Semifinale Francesco Nucera

Per partecipare alla Sfida basta aver voglia di mettersi in gioco.
Le fasi di gioco sono quattro:
1) I partecipanti dovranno scrivere un racconto a TEMA e postarlo sul forum.
2) Gli autori leggeranno e classificheranno i racconti che gli saranno assegnati.
3) Gli SPONSOR leggeranno e commenteranno i racconti semifinalisti (i migliori X di ogni girone) e sceglieranno i finalisti.
4) Il BOSS assegnerà la vittoria.
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Spartaco
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Semifinale Francesco Nucera

Messaggio#1 » sabato 7 maggio 2022, 22:38

Seconda parte di La Sfida Horror
Combattono in questa semifinale:

Figlie della luna, di Elisa Belotti
Luna rosso sangue, di Agostino Langellotti

In risposta a questa discussione gli autori semifinalisti hanno la possibilità di postare il loro racconto revisionato, così da poter dare allo SPONSOR un lavoro di qualità ancora superiore rispetto a quello che ha passato il girone.
Quindi possono sfruttare i giorni concessi per limare i difetti del racconto, magari ascoltando i consigli che gli sono stati dati da chi li ha commentati.

Scadenza: lunedì 9 maggio alle 23:59
Limite battute: 21.666

Se non verrà postato alcun racconto, allo SPONSOR verrà consegnato quello che ha partecipato alla prima fase.
Anche se già postato, il racconto potrà essere modificato fino alle 23:59 del 9 maggio. Non ci sono limiti massimi di modifica.
Il racconto modificato dovrà mantenere le stese caratteristiche della versione originale, nel caso le modifiche rendessero il lavoro irriconoscibile verrà inviato allo SPONSOR il racconto che ha partecipato alla prima fase.

Non fatevi sfuggire quest'occasione!



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Shanghai Kid
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Re: Semifinale Francesco Nucera

Messaggio#2 » lunedì 9 maggio 2022, 22:14

FIGLIE DELLA LUNA


Pensavo che fosse colpa mia.
Ma ieri l’ho rivista.
È tornata.
Più probabilmente, non se n’è mai andata.
St’an l’estàt m’l’à mia èsta, il suo sussurro è un vento gelido, anche se siamo a luglio.
Quest’anno l’estate non l’abbiamo vista. No.
Quest’anno l’estate, proprio, non l’abbiamo vista.
Mi sono chiesta se ne vedremo mai più, di estati, dopo quello che è successo.

“Alcune cose le senti nelle ossa”, ripeteva spesso anche questo, quella vecchia matta. Non capivo mai cosa voleva dire quando se ne usciva con certe frasi. Ma ora ho capito.
“Lo capirai quando sarai pronta per capire”, le scivolavano fuori come le goccioline di sputo, dalle labbra sottili, sentenze sibilline come questa.
Diceva tante cose, la zia Clara. In italiano e in bergamasco.
Ma ne capivo poche.
Ora mi sembra di comprenderle di più.
Non ci arrivo con la testa, le sento nella pancia.
“Qui si sentono le cose che si devono sentire, bambina”, e mi metteva una mano sul grembo.
“Non qui,” con l’indice e il medio mi toccava la tempia “qui si capiscono quelle banali, quelle utili solo per sopravvivere, per tirà ‘nante!”.
“Ma qui, bambina” e tornava ad appoggiare la sua mano con le unghie mangiucchiate, tranne quella del mignolo, lunghissima, sul mio ventre, “qui senti le cose vere, quelle che i maschi non sanno”.

Le sue unghie mangiucchiate, sì, l’unghia lunga del mignolo sinistro, e le dita tozze e sporche di terra, quelle che tiene sulla mia pancia anche adesso che è tornata.
Una volta, quando ero bambina, mi ha graffiato la guancia con quell’unica unghia cresciuta.
Ricordo che ha preso con il pollice il po’ di sangue che è uscito dalla ferita e mi ha fatto il segno della croce sulla fronte.
“Le donne sono fatte di e per il sangue, bambina!”, non ricordo davvero bene se erano quelle le parole, mi ricordo che mi parlava tenendo il viso molto vicino al mio e che puzzava di broccoli bolliti.
“Lo capirai quando diventerai una donna e ti verrà il mestruo. Solo allora capirai”, mi ha detto una cosa così, o così la ricordo io, “che le donne sono fatte di e per il sangue e che la loro Signora è la luna, che ne governa anche il ciclo”, la sua mano sulla mia pancia.

