Mi ricorderò di te di Giovanni Carlo D'Addabbo
- gcdaddabbo
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Mi ricorderò di te di Giovanni Carlo D'Addabbo
Due ore di ritardo.
Non era proprio possibile, con quel caldo, arrivare a Bologna con due ore di ritardo. E sì che se l’era immaginata tutto l’anno quella vacanza, la prima seria vacanza della vita.
Era stanco di passare i suoi giorni a San Severo con la madre. Ormai aveva 45 anni lui e 65 anni lei, la madre. E se l’era preparata quella vacanza da settembre.
Non aveva fretta. Ormai non era più ora di cioccolata calda. Sarebbe passato dal diurno della stazione come aveva programmato a fare una bella doccia e poi a caccia.
A caccia di donne, naturalmente.
Certo che quel viaggio era stato proprio interessante.
Quel ferroviere con cui aveva chiacchierato per tutto il tratto era laureato pure lui in matematica, ma non aveva mai insegnato.
A ventotto anni, però, era già sposato e aveva due figli.
E lui, invece, aveva poche speranze che la cosa si risolvesse da sola. Erano quasi vent’anni che insegnava al liceo scientifico di San Severo, ma le colleghe lo guardavano come avesse la madre attaccata alla gamba dei pantaloni. E sì che lo faceva vestire sempre di grigio, con la camicia bianca, l’estate senza cravatta.
Fino ad allora, l’estate, il mare di ordinanza, 4 o 5 volte l’anno con la mamma e nella solita spiaggia. Anche lì, ogni anno, con il completo di camicia a maniche corte e bermuda. Il costume da bagno blu scuro, mai uno slippino.
A marzo aveva tentato la fuga. Aveva chiesto il Veneto per la commissione d’esame e l’avevano mandato a San Donà di Piave. Che già da San Severo a San Donà di Piave gli aveva fatto impressione. Porca miseria! Poteva capitargli Venezia o Iesolo! E poi il Piave mormorava calmo e placido il passaggio, … mai più il nemico faccia un passo avanti. Nella camera dell’albergo che più ricca non si poteva permettere perché quei soldi gli dovevano servire per la vacanza in Emilia Romagna, se la vedeva la mamma che gli ricordava: ”Pensa a tuo padre che ci ha lasciati nel ’44 quando avevi ancora nove anni! Ai sacrifici che ho dovuto fare per crescerti e farti studiare fino a farti laureare!”
E quel fiume ogni mattina glielo ricordava. Non era riuscito nemmeno a godersi qualche scollatura o la minigonna di qualche studentessa. Sfigato com’era. Presidenti e colleghi nella commissione d’esame tutti uomini, tranne la professoressa di materie letterarie che ormai parlava solo di andare in pensione.
Nel sottopassaggio il caldo era estenuante. Ma c’era un viavai di persone: turiste milanesi per la riviera romagnola e poi svedesi ed inglesine e studentesse già quasi pronte per la spiaggia.
Ma lui ripensava a quel ferroviere matematico. Gli aveva mostrato la foto della moglie che era proprio carina e stava lavorando a Rimini. I figli erano con i nonni in un paesino in provincia di Bari. Lui doveva tornare a Pisa Centrale. Aveva avuto una licenza di tre giorni ed aveva fatto il giro dell’Italia per salutare i figli e la moglie. E non era riuscito neppure a vederla la moglie perché erano passati da Rimini alle 8 e lei cominciava alle 7 in albergo. Era sceso al volo dal treno ed aveva preso l’espresso in partenza per Messina.
Ora era certamente dalle parti in cui qualche anno prima c’era stato l’incidente dell’Italicus. La vita era tutta una questione di fortuna o iella. Stava per farsi una bellissima vacanza finalmente, ma sentiva di invidiarlo quel ferroviere giovane, inguaiato, ma fortunato.
Andare a Rimini, magari per incontrarla. Il mondo è pieno di donne. Aveva un mese per trovarne una bella, intelligente, disponibile a spostarsi a San Severo con lui.
