NON C'E' NIENTE DA RIDERE - di M.R. Del Ciello

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maria rosaria
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NON C'E' NIENTE DA RIDERE - di M.R. Del Ciello

Messaggio#1 » giovedì 5 novembre 2015, 23:23

NON C’È NIENTE DA RIDEREdi M.R. Del Ciello

Era in ritardo.
Fausto camminava a passo svelto sul marciapiede, arrivò all’incrocio e sotto lo sguardo giudice di una vecchietta con cagnolino attraversò in fretta, malgrado il rosso del semaforo.
Affannato giunse allo studio. Le pareti bianche della minuscola sala d’aspetto erano tappezzate da stampe anonime e bruttine. L’arredo, poche sedie e una piccola libreria, era di colore chiaro e dalle forme morbide.
Fausto pensò che chi aveva arredato quel posto si era di certo sforzato di creare un luogo sereno e invece lì si respirava solo ansia e desolazione.
Era arrivato tardi. Dovette aspettare con pazienza e vedere sfilare tutte le persone che erano lì prima di lui.
- Numero nove! – chiamò, dopo un bel po’, una voce da una sorta di radio interna.
Fausto si guardò intorno. Era l’ultimo, non c’era più nessuno.
- Eccomi! – rispose con una sorta di euforia mista a stanchezza. Era rimasto solo lui in quella triste sala d’aspetto. Percorse un breve corridoio alla fine del quale trovò, alla sua sinistra, la porta di uno studio.
Bussò, anche se la porta era aperta, e una voce di donna lo invitò ad entrare.
- Buongiorno signor Fausto – la dottoressa sorrise e allungò la mano al di sopra della scrivania per salutarlo. Fausto strinse la mano e si chiese cosa avesse da sorridere quella donna. Erano anni ormai che lei lo ascoltava, sorridendo, si limitava a fare qualche domanda, sempre le stesse, e poi lo congedava.
L’ultimo degli uomini, questo pensò di sé Fausto. Che non poteva permettersi di meglio. Se avesse avuto abbastanza denaro si sarebbe rivolto a uno specialista di grido, uno di quelli che hanno studi meno squallidi, con sale d’aspetto più accoglienti.
Gli sarebbe piaciuto, ad esempio, una di quelle in cui si possono trovare riviste da poter sfogliare. Oppure con la macchinetta che distribuisce l’acqua. Quella sì che era una cosa che gli piaceva molto.
Invece doveva accontentarsi di questa dottoressa, in questo consultorio di zona, di periferia, l’ultima delle periferie.
Doveva sopportare quel sorriso che una volta a settimana lo accoglieva e lo accompagnava qualunque cosa lui raccontasse.
C’erano cose che lui diceva di sé, molto dolorose, e avrebbe voluto dire a quella donna “non c’è niente da ridere”.
- Come andiamo, Fausto? – la domanda della donna lo distolse dai suoi pensieri.
Fausto la guardò e decise che non avrebbe sopportato oltre quei sorrisi.
Decise anche che quello sarebbe stato l’ultimo appuntamento.
Al diavolo la terapia, al diavolo l’analisi.
- Tutto bene, dottoressa! – e si allontanò sfoderando un largo, inaspettato sorriso.


Maria Rosaria

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Angela
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Re: NON C'E' NIENTE DA RIDERE - di M.R. Del Ciello

Messaggio#2 » venerdì 6 novembre 2015, 17:38

Eccomi nel tuo racconto, Maria Rosaria. Cominciamo subito con gli appunti che troverai di seguito. Ti dico in linea di massima che lo stile è buono, ma siamo qui per migliorare e non dobbiamo accontentarci. La cosa che balza agli occhi è l'uso smodato di aggettivi, le ripetizioni e poco altro. Se riesci ad aggiustare il tiro, andrai come un treno. Parto con gli appunti.

Era in ritardo.
Fausto camminava a passo svelto sul marciapiede, arrivò all’incrocio e sotto lo sguardo giudice di una vecchietta con cagnolino attraversò in fretta, malgrado il rosso del semaforo.

Ho evidenziato l’incipit perché, secondo me, la prima frase si potrebbe tagliare e far partire il tutto dal secondo periodo. Il fatto che fosse in ritardo, si evince dalla frase “attraversò in fretta”, quindi non serve.

