Appuntamento fissato per le 21.00 di lunedì 21 febbraio 2022 con un tema del Campione in carica dell'Arena: Maurizio Ferrero! Gli autori che vorranno partecipare dovranno scrivere un racconto di max 5000 caratteri entro l'una.
BENVENUTI ALLA MAURIZIO FERRERO EDITION, LA SESTA DELLA NONA ERA DI MINUTI CONTATI, LA 162° ALL TIME!
Questo è il gruppo GEMME E BOCCALI della MAURIZIO FERRERO EDITION con MAURIZIO FERRERO come guest star.
Gli autori del gruppo GEMME E BOCCALI dovranno commentare e classificare i racconti del gruppo SIMBIOSI.
I racconti di questo gruppo verranno commentati e classificati dagli autori del gruppo BALLATA.
Questo è un gruppo da NOVE racconti e saranno i primi TRE ad avere diritto alla pubblicazione immediata sul sito e a entrare tra i finalisti che verranno valutati da MAURIZIO FERRERO. Altri racconti ritenuti meritevoli da me, l'Antico, verranno a loro volta ammessi alla vetrina del sito, ma non alla finale. Ricordo che per decidere quanti finalisti ogni gruppo debba emettere cerco sempre di rimanere in un rapporto di uno ogni tre.
Per la composizione dei gruppi ho tenuto conto del seguente metodo: per primi ho assegnato ai raggruppamenti coloro in possesso di punti RANK NONA ERA, a seguire ho assegnato ai raggruppamenti coloro in possesso di punti RANK ALL TIME (il primo nel gruppo A, il secondo nel gruppo B, il terzo nel gruppo C, il quarto nel gruppo A e così via), coloro che non hanno ottenuto punti nei due Rank sono stati assegnati a seguire (primo a postare gruppo X, secondo a postare gruppo Y, terzo a postare gruppo BETA, quarto a postare gruppo X e così via). Ho forzato solo per posizionare uno per gruppo i tre racconti con malus minimo.
E ora vediamo i racconti ammessi nel gruppo GEMME E BOCCALI:
Crudeltà e giustizia, di Davide Mannucci, ore 23.38, 4980 caratteri Un tipo senza tempo, di Stefano Moretto, ore 00.55, 4949 caratteri Massimi Sistemi, di Dario Cinti, ore 00.54, 4996 caratteri Una vita normale, di Emiliano Maramonte, ore 00.26, 4989 caratteri Tormento, di Stefano Floccari, ore 00.23, 4987 caratteri Il Reduce, di Agostino Langellotti, ore 00.41, 4259 caratteri Insonnia, di Alexandra Fischer, ore 21.41, 3413 caratteri La Prima Fiamma, di Maurizio Chierchia, ore 00.50, 4964 caratteri La Medicina, di Giulio Marchese, ore 01.17, 4942 caratteri MALUS 4 PUNTI
Avrete tempo fino alle 23.59 di giovedì 3 MARZO per commentare i racconti del gruppo SIMBIOSI Le vostre classifiche corredate dai commenti andranno postate direttamente sul loro gruppo. Per i ritardatari ci sarà un'ora di tempo in più per postare le classifiche e i commenti, quindi fino alle 00.59 del 4 MARZO, ma si prenderanno un malus pari alla metà del numero di autori inseriti nel gruppo approssimato per difetto. Vi avverto che sarò fiscale e non concederò un solo secondo in più. Vi ricordo che le vostre classifiche dovranno essere complete dal primo all'ultimo. Una volta postate tutte le vostre classifiche, posterò la mia e stilerò quella finale dei raggruppamenti. NB: avete DIECI giorni per commentare e classificare i racconti del gruppo SIMBIOSI e so bene che sono tanti. Ricordatevi però che Minuti Contati, oltre che una gara, è primariamente un'occasione di confronto. Utilizzate il tempo anche per leggere e commentare gli altri racconti in gara e se la guardate in quest'ottica, ve lo assicuro, DIECI giorni sono anche troppo pochi. E ancora: per quanto vi sarà possibile in base ai vostri impegni, date diritto di replica, tornate a vedere se hanno risposto ai vostri commenti, argomentate, difendete le vostre tesi e cedete quando vi convinceranno dell'opposto. Questa è la vostra palestra, dateci dentro.
Eventuali vostre pigrizie nei confronti dei commenti ai racconti (che devono avere un limite minimo di 300 caratteri ognuno) verranno penalizzate in questo modo: – 0 punti malus per chi commenta TUTTI i racconti assegnati al suo gruppo con il corretto numero minimo di caratteri. – 13 punti malus per chi commenta tutti i racconti assegnati al suo gruppo, ma senza il numero minimo di caratteri. – ELIMINAZIONE per chi non commenta anche solo un racconto di quelli assegnati al suo gruppo.
Vi ricordo che i racconti non possono essere più modificati. Se avete dubbi su come compilare le classifiche, rivolgetevi a me. Potete commentare i vari racconti nei singoli thread per discutere con gli autori, ma la classifica corredata dai commenti deve obbligatoriamente essere postata nel gruppo SIMBIOSI. Altra nota importante: evitate di rispondere qui ai commenti ai vostri lavori, ma fatelo esclusivamente sui vostri tread.
E infine: una volta postate e da me controllate, le classifiche non possono più essere modificate a meno di mia specifica richiesta in seguito a vostre dimenticanze. L'eventuale modifica non verrà contabilizzata nel conteggio finale e sarà passibile di malus pari a SETTE punti.
Odio farlo, ma anche stavolta apro io le danze con la mia classifica in canna da diversi giorni. Non faccio più la solita premessa, sapete che nella classifica vado a istinto. Complimenti a tutti e a presto!
1) La Prima Fiamma
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Un racconto che trae i suoi spunti da meccanismi e scenari già descritti anche nel cinema, basta pensare al famoso film di Annaud, però l'ambientazione è suggestiva e anche la dinamica di questi personaggi che lottano contro una natura ostile. Forse migliorabile in alcuni punti per rendere la lettura più fruibile, però un racconto coinvolgente e che ho letto molto volentieri.
2) Insonnia
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Sei riuscita a trovare il modo di trasformare i punti di miglioramento del tuo stile in punti di forza, il taglio di questo racconto lo concede: la realtà onirica che descrivi è resa bene e mi piace questo dualismo con la realtà difficile della vita moderna. Forse snellirei certi passaggi volutamente carichi di dettagli e appesantiti un pochino dalla ricerca di uno stile tendente verso il lirico, ma ci sta bene anche così. Stavolta per me ci siamo.
3) Crudeltà e giustizia
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Dunque, direi che questo racconto è scritto in un modo che mi piace, con dettagli macabri e splatter che fanno sempre bene. Il racconto è forte e coinvolge, ma l'unica pecca è che non spicca per originalità, perché di riffa o di raffa i temi alla base del racconto sono presenti e già sviscerati a dovere un po' ovunque. Tralasciando questo, l'esecuzione è buona e trascina la lettura fino alla fine.
4) Massimi sistemi
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Per me niente male, sarebbe interessante esplorare un mondo in cui il livello tecnologico è quello attuale pur senza la nostra conoscenza dell'astronomia. Da migliorare forse la gestione delle informazioni, di modo che al lettore arrivi l'idea di fondo già alla prima lettura, e naturalmente eliminare i refusi. Di questo racconto quindi apprezzo l'originalità, chiudendo un occhio sulle cose migliorabili.
5) Una vita normale
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Molto bene per come sei riuscito a trasmettere angoscia e senso di isolamento. I bisogni del tuo pdv sono molto chiari, come le sue frustrazioni e le sue paure. I rapporti con gli altri membri della sua famiglia sono coerenti, rappresentati bene. Un po' meno bene, secondo me, per il finale e per la mancanza di un qualcosa che faccia capire al lettore cosa ha generato i bisogni del nostro pdv e quale sia la sua storia.
6) Un tipo senza tempo
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Sebbene questo sia un racconto che si legge volentieri, che lascia un messaggio chiaro, assolutamente condivisibile e sentito, purtroppo finisce nel calderone del "già visto". Il messaggio finale dell'uomo senza tempo invece di essere qualcosa di originale o di dissacrante (che ne so, un "Viva la Patacca") purtroppo rispecchia temi filosofici già noti, e così in poche righe rischia di fare la stessa figura di una poesia dei Baci Perugina. A parte questo, stile ottimo e scorrevole.
7) Il reduce
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Molto bene lato tecnica, sai il fatto tuo, ormai ti conosciamo. I dettagli sono molto buoni, si sente tutta la fatica di questo povero cristo che torna a casa dopo la guerra e trova uno scenario distrutto. Un po' meno bene lato trama, la situazione è tale e quale dall'inizio alla fine e il lettore, a racconto concluso, non può che rimanere un pochettino deluso.
8) Tormento
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Voce narrante costruita bene, si segue volentieri e trascina durante la lettura. La scena in sé è un pochino strana, c'è questa trasmissione televisiva e Roberta che fa sia da cameriera che da regista... il finale è un pochino randomico, i personaggi si comportano in modo poco logico e compaiono dei poliziotti dal nulla. Insomma, bene per la narrazione, un po' meno bene per la trama e per il finale.
9) Medicina
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Per me è più che evidente che questo racconto sia il frutto del poco tempo e della stanchezza. Mi sento di lodarti per aver comunque voluto partecipare alla gara e ti inviterei un momentino a riprendere questo racconto per rivederne la narrazione investendo un po' di più nei suoi punti di forza, ovvero i particolari sugli odori e sui colori, e magari cambiando un po' la trama per renderla un po' più originale.
E anche quest'edizione è andata. Mi accingo a fare la terribbbile classifica. Siete pronti? Siete carichi? Siete emozionati? E andiamo:
1) Tormento, di Stefano Floccari
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Wow, Stefano! Mi hai fregato, e sono contento che tu l'abbia fatto.
Hai gestito così bene le sfumature del protagonista, tratteggiandolo come un vecchio viscido ed erotomane, che già a un terzo della lettura ho cominciato a sospettare che il colpevole fosse proprio lui! Poi, mentre proseguivo, questo sospetto diventava sempre più una certezza, non fosse che nell'epilogo... il plot twist! Un plot twist che però non è stato sganciato all'ultimo, ma predisposto con una corretta disposizione degli indizi che diventano ancora più evidenti alla seconda lettura. L'unico dubbio che mi è rimasto è se la stalker sia proprio Roberta o se invece si sia trattato solo di un carpe diem per vendicarsi del protagonista. Ma considerando che Rossella riceve un altro messaggio proprio in quel momento, propenderei per la prima ipotesi.
Qui e là ho solo riscontrato qualche imprecisione stilistica che ti vorrei correggere:
“Ti faccio avere dell’acqua. Roberta?” Faccio un cenno alla mia assistente, che capisce subito. Ragazza sveglia. Lo penso mentre ammiro il suo culo che si sposta verso la sala ristoro.
Qui puoi cancellare "lo penso mentre", perché quello che conta è il beat di lui che le fissa il sedere.
“Cos… ah, ma no!” Penso a una cazzata, in fretta. “Controllavo se è tutto a posto per la diretta”. Non se lo berrà mai.
Qui stessa cosa, ti farei cancellare "penso a una cazzata, in fretta" e ti farei raggruppare i due dialoghi in uno solo. In alternativa avresti potuto scrivere "pensa a una cazzata, in fretta" e lo avresti spacciato per un pensiero del pdv.
“Ci hai raccontato che riceve telefonate e messaggi a qualsiasi ora, segno che lui conosce le tue abitudini, Rossella. Ma ti sei fatta un’idea di chi possa essere?”
Come ti hanno fatto notare (io non me n'ero accorto, confesso xD) c'è un piccolo typo su "riceve". Che però è talmente sottile che sembra che le stia dando lei.
La prima di ottomila pubblicità del cazzo, ché mi chiedo ancora perché la gente guardi questa merda generalista.
Quel "ché", invece, non l'ho capito. Non penso sia un abbreviativo dell'avverbio perché, dato che poco dopo scrivi "perché la gente guardi", e sarebbe una ripetizione. Io l'ho preso per un altro typo e ti suggerirei di rimuoverlo.
In bocca al lupo per la gara!
2) Un tipo senza tempo, di Stefano Moretto
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Ciao Stefano! Storia molto, molto particolare per la mia modesta esperienza su MC. Così particolare... da avermi stranito. Non mi era chiaro se stessi leggendo un racconto realista o che avrebbe fatto una virata improvvisa nel fantastico. Mi è parso molto strano questo ragazzo così mal ridotto che si presenta in abiti leggeri in montagna: solo perché moribondo, non vuol dire che sia insensibile al freddo. Poi non mi è stato chiaro se, quando il PDV lo trova, lui sia appoggiato in piedi o disteso. La scena l'ho visualizzata con lui in piedi, ma poco sotto il ragazzo dichiara che stava per morire a terra.
Ho anche un'osservazione a livello stilistico. Ho notato che, soprattutto negli incipit, usi spesso pensieri e commenti del PDV per settare la scena. In questo caso particolare non ho potuto fare a meno di NOTARE la "scrittura immersiva" (cioè, invece di penetrare la scena, stavo notando la tecnica). Ti consigli perciò di farci caso la prossima volta e di essere più vario nella scelta dei beat.
3) Crudeltà e giustizia, di Davide Mannucci
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E rieccomi anche questo mese a commentarti, caro Davide!
Dunque, la tua storia si sorregge quasi interamente sui dialoghi e questa cosa a me non da fastidio, anzi! In casi come questi è quanto mai fondamentale evitare il più possibile lungaggini e stare attaccati al PDV per trarne il maggior coinvolgimento. Da un punto di vista stilistico avresti potuto focalizzarti anche di più, ma anche così trovo che vada più che bene.
Il primo problema sta nell'incipit, in cui i primi pensieri del PDV confondono le idee in assenza del contesto. Fossi stato io sarei partito dalla frase "Ti sei cagato nei pantaloni, omuncolo" e avremmo avuto almeno un conflitto e una situazione concreti da cui sviluppare il resto. Poi avrei gradito che tu ci dessi qualche informazione sull'età dei personaggi coinvolti, perché in principio stavo visualizzando un PDV più giovane di quello che dovrebbe in realtà essere; mentre Serena me la immaginavo più grande. Forse volevi puntare sull'effetto sorpresa nel finale, ma io sono convinto che avresti potuto conseguirlo ugualmente cambiando pochi dettagli qui e lì e giocando sugli equivoci. Ultimo in lista, l'ostentazione del tema "Mondo Crudele", che per me era superfluo considerata la crudezza del racconto.
In sintesi: una buona prova con qualcosina da limare!
4) Il Reduce, di Agostino Langellotti
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Ciao Agostino. Il tuo racconto è quanto mai attuale vista la situazione internazionale. Lo stile è buono e scorrevole, anche se ho avuto un problema all'inizio: quando parli della gruccia, io per qualche riga ho avuto in testa una gruccia appendiabiti e ho dovuto leggere un po' prima di visualizzare correttamente il protagonista. Non è un errore, dato che sono chiamate anche così, ma se avessi optato per "stampelle", l'informazione sarebbe stata più immediata.