Riprese la valigia. Si era riposato e si era rifatto un po’ l’occhio. Ma non riusciva a sentirsi contento.
Per fortuna, al deposito bagagli, non c’era poi molta gente, ma faceva caldo. Prese con sé il cambio che aveva preparato. Il costume azzurro fresco lana era il più sbarazzino che aveva.
Il diurno era vicino. La birra fresca l’avrebbe presa all’uscita, prima di andare a fare shopping.
L’inserviente del diurno era un vero schianto. Gli fornì il materiale per la doccia e per la barba con un sorriso che faceva ben sperare. Anche qui non c’era troppa gente. Che finalmente cominciasse a girare? L’acqua era fresca, ma non fredda. Si sentì rinato nell’accappatoio bianco e ruvido. Davanti allo specchio gli venne voglia di cantare: “Scalinatella longa longa, strittulella strittulella…” Meglio cambiare: “Mi sono innamorato di te…” Ma insomma… Era tutto insaponato. La mamma avrebbe detto: “Sembri proprio un pagliaccio!”
“Ridi pagliaccio!”
Cambiamo ancora. “Sono le dieci e trenta di sabato 2 agosto 1980” La radio dell’inserviente gli ricordò che doveva sbrigarsi a finire la barba se voleva comprare una buona scorta di vestiti per il mare. Aveva deciso né Rimini né Cattolica. Gabicce mare!
Peppino di Capri: “Oh mondo crudel, è l'ora dell'addio, forse mai nel circo tornerà, quel pagliaccio che aveva sopra al viso.”
Boom!
Fu un attimo. Lo specchio in frantumi col riflesso di una macchia rossa sul suo naso.
Poi, più nulla.
Non era proprio possibile, con quel caldo, arrivare a Bologna con due ore di ritardo. E sì che se l’era immaginata tutto l’anno quella vacanza, la prima seria vacanza della vita.
Era stanco di passare i suoi giorni a San Severo con la madre. Ormai aveva 45 anni lui e 65 anni lei, la madre. E se l’era preparata quella vacanza da settembre.
Non aveva fretta. Ormai non era più ora di cioccolata calda. Sarebbe passato dal diurno della stazione come aveva programmato a fare una bella doccia e poi a caccia.
A caccia di donne, naturalmente.
Certo che quel viaggio era stato proprio interessante.
Quel ferroviere con cui aveva chiacchierato per tutto il tratto era laureato pure lui in matematica, ma non aveva mai insegnato.
A ventotto anni, però, era già sposato e aveva due figli.
E lui, invece, aveva poche speranze che la cosa si risolvesse da sola. Erano quasi vent’anni che insegnava al liceo scientifico di San Severo, ma le colleghe lo guardavano come avesse la madre attaccata alla gamba dei pantaloni. E sì che lo faceva vestire sempre di grigio, con la camicia bianca, l’estate senza cravatta.
Fino ad allora, l’estate, il mare di ordinanza, 4 o 5 volte l’anno con la mamma e nella solita spiaggia. Anche lì, ogni anno, con il completo di camicia a maniche corte e bermuda. Il costume da bagno blu scuro, mai uno slippino.
A marzo aveva tentato la fuga. Aveva chiesto il Veneto per la commissione d’esame e l’avevano mandato a San Donà di Piave. Che già da San Severo a San Donà di Piave gli aveva fatto impressione. Porca miseria! Poteva capitargli Venezia o Iesolo! E poi il Piave mormorava calmo e placido il passaggio, … mai più il nemico faccia un passo avanti. Nella camera dell’albergo che più ricca non si poteva permettere perché quei soldi gli dovevano servire per la vacanza in Emilia Romagna, se la vedeva la mamma che gli ricordava: ”Pensa a tuo padre che ci ha lasciati nel ’44 quando avevi ancora nove anni! Ai sacrifici che ho dovuto fare per crescerti e farti studiare fino a farti laureare!”
E quel fiume ogni mattina glielo ricordava. Non era riuscito nemmeno a godersi qualche scollatura o la minigonna di qualche studentessa. Sfigato com’era. Presidenti e colleghi nella commissione d’esame tutti uomini, tranne la professoressa di materie letterarie che ormai parlava solo di andare in pensione.
