Come farsi licenziare in dieci giorni
- Mario Mazzafoglie
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Come farsi licenziare in dieci giorni
Come al solito, l’ascensore ha la stessa reattività di mio nonno mentre digerisce il pranzo di Pasqua. Meglio scendere a piedi, altrimenti oggi a lavoro ci arrivo domani.
Mi scapicollo giù per le scale, con un occhio ai gradini e un altro al corrimano, perché andare veloce va bene, ma è meglio non sopravvalutarsi troppo.
Davanti al portone del palazzo mi viene quella fastidiosa sensazione di aver lasciato qualcosa su. Mi auto-perquisisco e scopro con immensa gioia che per una volta ho tutto qui con me. Faccio progressi, guarda qua: ho preso persino le chiavi della macchina!
Esco dal portone, e nemmeno faccio un passo sul marciapiede che un tizio in bicicletta mi prende in pieno. Le chiavi mi scivolano via della mani e le vedo finire, insieme alla mia speranza di arrivare puntuale a lavoro, dentro al tombino. Sopprimo una bestemmia come vorrei sopprimere il ciclista, ma purtroppo non ho tempo. Mi limito a un: «Sei un coglione!»
Per fortuna lui non replica e tira dritto per la sua strada. Forse perché aveva gli auricolari.
Ok, calma. Quel tombino lo conosco da vent’anni e non si apre nemmeno sotto tortura. Bisogna prendere le seconde chiavi, inutile stare a pensarci più di tanto. Con buona pace del capo, anche oggi farò tardi. Dovrei prendere seriamente in considerazione l’idea di scrivere un manuale: Come farsi licenziare in dieci giorni, consigli pratici.
Appena mi si darà il benservito metterò quest’idea su carta. Vista la situazione potrei iniziare già questo pomeriggio.
Risalgo rapido le scale, ma solo fino al primo pianerottolo. Sulle altre arranco con il fiato corto e una discreta tachicardia.
Sulla porta di casa, Marta sta spingendo fuori le bimbe. «Forza, che facciamo tardi a scuola.» Mi guarda e aggrotta la fronte. «E tu che ci fai ancora qui?»
Giulia e Laura mi saltano addosso. «Papà, papà,» urlano sincronizzate come Loredana Bertè e Achille Lauro nell’ultimo festival. Per niente, insomma.
Gli occhi di Marta sono due spade. «Che ti sei dimenticato?»
«Chiavi della macchina nel tombino.»
«Lo sai che vorrei dirti cosa sei, ma non te lo dico solo perché ci sono loro?»
Giulia e Laura sghignazzano. «Sei un coglione, papà!» Stavolta sono pulite e intonate come i Jalisse quando incisero e cantarono l’unica canzone della loro carriera.
«Noi facciamo i conti dopo.» Mi infilo in casa. «Voi a scuola, dai.» Mi infilo in casa e corro verso… aspetta un po’, dov’è che corro? Dove saranno mai le seconde chiavi della macchina? In pratica non le vedo dal giorno in cui siamo usciti dal concessionario dieci anni fa.
Suona il citofono. Poi dice a me, Marta. Chissà che cosa si è dimenticata lei. Godo quando mi fa le paternali e poi incappa nei miei stessi errori. Le apro il portone del palazzo e lascio socchiusa la porta di casa. Le chiavi, le chiavi? Forse sono nel mobile in camera da letto. O magari nell’armadio?
Suonano alla porta.
«È aperto!»
Risuonano.
«Marta, ma sei scema?» Le chiavi, le chiavi…
Suonano ancora.
Adesso mi sente!
Mi dirigo alla porta. La spalanco e davanti a me appaiono due signore dallo sguardo austero. Sotto le giacche portano gonne lunghe fino al ginocchio, e in petto stringono libri. Sono eccitanti come un documentario sui panda in via d’estinzione. Ma chi sono, e che cosa vogliono?
Una delle due fa un passo avanti. «Buongiorno, fratello.»
«A voi.»
«Siamo messaggere della paro—»
«Testimoni di Geova?» Ma no, non ci voglio credere! «Ma non lavoravate solo la domenica?»
