Lo smemorato
Lo smemorato
«Alla tua salute, smemorato!»
Il figlio del sindaco e i suoi due amici alzano i calici colmi di rosso toccando il cielo limpido sopra il paese, li portano alle labbra e li svuotano all’unisono, grugnendo per le risate.
Il riflesso del sole pomeridiano scintilla sul vetro dei bicchieri.
«Grazie.» bofonchio.
«Ho scommesso una cassa di Sangiovese che il cervello ti ripiglia prima del ’52» il giovane si asciuga le lacrime col fazzoletto che porta al collo «Non manca poi molto, dacci dentro, vè!»
Sorrido e sposto il prosciutto dalla spalla destra alla sinistra. Mi fermerei volentieri ma questo bel coscione pesa parecchio.
Alzo la mano senza anulare verso di loro.
«Solo che dopo…» Il figlio del sindaco fischia e mi fa il gesto delle corna.
I tre si accasciano sul tavolo, sbellicandosi.
E poi dicono che quello tocco sono io; per essere cornuto ci vuole la moglie, io non ce l’ho mica.
Attraverso la piazza e imbocco la via tutta in discesa imbevuta d’ombra.
Rita e Ines, sedute sulle scale di casa, mi salutano. Le sento parlare fitto fitto appena do loro le spalle. Devo avere chissà che macchie dietro al fondoschiena per farle confabulare così tanto.
Varcato il cancelletto di casa, scorgo due sagome rannicchiate sotto il ciliegio.
Alice piange in silenzio seduta tra le foglie, Nero le appoggia la testa tra le pieghe della gonna grigia e agita la coda a spazzola.
«Alicina, che hai fatto?»
«Marisa mi ha preso in giro un’altra volta, stamattina! Continua a dire che ho due papà e che mamma andrà all’inferno per questo!»
«E tu le hai strappato i capelli!» La voce di Renato mi sorprende alle spalle. Allunga verso di me le braccia coperte dal camice bianco, lo stetoscopio dondolante al collo.
Gli cedo la carne, il suo profumo pungente mi carezza il naso.
«Alfredo, questo sì che è un bel prosciuttone! Ti stai dando parecchio da fare se questa è la ricompensa!»
Mi siedo vicino ad Alice, una radice scrocchia sotto il sedere.
«Dice che gli servo sempre di più. Vuole ingrandire il negozio visto che mò i soldi ci sono.»
Renato mi squadra da capo a piedi e annuisce. «Bene bene. La cena è quasi pronta, ricorda di prendere le medicine prima di pranzo…e tu signorinella» punta il dito verso la figlia «scordati la tua fetta di crostata, così impari a tenere la mani a posto, la prossima volta!»
Renato si gira, mi dà un colpetto alla spalla con la mano libera e imbrocca la discesa per la cantina.
Alice sporge il labbro inferiore ancora di più.
«Dai, non piangere. Vivo con voi ma tu hai solo un papà ed è Renato. Lo sai perché non mi piace quando piangi?»
La bambina mi fissa dal basso in alto e mi punta addosso due iridi verdi.
«Perché i miei occhi sono identici a quelli di tua sorella! Me lo avrai detto 100 volte.»
Ah, gliel’ho già raccontato.
Alice si guarda intorno, capisce che ha esagerato nel rispondermi così seccata.
Addolcisce lo sguardo. «Pensi che la rivedrai un giorno?»
«Beh, chissà. Non la vedo da prima della guerra. Se guarirò, andrò a cercarla.»
«Ma non ricordi proprio nulla?»
«Pochino. Ricordo di aver sparato tante volte, di essermi nascosto, ricordo le montagne, i rifugi. Ma prima di quello, solo gli occhi di mia sorella.»
«Ma perché ci sei andato in guerra? Se non ci andavi ora staresti bene!»
«Questo me lo ricordo, sai?» le carezzo la testa riccioluta e bionda, bionda come me «ci sono andato così non dovevate andarci voi bambini.»
«È pronto a tavola.»
Alziamo la testa tutti e tre.
Flavia si pulisce le mani sul grembiule, i riccioli neri tenuti a stento dal fazzoletto a pallini.
Nero parte a razzo verso la porta, Alice si alza e lo segue con molto meno entusiasmo. Flavia la segue con lo sguardo torvo fino all'uscio. Si gira verso di me.
Mi tende la mano sinistra, le due fedi che tiene all’anulare brillano al sole; Renato dev’essere molto innamorato se le ha dato due anelli.
L’afferro e mi faccio aiutare. Sono in piedi ma Flavia non mi lascia la mano.
«Ho dato il prosciutto a tuo marito. Vedrai che ci facciamo più di un mese.»
Sorride.
Che bella che è Flavia.
Il figlio del sindaco e i suoi due amici alzano i calici colmi di rosso toccando il cielo limpido sopra il paese, li portano alle labbra e li svuotano all’unisono, grugnendo per le risate.
Il riflesso del sole pomeridiano scintilla sul vetro dei bicchieri.
«Grazie.» bofonchio.
«Ho scommesso una cassa di Sangiovese che il cervello ti ripiglia prima del ’52» il giovane si asciuga le lacrime col fazzoletto che porta al collo «Non manca poi molto, dacci dentro, vè!»
Sorrido e sposto il prosciutto dalla spalla destra alla sinistra. Mi fermerei volentieri ma questo bel coscione pesa parecchio.
Alzo la mano senza anulare verso di loro.
«Solo che dopo…» Il figlio del sindaco fischia e mi fa il gesto delle corna.
I tre si accasciano sul tavolo, sbellicandosi.
E poi dicono che quello tocco sono io; per essere cornuto ci vuole la moglie, io non ce l’ho mica.
Attraverso la piazza e imbocco la via tutta in discesa imbevuta d’ombra.
Rita e Ines, sedute sulle scale di casa, mi salutano. Le sento parlare fitto fitto appena do loro le spalle. Devo avere chissà che macchie dietro al fondoschiena per farle confabulare così tanto.
Varcato il cancelletto di casa, scorgo due sagome rannicchiate sotto il ciliegio.