Nel sottopassaggio il caldo era estenuante. Ma c’era un viavai di persone: turiste milanesi per la riviera romagnola e poi svedesi ed inglesine e studentesse già quasi pronte per la spiaggia.
Ma lui ripensava a quel ferroviere matematico. Gli aveva mostrato la foto della moglie che era proprio carina e stava lavorando a Rimini. I figli erano con i nonni in un paesino in provincia di Bari. Lui doveva tornare a Pisa Centrale. Aveva avuto una licenza di tre giorni ed aveva fatto il giro dell’Italia per salutare i figli e la moglie. E non era riuscito neppure a vederla la moglie perché erano passati da Rimini alle 8 e lei cominciava alle 7 in albergo. Era sceso al volo dal treno ed aveva preso l’espresso in partenza per Messina.
Ora era certamente dalle parti in cui qualche anno prima c’era stato l’incidente dell’Italicus. La vita era tutta una questione di fortuna o iella. Stava per farsi una bellissima vacanza finalmente, ma sentiva di invidiarlo quel ferroviere giovane, inguaiato, ma fortunato.
Andare a Rimini, magari per incontrarla. Il mondo è pieno di donne. Aveva un mese per trovarne una bella, intelligente, disponibile a spostarsi a San Severo con lui.
Riprese la valigia. Si era riposato e si era rifatto un po’ l’occhio. Ma non riusciva a sentirsi contento.
Per fortuna, al deposito bagagli, non c’era poi molta gente, ma faceva caldo. Prese con sé il cambio che aveva preparato. Il costume azzurro fresco lana era il più sbarazzino che aveva.
Il diurno era vicino. La birra fresca l’avrebbe presa all’uscita, prima di andare a fare shopping.
L’inserviente del diurno era un vero schianto. Gli fornì il materiale per la doccia e per la barba con un sorriso che faceva ben sperare. Anche qui non c’era troppa gente. Che finalmente cominciasse a girare? L’acqua era fresca, ma non fredda. Si sentì rinato nell’accappatoio bianco e ruvido. Davanti allo specchio gli venne voglia di cantare: “Scalinatella longa longa, strittulella strittulella…” Meglio cambiare: “Mi sono innamorato di te…” Ma insomma… Era tutto insaponato. La mamma avrebbe detto: “Sembri proprio un pagliaccio!”
“Ridi pagliaccio!”
Cambiamo ancora. “Sono le dieci e trenta di sabato 2 agosto 1980” La radio dell’inserviente gli ricordò che doveva sbrigarsi a finire la barba se voleva comprare una buona scorta di vestiti per il mare. Aveva deciso né Rimini né Cattolica. Gabicce mare!
Peppino di Capri: “Oh mondo crudel, è l'ora dell'addio, forse mai nel circo tornerà, quel pagliaccio che aveva sopra al viso.”
Boom!
Fu un attimo. Lo specchio in frantumi col riflesso di una macchia rossa sul suo naso.
Poi, più nulla.
Re: Mi ricorderò di te di Giovanni Carlo D'Addabbo
Ciao Giovanni! Caratteri e tempo ok, buona MAURIZIO FERRERO EDITION!
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Re: Mi ricorderò di te di Giovanni Carlo D'Addabbo
MI RICORDERO’DI TE di Giovanni Carlo d’Addabbo Tema centrato. Il Lettore Impressionabile segue d’un fiato la vicenda del maturo professore di matematica in cerca di una vacanza che lo emancipi almeno per un po’ dalla madre tiranna, fabbricatrice di sensi di colpa: quasi il padre fosse morto nel ’44 per colpa del figlio. Poverino, va a finire in una sede scolastica di soli uomini tranne una docente di lettere prossima alla pensione. Cambia idea all’ultimo momento circa la destinazione della sua vacanza da single, prende il treno per Rimini, ma è a Bologna, il 2 agosto 1980. E succede l’irreparabile, l’esplosione che spezza i sogni del Nostro: tutti dissolti al ritmo di canzoni che sembrano banali, ma assumono un’eco sinistra, dal motivo dialettale a “Mi sono innamorato di te” a Mascagni e Peppino di Capri. Molto ben rese le atmosfere della stazione dove lui si prepara. E anche il personaggio del giovane ferroviere laureato in matematica, ma giovane con una bella moglie che lavora in albergo. Interessante il parallelo fra lui e il docente: il ferroviere prende l’espresso per Messina, passando per lo scenario strage dell’Italicus.