Quell’altra, come ridestata dal torpore, affianca la sua compagna. «Fratello, siamo qui per portare la testimonianza dell’immenso amo—»
«Amen, sorelle. Ma giuro che non ho tempo. Lo so, avete citofonato altre volte a questa casa vi ho sempre detto di non avere tempo, ma stavolta è vero. Cioè, non che le altre non lo fosse, ma oggi di più.»
La prima donna sporge la testa in casa. «Sentiamo se in questa dimora v’è segno della fede.»
La respingo all’indietro con una mano. «Sorelle, elevate il vostro spirito e sacrificate la vostra missione in favore di un atto di bontà e carità umana: fatemi andare a lavorare! Sto cercando le seconde chiavi della macchina, siate comprensive.»
La seconda donna annuisce. «La buonanima di mio marito, che il cielo lo protegga, le teneva nel comodino accanto al letto.»
Il comodino accanto al letto? «Ma sì, cazzo.» Mi tappo la bocca. «Scusate.» Stringo le mani della donna. «Lei è una santa. Lei è l’erede di Madre Teresa di Calcutta. Lei, lei… ok, adesso però andate, sennò serve a poco che io sappia dove siano le chiavi. Grazie ancora!» Chiudo la porta e sospiro. Dai, dai. Si può fare.
Corro in camera, spalanco il cassetto del comodino e afferro la chiave di riserva. In corridoio sembro Alberto Tomba. Sguscio fuori casa e lancio un’occhiata all’ascensore. Nada. Divoro le scale e mi tuffo in strada. Fortuna che la macchina è qui. Infilo la chiave nella portiera e mi lancio sul sedile. Giro la chiave per accendere. Il quadro non dà segni di vita. Giro ancora, la batteria singhiozza.
Getto la testa all’indietro. Ma vaffanculo!
Mi scapicollo giù per le scale, con un occhio ai gradini e un altro al corrimano, perché andare veloce va bene, ma è meglio non sopravvalutarsi troppo.
Davanti al portone del palazzo mi viene quella fastidiosa sensazione di aver lasciato qualcosa su. Mi auto-perquisisco e scopro con immensa gioia che per una volta ho tutto qui con me. Faccio progressi, guarda qua: ho preso persino le chiavi della macchina!
Esco dal portone, e nemmeno faccio un passo sul marciapiede che un tizio in bicicletta mi prende in pieno. Le chiavi mi scivolano via della mani e le vedo finire, insieme alla mia speranza di arrivare puntuale a lavoro, dentro al tombino. Sopprimo una bestemmia come vorrei sopprimere il ciclista, ma purtroppo non ho tempo. Mi limito a un: «Sei un coglione!»
Per fortuna lui non replica e tira dritto per la sua strada. Forse perché aveva gli auricolari.
Ok, calma. Quel tombino lo conosco da vent’anni e non si apre nemmeno sotto tortura. Bisogna prendere le seconde chiavi, inutile stare a pensarci più di tanto. Con buona pace del capo, anche oggi farò tardi. Dovrei prendere seriamente in considerazione l’idea di scrivere un manuale: Come farsi licenziare in dieci giorni, consigli pratici.
Appena mi si darà il benservito metterò quest’idea su carta. Vista la situazione potrei iniziare già questo pomeriggio.
Risalgo rapido le scale, ma solo fino al primo pianerottolo. Sulle altre arranco con il fiato corto e una discreta tachicardia.
Sulla porta di casa, Marta sta spingendo fuori le bimbe. «Forza, che facciamo tardi a scuola.» Mi guarda e aggrotta la fronte. «E tu che ci fai ancora qui?»
Giulia e Laura mi saltano addosso. «Papà, papà,» urlano sincronizzate come Loredana Bertè e Achille Lauro nell’ultimo festival. Per niente, insomma.
Gli occhi di Marta sono due spade. «Che ti sei dimenticato?»
«Chiavi della macchina nel tombino.»
«Lo sai che vorrei dirti cosa sei, ma non te lo dico solo perché ci sono loro?»
