Fame Siderale

Per partecipare alla Sfida basta aver voglia di mettersi in gioco.
Le fasi di gioco sono quattro:
1) I partecipanti dovranno scrivere un racconto a TEMA e postarlo sul forum.
2) Gli autori leggeranno e classificheranno i racconti che gli saranno assegnati.
3) Gli SPONSOR leggeranno e commenteranno i racconti semifinalisti (i migliori X di ogni girone) e sceglieranno i finalisti.
4) Il BOSS assegnerà la vittoria.
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Michael Dag
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Fame Siderale

Messaggio#1 » martedì 19 aprile 2022, 15:27

FAME SIDERALE
di Michael Dag Scattina


Il brusio di chiacchiere e posate riempie la saletta della caritas.
Infilo la forchetta nella ciotola e mescolo. Riso, pomodori e tonno. Certo, sarebbe bello assaggiare qualcosa di diverso ogni tanto, ma sempre meglio che litigarsi gli avanzi dei ristoranti coi gabbiani al lungomare. Bisogna pur mangiare.
Prendo una generosa forchettata e mastico bene, lo stomaco si contrae e si ricorda di esistere.
Miran appoggia il vassoio di fronte a me e infila le gambe sotto il tavolo. Puzza di sudore e disagio, come tutti, qui dentro. «Ciao Fulvio. Tu ha visto lo Spezia, ieri?»
«Che ti dicevo? '67/68, annata bianconera.»
«Bella finale. Secondi di campionato.» Prende una forchettata di riso e se la infila tra i denti storti.
«E te, come te la passi?»
«Bene, bene. Ho trovato un piccolo lavoro.» Si guarda intorno un secondo. Nessuno ci ascolta. «Anzi se tu vuoi qualchi soldi, puoi dare una mano, dopo.»
Già mi immagino che genere di "piccolo lavoro" può propormi uno scappato a piedi dalla Jugoslavia che mangia alla caritas. «Di che si tratta?» Ma bisogna pur mangiare, in fin dei conti.
«Tu sai di nave americana arrivata in arsenale, giorni fa?»
«Sì, ho sentito.»
«Alcuni soldati escono fuori di nave per…» si indica il naso «divertimento. Se tu sai dove trovare, loro pagano subito.»
Fantastico, potrò dire di lavorare per la marina americana. «Non ho un soldo, amico. E non voglio lasciare puffi.»
Miran appoggia la forchetta, con noncuranza infila una mano nei calzoni strappati e poi armeggia col tovagliolo. Me lo passa, lasciandolo a fianco al mio piatto.
Prendo un sorso d'acqua, e continuo a mangiare. Sollevo un angolo del tovagliolo e mi ritrovo con gli occhi sgranati. Lo richiudo subito. «Ho visto bene? Pezzi da diecimila?»
Miran abbozza un sorriso. «Io ho portato loro roba, la settimana scorsa. Stasera ho fatto giro di tutti miei amici, e adesso non so più dove comprare. Ma se tu hai contatti giusti, prendi i soldi e porta altra roba. Ti aspetto in piazza Chiodo.»
«Ti fidi a lasciarmi andare via con tutti questi soldi?»
«Fulvio, noi siamo amici, certo che mi fido.» Miran mi fissa negli occhi. «E poi, sai che se provi a fregare slavo, ti trovi con coltello che buca pancia.»
Butto giù gli ultimi bocconi di riso. Mi infilo i soldi nella tasca della felpa e mi alzo dal tavolo raccogliendo le posate sul vassoio. «Ci vediamo alle siepi tra un'ora.» Dio benedica l'America.