- gcdaddabbo
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Re: Mi ricorderò di te di Giovanni Carlo D'Addabbo
Ciao Alexandra, Ti ringrazio per il commento. Mi ha tranquillizzato.
Temevo non si cogliesse il riferimento alle stragi dell’Italicus e della stazione di Bologna.
Ho letto la tua “Insonnia”. Stile molto personale ed originale.
Spero di poterci ritrovare in futuro.
Temevo non si cogliesse il riferimento alle stragi dell’Italicus e della stazione di Bologna.
Ho letto la tua “Insonnia”. Stile molto personale ed originale.
Spero di poterci ritrovare in futuro.
Re: Mi ricorderò di te di Giovanni Carlo D'Addabbo
È un flusso di pensiero interrotto dall'inizio alla fine, dettagliato e ben dipinto che però ha poca ciccia da farci vedere fino all'estremo e lapidario epilogo.
Il compatimento senza fine del protagonista ce lo delinea ( al netto di più di uno stereotipo ahimè ) per benino ma sono tutti particolari che poi non lasciano nulla: mi sarebbe piaciuto vederlo fallile con un approccio patetico con una delle famose colleghe che gli da del mammone e sfigato.
Oppure, ancora più tragico ma d'effetto, vederlo imbroccare decentemente con una poco prima dell'esplosione.
Tecnicamente toglierei oppure riformulerei tutte quelle frasi che cominciano con la congiunzione "E", sono poco eleganti.
Il compatimento senza fine del protagonista ce lo delinea ( al netto di più di uno stereotipo ahimè ) per benino ma sono tutti particolari che poi non lasciano nulla: mi sarebbe piaciuto vederlo fallile con un approccio patetico con una delle famose colleghe che gli da del mammone e sfigato.
Oppure, ancora più tragico ma d'effetto, vederlo imbroccare decentemente con una poco prima dell'esplosione.
Tecnicamente toglierei oppure riformulerei tutte quelle frasi che cominciano con la congiunzione "E", sono poco eleganti.
- Emiliano Maramonte
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Re: Mi ricorderò di te di Giovanni Carlo D'Addabbo
Ciao Giovanni!
Poteva essere un racconto bomba (scusa l'amaro gioco di parole) ma qualcosa si è inceppato. Gradevolissimo l'incipit che conduce nella vicenda dell'insegnante in cerca di fortuna e di donne, di origini pugliesi (ehi, ma San Severo è QUELLA San Severo a circa 30 km da dove abito io!?!?!) che, però, trova solo due di picche e il peggior attentato della storia repubblicana.
A metà del racconto ci si perde nella confusione dell'eccesso di narrato, ma poi si esce dalla nebbia e si ricollega tutto con un brividuccio, che dà un minimo di carica emotiva al testo.
Nel complesso il racconto non mi ha convinto per la mancanza di vere e proprie scene che mi portassero proprio là, al centro dell'azione, mancanza che ha generato un po' di noia generale.
Attenzione all'eccesso di dimostrativi: indispettiscono il lettore.
Tema preso per i capelli.
In bocca al lupo!
Emiliano.
Poteva essere un racconto bomba (scusa l'amaro gioco di parole) ma qualcosa si è inceppato. Gradevolissimo l'incipit che conduce nella vicenda dell'insegnante in cerca di fortuna e di donne, di origini pugliesi (ehi, ma San Severo è QUELLA San Severo a circa 30 km da dove abito io!?!?!) che, però, trova solo due di picche e il peggior attentato della storia repubblicana.