Alice piange in silenzio seduta tra le foglie, Nero le appoggia la testa tra le pieghe della gonna grigia e agita la coda a spazzola.
«Alicina, che hai fatto?»
«Marisa mi ha preso in giro un’altra volta, stamattina! Continua a dire che ho due papà e che mamma andrà all’inferno per questo!»
«E tu le hai strappato i capelli!» La voce di Renato mi sorprende alle spalle. Allunga verso di me le braccia coperte dal camice bianco, lo stetoscopio dondolante al collo.
Gli cedo la carne, il suo profumo pungente mi carezza il naso.
«Alfredo, questo sì che è un bel prosciuttone! Ti stai dando parecchio da fare se questa è la ricompensa!»
Mi siedo vicino ad Alice, una radice scrocchia sotto il sedere.
«Dice che gli servo sempre di più. Vuole ingrandire il negozio visto che mò i soldi ci sono.»
Renato mi squadra da capo a piedi e annuisce. «Bene bene. La cena è quasi pronta, ricorda di prendere le medicine prima di pranzo…e tu signorinella» punta il dito verso la figlia «scordati la tua fetta di crostata, così impari a tenere la mani a posto, la prossima volta!»
Renato si gira, mi dà un colpetto alla spalla con la mano libera e imbrocca la discesa per la cantina.
Alice sporge il labbro inferiore ancora di più.
«Dai, non piangere. Vivo con voi ma tu hai solo un papà ed è Renato. Lo sai perché non mi piace quando piangi?»
La bambina mi fissa dal basso in alto e mi punta addosso due iridi verdi.
«Perché i miei occhi sono identici a quelli di tua sorella! Me lo avrai detto 100 volte.»
Ah, gliel’ho già raccontato.
Alice si guarda intorno, capisce che ha esagerato nel rispondermi così seccata.
Addolcisce lo sguardo. «Pensi che la rivedrai un giorno?»
«Beh, chissà. Non la vedo da prima della guerra. Se guarirò, andrò a cercarla.»
«Ma non ricordi proprio nulla?»
«Pochino. Ricordo di aver sparato tante volte, di essermi nascosto, ricordo le montagne, i rifugi. Ma prima di quello, solo gli occhi di mia sorella.»
«Ma perché ci sei andato in guerra? Se non ci andavi ora staresti bene!»
«Questo me lo ricordo, sai?» le carezzo la testa riccioluta e bionda, bionda come me «ci sono andato così non dovevate andarci voi bambini.»
«È pronto a tavola.»
Alziamo la testa tutti e tre.
Flavia si pulisce le mani sul grembiule, i riccioli neri tenuti a stento dal fazzoletto a pallini.
Nero parte a razzo verso la porta, Alice si alza e lo segue con molto meno entusiasmo. Flavia la segue con lo sguardo torvo fino all'uscio. Si gira verso di me.
Mi tende la mano sinistra, le due fedi che tiene all’anulare brillano al sole; Renato dev’essere molto innamorato se le ha dato due anelli.
L’afferro e mi faccio aiutare. Sono in piedi ma Flavia non mi lascia la mano.
«Ho dato il prosciutto a tuo marito. Vedrai che ci facciamo più di un mese.»
Sorride.
Che bella che è Flavia.
Re: Lo smemorato
Ciao Dario! Tutto ok con i parametri, buona Luca Cristiano Edition!
Re: Lo smemorato
Buongiorno Dario, ben ritrovato su Minuti Contati!
Quando ero bambino, si usava ancora il termine “scemo di guerra”, che forse esprime molto bene quel che è diventato il nostro smemorato. Racconto un po’ confuso ma che una volta compreso è interessante.
Molto bello il rapporto della ex moglie con lo smemorato, così come quello del nuovo marito con il resto della famiglia.
Trovo diversi punti di debolezza che andrebbero sanati per rendere il racconto più forte. La semina degli indizi per far capire che lo smemorato è l’ex marito è un po’ troppo artificiale, come evidente ad es. nella frase “Alzo la mano senza anulare”. L’inizio è alquanto confuso, non si capisce perché gli abbiano dato un prosciutto, che ha un valore estremamente elevato, che sembra eccessivo per il supporto che può dare il nostro personaggio. Così come non si capisce perché debba andare via perché il prosciutto pesa troppo: non poteva posarlo da qualche parte?
La parte della sorella sembra un po’ avulsa dal resto. Immagino che serva a far capire il rapporto di parentela tra lo smemorato e la bambina, ma a quel punto mezza riga sulla sorella sarebbe stato meglio aggiungerla.
Racconto non perfetto, ma che ho trovato davvero bello pensando alla sofferenza di questi poveri soldati tornati “danneggiati” dalla guerra e delle strane forme di recupero che effettivamente ci sono state.
Buon contest!
Quando ero bambino, si usava ancora il termine “scemo di guerra”, che forse esprime molto bene quel che è diventato il nostro smemorato. Racconto un po’ confuso ma che una volta compreso è interessante.
Molto bello il rapporto della ex moglie con lo smemorato, così come quello del nuovo marito con il resto della famiglia.
Trovo diversi punti di debolezza che andrebbero sanati per rendere il racconto più forte. La semina degli indizi per far capire che lo smemorato è l’ex marito è un po’ troppo artificiale, come evidente ad es. nella frase “Alzo la mano senza anulare”. L’inizio è alquanto confuso, non si capisce perché gli abbiano dato un prosciutto, che ha un valore estremamente elevato, che sembra eccessivo per il supporto che può dare il nostro personaggio. Così come non si capisce perché debba andare via perché il prosciutto pesa troppo: non poteva posarlo da qualche parte?
La parte della sorella sembra un po’ avulsa dal resto. Immagino che serva a far capire il rapporto di parentela tra lo smemorato e la bambina, ma a quel punto mezza riga sulla sorella sarebbe stato meglio aggiungerla.
Racconto non perfetto, ma che ho trovato davvero bello pensando alla sofferenza di questi poveri soldati tornati “danneggiati” dalla guerra e delle strane forme di recupero che effettivamente ci sono state.
Buon contest!
- Signor_Darcy
- Messaggi: 307
Re: Lo smemorato
Ciao Dario.