+++

Freddo.
Cazzo, che freddo, e perché sono nudo? Cos'è questo ronzio, dove sono? Ero con Miran, prima. E c'erano quei tre americani… E poi?
Sono sdraiato, ma non capisco da che parte. È buio pesto… Mi gira la testa, mi sento leggero. Sto fluttuando come un'alga tra le onde del mare. Provo a muovermi. Le braccia sono intorpidite, le gambe rispondono formicolando da chissà dove.
C'è una superficie dura sotto di me. Ok, ragioniamo. Sono sbronzo, sicuro. Ho bevuto troppo, e magari anche pippato della merda, non mi ricordo.
Mi punto sul gomito e mi tiro su.
Riesco a muovermi a malapena, qualcosa mi stringe dappertutto. Muovo le braccia, mi contorco nel letto, ma per quanto mi sforzo la coperta non mi si leva di dosso. Spingo con le gambe verso il basso, niente. Mi rigiro, controllo ogni singolo movimento, ci metto un'eternità a mettermi sull'altro fianco.
Aspetta. Questo non è un letto. Sono mesi che non dormo in un letto vero. E questi non sono quei plaid cenciosi che uso da coperta. Con le mani esploro il poco spazio a disposizione intono a me. Muovo i piedi, si spostano di pochi centimetri. È una specie di sacco a pelo. Sono imbozzolato come uno stramaledetto insetto. Mi passo una mano sopra la testa, ma il tessuto è liscio e uniforme. Come il mio cranio, cazzo, dove sono i miei capelli?
All'altezza del viso trovo una placca circolare. Passo le dita lentamente, sembra avere dei fori. Sembrerebbe… un filtro per l'aria?
Non trovo la cerniera, da dove si esce?
Il cuore accelera, le tempie iniziano a pulsare. Mi manca l'aria, devo uscire da qua. Qualcosa lampeggia di rosso, nell'oscurità. Una lucina piccola, che filtra a malapena tra il tessuto che mi avvolge. Un lieve trillo intermittente spezza il silenzio. Una soffiata di aria calda arriva dal filtro. Ha un odore chimico e dolciastro… quasi… soporif…