A metà del racconto ci si perde nella confusione dell'eccesso di narrato, ma poi si esce dalla nebbia e si ricollega tutto con un brividuccio, che dà un minimo di carica emotiva al testo.
Nel complesso il racconto non mi ha convinto per la mancanza di vere e proprie scene che mi portassero proprio là, al centro dell'azione, mancanza che ha generato un po' di noia generale.
Attenzione all'eccesso di dimostrativi: indispettiscono il lettore.
Tema preso per i capelli.
In bocca al lupo!
Emiliano.
- gcdaddabbo
- Messaggi: 336
Re: Mi ricorderò di te di Giovanni Carlo D'Addabbo
Ciao Emiliano!
Mi spiace che il mio racconto bomba ti abbia prodotto solo un brividuccio, non di quelli da canzone vincitrice del festival di Sanremo.
Vedi altre scene non potevo inserirne. Tutta la storia, come generalmente tendo a fare, non è una pura invenzione, ma tratta da un episodio reale. Sono passato dalla stazione di Bologna quella mattina ed ho conosciuto veramente un professore con quelle caratteristiche. Non so se si sia salvato, ma ti assicuro che a distanza di oltre 40 anni, mi ricordo benissimo di lui. E la cosa, a me, mette i brividi.
Viva il lupo! E grazie!
Giancarlo
Mi spiace che il mio racconto bomba ti abbia prodotto solo un brividuccio, non di quelli da canzone vincitrice del festival di Sanremo.
Vedi altre scene non potevo inserirne. Tutta la storia, come generalmente tendo a fare, non è una pura invenzione, ma tratta da un episodio reale. Sono passato dalla stazione di Bologna quella mattina ed ho conosciuto veramente un professore con quelle caratteristiche. Non so se si sia salvato, ma ti assicuro che a distanza di oltre 40 anni, mi ricordo benissimo di lui. E la cosa, a me, mette i brividi.
Viva il lupo! E grazie!
Giancarlo
- Davide_Mannucci
- Messaggi: 434
Re: Mi ricorderò di te di Giovanni Carlo D'Addabbo
Ciao Giovanni,
il racconto è un buon flusso di coscienza che era pecca di una palese povertà di scene che possano sostenere e aggiungere ulteriore valore allo stesso.
Trovo anch’io che avresti potuto dare un tocco di fallimento in più al protagonista per caratterizzarlo meglio. Comprendo che si sta parlando di fatti realmente accaduti ma la fiction serve proprio per manifestare e presentare la realtà in modo da avvolgere il lettore e portarlo dentro meglio. Questo naturalmente è solo il mio parere e un’osservazione fatta nello spirito del con fronte to e del reciproco miglioramento.
A presto
il racconto è un buon flusso di coscienza che era pecca di una palese povertà di scene che possano sostenere e aggiungere ulteriore valore allo stesso.
Trovo anch’io che avresti potuto dare un tocco di fallimento in più al protagonista per caratterizzarlo meglio. Comprendo che si sta parlando di fatti realmente accaduti ma la fiction serve proprio per manifestare e presentare la realtà in modo da avvolgere il lettore e portarlo dentro meglio. Questo naturalmente è solo il mio parere e un’osservazione fatta nello spirito del con fronte to e del reciproco miglioramento.
A presto
Davide Mannucci
Re: Mi ricorderò di te di Giovanni Carlo D'Addabbo
Eppure, eppure...
Seguire questo sfortunato signore nel suo ultimo viaggio non mi è dispiaciuto affatto.
Il personaggio è ben definito e solo in apparenza implausibile: guardando bene se ne incontrano decine come lui per strada.
Forse un po' troppi indizi, di facile interpretazione per i diversamente giovani come me, mi hanno un po' troppo anticipato il finale, ma non hanno ridotto il mio interesse.
Certo, viene quasi da chiedersi se il racconto suggerisca come certi destini siano ineluttabili.
L'unico atto di ribellione alla madre del protagonista, piccolissima hubris senza precedenti, termina nel fuoco di una strage.
Beffardo.
