Commenti e classifica di ANDREA LAURO

Appuntamento fissato per le 21.00 di martedì 19 aprile 2022 con un tema del team di Penne Arruffate!
Gli autori che vorranno partecipare dovranno scrivere un racconto di max 4000 caratteri entro l'una.
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Commenti e classifica di ANDREA LAURO

Messaggio#1 » giovedì 12 maggio 2022, 12:33

1) Un problema alla volta
Bello! Mi ha lasciato proprio una bella sensazione. Una di quelle che poi vai a dormire contento sapendo che il mondo è un posto migliore. Si capiscono i personaggi, la storia, i moventi e senza bisogno di uscire dai dialoghi.
E i dialoghi, appunto, sono efficaci, condotti bene e con quella dose di non detto che rende la dolcezza e la spensieratezza della scena. Spensierata per noi che stiamo a leggere, sia chiaro, con tutti i nostri anni sulle spalle. Per i protagonisti è il problema della vita!

Ecco, ho notato due cose: 1 i nomi. dato che sono maschio e femmina, “ale” e “france” non ci aiutano nel veloce scambio del botta e risposta (c’è un punto in cui ho dovuto rileggere e un nome di genere esplicito mi avrebbe aiutato). 2 un rallentamento nella lettura quando han cominciato a trascrivere la nuova equazione, forse lì poteva essere snellita. Però con il finale recupera alla grande.

Chiamatemi frivolo, ma a me questi raccontini piccini picciò piacciono da matti.

2) Der Schreiber
Decisamente d’impatto. L’autore è stato bravo, con uno stile massiccio e che potrei quasi dire di aver riconosciuto (al diavolo, mi butto, per me è Scattina), a rendere la pesantezza del tempo, della tragedia che si è consumata e del superstite che ancora metabolizza. La storia si crea a poco a poco, attraverso la riflessione, i piccoli gesti, gli sguardi di comprensione.
Questa Greta che non c’è più ma che è così presente per il lettore. Ottimo racconto, non c’è che dire. Bravo Scattina, sempre che sia tu!

3) La carriola
Questo racconto per me ha una partenza bellissima. E questa bella sensazione va avanti, ci sono dettagli misurati e molto efficaci, proprio come piace a me. L’immagine dei tre bambini che dormono nello stesso letto? Perfetta.
Il quaderno di Giacomo. I caporali che decidono dove mandarlo e la fila di quelli che sono rimasti indietro, come era rimasto lui. Molto funzionali.
La storia si svela a poco a poco, il dialogo con il vecchio amico arriva solo quando siamo in grado di mettere insieme le informazioni che sono state seminate. E il magone cresce.

E il finale arriva con la giusta potenza di fuoco. Ecco, se proprio posso fare un appunto, ma giusto perché sennò ho scritto troppo poco, avrei apprezzato un riferimento temporale che mi desse lo stacco tra questo capitoletto e i precedenti, che invece sono tutti a stretta distanza. L’immagine del padre che cade in sbagli sempre nuovi e il figlio, a lui contrapposto, che offre la redenzione mi ha molto colpito.

4) Contare sulle dita
Dunque, è evidente che non ce la volete rendere facile, a noi di Penne Arruffate. Anche qui abbiamo un racconto che è un bel banco di prova, con tre differenti punti di vista molto differenti tra loro. Un bambino, suo nonno, il lucido professionista.
Secondo me l’autore / autrice ha lavorato bene con i tre punti di vista. Mi hanno convinto. Li ho visti realistici e sul pezzo. In particolare il bambino, che nel racconto “Dove i numeri sono tutti uguali non mi convinceva”, qui risponde bene. Facciamo i sofisti: risponde bene all’idea che io, quasi quarantenne ingrigito, mi sono fatto del modo in cui potrebbe pensare un bambino. Perché nemmeno io lo so più, ecco.

Quello che secondo me lavora meno bene a livello di racconto (ma mi avete già sentito dire ‘sta cosa, vero?) è utilizzare i tre punti di vista in quattromila caratteri. Dovendo destreggiarmi tra l’uno e l’altro, ho perso il focus su quello che speravo mi arrivasse a livello di botta emotiva.
Secondo me, gestire due punti di vista anziché tre attorno allo stesso tema avrebbe aumentato l’impatto. E siccome l’autrice / autore è brav* nella gestione del pdv, mi vien da dire che sarebbe andata bene qualsiasi combinazione di protagonisti: Il vecchio con l’infermiere, il bambino col vecchio, il bambino con l’infermiere.
Dai, dai, dai!

5) Spettacolo di chiusura
Un bel racconto sci-fi con finalone a effetto che stempera alcune incertezze venute fuori prima. Bravo l’autore per la vividezza dei dettagli e l’inventiva sul worldbuilding. Ecco, facciamo un altro parallelismo con l’altro racconto simile di questa finale: una dieta squilibrata. Qui ho trovato l’aggancio del finale con le motivazioni del personaggio che di là mi mancava.
Lui è stufo, il successo non è altro che una catena, e prepara l’uscita di scena in gran stile. Quindi bene!
Cosa mi è piaciuto un po’ meno? L’eccesso di dettagli. Sì, esatto, da un lato è un worldbuilding strutturatissimo, che rendono senza dubbio l’atmosfera aliena (e adesso mi viene in mente lo spuntino di Nesler sul mondo decisamente non-alieno! come faccio a togliermi questo ricordo?), scusate dicevo, dall’altro lato molti di questi dettagli potevano essere saltati, perché appesantiscono un poco la lettura (soprattutto la prima).

