunnel piegava a gomito a destra e, superata la curva, il gruppo si trovò di fronte a un fiume sotterraneo. Le lampade illuminarono il corso d’acqua che scorreva impetuoso e increspato da onde.
«Giovanni, mi senti? Passo.» domandò Grossi che aveva deciso di ristabilire il contatto con il mondo di sopra.
La ricetrasmittente gracchiò per qualche istante, poi si sentì la voce baritonale dell’ingegnere:
«Ti sento forte e chiaro. Passo.»
«Abbiamo raggiunto un fiume sotterraneo che cercheremo di attraversare. Passo e chiudo.»
«Possiamo stare in contatto ancora per un po’? Non vi sento da molto tempo e avrei piacere di conversare un po’! Passo.»
«Ti senti solo? Fattene una ragione! Allora, stiamo seguendo la riva per vedere se c’è un tratto guadabile… ma non c’è: il fiume sembra molto profondo. Continuiamo a camminare con circospezione: qui è pieno di rocce taglienti e il buio è totale. Enrica che è davanti a me sta chiamando… Passo e chiudo.»
«Vieni a vedere, Alessio, qui c’è un guado fatto di pietre. Dobbiamo solo fare attenzione a non scivolare!»
«Allora in questo momento ore 15.17 stiamo attraversando il fiume su pietre sporgenti. Passo e chiudo.»