Le pareti bianche della minuscola sala d’aspetto erano tappezzate da stampe anonime e bruttine. L’arredo, poche sedie e una piccola libreria, era di colore chiaro e dalle forme morbide.
Si dice che un autore meno aggettivi usa, più è bravo. In questa frase ce ne sono davvero troppi (bianche/minuscola, anonime/bruttine/piccola/chiaro/morbide), il mio consiglio è di sostituirli con verbi e metafore.

Era arrivato tardi.
Se non tagli la prima frase (l’incipit), è una ripetizione o comunque suona come tale (era in ritardo/era arrivato tardi).

… da una sorta di radio interna.
…rispose con una sorta di euforia

Ripetizione di “sorta”.

L’ultimo degli uomini, questo pensò di sé Fausto. Che non poteva permettersi di meglio.
Questa frase sembra quasi messa ad arte per dimostrare che sei in tema. Deve essere il lettore a dedurlo, nessuna imbeccata.

CONCLUSIONE: Dopo la filippica, passiamo alle cose positive del testo. Hai scritto un racconto umano in cui ognuno di noi si può riconoscere. Senza ricorrere ad effetti speciali, hai disegnato la normalità, la quotidianità e le problematiche che a volte ci troviamo ad affrontare, in primis la situazione economica. Il protagonista non si può permettere un medico di grido e deve accontentardi di qualcuno che fa il proprio lavoro di mala voglia e regala sorrisi vuoti che non servono a farti stare meglio.
Il finale è una sorta di riscatto, hai chiuso molto bene il testo. Nonostante la mole di appunti, il mio giudizio è positivo. A rileggerti.
Uno scrittore è un mondo intrappolato in una persona (Victor Hugo)

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AmbraStancampiano
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Re: NON C'E' NIENTE DA RIDERE - di M.R. Del Ciello

Messaggio#3 » sabato 7 novembre 2015, 19:11

Ciao Maria Rosaria,
ti confesso di non aver capito dove vuoi farci arrivare con questo racconto: il protagonista si presenta un po' in ritardo all'appuntamento con la sua terapeuta, che è economica, cordiale e gli sorride. E per questo motivo, lui decide di non andarci più.
Francamente non capisco.
Magari sapere di cosa è ammalato Fausto potrebbe aiutare i lettori a farsi un quadro più completo, ma lui non lo dice e tu attraverso la tua narrazione e i suoi gesti non ci aiuti; trovo che i racconti a sfondo psicologico siano molto interessanti se ben gestiti, ed una reazione talmente negativa ad uno stimolo positivo come un sorriso è uno spunto interessante, però manca il vero focus: la malattia.
Fausto non sembra depresso, nè ipomaniacale, nè ossessivo compulsivo, per farti un esempio: ciò che mi rimane di lui è l'immagine di un tipo un po' snob che disdegna la periferia ma contemporaneamente non può permettersi una terapeuta meno economica, e il massimo del lusso per lui sembra essere una sala d'attesa col dispenser per l'acqua (?).
E' troppo poco e non mi convince, ma rielaborato nella giusta chiave e ponendo il giusto accento sul perchè delle scelte di Fausto, potrebbe uscirne fuori un racconto davvero interessante.
Alla prossima!
Qui giace il mio cervello, che poteva fare tanto e ha deciso di fare lo stronzo.

Veronica Cani
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Re: NON C'E' NIENTE DA RIDERE - di M.R. Del Ciello

Messaggio#4 » domenica 8 novembre 2015, 21:00

Ciao, Maria Rosaria :)
Il tuo racconto risulta molto scorrevole, grazie soprattutto all’ottimo stile. Anche il tema è abbastanza centrato. Ciò che non mi ha convinta del tutto è proprio la trama del racconto. Il protagonista ha un comportamento incoerente che probabilmente trova una giustificazione nella patologia psichiatrica di cui soffre, di cui però non ci riveli la natura. E poi, perché avrebbe voluto dire alla dottoressa “non c’è niente da ridere”? In fondo la donna gli stava solo sorridendo gentilmente. A rileggerti presto! :)

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Andrea Partiti
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Re: NON C'E' NIENTE DA RIDERE - di M.R. Del Ciello

