La matematica del dolore - Alessandro Canella

Per partecipare alla Sfida basta aver voglia di mettersi in gioco.
Le fasi di gioco sono quattro:
1) I partecipanti dovranno scrivere un racconto a TEMA e postarlo sul forum.
2) Gli autori leggeranno e classificheranno i racconti che gli saranno assegnati.
3) Gli SPONSOR leggeranno e commenteranno i racconti semifinalisti (i migliori X di ogni girone) e sceglieranno i finalisti.
4) Il BOSS assegnerà la vittoria.
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Alessandro -JohnDoe- Canella
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La matematica del dolore - Alessandro Canella

Messaggio#1 » lunedì 25 aprile 2022, 13:38

La matematica del dolore
Alessandro Canella


20/07/1969
Sua madre l’aveva detto il giorno in cui lei e Antonio avevano deciso di comprare un televisore: «Nina, facci quel che ti pare con quell’aggeggio, ma una cosa - una soltanto! - prometti: non mangiarci davanti, che il cibo è sacro.»
Nel vedere i resti della cena sparsi sul tavolino del salotto, Nina si fece il segno della croce, lo sguardo rivolto al soffitto. «Perdonami, ma’. Solo stavolta, promesso.»
Dalla cucina sbucò la faccia di Antonio, sigaretta alla bocca. «Che hai detto, amore?»
«Nulla nulla, parlavo con mia madre.»
«Che? Pure da lassù scassa ancora la minchia, quella?»
«Ma sta’ zitto e sbrigati, che stanno per atterrare.»
«Eh, arrivo.» Spumante in una mano e calici nell’altra, Antonio raggiunse Nina sul divano, dove per poco non fece cadere la cenere della sigaretta in uno dei bicchieri. «Ma non è che gli farà male lo spumantino?»
Nina accarezzò il ventre gonfio. «A sti diavoletti? Macché, al massimo li calmerà un poco, che oggi son scatenati. Oh, guarda! Mi sa che ci siamo. Alza il volume!»
Antonio corse al Telefunken e girò la manopola dell’audio. La voce di Tito Stagno riempì la sala. «Cinque piedi e mezzo… due metri…» Un lampo bianco e la diretta scomparve, sostituita da un disturbo statico accompagnato da una serie di fischi.
Nina si coprì le orecchie. «Che fastidio, Anto’. Fa qualcosa!»
Antonio diede un manrovescio al televisore e il segnale tornò.
«Ha toccato!» gridò Stagno.
Marito e moglie scoppiarono in un grido d’emozione e si abbracciarono sul divano.
«Lo spumante!» Antonio fece un passo indietro, ma dalle ciabatte giunse un rumore umido.
Nina si toccò tra le cosce. «Anto’, credo che ci siamo.»

G.K.: “Oggi io e alcuni colleghi del JPL abbiamo visto Neil per la prima volta dopo la quarantena e — non so come dire — ha pianto. Cazzo, Marta, l’ho visto piangere. Lui!”
M.K.: “Doveva essere emozionato a rivedervi dopo tutto questo tempo.”
G.K.: “No, tu non capisci. Le sue non erano lacrime di gioia. Cristo Santo, il suo era terrore. Terrore puro!”
Gene e Marta Kranz
12/08/1969
intercettazione telefonica


15/07/2022
La lancetta del metronomo scandiva la seduta con andamento lento e regolare. Piegato in avanti sulla sua poltrona, il dottor Delio Costa tracciava con la penna sottili X sul blocco note, una a ticchettio.
Tic
Tac
Tic
Tac

Una voce di donna, aspra e lamentosa, giungeva ovattata alle sue orecchie.
Tic
Tac
Tic