Seguire questo sfortunato signore nel suo ultimo viaggio non mi è dispiaciuto affatto.
Il personaggio è ben definito e solo in apparenza implausibile: guardando bene se ne incontrano decine come lui per strada.
Forse un po' troppi indizi, di facile interpretazione per i diversamente giovani come me, mi hanno un po' troppo anticipato il finale, ma non hanno ridotto il mio interesse.
Certo, viene quasi da chiedersi se il racconto suggerisca come certi destini siano ineluttabili.
L'unico atto di ribellione alla madre del protagonista, piccolissima hubris senza precedenti, termina nel fuoco di una strage.
Beffardo.
- Signor_Darcy
- Messaggi: 270
Re: Mi ricorderò di te di Giovanni Carlo D'Addabbo
Ciao Giovanni.
Lo schema è di quelli che mi piacciono: l’allargamento da un anonimo singolo a un evento reale, epocale (ci ho provato io stesso non più di due mesi fa). In questo caso il gioco riesce fino a un certo punto: trovo molto buona la costruzione del personaggio, soprattutto a posteriori, visto che ho letto dai commenti che hai intravisto davvero una persona del genere (bella l’idea di provare a donarli un’altra vita, per quanto ugualmente sfortunata); ma il punto che mi ha tolto un po’ di fascino al racconto è l’eccessiva semina di elementi, a cominciare da quel forzatissimo ”Pensa a tuo padre che ci ha lasciati nel ’44 quando avevi ancora nove anni! “. Poco dopo leggi “Italicus”, torni su a rileggere l’età del protagonista e fai due più due a due terzi del racconto.
Per il resto stile discreto, molto raccontato, ma non è necessariamente un difetto. Il tema c’è.
Lo schema è di quelli che mi piacciono: l’allargamento da un anonimo singolo a un evento reale, epocale (ci ho provato io stesso non più di due mesi fa). In questo caso il gioco riesce fino a un certo punto: trovo molto buona la costruzione del personaggio, soprattutto a posteriori, visto che ho letto dai commenti che hai intravisto davvero una persona del genere (bella l’idea di provare a donarli un’altra vita, per quanto ugualmente sfortunata); ma il punto che mi ha tolto un po’ di fascino al racconto è l’eccessiva semina di elementi, a cominciare da quel forzatissimo ”Pensa a tuo padre che ci ha lasciati nel ’44 quando avevi ancora nove anni! “. Poco dopo leggi “Italicus”, torni su a rileggere l’età del protagonista e fai due più due a due terzi del racconto.
Per il resto stile discreto, molto raccontato, ma non è necessariamente un difetto. Il tema c’è.
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Re: Mi ricorderò di te di Giovanni Carlo D'Addabbo
Ciao Giovanni,
Ho seguito con trasporto le vicende di questo quarantenne in cerca dell'amore per emanciparsi da una madre fin troppo presente. Nella prima metà del pezzo la sensazione era quella di un racconto ironico (e l'ironia sul finale c'è, seppure amara) poi però c'è un momento di stallo, forse indugi troppo sulle vicende del ferroviere. Alcuni elementi di contesto mi sono sembrati troppo invasivi o forse "buttati lì".
In sintesi ho apprezzato l'inizio e la fine con qualche riserva sullo svolgimento.
A rileggerci!
Ho seguito con trasporto le vicende di questo quarantenne in cerca dell'amore per emanciparsi da una madre fin troppo presente. Nella prima metà del pezzo la sensazione era quella di un racconto ironico (e l'ironia sul finale c'è, seppure amara) poi però c'è un momento di stallo, forse indugi troppo sulle vicende del ferroviere. Alcuni elementi di contesto mi sono sembrati troppo invasivi o forse "buttati lì".
In sintesi ho apprezzato l'inizio e la fine con qualche riserva sullo svolgimento.
A rileggerci!
Re: Mi ricorderò di te di Giovanni Carlo D'Addabbo
Ciao, Dabbo e piacere di leggerti.