Racconto piacevole, uno spaccato di paese nel dopoguerra che tocca diversi temi, dalla guerra al bullismo. Va letto con attenzione, non ho capito subito che il protagonista è il primo marito di Flavia, anche se la cosa era intuibile con la semina che hai fatto nel testo.
Il tema è declinato in una maniera originale, la casa altrui che in realtà è la casa propria senza saperlo.
Il racconto forse diventa un po’ legnoso nella parte centrale, in poche righe vengono introdotti – e non sviluppati – forse troppi personaggi. Il prosciutto è una sorta di MacGuffin a suo modo funzionale. Ben descritte le scene iniziali e quella con la figlia.
Evita i numerali scritti in cifre. Il calice non tocca il cielo limpido: eviterei certe immagini.
Una prova più che discreta, in ogni caso.
Racconto piacevole, uno spaccato di paese nel dopoguerra che tocca diversi temi, dalla guerra al bullismo. Va letto con attenzione, non ho capito subito che il protagonista è il primo marito di Flavia, anche se la cosa era intuibile con la semina che hai fatto nel testo.
Il tema è declinato in una maniera originale, la casa altrui che in realtà è la casa propria senza saperlo.
Il racconto forse diventa un po’ legnoso nella parte centrale, in poche righe vengono introdotti – e non sviluppati – forse troppi personaggi. Il prosciutto è una sorta di MacGuffin a suo modo funzionale. Ben descritte le scene iniziali e quella con la figlia.
Evita i numerali scritti in cifre. Il calice non tocca il cielo limpido: eviterei certe immagini.
Una prova più che discreta, in ogni caso.
- Leonardo Pigneri
- Messaggi: 119
Re: Lo smemorato
Ciao Dario, ecco i miei commenti:
Disclaimer: Il format può essere un po' confusionario, ma faccio i commenti direttamente sul testo così da poter essere più dettagliato e preciso. Ti avverto che non indolcirò la pillola ma spero che il mio sincero feedback possa tornarti utile (siamo qui per migliorare d’altronde). Tutti i commenti sono fatti a caldo, durante la prima lettura. Ci tengo, inoltre, a precisare che le critiche (se ci saranno) vorranno sempre e comunque essere costruttive e mai offensive. Buona lettura e, se vorrai ulteriori delucidazioni, non esitare a chiedere! :)
«Alla tua salute, smemorato!» [Non il massimo iniziare con un dialogo così vago]
Il figlio del sindaco e i suoi due amici alzano i calici colmi di rosso toccando il cielo limpido sopra il paese, li portano alle labbra e li svuotano all’unisono, grugnendo per le risate. [Brutta questa frase d'attacco, piena di subordinate e con addirittura due gerundi di simultaneità]
Il riflesso del sole pomeridiano scintilla sul vetro dei bicchieri. [Ecco, avrei iniziato con questa frase e poi messo la prima battuta]
«Grazie.» bofonchio.
«Ho scommesso una cassa di Sangiovese che il cervello ti ripiglia prima del ’52» il giovane si asciuga le lacrime col fazzoletto che porta al collo «Non manca poi molto, dacci dentro, vè!» [Perché in corsivo? Se per il dialetto, è completamente superfluo evidenziarlo. Il parlato è parlato. Se invece vuoi sottolineare un intonazione particolare, è già più sensato, ma sconsiglio anche quello.]
Sorrido e sposto il prosciutto dalla spalla destra alla sinistra. Mi fermerei volentieri ma questo bel coscione pesa parecchio.
Alzo la mano senza anulare verso di loro.
«Solo che dopo…» Il figlio del sindaco fischia e mi fa il gesto delle corna.
I tre si accasciano sul tavolo, sbellicandosi.
E poi dicono che quello tocco sono io; per essere cornuto ci vuole la moglie, io non ce l’ho mica.
Attraverso la piazza e imbocco la via tutta in discesa imbevuta d’ombra.
Rita e Ines, sedute sulle scale di casa, mi salutano. Le sento parlare fitto fitto appena do loro le spalle. Devo avere chissà che macchie dietro al fondoschiena per farle confabulare così tanto.
Varcato il cancelletto di casa, scorgo due sagome rannicchiate sotto il ciliegio. [Frase che fa uscire dal PdV, "scorgere" è un verbo percettivo.]
Alice piange in silenzio [Che vuol dire piange in silenzio? Non riesco proprio a immaginarmelo] seduta tra le foglie, Nero le appoggia la testa tra le pieghe della gonna grigia e agita la coda a spazzola. [Carino questo dettaglio]
«Alicina, che hai fatto?»
«Marisa mi ha preso in giro un’altra volta, stamattina! Continua a dire che ho due papà e che mamma andrà all’inferno per questo!»
«E tu le hai strappato i capelli!» La voce di Renato mi sorprende alle spalle. [Qui un "mi volto" ci stava bene. Spesso lo puoi dare per scontato dal momento che, se il PdV le vede certe cose, è ovvio si sia girato per guardarle, ma in situazioni concitate come questa è bene invece mettercelo] Allunga verso di me le braccia coperte dal camice bianco, lo stetoscopio dondolante al collo.
Gli cedo la carne, il suo profumo pungente mi carezza il naso.
«Alfredo, questo sì che è un bel prosciuttone! Ti stai dando parecchio da fare se questa è la ricompensa!»
Mi siedo vicino ad Alice, una radice scrocchia sotto il sedere. [Le radici sono toste eh, non mi sembra credibile]
«Dice che gli servo sempre di più. Vuole ingrandire il negozio visto che mò i soldi ci sono.»
Renato mi squadra da capo a piedi e annuisce. «Bene bene. La cena è quasi pronta, ricorda di prendere le medicine prima di pranzo…e tu signorinella» punta il dito verso la figlia «scordati la tua fetta di crostata, così impari a tenere la mani a posto, la prossima volta!»
Renato si gira, mi dà un colpetto alla spalla con la mano libera e imbrocca la discesa per la cantina.
Alice sporge [mmh, non mi convince questo verbo] il labbro inferiore ancora di più.
«Dai, non piangere. Vivo con voi ma tu hai solo un papà ed è Renato. Lo sai perché non mi piace quando piangi?»