«Ho provato a chiamarla l’altra sera.»
Delio sollevò gli occhi dal taccuino. «Intendi tua figlia?»
La signora Rizzo arrotolò l’ennesimo fazzoletto di carta attorno alle dita. «Sa cos’ha risposto? Che non abbiamo nulla da dirci. Capisce? Come posso cercare il dialogo se dall’altra parte ricevo solo schiaffi?»
Delio si tolse gli occhiali e pulì le lenti con la punta della cravatta. «Un dialogo non è solo uno scambio verbale, Livia.»
«Ma è stato lei, dottore, a dire che avrei dovuto fare io la prima mossa! E cos’ho ottenuto? Nulla!»
«E cosa te le fa pensare?»
L’orologio da polso di Delio emise un paio di bip.
«Sarò onesto, Livia: sono molto soddisfatto dei progressi compiuti. Non cerchi più lo scontro verbale a ogni costo; eppure, continui a mostrare i segni di una rabbia soltanto tenuta a freno.» Delio si alzò in piedi, subito imitato dalla signora Rizzo. «Capisco la frustrazione, ma provi ancora troppo dolore e ciò altera la tua percezione. È lì che dobbiamo a lavorare. Diciamo settimana prossima? Solito orario?»
La Rizzo annuì, i muscoli del collo rigidi, e si lasciò accompagnare fuori dallo studio.
Chiusa la porta, Delio appoggiò la schiena al legno con un sospiro.
«Giornata dura?»
Il caschetto nero di Lea spuntava sopra il bancone della reception.
«Ti scongiuro, Lea, cambia facoltà, altrimenti tutto ciò che otterrai saranno adulti mai cresciuti convinti che l’universo non abbia altro interesse che sabotare le loro vite.»
Lea inarcò le sopracciglia in un’espressione colpevole mentre sollevava davanti al naso il Manuale di Psichiatria di Cassano. «Troppo tardi, temo. Penultimo esame.»
«Beh, non dire che non ti avevo avvisato.» Delio girò attorno al bancone e raggiunse la segretaria. «Messaggi?»
La ragazza porse un post-it. «Un certo ispettore Parisi. Ha chiesto di richiamarlo con urgenza.»
Delio prese il foglietto. Parisi… Il nome non gli diceva nulla, anche se in passato gli era capitato di collaborare con la Caserma Calipari come consulente per dei casi di profilazione. «Grazie, Lea. Goditi il weekend.»
La ragazza raccolse le sue cose. «Allora a lunedì, dottore.»
Delio la salutò con un sorriso. Rimasto solo, tornò nel suo ufficio e compose il numero al cellulare.
Un solo squillo e all’altro capo rispose una voce profonda e sicura di sé. «Ispettore Parisi.»
«Sono Delio Costa. So che mi ha cercato.»
«Dottor Costa, piacere di sentirla. Ho avuto il suo nominativo dal maresciallo d’Amico. Mi chiedevo se fosse ancora disponibile ad aiutare le forze dell’ordine per un’indagine.»
«Di che si tratta?»
