Ninfa
Inviato: martedì 16 novembre 2021, 0:30
Ninfa
La soddisfazione che provo dopo l’ultima vasca è impagabile.
Affretto il passo, mentre percorro il tragitto che mi separa dallo spogliatoio ho sempre freddo.
Non vedo l’ora di farmi una doccia calda.
Mi infilo l’accappatoio.
- Insomma, sei qui tutte le sere.
Un ragazzo biondo che ho già visto altre volte mi regala un sorriso storto.
- Esatto, ma anche tu non te ne perdi molte.
Ricambio il sorriso.
- Già, prima andavo in palestra, ma ultimamente mi annoia. Comunque piacere, Carlo.
Protende la mano verso di me. È grande, con le vene sporgenti.
-Laura.
Gliela stringo.
È bello come un dio greco e mi lusingano le sue attenzioni.
-Allora, Laura, hai già impegni per cena?
Riconosco la sicurezza di chi non è abituato ad andare in bianco.
- A dire il vero no, lo devo prendere come un invito?
Chiudo l’accappatoio stringendo forte la cintura.
-Certo! Conosco un pub qui vicino dove fanno degli hamburger spaziali. Ma prima facciamoci una doccia calda, non vorrei mai morissi assiderata!
Una risata rumorosa gli disegna due fossette profonde sulle guance. Lo trovo sexy.
-Hai ragione! Ci vediamo all’ingresso tra una ventina di minuti?
Gli propongo mentre mi scuoto i capelli. Nemmeno io sono abituata ad andare in bianco.
-Andata!
Ci incamminiamo verso gli spogliatoi: la serata si prospetta interessante.
- Due birre medie e poi, per me un Mirco e per lei un Pablito, grazie.
La cameriera scrive l’ordine sul palmare.
- Arrivano subito!
Risponde squadrando Carlo.
- Quindi, da quanto tempo frequenti la piscina? Nuoti bene, sembri nata nell’acqua.
- Allora passi davvero il tempo a guardarmi, il mio non è più solo un sospetto.
Mi mordo le labbra.
- Penso che l’acqua sia il mio elemento: non c’è altro posto in cui mi senta così bene, così me stessa, ma è un discorso sciocco.
Proseguo abbassando lo sguardo.
- Per niente, lo capisco!
Mi rassicura guardandomi negli occhi. Sento un brivido.
- Ecco le vostre medie. Il Pablito per chi è?
La cameriera appoggia maldestra i boccali sul tavolo.
- Mio!
Rispondo mentre sposto il cellulare per fare spazio al piatto.
- Adoro i panini che hanno nomi umani, è una cosa senza senso, ma mi fa impazzire.
Carlo parla mentre mastica.
- Quindi, cosa fai nella vita, a parte nuotare e conquistare gli altri nuotatori, intendo.
Continua ingollando un sorso di birra.
- Lavoro alla CGIL, ufficio vertenze.
Distolgo lo sguardo.
- Tu?
- Lavoro in uno studio legale. Ha l’onore di frequentare un principe del foro, signorina.
Ha un tono più compiaciuto che ironico. Noto che lui e la cameriera si lanciano degli sguardi ambigui e mi sento infastidita.
Fingo indifferenza e addento il mio panino.
- Ma sei un disastro, guarda qui dove ti è finito il ketchup!
Me lo dice con il tono di un padre un po’ scocciato con la figlia pasticciona. Si sporge verso di me e mi pulisce la salsa all’angolo della bocca con il tovagliolo.
Mi sento in imbarazzo.
La serata non è andata proprio come mi sarei aspettata. Carlo è pieno di sè e inizio a sentirmi stanca. Ho voglia di tornarmene a casa.
- Grazie per la bella serata, ci si vede in piscina, allora.
Trattengo uno sbadiglio mentre cerco le chiavi dell’auto in borsa.
- Ma dai, non andartene sul più bello.
Si avvicina e mi afferra il braccio.
Mi libero dalla presa.
- Grazie davvero, ma ho molto sonno… magari la prossima volta.