Ricordo tutto questo e capisco che io sarò per sempre lì.
In quella sera in cui, per tutti, gli americani piantavano la loro bandiera sulla luna.
Ma la gente vede solo quello che riesce a vedere.
Non erano gli americani a mettere la propria bandiera sulla luna: erano gli uomini.
Erano i maschi.
Ma la luna non è di nessuno.
E le femmine sono della luna.

Anche per me quella è stata la notte della luna.
“Te lo chiede la luna, Enrica… Non si dice mai di no, alla luna”.
La sento ancora.
“Mai!”
St’an l’estàt m’l’à mia èsta.
Neil Armstrong e Buzz Aldrin appoggiavano i loro piedi sulla luna, l’estate era già lì, incastrata nella rugiada dei prati da almeno un mese, eppure è stato proprio come diceva la zia: è come se non l’avessimo nemmeno vista.
Dentro di noi è finita per sempre.

Tengo il ghiacciolo rosso nella mano sinistra, quella con cui faccio tutto.
Lo succhio furiosamente.
Dall’inizio dell’estate ho iniziato a fare questo gioco con il Giovanni. Andiamo spesso a prendere i ghiaccioli dalla Luisa, in Piazza Vecchia, ci sediamo davanti al Duomo e guardiamo la gente passare.
“La gente di Città Alta è meglio di quella di Città Bassa, che però è meglio di quella delle valli, che è comunque migliore dei bresciani!”, il Giovanni emette la sua sentenza appena prima di appoggiare le labbra sul suo ghiacciolo alla menta e aspirare. La sfida è farlo diventare più bianco possibile.
“Gli succhi fuori l’anima a quel ghiacciolo lì!”, gli dice sua mamma quando lo vede.
É da giugno che mi esercito per batterlo, anche se non ce l'ho ancora fatta.
Odio perdere contro il Giovanni.
Odio perdere contro i maschi.
“Il problema degli uomini, bambina, è che fanno vincere la filosofia sulla natura. Noi donne no. Non io, non te. Siamo figlie della luna ed è la natura a vincere", la zia Clara mi diceva così quando ero più piccola e frignavo per aver perso una delle mie sfide con il Giovanni o qualche altro amico. Io non capivo molto di quello che mi diceva, ma mi guardava con quei suoi occhi neri, scavati, con le palpebre segnate dalle notti insonni e io mi fidavo.
Non so il perché, ma mi fidavo.

Deve vincere la natura. Te lo chiede la luna. Ascolta la luna.

La fitta alla testa per il freddo succhiato fuori dal ghiacciolo mi ha costretta a chiudere gli occhi: è lì che l’ho vista. Mi fissava dritta, fino a entrarmi nella testa. Nelle ossa.
Lo zio Vito è a letto ubriaco come al solito. Sai cosa mi faceva, quando era ubriaco, cioè sempre?
Apro gli occhi. Ho il cuore in gola. Deve essere stata quella che chiamano un’allucinazione.

Rimango immobile sulla porta del salotto illuminato solo, a intermittenza, dalla fioca luce del televisore e sento le voci quasi sovrapposte del nonno, della mamma, del papà e anche del Tito Stagno che fa la telecronaca di questo evento unico, di fantascienza.
“Fantascienza!”, l’ha bofonchiato la Luisa mentre mi passava il ghiacciolo.

“Settanta piedi! Sono ormai a venticinque metri dal suolo lunare!”.
“Che laur, scec! L’om sö la luna!”, il nonno è incredulo.
“È questo il momento più delicato. Continuate la discesa a vostro giudizio a venti piedi. Vai piano, dicono da Houston."
“Papà, il mondo progredisce, anche se tu non ci vuoi credere…”, non perde l’occasione, la mamma, di far notare a tutti come il mondo va avanti nonostante il nostro stare fermi.
“Cinque piedi e mezzo. Due metri. Piano ancora dicono da Terra”.
“Zitti che ci siamo!”, il papi quasi urla.
“Ha toccato, ha toccato il suolo lunare!”,il Tito conferma: ci siamo.
“No, non ha toccato”,non so chi sia questo secondo giornalista.
“Alura, gla facia o gla facia mia?”, il nonno sembra stizzito. Ho capito che i vecchi bergamaschi lo sono sempre quando non c’è chiarezza.
“Sono le 22 e 17 in Italia. Sono le 15 e 17 a Houston, sono le 14 e 17 a New York. Per la prima volta un veicolo pilotato dall’uomo ha toccato un altro corpo celeste. Questo è frutto dell’intelligenza, dell’innovazione scientifica, della fede-".
St’an l’estàt m’l’à mia èsta.
Almeno, bambina, io non l'ho vista, ma forse non l'ho vista mai. Sai perché? Per la prepotenza dei maschi. Guardala lì, la loro arroganza: la luna. Pensano di poter piantare la loro bandierina sulla luna.