«Meglio se glielo mostro.» Dalla cornetta giunse l’inconfondibile suono della tastiera di un computer. «Le ho girato un’email.»
Delio aprì il portatile. Un messaggio recava come mittente il Dipartimento Persone Scomparse, Ministero dell’Interno. Cliccò sull’allegato e scorse il file con la rotella del mouse. Le prime pagine erano occupate dalla scheda ante mortem dello scomparso: Luca Troini, 6 anni, originario di Scicli. Seguiva un elenco dettagliato di connotati, indumenti ed effetti personali indossati al momento della sparizione. Raggiunta la sezione dedicata alle foto del soggetto, Delio fermò il dito. Gli scatti ritraevano un uomo sulla sessantina, emaciato, la pelle grigia ricoperta da cicatrici e tagli, alcuni dall’aspetto di numeri e simboli geometrici.
Delio si schiarì la gola. «Chi ha mandato queste foto?»
«Le abbiamo fatte noi.» Ci fu una breve pausa. «Luca è stato ritrovato settimana scorsa.»
«Se è così, allora a cosa vi servo?»
«Semplice: vorremmo capire cosa gli è successo.»
Delio si appoggiò allo schienale della sedia. «Spiacente, ispettore, temo che la mia specializzazione non sia quella di cui avete bisogno. Se vuole posso—»
«Prima mi lasci fornire tutte le informazioni.» Ancora una volta Parisi fece una pausa. «Luca non sembra voler parlare con nessuno, se non con un gruppo selezionato di persone.»
«Che intende?»
«Intendo che l’interlocutore dev’essere nato il giorno esatto della sua scomparsa: 20 luglio 1969.»
«Ma è assurdo. Lui come… E anche voi, come l’avete scoperto?»
«Informazioni riservate.»
«Insomma, sta dicendo che la ragione per cui vi servo non dipende dalle mie competenze, ma dalla data del mio compleanno?»
«Comprendo che ciò possa risultare quasi offensivo, ma mi lasci aggiungere un tassello: Luca non è l’unico caso del genere avvenuto in questi giorni.»
«Ci sono stati altri ritrovamenti in Italia?»
«Non in Italia. Nel mondo.»
Questa volta fu Delio lasciare in sospeso il discorso.
«Ascolti, se la cosa le interessa, richiami entro domani e le fornirò ulteriori dettagli. E un’ultima cosa, dottore: se l’ho cercata non è soltanto per una mera casualità, mi creda. Spero di risentirla.»
Parisi mise giù, lasciando Delio a meditare su quanto appena sentito.
Un uomo che parla solo con chi condivide la data della sua scomparsa… Più di un caso nel mondo…
Cosa sarebbe accaduto alla sua vita se fosse riuscito a trovare la chiave di quel mistero?
Per un attimo rivide in testa il volto della signora Rizzo.
Prese il cellulare. «Ciao Lea. Scusa, ma ho urgente bisogno che tu disdica degli appuntamenti.»