+++
Per l'ennesima volta, il mio sacco viene preso e trascinato via. Ho smesso di chiedere a questi stronzi chi sono e cosa vogliono. I loro scarponi sono pesanti, e le mie costole l'hanno imparato presto.
Dopo qualche metro mi appoggiano per terra, di nuovo.
Il suolo è morbido, sembra sabbia. Il vento fischia intorno a me, forse siamo su una spiaggia.
Voglio una boccata d'aria. Solo una, cazzo, appena mi sono svegliato il mio sacco era pieno di merda e piscio. Ho la gola secca.
Mi rannicchio su me stesso ancora di più. Sto tremando e non è solo per questo stramaledetto freddo. Qui faccio una brutta fine. Non ricordo nulla dopo quella sera, non so neanche quanto tempo sia passato.
Quello zingaro infame mi ha venduto a questi psicopatici. Giuro che se esco da questa storia, lo ritrovo e lo mangio vivo.
C'è gente intorno a me. I loro passi sono lenti, impacciati, i suoni sono ovattati dal mio bozzolo.
Qualcuno rantola alla mia destra. Un altro prigioniero? Si contorce, mugola. Poi smette. Trafficanti d'organi. Finirò spolpato e rivenduto al mercato nero. Oppure usato come cavia umana per qualche esperimento, chissà che robe fanno quelli della cia, o i russi.
Il filtro del mio sacco si apre con uno scatto metallico e qualcosa entra nell'involucro, puzza di pesce marcio bruciato. Chiudo la testa tra le spalle, provo ad afferrarlo con entrambe le mani, ma i miei muscoli sono molli come una medusa. Qualcosa di freddo e viscido mi avvolge il collo e stinge, sembra il tentacolo di un polpo. Altre appendici mi strisciano sulla faccia. Provo a girare la testa ma sono bloccato.
Si infilano nel naso.
In gola.
Soffoco.
Mi contorco quanto posso, ma le sento farsi strada dentro il mio cranio e nello stomaco. Sto per esplodere.
Non riesco neanche più a muovermi.
Che vita di merda che ho avuto. Mi sono sempre buttato via, senza mai realizzare niente. Chissà quanta della gente che conosco si chiederà che fine ho fatto. Chissà se mio padre è ancora vivo. Forse lo incontrerò tra poco.
Con uno strattone, i tentacoli vengono strappati via, mi rivolto come un guanto. Ho le budella nel cervello, il sangue non sa più da che parte deve scorrere, vomito e singhiozzo bile.
Intorno c'è un concerto atroce di gorgoglii e grida soffocate.
Poi, lentamente, si placa.
Il dolore passa, il respiro torna regolare. La puzza di merda e succhi gastrici è insopportabile, ma vuol dire che sono vivo, giusto? Mi sorprendo a ridacchiare da solo come un pazzo.
Qualcuno afferra il mio sacco, armeggia con la parte superiore. Altro giro? Il sacco si ritrae e mi scopre il viso, una morsa di freddo mi stritola la testa. Aria! Finalmente!
C'è puzza di bruciato, tipo polvere da sparo.
Un tizio con uno scafandro bianco torreggia su di me un istante, e si allontana. Si muove lentissimo, come fosse davvero sott'acqua.
Il cielo è di un nero che non avevo mai visto.
Mi guardo intorno. Una distesa piatta di sabbia grigia si stende a perdita d'occhio. Parecchie persone sono stese a terra, avvolte in sacchi arancioni come il mio. Uomini, donne, negri, cinesi. Bambini. Molti di loro boccheggiano come pesci fuori dall'acqua. Qualche istante, e la maggior parte rimane immobile, le bocche spalancate e gli occhi fuori dalle orbite.
Cinque o sei palombari in bianco li tirano fuori dai bozzoli e li trascinano in un mucchio poco distante. Ma perché si muovono così lenti? Quelle tute devono essere davvero pesanti.
Respiro avidamente. I polmoni pizzicano, in gola ho il sapore di un milione di canali di scarico, ma mi sento rinascere.
Un'ombra strana si muove tra i prigionieri ancora chiusi nei sacchi. È tutto buio, il nero della notte ha risucchiato ogni colore, e quell'affare sembra un ammasso di polpi cuciti insieme. Rotola da un sacco all'altro e… che cazzo è quella roba!?
Un tentacolo esce dalla matassa e si infila nel sacco di un prigioniero. Il poveretto all'interno si dimena qualche secondo poi resta immobile.
La bestia recupera il tentacolo e passa al prossimo.
Mi viene da vomitare.
Uno dei palombari scopre la testa al prigioniero. È una ragazzina mulatta, sbava sangue sulla sabbia ma pare respirare.
La trascinano verso di me. Il piccolo gruppo dei sopravvissuti.
Giro la testa quanto più posso.
A una decina di metri da me, dei veicoli assurdi poggiano su sei zampe. Sembrano insetti di metallo, con antenne e parabole ovunque. Mi giro ancora e il fiato mi si strozza dei polmoni.
Nel buio più assoluto del cielo, la luna è enorme, cinque o sei volte le sue dimensioni normali. Brilla di azzurro e sotto le striature delle nuvole bianche si vede il profilo verde e marrone dell'Africa e dell'Europa. Quella non è la luna.