Mi guardo in giro spaventata. Nessuna traccia della zia.
Per forza.
Ogni tanto mi sento davvero stupida. Come potevo aspettarmi di vederla?
É contro la loro prepotenza che devi agire. Tu devi aiutare il mondo a liberarsi dalla loro arroganza...
Mi infilo i due indici nelle orecchie come a chiuderle: da qualche parte dovrà passare quella voce.
Cosa diamine mi sta succedendo?
La luna é Signora delle donne e come tutto quello che é delle donne, gli uomini la vogliono per sé. Che idiozia metterci una bandiera, una cosa da uomo, per dire “É mia”. Hanno sempre necessità di dire “é mia”, lo sai? Che necessitá hai di dire che una cosa é tua se la possiedi veramente? E poi, bambina, le cose non si possiedono, le cose si sono. Noi siamo un po' la luna, ma la Signora é lei. É lei che possiede noi.
Esco di corsa in cortile, prendere una boccata d'aria mi aiuterà.
Prima il sangue. Tu sei fatta di e per il sangue.
Fa caldo, ma la sua voce mi gela. Sento una fitta potentissima impadronirsi del mio basso ventre e diramarsi nella mia schiena.
Mi stringo la pancia e mi piego su me stessa. Il dolore mi fa mancare il fiato.
Una sensazione di bagnato e caldo mi sfiora le gambe.
La gonna é sporca di sangue.
Ora sei una donna. La luna ti ha voluto tra le sue adepte. Ora devi fare quello per cui sei venuta al mondo: liberarlo e lasciare che la tua natura si compia!
Mi viene da piangere e mi sento frastornata. Dentro di me cresce una forza nuova che non governo, che mi spaventa, che mi eccita.
Rientro in casa.
Cammino verso la camera di zio Vito.

Dal salotto mi arrivano, sempre più flebili, le voci dei miei, del nonno e della televisione, ma mi sembrano cani che abbaiano in lontananza.
Non sento nulla di quello che dicono, il mio cervello percepisce versi insensati.
Siamo animali, bambina mia.
La voce che mi guida è sempre più acuta.
Zio Vito è disteso a letto. Un braccio a penzoloni con la mano che tocca il pavimento.
La bocca è spalancata e lui è sdraiato in una posizione scomposta.
Ha la camicia semi aperta e sporca di vino rosso.
Quando beve si sbrodola come un bambino, anche se poi si crede un uomo. Un VERO uomo, a sentire lui. Siamo animali, bambina. La natura ci guida, la luna è la nostra regina.
Russa profondamente e lentamente. Dalla sua bocca escono alitate tremende che quasi annebbiano la stanza.
Nella notte in cui i maschi compiono l’atto supremo della loro arroganza tu porrai fine a un arrogante.
Io lo so quello che ti faceva, bambina. Lo faceva anche a me. Ma con te era peggio, perché tu eri ancora una bambina. Ma ora, stanotte, non lo sei più.

Un crampo fortissimo mi parte dalle reni. Sento sulla gota la sensazione di quando l’unghia di zia Clara mi tagliò.
Salgo sul letto, a cavalcioni sul busto dello zio.
Ha il sonno profondo. L’ha sempre avuto, specie se era ubriaco.
Dimentica la dolcezza.
Un brivido mi corre lungo la schiena.
Afferro il cuscino libero dalla testa dello zio Vito e, con tutta la forza che ho in corpo, lo premo sul suo volto. Lui inizia a dimenarsi.
Non temere, non mollare: hai la forza di tutte le donne del mondo ora. Hai la forza della luna.
Per un istante, mi sento invincibile. Peso come una montagna. Sento milioni di urla femminili e strazianti nella mia testa.
Tutte insieme, sincronizzate, ripetono: Per noi. Lo fai per noi. Fallo per noi.
Mi sento assetata. Dalle mie mani, cento, mille dita stringono con forza la federa. Cento, mille palmi spingono il cuscino verso il basso.
Per noi. Lo fai per noi. Fallo per noi.
Voci di canto, voci di urla, voci di pianto, voci di sussurri, voci che sono silenzi, ma li sento.
Lo zio si muove come se l’avesse morso una tarantola.
Vedo occhi neri, eccitati. Occhi blu, spaventati. Occhi verdi, imploranti.
Denti digrignati tagliano una lingua.
Una bocca, la bocca di zia Clara, si riempie di sangue.
La sento riempirsi nelle ossa.
Una bambina è sporca, tiene la schiena contro un muro. Piange.
Ha paura.
Prendo fiato e spingo di nuovo. Dentro di me, tutte le estati mai viste da donne mai viste dal mondo, tutti i parti voluti e tutti quelli non voluti, tutti gli schiaffi, gli stupri, i soprusi, tutti i sogni abortiti urlano, sussurrano, spingono.
Capisco che è il suo ultimo respiro.
Spingo con più forza.
Mi sento come quando si danza.