Rintracciarli è stato più semplice del previsto. Entro la settimana invieremo il rapporto completo ai colleghi delle altre nazioni. Solo una domanda, Giulio: come puoi essere sicuro che la chiave sia soltanto la data di nascita? E se ci stesse sfuggendo qualcosa?
Lucio Goggi
12/02/1973
comunicazione interna Ministero dell’Interno


18/07/2022
«Tra cento metri, svoltare a destra.»
Anche se da quasi mezz’ora non incrociava anima viva, Delio mise la freccia e scalò di marcia.
«Che hai detto, tesoro?» gracchiò sua madre dalle casse dell’auto.
«Nulla. Era il navigatore.»
«Ah, giusto. Quasi speravo che eri con una donna. Manco quello invece. Bello scherzo ci hai fatto.»
Delio svoltò su una strada sterrata che risaliva i monti Peloritani. «Quante volte devo chiedere scusa? E poi te l’ho detto: sono qui per lavoro. Se tutto va come dico io, potrebbe essere una svolta nella mia carriera.»
«Ma quale carriera, che già hai uno studio tutto tuo? E poi, “qui” dove, che manco vuoi dire dove sei?»
«Ma chi è? Quello sciagurato di mio fratello?»
Delio roteò gli occhi nel riconoscere la sorella. «Ciao Naomi.»
«Ciao una minchia! Ma non ti vergogni a fare sti dispetti ai tuoi poveri genitori? Da quando in qua si saltano i compleanni?»
«Naomi, abbiamo cinquant’anni. Non credo sia una tragedia saltarne uno.»
«Ma lo senti, ma’?»
«Rincitrullito è!» La voce di sua madre arrivava da lontano. Conoscendola, stava girando attorno alla stanza con le mani intrecciate che pregava la Madonna.
«Sentito, fratellino?»
«Smettila di chiamarmi così, che sono più giovane di nemmeno 10 minuti.»
«Povero cucciolo… Senti, eh: vedi di sbrigarti e di essere qui per il 20, altrimenti…»
Superato un tornante, Delio si ritrovò una camionetta dell’esercito con due soldati ai lati delle portiere a sbarrare il tragitto. «Ok, ok. Ora scusa, ma sono arrivato. Devo proprio lasciarvi. Dì a mamma e papà che gli voglio bene.»
«Ehi, non ho—»
Delio chiuse la telefonata e frenò l’auto a pochi metri dal posto di blocco.
Uno dei militari si avvicinò, mitra a tracolla. «Documenti.»
Delio prese il portafoglio ed estrasse la patente.
«Scenda dall’auto, per favore, e consegni cellulare e qualunque altro oggetto di comunicazione elettronica. Il collega l’accompagnerà dall’ispettore Parisi.»
Delio fece come ordinato. «Posso prendere la borsa?»
«Ci occuperemo noi di recapitare i suoi averi. La prego di seguire le istruzioni.»
Senza aggiungere altro, Delio consegnò quanto richiesto e salì a bordo del fuoristrada.
Il viaggio fu breve, poche centinaia di metri, fino alle prime case diroccate di Rajù. Una volta parcheggiato il mezzo, Delio fu fatto scendere. Dall’interno di una palazzina con appesa un’insegna arrugginita delle Poste comparve un uomo sulla sessantina vestito in borghese.
«Dottor Costa, piacere di conoscerla. Sono l’ispettore Parisi.»
I due si strinsero la mano.
Delio si guardò attorno. Il borgo risultava in stato d’abbandono, con ciottoli e vetri rotti lungo i margini delle strade. «Insolito come luogo di ritrovo.»
Parisi prese a salire una stradina che portava a delle casette a due piani affacciate sul torrente Fantina. «Rajù è stato abbandonato nel ‘72, lo stesso anno dell’ultima missione Apollo.»
Strano accostamento di pensiero, pensò Delio.
«Tuttavia non è così morto come potrebbe sembrare. L’area è spesso utilizzata per esercitazioni militari, oltre a operazioni che necessitano la massima discrezione. Ecco, ci siamo. Il soggetto si trova all’interno.»
I due superarono un muricciolo ed entrarono in una delle abitazioni. Nonostante fosse ancora primo pomeriggio, una serie di lampade collegate a un gruppo elettrogeno illuminava i locali. Parisi indicò alcune telecamere installate gli angoli della stanza. «Durante l’operazione si troverà sotto stretta sorveglianza. Al primo cenno di pericolo, i miei uomini sono pronti a reagire.»
Delio fissò l’ispettore. «Pericolo? Intende dire che non sarete presenti?»
Parisi scosse la testa. «Come detto al telefono, il soggetto non interagisce con chiunque.» Si avvicinò a un tavolo sopra il quale era poggiato un raccoglitore. Lo passò a Delio.
Lo psichiatra scorse le pagine, tutte dense di numeri e formule matematiche. «Di che si tratta?» Nel rialzare lo sguardo dai fogli notò che Parisi si era aperto la giacca, facendo intravedere l’arma d’ordinanza. «Che succede qui?»
Parisi si avvicinò all’ingresso. «Dottor Costa, da questo momento non si consideri più uno psichiatra. Si limiti a leggere quelle informazioni al soggetto e tempo un paio di giorni tutta questa storia sarà soltanto un ricordo. Mi spiace averla dovuta coinvolgere in questo modo, ma mi creda: sono stato costretto. Lo siamo tutti.»