La bambina mi fissa dal basso in alto e mi punta addosso due iridi verdi.
«Perché i miei occhi sono identici a quelli di tua sorella! Me lo avrai detto 100 [Mai scrivere a numero, per risparmiare due caratteri non ne vale proprio la pena] volte.»
Ah, gliel’ho già raccontato.
Alice si guarda intorno, capisce che ha esagerato nel rispondermi così seccata. [Mi puzza di onnisciente questa frase, fai attenzione]
Addolcisce lo sguardo. «Pensi che la rivedrai un giorno?»
«Beh, chissà. Non la vedo da prima della guerra. Se guarirò, andrò a cercarla.»
«Ma non ricordi proprio nulla?»
«Pochino. Ricordo di aver sparato tante volte, di essermi nascosto, ricordo le montagne, i rifugi. Ma prima di quello, solo gli occhi di mia sorella.»
«Ma perché ci sei andato in guerra? Se non ci andavi ora staresti bene!»
«Questo me lo ricordo, sai?» le carezzo la testa riccioluta e bionda, bionda come me [Attento, questa frase presuppone che il protagonista stia notando questa cosa. E ciò potrebbe far supporre altro. Semina che il protagonista è biondo da un'altra parte. E' chiaro che non sospetta nulla, così invece metti il dubbio]«ci sono andato così non dovevate andarci voi bambini.»
«È pronto a tavola.»
Alziamo la testa tutti e tre.
Flavia si pulisce le mani sul grembiule, i riccioli neri tenuti a stento dal fazzoletto a pallini. [E questa chi è? da dove spunta? l'avrei inserita meglio]
Nero parte a razzo verso la porta, Alice si alza e lo segue con molto meno entusiasmo. Flavia la segue [ripetizione] con lo sguardo torvo fino all'uscio. Si gira verso di me.
Mi tende la mano sinistra, le due fedi che tiene all’anulare brillano al sole; Renato dev’essere molto innamorato se le ha dato due anelli. [Mi ha fatto sorridere questo pensiero, carino davvero]
L’afferro e mi faccio aiutare. Sono in piedi ma Flavia non mi lascia la mano.
«Ho dato il prosciutto a tuo marito. Vedrai che ci facciamo più di un mese.»
Sorride.
Che bella che è Flavia.
Commenti:
Fortissima l'idea e come si lega indirettamente al tema! Anche la realizzazione non è male, anche se ho trovato qualche singhiozzo del punto di vista qua e là. Comunque è chiaro tu conosca bene la narrazione immersiva, devi giusto limare un paio di cosette e ci sei. Sei riuscito a creare fin da subito empatia con il protagonista e hai gestito sapientemente il flusso informativo rivelando alla fine tutti i tasselli necessari per completare il puzzle senza però assemblarcelo tu. Ottimo il finale. Bravo.
Disclaimer: Il format può essere un po' confusionario, ma faccio i commenti direttamente sul testo così da poter essere più dettagliato e preciso. Ti avverto che non indolcirò la pillola ma spero che il mio sincero feedback possa tornarti utile (siamo qui per migliorare d’altronde). Tutti i commenti sono fatti a caldo, durante la prima lettura. Ci tengo, inoltre, a precisare che le critiche (se ci saranno) vorranno sempre e comunque essere costruttive e mai offensive. Buona lettura e, se vorrai ulteriori delucidazioni, non esitare a chiedere! :)
«Alla tua salute, smemorato!» [Non il massimo iniziare con un dialogo così vago]
Il figlio del sindaco e i suoi due amici alzano i calici colmi di rosso toccando il cielo limpido sopra il paese, li portano alle labbra e li svuotano all’unisono, grugnendo per le risate. [Brutta questa frase d'attacco, piena di subordinate e con addirittura due gerundi di simultaneità]
Il riflesso del sole pomeridiano scintilla sul vetro dei bicchieri. [Ecco, avrei iniziato con questa frase e poi messo la prima battuta]
«Grazie.» bofonchio.
«Ho scommesso una cassa di Sangiovese che il cervello ti ripiglia prima del ’52» il giovane si asciuga le lacrime col fazzoletto che porta al collo «Non manca poi molto, dacci dentro, vè!» [Perché in corsivo? Se per il dialetto, è completamente superfluo evidenziarlo. Il parlato è parlato. Se invece vuoi sottolineare un intonazione particolare, è già più sensato, ma sconsiglio anche quello.]
Sorrido e sposto il prosciutto dalla spalla destra alla sinistra. Mi fermerei volentieri ma questo bel coscione pesa parecchio.
Alzo la mano senza anulare verso di loro.
«Solo che dopo…» Il figlio del sindaco fischia e mi fa il gesto delle corna.
I tre si accasciano sul tavolo, sbellicandosi.
E poi dicono che quello tocco sono io; per essere cornuto ci vuole la moglie, io non ce l’ho mica.
Attraverso la piazza e imbocco la via tutta in discesa imbevuta d’ombra.
Rita e Ines, sedute sulle scale di casa, mi salutano. Le sento parlare fitto fitto appena do loro le spalle. Devo avere chissà che macchie dietro al fondoschiena per farle confabulare così tanto.
Varcato il cancelletto di casa, scorgo due sagome rannicchiate sotto il ciliegio. [Frase che fa uscire dal PdV, "scorgere" è un verbo percettivo.]
Alice piange in silenzio [Che vuol dire piange in silenzio? Non riesco proprio a immaginarmelo] seduta tra le foglie, Nero le appoggia la testa tra le pieghe della gonna grigia e agita la coda a spazzola. [Carino questo dettaglio]
«Alicina, che hai fatto?»
«Marisa mi ha preso in giro un’altra volta, stamattina! Continua a dire che ho due papà e che mamma andrà all’inferno per questo!»
«E tu le hai strappato i capelli!» La voce di Renato mi sorprende alle spalle. [Qui un "mi volto" ci stava bene. Spesso lo puoi dare per scontato dal momento che, se il PdV le vede certe cose, è ovvio si sia girato per guardarle, ma in situazioni concitate come questa è bene invece mettercelo] Allunga verso di me le braccia coperte dal camice bianco, lo stetoscopio dondolante al collo.