C'è anche un piccolissimo typo su "Incespicò vero l'autista", nella quinta riga, ma non è nulla di grave.
Più importante è la serie di coincidenze che portano allo sviluppo della seconda parte: il protagonista raggiunge un cantiere, lo fa per cercare sua madre, incontra un uomo che poi si scopre essere il nuovo marito della sua ex-compagna, la stessa ex-compagna arriva lì in quel momento e si scopre che è la figlia del proprietario dell'immobile in rovina. Mi ha trasmesso uno sgradevole effetto da "fiera dell'est", pur riconoscendo che è una dinamica tutto sommato plausibile. Forse avresti potuto renderlo meno paradossale se lui avesse chiesto di poter fare una telefonata all'ex-compagna e per telefono lei gli comunicava che si era rifatta una vita. Questo ci porta anche a un'altra questione: ho trovato la reazione dell'ex-compagna troppo brusca e insensibile. Ha pur sempre ritrovato l'uomo che amava e che aveva dato per morto, e la prima cosa che decide è di respingerlo quanto prima. Pur comprendendo le ragioni della donna, non riesco a perdonare la sua condotta, e avrei voluto che al protagonista fosse concessa almeno una minuscola soddisfazione. Ma il tema era "Mondo Crudele", e non si può negare che è rispettato alla perfezione.
5) La Medicina, di Giulio Marchese
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Salve Giulio! Queste sono il genere di storie che preferisco, con mostri famelici possibilmente inventati di sana pianta e una storia dinamica che metta i protagonisti umani contro di loro. Qui su MC ci ho provato spesso a proporre questi temi, e da lettore esterno mi accorgo di avere riscontrato in te gli stessi problemi che di solito gli altri fanno notare a me: L'assenza di alcune informazioni chiave porta a domandarsi sul perché stia succedendo quello che si vede nella storia, e se io personalmente sono disposto ad accettare la presenza delle creature (che in fondo fanno parte del what if fantastico, nel tuo caso: cosa succederebbe se il mondo fosse invaso da esseri chiamati velocitor?), mi sta meno bene l'assenza di spiegazioni sul morbo. Ha a che fare con i mostri o è una cosa a parte? Come si contrae? Quali sono i sintomi? Considerato che è la ragione del conflitto narrativo, avresti dovuto concentrarti maggiormente su quello. Quando invece ci fornisci delle spiegazioni, ti lasci andare a dell'infodump mascherato da pensieri del Protagonista. Il punto è che non si armonizza bene con la storia, si capisce che stai dando nozioni al lettore. Un'altra cosa che ho notato è che non è chiaro in quale momento lui raggiunge la piazza. Lo vediamo prendere la tromba delle scale e poi subisce l'attacco. Da quel momento l'ambiente cessa di esistere e non ci sono più riferimenti spaziali.
Se sei come me, posso immaginare che tu abbia avuto difficoltà a gestire i caratteri e quindi ti sei visto costretto ad amputare alcune scene. Se ci ho visto giusto, sappi che hai la mia piena comprensione.
Buona edizione!
6) Una vita normale, di Emiliano Maramonte
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Ciao Emiliano, piacere di commentarti in questa edizione! Dunque, la tua storia l'ho apprezzata alla seconda lettura, perché alcune scelte stilistiche mi hanno provocato non poca confusione durante la prima passata. Ho avuto l'impressione di trovarmi alle prese con un brano dilettantesco, e addirittura che non ci fosse un PDV specifico a filtrare la narrazione. Per fortuna, poi ho capito che si tratta solo di uno status mentale del protagonista, e tutto ha iniziato ad avere senso.
Sai cosa mi ha depistato? La famiglia di Bastiano che interagisce con lui senza che ne sentiamo le voci. Intanto, se tutto questo avviene nella sua testa, non c'è alcun motivo del perché noi non dovremmo sentirli. Ma se il tuo intento era di tenere un certo distacco dalla sua soggettiva, allora avresti dovuto occultare anche le loro azioni, non mostrandocele. Avremmo visto solo le azioni realmente compiute da Bastiano e tutto il resto sarebbe stato commentato da lui a voce. Sarebbe stato più difficoltoso da gestire, ma avresti guadagnato spazio per inventarti qualcosa.
Ti avrei suggerito anche di dividere il racconto in tre distinti paragrafi, per marcare il salto temporale tra una scena e l'altra, perché nella confusione che la prima lettura mi stava generando, questo ha contribuito a peggiorare le cose.
Come ti dicevo, tutto si risolve una volta comprese le tue intenzioni, ma consideriamo che parte della sfida è anche di essere quanto più chiari possibile al primo impatto col lettore.
C'è, infine, un piccolo dettaglio che vorrei farti migliorare:
«Se ne vada!» La visita della dottoressa Gilardi è inopportuna.
Qui avrei invertito le frasi, presentando prima la dottoressa e in seguito aggiunto la riga di dialogo.
Finito con il commento, non mi resta che augurarti in bocca al lupo!
7) Massimi Sistemi, di Dario Cinti
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Ciao Dario! Il mio commento suonerà un po' come una ripetizione di quanto ti è già stato detto, perché mi trovo d'accordo sui punti messi in evidenza: idea davvero brillante, che tuttavia richiede non poca sospensione dell'incredulità per essere accettata. D'altra parte, è necessario conoscere un po' Gallileo e gli aneddoti che lo riguardano per cogliere i riferimenti che tu hai usato.
Trovo che lo stile sia molto buono, ma non è bastato a evitare quanto ti è stato detto. Qualche dettaglio più esplicativo, piazzata entro il primo paragrafo, avrebbe reso il tutto più godibile.
8) Insonnia, di Alexandra Fischer
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Ciao Alexandra. Il tuo racconto "Insonnia" mi ha perplesso. Ho riflettuto sul significato, ho cercato un nesso tra il titolo e il brano. Sulle prime mi è sembrato che ci stessi mostrando i pensieri irrefrenabili di una persona affetta da insonnia, che salta da ricordi della giornata, alla percezione di suoni e sensazioni della stanza intorno a sé, alla fantasia di cose che vorrebbe vedere e fare. Ma poi mi sembra che entri in scena un altro personaggio, e pure lui sembra soffrire d'insonnia, Oppure no?
Ti accarezzo il volto segnato dalle occhiaie, povero caro, io non dormo e quello malridotto sei tu.
Mi sorgono diverse domande: -Cosa gli sta succedendo? -Perché non riescono a dormire? -Quando è cominciato? Ci conduci lungo un brano che predilige l'estetica alla chiarezza della vicenda, ma la chiarezza è indispensabile al coinvolgimento del lettore. Dopo qualche riga senza che gli vengano forniti degli agganci, il lettore si perde, la concentrazione se ne va, e a quel punto non è più in grado nemmeno di apprezzare la ricercatezza stilistica dell'autore.
Ci sono dei problemi di punteggiatura qua è là, qualche frase che avrebbe beneficiato di una virgola in più. E a un certo punto cominci a fare un elenco, che però non è un elenco:
Scivolo, a volte in una città sconosciuta, dove c’è gente che corre a vedere i nuovi locali dove si vende frutta pastellata al miele, sidro e mi defilo con il pacchetto degli acquisti
E te lo dico perché un elenco, per essere considerato tale, deve racchiudere almeno tre elementi nella frase.
Non posso che consigliarti di fare più attenzione agli aspetti contenutistici, la prossima volta che partecipi, anche a costo di sacrificare un po' l'estetica al fine di aiutare la comprensione del testo.
9) La Prima Fiamma, di Maurizio Chierchia
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Ciao Maurizio. Il tuo racconto probabilmente parla di un grande viaggio in cerca di una nuova vita, oppure di una fuga da un'esistenza minacciata ogni giorno da insidie di ogni tipo. Il fatto è che non ho capito quale delle due, ed è il problema del tuo brano. Non ci dici chi sono queste persone, non ci dai una singola informazione per riconoscerne l'etnia e l'epoca in cui la storia è ambientata. All'inizio ho creduto che fossero uomini della preistoria, ma non parli di megafauna carnivora, non descrivi degli attrezzi o dei metodi di caccia specifici che aiutino a collocarli in quel contesto. Così a un certo punto ho concluso che fossero dei nativi americani, visti anche i molti riferimenti agli antenati e alla presenza di animali come puma e orsi, non fosse che i nativi americani non avevano tutti questi problemi di sopravvivenza, erano abili cacciatori perfettamente in simbiosi con l'ecosistema in cui vivevano. Quindi il dubbio rimane. Non dovrebbe andare così, non dovrebbe essere il lettore a compensare le carenze di un brano e a investigare sugli intenti dell'autore, anche perché questo ci porta a delle frasi che, in assenza di un contesto, risultano indecifrabili:
Un alveare di vespe ronza nelle nostre pance a memoria dei giorni che sono passati.
Cosa ci volevi comunicare con questa descrizione?
Sui nostri corpi tantissimi esseri dalla forma di lingua sembrano volerci divorare vivi.
A occhi mi sembra che tu stia parlando di sanguisughe, ma se così fosse rendi ancora più difficile collocare il contesto.
Il tema, anche se comunicato indirettamente, direi che è centrato. Ma la prossima volta ti consiglio di tenerti meno sul vago.
Editor e consulente freelance per scrittori. Formazione in scrittura creativa e sceneggiatura presso agenziaduca.it di Marco Carrara.
1. INSONNIA, di Alexandra Fischer Il tuo racconto è la rappresentazione straordinaria di una mente che soffre, e che in virtù di questa sofferenza partorisce immagini inquietanti e minacciose, a loro volta supportate dalla grande forza delle tue parole. Il tuo flusso di coscienza ha un grande valore letterario. Ogni elemento rappresentato, immaginifico o reale che sia, riconduce all’idea di morte nell’inconscio del personaggio. Dalla falena mostruosa al pipistrello dai denti di cane, da un bus che ritarda al volto del marito segnato dalle rughe, dalla vegetazione che marcisce all’atmosfera di odio collettivo sul posto di lavoro. Immagini reali e visionarie di un mondo alla deriva. La protagonista soggiace alla propria idea di inadeguatezza di fronte alle regole della realtà, eppure ha un’arma potente: la fantasia. In quello che hai scritto c’è un audace mettersi in gioco in qualità di autore. Una generosità, la tua, di cui il lettore riceve i benefici in termini di empatia.
2. MASSIMI SISTEMI, di Dario Cinti Una grande idea che era difficile da gestire in 5000 caratteri. Devo dire che ci ho capito poco a una prima lettura, poi mi sono affidato ai commenti degli altri e alla fine, in fase di seconda lettura, ho compreso meglio e posso dire di aver apprezzato il racconto. Mi è piaciuta l’ambientazione dissonante (siamo in un mondo tecnologico ma nello stesso tempo dalle atmosfere pre-rinascimentali). E sono d’accordo con chi ti ha scritto che la coesistenza tra cellulari e convinzioni geocentriche non costituisce il punto debole del racconto bensì è il suo punto di forza che induce a una riflessione sul mondo di oggi, dove la tecnologia fa passi da giganti mentre la razza umana (tra teorie complottiste, analfabetismo funzionale e distanziamento sociale) va nella direzione opposta.
3. TORMENTO, di Stefano Floccari Ho apprezzato molto il tuo racconto. Intanto fila via che è un piacere, e per quanto mi riguarda questo è il miglior pregio che un testo scritto possa avere perché dimostra la solidità della penna che l’ha redatto. Nel giudizio mi soffermo sulla terza parte che è quella in cui qualcosa scricchiola dal punto di vista drammaturgico: il protagonista è un viscido per il quale empatizziamo fino a un certo punto ma che alla fine viene accusato ingiustamente, il che ci porta ad avere per lui un occhio più benevolo. Questo va benissimo perché l’arco di trasformazione del personaggio è stato ben tracciato. Quello che manca a mio avviso è la motivazione per cui Rossella decide di incastrarlo. Perché lo fa? Per avere più visibilità nei media, ho pensato, però manca una messa in scena che ce lo mostri. È un peccato perché così il finale, potenzialmente scioccante, risulta monco a causa di questa assenza di semine.
4. CRUDELTÀ E GIUSTIZIA, di Davide Mannucci Un bel racconto che si legge con piacere. Molto belli i contenuti pulp inerenti la prigionia del protagonista. Li ho apprezzati davvero. Ho solo qualche dubbio sull’inserimento di Serena in scena. Mi ha un po’ confuso e ti spiego il perché. Ho trovato dissonante il fatto che lei e Lapo entrassero in combutta per farla pagare al pov, e questo ha avuto su di me qualche effetto negativo sulla sospensione dell’incredulità. Ecco, diciamo che in questo caso ho avvertito il bisogno di sapere come e perché Lapo e Serena si siano conosciuti. All’inizio avevo pensato che anche lei fosse una studentessa ma poi la specifica dell’età mi ha fatto ricredere. Visto pertanto che appartengono a due mondi diversi (lui è lo studente del pov, lei la nipotina), l’assenza di un retroscena che li colleghi tra loro mi ha fatto nascere qualche perplessità durante la lettura.
5. UNA VITA NORMALE, di Emiliano Maramonte Ho apprezzato del tuo racconto il modo in cui hai rappresentato la schizofrenia del protagonista. La scelta più azzeccata a mio avviso è stata quella di far parlare da solo il pov senza che lo stesso ottenesse risposta dai suoi famigliari. Ciò all’inizio induce il lettore a credere che la cosa dipenda da una crisi del rapporto padre-madre-figlio, salvo rendersi conto a poco a poco che il tutto è frutto della sola immaginazione del protagonista. Questo svelamento progressivo lo hai reso molto bene provocando una forte angoscia in chi ti leggeva. Ben fatto. La seconda parte – da quando Bastiano si risveglia – mi ha convinto di meno perché ho notato che c’è stato un tentativo da parte tua di introdurre alcune informazioni che ricostruissero un minimo il background del protagonista. A mio avviso questo sforzo ti si è un po’ ritorto contro perché a quel punto il lettore può avere l’esigenza di conoscere meglio il retroscena. Ma del pov noi ci limitiamo a sapere che è un fallito come padre e come marito, nient’altro, e questo è troppo poco per spiegare la malattia mentale che lo ha colpito. Secondo me avresti potuto lasciare tutto in sospeso limitandoti a mettere in scena il dialogo con la dottoressa. In quel modo conoscere il passato del pov non sarebbe stato più importante per il lettore che sarebbe rimasto agganciato al focus principale del racconto: la schizofrenia di Bastiano e il mondo infernale che infesta la mente del protagonista.