Invero, per quanto alto sia stato il prezzo in termini umani, in che modo chiunque di noi, politico o santo che sia, avrebbe potuto opporsi?
Mariano Rumor
12/12/1972
note private al Trattato Luna Novum


18/07/2022
Per alcuni minuti Delio non si mosse dall’atrio. Attraverso le finestre era in grado di vedere una dozzina di soldati aggirarsi tra le viuzze di Rajù. Fuggire sembrava fuori discussione.
Gli occhi caddero sul raccoglitore, ancora stretto tra le mani. A piccoli passi, si affacciò a ognuna della stanze comunicanti con l’atrio, tutte vuote, anche se l’ultima dava su una scala che conduceva al piano superiore.
Nell’appoggiare il piede sul primo gradino, si domandò quanti secondi avrebbero impiegato i militari a raggiungerlo nel caso si fosse messo a urlare. Si augurò di non doverlo scoprire.
Raggiunta la cima, si ritrovò in un corridoio. Al lato opposto un uomo era in piedi di spalle, immobile.
«Luca?»
Nessuna risposta.
Delio si asciugò la fronte con la manica della giacca. «Mi chiamo Delio. Delio Costa. Sono qui per aiutarti. Ti va di parlare?»
L’uomo all’altro capo del corridoio si girò. Le lampade ne illuminarono il petto nudo. Viste dal vivo e a pochi metri di distanza, le ferite sembravano più numerose rispetto alle foto. Anzi no, lo erano, con alcuni tagli tanto recenti da grondare ancora sangue.
«Ti sei fatto tu quelle ferite?»
Luca piegò la testa di lato. «Calcolo errato, inserire dati.»
Delio mostrò il raccoglitore. «Ti riferisci a questi? Vuoi che ti legga questi numeri?»
L’altro non rispose.
Delio inspirò a pieni polmoni e aprì la copertina. Si partiva da semplici tabelline e dimostrazioni matematiche del sistema decimale, tutte nozioni insegnate alle elementari. Via via che le pagine avanzavano, le informazioni si facevano però più complesse: equazioni, logaritmi, principi di fisica e chimica…
Dopo alcune ore di lettura quasi ininterrotta, Delio chiuse il raccoglitore. «Non funziona, vero?»
Di nuovo: «Calcolo errato, inserire dati.»
Delio si fece coraggio e, lasciato il raccoglitore a terra, si avvicinò a Luca. «Che significano questi numeri? Perché te li sei fatti?»
I due si guardarono negli occhi, anche se per Delio era difficile stabilire quanto quel gesto fosse cosciente da parte dell’altro. «Posso?» Gl’indicò il braccio destro, ricoperto da una complessa ragnatela di cicatrici a forma di triangoli, cerchi e linee.
Luca non rispose e così Delio fece per prendergli la mano, ma non appena si sfiorarono, l’altro gli afferrò il polso e con le unghie della sinistra incise un taglio sul dorso. Delio arretrò e nel farlo cadde sul pavimento, sollevando un gran polverone. Preso dal panico, si spinse indietro con i piedi, fino al bordo delle scale.
Luca avrebbe potuto raggiungerlo con pochi passi, eppure rimase immobile.
Ripreso il controllo del corpo, Delio si rimise in piedi. Fece per riavvicinarsi a Luca, ma un grido attirò la sua attenzione. Si avvicinò a una delle stanze laterali, lanciando a ogni passo rapide occhiate a Luca.
Una volta dentro, nella penombra della sera, notò attraverso la finestra che anche le altre case di Rajù erano illuminate.
Un altro grido, senza dubbio proveniente dall’abitazione limitrofa.
In una delle stanze del secondo piano si vedevano due persone, una donna vestita in tailleur e un uomo calvo all’apparenza ricoperto dalle medesime lacerazioni di Luca. Quest’ultimo teneva bloccata la mascella della donna, mentre con la mano libera le incideva la fronte.
Nel vedere la scena, Delio corse al piano terra, fino all’ingresso della casa. I militari erano ancora lì, pronti a far fuoco. La cosa non gl’importava. Si sedette a terra dando loro le spalle, gli occhi fissi in direzione delle scalee, e lì rimase per l’intera notte.

“Stabilito il contatto, in che modo è avvenuta la conversazione?”
B.A.: “Attraverso l’unico linguaggio comune in tutto l’universo: la matematica.”
“E non l’ha mai preoccupata che ciò potesse portare a incomprensioni?”

B.A.: “Perché mai? Sono un ingegnere meccanico. So fare i calcoli.”
Buzz Aldrin
02/08/1969
interrogatorio post missione Apollo 11