Gli cedo la carne, il suo profumo pungente mi carezza il naso.
«Alfredo, questo sì che è un bel prosciuttone! Ti stai dando parecchio da fare se questa è la ricompensa!»
Mi siedo vicino ad Alice, una radice scrocchia sotto il sedere. [Le radici sono toste eh, non mi sembra credibile]
«Dice che gli servo sempre di più. Vuole ingrandire il negozio visto che mò i soldi ci sono.»
Renato mi squadra da capo a piedi e annuisce. «Bene bene. La cena è quasi pronta, ricorda di prendere le medicine prima di pranzo…e tu signorinella» punta il dito verso la figlia «scordati la tua fetta di crostata, così impari a tenere la mani a posto, la prossima volta!»
Renato si gira, mi dà un colpetto alla spalla con la mano libera e imbrocca la discesa per la cantina.
Alice sporge [mmh, non mi convince questo verbo] il labbro inferiore ancora di più.
«Dai, non piangere. Vivo con voi ma tu hai solo un papà ed è Renato. Lo sai perché non mi piace quando piangi?»
La bambina mi fissa dal basso in alto e mi punta addosso due iridi verdi.
«Perché i miei occhi sono identici a quelli di tua sorella! Me lo avrai detto 100 [Mai scrivere a numero, per risparmiare due caratteri non ne vale proprio la pena] volte.»
Ah, gliel’ho già raccontato.
Alice si guarda intorno, capisce che ha esagerato nel rispondermi così seccata. [Mi puzza di onnisciente questa frase, fai attenzione]
Addolcisce lo sguardo. «Pensi che la rivedrai un giorno?»
«Beh, chissà. Non la vedo da prima della guerra. Se guarirò, andrò a cercarla.»
«Ma non ricordi proprio nulla?»
«Pochino. Ricordo di aver sparato tante volte, di essermi nascosto, ricordo le montagne, i rifugi. Ma prima di quello, solo gli occhi di mia sorella.»
«Ma perché ci sei andato in guerra? Se non ci andavi ora staresti bene!»
«Questo me lo ricordo, sai?» le carezzo la testa riccioluta e bionda, bionda come me [Attento, questa frase presuppone che il protagonista stia notando questa cosa. E ciò potrebbe far supporre altro. Semina che il protagonista è biondo da un'altra parte. E' chiaro che non sospetta nulla, così invece metti il dubbio]«ci sono andato così non dovevate andarci voi bambini.»
«È pronto a tavola.»
Alziamo la testa tutti e tre.
Flavia si pulisce le mani sul grembiule, i riccioli neri tenuti a stento dal fazzoletto a pallini. [E questa chi è? da dove spunta? l'avrei inserita meglio]
Nero parte a razzo verso la porta, Alice si alza e lo segue con molto meno entusiasmo. Flavia la segue [ripetizione] con lo sguardo torvo fino all'uscio. Si gira verso di me.
Mi tende la mano sinistra, le due fedi che tiene all’anulare brillano al sole; Renato dev’essere molto innamorato se le ha dato due anelli. [Mi ha fatto sorridere questo pensiero, carino davvero]
L’afferro e mi faccio aiutare. Sono in piedi ma Flavia non mi lascia la mano.
«Ho dato il prosciutto a tuo marito. Vedrai che ci facciamo più di un mese.»
Sorride.
Che bella che è Flavia.
Commenti:
Fortissima l'idea e come si lega indirettamente al tema! Anche la realizzazione non è male, anche se ho trovato qualche singhiozzo del punto di vista qua e là. Comunque è chiaro tu conosca bene la narrazione immersiva, devi giusto limare un paio di cosette e ci sei. Sei riuscito a creare fin da subito empatia con il protagonista e hai gestito sapientemente il flusso informativo rivelando alla fine tutti i tasselli necessari per completare il puzzle senza però assemblarcelo tu. Ottimo il finale. Bravo.
- Andrea Lauro
- Messaggi: 596
Re: Lo smemorato
Acc.. Dario! Alla fine della prima tornata non l’avevo proprio capito, ho dovuto rileggerlo attentamente...
...e alla seconda, ho finalmente capito chi è Alfredo, lo smemorato. E la storia è molto bella e nostalgica, con questo grosso vulnus legato all'immediatezza.
Credo di essermi perso principalmente per l’altissimo numero di personaggi in scena, è la prima volta che ne trovo così tanti in MC. Supponiamo di affrontare la descrizione di un paesello e di dare un affresco della gente che ci abita: penso che l’aver dato un nome proprio a ciascuno abbia creato la falsa impressione che ognuno fosse importante. Gli unici che fanno eccezione, e sui quali infatti sono passato via veloce, sono i due amici del figlio del sindaco.
Eccoli tutti: figlio del sindaco +2 amici; Rita e Ines; Alice e Nero, Marisa (solo citata), Renato; Alfredo= lo smemorato; Flavia.
In particolare lo smemorato: capiamo che il suo nome è Alfredo solo a metà racconto, quando ne sono già molti e nessuno è ben rimasto in testa.
Vedrei due soluzioni, per sbrogliare la matassa in un caso simile: ridurre il numero dei personaggi, oppure ridurre il numero di nomi propri. Meglio ancora, tutti e due.
E per lo smemorato, fornirei il nome all’inizio (se proprio serve) con un escamotage. Ad es., lui in risposta ai tre: “Non mi chiamo Smemorato. Mi chiamo Alfredo.” o roba così. Di modo che fissi subito il protagonista.
Posizionerei il racconto davanti a quello di Laura Calagna. Su entrambi è stata necessaria una rilettura per capire, ma qui la storia mi ha preso maggiormente.
a presto, e grazie per la lettura!
andrea
...e alla seconda, ho finalmente capito chi è Alfredo, lo smemorato. E la storia è molto bella e nostalgica, con questo grosso vulnus legato all'immediatezza.
Credo di essermi perso principalmente per l’altissimo numero di personaggi in scena, è la prima volta che ne trovo così tanti in MC. Supponiamo di affrontare la descrizione di un paesello e di dare un affresco della gente che ci abita: penso che l’aver dato un nome proprio a ciascuno abbia creato la falsa impressione che ognuno fosse importante. Gli unici che fanno eccezione, e sui quali infatti sono passato via veloce, sono i due amici del figlio del sindaco.
