LA FINALE DELLA CIF EDITION: La classifica di Damiano Lotto

Appuntamento fissato per le 21.00 di lunedì 20 dicembre 2021 con un tema del Collettivo Italiano di Fantascienza!
Gli autori che vorranno partecipare dovranno scrivere un racconto di max 3000 caratteri entro l'una.
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LA FINALE DELLA CIF EDITION: La classifica di Damiano Lotto

Messaggio#1 » domenica 9 gennaio 2022, 16:03

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DAMIANO LOTTO
Damiano Lotto (classe 1978), laureato in Lettere e dottorato in Archeologia, ha lavorato sia nell’ambito dei GIS applicati agli scavi archeologici che nel campo delle app e della didattica museale. Attualmente lavora in Posta. Ha pubblicato per Maremmi Editore nel 2009 Tomotomopoppin, qualche libro online (La strana compagna di classe, Il giusto ordine delle cose), alcuni racconti sulle antologie di Paolo Secondini.
Nel 2017 è stato finalista al premio Urania: proprio da lì è iniziata l’avventura che avrebbe portato al Collettivo e alle antologie Atterraggio in Italia e 2050 – Quel Che Resta di Noi.

COMMENTI
(i voti di Lotto vanno da 1 a 5)

Gli ultimi saranno i primi
Voto: 5
Racconto molto bello, che va diritto al dunque. I dialoghi sono secchi e veicolano bene sia il senso di disperazione/oppressione che la informazioni necessarie per capire che cosa stia succedendo. Hai evitato in maniera perfetta i classici infodump! Potevi fare “trentuno” se avessi evitato anche la frase “la bomba era esplosa solo da ventiquattro ore”; è chiaro che si collega al pensiero di Michele che si dice “sono ancora sconvolti, per forza! La bomba è appena esplosa” ma forse si poteva rendere meglio. Anche perché invece i soldati, non sono scossi?
La similitudine con la “discoteca silenziosa” non mi piace molto. Non è una questione di suoni, ma di luci e di ombre. La discoteca silenziosa evoca una situazione tutto sommato blanda, non disperata, e di solitudine o abbandono, che non è, perché mi dici che la sala era occupata da molte persone.
C’è un’altra cosa che non ho capito: Michele è un militare come Lorena? Immagino di sì, ma quando dici “dove una mezza dozzina di soldati ecc” visto che il POV è quello di Michele, sembra che lui li veda come una “cosa” del tutto staccata da lui. Quindi chi è lui? Gli altri non ne sanno nulla di radiazioni? Lorena, se è un soldato, come mai non ha la benché minima idea di come funziona un fallout atomico? [Su Lorena: toglierei anche la nota “unta di olio” perché non mi dice molto; quale olio? Ha lavorato in una situazione drammatica? Ma perché l’olio?].

Storia di una principessa che non voleva sposarsi
Voto: 2
Il testo non è male, a parte una frase un po' contorta quando vede l’ometto; immagino tu intenda dire che è piegato, curvo, ma non credo serva aggiungere “come se ci fosse una pietra ecc”, già la parola “schiacciato” è molto sapida, e men che meno aggiungere “ma la pietra non c’è”. Interessante l’uso del dialetto per il “villico”.
Tuttavia in questo racconto non succedono molte cose. Fa molto meta testo il fatto che per capire il contesto sia fondamentale leggere il titolo, però non so se mi convince. Molto spesso il titolo si capisce con le battute finali illumina il racconto di una luce nuova, ma qui serve averlo ben presente prima. Non so nemmeno se fosse necessario quel proclama iniziale, che sembra un lettera d’addio (presumo che lo sia). In un racconto così breve fai concentrare l’attenzione del lettore prima su di un pezzo in stile lettera, poi su di un pezzo di tipo narrativo: gli fai fare la fatica due volte di entrare nella tua storia, che è così breve!
Non dici perché non vuole sposarsi: perché sa cosa è successo alla mamma, che dopo sposata ha subito brutte vicende? Perché si sente sporca di essere adulta? Non vuole essere toccata dagli uomini? Lo sposo è un mostro, o non lo conosce affatto?
In poche parole non si capisce bene, secondo me, la motivazione profonda della sua volontà di suicidio, che peraltro svanisce subito facendosi bloccare da un uomo che è pure probabilmente invalido (che poi se sono gli “uomini” in quanto tali il problema, il fatto che sia proprio un uomo che le impedisce di morire e quindi dovrà continuare a soffrire, non dovrebbe farla precipitare in uno stato ben più disperato? Invece rimangono a fissarsi come statue fino al tramonto. Lei dice “questo pezzente”, ma è un po' poco come segno della sua rabbia. Il vecchio non ha niente da fare? [E le guardie o chicchessia a palazzo, non si preoccupano di dove sia finita la principessa?].
Soprattutto il vecchio mi pare privo di carattere, di spinta narrativa: le toglie il pugnale, farfuglia frasi sulla bellezza, è nel giardino reale per motivi ignoti e non sa che lei è la principessa del paese, parla per frasi fatte su “domani è domani”, sembra un deus ex machina buttato là con l’unica funzione di non farla morire. Il dialogo poi tra i due non solo non porta avanti l’azione (che, ripeto, non c’è di fatto), ma non aggiunge nemmeno informazioni sul contesto delle vicende, risultando quindi inutile ai fini narrativi (infatti tutto quello che sta succedendo lo dici tra il titolo e il primo paragrafo, con quello che potremmo definire un info dump colossale).