* * *

«Pronto, pronto! Passo… Pronto! Passo… Non vi sento più. Passo.»
«Giovanni, sono Massimo; non potevamo rispondere, mentre guadavamo il fiume su sassi scivolosi. Ora siamo sull’altra sponda! Passo.»
«Bene! Mi ero spaventato. È sempre buio lì? Passo.»
«Sì, dobbiamo sempre usare le torce! Passo.»
«Funziona tutto bene? I caschi li avete ancora? Passo.»
«Sì, tutto bene. Ci sentiamo tra quindici minuti. Passo e chiudo.»
Il gruppo proseguì su un sentiero fatto di muschio per approdare in un anfratto rischiarato da una luce pervinca che scaturiva dalle pareti rocciose. Enrica ipotizzò la presenza di un lichene che poteva riverberare quella strana luce. Al centro della caverna si poteva scorgere un giardino pieno di fiori, alcuni dei quali assomigliavano a nasturzi, altri a peonie e altri ancora a petunie, tutte però di dimensioni gigantesche e dello stesso colore: malva. Poco più in là si scorgevano orticelli ben curati, dove maturavano enormi piselli, fagioli, peperoni e pomodori color lavanda.
«Non è possibile che non ci sia la mano dell’uomo in tutto questo!» esclamò Ravazzi, manifestando la sua inquietudine, mangiandosi le unghie.
«Queste piante non sono classificabili tra le nostre conoscenze!» aggiunse Enrica Amelotti «E poi chi avrebbe interesse a coltivare qua sotto, a cinquanta metri di profondità? Chi mangerebbe queste cose?» concluse, indicando gli ortaggi violacei.
Una scoperta ancora più grande li sconvolse.
Grossi riprese le comunicazioni:
«Giovanni, Giovanni, sei in ascolto? Passo.»
«Sì, sono qui; ditemi. Passo.»
«Qua sotto stiamo trovando delle cose incredibili e non abbiamo le allucinazioni! Passo.»
«Ditemi cosa sta succedendo. Passo.»
«Abbiamo scoperto una specie di giardino e un orto, pieno di piante e fiori che ricordano la flora di superficie ma sono tutte viola e sono enormi. Sembra ci sia la mano dell’uomo. È pazzesco! Passo.»
«Alessio, io direi di prendere alcuni campioni e tornare in superficie. Questa storia non mi piace. Passo.»
«Giovanni, non è finita. Forse abbiamo scoperto chi curava il giardino! Passo.»
«Cioè? Passo.»
«Abbiamo trovato due crani che sembrano appartenere a due esemplari di Cro-Magnon. Passo.»
«Alessio, tu dovevi essere il paleontologo non uno scrittore di fantasy. Che stai blaterando? Passo.»
«Giovanni, ti assicuro che è tutto vero. Non mi posso sbagliare. Se tu li vedessi mi daresti ragione. Sono crani dolicocefali, con orbite basse e rettangolari, naso aquilino e poi sono grossi. Sono Cro-Magnon! Non si capisce la causa della morte. Comunque hai ragione. Rientriamo. Passo.»
«Giovanni, mi senti? Passo.»
«Giovanni? Passo.»
La comunicazione si era interrotta. Credettero che Giovanni lo facesse intenzionalmente per sollecitare il loro ritorno; senza dubbio voleva valutare il loro stato mentale.
Fu mentre Grossi sollevava un cranio per riporlo in una busta che sentirono il grido di una donna.
Senza pensare che quell’urlo fosse inconcepibile laggiù, si precipitarono verso la fonte sonora e quello che videro non poteva che avere una sola spiegazione: una grande, mostruosa allucinazione collettiva. Le lampade infatti illuminarono una fossa piena di polvere d’oro nella quale era immersa una donna di straordinaria vecchiezza con la pelle incartapecorita, più simile a una mummia che a un essere umano. Aveva una corona sulla testa.
Sollevò un braccio e parlò. La sua voce assomigliava a un insieme di voci fischianti:
«Cani malcreati! Volevate prendere il mio oro? Ve ne pentirete! Su amiche mie, sterminateli!»
A quel punto tutte le luci dei caschi si spensero; le torce di riserva non funzionavano. Nel buio più assoluto calò il silenzio.
Grossi sussurrò:
«Torniamo sui nostri passi.»
Si voltarono verso la direzione da cui erano arrivati. Poi un fruscio, seguito da molti altri.
Enrica gridò:
«Scolopendre!»
«Non possono essere pericolose!» replicò Cellerino.
«Queste sì!» gridò ancora Enrica.
«Il veleno è un po’ tossico ma non causa la morte!» gridò Ravazzi.
«Queste sì. Sono arthopl…»
La voce della biologa si spense sovrastata da quell’unico fruscio che li circondava.
Grossi fu il primo a capire: Enrica stava dicendo che quelle erano arthopleure, un genere di millepiedi preistorico che doveva essere lungo due metri e mezzo, una specie estinta ma non per loro!
Il tocco di mille zampette lo annichilì.
Sull’orlo della pazzia si ritrovò tra le mani la radio e urlò:
«Giovanni, Giovanni, mi senti? Passo.»
«Manda una squadra di salvataggio; siamo attaccati da millepiedi giganti! Aiutaci. Passo.»
L’unica risposta furono le grida di Ravazzi e Cellerino.

Epilogo. L’ingegner Giovanni Frattini ha raccontato tutto agli inquirenti ma la squadra di soccorso non ha trovato nessuno dei suoi amici in quelle grotte, né il loro equipaggiamento, né la radiotrasmittente, né tantomeno gli orti e i crani. La polizia sospetta che si sia inventato tutto ma ancora non sa per quale motivo.
È ricoverato al reparto di psichiatria dell’ospedale di Alessandria.
Disteso nel letto sta guardando il soffitto. Pensa se al colloquio di domani dovrà raccontare anche quella cosa. Si passa una mano sugli occhi.
Non dirà niente.
Non dirà che ha avvertito i soccorsi molto in ritardo. Qualcuno potrebbe pensare che, se fosse stato tempestivo, avrebbe potuto salvare i suoi amici, ma non era possibile: il suo indugio è dipeso da quello che è successo che lo ha impietrito.
Non dirà che era riuscito a ricollegarsi con i suoi amici e che aveva sentito solo urla strazianti e strani fruscii.
Poi il contatto si era interrotto.
Dopo cinque minuti d’inutili tentativi, aveva udito il ticchettio del collegamento:
«Alessio, Enrica, Mario, Massimo mi sentite? Passo!»
Silenzio.
«Alessio, Enrica, Mario, Massimo, mi sentite? Passo!»
Ci fu risposta, una risposta che l’ha fatto impazzire, una risposta inconcepibile, mostruosa, fatta di mille voci roche e fischianti che disse:
«Imbecille: sono morti! Passo e chiudo!»



