Peccato, potevo farcela

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lordmax
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Peccato, potevo farcela

Messaggio#1 » giovedì 5 novembre 2015, 23:13

Peccato, potevo farcela
di Max LordMax Enrico

«Capitano, siamo a un’ora dal punto di arrivo.»
«Bene diamo inizio alle danze. Attivi i sensori. Tattica alzate gli scudi, non voglio sorprese all’ultimo istante. Sicurezza voglio una squadra pronta su ogni piano e una squadra in armatura per combattimenti EVA. XO faccia preparare la squadra scientifica e una squadra della sicurezza di scorta, voglio due navette e una squadriglia di appoggio.»
L’uomo in uniforme si siede sulla sua poltrona, al centro della plancia e osserva il fermento che i suoi ordini hanno generato, da ogni luogo della nave arrivano rapporti di attività al display al suo fianco.

La nave si avvicina al pianeta verde, terzo di un sistema solare di otto.
Un pianeta con acqua e terre emerse, una fitta vegetazione e montagne innevate, un paradiso visto da quella distanza.

«Astronavigazione, qui è il Capitano, avete le coordinate del segnale?»
«Sissignore, lo abbiamo triangolato, 7 sonde a lunga distanza stanno monitorando il pianeta.»
«Bene, Capitano chiudo.»
«XO è il momento di lanciare la squadra, lei coordinerà la squadra a terra io la squadra EVA. Faccia rapporto appena arrivato.»
«Aye aye sir, a presto e con buone notizie.»

Aria fresca, erba verde, cinguettii e rumori vari, quanti anni erano che non scendeva su un pianeta?
Resistere alla tentazione di accarezzare l’erba, di prendere una manciata di terra e annusarla, di incidere il nome sulla corteggia degli alberi è difficile quanto tenere a bada i ricordi della fanciullezza, quei pochi anni di felicità.

«Squadra in posizione signore. Possiamo avanzare.»
«Bene, occhi aperti e cautela.»
La formazione militare supera lentamente una piccola collina e si trova davanti ad una radura, una casa al centro, un orto su un lato, un’aia con animali da cortile e quello che sembra un mezzo di trasporto sul lato opposto.
Una porta di legno e due finestre ai lati. Nessun segno di movimento a parte il razzolare degli animali liberi.

La squadra si avvicina allargandosi a circondare la costruzione.
«Comandante, nessuna fonte di energia attiva, non rilevo campi di forza, una sola forma di vita umana all’interno. Non rilevo armi a energia, sembra non si via tecnologia avanzata di alcun genere.»
«Armi pronte ma non fate fuoco senza un mio ordine.»
Pochi istanti e la casa è circondata, il comandante davanti alla porta con altri due uomini.

«Prego entrate, la porta è aperta, non ho armi e non ho intenzioni bellicose.»

Tutti gli uomini si irrigidiscono, tutti tranne il comandante che rimette a posto la sua arma e entra.
«E’ permesso?»
«Prego comandante, sono anni che vi aspetto, tanti anni, ormai sono vecchio, morirò fra poco, peccato, potevo farcela, potevo fregarvi.»
«Capitano Deneva, in nome dell’unita intergalattica la dichiaro in arresto per crimini di guerra e massacro planetario. Venga con noi senza opporre resistenza per favore.»

«Capitano qui squadra di sbarco. Confermo che abbiamo individuato e arrestato il ricercato. Il Capitano Deneva è in nostra custodia. L’ultimo degli assassini è stato catturato.»



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Angela
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Re: Peccato, potevo farcela

Messaggio#2 » venerdì 6 novembre 2015, 21:58

Quando ho iniziato a leggere il racconto, mi sembrava di assistere a una puntata di Star Treck con Kirk sulla placia di comando. Ti faccio i miei complimenti perché una buona metà del tuo testo è perfetto, da manuale. Poi però, iniziano i problemi. A parte quelli sulla forma che ti ho evidenziato, il finale perde potenza. Un racconto che era una bomba si affloscia proprio dove invece dovrebbe fare faville. Hai del potenziale ma devi sfruttarlo mantenendo costante il ritmo. Ti segnalo gli appunti sperando di esserti utile.