Giulia e Laura sghignazzano. «Sei un coglione, papà!» Stavolta sono pulite e intonate come i Jalisse quando incisero e cantarono l’unica canzone della loro carriera.
«Noi facciamo i conti dopo.» Mi infilo in casa. «Voi a scuola, dai.» Mi infilo in casa e corro verso… aspetta un po’, dov’è che corro? Dove saranno mai le seconde chiavi della macchina? In pratica non le vedo dal giorno in cui siamo usciti dal concessionario dieci anni fa.
Suona il citofono. Poi dice a me, Marta. Chissà che cosa si è dimenticata lei. Godo quando mi fa le paternali e poi incappa nei miei stessi errori. Le apro il portone del palazzo e lascio socchiusa la porta di casa. Le chiavi, le chiavi? Forse sono nel mobile in camera da letto. O magari nell’armadio?
Suonano alla porta.
«È aperto!»
Risuonano.
«Marta, ma sei scema?» Le chiavi, le chiavi…
Suonano ancora.
Adesso mi sente!
Mi dirigo alla porta. La spalanco e davanti a me appaiono due signore dallo sguardo austero. Sotto le giacche portano gonne lunghe fino al ginocchio, e in petto stringono libri. Sono eccitanti come un documentario sui panda in via d’estinzione. Ma chi sono, e che cosa vogliono?
Una delle due fa un passo avanti. «Buongiorno, fratello.»
«A voi.»
«Siamo messaggere della paro—»
«Testimoni di Geova?» Ma no, non ci voglio credere! «Ma non lavoravate solo la domenica?»
Quell’altra, come ridestata dal torpore, affianca la sua compagna. «Fratello, siamo qui per portare la testimonianza dell’immenso amo—»
«Amen, sorelle. Ma giuro che non ho tempo. Lo so, avete citofonato altre volte a questa casa vi ho sempre detto di non avere tempo, ma stavolta è vero. Cioè, non che le altre non lo fosse, ma oggi di più.»
La prima donna sporge la testa in casa. «Sentiamo se in questa dimora v’è segno della fede.»
La respingo all’indietro con una mano. «Sorelle, elevate il vostro spirito e sacrificate la vostra missione in favore di un atto di bontà e carità umana: fatemi andare a lavorare! Sto cercando le seconde chiavi della macchina, siate comprensive.»
La seconda donna annuisce. «La buonanima di mio marito, che il cielo lo protegga, le teneva nel comodino accanto al letto.»
Il comodino accanto al letto? «Ma sì, cazzo.» Mi tappo la bocca. «Scusate.» Stringo le mani della donna. «Lei è una santa. Lei è l’erede di Madre Teresa di Calcutta. Lei, lei… ok, adesso però andate, sennò serve a poco che io sappia dove siano le chiavi. Grazie ancora!» Chiudo la porta e sospiro. Dai, dai. Si può fare.
Corro in camera, spalanco il cassetto del comodino e afferro la chiave di riserva. In corridoio sembro Alberto Tomba. Sguscio fuori casa e lancio un’occhiata all’ascensore. Nada. Divoro le scale e mi tuffo in strada. Fortuna che la macchina è qui. Infilo la chiave nella portiera e mi lancio sul sedile. Giro la chiave per accendere. Il quadro non dà segni di vita. Giro ancora, la batteria singhiozza.
Getto la testa all’indietro. Ma vaffanculo!
Re: Come farsi licenziare in dieci giorni
Ciao Mario! Caratteri ok, sei in malus minimo per il tempo! Buona MAURIZIO FERRERO EDITION anche a te!
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- Messaggi: 2887
Re: Come farsi licenziare in dieci giorni
COME FARSI LICENZIARE IN DIECI GIORNI di Mario Mazzanfoglie Tema centrato. Storia horror. Il Nostro perde le chiavi dell’auto, quindi rischia il lavoro: ai giorni nostri il ritardo è un peccato mortale. Il Nostro ha perso le chiavi della macchina in un tombino, quindi tanto vale gettarle in un fiume. Ne ritrova una copia grazie all’aiuto di una delle Testimoni di Geova comparse per caso al suo domicilio. Peccato davvero per la batteria della macchina. Il Lettore Lavoratore se ne addolora davvero con lui. Punti piacevoli: i riferimenti al recente festival usati come paragone sulle figlie. Molto bello il paragone Nonno in difficoltà a digerire il pranzo pasquale- Ascensore.