6. UN TIPO SENZA TEMPO, di Stefano Moretto Ciao Stefano, il tuo racconto è inattaccabile da un punto di vista stilistico e anche per come è architettato. C’è una suddivisione in tre atti (incontro, dialogo e messaggio finale), c’è un incidente scatenante (la rivelazione della malattia del personaggio) e alla fine c’è una scelta del pov che in qualche modo garantisce l’immortalità all’uomo senza tempo. Ottimi i dialoghi, vividi e realistici. Formalmente nulla da dire, manca il patos però. Non c’è tensione nel racconto, e non credo dipenda dal fatto che il messaggio finale sappia di “già sentito”, visto che in letteratura il dicibile è già stato detto ed è importante a questo punto più come riuscirlo a dire. No, io penso che il problema riguardi l’assenza di un conflitto tra i due personaggi in scena. Capisco fosse difficile crearlo in poche righe ma era necessario per valorizzare poi la scelta finale del pov. I due invece sono in sintonia dall’inizio alla fine (se si eccettua l’osservazione differente che entrambi fanno del panorama), alla scelta finale si arriva senza intoppi e questo fa sì che non ci sia un arco di trasformazione nel protagonista. Questo appiattisce un po’ la tua storia, almeno dal mio punto di vista.
7. IL REDUCE, di Agostino Langellotti Un racconto che ha anticipato di qualche giorno ciò che ora sta accadendo in Ucraina. L’incipit non mi ha fatto impazzire forse per l’uso di una paratassi eccessiva che su di me ha avuto una sorta di effetto-singhiozzo. Buona la gestione dell’intreccio nella prima parte in cui delinei il grave handicap del reduce. Concordo con chi ha trovato forzati i dialoghi nella seconda parte. In particolare la crudeltà della ex appare smisurata e sfiora il paradosso. Ciò a mio avviso affievolisce l’impatto emotivo sul lettore che forse sarebbe stato più forte se la conversazione tra il pov e la donna fosse stata più carica di sottintesi. È rimasto anche a me il cerino in mano per le sorti della madre del pov: una semina non ben gestita a mio avviso.
8. LA PRIMA FIAMMA, di Maurizio Chierchia Anche a me il titolo ha fatto pensare a un’ambientazione paleolitica. Trovo il tuo stile molto evocativo. Curi davvero nel dettaglio la scelta delle parole in modo da dare una certa musicalità al testo, e questa è una cosa più che apprezzabile. Di contro concordo con chi ti ha scritto che il tuo racconto manca di patos, e credo anche io che la scelta della prima persona plurale non ti abbia giovato in questo senso. Non sono riuscito a immedesimarmi nella voce narrante perché mi è risultata impersonale, e di conseguenza non ho empatizzato con la vicenda. Leggerò comunque con piacere i tuoi prossimi scritti perché la tua scrittura è potente e, nello specifico, andava solo calibrata in una soggettiva più distinta.
9. LA MEDICINA, di Giulio Marchese L’idea dei mostri mi piace e mi piace anche il fatto che l’ambientazione post-apocalittica esca fuori piano piano (all’inizio la scena è realistica, poi in seguito si tinge di horror). Anch’io ho però avuto l’impressione che tu abbia scritto in fretta questo racconto e non solo per la presenza dei refusi, ma anche per certe occasioni mancate. Mi riferisco all’assenza di dettagli sensoriali nel momento in cui il pov viene morso dai mostri e tu ti limiti a dircelo anziché mostrarci il dolore fisico del ferito. La seconda parte del racconto è un po’ stiracchiata e infatti si conclude con un finale che non sorprende per la mancanza di una semina precedente. Ripeto, credo che tutte questi errori dipendano dal fatto che non hai avuto il tempo di una seconda e terza stesura. È un racconto che ha delle potenzialità e merita quantomeno un’altra chance.
1. Tormento, di Stefano Floccari 2. Un tipo senza tempo, di Stefano Moretto 3. Massimi Sistemi, di Dario Cinti 4. Una vita normale, di Emiliano Maramonte 5. Il Reduce, di Agostino Langellotti 6. La Prima Fiamma, di Maurizio Chierchia 7. La Medicina, di Giulio Marchese 8. Insonnia, di Alexandra Fischer 9. Crudeltà e giustizia, di Davide Mannucci
Crudeltà e giustizia Ho faticato un po' a entrare nel tuo racconto, solo in parte perché la tematica della vendetta non è nelle mie corde. In realtà a farmi arricciare il naso è stata la seconda frase, che mi ha dato la sensazione di un infodump, poiché giustificava un pensiero ricorrendo ad eventi passati. Anche la situazione ho dovuto immaginarla e reimmaginarla più volte, ad esempio ci dici che è incatenato già alla terza frase ma è solo alla nona che scopriamo che è appeso al soffitto. Resta anche il dubbio sul come e dove si regga, poichè siamo in un appartamento apparentemente normale per ogni altro aspetto, sapere se c'è un gancio messo di proposito sul soffitto avrebbe aiutato a capire quanto la cosa fosse premeditata. Mi associo alla questione 'rapporti fra i tre personaggi' che ha tolto mordente al finale. Una prova che trovo meno buona di altre tue che ho letto ma con il tema centrato (e ribadito!) in pieno.
Un tipo senza tempo Il tuo racconto mi ha dato una chiave di lettura della 'crudeltà del mondo' che mi ha sorpreso e che fa riflettere. Non ho trovato difetti nella tua prosa, a parte un dettaglio importante. L'assonanza nel titolo non mi aveva disturbato, ma leggerla in chiusura, quando la lettura del messaggio doveva essere l'apice dell'empatia, ha smorzato l'effetto che eri riuscito ad ottenere. Se dovessi considerare una revisione, ti consiglio di lasciare il titolo inalterato e di ipotizzare una firma diversa per la lettera. Per il resto solo complimenti.
Massimi Sistemi Molto bella l'idea di ipotizzare un Galileo moderno che prova a far valere le verità scientifiche sopra l'ottusità della dottrina, ancora più bella l'idea di mostrarci il dramma adolescenziale delle due figlie condizionate da un padre così fuori dagli schemi. Indubbiamente un racconto che mi fa risuonare qualcosa. Trovo che l'obiezione sulla coesistenza di cellulare e teoria geocentrica sia infondata, anche noi abbiamo i cellulari eppure ci sono frange di Terrapiattisti, Pastafariani, ecc... Si tratta solo di portare queste teorie a cultura dominante grazie all'indottrinamento per avere una perfetta distopia in grado di far molto riflettere. Come unico difetto, trovo che la crudeltà del mondo traspare poco. Mi aspettavo che infilassi nel racconto l'episodio del processo a Galileo per trasformare la famiglia da quella di uno scienziato a quella di un galeotto. In ogni caso una narrazione convincente, specialmente dalla seconda parte in poi.
Una vita normale Rendi molto bene lo stato mentale del protagonista. Dopo le prime interazioni con i familiari che restano muti, soprattutto grazie alla sue apparente accettazione di questo strano gioco del silenzio, si capisce che si tratti solo di visioni. Una sola caduta del POV la trovo quando hai tentato di sottolineare che si trattava di visioni, parlando di carote che non ci sono e lattine che non esistono. Piuttosto avrei sottolineato l'azione e poi la sorpresa nel rendersi conto di non avere niente dentro la ciotola o sotto i denti. Buon racconto e ben scritto.
Tormento Mi accodo a chi ti ha fatto i complimenti per averci condotto per mano verso il finale che avevi programmato. Immagino Roberta che si vendica di essere stata usata e dimenticata facendo in modo che il conduttore erotomane si ritrovi incastrato con una accusa di stalking. Lo stile si adatta benissimo alla storia pulp. Posso solo darti il consiglio di evitare nomi così simili come Roberta e Rossella per le uniche due donne nel testo, confondono eccessivamente. A meno di un feticismo del protagonista per le donne che hanno il nome che cominci con 'Ro', scegliere due nomi più distinguibili aumenta la possibilità di associare a una o l'altra il nome e il ruolo. Complimenti.
Il Reduce Il tuo veterano è come il monumento al milite ignoto. Lo rendi un archetipo che raccoglie su di sé tutte le sventure possibili possano capitare a un reduce di guerra, talmente tante che ci si chiede quale strano karma abbia fatto sì che capitino tutte a lui, ma la risposta non arriva. Un po' fuori fuoco secondo me la scomparsa della madre, che arriva come una sorpresa per il reduce. Non ha provato ad avvertire, nonostante la guerra, che stava bene, o meglio che era vivo e stava tornando a casa? Se c'è già in atto la ricostruzione, questa scomparsa non può essere così recente da essere avvenuta mentre era irraggiungibile perché in autobus. A conti fatti, comunque, un Miserabile che sarebbe piaciuto ad Hugo e si fa apprezzare anche dai comuni lettori.
Insonnia Il tuo testo è stato il più difficile da leggere per me, probabilmente perché mi aspettavo di seguire la storia di una coppia durante una pioggia perenne tanto reale che metaforica, che sta facendo marcire il mondo e il loro rapporto. Invece mi hai travolto con un flusso di coscienza per immagini che mi ha portato alla fine d'un fiato senza lasciar sedimentare nulla. Parli a me, perché usi il tu come interlocutore, ma come lettore/coprotagonista mi lasci fuori dal contesto, non mi pensi mai per nome di battesimo, non mostri le mie azioni, ma solo le tue reazioni ad esse (hai ragione a sbuffare, hai ragione a stringere i denti...). Il flusso è tuo, me lo racconti, non 'nostro' come coppia. Mi lasci fuori come coprotagonista facendomi spettatore delle mie stesse azioni, mi lasci fuori come compagno e, di conseguenza, come lettore. Ti segnalo la frase "Lo abbiamo scacciato", l'unica al passato nel testo che perciò diventa 'Tell' e stride col resto. Sarebbe rimasto 'Show' se avessi scritto "Scacciamolo". Oppure "Pericolo scampato". Comunque una buona prova della quale ammiro anche la velocità di esecuzione, io per la prima volta ho avuto quattro ore piene per lavorarci e non sono arrivato a qualcosa di così emotivamente intenso. Probabilmente nemmeno con altre quattro ore in più. Brava.
La Prima Fiamma Un racconto d'ambientazione, narrato con una peculiare prima persona plurale che lo rende una epopea di gruppo, un gruppo che collabora e sopravvive. Il mondo in cui si muovono lo vediamo difficile, ma a mio giudizio non spingi abbastanza da renderlo 'crudele' come era richiesto, perfino le spine non pungono. Alla fine hanno perso il fuoco, hanno perso alcuni componenti del gruppo per tentare di conquistarlo, ma erano solo 'numeri', li viviamo come 'anziani sacrificabili'. Non ci fai sentire quanto questo sia ingiusto, quanto faccia soffrire, perché il NOI non ha sentimenti, che sono invece dell'IO. Comunque una buona prova, interessante.
La Medicina Ho l'impressione che pecchiamo nella stessa maniera, un eccesso di accuratezza fin dalle prime battute, che ci porta a scrivere in dettaglio l'incipit e chiudere in fretta il finale, perciò non insisterò sulle critiche che hai già ricevuto. Ti farò invece riflettere su alcuni dettagli della trama e dello svolgimento, in particolare tre. Il primo è il fatto che Paolo viene morso alla gamba, poi corre per tutta la piazza più veloce dei velocitor (nome che li suggerisce particolarmente veloci), poi nel centro commerciale zoppica: qual è l'effettivo stato della sua gamba? Il secondo è il numero di scatole di medicine. A te occorre che sia uno perché ci sia il conflitto fra i due protagonisti, ma che logica c'è in questo? Se il morbo è diffuso come lasci immaginare, allora chiunque ne avrebbe fatto incetta da un posto così facilmente accessibile, non lasciando nessuna scorta dietro di sè. Dunque avrebbero potuto trovarne tante (non viste da altri), oppure zero (già tutte prelevate). Per trovarne una sola doveva essere molto più difficile trovarla (dimenticata dietro un mobile, dentro una cassaforte sventrata da poco da una esplosione, ecc...) L'ordine dei pensieri del protagonista sarebbe stato più logico se avesse previsto di uccidere Elisa DOPO aver attraversato la piazza e non PRIMA, visto che devono andare nello stesso palazzo, che lui è zoppicante e che ci sono due velocitor in caccia che solo la fiamma di Elisa ha potuto tenere a bada. Un buon seme per un ottimo racconto, ma devi innaffiarlo ancora un po'.
"Ho solo due cose da lasciarti in eredità, figlio mio, e si tratta di radici ed ali." (William Hodding Carter)
Ragazzi il racconto di Alexandra mi ha spaccato il cuore, sapevatelo.
CLASSIFICA: 1 Insonnia, di Alexandra Fischer 2 Crudeltà e giustizia, di Davide Mannucci 3 Il reduce, di Agostino Langellotti 4 Massimi sistemi, di Dario Cinti 5 Una vita normale, di Emiliano Maramonte 6 Un tipo senza tempo, di Stefano Moretto 7 La prima fiamma, di Maurizio Chierchia 8 Tormento, di Stefano Floccari 9 La medicina, di Giulio Marchese
Insonnia, di Alexandra Fischer
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Buondì Alexandra, ho terminato il racconto e devo dire che mi è rimasto. All’inizio dei tentennamenti, ma sorvolo volentieri: trovo che hai utilizzato uno stile adatto al messaggio che volevi portare. Una casa che è angusta per entrambi, una casa che per tutto il testo sembra essere il loro problema, e nel disvelamento finale ti trovi a capire che è invece l’unico porto sicuro, l’unico punto fisso. Trovo che sei riuscita a dosare bene il tuo infinito potere immaginifico (che tutti ti invidiamo) e imbrigliarlo in una struttura che ha reso. Decadente ed emozionante, mi è piaciuto!
Crudeltà e giustizia, di Davide Mannucci
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Ciao Davide, vabbè ormai su 6 edizioni di quest’anno è la quinta volta che ti valuto, mi sento quasi in imbarazzo e non so più cosa inventarmi. Scritto bene, un testo duro e pulp, un protagonista che passa da buono a cattivo. Benone. Detto questo, parlerò di tutt’altro e giusto per aggiungere caratteri. Con la frase d’apertura mi hai fatto venire in mente un commento che mi avevano postato il primo anno che partecipavo. Mi era stato fatto notare che richiamare il tema in modo esplicito nel titolo o nel testo poteva essere evitato. Qui tu lo usi come jingle che ritorna più volte, e quindi il ragionamento non si applica. Io invece avevo la coda di paglia: c’era un motivo specifico per il quale avevo richiamato il tema, e cioè che nessuno mi dicesse che, appunto, non ero in tema. Però non ci ho mai creduto troppo a questa storia, anzi ti esorto a non pensarci affatto. Capito? NON ci pensare affatto, è una fisima che si fa qualcuno e del tutto priva di fondamento. Se al prossimo racconto ci penserai, sarà perché non mi hai ascoltato. Oh, bene, ho raggiunto i caratteri! Vedo di inventarmi qualche altro aneddoto per il prossimo mese, che di sicuro ti dovrò valutare :D (elencherò la programmazione del multisala a Brescia).
Il reduce, di Agostino Langellotti
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Ciao Agostino, un bel racconto. Non mi ha dato un colpo da knock-out sul finale, ci speravo, ma scritto bene e condotto bene. Quindi insomma, nulla da dire. Anzi ecco, una cosa mi è venuta in mente: i dialoghi. Dal momento in cui riconosce la sua amata (non prima, prima vanno bene), i dialoghi sembrano a tratti posticci, qualcuno direbbe “on the nose”. Avendo già introdotto il concetto di “mia moglie”, forse poteva essere gestito più per sottintesi (ma queste sono scelte di regia). Ben reso il momento in cui cerca di andare da lei e la gruccia scivola sulla buca, molto d’effetto.