Aria fresca, erba verde, cinguettii e rumori vari,
L’incipit è fantastico, perché mi scadi scrivendo “rumori vari” che suona come “varie ed eventuali”?

su un lato/ sul lato opposto/ e due finestre ai lati.
Ripetizione

La squadra si avvicina allargandosi a circondare la costruzione/ Pochi istanti e la casa è circondata,
Lo avevi scritto prima che la stavano circondando, perché lo ribadisci qualche frase più avanti?

«Prego entrate, la porta è aperta, non ho armi e non ho intenzioni bellicose.»
… il comandante che rimette a posto la sua arma e entra.
«E’ permesso?»

Fino a qui il comandante è sembrata una persona autorevole, qui, dopo che il tizio lo invita a entrare sembra ancora dubbioso e chiede permesso come un comune mortale.
Uno scrittore è un mondo intrappolato in una persona (Victor Hugo)

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Andrea Partiti
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Re: Peccato, potevo farcela

Messaggio#3 » domenica 8 novembre 2015, 20:14

Lo stile con cui scrivi mi piace, mi richiama quei racconti d'epoca di una fantascienza ingenua e semplice (e non lo dico in maniera spregiativa), in cui qualche prefisso futureggiante ai termini nautici bastava a creare nella mente del lettore tutta una struttura complessa e futuristica.
Purtroppo il motore dell'azione non mi sembra all'altezza, mi sento distaccato, non sappiamo nulla della ricerca, del perché siano su quel pianeta, di come abbiano individuato il loro ricercato (le sonde a lunga distanza vanno bene, ma come trovano il singolo individuo che vive a bassa tecnologia in mezzo al nulla?)
Serve almeno un movente molto forte da parte del capitano, qualcosa di personale che lo spinga nella sua ricerca e che lo porti a una qualche chiusura o cambiamento nell'arco del racconto.
Serve anche una revisione rapida per typo ed errori vari che ti sono sfuggiti, "corteggia degli alberi", "sembra non si via tecnologia", della punteggiatura qua e là che penso sia andata fuori posto mentre scrivevi il racconto, riarrangiavi frasi, il solito lavoro di pialla che facciamo ogni volta.
Sono d'accordo che il cambio di tono drastico, dall'incursione armata al chiedere permesso prima di entrare, sia fuori luogo. Sembra che i dialoghi oscillino troppo tra la familiarità tra i soldati (aye aye) e un dialogo più rigoroso, militare. Non mi immagino una struttura gerarchica in cui possano convivere i due stili.

Una nota che spero mi perdonerai sull'uso di Capitano e Comandante, è un dettaglio che penso fosse difficile da azzeccare senza essersi già documentati per puro caso in precedenza!
Nel lessico italiano, "comandante" è l'appellativo con cui un militare si rivolge ai superiori con il grado di capitano (o di tenente di vascello se comanda una nave o una base). Non esiste il grado di comandante.
Nel lessico americano sono due gradi distinti, con il Capitano superiore in grado al Comandante. In questo caso i sottoposti si riferiscono al comandante con l'appellativo "capitano" durante le missioni, mentre i suoi pari o superiori in grado lo chiamano "comandante".
Quindi nel racconto, in cui hai un Capitano in aria e un Comandante a terra, devi scegliere quale modello usare, facendo usare l'appellativo giusto per riferirsi al tuo ufficiale che comanda la missione a terra. Intuisco che hai in mente il modello americano, quindi i suoi soldati dovrebbero usare "capitano" nei dialoghi tipo "Comandante, nessuna fonte di energia". È una cosa nevrotica e confusa dovuta alle troppe tradizioni militari che si sono stratificate nei secoli e al fatto che "captain" non aveva una traduzione non ambigua in italiano.

Veronica Cani
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Re: Peccato, potevo farcela

Messaggio#4 » domenica 8 novembre 2015, 20:49

Ciao, Massimiliano :)
Il tuo racconto è narrato in maniera molto coinvolgente, soprattutto nella prima parte, in cui descrivi i preparativi per la spedizione. Il finale mi ha lasciata un po’ con l’amaro in bocca perché avrei voluto sapere qualcosa in più sul Capitano Deneva, chi fosse e quali crimini avesse commesso. In molti punti hai omesso delle virgole e questo rende un po’ faticosa la lettura. Nel complesso un racconto gradevole :)

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AmbraStancampiano
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Re: Peccato, potevo farcela