Attenzione.
Ti riporto la frase corretta:
al lavoro
Attenzione.
Ti riporto la frase corretta:
al lavoro
- Emiliano Maramonte
- Messaggi: 1053
- Contatta:
Re: Come farsi licenziare in dieci giorni
Ciao Mario, bentrovato.
Di questo racconto ho apprezzato molto il brio e l'ironia frizzante, che arriva a inglobare persino l'intera storia recente del Festival di Sanremo! Piacevole anche la parodia delle incombenze mattutine. Non sono un dipendente né privato né pubblico, sono un libero professionista, però capisco ugualmente benissimo cosa significa fare ritardo al lavoro e avere intoppi a ripetizione (e spesso, è vero!, capitano tutti insieme!).
Divertenti, infine, le rappresentazioni macchiettistiche delle figlie e delle testimoni di Geova, sono, secondo me, abbastanza ben riuscite (almeno in questo contesto). Sono un po' perplesso sull'aderenza al tema dell'Edition.
Tutto sommato, il tuo racconto va preso per quello che è: un divertimento personale senza particolari pretese.
In bocca al lupo!
Emiliano.
Di questo racconto ho apprezzato molto il brio e l'ironia frizzante, che arriva a inglobare persino l'intera storia recente del Festival di Sanremo! Piacevole anche la parodia delle incombenze mattutine. Non sono un dipendente né privato né pubblico, sono un libero professionista, però capisco ugualmente benissimo cosa significa fare ritardo al lavoro e avere intoppi a ripetizione (e spesso, è vero!, capitano tutti insieme!).
Divertenti, infine, le rappresentazioni macchiettistiche delle figlie e delle testimoni di Geova, sono, secondo me, abbastanza ben riuscite (almeno in questo contesto). Sono un po' perplesso sull'aderenza al tema dell'Edition.
Tutto sommato, il tuo racconto va preso per quello che è: un divertimento personale senza particolari pretese.
In bocca al lupo!
Emiliano.
Re: Come farsi licenziare in dieci giorni
Soggetto Fantozziano/MrBeanesco ai massimi livelli. Un tema che, bisogna ammetterlo, non stuferà mai. La sequenza ininterrotta di incident ie contrattempi è ben fatta però si interrompe così di botto alla fine dei caratteri a disposizione e non c'è nessun finale circolare o a sorpresa ben seminata che mi faccia annuire compiaciuto dopo la lettura.
La scrittura è carina, punto forte i particolari ottimamente tratteggiati e con richiami al quotidiano (vecchio e nuovo) che arricchiscono.
Tranne in un caso: Giulia e Laura mi saltano addosso. «Papà, papà,» urlano sincronizzate come Loredana Bertè e Achille Lauro nell’ultimo festival. Per niente, insomma.
Se me lo spieghi alla fine perdi il tempo comico, secondo me. Io non ho visto manco mezzora di sanremo ma avevo capito alla grande che non era affatto un complimento.
La scrittura è carina, punto forte i particolari ottimamente tratteggiati e con richiami al quotidiano (vecchio e nuovo) che arricchiscono.
Tranne in un caso: Giulia e Laura mi saltano addosso. «Papà, papà,» urlano sincronizzate come Loredana Bertè e Achille Lauro nell’ultimo festival. Per niente, insomma.
Se me lo spieghi alla fine perdi il tempo comico, secondo me. Io non ho visto manco mezzora di sanremo ma avevo capito alla grande che non era affatto un complimento.