Massimi sistemi, di Dario Cinti
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Ciao Dario, complimenti per l’idea. Ci è voluto un attimo per capire l’impianto della storia, inizialmente non riuscivo a staccarmi dall’assunto che il tutto fosse già successo e quindi mi chiedevo quale fosse la NUOVA teoria. Poi tutto si è chiarito, e mi sono goduto la storia davvero rivoluzionaria. Penso che il punto di forza sia che hai messo in scena non la rivoluzione in sé, ma come il tutto viene vissuto dalle due sorelle, che hanno già i loro problemi senza che qualcuno metta loro il carico da novanta. Insomma, un bel what if senza lasciare che il what if prevalga. L’hai giocata bene. Per lo stile ormai vai che è un piacere, bravo.
Una vita normale, di Emiliano Maramonte
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Ciao Emiliano! Dunque dunque: un racconto circolare che mi ha convinto meno nella prima parte, salvo poi recuperare nella seconda. Che è sicuramente meglio rispetto al contrario, partire bene e finire male :D Allora, uno dei problemi che ho rilevato nella prima parte è la fatica nell’attribuzione dei dialoghi: tanti salti di riga e quindi ho dovuto rileggere più volte per capire che era sempre Bastiano. Conta poi che ero convinto che con “moglie” all’inizio mi ero convinto che Sara fosse la figlia, per un totale di quattro. Ma nella seconda metà (più o meno da quando sono sul divano) il mio cervello ha fatto clic, e ho proseguito dritto verso il finale senza altre interruzioni. Un racconto circolare che mi ha comunicato frustrazione e spaesamento, quindi è arrivato, e al netto delle considerazioni di cui sopra è scritto bene (al solito tuo!). Lo posiziono sotto il racconto di Agostino, che invece ho letto tutto d’un fiato senza perdermi!
Un tipo senza tempo, di Stefano Moretto
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Ciao Stefano, hai una scrittura molto pulita, davvero non ho nessun appunto da farti e riesci a rendere perfettamente comprensibile e chiaro il setting al lettore. è un peccato che la storia parta bene e si perda sul finale: la tensione si smussa a poco a poco e va a morire proprio nel momento in cui l’incisività doveva farla da padrone. Ma insomma, in MC riuscire ad azzeccare tutte le parti del racconto è sempre un’impresa, non ne farei un dramma. Indicativamente, direi che piazzerei il tuo testo sotto quello di Emiliano, che invece è partito non proprio allineato ma poi ha chiuso bene.
La prima fiamma, di Maurizio Chierchia
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Ciao Maurizio, la tua narrazione è diretta e stilisticamente buona. Il problema, secondo me, è che risulta priva di mordente. Come il racconto di Marchese, c’è una lunga sequenza di azioni: anche molto dettagliate, intendiamoci, ma leggendo ho avuto quel senso di “eh, va bene, ok, però quando arriviamo al dunque?” Una sensazione di pancia, proprio. La considerazione che ne emerge è che forse potevi gestire tutto in meno spazio. Se avessi avuto il limite di 4000 caratteri, o anche di 3000, non sarebbe stato un grosso problema: molti dei segmenti possono essere tagliati senza togliere il succo della storia; anzi, forse il testo ne avrebbe guadagnato. Davvero molto simile a quello di Marchese come struttura; questo lo posizionerei sopra perché il finale è più integrato con il resto del racconto.
Tormento, di Stefano Floccari
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Ciao Stefano, purtroppo c’è qualcosa che non ho capito nel plot. Primo paragrafo: lui sta intervistando una vittima di stalker e lo stalker non si sa chi sia. Secondo paragrafo: lui dice di averla incontrata in palestra qualche mese fa. Ok, penso, allora lo stalker è lui. Sembra quasi impossibile che stia intervistando la sua stessa vittima, ma così è. Poco più sotto, con quel “prima o poi farà un errore” detto dal protagonista, penso che lui sia davvero audace. Terzo paragrafo: qui mi si incasina tutto. Sulle prime penso che stia facendo il finto tonto, nonostante quel “io cado dalle nuvole”. Poi con “la guardo sbigottito” comincio a convincermi di aver frainteso tutto. E quando l’assistente sul finale sorride, penso: allora probabilmente è una trappola dell’assistente, che vuole vendicare il genere femminile tutto. Però poi mi viene il dubbio, le due erano d’accordo? Perché Roberta le ha sussurrato qualcosa. Forse la vendetta è meglio se la si fa in due. E però poi mi chiedo: potrebbe essere Roberta, la stalker. Potrebbe essere sempre stata lei, e che si ritrovi lì è davvero davvero una coincidenza. Insomma, ho un sacco di domande alle quali non ho saputo dare una risposta!
La medicina, di Giulio Marchese
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Ciao Giulio e bentornato. Un racconto fatto di molto “action” e avventura. Allora, mi raccomando fa’ attenzione ai refusi e agli errori grammaticali: da un lato è vero che siamo tutti di fretta e qualcuno può scappare, e nessuno ci bada più, ma resta il fatto che balzano all’occhio quando sono così tanti. Considerazioni sul finale: in questo clima da far west immagino che la risoluzione omicida del protagonista possa essere meglio digerita: però mi sarebbe piaciuta una semina maggiore. Il background “dobbiamo sopravvivere a qualsiasi costo” ci può stare, per carità. Ma sta comunque per ammazzare una persona che gli ha appena salvato la vita. Il fatto che non abbia nemmeno uno scrupolo mi rende il momento un filo freddo, disumanizzato.
Secondo me il contesto, vista la situazione attuale, è un po' furbo e paraculo, ma pensandoci bene è compito di uno scrittore parlare dei tempi che sono e meglio ancora di ciò che sarà o potrebbe essere, quindi la prendo come una cosa positiva e non un malus.
Tutta la parte precedente al finale mi sapeva un po' di cliché, ma alla fine il confronto e come tratteggi i personaggi riesce, anche se è un tema non proprio originale. Ma mi ha lasciato colpito, emotivamente preso. E preferirò sempre un racconto che ha tutti i motivi per non conquistarmi, a livello stilistico e di scelte, ma alla fine ci riesce comunque, a uno che banalmente non lo fa anche se ineccepibile.
Il tuo racconto è uno dei motivi per cui mi piace leggere (e scrivere): la narratologia dice e insegna che qualcosa non dovrebbe funzionare, eppure, come il volo del calabrone, lo fa comunque.
2 La Prima Fiamma, di Maurizio Chierchia.
Il tuo racconto mi è piaciuto molto. E pure la scelta della prima persona plurale nella narrazione.
Il tutto dà un incedere incalzante e ritmato alla narrazione, che rende un'atmosfera storica e potente. Era una scelta stilistica inusuale e azzardata, ma nel contesto l'ho trovata funzionale e decisiva per la riuscita del racconto.
Complimenti!
3 Massimi Sistemi, di Dario17.
Secondo me non c'è più o meno nessuna aderenza al tema, che è lo stesso difetto che ho trovato nel racconto di Stefano Floccari. È una cosa che normalmente mi indispone e inficia le mie valutazioni. Però chissene, il tuo racconto mi è piaciuto, lo stile e il retelling (lo si può definire così un caso come questo?) li ho trovati divertenti e appassionanti, e quindi, questo è un po' il mio leit motiv nelle mie misere due partecipazioni a Minuti Contati, chissene delle regole e di come dovrebbe essere la scrittura: il mio giudizio è più che positivo.
4 Crudeltà e Giustizia, di Davide Mannucci.
Hai tratteggiato così bene la crudeltà, la follia, la lucidità con cui compiere gesti atroci e insani, che se mai nella vita ci troveremo a brindare assieme, non berrò mai da un bicchiere lasciato incustodito e non andrò mai al bagno lasciandoti la benché minima possibilità di applicare la mossa universalmente conosciuta come "la Bill Cosby".
(Prendilo come un complimento!)
5 Insonnia, di Alexandra Fischer.
Di solito questo tipo di "racconti" (non so nemmeno se come struttura si possa definire tale) non mi piacciono molto. Io amo le storie, i personaggi, voglio essere testimone di un cambiamento, di un omicidio, di un'atto di coraggio, della caduta di un eroe, cose così, non sono attratto dai flussi di coscienza e di solito li trovo tra il brutto e l'illeggibile, principalmente perché richiedono una abbondante dose di stile e classe, e abitualmente ne scrivono persone che non ne hanno.
Tutto sommato però il tuo scritto non mi è dispiaciuto. Non è comunque la mia tazza da thè, ma se sono riuscito comunque ad apprezzarlo vuol dire che ha uno stile sufficientemente buono per riuscire a reggere un flusso di coscienza. E come dicevo non è cosa da tutti!
6 Un Tipo senza Tempo, di Stefano Moretto.
Nel bene e nel male l'ho trovato un racconto by the book. Ogni tua intenzione, all'interno della tua narrazione, lascia intravedere chiaramente il tuo intento, il motivo che vi è dietro. Ciò denota un pensiero, un'intenzione, ma allo stesso tempo mostra la mano che lo spinge in quella direzione. Mi spiego: alcune frasi e azioni del "tipo senza tempo", sembrano la risposta canonica, a mo' di esempio, su come in un corso di scrittura un docente mostrerebbe come generare empatia. Ciò significa che la costruzione è corretta, ma è anche così classica da avvicinarsi pericolosamente ai cliché.
Il risultato è per me un racconto ineccepibile, "corretto", ma che mi pare che non si prenda rischi. E per me un racconto che non rischia è come non andare oltre la seconda con una Ferrari.
7 Tormento, di Stefano Floccari.
La cosa che mi è piaciuta meno è la davvero labile aderenza al tema. Volendo sì, potrebbe essere un racconto su "Mondo Crudele", ma se facciamo sforzi di immaginazione possiamo costruire ponti su ogni tema. Dovrebbe essere uno sforzo dell'autore, non del lettore.
A catena questa cosa mi ha rovinato il resto della lettura. Perché è come andare a vedere il nuovo film di Batman e trovarmi che so? Un film di Virzì. E a me piacciono entrambi (anzi: sogno prima o poi Bruce Wayne che pattuglia Livorno di notte), ma quando mi aspetto una cosa vorrei trovare quella.
8 Una vita normale, di Emiliano Maramonte.
È un racconto che gira, letteralmente, un po' su sé stesso. Sarà anche voluto, ma a me ha lasciato la sensazione di essere bloccato con il protagonista.
Se ho inteso l'intento del racconto (e non sono sicuro di averlo fatto), avrei preferito un maggiore contrasto tra la vita normale e la follia. Qualcosa di stridente tra le due cose. Così mi risulta tutto troppo scialbo per crearmi qualche emozione.
9 La Medicina, di Giulio Marchese.
Ho trovato l'idea di base un po' debole, ti sei premurato di costruire delle scene, con un'azione, dei conflitti, ma è proprio l'idea fondante che non è chiara o non è sviluppata. I refusi e gli errori per me, visto il format, sono comprensibili e normali, e di solito per me sono ininfluenti, perlomeno nel contesto di Minuti Contati, ma in questo caso si nota proprio che hai scritto di fretta, e sono più frutto di un lavoro di scrittura convulso, più che congenito.
Qualcuno molto di recente mi ha ricordato che gli strumenti devono essere quello che sono, strumenti. Quindi questa volta ho deciso di ragionare su questo: scriviamo in 4 ore racconti che sono prime stesure in realtà, siamo tutti molto bravi. Premio le storie che mi hanno incontrato e quelle che mi hanno insegnato due lezioni da ricordare: infilarsi nei punti di vista difficili ci aiuta a crescere, ogni storia vuole lo stile che meglio si adatta a raccontarla e viene prima del resto.
1. Crudeltà e giustizia, di Davide Mannucci 2. Insonnia, di Alexandra Fischer, 3. Una vita normale, di Emiliano Maramonte 4. Un tipo senza tempo, di Stefano Moretto 5. Il Reduce, di Agostino Langellotti 6. Tormento, di Stefano Floccari 7.Massimi Sistemi, di Dario Cinti 8.La Medicina, di Giulio Marchese 9.La Prima Fiamma, di Maurizio Chierchia
Davide Mannucci
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Ciao Davide, il racconto è molto buono per i dati sensoriali multipli che hai usato, per la tensione e l'angoscia. Migliore la prima parte in cui piano piano capiamo che il tizio è un po' come gli ospiti di Dieci Piccoli indiani se mi permetti la citazione. Le sue vittime sono tornate a cercarlo. Non ho gradito moltissimo mettermi nei suoi panni, man mano che capivo mi allontanavo da lui, quindi PDV rischioso, ma mi pare che sia proprio la tua caratteristica degli ultimi tempi sperimentare con personaggi difficili.
Ho la nausea e mi sto di nuovo cagando addosso, mentre le immagini cambiano e Serena è sotto di me, nella sua cameretta. questa è troppo esterna e calma per uno che sta in tale situazione, si sente l'autore che ci vuole colpire con il contrasto fra il farsela addosso e i ricordi della violenza. Molto caricata.
Conclusione: uno dei migliori, anche se meno convincente del tuo precedente. Trovo che il punto debole stia nel calcare troppo sul tema, lo ripeti, lo espliciti e ce lo fai stare dentro a martellate quando in realtà si capisce dal contesto.
Ciao e alla prossima
Stefano Moretto
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Ciao, Stefano piacere di leggerti. Il tuo racconto è ben costruito con tutte le parti a posto. Mi manca una caratterizzazione migliore del pdv e un po' di tensione, infatti tutto è già determinato fin dal momento in cui si capisce che il ragazzo è malato. Il fuoco della scena se posso usare un termine teatrale è il ragazzo malato e il personaggio portatore di punto di vista sembra al suo servizio, si trova lì non si sa perché tanto bene in quel momento. Con più informazioni su di lui, magari date dal fraseggio interiore, anche il finale mi sarebbe arrivato in modo incisivo. Come risuona con la sua storia personale questa esperienza? Se ho la possibilità di comprenderlo meglio, anche ciò che gli accade mi colpisce di più. Conclusione: Scrittura precisa e scorrevole. Crei comunque una situazione forte che centra appieno il tema, il finale mi è sembrato meno incisivo del resto.
Buona edizione
D. Cinti
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Ciao Dario, la tua è una grande idea della quale non son degna perché alla prima non ci avevo capito niente. Ho preso tutto al contrario e ho pensato che il tuo Galileo odierno fosse diventato negazionista… vabbè. Devo smettere di leggere i racconti all’alba del mercoledì. Resettata la prima lettura mi sono concentrata sulla seconda. Ho seguito bene la sequenza iniziale, la scena delle compagne che si buttano per terra è simpatica. Ho apprezzato il gioco dell’assurdo, i nomi datati e il dono del telescopio.
Certo, tutto è molto strano perché la stessa presenza degli smartphone ci dice di una società con satelliti in orbita. Come non si sono accorti di girare? Ma si può ignorare la cosa in nome della provocazione. Che ne sarebbe stato di Galileo oggi? O di qualsiasi grande innovatore? Come sono stati perseguitati allora lo sarebbero pure oggi perché il mondo è crudele. L’adesione al tema l’ho vista così.