Messaggio#5 » martedì 10 novembre 2015, 1:31

Ciao Max,
hai scritto un racconto molto coinvolgente e dettagliato, quasi cinematografico, soprattutto nella prima parte; l'atmosfera così ben costruita però si perde un po' dal momento in cui il Capitano Deneva entra in scena. Un po' ci colpa l'aspettativa da lettore, che dopo tutto quel "casino militare" (perdonami, sarà l'orario ma non riesco a trovare un termine adeguato) si aspetta un minimo di resistenza, o un accenno a chi stiano cercando i protagonisti; anche la battuta finale perde d'incisività, perché Deneva è un po' troppo gentile e un po' troppo rassegnato.
Il contrasto tra i crimini che vengono enunciati all'atto del suo arresto e il suo atteggiamento spiazza sì il lettore, ma secondo me non arriva come dovrebbe. Forse un minimo di accenno a chi i soldati stanno cercando, a cosa ha fatto, o anche solo un minimo di caratterizzazione di Deneva all'inizio aiuterebbero parecchio il testo, che non vivrebbe del disagio di un distacco così netto.
Per il resto ti faccio davvero i miei complimenti per i dettagli e la perfezione con cui riesci a descrivere l'operazione militare :)
alla prossima!
Qui giace il mio cervello, che poteva fare tanto e ha deciso di fare lo stronzo.

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ceranu
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Re: Peccato, potevo farcela

Messaggio#6 » martedì 10 novembre 2015, 11:37

Ciao Max, è sempre un piacere vederti in Arena ;)
La prima parte del racconto è avvincente e ben scritta, anche se io, da non esperto di fantascienza, fatico a capire cosa siano gli EVA. Suppongo non sia il femminile di EVO (olio extravergine d'oliva), ma mi fermo lì. Il finale invece sembra “svogliato”, un modo per chiudere il racconto. Ti dirò: il mega cattivo abbandonato in quella casetta mi ha ricordato i grandi capomafia trovati confinati nelle baracche.
Nel complesso è racconto scritto bene, ma che rimane un po' anonimo.
Ciao

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maria rosaria
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Re: Peccato, potevo farcela

Messaggio#7 » mercoledì 11 novembre 2015, 15:22

Ciao Max.
L'idea alla base del racconto mi piace, però... Però c'è, a mio avviso, un problema con il finale. Mi sarei aspettata qualcosa di diverso, di più avvincente, di più coinvolgente. Sebbene l'ultimo dei criminali sia un'ottima scelta di declinare il tema assegnato, mi sarebbe piaciuto, dopo una accurata descrizione del suo ritrovamento e avvicinamento, saperne un po' di più di questo criminale. I tremila caratteri sono, però, un duro ostacolo e di questo mi rendo conto.
Attenzione all'uso della punteggiatura.
Alla prossima.
Maria Rosaria

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beppe.roncari
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Re: Peccato, potevo farcela

Messaggio#8 » mercoledì 11 novembre 2015, 22:29

Ciao Max!
Finalmente torni a scrivere su MC, eh? Bene bene…
Sono colpito e perplesso: anche l'altro racconto era una scena da "gioco di ruolo", ambientazione ineccepibile, passaggi logici, ritmo, preparazione, etc. Sembra proprio una campagna condotta da un grande master, ma non si addice al genere racconto breve, temo.
In questo contest(o) (scusa il bisticcio) sembra un "resoconto" più che un "racconto". La differenza è sottile, ma sostanziale.
Tema rispettatissimo, ho pensato agli ultimi gerarchi nazisti fuggiti, loro in Sud America, il tuo Capitano Deneva su un altro pianeta.
Una prova "media". Alla prossima!

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angelo.frascella
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Re: Peccato, potevo farcela

Messaggio#9 » mercoledì 11 novembre 2015, 22:56

Ciao Max.