Faccio notare questa cosa che mi ha costretto a rileggere l’incipit: lui è su una passerella con degli stivali magnetizzati. Poi viene il dettaglio che sotto i suoi piedi ci sono una dozzina di astrocaccia. Ok, penso, è una passerella sospesa sul vuoto siderale o è un monitor che riprende una battaglia spaziale. E poi, il dettaglio della parete stagna che si apre e lui che discende sull’erba sintetica: ecco, qui ho fatto un po’ fatica a contestualizzare, mi sono ri-figurato un’arena ma ancora temo d’essermi sbagliato.

6) Dove i numeri sono tutti uguali
Un racconto che si è posto un obiettivo molto alto come il raccontare un momento atroce da parte di una bambina (ebrea, se non ho malinterpretato). Per questo, un plauso al merito.
L’esito però, secondo me, è un po’ ballerino. Mi rendo conto che siamo nel molto soggettivo. Il fatto è che non riesco a togliermi dalla testa l’idea che la bambina alterni dei ragionamenti troppo strutturati e troppo ingenui allo stesso tempo. In questo senso, non riesco a figurarmi l’età della protagonista.
Per il resto, mi è piaciuto come vengono portati avanti gli elementi chiave del racconto, come vengono ripetuti e ri-analizzati (i numeri in -iardi, il sole). Apprezzo quando questa cosa succede, lo trovo un buon modo di comunicare al lettore una crescita interiore del personaggio.
Ma ripeto, purtroppo non mi torna il punto di vista della bambina. Prendiamo altri due racconti in gara che giocano con un’età differente: “Un problema alla volta” (lì abbiamo due adolescenti) e “Contare sulle dita” (un bambino al capezzale del nonno). In entrambi l’attribuzione anagrafica dei pensieri mi ha agganciato da subito. Non so dire cosa abbia stonato in questo racconto, ecco mi spiace molto di non potere essere d’aiuto: ma la sensazione leggendo era di un protagonista maturo che fingeva d’essere bambino.

7) Il resto
Di questo racconto mi è piaciuta l’immediatezza: bastano poche battute per inquadrare le dinamiche.
L’impressione però è quella di aver visto una scena con un ottimo potenziale, ma di rimanere a guardare sulla soglia, senza poter entrare.
Il tentativo reiterato della madre, la tensione che potrebbe sfociare in frustrazione, risentimento, eppure qualcosa resiste, va bene adesso va così, non fa niente, ci riproveremo. Intanto beviti una cioccolata. Io ci sono.
Il classico dilemma del colpo rimasto in canna® di Bertino!
Qualcosa manca, purtroppo, quella manciata di caratteri che avrebbe dato il clic alla storia, la polpa che dava quella rotondità. Mica facile, eh! Perché poi il troppo stroppia. Ma per come era impostato il brano, son sicuro che l’autrice / autore saprà rimetterci mano alla grande.
Il racconto La Carriola, da questo punto di vista, ha quella giusta pienezza che me lo fa preferire.

Nota: ho notato per due volte il riferimento alla mano destra che viene sollevata. è un dettaglio che mi allontana un pelo dalla morbidezza del racconto. Mi ha dato l’impressione di un pdv che è rigoroso nell’osservazione, ai limiti della ridondanza da esperimento scientifico. Non so se riesco a spiegarmi: è sua madre ed è combattuta dal rimorso di non essere mai abbastanza. Conosce perfettamente con che mano scrive il figlio (ed è ovviamente l’ultimo dei suoi problemi).

8) Una dieta squilibrata
Un’interessante declinazione del tema, con sorpresa finale.
Capisco l’esigenza di dover gestire le molte idee e portare avanti la storia. Mi è piaciuto un po’ che la relazione tra i due personaggi sia rimasto un po’ in sordina. Mi spiego: nel finale, e cento calorie in più si spiegano con il fatto che è un futuro a tre. Sbabam! La sorpresona. E tutto torna, perché la sua era un’assistente amante, per la “gran scopata” tra i mangofichi ecc. Questo a livello di plot.
Ma quanto sarebbe stato bello se il discorso di essere in tre fosse stato meglio agganciato alla caratterizzazione del personaggio? Es: è un personaggio che per la scienza non avrebbe mai scelto la famiglia? è un personaggio che aspettava il nobel per poi avere l’agio di metterne su una? è un personaggio che “per carità, un sacco di amici, ma i bambini li odio”? Con ognuna di queste tre caratterizzazioni differenti, avremmo avuto un finale doppiamente potente (senza sacrificare nulla della storia originaria).

9) Lo chiamano mare
Non è stato facile commentare questo racconto. Ci sono elementi che ho molto apprezzato, in particolare da metà in poi, quando dalla semina si è passati a raccogliere. Ecco, penso che il problema sia che come racconto rimane molto sbilanciato.

Vado nel dettaglio, l’autore /autrice mi perdonerà la digressione ma in questi casi mi piace focalizzare. Parliamo della prima parte, qui ho letto la necessità di creare il gancio. Per creare il gancio servivano due personaggi, tempo e caratteri non erano sufficienti per caratterizzarli. E allora sono state usate delle etichette: il vecchio è spaventato, il giovane è perplesso. L’azione rimane fredda, non so se mi spiego. Così che il passaggio successivo, con il lampante rimando alla tragedia dei migranti, arriva senza filtri. Di qui, il rischio che il lettore non accetti “aggratis” l’intensità che l’autore vuole imprimere alla storia.
Nel mio caso, ho avuto bisogno di tempo per risintonizzarmi con il cambio scena e con il protagonista. Entrare nel suo modo di pensare, capire il suo punto di vista e abbracciarne il dolore.

E sul finale ho sentito la potenza del messaggio che si voleva dare, mi è davvero spiaciuto che sia arrivato in questo modo un po’ recalcitrante. Ecco, è come se le scelte stilistiche adottate abbiano tenuto coperto questo messaggio immenso fino alla fine.



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