+++
Le cime dei platani di viale Amendola ondeggiano tranquille alla brezza della sera, il muraglione dell'arsenale disegna un profilo squadrato contro il cielo.
Passeggio con calma, le mani nelle tasche, fa troppo caldo per mettere dei guanti. Siamo a luglio, in fin dei conti, ma non l'avevo mai sofferto così tanto.
Ho fame. È da quando sono tornato che ho fame, e non riesco a mangiare nulla. È come se non avessi più lo stomaco.
Devo nutrirmi, e c'è solo un unico, orripilante metodo.
Un paio di gabbiani stanno appollaiati sulla ringhiera del canale. Un magro spuntino, ma meglio che niente. Mi avvicino, con calma. Tiro la mano fuori dalla tasca quando un coglione in motorino mi sfreccia accanto sul viale. I due uccelli svolazzano via, garrendo indispettiti. Non insultatelo, ragazzi, vi ha appena salvato il culo.
Arrivo in fondo al viale e prendo verso Pegazzano. Sento sempre un profumo buonissimo da queste parti, chissà cos'è.
Cammino per i vicoletti. Lo stomaco borbotta, il sangue ribolle. Mi sento debole e disidratato, se non mangio qualcosa subito svengo.
Un fruscio mi fa girare la testa verso una serie di bidoni della spazzatura. Mi avvicino. Una palletta di pelo sta provando a squarciare un sacchetto dell'immondizia, con zampine grandi quanto una sigaretta.
Tendo la mano. Le mia dita si allungano a dismisura, diventano nere e si ricoprono di ventose dentate. Guizzano intorno alla bestiola, in un battito di cuore la avvolgono completamente dalla testa alla coda.
Sento quel povero gattino provare a dimenarsi sotto le mie mostruose estremità. So come ci si sente, amico. Ma devo mangiare qualcosa. Estendo i tentacoli minori, mi faccio strada sotto al pelo fino alla pelle. È incredibile quanto poco ci ho messo per imparare ad usare questa nuova parte del mio corpo. Con che intuito posso, con le mie ventose, trovare le vene più esposte delle mie prede. Con che precisione affondo i miei nuovi denti nei loro corpi per risucchiarli dall'interno.
Sono un mostro.
Un maledetto mostro.
Ignoro l'istinto primordiale di sopravvivenza e allargo le dita. Il gattino schizza via come una scheggia. Non è giusto che paghi lui per la mia maledizione.
E poi, non mi avrebbe saziato. Non è lui che emette questo profumo.
Continuo a camminare tra i vicoli, arrivo ai magazzini abbandonati dell'enel.
Il vento porta l'aroma di un banchetto.
Costeggio la rete arrugginita fino al solito squarcio, ci passo attraverso e entro nel cortile invaso di spazzatura tossica e erba alta un metro.
Mi faccio largo tra la rumenta, il profumo viene dalla vecchia sala mensa degli operai. Ironico.
Arrivo al capannone fatiscente. Alcuni nuovi graffiti coprono quelli vecchi, le finestre non hanno più un singolo vetro integro e il buco nel tetto si è ingrandito dall'ultima volta che ho dormito qui. Seguo il mio naso, costeggio il muro esterno fino a una finestra che sembra spalancata sulla cucina di un ristorante di lusso. Lo stomaco si contrae, le dita formicolano in cerca di cibo.
Sbircio da un vetro rotto.
Non ci credo.
È Miran.
È accasciato su dei cartoni, in una distesa di barattoli vuoti e mozzi di sigaretta, e si sta scolando un cartone di vinaccio da due lire.
E profuma come una pizza appena sfornata.
Scavalco la finestra tirandomi dietro i pezzi di vetro ancora attaccati ai bordi. L'infame sgrana gli occhi, tira fuori un opinel da sotto le coperte luride e salta in piedi.
Le dita mi fremono, non vedo l'ora di strizzarlo come un pomodoro. «Ciao, Miran.»
«F-Fulvio…» Gli trema la voce. «Io… mi dispiace…»
Schiocco le braccia come fruste, tiro fuori tutti e dieci i tentacoli e lo avviluppo con tutta la forza che ho. Non se ne accorge nemmeno, sono troppo veloce per lui. «Tra poco, ti dispiacerà davvero.»
Bofonchia qualcosa, ma ho troppa fame per starlo ad ascoltare.
Si dimena come un ossesso. Potrei schiantarlo contro al muro e stordirlo, ma no. Non gli darò la grazia dell'incoscienza. Non dopo quello che ho passato a causa sua. Che sto ancora passando. Coi pollici, mi infilo sotto la camicia lercia, cerco l'ombelico. Lo perforo, mi faccio strada nelle sue budella e allargo le ventose. Le appendici si dispiegano tra i suoi organi. Risucchio quella succosa poltiglia, è l'unico pasto di tutta la mia esistenza, mi disseto col sangue che assorbo dai suoi polsi con le altre dita.
Srotolo gli indici, e cerco le narici, salgo su fino al cervello. Diavolo, non avrei mai detto che il cervello di uno zingaro fosse tanto delizioso. Forse è la droga che gli da quel tocco speciale.