Pastorale
Voto: 3
Vado per frasi: il corpo non credo possa essere “paffuto”, sono le guance, le mani, a esserlo, il corpo può essere rotondetto o qualcosa del genere. Anche la mucca che agita la campanella brucando: brucare di per sé è un’azione che le mucche fanno pascolando tranquillamente, mi stona parecchio con la visione a cui l’accosti, ovvero un bambino che rotea una campanella felice e contento, con una fetta di torta in mano. L’immagine degli uomini in nero che corrono qua e là (ma: a che distanza sono? Sono neri perché sono piccoli e indistinguibili? Sono neri perché sono dei becchini?) è poco coerente: un serpente che scappa dalla faina non “va su e giù” scappa in una unica direzione, più veloce che può, ammesso che una faina abbia voglia di correre dietro a un serpente, ovviamente. Non era meglio usare come similitudine le galline in un pollaio che cercano di fuggire sbattendo qua e là nel recinto?
Questo per commentare solo l’inizio: noto che in seguito cerchi di fornire al lettore delle immagini molto nitide e prese dal vissuto quotidiano, il che è lodevole, ma sono troppo dettagliate. Mentre le dettagli (attenzione! I dettagli vanno bene, ma non nelle similitudini! Se stai mostrando una scena che succede sul tuo piccolo palco del racconto è ok, ma nelle similitudini no, o almeno, non così!) ti perdi pure, come nel caso di Pietro e la sua osteria: i tavoli saranno senz’altro appiccicosi di vino e altro, ma cosa centra con la maglietta? Davvero la prima cosa che pensa una persona quando si sente sudata è di paragonarsi a un tavolo di una osteria?
Poi torni agli uomini che smaniano: se davvero al personaggio non interessa, perché me li mostri due volte? Com’è strutturata questa scena? (La protagonista è in cima a un pascolo, vede giù la gente a Longarone; ho ben presente la conformazione della zona, visto che sono di Belluno, ma la scena non è chiara per me, figurati per qualcuno che abita a Milano!).
“Si è infine arresa per qualche istante alla fatica” è una frase che suona male (anche perché sta ronfando di gusto, non è “per qualche istante”).
Sul serio qualcuno può inebriarsi di “odore di sudore e di gioventù?”
“Lisa mi scuote la spalla, svegliati dormiglione, che è ora di radunare le pecore e tornare alla stalla” trasformalo in un dialogo.
Infine: solo alla terza lettura ho capito finalmente che parlavi del disastro del Vajont. E’ possibilissimo che io non sia molto sveglio, ma è anche possibile che non sia proprio chiarissimo. Visto che il fulcro del racconto è questa, diciamo, “rivelazione”, rendila un po' più chiara. Ti sorprenderà sapere che la maggior parte dei lettori sono lettori pigri e se non gli dici anche le cose ovvie non capiscono.

Con una calma esasperante
Voto: 4
Che fa, si sta arrendendo? Non posso crederci. È da quando mi ha salvato la vita che credo in lui, nella sua forza d’animo. Gli afferro quello che resta della camicia. «Tu mi hai insegnato a lottare!» secondo me basta che al personaggio tu faccia dire, prendendolo per la camicia: “Tu mi hai insegnato ecc!”; risparmi un mucchio di caratteri e sei molto più incisivo che non con quel lungo giro di parole.
Anche subito dopo: basta che risponda “avevo una vita, una moglie”, non occorre che ci dica che le bastonate sono arrivate a tutta birra. Se anche nel resto del testo, che comunque è buono, tu fosse più deciso e serrato, potresti dare ancora di più quel senso di “incombente minaccia” che rappresentano i mantelli neri.
Ho qualche riserva sul fatto dell’avanzare con calma esasperante; è bella l’immagine, ma l’avverbio non mi piace molto. Potresti trovare un modo di descrivere, mostrare, questa calma che esaspera nel loro incedere direttamente con gli occhi, parole, azioni dei protagonisti, invece di condensarlo (e “buttarlo via”, diciamo) con un singolo avverbio.

Il regalo del sole
Voto: 4
Ho alcune domande. Come fa un ragazzino ad avere la forza di vincere il sistema di bloccaggio della porta, che è rimasta chiusa per anni?
Cosa intendi con la frase “ A ogni nuovo centimetro che la porta percorreva verso l’interno”? Credo di aver capito il senso, ma come immagine è quantomeno bizzarra; forse sarebbe più incisivo un semplice “a ogni centimetro sempre più luce si faceva strada”.
“I piedi abbandonarono il cemento della cripta per poggiarsi sulla pietra” anche questa frase può essere sistemata.
Forse potresti insistere un po' di più sul passaggio tra la vita in ombra dei ragazzini e quel mondo di luce che, presumo, non hanno mai visto. Far capire che quella luce è aliena, e può fare persino male! Se non ho capito male, infatti, la mano di Sid è ustionata a causa della luce del sole “cambiato”. Si è ustionato uscendo al sole in un momento precedente, magari per trovare quel cubo giocattolo, o proprio in quel momento, mettendo il gioco sotto al sole? Sono vampiri? Cerca di essere più chiaro e definisci meglio il colpo di coda finale del racconto!