Re: Come farsi licenziare in dieci giorni
Ciao, Mario e piacere di leggerti. Dunque, il racconto presenta parecchi problemi, sia a livello di trama che di stile. Per la prima, direi che la vulnerabilità principale è che non ha una vera e propria storia, ma una serie di eventi che portano al ritardo a lavoro. L'umorismo insito nella storia mi ha fatto pensare a Fantozzi o a Marcovaldo, ma in una storia così breve il tutto risulta meno efficace, in quanto ogni scena (il ciclista, le bambine, i testimoni di Geova, ecc...) nasce e muove prima di poter avere un'effettivo impatto comico e una rilevanza per la vicenda. A livello distile, c'è un tell troppo presente, con scene che vengono mostrate in un modo che esce fuori dal susseguirsi degli eventi dal punto di vista del protagonista. Alla prossima
- Davide_Mannucci
- Messaggi: 434
Re: Come farsi licenziare in dieci giorni
Ciao Mario, piacere di averti letto.
Il racconto è molto divertente ma forse sono un po’ troppo presenti alcuni cliché comici e stereotipi di situazioni divertenti. Inoltre trovo inutili alcune tue spiegazioni che hanno l’effetto di appesantire una prosa che poteva essere frizzante come il contenuto. Trovo questo tuo lavoro non altezza del tuo solito, anche se la prova non è male. Potenzialmente, con un po’ più di attenzione, avresti potuto spaccare.
A presto e buona Edition
Il racconto è molto divertente ma forse sono un po’ troppo presenti alcuni cliché comici e stereotipi di situazioni divertenti. Inoltre trovo inutili alcune tue spiegazioni che hanno l’effetto di appesantire una prosa che poteva essere frizzante come il contenuto. Trovo questo tuo lavoro non altezza del tuo solito, anche se la prova non è male. Potenzialmente, con un po’ più di attenzione, avresti potuto spaccare.
A presto e buona Edition
Davide Mannucci
- Maurizio Chierchia
- Messaggi: 265
Re: Come farsi licenziare in dieci giorni
Ciao Mario,
Il tuo racconto mi è piaciuto parecchio. Non direi che si tratti proprio di un mondo crudele il tuo, ma più un mondo beffardo. La tua storia mi ha ricordato un po' il racconto di Ammaniti "l'uccello serio" (non ricordo se sia proprio il titolo giusto, vado a memoria), dove il protagonista capita in un susseguirsi di eventi spiacevoli che avranno l'apice nel momento finale.
Mi dispiace solo che come anticipato, non mi sembra rientrare totalmente nel tema, ma complimenti per l'esecuzione.
Buona gara!
Il tuo racconto mi è piaciuto parecchio. Non direi che si tratti proprio di un mondo crudele il tuo, ma più un mondo beffardo. La tua storia mi ha ricordato un po' il racconto di Ammaniti "l'uccello serio" (non ricordo se sia proprio il titolo giusto, vado a memoria), dove il protagonista capita in un susseguirsi di eventi spiacevoli che avranno l'apice nel momento finale.
Mi dispiace solo che come anticipato, non mi sembra rientrare totalmente nel tema, ma complimenti per l'esecuzione.
Buona gara!
Maurizio Chierchia
"Domani è già vicino"
"Domani è già vicino"
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- Messaggi: 291
Re: Come farsi licenziare in dieci giorni
Ciao Mario,
Racconti divertente e coinvolgente. Ho apprezzato le citazioni pop che fanno carattere al personaggio. Secondo me c'è un po' tutto quello che deve esserci: c'è una storia, c'è conflitto, c'è un personaggio ben caratterizzato e battute simpatiche. Un ottimo prova attinente al tema, anche se più che di crudeltà qua si tratta proprio di sfiga. Unico appunto: il protagonista sembra troppo rassegnato, sembra che non gli importi davvero di tenersi il lavoro e questo fa apparire le sue sfortune meno gravi facendo perdere il senso d'urgenza nei suoi gesti, la tensione e rendendo meno divertente la situazione "fantozziana".
Però funziona, mi ha divertito e basterebbe davvero poco per alzare l'asticella della tensione.