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roberto.masini
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Re: Una spelonca perturbante

Messaggio#2 » domenica 13 giugno 2021, 17:57

Il bonus 1 c'è: le scolopendre fanno qualcosa di strano.
Per quanto riguarda il bonus 2 l'ingegnere compie un misfatto necessario , ritardando i soccorsi, ma è necessario solo dal suo punto di vista. Per il bonus 2 mi affido all'interpretazione dei commendatori.

Dario17
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Re: Una spelonca perturbante

Messaggio#3 » venerdì 18 giugno 2021, 23:26

Un racconto abbastanza piatto, sebbene sia ambientato in cunicoli e grotte varie.
I due spiegoni mallopposi dulla conformazione tecnica della grotta prima e del pipistrello poi sono blocchi d'infodump piuttosto inutili che non ti ritornano mai alla mente man mano che si prosegue col racconto.
I protagonisti sono soltanto voci parlanti e dialoganti, sappiamo pochino di loro e non si riesce molto a empatizzare .
Soltanto nell'ultimo pezzo ci è un po' di sano conflitto con l'arrivo (telefonato) nell'ultimo pezzo della grotta con dentro la maga.
La disamina sul veleno delle scolopendre nel buio più totale (come fanno a capirlo che lo sono nel buio assoluto? E come riescono a distinguerne la specie addirittura?!) e in una situazione che dovrebbe avvolgere i protagonisti nel panico è piuttosto comica.
Come già detto, il pezzo forte del brano sono le descrizioni e la competenza esibita coi termini tecnici appropriati, ma che paradossalmente non arrichiscono la lettura.
Lo stile è chiaro e netto, senza sbavature. Dialoghi moscetti.

Cristina
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Re: Una spelonca perturbante

Messaggio#4 » domenica 20 giugno 2021, 16:38

Ciao, piacere di leggerti!
Il racconto è interessante ma troppo spezzettato a mio avviso, ci sono infodump non necessari e troppi termini tecnici.
IL prologo del racconto del nonno non serviva e ti svela il finale fin troppo chiaramente. Forse se volevi far partire tutto dal racconto di una leggenda, doveva essere più vaga e non esattamente corrispondente a quello che trovano nella caverna.
Inoltre nonno e nipoti non sono più presenti nel resto del racconto. Se il protagonista (Alessio Grossi) fosse stato uno di quei bambini, poteva avere un collegamento inserire il prologo, oppure forse è Giovanni, l'ingegnere da vecchio, che racconta come leggenda, le vicende vissute ai nipoti? Non si capisce però, e se fosse così, essendo all'inizio del racconto, non ci fa capire chi è il protagonista.
Poi c'è il problema delle voci nel vuoto: qualcuno chiede al nonno di raccontare una storia (chi? un nipote? dove sono? quanti sono?), poi c'è un lungo dialogo senza azioni, e solo dopo diverse righe ci dici che ci sono quattro nipoti, ma non vediamo altro.
Poi, qui:

Allo speleologo del CAI di Alessandria brillavano gli occhi.
«Dottor Grossi, lo vede anche lei? È un passaggio!»
Il paleontologo illuminò la crepa.
«Domani chiamerò i miei colleghi e studieremo il da farsi.