Eccoli tutti: figlio del sindaco +2 amici; Rita e Ines; Alice e Nero, Marisa (solo citata), Renato; Alfredo= lo smemorato; Flavia.
In particolare lo smemorato: capiamo che il suo nome è Alfredo solo a metà racconto, quando ne sono già molti e nessuno è ben rimasto in testa.
Vedrei due soluzioni, per sbrogliare la matassa in un caso simile: ridurre il numero dei personaggi, oppure ridurre il numero di nomi propri. Meglio ancora, tutti e due.
E per lo smemorato, fornirei il nome all’inizio (se proprio serve) con un escamotage. Ad es., lui in risposta ai tre: “Non mi chiamo Smemorato. Mi chiamo Alfredo.” o roba così. Di modo che fissi subito il protagonista.
Posizionerei il racconto davanti a quello di Laura Calagna. Su entrambi è stata necessaria una rilettura per capire, ma qui la storia mi ha preso maggiormente.
a presto, e grazie per la lettura!
andrea
Re: Lo smemorato
Ciao Dario e piacere di averti letto.
Una storia molto delicata, con alcune pennellate di gran classe, complimenti.
L'unico difetto che ci ho trovato è la mancanza di conflitto.
Sì, ci hai presentato questo smemorato, rimasto scioccato dalla guerra, ma nel racconto non succede nulla che crei conflitto, quindi rimane la presentazione di un personaggio.
Assolutamente memorabile, ma solo la presentazione di un personaggio.
Ho apprezzato tantissimo tutti i dettagli che hai seminato, dalla mancanza del medio, ai due papà, all'anello doppio.
Forse c'erano un po' troppi nomi proprio, l'ho dovuto rileggere per avere la certezza di aver capito tutto. Avrei eliminato del tutto quelli dei paesani, tenendo solo la moglie, la figlia e il nuovo marito (e sarebbero comunque stati quattro nomi da ricordare).
Un'ottima prestazione.
In bocca al lupo per l'edizione.
Una storia molto delicata, con alcune pennellate di gran classe, complimenti.
L'unico difetto che ci ho trovato è la mancanza di conflitto.
Sì, ci hai presentato questo smemorato, rimasto scioccato dalla guerra, ma nel racconto non succede nulla che crei conflitto, quindi rimane la presentazione di un personaggio.
Assolutamente memorabile, ma solo la presentazione di un personaggio.
Ho apprezzato tantissimo tutti i dettagli che hai seminato, dalla mancanza del medio, ai due papà, all'anello doppio.
Forse c'erano un po' troppi nomi proprio, l'ho dovuto rileggere per avere la certezza di aver capito tutto. Avrei eliminato del tutto quelli dei paesani, tenendo solo la moglie, la figlia e il nuovo marito (e sarebbero comunque stati quattro nomi da ricordare).
Un'ottima prestazione.
In bocca al lupo per l'edizione.
Re: Lo smemorato
Ueì popolo.
Grazie per i commenti.
Il prosciuttone è solo un oggetto nato per mostrare l'effettiva confusione mentale post traumatica di Alfredo: per quanto del cibo fosse prezioso nel dopoguerra, è decisamente poco come "stipendio", il fatto che lui ne abbia eccessiva cura e dedizione dovrebbe dare quel senso di confusione mentale, per l'appunto. Ovvio che poteva appoggiarlo da qualche parte! :)
Essì, i troppi personaggi e la non immediatezza sono le due pecche maggiori riscontrate da me a consegna avvenuta.
Per quanto riguarda i pg, battezzarli ognuno col proprio nome doveva fungere da spinta ulteriore per l'immersione in Alfredo;
in un paesello si conoscono tutti o quasi e quindi dal suo punto di vista incontrare e identicare le vicine di casa e tutto il parentado col nome mi è sembrato coerente.
I paesani random mi servivano anche per mostrare il pettegolezzo e la malelingua attorno il nucleo familiare atipico dello smemorato. Avete comunque ragione, era possibile sfoltirli e nonostante ciò comunicare al lettore lo stesso messaggio.
Per la difficoltà nell'intuire chi fosse chi alla prima lettura purtroppo non ho scusanti, ho voluto dare al pezzo quel tono "giallo" tra le linee forzando malamente i 4000 caratteri a disposizione (che sono tantissimi e giusti, eh! So che l'Antico si incazza se diciamo il contrario! Sia sempre lode a Lui! :D )
Grazie per il line editing! Ti "ribatto" soltanto su due punti dove forse hai equivocato il senso, per gli altri do piena ragione!
-Mi siedo vicino ad Alice, una radice scrocchia sotto il sedere. [Le radici sono toste eh, non mi sembra credibile]
Intendevo dire che la radice fa rumore mentre Alfredo ci si siede, non che la rompa o che la spezzi
-Alice si guarda intorno, capisce che ha esagerato nel rispondermi così seccata. [Mi puzza di onnisciente questa frase, fai attenzione]
Per quanto Alfredo sia un po' rinco, sa capire, come il resto degli adulti in generale, quello che pensano i bambini.
Quando un bambino si rende conto di aver detto una parola di troppo ed è un habituè che venga rimproverato o punito dopo, si nota proprio la loro preoccupazione di essere stati ascoltati per paura di essere per l'appunto rimproverati o puniti.
Tutto qui, quella non è un osservazione dell'autore ma proprio un'intuizione di Alfredo.
Un conflittino, certo molto sottile, sarebbe l'inadeguatezza del protagonista nella sua vita sociale a causa del suo post-trauma e dell'amnesia. Alfredo nel racconto non affronta di certo grande prove, anzi non fa quasi niente, perciò avevo puntato di più sul disagio interiore che un disagio più vivido dovuto a forti azioni esterni come un pericolo mortale et simili.
Però hai ragione anche tu: più ciccia al fuoco avrebbe giovato al testo!
Grazie per i commenti.
Sirimedho ha scritto:Buongiorno Dario, ben ritrovato su Minuti Contati!