Il corteo funebre costeggia le mura di Città Alta fino a entrare nella chiesa.
La bara di zio Vito è al centro, davanti all’altare.
Non piange nessuno.
Tutto puzza di incenso, di cera, di vecchio come sempre. L’unica cosa positiva è che qui dentro si sta molto meglio che fuori: l’afa oggi è tremenda.
“Con estremo rammarico e cordoglio, la comunità di Bergamo dà oggi l’ultimo saluto terreno al suo cittadino e amico Vito Locatelli, la cui dipartita ci addolora, ma ci allieta la notizia che si riunirà con la sua defunta moglie Clara, nell’abbraccio di Dio”, don Bepo è cerimonioso come al solito e non sa proprio un bel niente di quello che succede dopo la morte.
Io ora ne so qualcosa.
Lo so da tre giorni fa, in quella notte di luglio che non dimenticherò mai.
Lo so da ieri, quando la zia è tornata a trovarmi.
Forse l'ho sempre saputo.
Era nascosto nel nero degli occhi scavati, nelle palpebre segnate di zia Clara. Nel puzzo di broccoli bolliti. Nel sangue.
Nelle notti insonni. Nella luna.
St’an l’estàt m’l’à mia èsta.


Fuori dalla chiesa c’è il Giovanni che mi aspetta: “Ehi, Enrica. Mi dispiace per tuo zio!Che brutta storia”.
“Già”, deglutisco.
“Solo per oggi sarò più clemente: niente sfide in cui ti faccio fare figuracce”, il Giovanni mi tira un pugnetto sulla spalla.
Guardo avanti, oltre le mura. Mi sento una pelle nuova addosso.
Camminiamo in silenzio per qualche minuto.
“Ma… Hai visto che alla fine ce l’abbiamo fatta? L’uomo è andato sulla luna!”, il Giovanni non lo sopporta proprio il silenzio.
“Ho visto, sì”. Sento nascermi un sorriso sul viso.
Non mi vedo, ma sono certa sia un sorriso identico a quello di zia Clara.

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Re: Semifinale Francesco Nucera

Messaggio#3 » mercoledì 18 maggio 2022, 9:49

Figlie della luna

In questo racconto non ho trovato l’elemento horror. È una storia che si legge volentieri, ha un buon intreccio e una buona prosa, però l’aspetto emotivo porta più al dramma che all’horror. Se avessi mostrato meno, lasciando più alla fantasia del lettore, forse gli elementi horror ne avrebbero giovato. Invece hai condotto il lettore per mano dall’inizio alla fine del racconto e nell’horror non funziona. Occhio anche al registro lessicale che utilizzi, l’horror dev’essere più pulp.
Mi piace com’è integrata l’ambientazione bergamasca, con le parti in dialetto, mi piace meno l’allunaggio come sottofondo. Sia chiaro, resti in tema, però è decisamente un compitino.
Nel complesso è un buon racconto.

Luna rosso sangue

Hai preso alla lettera il tema del contest, cosa che normalmente mi infastidisce. C’è da dire che la storia funziona e gli elementi horror sono ben centrati. Mi piace molto la tensione che si crea quando arriva la minaccia invisibile. Hai utilizzato bene tutti gli elementi classici, come l’interruzione delle comunicazioni.
Il ribaltamento, quando ci hai portato sulla terra, mi ha disturbato e questo è un bene. All’inizio sentivo che qualcosa non andava, che forse avresti dovuto inserire prima l’elemento esoterico, ma arrivato alla fine mi sono convinto che la tua sia stata la scelta migliore. Ottimo.


Al netto dei miei commenti, la scelta è già fatta. Passa in finale: Luna rosso sangue perché a mio avviso è un racconto horror più completo.
Figlie della luna ha una sua dimensione più che dignitosa, ma a mio avviso non si può considerare horror.

Per ulteriori delucidazioni, cercatemi :D

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