Continuo a nutrirmi finche non mi ritrovo a stringere un ammasso di pelle e ossa. Lo getto via come il cartoccio vuoto del porchettaro di San Giuseppe.
Faccio rientrare i tentacoli.
Mi guardo le mani luride di sangue.
Crollo a terra e scoppio a piangere.
Sono un mostro. Un maledetto mostro cannibale. La luce della luna filtra dalle finestre in frantumi, grido, scalcio e striscio fino all'angolo buio.
Un coccio di vetro lungo una spanna spunta dalla polvere dei calcinacci. Sì. È l'unica soluzione. Ammesso che abbia ancora qualcosa di umano e possa morire così. Lo prendo. Tiro un lungo respiro, l'ultimo, e me lo punto alla gola.
«Fermo.»
Mi volto di scatto.
Un tizio in mimetica è in penombra sulla porta. Ha un fucile a tracolla, ma tiene le mani alzate e cammina calmo verso di me. «Voglio solo parlare.»
Accento americano. Sono pieno, ma il posto per il dessert potrei trovarlo. «Chi sei? Che cazzo mi avete fatto?»
«Ti spiegheremo tutto. Metti giù il vetro, per favore.»
Scordatelo, mi avete già fregato una volta.
Il soldato si avvicina a qualche metro da me. Altri tre entrano nella stanza. Con loro c'è la ragazzina mulatta che ho visto quella notte.
«Che diavolo succede?»
Un tizio pelato sui cinquanta si siede a terra davanti a me. «Sono il capitano Windershorn.» Parla in tono calmo e pacato. «Ti conosco come soggetto 1582. Posso sapere il tuo nome vero?
«Fulvio. Cozzani.»
«Piacere di conoscerti. Ti informo che sei tra i pochi sopravvissuti del progetto SpaceHungry.»
«Quindi?»
«Quella notte… sulla luna… ricordi cos'è successo?»
Ho paura a dirlo. È la prima volta che anche solo penso a quella parola. «Gli alieni.»
«Esatto. Il tuo corpo è stato migliorato con delle protesi a livello neurale. Vogliamo_»
«Non me ne frega un cazzo dei vostri esperimenti! Mi avete usato come un topo!» Indico il cielo. «Quanta gente avete ammazzato, lassù?»
«Ti prego, calmati. Lascia_»
Salto in piedi, mollo il vetro, estraggo i tentacoli. Mi è tornata fame. Molta, molta fame.
I tre soldati scattano indietro e mi puntano i fucili. «Non ti muovere!»
Ondeggio le dita. Se sono abbastanza veloce riesco a fotterli tutti e tre. E poi, cos'ho da perdere? «Mi avete reso un mostro!»
«No! Ti abbiamo reso un superuomo. Stammi a sentire, ti prego.»
Stendo l'indice verso il suo torace. «Ti mangio il cuore.»
«Fulvio, fermati.» La ragazzina si mette tra me e il capitano. «Anch'io all'inizio non capivo. Avevo paura.» Mi mostra le dita, uguali alle mie.
«Lo trovi divertente?» È impazzita, ovvio. Non ha retto allo spavento.
«No.» Le scappa un singhiozzo. «Ma… non è così male come sembra.»
«Ascoltala.» Il capitano ha le mani alzate. «Facci spiegare.»
Saltello con gli occhi tra tutti i presenti. «Va bene.» Ritraggo i tentacoli. Prendiamo tempo.
«L'America ha avamposti sul suolo lunare già da un anno. Siamo arrivati lì in segreto, nel maggio del '67. E sulla luna, esistono altre creature viventi.»
«Ho visto.»
«Queste creature non sono senzienti come lo intendiamo noi, ma hanno un metabolismo alimentare che si adatta molto in fretta. Se trovano una fonte di cibo, percepiscono la presenza di materiale simile a decine di chilometri di distanza. Ora dimmi: cosa ti ha condotto qui?»
Il miglior profumo che abbia mai sentito. «Intuito.»
«Appunto. Quando ti abbiamo portato sulla terra, prima di risvegliarti ti abbiamo nutrito con sangue di prigionieri sovietici. E quel tizio» indica ciò che resta di Miran «è figlio di un soldato russo, che stuprò una contadina slava durante la guerra. Ora dimmi: dov'è il sovietico più vicino?»
Annuso l'aria. Faccio vibrare le ventose. Diavolo, lo sento davvero. «Verso est. Ma è… debole.»
«Sarà qualche discendente di vecchie generazioni. Capisci ora?»
«Veramente, no.»
«Tu sei un radar umano. Nessuna spia può nascondersi al tuo fiuto. Nessun sicario. In un campo di battaglia, nessun nemico nel raggio di decine di miglia può tendere un'imboscata senza che tu lo venga a sapere con ore di anticipo.»
Perfetto. Ora posso dire davvero, di lavorare per la CIA. «Che intenzioni avete?»
«È prevista una nuova missione. Nel luglio dell'anno prossimo, sbarcheremo sulla luna agli occhi del mondo. Tu verrai con noi. In quest'anno, scoverai terroristi sovietici e ti nutrirai di loro. Modificherai il tuo metabolismo. Quando tornerai sulla luna, useremo un piccolo campione del tuo sangue per 'insegnare' agli alieni a attaccare solo i nostri nemici.»
«Cosa? Volete portare quei cosi sulla terra?»
«È l'unico modo per evitare una guerra nucleare con Mosca.» Mi tende la mano. «Vuoi passare dall'essere un barbone drogato a diventare l'agente segreto migliore del mondo? La paga è ottima. Credimi.»