Una nota sui nomi. Nella prima sequenza un nome di una che la prende in giro è Tullia, alla fine c’è Olimpia. Poteva essere un buon gancio ripetere lo stesso nome così almeno anche il lettore ce l’avrebbe avuta con Tullia. Lo stile ha un andamento corposo con frasi lunghe e un poco attorcigliate Virginia riesumò dagli scaffali della memoria la prima infornata di commenti che lesse subito dopo ma anche immagini efficaci che ho gradito come la punta della scarpa scavò una piccola ferita nella ghiaia
il testo presenta qualche ripetizione soprattutto tra aggettivi personali, ma siamo su MC, in pratica ogni racconto è una prima stesura, perciò ho deciso di imparare a ignorarle, le lascio pure io e le odio ma sono cose che sparirebbero con una lettura il giorno dopo.
In conclusione grande spunto, realizzazione che sviluppa solo in parte il suo potenziale. Buona edizione
E. Maramonte
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Ciao Emiliano, piacere di leggerti. Tema centrato nella battuta del protagonista che non riesce a uscire di casa, vuole una vita normale e invece fa di tutto per non averla. Hai scritto un racconto difficile, dallo stile asciutto e pulito. Trovo che nei tuoi racconti ci sia sempre quella punta di sperimentazione e ricerca che dice di un continuo mettersi in gioco. L’interazione del protagonista con i personaggi immaginari mi ha messo in difficoltà e non ho avuto bene presente la situazione. Se lui è il punto di vista, come mai non conosciamo le risposte di Sara e del figlio? Hai scelto consapevolmente, penso, di nascondercele proprio per rendere l’idea dell’alienazione e dei disturbi psichiatrici. Conclusione: stima per l’ideazione e la struttura dal punto di vista tecnico, ma dal punto di vista del godimento ho avuto difficoltà ad entrarci. Meglio alla seconda lettura. Buon divertimento in questa edizione e alla prossima.
Tormento, Stefano Floccari
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Ciao Stefano, sono di nuovo qui a commentarti! Mi piace l’aspetto di denuncia sociale ed esplorazione dell’umanità che stanno prendend o i tuoi ultimi racconti. In questo ho trovato una buona costruzione del personaggio principale. Avendo scelto il villain non si ottiene empatia, piuttosto antipatia e desiderio che sia sconfitto, se questo era il tuo obiettivo: ci siamo, ben gestito. Per quanto riguarda la trama ci sono alcuni elementi che non mi convincono: gli indizi che semini, il comportamento del pg e alcune sue affermazioni, i poliziotti velocissimi che vivevano già nello studio o forse erano già stati chiamati da qualcuno, l'assistente misteriosa. Per tutto il racconto fai comportare lo stronzo come un mega maniaco e ci fai sospettare che sia il colpevole, poi ci freghi perché finisce incastrato. Ok, va bene sorprendere il lettore. Ma il finale in cui viene arrestato per una cosa che non ha fatto non si regge per mancanza di indizi, per via dei poliziotti che arrivano troppo presto e perché è meno potente di quanto sarebbe se lui fosse stato così vanaglorioso da fregarsi da solo (dato che aveva dichiarato “prima o poi farà un errore”).
Conclusione Idea intrigante con un finale non del tutto soddisfacente. Alcune sbavature stilistiche Il mondo crudele dove sta però? Nel fatto che viene catturato un colpevole che però non è colpevole esattamente di questo reato? Non lo colgo del tutto. Buona edizione
IL reduce, Agostino Langellotti
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Ciao Agostino, piacere di leggerti ancora. Il tuo racconto è emotivamente coinvolgente, spingi le ingiustizie subite dal tuo reduce a un tale livello da far venire voglia di entrare nella storia e dirne quattro a tutti. Il pregio maggiore perciò è l'empatia che si genera con il protagonista che subisce una sofferenza ingiusta. Tutto è gestito benissimo nella prima parte, nella seconda, dal momento in cui lui chiede della madre e riconosce la donna, mi è mancata la coerenza con l'obiettivo iniziale. Il pg affronta un viaggio per lui faticoso, arriva alla palazzina e cerca sua madre, ma poi se la dimentica del tutto. È vero che è ormai preso dalla ex eppure io continuavo a chiedermi “e la mamma?” La fidanzata poi è talmente crudele e glaciale da risultare stonata. Esistono persone così però, quindi non trovo che sia un errore inserirla, solo una scelta che non piace a me per puro gusto. Preferisco personaggi meno monolitici. Resta il fatto che in 5000 caratteri sei riuscito a ricostruire tutto un mondo di dolore, ingiustizia, abbandono. Stile scorrevole, soffre un poco della questione delle micro frasi che sono una sbavatura che ritrovo anche io quando devo scrivere successioni di azioni, rimanendo focalizzata nel personaggio, ma ritengo che non siano da sanzionare in una gara così, perché sono cose che si sistemano con la revisione e più tempo. buona edizione
Alexandra Fisher
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Ciao Alexandra, ben trovata. Un flusso di coscienza che funziona bene. L’insonnia rende difficile pensare, così il mondo onirico e quello reale si frammentano e si mescolano e il tuo testo rende molto bene l'idea. Il genere si adatta al tuo stile che ha come caratteristica l’accumulazione di dettagli. Come gusto personale alcuni passaggi li avrei alleggeriti, ma per essere un testo scritto e revisionato in 41 minuti non so come poteva essere fatto meglio, quindi un buon lavoro. (Ma come fai a essere così veloce? Io sono lentissima!) Il tema è centrato anche se in modo molto leggero. La disillusione per la vita reale e il desiderio dei sogni si collegano al concetto di mondo crudele. Buona edizione
Giulio Marchese
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Ciao Giulio, ho letto il tuo racconto con interesse e un po' di dispiacere per i tanti refusi, soprattutto gli accenti. Tengo presente l'orario in cui hai consegnato e capisco benissimo l'ansia, anche io per la fretta di consegnare ho lasciato qualche sbavatura di troppo e mi mangio le mani. Non voglio che sia il tuo stesso stato d'animo. Perciò mi soffermo solo sulla storia. Il tema è centrato con un racconto post apocalittico che rientra benissimo nella sfida. Il bambino che incontra la ragazzina che lo salva mi ha dato un senso di familiarità, interessante invece la chiusa che dà all’idea di mondo crudele una connotazione ancora più cupa e dolorosa. Mi è piaciuto il ritorno delle istruzioni della madre con la nuova aggiunta. Sono convinta che con una rilettura avresti trovato il modo di approfondire il finale, inserendo qualche pensiero e un conflitto di coscienza maggiore, eliminando magari qualche frase ridondante. Per esempio Per Paolo c’era solo una cosa da fare: doveva uscire. Era stata sempre sua madre a pensare alle provviste, all’acqua potabile e a tutto quello che poteva servire in quel mondo malato. Era giunto il momento di ricambiare almeno in parte quanto aveva fatto per lui. Non era più un bambino ormai. Anche senza le parti sottolineate il testo funziona e rende l'ambientazione e la situazione.
Conclusione. Hai fatto bene a buttarti nella mischia. La storia è comunque piacevole. Finisce in svantaggio rispetto ad altre più curate o più insolite, però la parte della lotta e l'alleanza fra i due bambini nella sequenza centrale, anche se appartenente in piene a una serie di topoi, mi ha coinvolta. Buona edizione
Maurizio Chierchia
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Ciao Maurizio, piacere di leggerti. Da una parte il tuo racconto mi ha ricordato la saga di Ayla della Auel, l’ambientazione preistorica mi piace sempre, dall’altra la scelta della prima persona plurale è buona all’inizio ma in 5000 caratteri l’ho trovata pesante. Mi aspettavo, anzi desideravo, che si passasse a una terza o addirittura a un io. Dal gruppo all’individualità sarebbe stato un vero colpo da maestro. I pregi sono di certo il tema centrato, la scelta della tematica storica che con me è sempre un punto a favore, il senso di pesantezza e condanna che la prima plurale così cadenzata e martellante trasmette al lettore. In conclusione un testo coraggioso che però, non avendo mai un vero e proprio personaggio singolo per cui tifare, fa del suo punto di interesse, la scelta narrativa insolita, anche il punto di debolezza.
Spero di essere stata abbastanza comprensibile Buon divertimento e alla prossima
1) Crudeltá e giustizia 2) Tormento 3) Insonnia 4) Una vita normale 5) Il reduce 6) La medicina 7)Massimi sistemi 8) La prima fiamma 9) Un tipo senza tempo
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Crudeltà e giustizia - di Davide Mannucci
Ciao Davide piacere di conoscerti (:D) Che bel nome!
Il tuo racconto mi è piaciuto, il tema è quello della vendetta e viene portato avanti con coerenza e con un ottimo stile. L'ho trovato un po' lungo, credo che con 1000 caratteri di meno forse avresti reso il tema con maggiore contundenza. A rileggerti presto.
Un tipo senza tempo - di Stefano Moretto
Ciao Stefano. Il tuo racconto l'ho trovato perfettamente in tema, però purtroppo non è riuscito a suscitarmi nessuna empatia verso la storia del ragazzo malato. La storia mi è sembrata del tutto artefatta e sinceramente poco credibile, sopratutto per il messaggio finale, che pecca di mancanza di originalità e che credo ben pochi appenderebbero in salotto. Sulla scrittura non ho niente da criticarti. A rileggerci nella prossima edizione.
Massimi Sistemi - di Dario17
Ciao e bentrovato. Da un lato è stata una piacevole sorpresa leggere di posti dove sono nato e cresciuto (ho vissuto la mia infanzia dal lato del versante "povero" di Arcetri e passavo spesso davanti alla villa dove visse Galileo) dall'altro devo dire che non c'ho capito una beata $eg@. Il tema del contest non ce l'ho trovato e non ho davvero capito come si possa coniugare un mondo con una visione geocentrica con la tecnologia moderna. Devo dire che mi sono veramente perso per la strada. Per il tema dello stile invece mi è piaciuto molto come scrivi, ma a questo punto mi rimane un po' in secondo piano. Comunque sono curioso di leggerti di nuovo. Un saluto.
Una vita Normale - di Emiliano Maramonte
Ciao Emiliano un racconto che scorre bene. Si capisce subito che c'è qualcosa fuori posto perché il protagonista parla da solo all'inizio (come me, mbuahaha). Credo che forse lo avresti potuto accorciare un po', sopratutto nella prima parte. Ma l'ho trovato piuttosto godibile e in tema quindi tutto ok per me. A rileggerti!
Tormento - di Stefano Floccari
Ciao, sorvolo sui difetti che hanno segnalato gli altri per dirti che a me è piaciuto. Alla fine mi hai fregato, mi hai fatto cadere in trappola come un babbeo e quindi il mio giudizio è solo positivo. A volte scrivere di getto aiuta a eliminare i fronzoli e a farsi meno $eghe mentali, ( a me inoltre al fatto che sapere di averlo scritto in fretta mi fa sentire piú tranquillo e giustificato se me lo affossano)
Il reduce - di Pretorian
Ciao grande Pretorian! Piacere di rileggerti. Anche io ho trovato il tuo protagonista un po' troppo passivo e fantozziano. Non dico che la situazione non sia credibile, per caritá, solo che tanto accanimento risulta pesante ( a meno che non si tratti di un cartone anni '80 allora ci sta! :D) Sulla tecnica non ho ovviamente niente da appuntare. Ci rileggiamo il mese prossimo ;)
Insonnia - di Alexandra Fischer
Ciao Shanda! Ci ho messo un po' davvero a capire quello che pensavo del tuo racconto. Non è effettivamente il mio genere o il mio stile. Ma mi è piaciuto. Mi hai fatto entrare in questa atmosfera quasi onirica in cui mi sono perso a tratti inseguendo dei dettagli del testo. Ma in realtá é proprio quello che succede quando sei insonne... Lunghi monologhi di una mente che non vorrebbe essere sveglia. Per cui il mio è un giudizio positivo. Un saluto
La prima fiamma - di Maurizio Chierchia
Ciao Maurizio Un racconto alla prima persona plurale! Per me tutta una novità devo dire. Il punto forte sono le descrizioni, ma la mancanza di dialoghi o di pensieri fanno sì che sembri quasi un documentario. Si aspetta che succeda qualcosa, ma il qualcosa non arriva mai. Manca di azione e di emozione purtroppo, peccato perché l'ambientazione è eccezionale ed è ben scritto. Alla prossima
La medicina - Giulio Marchese
Ciao Giulio un Jurassic Park post apocalittico! Che dire? È evidente che andavi di fretta. A parte i refusi (di cui io non mi accorgo mai ma gli altri sì) si nota per la chiusura frettolosa e lo sbilanciamento tra prima e seconda parte che sei rimasto senza tempo. Ma tutto sommato si fa leggere lo stesso, hai fatto bene a partecipare comunque. Un saluto e alla prossima.