Purtroppo, il racconto risulta insoddisfacente sia dal punto di vista dello stile che della trama. A livello di stile, siamo in pieno tell profondo, con un mostrato praticamente assente, il tutto con un titanico infodimp che si mangia penso almeno il 40% della storia, riducendo il tutto a un confuso mischione di passato e presente. A livello di trama, abbiamo poco e niente. Un professore, lo stereotipo del mammone, va a fare una vacanza a Bologna. Parla con un altro insegnante, va in albero e poi bon, fine. Non è una storia, è un susseguirsi di avvenimenti slegati da loro e privi di un'effettivo sviluppo narrativo. Prova a toglierne uno o due e ti accorgerai che la vicenda non cambierà di una virgola.
Peccato.
Alla prossima.
Purtroppo, il racconto risulta insoddisfacente sia dal punto di vista dello stile che della trama. A livello di stile, siamo in pieno tell profondo, con un mostrato praticamente assente, il tutto con un titanico infodimp che si mangia penso almeno il 40% della storia, riducendo il tutto a un confuso mischione di passato e presente. A livello di trama, abbiamo poco e niente. Un professore, lo stereotipo del mammone, va a fare una vacanza a Bologna. Parla con un altro insegnante, va in albero e poi bon, fine. Non è una storia, è un susseguirsi di avvenimenti slegati da loro e privi di un'effettivo sviluppo narrativo. Prova a toglierne uno o due e ti accorgerai che la vicenda non cambierà di una virgola.
Peccato.
Alla prossima.
- Stefano.Moretto
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Re: Mi ricorderò di te di Giovanni Carlo D'Addabbo
Ciao Giovanni,
la struttura del racconto è abbastanza consolidata, negli ultimi mesi ne ho letto almeno un altro con la stessa idea di base del racconto interrotto da un fatto di cronaca (ironia, anche quello finiva con una bomba). Ho avuto un po' di difficoltà però nel seguire il flusso di pensieri del personaggio. In alcuni punti mi sono un po' perso, specie nei ricordi "flashback", sembra che non ci sia un vero e proprio filo conduttore che tiene unito tutto. Ecco, il problema maggiore penso che buona fetta del racconto possa essere riassunto con "il protagonista si lamenta".
Un altro problema è l'allaccio con la strage di Bologna: l'ambientazione ce l'hai data all'inizio (stazione di Bologna), ma poi fai perdere il lettore su treni, viaggi, famiglie, flashback. Arrivato alla fine il fatto che stava a Bologna te lo sei giocato, e l'unica cosa che lo riporta alla mente è la data; che per chi, come me, è nato dopo e ha una memoria terrificante con le date, significa poco da sola (sì sono una persona orribile che non ricorda le date importanti, denunciatemi).
Tutto il racconto si poteva salvare sul finale se avessi lasciato un po' di apertura, invece così hai semplicemente troncato con "e morì". Ti faccio un esempio: il racconto finisce col professore che scende dal treno, guarda la stazione di Bologna (e qui ripeti il nome della città), passa la radio dell'inserviente che annuncia l'ora, e il professore con un sorriso dice una frase stile ironia del destino tipo "queste vacanze saranno una bomba". Fine, senza dire che ci sarà l'esplosione, perché il lettore a quel punto l'ha capito (anche alla frase autoironica) e rimarrà in apprensione per il protagonista per sempre, perché non saprà mai se è sopravvissuto o se è una delle vittime.
Questa è solamenta un'idea, però valuta la differenza di impatto sul finale tra le due versioni.
la struttura del racconto è abbastanza consolidata, negli ultimi mesi ne ho letto almeno un altro con la stessa idea di base del racconto interrotto da un fatto di cronaca (ironia, anche quello finiva con una bomba). Ho avuto un po' di difficoltà però nel seguire il flusso di pensieri del personaggio. In alcuni punti mi sono un po' perso, specie nei ricordi "flashback", sembra che non ci sia un vero e proprio filo conduttore che tiene unito tutto. Ecco, il problema maggiore penso che buona fetta del racconto possa essere riassunto con "il protagonista si lamenta".