Chi parla nel primo dialogo? Lo speleologo rivolgendosi al Dottor Grossi (che quindi è il paleontologo?)? In base all'ordine di presentazione delle informazioni, dovrebbe essere così, ma non vedendo ambiente, personaggi, non sapendo il nome dello speleologo, ho avuto un attimo di incertezza.
Anche nel pezzo successivo, quello della riunione, non so dove sono e chi sia presente a parte il protagonista e i suoi quattro colleghi. Intuisco ci siano altre persone, ma è così? Nomini una 'sala' e delle 'slide' quindi anche qui posso intuire che sia una sala conferenze, senza dettagli, e tutta la descrizione tecnica del tipo di caverna e passaggio che è stato trovato non fa trasparire l'entusiasmo che invece dovrebbe esserci e neanche le aspettative del gruppo, oltre ad essere di difficile comprensione per alcune parole tecniche, che è giusto ci siano visto che a parlare sono 'tecnici' del settore, ma al lettore serve sentire tutto questo?
La discesa poi procede troppo velocemente, non si sofferma abbastanza secondo me, sulle sensazioni di 'soffocamento', 'caldo o freddo', 'umidità', 'puzza di muffa', cose che penso si sentirebbero in una caverna, e soprattutto sulla sensazione di scendere nelle viscere della terra, nell'oscurità. Sono professionisti, ma proveranno qualcosa, poi avevi un'ottima scusa per calcare la mano sul tema (soli al buio).
Ci sono altri dialoghi che non servono, come il dialogo di descrizione del Leptodirus hochenwartii, bastava far capire che era diverso da come doveva essere e che era un coleottero.
Poi perché L'ingegnere dice che la vita di Grossi e degli altri dipende da lui? Nel senso che è l'unico a poter chiamare i soccorsi?O ci sono altri motivi che il lettore non conosce?
Ti soffermi troppo poco sui cadaveri dei soldati spagnoli, non vengono neanche nominati nel dialogo con Giovanni. Un pò di ansia verrebbe a chiunque se conoscono la leggenda della strega, e se non la conoscono, si tratta comunque di una scoperta piuttosto particolare. Perchè sono lì?
Più avanti quando arrivano nell'anfratto con l'orticello e i fiori giganti, dici che è rischiarato da una 'luce pervinca': cosa vuol dire? Che colore è? Devo immaginare pareti fosforescenti giallo/verdine o color malva come i fiori? Poi ci sono orticelli ben curati, loro giustamente, commentano che non può esserci la mano dell'uomo... ma avrebbero dovuto anche domandarsi come faceva a crescere tutto quello in una caverna senza luce solare, chiedersi se fosse merito di quella luminescenza... ecco qui forse ci stava bene un pensierino scientifico a riguardo.

«Abbiamo trovato due crani che sembrano appartenere a due esemplari di Cro-Magnon. Passo.»
«Alessio, tu dovevi essere il paleontologo non uno scrittore di fantasy. Che stai blaterando? Passo.»