Questa edizione, purtroppo, nessun brano mi ha emozionato particolarmente ma, in compenso, ho trovato molte idee interessanti e sperimentazione! Ecco la classifica:
1. Massimi Sistemi, di Dario Cinti 2. Tormento, di Stefano Floccari 3. Crudeltà e giustizia, di Davide Mannucci 4. Il Reduce, di Agostino Langellotti 5. Una vita normale, di Emiliano Maramonte 6. La Medicina, di Giulio Marchese 7. Un tipo senza tempo, di Stefano Moretto 8. Insonnia, di Alexandra Fischer 9. La Prima Fiamma, di Maurizio Chierchia
Davide Mannucci, crudeltà e giustiza
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Il mondo è crudele. [partire enunciando il tema non è il massimo, spero sia ben motivata questa frase, e non stia solo qui per collegarsi meglio al tema] Lo ha detto prima di uscire, il bastardo. Le catene ai polsi mi lacerano la carne. Il tanfo che mi arriva alle narici e la colata umida e vischiosa lungo le cosce confermano quello che mi ha detto prima di allontanarsi. Ti sei cagato nei pantaloni, omuncolo. Perché sono qui? La luce è debole ma la sagoma di un divano e un tavolino basso mi fanno pensare a una sala.[Avrei detto "Salotto", è più specifico. "Sala" può richiamare ambienti diversi] Sono in un appartamento e, se il mal di testa non mi ha fottuto il cervello, quelli che sento da un po’ sono treni. Ma perché mi ha chiuso qua dentro, appeso come un quarto di bue? La gola brucia, devo bere. La penombra che avvolge la sala comincia a tremare e una foschia cala sul divano e sul tavolino. Ho la nausea. Sto per svenire? Da quanto tempo sono qui? Cazzo, ho bisogno di acqua. [Prima di questo avrei insistito sui sintomi della sua disidratazione, o comunque una realizzazione su questo suo stato (Es: Cazzo, non riesco neanche a ragionare, ho bisogno d'acqua). Altrimenti così il pensiero è un po' isolato dalla frase prima] Un rumore improvviso alle mie spalle e una luce che invade la stanza. [Non sono un fan di questo tipo di frasi. Rendono la lettura più pesante e sono meno immediate, dato che le persone vanno a cercare automaticamente un verbo. Anche quell'"improvviso" è superfluo. Quindi meglio: "Un rumore si levò alle mie spalle, la luce inondò la stanza." ] Eccolo, ha aperto la porta. Cornici con fotografie sopra a un tavolo e un pianoforte a coda. Poi di nuovo la penombra e il rumore della porta che si chiude. [Se l'osservazione appena sopra rispecchia più il mio gusto personale. Qui invece è oggettivamente eccessivo. Una frase senza verbo di tanto in tanto va anche bene, ma tre così vicine saltano all'occhio. ] «Ciao, omuncolo. Dormito bene?».[Mi sa che non te l'ho mai fatto notare, ma la punteggiatura sia dentro che fuori dalle caporali non è consigliata (Alcune CE lo fanno, lo so). Quando c'è il "?" o il "!", il "." fuori non ci va. E' una piccolezza, ma non mi perderei mai un'occasione per romperti i cabbasisi :V] Si avvicina ma non riesco a girarmi. «Chi cazzo sei?». La voce mi esce appena. «Davvero non riesci a ripescarmi in quel cervello di merda che ti ritrovi? Eppure eri così affezionato a me». Ancora i passi che si avvicinano. Ho sete e tutto sta di nuovo piombando nel buio. Perché dovrei conoscerlo? Che cosa vuole da me? Un profumo di pane copre per un attimo il puzzo di merda. Il panificio accanto alla stazione. Cerco di fare mente locale per capire chi possa conoscere da quelle parti. Sto delirando. E se anche conosco qualcuno? «Allora? Sei pronto per lo spettacolo? Io e te adesso giochiamo un po’». Ho voglia di vomitare. Questo pazzo mi ucciderà. Comincia a mugolare un motivetto che mi è familiare, ma non ricordo quale canzone sia. Mi gira intorno e un odore forte di dopobarba mi accelera la nausea. «Davvero non sai che cosa succede?». Mi cascano le lacrime e una fitta al petto mi toglie il fiato. «Ti prego, dammi da bere. Non lo so chi sei. Ti prego». [A questo punto mi inizia a sapere tutto di già visto, situazione davvero tipica in questo genere di storie. ] La sua risata mi penetra le orecchie e la testa inizia a pulsare. Voglio svenire [Qui sarebbe stato più d'effetto un "devo svenire", a mio avviso. Avrebbe mostrato, per un momento, un lato molto razionale del protagonista.] o il cervello mi scoppierà. «Certo, adesso vuole pure l’acqua lui. Smettila di frignare e guardami». È davanti a me, ma vedo solo un’ombra. «Il mondo è crudele, ricordi?». La sua sagoma comincia a muoversi e la nausea è insopportabile. Mi gira la testa. Un’immagine si fa spazio nella mia mente. [Eh no! Descrivimi cosa vede, cosa gli fa richiamare il pensiero di lapo. La linea della mascella? una fronte particolarmente spaziosa? Qualcosa ci deve essere per forza.] Gli anni novanta, quando insegnavo al Da Vinci. No, non può essere. «Tu, tu...sei...». La gola è in fiamme e i singhiozzi mi impediscono di fare quel nome. «Ti ricordi il tuo alunno preferito?». Si avvicina e si inginocchia davanti a me. Non riesco a vederlo in viso. Ma che cazzo sta facendo? Le sue mani indugiano sul mio ventre poi mi sbottonano i pantaloni. [Che vuol dire che indugiano? Lo sta accarezzando? O sta solo cercando il bottone? Specificalo perché, in base a quello, la scena ha una temperatura ben diversa. Il lettore non sa ancora le intenzioni dell'uomo e potrebbe farsi un'idea sbagliata.] «Ti prego, no». «Tu mi preghi? Davvero funziona? Ti pregavo anche io, no?». Li sfila e resto appeso alla trave, seminudo e con le gambe merdose. Si alza e avvicina la sua bocca alla mia. «Mi fai schifo, sai? Ma adesso voglio mostrarti a un’amica». Ride di nuovo e si allontana. Lapo? No, non può essere lui. Lo vedo [Attento a questo verbo percettivo. Sei immerso nel punto di vista e in prima persona.] avvicinarsi al divano, oltrepassarlo e aprire un’altra porta. «Entra pure cara, lo zio ti aspetta». Oddio, Serena! Sono finito. Lo stomaco viene invaso da un’onda che dal ventre risale su fino a riempirmi la bocca. Mi butto in avanti e la apro. Non so per quanto vomito. Mi sembra tutto rallentato, tutto eterno. Una risata arriva dal divano. Si è seduto il pezzo di merda. Cerco di produrre saliva per ripulirmi la bocca ma riesco solo a farmi venire una nausea più forte. Serena mi guarda, silenziosa. La luce che proviene dal corridoio le illumina i capelli biondi e mostra un viso sempre grazioso. La mia Serena. «Serena, che succede? Come stai? Ti ha fatto del male?». La testa continua a pulsare. «Figlio di puttana, se le hai fatto qualcosa giuro che...». Lui si alza di scatto e si avvicina a passo svelto. Poi si blocca e mi fissa con quegli occhi che ora riconosco. La luce mi rivela quel taglio triste che tanto amavo trent’anni fa. Lapo, il mio Lapo. «Cosa giuri, idiota? Cosa fai eh?». La voce è terribile, anche se forse sta tremando. «E poi le hai già fatto tutto tu, bastardo. Ha solo quattordici anni». Serena si muove verso di lui, gli è quasi attaccata e...che succede? Si prendono per mano. Il capogiro si fa più forte e lo stomaco è in subbuglio come se avessi ingoiato cavallette vive. La mente produce immagini e suoni e mi ritrovo nella sala dei professori, anni fa; la luce è soffusa e la mia mano è tra le gambe di Lapo. Lui continua a dirmi di no ma la sua erezione dice il contrario e continuo la mia carezza. Ho la nausea e mi sto di nuovo cagando addosso, mentre le immagini cambiano e Serena è sotto di me, nella sua cameretta. Mi prega di smettere ma la sensazione che quel corpicino mi dà è più forte di tutto il resto. Un rumore mi riporta qua. Si avvicinano. Lui si china di nuovo su di me. «Adesso ti facciamo ciò che doveva farti mio padre molto tempo fa». Qualcosa mi penetra la coscia. Un dolore forte, lungo. «Il mondo è crudele ma a volte è giusto». [Questa ripresa della prima frase va bene, ma secondo me è comunque troppo sgamato così.]
Commento: Né caldo né freddo. Non ci ho trovato grandi guizzi di originalità, né nelle descrizioni, né nei pensieri, né nell'idea in sé. La storia è ok, ma si capisce presto che il protagonista ha fatto qualcosa al rapitore e non c'è un vero colpo di scena che trasforma l'atto di un sadico in una "giusta" vendetta. Quindi, per gran parte della vicenda, l'incognita è solo capire cosa gli ha fatto il protagonista. Purtroppo la rivelazione è abbastanza debole, quello della molestia sessuale è un tropo classico e non c'è una vera introspezione del protagonista su di essa (oltre al mero ricordo). Per come l'avevi impostata, ci sarebbe stata bene una colpa che il protagonista non sapeva di avere, magari una conseguenza indiretta delle sue azioni. Ma qui finiremmo a parlare di argomenti troppo specifici, e ho ancora 8 brani da analizzare XD Buono il macabro, ma ho trovato lo stile un po' meno affilato delle scorse volte. Potevi essere più specifico in molte delle descrizioni, ma nulla di troppo grave.
Stefano Moretto, Un tipo Senza tempo
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Stringo gli spallacci dello zaino che mi stanno tranciando le spalle. Sapevo che non dovevo caricarlo così tanto, accidenti a me, sono a poco più di metà strada per il rifugio alpino e ho già il fiatone. Almeno gli alberi mi fanno ombra e la brezza è piacevole. Al prossimo tornante c'è una panchina, magari mi fermo cinque minuti per riprendere fiato. Eccola, appena dietro quegli alberi. Libera, per fortuna non siamo ancora in alta stagione o non troverei neanche un angolo per terra dove sedermi. «Ehi.» Una voce alla mia sinistra mi fa sobbalzare. «Mi dai una mano?» Un ragazzo sulla ventina se ne sta appoggiato a un albero, così immobile che non l'avevo neanche visto. Ha delle occhiaie profonde e il viso scavato, i capelli sudati sono appicciciati alla fronte. Spero non sia un tossico. Mi avvicino di mezzo passo. «Tutto bene, amico?» Lui fa un sorriso a mezza bocca. «Non proprio. Mi aiuti a raggiungere la panchina? Riesco appena a stare in piedi.» [Qui ci sarebbe stata bene una descrizione della sua voce o del suo modo di parlare, dato che poco dopo scopriamo che è affannato e ha problemi ai polmoni. Sembra strano altrimenti che il PDV non noti nulla di particolare al riguardo.] E ti pareva. Vabbè, ci stiamo anche in due. Non ha uno zaino e indossa abiti leggeri, non sembra un escursionista, anzi, sembra appena scappato di casa. Ai piedi ha delle logore scarpe da ginnastica sporche di fango. Decisamente non dovrebbe essere a quest'altezza conciato così. Però non sembra pericoloso. Mi avvicino. «Vieni, ti aiuto.» Lo sorreggo. «Mio dio, ma sei pelle e ossa.» Ridacchia. «Grazie.» Raggiungiamo la panchina, lui si siede e tira il fiato. Ha il respiro affannosso. Non mi va di lasciarlo qui così. «Devo chiamare qualcuno?» «Oh, se hai il numero di Gesù,» tossisce, «è l'unico che può aiutarmi ora.» [Carino] Mi tolgo lo zaino dalle spalle e mi siedo accanto a lui. «Dai, non può andare così male.» Sorride. «I miei polmoni sono andati, amico.» Tossisce ancora, più forte. «E vuoi ridere? Non mi sono mai fatto neanche una cicca in tutta la mia vita.» Oh, io e la mia linguaccia. «Mi dispiace.» Lui scrolla le spalle. «Scusami tu. Non volevo coinvolgere nessuno, ma stavo per morire a terra come un coglione.» «Capisco.» Guardo davanti a noi, la foresta prosegue tra le valli, interrotta solo dalla città in lontananza. A destra, sulla vetta della montagna, splende il gigantesco ghiacciaio. «È un bel posto per morire, immagino.» [mmm poco credibile una frase del genere] Lui ride ancora più forte finché la tosse non gli stronca la risata. Inarco un sopracciglio. «Cosa c'è da ridere?» Tossisce ancora e si ricompone. «Questa per te è una bella vista? Da quanto vieni qui?» «Cinque anni? No,mi sono trasferito quattro anni fa.» «Allora ti dico cosa vedo io. La vedi quella valle laggiù?» Indica un punto sotto al ghiacciaio. «Quand'ero piccolo il ghiacciaio arrivava fin lì, ora iniziano a crescerci le piante. E dall'altro lato» Il suo dito si sposta verso la città. «La foresta perde terreno per far spazio a fabbriche, case e parcheggi.» Tossisce ancora. «Quando mio padre mi portava qui, la vista era tutta un'altra cosa.» Il ragazzo non avrà più di venticinque anni a occhio, questo posto è cambiato così tanto in così poco tempo? Però dev'esserci un motivo se ha scelto di venire qui. «Allora sei qui per la nostalgia?» Scuote la testa. «No, volevo solo vedere un'ultima volta quanto fa schifo il mondo.» «Perché? Cioè, non capisco, di solito si cerca la pace negli ultimi momenti, no?» Si ficca una mano in tasca in cerca di qualcosa. «I miei sono morti e non ho amici. Dove dovrei trovarla, in un polveroso letto d'ospedale?» Tossisce e tira fuori dalla tasca un pezzo di carta appallottolato. «Ne faccio a meno. Almeno qui posso ricordarmi che lo schifo è un po' ovunque e non sono l'unico a essere stato sfigato nella vita.» Se davvero esistono le cinque fasi, credo che sia in pieno in quella depressiva. Non so se dire qualcosa per aiutarlo, rimanere in silenzio o andarmene. Non so neanche quanto tempo gli resta. Dio, non so neanche come si chiama. Guardo il pezzo di carta che stringe in mano. «Cos'è quello?» Abbassa lo sguardo e se lo rigira tra le mani. «Questo... volevo scrivere qualcosa che rimanesse, dopo la mia morte. È stupido, perché non so neanche chi potrebbe leggerlo. Se vuoi lo do a te, però non lo leggere finché non sono morto.» Me lo porge e io lo accetto. «Certo, non ha senso leggere un... testamento, finché la persona è viva.» [Perché pensa che sia un testamento? Anche qui lo sento poco credibile.] «Non è neanche un testamento, è solo che mi vergogno.» Sorride. «Ti ringrazio. Pensavo che l'avrebbero buttato via appena trovato il mio corpo, invece so di averti traumatizzato abbastanza almeno da leggerlo.» Lui ride e mi lascio scappare una risatina anch'io. «Sì, qualsiasi cosa tu ci abbia scritto lo appenderò in salotto quando torno a casa.» [Anche qui, non sa proprio di vero] Ride, ma un colpo di tosse gli stronca la risata. Si ricompone. «Grazie.»
Mi asciugo una lacrima e mi appoggio al muro del rifugio. Prendo il pezzo di carta dalla tasca e lo apro. Poche righe in una grafia traballante, ma leggibile. "Dicono che nasciamo tutti con lo stesso tempo. È una stronzata. Dai sempre il massimo, perché la vita fa schifo e dopo si muore. Con affetto, un tipo senza tempo." Sorrido. Sì, questo lo appendo il salotto.
Commento: Non direi che questo racconto abbia risonato un granché con me. L'inizio non era affatto male, ma poi ho trovato molte parti poco credibili, con risposte e pensieri del protagonista che davvero non stavano né in cielo né in terra. C'erano anche degli spunti interessanti, ma l'arteficiosità del tutto ha solo reso le "massime" seminate qua e là come espedienti cheap per veicolare un messaggio poeticoso. Peccato perché lo stile è molto buono e, di solito, i tuoi racconti mi piacciono.
Dario Cinti, Massimi sistemi
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Virginia entrò in aula. La luce mattutina di Firenze entrava [ripetizione con "entrò"] dalle finestre e rimbalzava [Non mi fa impazzire il verbo.] sui banchi delle compagne di classe. Soltanto la metà di loro alzò lo sguardo dai loro [Superfluo questo loro, toglilo e eviti anche la ripetizione] cellulari. Due la salutarono con la mano. Lo stomaco le si distese un pochino. Oggi sembrano tranquille. [Pensiero carino che rende subito interessante il racconto. Ora sono curioso di sapere a cosa si possa riferire] Raggiunto il suo posto, posò la cartella e si sedette. Infilò le dita smaltate di fresco sotto il banco. La prima ora non era ancora suonata, faceva in tempo a… «Attente a ‘i capo, ragazze!» La voce di Olimpia squillò nell’aula «Il mondo ha accelerato di botto!» Il resto della classe scivolò dalle sedie dov’erano sedute e mimarono cadute rovinose sul pavimento a chiazze bianche e nere. «Ohi ohi!» fece Tullia, torcendosi un polso e ridendo come una pazza. La punta delle guance di Virginia si fecero calde come braci. Sfilò la mano dalla cartella e la sbatté sul banco. «Non siete per niente divertenti!» strillò. «Buone ragazze, chetatevi un poco!» la prof. Cappelli entrò in aula col portatile sottobraccio. Virginia esibì la mano destra col dito medio sparato all'insù. Olimpia si picchiettò l’indice sulla tempia e la guardò in cagnesco. [Qui si avverte la pesantezza di tre frasi molto simili l'una attaccata all'altra] «Quando avete finito di fare le bambine dell’asilo, comincerò la lezione…» sbuffò la professoressa.