Un altro problema è l'allaccio con la strage di Bologna: l'ambientazione ce l'hai data all'inizio (stazione di Bologna), ma poi fai perdere il lettore su treni, viaggi, famiglie, flashback. Arrivato alla fine il fatto che stava a Bologna te lo sei giocato, e l'unica cosa che lo riporta alla mente è la data; che per chi, come me, è nato dopo e ha una memoria terrificante con le date, significa poco da sola (sì sono una persona orribile che non ricorda le date importanti, denunciatemi).
Tutto il racconto si poteva salvare sul finale se avessi lasciato un po' di apertura, invece così hai semplicemente troncato con "e morì". Ti faccio un esempio: il racconto finisce col professore che scende dal treno, guarda la stazione di Bologna (e qui ripeti il nome della città), passa la radio dell'inserviente che annuncia l'ora, e il professore con un sorriso dice una frase stile ironia del destino tipo "queste vacanze saranno una bomba". Fine, senza dire che ci sarà l'esplosione, perché il lettore a quel punto l'ha capito (anche alla frase autoironica) e rimarrà in apprensione per il protagonista per sempre, perché non saprà mai se è sopravvissuto o se è una delle vittime.
Questa è solamenta un'idea, però valuta la differenza di impatto sul finale tra le due versioni.
- Maurizio Chierchia
- Messaggi: 265
Re: Mi ricorderò di te di Giovanni Carlo D'Addabbo
Ciao Giovanni.
Parto col dirti che mio padre arrivò in ritardo al lavoro quel fatidico giorno di agosto 1980... E per fortuna!
Per chi come me conosce bene la situazione e i luoghi che descrivi non è difficile immaginare quello che narri, è lampante. Tuttavia, anche se penso che tutti conoscano la vicenda, mi è sembrato un po' troppo buttato li il finale. Se non sapessi cosa è successo realmente forse faticherei a capire bene tutto.
Per quanto riguarda l'inizio invece, devo dire che mi piaceva lo spunto del figlio quarantenne mammone. Forse avrei spinto di piu su quel lato della storia.
In conclusione cmq un buon testo ma un po' confuso.
Buona gara!
Parto col dirti che mio padre arrivò in ritardo al lavoro quel fatidico giorno di agosto 1980... E per fortuna!
Per chi come me conosce bene la situazione e i luoghi che descrivi non è difficile immaginare quello che narri, è lampante. Tuttavia, anche se penso che tutti conoscano la vicenda, mi è sembrato un po' troppo buttato li il finale. Se non sapessi cosa è successo realmente forse faticherei a capire bene tutto.
Per quanto riguarda l'inizio invece, devo dire che mi piaceva lo spunto del figlio quarantenne mammone. Forse avrei spinto di piu su quel lato della storia.
In conclusione cmq un buon testo ma un po' confuso.
Buona gara!
Maurizio Chierchia
"Domani è già vicino"
"Domani è già vicino"
Re: Mi ricorderò di te di Giovanni Carlo D'Addabbo
Secondo tuo racconto che leggo e comincio a farmi un'idea. Il tuo stile è buono e racconti storie di vita vissuta che vanno a delineare scorci di storia italiana portandoci dentro quei tempi e la cosa mi piace e credo che una raccolta di questi racconti avrebbe più di un senso. Occhio però che in un contesto in cui deve misurarsi con altri racconti il rischio è quello di pagare dazio perché da solo, svincolato dalla raccolta di cui parlavo più sopra, perde di potenza e non possono che venire fuori problematiche legate all'eccessivo mostrato come a possibili infodump. In più, mancando di storie che possono reggersi in modo forte intorno a intrecci che possano incuriosire il lettore, questa tipologia di racconti rischia di partire sfavorita in partenza. Per arrivare alla valutazione, per me siamo su un pollice tendente al positivo in modo solido, ma non brillante e in classifica devo posizionarti dietro ai parivalutati che o sono più racconti o presentano, come nel caso del racconto di Battaglia, una prosa ancora superiore rispetto alla tua. Resta il fatto che apprezzo molto il progetto che ti sta guidando anche se ti invito a testare anche forme narrative diverse.
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