19/07/2022
«Le vostre cazzo di lezioncine non funzionano!» Delio lanciò il raccoglitore contro una parete.
Di fronte a lui, Parisi teneva le braccia incrociate, impassibile.
«Ho letto ogni singolo numero, ogni formula. E sa cos’ho ottenuto? “Calcolo errato, inserire dati”.»
Parisi guardò l’orologio.
Istintivamente, Delio fece lo stesso. Mancava poco a mezzanotte, il che significava che da quasi 48 ore non chiudeva occhio.
«Sta sbagliando qualcosa. Tutti gli altri soggetti fanno progressi nella comunicazione, tranne il suo.»
Delio sgranò gli occhi. «Ma di che parla? È entrato nella casa di fianco? Sbaglio o aveva detto che sareste intervenuti al primo segno di pericolo?»
«Lei non capisce la posta in gioco.» Parisi girò la testa verso l’altra abitazione. «Abbiamo poco tempo. Torni dentro.»
Delio gli puntò il dito contro. «No, basta ordini. Vuole dei risultati? Allora mi aiuti, cazzo!»
Parisi rimase in silenzio per alcuni secondi, quindi fece segno ai militari di rimanere in posizione.
Al piano di sopra Luca aspettava nel solito punto in stato catatonico.
Delio sbuffò. «Ecco i suoi progressi nella comunicazione.»
«Sicuro di aver letto l’intero contenuto del raccoglitore?»
«Certo che l’ho fatto! Ma forse il problema è Luca. Forse di matematica non capisce un cazzo. Forse il nostro prodigio del tatuaggio fai da te è in realtà un idio…»
Un idiota.
Delio era un idiota.
Gli tornarono alla mente le parole dette alla Rizzo: un dialogo non è solo uno scambio verbale.
Si avvicinò a Luca. «Tutta questa storia delle date, dei numeri… È così che comunicate. Avete però bisogno di un sistema di codifica, di un traduttore… Siamo noi quel traduttore! Ma allora cosa sto sbagliando?»
Delio guardò l’orologio. Un minuto a mezzanotte.
Con una lentezza infinita, la lancetta dei secondi risalì il quadrante, fino a toccare il XII.
Silenzio.
Delio spinse Luca a una spalla.
Quello barcollò all’indietro fino a che le gambe non gli cedettero. I suoi occhi si muovevano inquieti e colmi di lacrime, le labbra che tremavano. «Chi siete? Dov’è la mia mamma?»
Delio e Parisi si scambiarono un’occhiata.
Dall’esterno giunse un grido, poi un altro, finché tutta Rajù non divenne un’unica voce.
Delio si affacciò alla stessa finestra del giorno prima. La donna in tailleur stava uscendo in strada, il vestito lacerato e sporco di sangue. Il pelato la seguiva a breve distanza. I militari intimarono loro di fermarsi, quando il corpo dell’uomo si strappò, un taglio irregolare che dalla testa raggiungeva l’ombelico. Dalle viscere colò fuori un numero imprecisato di tentacoli lattiginosi e zampe ricoperte d’aculei.
Delio si abbassò sotto la linea della finestra e a carponi tornò nel corridoio. Fuori i soldati aprirono il fuoco.
«Che ha fatto?» Parisi gli puntò l’arma. «Perché con lei non ha funzionato?»
Un rumore gutturale salì dalle scale.
Delio ignorò l’arma e avanzò verso Parisi. «Il cellulare, presto.»
«Perché?»
Un secondo ruggito si aggiunse al primo.
«Oh, fanculo!» Parisi lanciò il cellulare allo psichiatra, per poi spostare la mira in direzione delle scale.
Delio compose il numero della madre.
«Delio! È successa una tragedia!»
«Mamma…»
«Tua sorella! È come impazzita. Ha aggredito tuo padre… Lui è riuscito a chiuderla in bagno, ma…»
«Mamma, quando sono nato?»
«Oddio, c’è così tanto sangue, Delio!»
«Quando sono nato, mamma?»
«Cosa? Ma hai sentito?»
«Ascolta tu! Ho bisogno di sapere: quando sono nato? Il giorno esatto!»
La voce della madre tremava. «Tu… tua sorella è nata alle 23:47. Tu sei uscito poco dopo mezzanotte… Ma non volevamo due compleanni separati e il dottore ha detto che non era un problema… Tesoro, che succede?»
Delio si sedette di fianco a Luca e lo abbracciò mentre l’uomo continuava a chiedere della mamma.
«Delio, dove sei?» Dal telefono giunsero dei rimbombi. «La porta! Anto’, bloccala, presto! Oddio, Noemi, no! Ti prego!»
Il cellulare scivolò dalle dita di Delio.
Al piano di sotto, qualcosa iniziò a risalire i gradini grattando sul legno.


lupus in fabula

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Alessandro -JohnDoe- Canella
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Re: La matematica del dolore - Alessandro Canella

Messaggio#2 » lunedì 25 aprile 2022, 13:41

Ambisco a tutti i bonus.
lupus in fabula

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Michael Dag
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Re: La matematica del dolore - Alessandro Canella

Messaggio#3 » domenica 1 maggio 2022, 10:58

Ah, i militari e i loro esperimenti segreti, un grande classico. Anche io me la sono giocata così!
Storia interessante, che tuttavia mi ha lasciato qualche perplessità.
Non mi è chiaro chi sono questi soggetti, cos'è successo, chi li ha rapiti…
Mia opinione, hai perso tempo all'inizio: la scena della visita è assolutamente tagliabile, avresti potuto sfruttare quello spazio per allungare un po' la conversazione con l'ispettore e dare a chi legge qualche info in più.
Peccato, perché l'atmosfera è ansiosa e crea il giusto pathos. Anche il finale è azzeccato, a quanto pare neanche i militari ci avevano capito qualcosa alla fine e si trovano con un'invasione aliena in corso.
Non ho capito però perché alla fine la sorella del protagonista "si trasforma".