+++
Bella la nuova casa. Spaziosa, luminosa, ottima posizione.
Ilva si guarda intorno e sorride. Di sicuro, non immaginava neanche che potesse esistere tanto lusso.
«Allora, ragazzina. Se non ho capito male, più cose mangiamo di un certo tipo, più sviluppiamo l'olfatto per quel tipo di sangue, giusto?»
«Sì, è così. Io sento un bello spuntino, non troppo lontano da qui. Ce lo dividiamo?»
«Ma se io mangiassi altre cose, tipo che so, i francesi. Gli alieni imparerebbero a mangiare i francesi, giusto?»
«Credo di sì.»
Srotolo i tentacoli. La avvolgo e le spezzo il collo. Le pianto le dita in gola e negli occhi e assorbo il suo sangue contaminato. Fa schifo. Davvero schifo. Ma bisogna pur mangiare, no?
Lascio cadere il cadavere essiccato. Stendo le ventose fuori dalla finestra. La prossima progenie aliena è a sud, verso Roma.
Sarà un anno di dieta ferrea. Credo che l'estate prossima, alieni e americani avranno una bella, gustosissima sorpresa.



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Michael Dag
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Re: Fame Siderale

Messaggio#2 » martedì 19 aprile 2022, 15:31

un dialogo con almeno tre personaggi - Fulvio, cpt windershorn, ragazzina (fine del 4° paragrafo)

frase ricorrente - Bisogna pur mangiare

una città medio/piccola italiana. - parte del racconto è ambientato a LaSpezia, anche se non ci sono elementi che possano caratterizzare l'ambientazione in maniera intuitiva per chi non ci vive (Non abbiamo colossei, ne cattedrali, ne un belino d'altro.) a voi la sentenza.

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MatteoMantoani
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Re: Fame Siderale

Messaggio#3 » martedì 26 aprile 2022, 20:34

Prime impressioni. ciao Michael, piacere di rileggerti. Che bello leggere un tuo racconto lungo! Il tuo stile pulito e immediato rende l'esperienza molto piacevole. Ora arrivo ai commenti sulla storia.

Tema e Bonus. Tema ok, lato bonus anche.. solo quello della città.. non saprei. Chiaro che secondo te a La Spezia non c'è un monumento particolare per rendere l'ambientazione della tua storia immediatamente riconoscibile.. ma guarda me: la mia storia è a Pordenone, eppure una chiesa che c'è solo lì l'ho trovata.. non so, secondo me potevi trovare qualcosa.