L’inizio è alquanto confuso, non si capisce perché gli abbiano dato un prosciutto, che ha un valore estremamente elevato, che sembra eccessivo per il supporto che può dare il nostro personaggio. Così come non si capisce perché debba andare via perché il prosciutto pesa troppo: non poteva posarlo da qualche parte?
Buon contest!
Il prosciuttone è solo un oggetto nato per mostrare l'effettiva confusione mentale post traumatica di Alfredo: per quanto del cibo fosse prezioso nel dopoguerra, è decisamente poco come "stipendio", il fatto che lui ne abbia eccessiva cura e dedizione dovrebbe dare quel senso di confusione mentale, per l'appunto. Ovvio che poteva appoggiarlo da qualche parte! :)
Signor_Darcy ha scritto:Ciao Dario.
Racconto piacevole, uno spaccato di paese nel dopoguerra che tocca diversi temi, dalla guerra al bullismo. Va letto con attenzione, non ho capito subito che il protagonista è il primo marito di Flavia, anche se la cosa era intuibile con la semina che hai fatto nel testo.
Il tema è declinato in una maniera originale, la casa altrui che in realtà è la casa propria senza saperlo.
Il racconto forse diventa un po’ legnoso nella parte centrale, in poche righe vengono introdotti – e non sviluppati – forse troppi personaggi.
Andrea Lauro ha scritto:Acc.. Dario! Alla fine della prima tornata non l’avevo proprio capito, ho dovuto rileggerlo attentamente...
...e alla seconda, ho finalmente capito chi è Alfredo, lo smemorato. E la storia è molto bella e nostalgica, con questo grosso vulnus legato all'immediatezza.
Credo di essermi perso principalmente per l’altissimo numero di personaggi in scena, è la prima volta che ne trovo così tanti in MC. Supponiamo di affrontare la descrizione di un paesello e di dare un affresco della gente che ci abita: penso che l’aver dato un nome proprio a ciascuno abbia creato la falsa impressione che ognuno fosse importante. Gli unici che fanno eccezione, e sui quali infatti sono passato via veloce, sono i due amici del figlio del sindaco.
Eccoli tutti: figlio del sindaco +2 amici; Rita e Ines; Alice e Nero, Marisa (solo citata), Renato; Alfredo= lo smemorato; Flavia.
In particolare lo smemorato: capiamo che il suo nome è Alfredo solo a metà racconto, quando ne sono già molti e nessuno è ben rimasto in testa.
Essì, i troppi personaggi e la non immediatezza sono le due pecche maggiori riscontrate da me a consegna avvenuta.
Per quanto riguarda i pg, battezzarli ognuno col proprio nome doveva fungere da spinta ulteriore per l'immersione in Alfredo;
in un paesello si conoscono tutti o quasi e quindi dal suo punto di vista incontrare e identicare le vicine di casa e tutto il parentado col nome mi è sembrato coerente.
I paesani random mi servivano anche per mostrare il pettegolezzo e la malelingua attorno il nucleo familiare atipico dello smemorato. Avete comunque ragione, era possibile sfoltirli e nonostante ciò comunicare al lettore lo stesso messaggio.
Per la difficoltà nell'intuire chi fosse chi alla prima lettura purtroppo non ho scusanti, ho voluto dare al pezzo quel tono "giallo" tra le linee forzando malamente i 4000 caratteri a disposizione (che sono tantissimi e giusti, eh! So che l'Antico si incazza se diciamo il contrario! Sia sempre lode a Lui! :D )
Leonardo Pigneri ha scritto:Fortissima l'idea e come si lega indirettamente al tema! Anche la realizzazione non è male, anche se ho trovato qualche singhiozzo del punto di vista qua e là. Comunque è chiaro tu conosca bene la narrazione immersiva, devi giusto limare un paio di cosette e ci sei. Sei riuscito a creare fin da subito empatia con il protagonista e hai gestito sapientemente il flusso informativo rivelando alla fine tutti i tasselli necessari per completare il puzzle senza però assemblarcelo tu. Ottimo il finale. Bravo.
Grazie per il line editing! Ti "ribatto" soltanto su due punti dove forse hai equivocato il senso, per gli altri do piena ragione!
-Mi siedo vicino ad Alice, una radice scrocchia sotto il sedere. [Le radici sono toste eh, non mi sembra credibile]
Intendevo dire che la radice fa rumore mentre Alfredo ci si siede, non che la rompa o che la spezzi
-Alice si guarda intorno, capisce che ha esagerato nel rispondermi così seccata. [Mi puzza di onnisciente questa frase, fai attenzione]
Per quanto Alfredo sia un po' rinco, sa capire, come il resto degli adulti in generale, quello che pensano i bambini.
Quando un bambino si rende conto di aver detto una parola di troppo ed è un habituè che venga rimproverato o punito dopo, si nota proprio la loro preoccupazione di essere stati ascoltati per paura di essere per l'appunto rimproverati o puniti.
Tutto qui, quella non è un osservazione dell'autore ma proprio un'intuizione di Alfredo.
Fagiolo17 ha scritto:L'unico difetto che ci ho trovato è la mancanza di conflitto.
Sì, ci hai presentato questo smemorato, rimasto scioccato dalla guerra, ma nel racconto non succede nulla che crei conflitto, quindi rimane la presentazione di un personaggio.
Assolutamente memorabile, ma solo la presentazione di un personaggio.
Un conflittino, certo molto sottile, sarebbe l'inadeguatezza del protagonista nella sua vita sociale a causa del suo post-trauma e dell'amnesia. Alfredo nel racconto non affronta di certo grande prove, anzi non fa quasi niente, perciò avevo puntato di più sul disagio interiore che un disagio più vivido dovuto a forti azioni esterni come un pericolo mortale et simili.
Però hai ragione anche tu: più ciccia al fuoco avrebbe giovato al testo!
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Re: Lo smemorato
Ciao Dario,
tema declinato bene, emozionante, malinconico, con un numero di personaggi esagerato per i caratteri a disposizione, senza che quest'ultimo aspetto ti porti alcun beneficio, anzi.