Racconti divertente e coinvolgente. Ho apprezzato le citazioni pop che fanno carattere al personaggio. Secondo me c'è un po' tutto quello che deve esserci: c'è una storia, c'è conflitto, c'è un personaggio ben caratterizzato e battute simpatiche. Un ottimo prova attinente al tema, anche se più che di crudeltà qua si tratta proprio di sfiga. Unico appunto: il protagonista sembra troppo rassegnato, sembra che non gli importi davvero di tenersi il lavoro e questo fa apparire le sue sfortune meno gravi facendo perdere il senso d'urgenza nei suoi gesti, la tensione e rendendo meno divertente la situazione "fantozziana".
Però funziona, mi ha divertito e basterebbe davvero poco per alzare l'asticella della tensione.
- Signor_Darcy
- Messaggi: 270
Re: Come farsi licenziare in dieci giorni
Ciao Mario.
Racconto divertente, tutto sommato ben scritto, che pecca per qualche figura un po’ troppo ardita (ne so qualcosa, peraltro). Per esempio non mi torna molto a livello logico “sopprimo una bestemmia come vorrei sopprimere il ciclista”.
Ho trovato un po’ eccessiva l’asprezza della moglie, ma il racconto lascia intendere che non è la prima volta che il protagonista, suo malgrado, combina casini e insomma, ci sta.
La nota dolente è forse l’aderenza al tema, pur preso nel lato ironico: mi spiacerebbe doverti penalizzare in classifica per questo motivo.
Racconto divertente, tutto sommato ben scritto, che pecca per qualche figura un po’ troppo ardita (ne so qualcosa, peraltro). Per esempio non mi torna molto a livello logico “sopprimo una bestemmia come vorrei sopprimere il ciclista”.
Ho trovato un po’ eccessiva l’asprezza della moglie, ma il racconto lascia intendere che non è la prima volta che il protagonista, suo malgrado, combina casini e insomma, ci sta.
La nota dolente è forse l’aderenza al tema, pur preso nel lato ironico: mi spiacerebbe doverti penalizzare in classifica per questo motivo.
- Stefano.Moretto
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Re: Come farsi licenziare in dieci giorni
Ciao Mario,
che dire, il tuo racconto è divertente (te l'hanno già detto alla nausea) ben scritto (te l'hanno già detto alla nausea) e si legge tutto d'un fiato. Mi è piaciuto molto il modo in cui sei riuscito a mostrare tanti piccoli elementi della vita del protagonista che dessero un quadro molto chiaro nonostante il tutto sia raccontato in modo frenetico, dimostra una grande abilità nel gestire le scene.
Ciò che un po' manca, secondo me, è un "fine". Arrivato alla chiusura mi sono sentito un po' come se questo fosse solo l'incipit, che non ci fosse una vera e propria chiusura.
Un'ottima prova comunque.
che dire, il tuo racconto è divertente (te l'hanno già detto alla nausea) ben scritto (te l'hanno già detto alla nausea) e si legge tutto d'un fiato. Mi è piaciuto molto il modo in cui sei riuscito a mostrare tanti piccoli elementi della vita del protagonista che dessero un quadro molto chiaro nonostante il tutto sia raccontato in modo frenetico, dimostra una grande abilità nel gestire le scene.
Ciò che un po' manca, secondo me, è un "fine". Arrivato alla chiusura mi sono sentito un po' come se questo fosse solo l'incipit, che non ci fosse una vera e propria chiusura.
Un'ottima prova comunque.
Re: Come farsi licenziare in dieci giorni
Un divertissement molto gradevole da leggere, ma che pecca un po' di una certa passività nella messa in scena perché, in sostanza, trattasi di un susseguirsi di scene molto simili con una conclusione che non riesce a incidere: in pratica, si reitera e basta fino alla fine e questo è un po' un peccato. Sul tema: per me è preso perché MONDO CRUDELE può essere anche un'espressione comica e qui è rappresentato in pieno. In buona sostanza, per me questo è un pollice tendente al positivo in modo decisamente solido, ma, paradossalmente, non brillante e in classifica finisci davanti al parivalutato racconto di Borchi il cui finale mi ha convinto ancora meno.
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