Buon racconto che, pur non essendo particolarmente originale (prende molto da Star Trek, come atmosfere) si legge con piacere. A differenza
di altri, non sento il bisogno di avere altre informazioni sul criminale in fuga: mi sembra che siamo dalle parti della caccia ai criminali nazisti, che a volte sembravano diventati innocui vecchietti ma avevano sulla coscienza crimini davvero vergognosi e questa sensazione arriva molto bene dal finale. L'unico dubbio: all'inizio fai capire che il criminale si è rifugiato sulla Terra, ma poi non è chiaro se si tratta di una Terra precedente alla nascita dell'uomo, presente o abbandonata in un futuro lontano. Quindi un dettaglio apparentemente importante, rimane ininfluente nella storia. Per dirla alla Cechov, se fai vedere una pistola, questa prima o poi deve sparare. Sarebbe meglio, dal mio punto di vista, evitare quel dettaglio, perciò. A parte questa piccola cosa, il racconto per me è promosso.
PS Il titolo è migliorabile

A rileggerci

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raffaele.marra
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Re: Peccato, potevo farcela

Messaggio#10 » giovedì 12 novembre 2015, 0:15

Ottimo lo stile, decisamente avvincente, appropriato alle scene descritte. Sembra quasi di vedere l’azione, non ci si perde in inutili dettagli, è tutto molto dinamico e credibile. La storia, in sé, desta qualche perplessità. Insomma, non c’è una conclusine soddisfacente, a mio parere. Insomma, forse sarebbe risultato più completo con qualche spiegazione in più (qui forse i dettagli avrebbero giovato) sull’arrestato. Inoltre, il concetto di “ultimo” mi sembra un po’ aggiunto a forza, insomma “posticcio” per intenderci.

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Peter7413
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Re: Peccato, potevo farcela

Messaggio#11 » giovedì 12 novembre 2015, 17:44

Ciao Max!
Dunque, mi è venuto da pensare che il ricercato si sia sbarazzato della popolazione dell'intero pianeta per potersene stare tranquillo. Oppure... che sia l'ultimo degli assassini e che quindi coloro che lo catturano siano i crociati o come si chiamano gli oppositori di quell'ordine... Detto questo, manca qualcosa per chiudere il cerchio. Resta un buon esercizio di stile, una sorta di "bentornati a casa" per gli appassionati di Star Trek, ma mancano informazioni per cesellare il tutto in un prodotto a se stante.

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erika.adale
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Re: Peccato, potevo farcela

Messaggio#12 » giovedì 12 novembre 2015, 20:32

A parte qualche refuso e la punteggiatura che potrebbe essere interpretata in altro modo, l'incipit del racconto avvince. Sembra la Terra, il pianeta preso in considerazione e il contesto incuriosisce. La tensione cresce, ci si aspetta un finale rivelatore ma al termine sono rimasta perplessa. Perché quest'uomo è ricercato? Cos'ha fatto? Come mai gli si rivolgono con un'inattesa cortesia? Mi sembra un brano tratto da un racconto più ampio; peccato non avere più elementi per intuirne la trama.

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lordmax
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Re: Peccato, potevo farcela

Messaggio#13 » venerdì 13 novembre 2015, 21:40

Grazie a tutti per i commenti, davvero.

Purtroppo avete ragione.
Ho scritto rapidamente e questo mi ha fatto fare troppi errori, non molto corretto da parte mia.

Sul resto ha ragione Maurizio che per primo a colto il concetto dei gerarchi nazisti da lì il titolo, pochi anni e avrebbe vinto lui
La stesura originale era di quasi 4000 caratteri e il dover tagliare il 25% del testo mi ha fatto perdere alcuni elementi importanti che hanno reso il finale pessimo, mi spiace.
Ovviamente si trattava di fantascienza classica, i termini “tecnici” sono tipici e fanno parte del genere, in un racconto così breve non si può spiegare che il termine EVA è la sigla dell’ente spaziale per le operazioni nello spazio (usato realmente oggi) o simili.
Allo stesso modo i gradi militari sono semplici e lineari proprio per non creare confusione, il dettaglio relativo a quale schieramento terrestre usi quali gradi in una storia di fantascienza non è molto rilevante e troppo tecnico. Capitano è il capitano di una nave, non ci sono dubbi al riguardo, il comandante è il suo secondo in modo palese quindi chiamarlo comandante o pipino non cambia il concetto, sempre il secondo in comando resta.

L’inversione del comportamento del comandante invece è realmente un punto debolissimo che non sono riuscito a rendere.
Spero di fare meglio la prossima volta.

Sono molto contento che più d’uno abbia comunque colto il concetto alla base, l’ultimo dei grandi criminali (gerarchi) che per poco riesce a vincere la sua gara contro i cacciatori.

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