Rispondo trovando finalmente le chiavi.
- Eddai, non fare la difficile… almeno un bacio.
Mi afferra i polsi e spinge il suo corpo contro il mio. Prova a baciarmi.
- Senti, non mi va!
Cerco di divincolarmi, ma è pesante e fatico a spostarlo.
- Lo so che ti piaccio, non avresti mai accettato altrimenti. Si vede che sai quello che vuoi.
Puzza di birra e cipolla caramellata.
Non so come uscire da questa situazione.
Inizia a baciarmi il collo.
- Smettila! Ti ho detto che non ho voglia!
Gli tiro una ginocchiata nelle palle e inizio a correre: non mi viene in mente una soluzione migliore.
- Stronza.
Sento appena il suo sussurro mentre affretto il passo verso la strada.
Ci mette un attimo per riprendersi, poi mi insegue.
Inizio a correre. Supero la carreggiata e finisco in un altro parcheggio. Cerco una via di fuga in questo bosco di macchine.
Mi raggiunge e mi prende il fianco. Sento il mio corpo bloccarsi e ancorarsi al terreno. Mi gira e inizia a baciarmi. Aiuto! Penso dentro di me, ma dalla mia bocca non escono parole. Mi spinge contro una vettura e mi abbassa i pantaloni e gli slip, poi si slaccia la cintura.
Ogni volta che la sua mano mi sfiora, i miei muscoli si irrigidiscono. Prego che qualcuno mi salvi.
Le lacrime mi rigano le guance quando sento un muro di corteccia salirmi intorno al corpo.
Le mie braccia sono rami, i miei capelli sono fronde.
Carlo entra dentro di me.
Non ho più fiato.
Le mie gambe sono radici che scavano nella profondità del terreno, rompendo l’asfalto, fino al nucleo della Terra.
Presto finirà, continuo a pensare. Finirà presto.
Immagino l’acqua che mi avvolge e mi abbandono a me stessa.
Sento il mio sangue trasformarsi in linfa.
La metamorfosi è completa.
Non sono più io. Sono altro.
Sono salva.
La soddisfazione che provo dopo l’ultima vasca è impagabile.
Affretto il passo, mentre percorro il tragitto che mi separa dallo spogliatoio ho sempre freddo.
Non vedo l’ora di farmi una doccia calda.
Mi infilo l’accappatoio.
- Insomma, sei qui tutte le sere.
Un ragazzo biondo che ho già visto altre volte mi regala un sorriso storto.
- Esatto, ma anche tu non te ne perdi molte.
Ricambio il sorriso.
- Già, prima andavo in palestra, ma ultimamente mi annoia. Comunque piacere, Carlo.
Protende la mano verso di me. È grande, con le vene sporgenti.
-Laura.
Gliela stringo.
È bello come un dio greco e mi lusingano le sue attenzioni.
-Allora, Laura, hai già impegni per cena?
Riconosco la sicurezza di chi non è abituato ad andare in bianco.
- A dire il vero no, lo devo prendere come un invito?
Chiudo l’accappatoio stringendo forte la cintura.
-Certo! Conosco un pub qui vicino dove fanno degli hamburger spaziali. Ma prima facciamoci una doccia calda, non vorrei mai morissi assiderata!
Una risata rumorosa gli disegna due fossette profonde sulle guance. Lo trovo sexy.
-Hai ragione! Ci vediamo all’ingresso tra una ventina di minuti?
Gli propongo mentre mi scuoto i capelli. Nemmeno io sono abituata ad andare in bianco.
-Andata!
Ci incamminiamo verso gli spogliatoi: la serata si prospetta interessante.
- Due birre medie e poi, per me un Mirco e per lei un Pablito, grazie.
La cameriera scrive l’ordine sul palmare.
- Arrivano subito!
Risponde squadrando Carlo.
- Quindi, da quanto tempo frequenti la piscina? Nuoti bene, sembri nata nell’acqua.
- Allora passi davvero il tempo a guardarmi, il mio non è più solo un sospetto.
Mi mordo le labbra.