Fabricatus
Voto: 4
Sei molto preciso nello squadrare le scene e le immagini. Le frasi sono dirette e concise. Forse hai preso un po' di lato il tema della gara (la luce rossa del neon operatorio dovrebbe essere il sole morente, immagino). Il protagonista è morente, come essere umano, esattamente come un sole al crepuscolo. Quindi c’è ancora qualche guizzo di luce (le lacrime), ma siamo agli sgoccioli…
Per rendere di più l’immagine avrei forse usato, invece che un neon (che di solito sono rettangolari, ma presumo ce ne siano anche di rotondi, solo che non lo specifichi), uno di quei lampadari da sala operatoria, che forse sarebbe più contingente con la scena.

Umanità
Voto: 5
Farei solo qualche piccola modifica, dei piccoli nei per i quali nessuna giuria ti condannerebbe mai. Per esempio, quando dici “sul polso compare l’ora in rosso”, in rosso è del tutto superfluo. E’ una notazione visiva che da un dettaglio in più sensoriale, che ci sta, ma se anche tu non la scrivessi l’immagine entrerebbe nella testa del lettore comunque, forse con più forza, vista la brevità (acquisita) della frase. Ne guadagni in caratteri anche! Per il resto il soggetto è buono, la prosa scorrevole.

Crepuscolo
Voto: 4
“Ho orrore dei tramonti di sole”; a meno che non abbia orrore anche dei tramonti di luna, direi che è del tutto ridondante specificare che sono “di sole”. Il racconto fila liscio, forse cerca di evitare la tendenza ai dialoghi “telefonati”, come qui:
“David mi ha chiesto se sto facendo la cosa giusta.”
“Chi?”
“David, il mio parrucchiere.”

che in pratica sarebbe l’effetto “botta e risposta”, che non porta avanti né l’azione né il carattere dei personaggi e non piace neanche molto agli editor.

Indifesi
Voto: 3
“...mi volto per sorridergli, ma le sue antenne verdi sono così giù da sfiorargli il collo” serve l’avversativa, il “ma”? Il fatto di voltarsi a sorridere non è negato o avversato dal fatto che lui sia così depresso da avere le antenne cascanti. A livello di testo rilevo solo queste piccole imprecisioni: a livello di trama ho qualche perplessità in più. Gli alieni non comprendono affatto il comportamento dei giganti-pilotati da umani e ci sta, ma alla fine non lo comprende neanche il lettore. Almeno io non ci sono arrivato. C’è un qualche motivo logico per cui i “robot” e il loro pilota diventa un assassino alla luce (dei due soli?), ma poi, al buio, diventa persino inoffensivo, con la “pancia” che si può rompere con un banale sasso?
Perché il fratellino pensa sia una buona idea spingere l’altro giù da un dirupo? Potevano saltare entrambi se era “sicuro”. Tanto più che pare che si siano così tanti appigli (visto che il protagonista ne trova uno immediatamente e non cade) che sarebbe più comodo scendere, piuttosto che buttarsi o fermarsi a farsi impallinare.

Fine dell’infanzia
Voto: 4
La prosa è veloce; sono gusti miei, ma trovo un po' strana la similitudine degli occhi neri che schizzano come mosche. Qualcosa di più puntuale e “sensuale”, piuttosto che le mosche (che poi è una similitudine molto usata, non dico “banale”, ma quasi). Molto forte l’accostamento tra Hiroshima e la perdita dell’infanzia. L’ultimo sole in tutti i sensi!

Fino alla fine del tempo
Voto: 5
Molto bello, affronti un tema delicato con poche parole, senza melassa e luoghi comuni. L’accostamento della fine dell’orario di visita al sole che tramonta e che non chiude solo un incontro e un altro giorno, ma tutta una vita, perché dal giorno dopo bisogna ricominciare da capo, è molto forte.

Stalker
Voto: 5
Intuizione che oso definire originale, sviluppata in modo interessante. La voce narrante è piena della brutale animosità (o voglia di conoscere? Possiamo chiamarla “amore”?) della “scimmia che si dondola sui rami”. Gli angeli sono molti schivi, come delle dive che non vogliono entrare in contatto con questi “fans” un po' troppo maneschi. Mi piace!

LA CLASSIFICA DI DAMIANO LOTTO

1. Fino alla fine del tempo
2. Stalker
3. Umanità
4. Gli ultimi saranno i primi
5. Crepuscolo
6. Con calma Esasperante
7. Fine dell’infanzia
8. Fabricatus
9. Il regalo del Sole
10. Indifesi
11. Pastorale
12. Storia di una principessa che non si voleva sposare



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