Anche questo dialogo mi ha lasciata un pò perplessa. Sono crani di uomini preistorici e lì pare ci vivesse qualcuno, in una grotta. Potrebbe essere che tantissimi anni fa fosse collegata con l'esterno e poi una frana o altro abbia bloccato lì quelle persone e che ci siano morte. Non così insolito forse, per un paleontologo. Molto più strano che ci siano orticelli 'curati' e piante enormi.
Ci sono dei pezzi di raccontato che ci fanno uscire dal personaggio, non è mai certo chi ci sta facendo vivere i fatti, spesso sembra lo facciano tutti e quattro i personaggi insieme o nessuno di loro, o qualcuno di esterno ( "Fu mentre Grossi sollevava un cranio per riporlo in una busta che sentirono il grido di una donna.").
Dopo l'urlo della donna le luci si spengono. La biologa capisce dal fruscio che si tratta di scolopendre, ed anzi il tipo specifico che sa essere velenoso? Hmmm.. questa parte non è costruita bene, dovrebbe sentirsi di più il panico dei presenti, invece di pensare alla razza dei millepiedi, penso che si sarebbero dovuti concentrare di più sul fatto di aver visto una mummia pazza in una grotta sotterranea e di essere completamente al buio sotto terra, con lei.
Infine anche l'Epilogo al presente ha qualcosa che non va. Avrei messo anche quello al passato. Inoltre non serve neanche questa parte. Si era capito che i suoi amici erano morti e lui sopravvissuto, non essendo mai entrato nella grotta.
Non saprei, l'idea della spedizione nella grotta è carina, sicuramente rispetta il tema ed è azzeccata, ma il racconto non mi è piaciuto molto, non ho empatizzato con nessuno dei personaggi e non mi ha inquietato molto purtroppo.
Per i bonus, il misfatto necessario non lo vedo, nella parte finale ci spieghi che ritarda i soccorsi perchè era rimasto impietrito, ma sembra uno spiegone infilato a forza alla fine per inserire il bonus nel racconto. Forse allora invece dell'epilogo dovevi metterci una scena di Giovanni che cerca disperatamente di chiamare i suoi colleghi e magari piange e si ubriaca tutta la notte prima di chiamare i soccorsi, allora forse...
Per il bonus dell'animale che si comporta in modo strano, ci sono dei millepiedi giganti che attaccano gli esploratori, rispondendo ai comandi della strega, penso che questo vada bene, gli hai solo dedicato troppo poco spazio.
Insomma per concludere, una buona idea troppo spezzettata e poco immersiva a livello di sensazioni, personalmente cerco molto le emozioni e l'empatia con i personaggi quando leggo.
Spero di non essere stata troppo critica, cerco di essere dettagliata perché credo sia utile vedere l'effetto che si ottiene su un lettore sconosciuto per migliorarsi, poi magari sbaglio e vedo difetti che non ci sono. Prendile come impressioni personali! Alla prossima!
Cristina Di Rosa

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Alessandro -JohnDoe- Canella
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Re: Una spelonca perturbante

Messaggio#5 » mercoledì 23 giugno 2021, 13:09

Ciao Roberto.
Mi spiace dover essere brusco, ma questo è un brano da prendere e riscrivere da capo. Mi risulta davvero difficile salvare qualcosa: dialoghi a dir poco innaturali e che non rispettano alcuna regola della corretta impaginazione, totale assenza di caratterizzazione dei personaggi, infodump uniti ad “as you know, Bob”, intreccio il cui prologo spoilera senza motivo quello che sarà il finale (oltretutto unica parte che poteva essere interessante), narratore invadente, struttura frammentaria…

La cosa che mi fa più “rabbia”, perdonami se lo dico, è che questo genere di critiche ti vengono fatte praticamente a ogni nuovo racconto e, nonostante ciò, le si ritrova sistematicamente mese dopo mese. Spesso questo forum viene definito una palestra. Ma come in ogni palestra che si rispetti, è necessario allenamento se si vogliono ottenere risultati. Qui non è questione di narratore onniscente sì narratore onniscente no. È proprio questione di trovarsi sostanzialmente sempre davanti allo stesso racconto ripetuto più e più volte.

Bada bene: non prendere queste mie parole come un attacco alla tua persona, ma come un’energica scrollata di spalle per spronarti a strutturare meglio le tue storie. Perché come tu impieghi tempo ed energie a scrivere i tuoi racconti, altrettanto facciamo tutti noi nel leggerle e commentarle. Ma permettimi: vedere i consigli di molti – consigli spesso concordanti sui punti deboli dei tuoi pezzi – sistematicamente ignorati (è rarissimo vedere una tua risposta ai commenti altrui) fa quasi apparire il tuo atteggiamento quale un arroccamento in posizioni preconcette che rifiutano il dialogo e la cosa, sia artisticamente che umanamente parlando, mi spiace molto.

Detto questo, alcune note più specifiche.

Allo speleologo del CAI di Alessandria brillavano gli occhi.
«Dottor Grossi, lo vede anche lei? È un passaggio!»
Il paleontologo illuminò la crepa.
«Domani chiamerò i miei colleghi e studieremo il da farsi.