*
Virginia raggiunse Livia fuori dai cancelli, proprio sotto la targa smangiucchiata dal tempo “Scuola privata femminile San Matteo in Arcetri”. Con la cuffia calzata sulla chioma nera e la sciarpa sotto il naso a malapena era quasi irriconoscibile. [Qui penso ci sia un refuso.]Virginia non la biasimò. Anzi, si pentì di non essere uscita dal convitto con la sciarpa pure lei. Sarebbe stata utile. «’ao.» miagolò sua sorella, il naso puntato sullo smartphone. «Uomini di galilea, perché restate a guardare il cielo?» esclamò una voce baritona dalle casse del cellulare. «Smettila di guardare quel video.» Virginia riconobbe frate Tommaso Caccini, sul pulpito di una Santa Maria Novella piena di persone, agitare le braccia contro la folla. Il titolo, in un angolino dello schermo, diceva “Domenicano sbugiarda la teoria eliocentrica” Le due percorsero un bel tratto di via dei Villani, il cielo invernale sgombro da nuvole inondava i ciottoli e i muri delle case ai bordi della strada. Livia cacciò lo smartphone nella tasca del giubbotto. «Cosimo non mi porta più alla festa a Villa Medicea, stasera.» sospirò Livia. «Eh? Dopo che ti ha praticamente implorato di andarci con lui per un mese?» «Ha fatto il vago, ma ho capito che non vuole farsi vedere con me per non essere preso in giro. Non vuole uscire con una che ha il babbo con le cheche…» Il tono della sorella le fece venire un groppo in gola. Lei non aveva un ragazzo, ma un’intera classe che la sfotteva da quando suo padre aveva pubblicato online il suo lavoro. Virginia riesumò dagli scaffali della memoria la prima infornata di commenti che lesse subito dopo: “Molla ì fiasco e torna a studiare, Galilei…” “Il quarto d’ora del bischero.” “Apri le finestre, così lo vedi pure tu il sole che si muove…” La mamma faceva orecchie da mercante, ma aveva capito che loro padre stava passando un momentaccio tra le mura dell’Università. Via di Bellosguardo si spalancò e le mura del dormitorio le accolsero. Soltanto un paio di inservienti stavano pulendo le scale in marmo bianco: erano salve fino alla lcamera. «Virgi…» Livia si era fermata tre passi indietro, la sciarpa viola penzolante «secondo te babbo ha ragione?» Lei esitò un attimo. Inspirò. «So solo che quando era il sole a girare attorno al mondo» sferrò un calcio al terreno, la punta della scarpa scavò una piccola ferita nella ghiaia «la scuola non era un incubo.» [Mi piace]
*
Bussarono alla porta. Virginia scattò e si mise seduta sul letto. Livia, dall’altra parte della stanza, chiuse il libro su cui stava studiando. Che fanno, ora vengono a pigliarci pe ì culo anche a domicilio? Quando vide sua sorella afferrare il libro e prepararsi a lanciarlo, abbassò la maniglia. [Formulazione della frase poco ottimale, ritarda davvero di tanto la comprensione e, soprattutto, ci butta fuori dal PDV] Olimpia che prendeva un volume di matematica in fronte poteva migliorarle la giornata. [Questa mi ha fatto ridere xD] Alfonso il custode entrò con in braccio uno scatolone. «Signorine Galilei, è arrivato questo da Villa dell’Ombrellino. Vostro padre ve lo manda, credo.» Si fece un segno della croce appena finito di scandire la frase, [Rovesciala: "Appena ebbe finito di dire la frase, si fece il segno della croce." anche se io eliminerei proprio la prima parte. Quindi: "Si fece il segno della croce e se ne andò senza chiudere la porta." E' più semplice e immediata.]girò i tacchi e se ne andò senza chiudere la porta. Livia posò il libro e si avvicinò. Virginia aprì lo scatolone e ne estrasse il contenuto. Un tubo lungo e avvitato in un fulcro, il tutto sostenuto da tre sottili gambe. Livia prese a muoverlo per la sua corsa, [Non capisco questa frase] girandolo e inclinandolo. I loro cellulari squillarono. Virginia lo tirò fuori dalla tasca della gonna e lesse il messaggio. “Figlie, l'opinione mia è che nissuna cosa sia contro natura, salvo l'impossibile, il quale, poi, non è mai. Non si può insegnare niente; si può solo far sì che uno le cose le trovi in se stesso. Usatelo con cura.” Virgi [Non userei diminutivi per indicare la protagonista in terza persona] alzò la testa. Sua sorella aveva appena finito di leggere lo stesso messaggio sul suo smartphone e la guardava. Sorrisero. Livia corse alla finestra e la spalancò. Il miglior cielo stellato di sempre. «Oh beh, tanto alla festa non ci vado più.» esclamò livia. [Mi ha lasciato leggermente interdetto questo finale, perché dalla descrizione del telescopio sembrava che le due non sapessero affatto cosa fosse ma, da quest'ultimo passaggio, mi vien da pensare il contrario]
Commento: Allora, il racconto mi è piaciuto, ma il finale non mi ha convinto un granché. Per tutto il corso della storia pensavo volessi arrivare a una conclusione ben precisa che motivasse l'inserimento di Galileo in un contesto attuale rivisitato. Invece si rivela essere tutto un grande "what if" senza una vera base logica che faccia filare il setting. Poco male, il testo è godibile e originale e, come al solito, ho apprezzato il tuo stile di scrittura. Alla prossima!
Emiliano Maramonte, una vita normale
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Ciao Emiliano! Allora, non mi metto ad analizzare il brano riga per riga perché, per il filtro che hai impostato, non avrebbe molto senso. L'idea è interessante, soprattutto per il fatto che hai deciso di non rendere tutto estremamente credibile all'inizio per poi palesare, solo alla fine, il colpo di scena alla "è tutto frutto della sua immaginazione". Il soliloquio che si svolge per tutta la parte iniziale del testo fa subito intuire che qualcosa non va, e ciò giova moltissimo all'atmosfera generale. Purtroppo, da questa scelta, derivano anche diversi problemi di coerenza del PDV. Il protagonista vede e sente i suoi famigliari e risponde di conseguenza, al lettore, però, mostri solo la parte visiva e non quella uditiva. A mio parere sarebbe stato meglio eliminare anche tutti quei piccoli gesti che fa la moglie in risposta a lui. Inoltre la focalizzazione del PDV oscilla troppo tra il dentro e il fuori per i miei gusti. Comunque bravo per aver provato a rappresentare un protagonista così estremo, non direi che il risultato mi abbia convinto al 100%, ma rimane un buon esperimento!
Tormento, Stefano Floccari
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Tormento di Stefano Floccari
La donna siede di fronte a me, gli occhi spenti eppure lo sguardo fiero. Incrocia le gambe, come a proteggersi. Le braccia sono appoggiate agli schienali, le mani afferrano il panno [Che panno? Lo contestualizzerei un minimo, altrimenti non so cosa immaginarmi] e lo stringono. Provo a smuoverla dai suoi pensieri. “Tutto bene?” Rossella [E perché all'inizio l'ha chiamata "la donna"?] scuote appena la testa e la solleva verso di me. “Sì. No. Insomma…” “Ti faccio avere dell’acqua. Roberta?” Faccio un cenno alla mia assistente, che capisce subito. Ragazza sveglia. Lo penso mentre ammiro il suo culo che si sposta verso la sala ristoro. “Ti piace lo spettacolo, eh?” Rossella mi coglie di sorpresa. “Cos… ah, ma no!” Penso a una cazzata, in fretta. “Controllavo se è tutto a posto per la diretta”. Non se lo berrà mai. “Immagino”, fa lei, sospettosa. Poi però sembra oscurarsi. “Sai, con quello che mi sta succedendo, ormai vedo lo schifo ovunque. Però tu mi sembri uno a posto.” “Anche se vecchio?” Provo a stemperare la tensione mentre Roberta si avvicina con un bicchiere d’acqua. Rossella ridacchia. “Anche se vecchio”. “Decrepito proprio”, aggiunge Roberta con un sorriso.
Sette minuti dopo siamo in onda. Rossella sta raccontando a migliaia di persone dell’uomo che la perseguita da settimane. “La mia vita è diventata un inferno. So che sembra una frase fatta, ma è la verità”. Voglio approfondire. “Ci hai raccontato che riceve telefonate e messaggi a qualsiasi ora, segno che lui conosce le tue abitudini, Rossella. Ma ti sei fatta un’idea di chi possa essere?” Lei mi guarda sperduta, ignorando la lucina rossa della telecamera che sta riprendendo. “No, non lo so”. “Nessuna idea, davvero?” Mi gratto la testa. Lei ci pensa un secondo. Non l’ho mai vista così smarrita: quando l’ho incontrata, qualche mese fa nella palestra che frequentiamo entrambi, mi aveva dato subito l’idea di essere una donna forte, oltre che dotata di una bellezza straordinaria. La metamorfosi che ha avuto nelle ultime settimane è sbalorditiva. “Nessuna idea”. Abbassa lo sguardo. “Voglio dire, conosco centinaia di persone, ho amato, ho ferito, ho tradito. Ma non penso di avere questioni irrisolte”. Roberta mi fa un cenno da dietro alla telecamera: è ora della pubblicità. La prima di ottomila pubblicità del cazzo, ché mi chiedo ancora perché la gente guardi questa merda generalista. Mi alzo dalla poltrona, così da far circolare un po’ di aria tra le chiappe. Mi avvicino a Rossella. “Stai andando bene”. “Non penso, non sto dando risposte”. La guardo intenerito. “Quelle le dovrà dare la Polizia, lo prenderanno quel bastardo prima o poi”. Lei mi fissa con quegli occhi incredibili da cerbiatta impaurita. “Speriamo”. Le sfioro i capelli, poi oso un po’ e infilo l’indice in un’onda dei ricci. “Non ti preoccupare. Prima o poi farà un errore, vedrai”. “Dieci secondi!” La voce di Roberta, di solito così bella da sentire, stavolta mi urta da morire. Allontano la mano dalla chioma profumata di Rossella e, nel voltarmi per tornare al mio posto, le sfioro una gamba. Il mio corpo sta somatizzando in un unico punto tutti questi contatti, ma stando seduto non dovrei dare troppo spettacolo. “Non me la sento più”. La voce preoccupata di Rossella mi distrae dai miei dolci pensieri. “Co… come sarebbe?” “Non lo so, una sensazione.” Negli occhi le leggo dispiacere, ma anche la spasmodica ricerca di un sollievo. “Non possiamo, siamo in diretta!” Roberta ha assistito alla scena e interviene. “Rossella, ti prego. Dieci minuti ed è finito tutto”. L’assistente [Qui non avevo capito si trattasse sempre di Roberta, era meglio lasciarlo sottinteso il soggetto, altrimenti vien da pensare che si tratti di un personaggio diverso.]si china sopra l’ospite per tranquillizzarla, io non posso fare a meno di sbirciare la sua scollatura. Non me ne vanto in giro, ma se penso a quel paio di volte che quelle tette le ho avute tra le mani mi vengono ancora i brividi. Giù sotto intanto c’è più vita che mai: spero solo che passi prima della fine della puntata, anche se con due donne così belle davanti a me non è proprio facile lavorare. Roberta alza lo sguardo e incrocia il mio. Vedo i suoi occhi oscurarsi per un istante. Poi torna in sala regia.
Il secondo blocco è filato liscio, non so cosa Roberta abbia sussurrato a Rossella, ma la donna ora appare molto più a suo agio. Dal canto mio ho pensato bene di dedicare qualche minuto della pubblicità al mio… ehm… benessere fisiologico. Lavo le mani con aria distratta e torno verso la postazione. Rossella ha il telefono in mano, il viso paonazzo. Mi guarda con il fuoco negli occhi. “Tu! Puttana Eva. Sei tu!” Io cado dalle nuvole. “Io cosa?” “Perfino qua hai scritto le tue cazzate, merda che non sei altro!” La guardo sbigottito. “Ma che cazzo stai dicendo, Rossella?” [Qui non avrei usato "cazzo" dato che poco dopo usi un'espresione simile (Rossella, ma che cazzo dici!) e renderesti meglio l'escalation il suo sbigottimento iniziale.] Lei non sembra ascoltarmi. Sta leggendo qualcosa. “Attenta a quello che dici, puttana. Sarò vecchio, ma non perdono!” [Qui ci ho messo un bel po' a capire chi parlasse. In prima lettura pensavo il protagonista, ma ora mi sa che è la donna che legge un messaggio sul cellulare.] Strabuzzo gli occhi, non capisco dove vuole arrivare. Lei urla “Aiuto, polizia!” e in una frazione di secondo finalmente capisco. Vecchio. Crede che sia io. [Solo perché anche lui è vecchio? un po' esagerato il collegamento] “Rossella, ma che cazzo dici! Ci conosciamo da mesi”. Lei è fuori di sé dalla rabbia. “Sei un pezzo di merda!” Dietro di lei due agenti entrano nello studio, vengono verso di me. Mi volto verso la sala saia. “Roberta, fa’ qualcosa!” La ragazza sorride.
Commento: Un bel colpo di scena, anche io ero convinto fosse il protagonista lo stalker! Comunque, per quanto sia un racconto che scorre senza problemi fino alla fine, mi sono rimasti diversi dubbi, in particolare sul ruolo di Roberta. E' stata lei a incastrarlo? Era lei la stalker? Poi c'è la questione dei poliziotti che spuntano dal nulla, ma anche la pubblicità che sembra durare una manciata di secondi (quando era stato anticipato da un pensiero del protagonista che sarebbe durata a lungo). Per concludere, direi una buona prova. In particolare per il modo in cui hai delineato un personaggio negativo, ma comunque credibile.
IL reduce, Agostino Langellotti
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Ciao Pretorian, che piacere leggerti!