Buono il colpo di scena finale che richiama la semina del primo paragrafo e la telefonata in famiglia per organizzare il compleanno.

Ottimi gli intervalli tra una paragrafo e l'altro, spezzano bene la narrazione, danno le giusto info e creano quell'atmosfera di "c'è molto altro di nascosto". È che mi sarebbe piaciuto saperlo, prima o poi.

Sullo stile non ci faccio più caso. Ormai sei un veterano qui, e a parte qualche frasetta che avrei scritto diversamente (solo per gusto personale) va tutto bene.

Insomma, una buona idea ma secondo me realizzata in fretta.
Il tema c'è, l'horror pure.
i bonus anche, direi.
La frase ricorrente è "Un dialogo non è solo uno scambio verbale", giusto?
Sensata, ben incastrata nella storia. Spammarla una volta in più non avrebbe guastato, ma per me è ok.

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Alessandro -JohnDoe- Canella
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Re: La matematica del dolore - Alessandro Canella

Messaggio#4 » domenica 1 maggio 2022, 22:42

Ciao Michael.
Che questo mese abbia riscontrato qualche difficoltà in più credo sia facilmente intuibile dal tempo extra che mi sono trovato costretto a richiedere nonostante la posticipazione del termine. Non solo per via dell'oggettiva difficoltà del tema unita ai bonus (in particolare quello inerente l'ambientazione), quanto per lo spazio a disposizione. Sempre più spesso mi ritrovo a che fare con storie che mal si adattano agli spazi del forum, e se questo è ben visibile già nel Minuti Contati, ultimamente sta saltando fuori anche nella sfida (nell'ultima addirittura mi sono ritrovato a riassumere un romanzo, più che a scrivere un racconto breve).
Detto questo, alcune note a risposta del tuo commento.

1. La scena della visita - Il mio obbiettivo con quella scena era da una parte introdurre la chiave di volta che porta alla rivelazione finale (ovvero che un dialogo non è solo uno scambio verbale), dall'altra dare al protagonista una motivazione per fargli accettare il lavoro proposto dall'ispettore, ovvero la sostanziale noia nella sua vita. Dato questo scopo alla scena, ho poi giocato il tutto sul tema della famiglia, che infatti torna in più occasioni nella storia. Concordo però che è una scena troppo lunga nell'economia generale del racconto (quantomeno, visto il limite dei 20k caratteri) e col senno di poi avrei potuto forse tagliare la parte con Lea e far trovare a Delio un suo messaggio. In questo caso il mio amore nel creare scene vivide e dinamiche non mi è stato amico.
2. La sorella - La sorella non si trasforma, semplicemente impazzisce. Se ci fai caso, quando scatta la mezzanotte, descrivo cosa succede ai soggetti della casa di fianco: la donna avanza soltanto, il pelato (che era stato rapito dall'entità aliena) invece si trasforma. Forse avrei dovuto sottolineare meglio tale diversità e in effetti nella prima versione ciò era più esplicitato, ma nella fase di potatura finale ho tralasciato tale aspetto. Errore mio. Detto questo, perché impazzisce? Perché nella prima scena i soggetti nati durante il primo contatto (quindi non quelli rapiti) vengono "riprogrammati" durante la diretta televisiva (il disturbo nel segnale che provoca il parto anticipato; non è un caso che Luca parli quasi come un computer). Anche Delio è stato riprogrammato in linea teorica, ma l'essere nato oltre la mezzanotte non lo fa rientrare nella "lista" dell'entità.
3. Gli intervalli - L'idea d'inserire spezzoni di world building tra una scena e l'altra mi era venuta in verità per il racconto della precedente edizione. Ai tempi scartai però l'idea per rubare spazio alla narrazione. In questo caso invece volevo un divario tra le informazioni in mano al lettore e quelle conosciute dal protagonista. Uno di questi intervalli l'ho dovuto purtroppo sacrificare al dio della potatura, ma anche qui, col senno di poi, l'avrei potuto scambiare con quello dedicato a Mariano Rumor, visto che forniva informazioni più ampie su cosa fosse l'entità incontrata sulla Luna.
4. La frase ripetuta - Devo essere onesto: quando l'avevo inserita mi sono detto "figurati se qualcuno la coglierà". :D Così ne ho inserita una seconda affidata però a Luca. In prima stesura, la sua era un'espressione non verbale, ma dopo aver chiesto al buon Francesco se ciò potesse andare bene, l'ho trasformata in "calcolo errato, inserire dati".