Punti di miglioramento Lo stile mi è sembrato scorrevole. Certo, c'è il problema solito che si ha con un pdv in prima persona che subisce torture e riferisce tutto con mente anche troppo lucida.. nemmeno io saprei come fare, in questo caso, si tratta probabilmente di calcare molto la mano, per trasmettere il dolore e l'orrore, forse anche un po' di più di come hai fatto tu. Non mi prendere alla lettera, è una cosa che non ho risolto nemmeno io.
Lato trama, direi che l'idea è avvincente, però ho un paio di note. Perché gli americani non hanno semplicemente dato da mangiare dei russi ai seleniti? Perché serve creare mutanti umani e poi usare il loro sangue? Vabbè, sono sicuro che con più spazio una motivazione la creavi, quindi ok.
Ho trovato in due occasioni che il pdv cambia opinioni sul suo stato in modo troppo repentino: quando si pente di aver divorato lo zingaro, e quando (nell'ultimo pezzo) mangia la sua collega. L'ultima scena mi pare un po' troppo slegata al resto, sebbene sia d'effetto per il finale.

Punti di forza l'idea di base è comunque interessante e potrebbe rappresentare un'alternativa divertente alla solita Spy story. Insomma, hai trovato un personaggio iconico, da fumetto, che non starebbe male in qualche graphic novel.
Divertente anche il modo in cui hai gestito il viaggio nello spazio, con questa sensazione di essere un'alga nel mare.. solo dopo si capisce e strappa un bel sorriso.

Conclusioni Forse un pezzo che andrebbe leggermente ampliato per gestire meglio i cambiamenti del pdv, così da fare sentire molto di più l'orrore che prova per la propria condizione e anche il desiderio che ha di massacrare i suoi simili. Devo dire che la storia mi è parsa divertente e originale, il protagonista soprattutto mi piace, e potrebbe essere portato in un fumetto o in una Spy Story. Bravo.

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Michael Dag
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Re: Fame Siderale

Messaggio#4 » venerdì 29 aprile 2022, 10:28

Grazie del tempo, sono contento che hai apprezzato il racconto, anche perché l'ho scritto praticamente in due pomeriggi.

sul discorso "perche non dare direttamente i russi in pasto agli alieni" hai ragionissima, ma non riuscivo a trovare una spiegazione decente senza far parlare per mezzora il capitano. quindi...
► Mostra testo


Elementi spezzini ne ho inserito qualcuno (l'arsenale, il nome di quartieri e vie, lo storico panino con la porchetta della fiera di san giuseppe) ma appunto, o ci vivi o non lo sai.
Ora che ci penso però, abbiamo una fontana a forma di culo. davvero, cerca piazza culo su google. lo scultore sostiene che che siano due vele, ma palesemente ha preso in giro tutta la provincia. se ci avessi pensato prima, l'avrei messa!

buona fortuna

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MatteoMantoani
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Re: Fame Siderale

Messaggio#5 » venerdì 29 aprile 2022, 20:30

Michael Dag ha scritto:Ora che ci penso però, abbiamo una fontana a forma di culo. davvero, cerca piazza culo su google. lo scultore sostiene che che siano due vele, ma palesemente ha preso in giro tutta la provincia. se ci avessi pensato prima, l'avrei messa!
buona fortuna

Ho visto! Si chiama proprio Piazza del Culo anche se Google XD e la scultura sembra proprio un culo! ma chi è il sindaco che ha permesso sta roba?
Comunque, rilancio con la Fontana delle Tette, che c'è veramente qui a Treviso
https://en.wikipedia.org/wiki/Fontana_Delle_Tette
A presto!