Messaggio#5 » lunedì 9 novembre 2015, 13:44

Lo stile del tuo racconto non è pulitissimo e convenzionale, sono d'accordo, ma penso si abbini bene con la storia che ci presenti. L'eccesso di dettagli, le descrizioni minuziose, creano una dimensione molto umana che immerge nell'atmosfera da sala d'attesa spoglia e senza nulla per passare il tempo. Avvicinano al protagonista e alla sua "sofferenza" annoiata.
Manca però una direzione forte, non si sente l'accumulo di tensione e distacco verso la terapista che portano alla decisione finale e liberatoria di non tornare alla seduta successiva. Costruendo di più questa aspettativa penso che il finale sarebbe stato molto più robusto.
Non è chiaro perché giudichi la terapista quasi interamente dall'aspetto del suo studio, della sala d'attesa, dei comfort e dell'arredamento. Senza una giustificazione, mi sembra una visione troppo superficiale per una persona che torni regolarmente nello studio e abbia avuto modo di valutare anche le capacità della dottoressa (come poi fa, parlando delle domande sempre uguali e del sorriso).

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ceranu
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Re: NON C'E' NIENTE DA RIDERE - di M.R. Del Ciello

Messaggio#6 » martedì 10 novembre 2015, 18:25

Ciao Maria Rosaria, fatico a trovare le motivazioni di questo racconto. Lui è un uomo che va dalla psicologa, arriva in ritardo, aspetta e una volta giunto il suo turno decide che non ci andrà più! È una trama un po' fiacca.
Dal punto di vista tecnico ho trovato delle indecisioni nella punteggiatura. Mi è piaciuta parecchio la riflessione sul suo medico ideale, quello da cui sarebbe andato se avesse avuto i soldi. Purtroppo nel complesso è un racconto che non mi sento di promuovere, avrebbe bisogno di una leggera revisione e di una motivazione che trascini il lettore nella lettura.

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angelo.frascella
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Re: NON C'E' NIENTE DA RIDERE - di M.R. Del Ciello

Messaggio#7 » mercoledì 11 novembre 2015, 22:51

Ciao M.R.

Racconto semplice e lineare a cui però manca una forte motivazione, che sia un evento importante, un colpo di scena, una approfondita introspezione psicologica, un’idea forte che lo faccia volare in alto. Come hanno detto altri c’è un tizio di nome Fausto (tra l’altro la scelta del nome, all’inizio mi aveva fatto pensare che il punto di arrivo sarebbe stato un patto o un incontro col diavolo) che si è stufato del suo psicologo. Magari, fra le righe c’è una critica al sistema sanitario pubblico e alla disparità di trattamento rispetto a chi può permettersi di pagare. Oppure una denuncia dell’iniutilità della terapia dagli psicologi. Però nemmeno questi elemento vengono fuori con prepotenza. Da approfondire

A rileggerci

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raffaele.marra
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Re: NON C'E' NIENTE DA RIDERE - di M.R. Del Ciello

Messaggio#8 » giovedì 12 novembre 2015, 0:18

Per la prima metà si tratta di un racconto ben scritto, che scorre abbastanza piacevolmente e che promette una conclusione divertente, difficile da immaginare. Poi però tutto sembra sciogliersi dopo le riflessioni (forse un po’ troppo lunghe) del protagonista sullo studio medico. Dopo questa parte, il finale non è comprensibile del tutto, o perlomeno non sembra all’altezza della prima parte. Insomma, forse sarebbe il caso di rivedere un po’ gli equilibri tra le parti che ho evidenziato, cercando di ridurre un po’ quella centrale e, soprattutto, dando maggiore importanza al finale.

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beppe.roncari
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Re: NON C'E' NIENTE DA RIDERE - di M.R. Del Ciello

Messaggio#9 » giovedì 12 novembre 2015, 17:06

Ciao Maria Rosaria, ben ritrovata!
Sorry, ma il racconto non c'è. C'è una descrizione di situazione e poi una decisione presa che nell'economia di un racconto è la fine del primo atto, il varcare la prima soglia, il momento scatenante. Ma poi… non succede nulla.
Anche il tema dell'ultimo, perciò, mi pare un po' forzato, come se fosse il TEMA a dover dar senso alla trama dall'esterno e non la TRAMA dall'interno (perché mancante) a far capire al volo che trattava di quel determinato e ben preciso tema: "l'ultimo". Infatti, notalo, ti senti in dovere di sottolineare un sacco di "ultimi" non necessari e un po' illogici, tipo "l'ultimo uomo": che cosa vuol dire, veramente, se ci dimentichiamo per un istante che il tema del contest era "l'ultimo"? Niente, e quindi va tolto.
Alla prossima e forza e coraggio! Ciao!