Detto questo, grazie mille del commento, ricco di spunti interessanti su cui lavorare. Alla prossima.
lupus in fabula

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Shanghai Kid
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Re: La matematica del dolore - Alessandro Canella

Messaggio#5 » venerdì 6 maggio 2022, 15:12

Alessandro, wow. La storia mi ha avvinto da subito, tiene bene il ritmo e mi è piaciuta moltissimo anche la costruzione.
L’ho trovata affascinante e d’atmosfera in ogni suo passaggio.
Mi è piaciuta moltissimo l’alternanza tra la narrazione principale e le intercettazioni, dichiarazioni, interrogatori vari.
Secondo me funziona tutto e vorrei leggere il seguito.
Se proprio devo sforzarmi di trovare un neo, potrei dirti che in alcuni passaggi può essere un po’ dispersiva, ma proprio nella struttura che gli hai dato trovo anche un punto di forza.
Complimenti!
Ottima prova,
A rileggerti!
Elisa

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roberto.masini
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Re: La matematica del dolore - Alessandro Canella

Messaggio#6 » venerdì 6 maggio 2022, 18:29

Ciao, Alessandro.
Il tuo racconto mi è piaciuto moltissimo ed è l'unico che ha colto veramente il tema del contest e cioè l'horror. O ci sono situazioni disgustanti o c'è il mostro e qui ci sono entrambe le cose. Ma, come dovrebbe contenere un buon racconto horror, ci deve essere anche la suspense e anche quella c'è. E le brevi annotazioni grassettate, tra un punto di vista e l'altro, oltre ad aumentare la tensione, contribuiscono a solleticare anche la curiosità. La storia fluisce anche in presenza di questi cambiamenti di pdv che, a mio parere, sono assolutamente funzionali alla storia. Il titolo non poteva richiamare anche una qualche nota fantascientifica con probabili incontri del IV tipo, rapimenti, abduction. La chiosa finale a sorpresa lo rendono un racconto circolare che ci rimanda appunto all'inizio. I bonus ci sono tutti anche se la frase ricorrente non è così martellante come io avrei preferito. Per me ottima prova. A rileggerci.

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Alessandro -JohnDoe- Canella
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Re: La matematica del dolore - Alessandro Canella

Messaggio#7 » sabato 7 maggio 2022, 23:44

@ Elisa:
Ciao Elisa e grazie innanzitutto per le belle parole. Mi fa piacere che accenni al discorso sulla possibile dispersività delle note, in quanto era proprio uno dei miei timori in fase di scrittura. Come accennavo a Michael era però un'idea che mi solleticava da tempo e che ho voluto sfruttare per creare un po' di world building atipico. In fase di revisione è comunque uno degli aspetti su cui mi concentrerò, avendo anche dovuto eliminare uno degli "estratti" per ragioni di spazio.

@ Roberto:
Ciao Roberto e grazie anche te delle parole più che lusinghiere. Sulla scarsa ripetizione della frase ricorrente rispetto ad altri brani hai ragioni, visto che ho sfruttato il bonus soprattutto in maniera "off screen". Vedo se riesco a sistemare questo aspetto in fase di revisione. Grazie mille.
PS: Ne approfitto con te anche per chiederti scusa se, durante la scorsa edizione, sono stato particolarmente brusco nelle parole in relazione a quanto avvenuto con il tuo brano.
lupus in fabula

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