- Penso che l’acqua sia il mio elemento: non c’è altro posto in cui mi senta così bene, così me stessa, ma è un discorso sciocco.
Proseguo abbassando lo sguardo.
- Per niente, lo capisco!
Mi rassicura guardandomi negli occhi. Sento un brivido.
- Ecco le vostre medie. Il Pablito per chi è?
La cameriera appoggia maldestra i boccali sul tavolo.
- Mio!
Rispondo mentre sposto il cellulare per fare spazio al piatto.
- Adoro i panini che hanno nomi umani, è una cosa senza senso, ma mi fa impazzire.
Carlo parla mentre mastica.
- Quindi, cosa fai nella vita, a parte nuotare e conquistare gli altri nuotatori, intendo.
Continua ingollando un sorso di birra.
- Lavoro alla CGIL, ufficio vertenze.
Distolgo lo sguardo.
- Tu?
- Lavoro in uno studio legale. Ha l’onore di frequentare un principe del foro, signorina.
Ha un tono più compiaciuto che ironico. Noto che lui e la cameriera si lanciano degli sguardi ambigui e mi sento infastidita.
Fingo indifferenza e addento il mio panino.
- Ma sei un disastro, guarda qui dove ti è finito il ketchup!
Me lo dice con il tono di un padre un po’ scocciato con la figlia pasticciona. Si sporge verso di me e mi pulisce la salsa all’angolo della bocca con il tovagliolo.
Mi sento in imbarazzo.
La serata non è andata proprio come mi sarei aspettata. Carlo è pieno di sè e inizio a sentirmi stanca. Ho voglia di tornarmene a casa.
- Grazie per la bella serata, ci si vede in piscina, allora.
Trattengo uno sbadiglio mentre cerco le chiavi dell’auto in borsa.
- Ma dai, non andartene sul più bello.
Si avvicina e mi afferra il braccio.
Mi libero dalla presa.
- Grazie davvero, ma ho molto sonno… magari la prossima volta.
Rispondo trovando finalmente le chiavi.
- Eddai, non fare la difficile… almeno un bacio.
Mi afferra i polsi e spinge il suo corpo contro il mio. Prova a baciarmi.
- Senti, non mi va!
Cerco di divincolarmi, ma è pesante e fatico a spostarlo.
- Lo so che ti piaccio, non avresti mai accettato altrimenti. Si vede che sai quello che vuoi.
Puzza di birra e cipolla caramellata.
Non so come uscire da questa situazione.
Inizia a baciarmi il collo.
- Smettila! Ti ho detto che non ho voglia!
Gli tiro una ginocchiata nelle palle e inizio a correre: non mi viene in mente una soluzione migliore.
- Stronza.
Sento appena il suo sussurro mentre affretto il passo verso la strada.
Ci mette un attimo per riprendersi, poi mi insegue.
Inizio a correre. Supero la carreggiata e finisco in un altro parcheggio. Cerco una via di fuga in questo bosco di macchine.
Mi raggiunge e mi prende il fianco. Sento il mio corpo bloccarsi e ancorarsi al terreno. Mi gira e inizia a baciarmi. Aiuto! Penso dentro di me, ma dalla mia bocca non escono parole. Mi spinge contro una vettura e mi abbassa i pantaloni e gli slip, poi si slaccia la cintura.
Ogni volta che la sua mano mi sfiora, i miei muscoli si irrigidiscono. Prego che qualcuno mi salvi.
Le lacrime mi rigano le guance quando sento un muro di corteccia salirmi intorno al corpo.
Le mie braccia sono rami, i miei capelli sono fronde.
Carlo entra dentro di me.
Non ho più fiato.
Le mie gambe sono radici che scavano nella profondità del terreno, rompendo l’asfalto, fino al nucleo della Terra.
Presto finirà, continuo a pensare. Finirà presto.
Immagino l’acqua che mi avvolge e mi abbandono a me stessa.
Sento il mio sangue trasformarsi in linfa.
La metamorfosi è completa.
Non sono più io. Sono altro.
Sono salva.