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maria rosaria
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Re: NON C'E' NIENTE DA RIDERE - di M.R. Del Ciello

Messaggio#10 » giovedì 12 novembre 2015, 18:52

Grazie a tutti dei commenti.
Sono consapevole che il racconto fa acqua da tutte le parti e ha ragione Beppe quando dice che è quasi il tema a dare un senso al racconto.
Però una cosa mi sento di dire: il fatto che abbia sottolineato più volte diversi "ultimi" è stata una precisa scelta. Nella mia mente (evidentemente contorta) ho scelto di intrecciare diverse tipologie di "ultimo": l'ultimo appuntamento, l'ultimo uomo (come si sente il protagonista), l'ultimo ad arrivare allo studio.
Quasi a significare una condizione che caratterizza interamente la vita del protagonista.
Una schifezza? Va be', c'ho provato.
Alla prossima.
:-)
Maria Rosaria

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erika.adale
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Re: NON C'E' NIENTE DA RIDERE - di M.R. Del Ciello

Messaggio#11 » giovedì 12 novembre 2015, 19:14

Ciao Maria Rosaria,
nel tuo racconto ci sono aspetti positivi e altri meno convincenti. Parto dai secondi, così ci togliamo il dente. Mi pare una storia un po' "debole", per un corto. In genere per questa taglia di racconto ci si aspetta una trama più consistente. Inoltre ( e qui entriamo in un gusto mio, non vale in assoluto) ci sono delle descrizioni che trovo superflue nella brevità, come la vecchietta e il cagnolino che guardano il protagonista passare con il rosso.
L'aspetto che invece mi ha colpito positivamente è il protagonista e i suoi ragionamenti. Ho visto che qualcuno li ha giudicati un po' incoerenti, io, al contrario, trovo che l'uomo punti il dito su un problema reale di alcuni terapeuti un po' superficiali. Il sorriso può avvicinare, creare empatia, ma anche scavare un divario incolmabile che nasce dalla sterile formalità. E questa riflessione mi è piaciuta assai.

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Peter7413
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Re: NON C'E' NIENTE DA RIDERE - di M.R. Del Ciello

Messaggio#12 » giovedì 12 novembre 2015, 21:34

Apprezzo il tentativo di overdose di "ultimi" e pertanto lo valuto di conseguenza e ti dico che, una volta presa quella direzione, dovevi pestare l'acceleratore ed esagerare. Questa mania da ultimo deve pervadere la vita del protagonista in ogni suo più piccolo aspetto, la parola "ultimo" deve quasi venire a noia nel lettore, tutto deve essere esagerato, ridondante. E il finale deve essere correlato, non sfociare in una soluzione finta positiva come risulta invece in questa forma. Quindi, ben vengano gli esperimenti Maria Rosaria, in questo primo tentativo non è uscito il buco, pace, capita solo quando ci si prova ;)

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lordmax
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Re: NON C'E' NIENTE DA RIDERE - di M.R. Del Ciello

Messaggio#13 » venerdì 13 novembre 2015, 21:02

Chiedo infinitamente scusa per il ritardo, purtroppo ieri sono rimasto sconfitto da un malditesta molto forte e alla fine non ho consegnato la classifica… e avevo scritto tutti i miei inutili commenti. Maurizio mi ha convinto a postarli ugualmente anche se con un giorno di ritardo quindi ecco il mio.

Infodump è la prima parola che mi è venuta in mente, troppo descritto, troppo pesante di dettagli.
La scena non si sente, non si vive, è molto difficile andare avanti nella letture.
Ed è un peccato perché il soggetto è molto interessante, il riscatto, la difficoltà economica riflessa nel fare la coda in un luogo squallido perché non si può permettere altro.
Anche il riscatto finale è ottimo.
Il mio consiglio è di riscrivere tutto usando solo dialoghi, dialoghi interiori e con altri pazienti così da dare forza al personaggio e eliminare tutto l’infodump inutile che puoi invece fornire come struttura della malattia del protagonista, malato di dettagli come una sorta di detective Monk (serie TV) di periferia..
Con tutte le descrizioni invece non hai più avuto spazio per il protagonista, per i suoi pensieri nascosti e anche la storia, quella vera, quella che si intuisce con la rivalsa finale, scompare.

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