Ehm, chi dice cosa? Già in questo primo passaggio riuscire a identificare con certezza le singole voci non è solo difficile: è impossibile. Chi è Grossi? Lo speleologo o il paleontologo? E chi è l’altro? Ma poi, a chi appartiene il primo dialogo della riga successiva? Anche qui non lo sappiamo, visto che tra i nomi citati non compare né uno speleologo né un paleontologo, così da poter escludere uno dei due.

«Colleghi, molti di voi […]
Sul lato sud-ovest un ripido scivolo […]»

Attenzione che se durante un dialogo decidi di andare a capo, occorre sempre iniziare il nuovo capoverso con le caporali aperte, così:

«Colleghi, molti di voi […]
«Sul lato sud-ovest un ripido scivolo […]»

Giunti in prossimità del varco, Grossi si collegò:
«Giovanni, stiamo per varcare la fenditura che si è aperta nella parete ovest; sono le 8.30 di oggi 11 giugno 2002. Mi senti? Passo.»

Perché a capo? Teoricamente anche i due punti non sono fondamentali, essendo la prima riga un action tag, ma quello è un aspetto più formale che obbligatorio.

Un angusto sentiero scendeva impercettibilmente tra pareti di arenaria che colpiti dalle luci

Colpite.

Un angusto sentiero scendeva impercettibilmente tra pareti di arenaria che colpiti dalle luci delle lampade riflettevano un colore verdastro che Cellerino non riusciva a spiegare: era in netto contrasto con il grigio degli ambienti fin lì esplorati. La biologa indicò al gruppo uno strano pipistrello.

Passaggio che mi ha portato a stoppare la lettura e tornare indietro a controllare le singole identità. Il primo elemento di confusione riguarda i nomi dei tuoi personaggi. A volte li chiami per nome, a volte per cognome, il che nel lettore crea soltanto una gran confusione richiedendogli uno sforzo mentale eccessivo, soprattutto considerando l’alto numero di attori in campo. Il secondo elemento di confusione è che oltre a nome e cognome, qui mischi ulteriormente le carte utilizzando addirittura la loro specializzazione, solo che, scritto com’è, nel passaggio sopra riportato sembra che “la biologa” sia riferito a Cellerino. Non fosse che mi sembrava di ricordare che quest’ultimo fosse un uomo, avrei di sicuro interpretato tale passaggio in maniera sbagliata. Il mio consiglio è di scegliere una formula univoca per chiamare i tuoi personaggi e seguirla fino alla fine.

«Giovanni, ti assicuro che è tutto vero. Non mi posso sbagliare. Se tu li vedessi mi daresti ragione. Sono crani dolicocefali, con orbite basse e rettangolari, naso aquilino e poi sono grossi. Sono Cro-Magnon! Non si capisce la causa della morte. Comunque hai ragione. Rientriamo. Passo.»
«Giovanni, mi senti? Passo.»
«Giovanni? Passo.»

Di primo acchito non avevo capito che queste tre battute fossero tutte pronunciate dallo stesso personaggio, così da simulare una pausa tra una battuta e la successiva. Il fatto è che, per quanto le regole d’impaginazione siano molteplici e variabili, la scelta da te attuata è a dir poco fuorviante. Una delle poche certezze nell’impaginazione dei dialoghi è che quando si va a capo significa che si sta cambiando personaggio. Volevi simulare degli stacchi temporali? Allora inserisci del testo tra una porzione di dialogo e la successiva. Anche solo scrivere “silenzio” sarebbe andato più che bene per rendere l’idea della pausa, ma come hai fatto tu assolutamente no. Non fai altro che distrarre il lettore, obbligarlo a interrompere il flusso della lettura per interpretare il testo e questa è una cosa che in un buon testo non deve mai succedere.

Sull’orlo della pazzia si ritrovò tra le mani la radio e urlò:
«Giovanni, Giovanni, mi senti? Passo.»
«Manda una squadra di salvataggio; siamo attaccati da millepiedi giganti! Aiutaci. Passo.»