L'idea è molto aderente al tema, tra le migliori del contest, però l'atteggiamento dello smemorato mi lascia un tantino perplesso: vero, si può perdere la memoria completamente e conoscere bene la quotidianità come il tuo protagonista, ma lui ragiona in maniera "perfetta" ed è strano non si faccia alcuna domanda. Secondo me doveva apparire leggermente più "toccato/scemotto/ripetitivo" per essere credibile, ma magari è solo un mio pensiero (non ho letto i commenti degli altri!).
Finale giusto, delicato, che fa venire voglia di carezze al protagonista.
Lavoro in generale interessante.
Alla prossima,
G.
***
tema declinato bene, emozionante, malinconico, con un numero di personaggi esagerato per i caratteri a disposizione, senza che quest'ultimo aspetto ti porti alcun beneficio, anzi.
L'idea è molto aderente al tema, tra le migliori del contest, però l'atteggiamento dello smemorato mi lascia un tantino perplesso: vero, si può perdere la memoria completamente e conoscere bene la quotidianità come il tuo protagonista, ma lui ragiona in maniera "perfetta" ed è strano non si faccia alcuna domanda. Secondo me doveva apparire leggermente più "toccato/scemotto/ripetitivo" per essere credibile, ma magari è solo un mio pensiero (non ho letto i commenti degli altri!).
Finale giusto, delicato, che fa venire voglia di carezze al protagonista.
Lavoro in generale interessante.
Alla prossima,
G.
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Re: Lo smemorato
Dario 17 Tema centrato. Il protagonista cerca la sua casa presso gli amici Renato, Flavia e la piccola Alice, oltre che il cane Nero. Con pochi tratti ricostruisci uno scenario di vita che risale all’epoca dell’immediato dopoguerra. Non solo per via dell’indizio della data (non siamo ancora nel 1952) ma anche per via della manipolazione del cibo (il protagonista che porta a casa il prosciutto). Poi, da almeno due indizi (le pettegole, i due anelli di Flavia) si capisce che il papà numero uno di Alice è lui. Ha perso la memoria, è un reduce, ricorda appena gli occhi della sorella. Insomma, un estraneo a casa propria. Prova insolita, originalissima.
- Giovanni Attanasio
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Re: Lo smemorato
L’idea di base è carina e mi piace anche il messaggio. Credo però che il testo vada un po’ levigato. È una scena breve ma riesce a essere caotica, almeno secondo me: tanti nomi, tante info per il lettore, tante cose che potevano essere rimosse o integrate meglio in dialoghi/pensieri. È pure probabile che mi sia perso qualcosa, perché intravedo qualcosa che ha a che fare con lo smemorato, qualcosa che lui ha fatto e di cui non si rende propriamente conto. Aspetta un attimo: ma Flavia è la moglie dello smemorato e poi dell’altro tizio? Ah ok. Questo rende il tutto più interessante, ma non tanto da farmi rimangiare i commenti sulla caoticità e il resto. Resta un bel testo.
"Scrivo quello che voglio e come voglio. Fatevelo piacere."
- Laura Brunelli
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Re: Lo smemorato
Ciao Dario, piacere di leggerti.
Racconto piacevole e scorrevole, buono lo stile e la caratterizzazione del personaggio. Ben gestito il punto di vista, con esclusione di questo passaggio:
Il protagonista non può sapere che la bambina ha capito di aver esagerato, una frase ipotetica ci sarebbe stata meglio.
Per quanto riguarda la struttura della storia devo dire che il tuo racconto mi ha un po’ spiazzato. All’inizio non capivo dove volevi andare a parare. Poi, quando il protagonista, accarezzando i capelli di Alice, constata che sono biondi come i suoi, ho capito che era lui il padre, nonché il primo marito di Flavia, e il finale colpito.
Davvero un’ottima prova, complimenti.
A rileggerci e buona edition
Racconto piacevole e scorrevole, buono lo stile e la caratterizzazione del personaggio. Ben gestito il punto di vista, con esclusione di questo passaggio:
Alice si guarda intorno, capisce che ha esagerato nel rispondermi così seccata.
Il protagonista non può sapere che la bambina ha capito di aver esagerato, una frase ipotetica ci sarebbe stata meglio.
Per quanto riguarda la struttura della storia devo dire che il tuo racconto mi ha un po’ spiazzato. All’inizio non capivo dove volevi andare a parare. Poi, quando il protagonista, accarezzando i capelli di Alice, constata che sono biondi come i suoi, ho capito che era lui il padre, nonché il primo marito di Flavia, e il finale colpito.
Davvero un’ottima prova, complimenti.
A rileggerci e buona edition
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Re: Lo smemorato
Ciao Dario, piacere di leggerti.
Tantissimi personaggi. Ho dovuto rileggere il testo per capire di chi si stesse parlando, ma una volta afferrato il concetto devo dire che anche il collegamento al tema è molto buono. Resta comunque il fatto che è abbastanza caotico, forse anche un troppo. Se è complesso ci si stanca a leggerlo e si rischia di perdere interesse. L’unica pecca è probabilmente questa, cercherei di sfoltirlo un pò.
A rileggerti presto,
buon contest!
Tantissimi personaggi. Ho dovuto rileggere il testo per capire di chi si stesse parlando, ma una volta afferrato il concetto devo dire che anche il collegamento al tema è molto buono. Resta comunque il fatto che è abbastanza caotico, forse anche un troppo. Se è complesso ci si stanca a leggerlo e si rischia di perdere interesse. L’unica pecca è probabilmente questa, cercherei di sfoltirlo un pò.
A rileggerti presto,
buon contest!
Re: Lo smemorato
Bell'idea e buona realizzazione, al netto delle problematiche che ti hanno già sottolineato, soprattutto quella riguardante i troppi nomi. Non concordo invece sulla mancanza di conflitto perché lo percepisco come latente: hai il paese contro, lo bullizzano e gli parlano dietro, ed è in lotta costante con se stesso per ricordare (anche se potevi sottolinearlo per creare, effettivamente, più tensione narrativa, tipo mettere in scena contemporaneamente Flavia e Renato). Il tema è preso bene. Per me un pollice tendente verso il positivo in modo solido e anche brillante.
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