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Andrea Furlan
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Re: Fame Siderale

Messaggio#6 » sabato 30 aprile 2022, 1:15

Ciao Michael,

Buono il racconto, buona l'idea, efficace l'horror fantascientifico, nonostante il tema del rapimento degli alieni o dei supersoldati americani sia abbastanza già visto. Me lo sono goduto, apprezzandolo di più a una seconda lettura dopo qualche giorno. Mi sono piaciuti soprattutto I pezzi dove descrivi la trasformazione e l'angoscia di questo diseredato rinchiuso in inquietanti luoghi alieni che non gli consentono respiro e movimento. Ma non solo, anche quando lo dipingi con poche righe come uno degli ultimi della società.
Ottimo il finale che non mi aspettavo e che dà una chiusura coerente al tutto, anche se non lo reputo un vero plot twist.
L'introduzione del tema l'ho trovata un po' forzata, ambientando le scene extraterrestri sulla luna, ma vista la difficoltà di mettere insieme elementi tutti diversi tutto sommato hai giustificato bene la cosa. La frase ricorrente c'è ma forse avresti potuto calcarla un po' di più è farla diventare un motivo più importante o strutturale a sostenere la storia.
In sintesi: buona prova con alcuni dettagli migliorabili. Bravo!

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Alessandro -JohnDoe- Canella
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Re: Fame Siderale

Messaggio#7 » lunedì 2 maggio 2022, 0:44

Ciao Michael.
Racconto interessante, con alcuni aspetti che mi sono piaciuti molto e altri che mi hanno lasciato un po' più perplesso.
Parto dalla ciccia, letteralmente: il modo in cui il protagonista si nutre dopo la trasformazione. Mi è piaciuta un sacco la scena dello "svuotamento" e, in generale, l'idea alla base degli alieni. Allo stesso tempo, ho apprezzato il finale semiaperto, anche se forse l'ultimo paragrafo è un po' frettoloso.
Il problema di fondo è che, come scrivi anche tu, il racconto è stato scritto in due pomeriggi e la cosa si sente. I difetti maggiori sono a mio avviso due: lo spiegone finale e certi tagli temporali tra una scena e l'altra (soprattutto tra il primo paragrafo e il secondo). Il che è un peccato perché l'idea è buona, ma necessitava magari di una struttura migliore che valorizzasse da un lato l'empatia del lettore verso il protagonista, dall'altra il progressivo allontanamento tra i due col procedere della storia e del mutamento. In altre parole: la storia si prestava benissimo a una struttura a "La Mosca". Anziché ambientare parte del racconto sulla luna, perché invece non incedere sugli esperimenti nei confronti di Fulvio e Ilva? Quest'ultima appare infatti quale un mero pretesto narrativo e la sua morte lascia indifferenti, quando invece avresti potuto rappresentarla come una seconda vittima. Spero di essermi fatto capire (è quasi l'una di notte mentre scrivo, quindi perdonami nel caso), anche perché non vorrei cadere nel "what if" molesto.
Per concludere e riassumere: bella intuizione, bella descrizione del "mostro" e finale congeniale, ma struttura delle scene che mi lascia non del tutto convinto. Nulla da obbiettare invece su tema e bonus.
lupus in fabula

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Pretorian
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Re: Fame Siderale

Messaggio#8 » giovedì 5 maggio 2022, 23:30

Ciao, Michael e piacere di leggerti.

Devo dire che ho amato questo racconto. A livello narrativo è sicuramente il migliore che tu abbia prodotto finora: un mostrato profondo e senza sbavature, capace di mostrare le emozioni e i pensieri del personaggio senza renderli invadenti, si accompagna a una cura per il dettaglio che aggiunge sempre quell'elemento in più che fornisce una sfumatura all'ambientazione, senza appesantire il testo. Dal fatto che il coltello dello zingaro sia un opinel, alle descrizioni degli edifici al termine "Puffi" (che mi ha ricordato i miei anni a Genova) il tutto è calato in modo vivido nella realtà che descrivi.
Dall'altra parte abbiamo una trama che gira sul un plot da B-movie horror/fantascentifico anni 80, con russi, alieni e CIA. è quel tipo di trama che, a un secondo pensiero, si rivela piena di buchi, ma che funziona in modo così godibile che non te ne rendi nemmeno conto. Se posso muovere una critica, ho trovato le uniche sbavature nella parte finale, con lo spiegone dell'americano che si avvicina pericolosoamente a un infodump, e nel finale vero e proprio che risulta troppo sintetico per poter essere davvero efficace. Peccato, ma il resto è davvero fi fattura eccellente.

Alla prossima

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