Anche qui, perché andare a capo? Oltretutto qua non c’è nemmeno la scusante del voler dare l’idea di una sospensione del dialogo (per quanto il personaggio dica “passo”). Chi parla è in una situazione di estrema urgenza, non ha senso che si metta pure ad aspettare la risposta dell’altro.
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Re: Una spelonca perturbante

Messaggio#6 » giovedì 24 giugno 2021, 0:18

Chiedo scusa se ritorno sul brano in questione, ma mentre scrivevo i commenti per la classifica mi sono reso conto di un dettaglio che ritengo importante anche per tutti gli altri partecipanti intenti a commentare questo brano.

Roberto, perdona la franchezza, ma davvero pensavi di prenderci per il culo con quelle descrizioni puntigliose? Davvero pensavi che tutti quei dettagli così precisi e vividi non destassero il minimo sospetto? Davvero pensavi che nel 2021 nessuno avrebbe fatto una verifica su qualche motore di ricerca? Mi spiace, ma per quanto mi riguarda scrivere non vuol dire fare copia-incolla da Wikipedia o da siti come quello del Comune di Gremiasco o di Open Speleo.
lupus in fabula

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ItaliaLeggendaria
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Re: Una spelonca perturbante

Messaggio#7 » giovedì 24 giugno 2021, 12:15

Ciao Roberto.
Scusa, ma devo dirtelo. Ho fatto veramente fatica a leggere il tuo testo e più di una volta sono dovuta tornare indietro e rileggerlo.
Partiamo dal fatto che il molti punti sembra che la punteggiatura non esista. Ho fatto l'apnea per leggerlo.
In secondo luogo gli infodump e le teste parlanti senza corpo, al giorno d'oggi, non si possono leggere.
Poi prendere e copiare da internet per avere dati certi, mi sembra veramente una cosa scorretta da fare. Se non per te, ma almeno nei confronti di chi legge.
Mi dispiace, ma non trovo nulla da salvare.

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roberto.masini
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Re: Una spelonca perturbante

Messaggio#8 » venerdì 25 giugno 2021, 20:22

Rispondo a John Doe e con lui a tutti gli altri commentatori.
Posso essere duro di comprendonio ma non ho mai voluto mancare di rispetto al duro lavoro dei commentatori. Se mancano mie controdeduzioni ciò non implica automaticamente arroganza da parte mia. Qualcuno di voi può pensare che io non faccia tesoro dei vostri suggerimenti. Forse è così ma io ho sempre letto con attenzione tutti i commentatori e se qualcuno si prendesse la briga di leggere i racconti proposti in vetrina scoprirebbe che io li ho cambiati tutti, seguendo buona parte delle indicazioni dei commentatori. Ciò che non mi riesce in prima battuta, cerco di rimediarlo riscrivendo.
Sottolineo che questa non è un'autodifesa ma la narrazione di ciò che succede sempre a me a Minuti Contati nel rispetto degli altri.
Detto questo per quanto riguarda la copiatura di siti Internet, volevo rendere una descrizione così asettica e precisa che facesse proprio per questo intendere la fonte. Se siete andati a guardarli ciò mi ha fatto piacere. Mi dispiace che alcuni si siano sentiti presi in giro. Evidentemente ho fatto una valutazione errata e me ne scuso. Anziché fare una pubblicità alla grotta esistente ne è scaturito solo un più colpevole plagio. Continuerò a utilizzare il web se serve e, giustamente, virgoletterò, citando la fonte, com'è giusto che sia, in onestà intellettuale.
Per concludere sono certo che, poiché nessuno è immune da critiche, le discussioni continueranno ad essere franche perché la franchezza è il sale di questo sito.
A corollario di tutti questi fraintendimenti, sempre nel rispetto degli altri, chiedo la cancellazione del testo. Grazie.

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