Il reduce
- Capolinea! La frenata mi strattona. La punta della gruccia scivola. Stringo la presa sulla sbarra, saltellando sull’unica gamba per mantenere l’equilibrio. Qualcuno ride alla mia sinistra. Mi volto: trovo solo espressioni indifferenti. [Qui ci poteva stare bene un fraseggio interiore]Le porte si aprono. Nello scendere, qualcuno mi urta, ma nessuno si ferma a chiedere scusa. [o qui]Incespico vero l’autista. Lui mi guarda. Ha una smorfia sul volto mal rasato. - Sei sordo? Questo è il capolinea: spicciati a scendere che devo rientrare. - Potrebbe portarmi in Via Oberdan? È un paio di isolati più avanti: per lei non è niente, ma per me… L’autista muove lo sguardo dal vuoto sotto il mio ginocchio sinistro alla gruccia e alle medaglie sulla giubba dell’uniforme. L’espressione non cambia. - Ti ho detto che devi scendere! – agita il pugno massiccio in direzione della porta. – Che ti credi? Ho fatto la guerra anch’io, ma mica rompo i coglioni. Abbasso lo sguardo ed esco dal filobus. Sospiro e riprendo a camminare. Un passo alla volta. Uno spostamento di gruccia alla volta. Sudo sotto l’uniforme. Il marciapiede è dissestato ed evitare le buche mi costa fatica. Mi fermo a prendere fiato e mi guardo attorno: operai vanno e vengono dagli edifici in ricostruzione. Si urlano l’un l’altro con accenti così strani che non sembra nemmeno che parlino italiano. I palazzi in cui lavorano sono ancora sfregiati dai bombardamenti. Dove non sono racchiusi dai cantieri, si vedono i crateri delle bombe, gli squarci i crolli. Sono storpi e barcollanti, come me, ma loro possono essere ancora rimessi in piedi. [Qui arriva il primo pensiero del protagonista. Tutta la parte prima è sicuramente vivida e ben scritta, ma ne avrei approfittato per inserire meglio l'interiorità del personaggio e renderla più personale] Tossisco e riprendo a camminare. Via Oberdan 51 è un cumulo di macerie. Tre piani di ricordi ridotti a niente. Briciole di quella che è stata la mia vita prima del fronte. Altri operai si muovono sulle rovine. Il capocantiere li dirige masticando bestemmie. Accanto a lui, un uomo in giacca e cravatta con una planimetria tra le mani. Mi trascino fino a lui. Appoggio la mano tremante sulla spalla. - Mi… mi scusi…. Mi sa dire cos’è successo qui? L’uomo elegante e il capocantiere si voltano. Quest’ultimo stringe i pugni e gonfia il petto, ma l’altro lo ferma con un gesto. - Una bomba degli americani… o forse degli inglesi. Il palazzo era vecchio e non ha retto. - Io e mia madre abitavamo qui… sa dirmi dove posso trovarla? Si chiama Bianca Picone. L’uomo si morde un labbro. Si guarda attorno. Il suo sguardo si sofferma su qualcuno alle mie spalle. - Chieda a mia moglie: lei saprà cosa rispondere! – arrossisce e abbassa il tono della voce. – Voglio dire… suo padre era il proprietario dell’immobile: magari lei saprà dirle qualcosa. Mi volto. Una giovane donna è appena scesa da un’auto. È vestita con un abito rosso, un cappello bianco a larghe falde e scarpe con tacchi a spillo. Un punto colorato in un mondo di macerie. - Rosa… - Ernesto? Mi muovo verso di lei. La gruccia scivola su una buca. Impreco, ma riesco a restare in piedi. Faccio un altro passo Lei si fa indietro. I suoi occhi sono fissi sul moncherino della gamba. - Cosa… cosa diavolo ci fai qui? - Sono tornato a casa! Sono tornato da te! – cerco di afferrarla, ma lei fa un passo indietro. – Non sei contenta di vedermi? [Qui ci voleva una pausa. Avresti potuto descrivere le mozioni che si alternano sul viso della donna prima di dire qualcosa di così difficile]- Due anni fa sarei stata felice. Forse anche un anno fa, ma adesso… - incrocia le braccia. Piega la bocca in una smorfia. – Ora sono sposata e sono felice. [Una reazione emotiva alle sue parole ci sarebbe stata bene] - Ma io ti amo! Non ricordi cosa ci eravamo promessi prima che partissi per la Russia? La smorfia della sua bocca si accentua. Il labbro trema, scoprendo i denti. - Ricordare fa soffrire e io… io sono stanca di soffrire – alza il volto. I suoi occhi incrociano i miei, ma non li riconosco. – Mi dispiace, Ernesto, ma devi andartene. Non c’è più niente qui per te. - Rosa… Rosa io… - qualcuno mi afferra per le spalle: il massiccio capocantiere mi solleva tenendomi per la giacca dell’uniforme. Mi preme la gruccia contro il corpo, impedendomi di usarla. Accanto a lui, l’uomo elegante muove lo sguardo da me a Rosa, - Tutto bene, cara? Hai idea di chi sia questo tipo? – volta lo sguardo verso il capomastro. – Toglimelo di torno, Sandro, ma vedi di non esagerare: non voglio rogne con i reduci. L’uomo annuisce e mi trascina via. Mi volto: Rosa sta abbracciando suo marito senza degnarmi di uno sguardo. - Non è nessuno, caro: sono qualcuno che avrebbe fatto meglio a restare morto.
di Agostino Langellotti
Commento:
Stile di scrittura ineccepibile. Il linguaggio è asciutto e pulito, e c'è una buona attenzione ai dettagli sensoriali e il contesto storico. Purtroppo hai scelto di privare il protagonista di qualsiasi interiorità. Così da farlo risultare piatto e semplicemente in balia degli eventi, che passa da una vicenda all'altra come spettatore piuttosto che protagonista della storia. Non so se era tua intenzione creare un personaggio così asettico, perché - quando rivede Rosa - sembra animarsi, almeno esternamente. Perché allora ciò non si rispecchia nella sua interiorità? Comunque, anche senza un protagonista trainante, sono riuscito a godere dei punti forti del racconto, l'ambientazione in particolare. Alla prossima!
Alexandra Fisher, Insonnia
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Ciao Alexandra! Testo difficile da leggere e da comprendere. A me piace scellervellarmi su storie complesse: cercare semine, indizi e particolari nascosti. Ma scervellarsi solo per il gusto di farlo, meno. Sono gusti, naturalmente, ma dal tuo testo ho solo potuto estrapolare una forte sensazione di confusione. Non escludo che questa sensazione sia riconducibile all'esperienza dell'insonnia, e che tu sia riuscita nell'obiettivo che ti eri posta; ma, come ho detto, opere del genere non incontrano proprio i mie gusti. Mi spiace :( Comunque hai fatto bene a provare qualcosa di nuovo e son contento di vedere che altri lo hanno apprezzato! Alla prossima!
Giulio Marchese, la medicina
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Ciao Giulio! Allora, il brano in generale ricorda più l'incipit di un romanzo per target middle grade che un vero e proprio racconto. Il finale, comunque, lascia abbastanza soddisfatti e crea una prospettiva di conflitto molto forte. Ci sono diversi problemi a livello di stile, flusso informativo e diverse altre cosette. C'è da lavorare insomma. ma, tutto sommato, la lettura è stata piuttosto piacevole. Alla prossima!
Maurizio Chierchia, la prima fiamma
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Ciao Maurizio! Racconto quantomeno atipico. Prima persona plurare e completamente in raccontato. Non dico che era impossibile fare un buon lavoro, ma sarei stato davvero colpito fosse uscito qualcosa di ottimo con queste premesse xD Purtroppo, oltre alle descrizioni (che non sono malaccio), pollice in giù per tutto il resto. Il brano mi ha annoiato e non mi ha lasciato davvero nulla. Peccato perché l'esperimento poteva essere interessante. Spero di rileggerti presto con qualcosa di diverso!
Ecco a voi i miei commenti e classifica per il vostro gruppo!
1) Una vita normale, di Emiliano Maramonte Mi è piaciuto molto. Ottima la tua sperimentazione nel fare mostrare solo il tuo protagonista e davvero riuscita la tua resa della sua paranoia. Poco importano i motivi che hanno portato alla sua crisi e conseguente separazione (anche se il fatto che tu abbia sottolineato la perdita del lavoro è ben più di un indizio) perché è tutto ben reso. Molto buono anche il finale e il tema lo trovo ben declinato. Per me un pollice su. 2) Crudeltà e giustizia, di Davide Mannucci Un racconto più che buono, ma che mi sembra sbilanciato sul fronte protagonisti. La prima parte è molto lunga, troppo, poi l'ingresso di Lapo e il disvelamento fino a Serena, infine la punizione... Nel mentre non sono riuscito ad allinearmi. Debora ha sottolineato che, man mano, si è sentita allontanarsi dal pdv ed è vero, però manca, mio parere, un lavoro sulle due vittime ore carnefici. Focalizziamoci su Lapo: è un pazzo e il fatto stesso che faccia assistere alla scena la ragazzina lo dimostra. Ok, l'inizio dei suoi problemi è partito dall'abuso, ma ci mostri solo quello e mi sembra un po' poco. Serena, poi, è praticamente assente mentre, probabilmente, è stata proprio lei a scatenare l'ira e la follia dello zio, ma non ce ne parli e questo perchè ti sei concentrato in modo forse eccessivo su altri aspetti. Ricapitolando: una prima parte troppo lunga che ti mangia caratteri e una seconda e una terza troppo passiva sul fronte personaggi. Resta un racconto più che buono per la confezione, ma questa volta manca un po' di cuore. Tema urlato più che declinato e questo non solo per il fatto che lo espliciti, ma proprio per questa distanza dagli attori in scena. Concludendo, direi che questa volta siamo su un pollice tendente al positivo in modo solito e anche brillante, ma per lo scalino ulteriore c'era da dargli più ciccia sul fronte protagonisti. 3) Insonnia, di Alexandra Fischer Un testo imperfetto, molto, ma al quale riesci a imprimere una direzione e un senso assoggettandolo al tuo stile, ai tuoi punti di forza. Certo, permangono i tuoi punti deboli esplicitati in periodi a volte confusi e in una certa logica che pare mancare in alcuni passaggi non perché tu non l'abbia, ma perché dimentichi di tirare ponti attraverso i quali condurre il lettore, ma qui non sono la regola e a svettare è questo senso di decadenza e di sogno che ben descrive tempi duri quali quelli che viviamo (anche se ti sei fermata, per mostrare i problemi, solo ad alcuni aspetti omettendone tanti altri, ma sono scelte). Il tema c'è anche se non così diretto, in effetti avrei faticato a identificarlo se non lo avessi saputo prima. Concludendo, qui siamo su un pollice tendente al positivo in modo brillante, ma non solido per tutta usa serie di problematiche legate a passaggi poco chiari e punteggiatura. Lavorandoci ancora ne uscirebbe un gioiellino. 4) La Medicina, di Giulio Marchese Un racconto che presenta diversi problemi: dai refusi a una gestione degli eventi rivedibile (vedi i tre punti che ti ha segnalato Pietro). Detto questo, l'ho letto con piacere, quasi che il tuo narrare sia stato capace di intrattenermi nonostante le problematiche e questo è un plus. Il tema si evince dai fatti narrati anche se non è così evidente. Direi un pollice tendente verso il positivo in modo non solido, ma brillante per questa capacità che hai avuto di intrattenermi e in classifica ti piazzo davanti al parivalutato racconto di Cinti (la cui lettura è stata per me più trafficata) e dietro a quello di Alexandra (maggiormente coeso rispetto al tuo). 5) Massimi Sistemi, di Dario Cinti Un'idea davvero brillante che sarebbe bello vedere sviluppata. Credo che il problema riguardante il tema (che ti è rimasto nelle intenzioni, come hai bene sottolineato) vada a incidere un po' su tutto l'impianto del racconto perché le due sorelle sono meno centrali di quanto dovrebbero essere, vuoi per il lavoro del lettore nel cercare di settare il contesto e vuoi per una certa difficoltà tua nel centralizzarle riuscendo al contempo a trasmettere le informazioni giuste. Insomma: asticella difficoltà settata in alto e realizzazione che si pone più come un primo passo che come racconto a prova di bomba. Gli assegno un pollice tendente al positivo in modo brillante, ma non solido e lo piazzo dietro al parivalutato racconto della Fischer per una maggiore criticità generale dell'impianto. 6) Il Reduce, di Agostino Langellotti Un racconto ben scritto, ma che in generale mi è sembrato un po' passivo. Il tema esce forte, questo è certo, ma il mondo al quale si rapporta il protagonista è bidimensionale e, in più, sembra accadere tutto al momento giusto: lui che arriva, trova chi lavora dove prima c'era il palazzo, gli si dice di chiedere alla moglie e questa arriva proprio in quel momento con lui che dimentica di chiedere della madre e si lancia in un dialogo un po' forzato nel quale ho riconosciuto poco la tua di solito ben più scafata mano. Insomma, direi un pollice tendente al positivo in modo assolutamente solido, ma non brillante, questa volta. 7) Tormento, di Stefano Floccari Una parte centrale ottima con un finale che appare, però, parecchio raffazzonato. Credo che il problema maggiore stia nel personaggio di Roberta perché fai una gran semina sul protagonista, ma non su di lei che, alla fine, dovrebbe essere il vero deus ex machina dietro all'intera vicenda e questo porta a una conclusione in cui il lettore ha gli strumenti per percepire, ma nessun fatto evidente su cui costruire certezze e questo è un problema grosso nel momento in cui il tutto è costruito sul non avere dubbi sul sussegguirsi di eventi. Occhio anche all'apertura in cui prima ci mostri una donna, poi diventa subito Rossella e a seguire ecco Roberta: potevi benissimo partire con Rossella senza rimandare e potevi trovare un altro nome che non iniziasse con RO. Sul tema, viene poco fuori perché non sono evidenti le varie ingiustizie che i protagonisti infliggono gli uni agli altri. Concludendo, per me un pollice tendente al positivo, ma non in modo solido. 8) Un tipo senza tempo, di Stefano Moretto Formalmente più che buono, il problema sta nella logistica. Il ragazzo sembra provenire da un altro tempo, ma non fornisci indicazioni a riguardo. Si suppone che infine muoia e il protagonista che fa? Si dirige comunque al rifugio? Ma in che tempo siamo? La presenza della panchina e il riferimento all'escursionismo di massa fa pensare al presente: come mai non ha chiamato i soccorsi? Infine il messaggio finale: banalotto per crearci attesa, mi sarei aspettato un'indicazione su da quale tempo provenisse il ragazzo in modo da dare al racconto una chiusa solida. Concludendo: un pollice tendente al positivo in modo solido, ma non brillante e con un finale non all'altezza che andrebbe riformulato perché, allo stato attuale, pare essere tirato giù tanto per chiuderlo e dalla tua abile penna è un qualcosa che non ci si aspetta. 9) La Prima Fiamma, di Maurizio Chierchia Sei partito da un'ottima intuizione, ma il problema è che poi non hai rilanciato e hai mantenuto il punto fino alla fine. Un testo breve, soprattutto se sperimentale, vive di continue trasformazioni al suo interno e non è sufficiente la buona idea di partenza perché se poi non sviluppata non può che ritorcersi contro il racconto stesso. In pratica sei rimasto troppo passivo e hai lasciato che il racconto estinguesse da solo il proprio fuoco (per rimanere nel contesto da te creato). Concludendo, direi un pollice ni tendente al positivo.