Una Partita a Carte
Inviato: martedì 20 settembre 2022, 0:58
«Quarta parete?»
«Così sembra. Passami il mazzetto che non ci arrivo.»
«Ma non l’avevamo già fatto? il tema intendo…»
«Che vuoi farci, è piuttosto comune… ehi, quante carte hai pescato?»
«Solo una! Ah no, due. Scusa. Ehm, scarto questa.»
«Senti ma… non ci vorrebbero dei beat qui? Non si capisce niente.»
«Non so, chiedi a lui.»
«Sì giusto… beh, allora? Fai fare tutto a noi?»
…
Uff
…
Ged calò un tris di re e fece schioccare la lingua. «Ah ah! Beccati questo!»
«Cazzo, te l’avevo scartato prima il re di picche, vero?» Il Muh prese una carta. «12,15,18»
«Dai che non ce l’hai 40 in mano! Scarta una carta e passa!»
Il Muh schiaffò le carte a terra. «Non ce la faccio così!»
Ged sgranò gli occhi. «Che hai?»
«Niente, è che… se non ce l’ho nella testa mi distraggo!»
«Che intendi?»
«Il punto di vista!»
Ged si lisciò il pizzetto a uncino. «Aspetta, non lo hai tu?»
Il Muh scosse la testa.
«Ma non lo ho neanche io.» Disse Ged col classico tono di chi si rivolge al narratore. «Che stai facendo? Prima niente beat, ora niente PdV?
…
Scusate, non ce la faccio. Non ce la faccio proprio. Non ho idee, non ho nulla.
Ged si tolse dal capo il cappello di squame di drago. «Ma dai, su con la vita, che ti prende oggi?»
Arriverò ultimo, già lo so.
«Su su, stai facendo un buon lavoro! Un buon lavoro dico! Vero Muh?»
Il Muh fece di sì con la testa.
«Visto?»
Ma se non ho fatto nulla, nessuna trovata brillante, nessun guizzo. Altro che pollice in su… non ho neanche descritto la stanza.
«E che problema c’è? Si fa sempre in tempo a rimediare!»
…
«Dai, prova!» Ged rivolse un sorriso incoraggiante a un punto indefinito del soffitto.
E va bene.
Ged e il Muh giocavano a carte nella sala da té della signora Rey. Era una giornata fresca, dalla finestra il vento portava con sé l’odore dei fiori lasciati ad appassire sul davanzale. L’orologio a parete segnava le 6 e… il terreno tremò!
Ged si raddrizzò sulla sedia. «Cos’è stato?»
«Il terremoto!»
Un altro scossone fece traballare la stanza. Poi la parete che dava sull’esterno esplose in una valanga di polvere e calcinacci.
La polvere iniziò a posarsi.
Ged si piegò in un accesso di tosse. «Ma che cazzo è stato? Sei pazzo?»
«Io?» disse il Muh togliendosi di dosso un pezzo della cassettiera.
«No, lui!»
Ged però non sapeva cosa fosse appena successo. Era appena stata infranta—
«La quarta parete, sì sì, lo so, non è nulla di nuovo, anzi, piuttosto banale. Ma stavamo giocando a carte! Cristo santo! Avevo quasi chiuso!»
Ah. Io pensavo..
Ged prese un lungo respiro. «E va bene amico, non è giornata, c’è poco da fare. Ma ogni tanto va così coi racconti, non ti abbattere eh?»
…
«Su, non ci pensare. Che ne dici invece di rimettere tutto a posto e farci finire la partita? Tanto la sospensione dell’incredulità è andata a farsi benedire già dalla prima riga.»
Ehm sì, non credo ci siano problemi, ormai.
La stanza tornò a posto e Ged e il Muh ripresero a giocare. Ged scoprì un full e—
«Ehi, stavamo giocando a scala 40… se non ti dispiace.»
Sì giusto.
Ged si piegò in avanti e pescò un jolly dal mazzo. «Ah Ah!»
«Così sembra. Passami il mazzetto che non ci arrivo.»
«Ma non l’avevamo già fatto? il tema intendo…»
«Che vuoi farci, è piuttosto comune… ehi, quante carte hai pescato?»
«Solo una! Ah no, due. Scusa. Ehm, scarto questa.»
«Senti ma… non ci vorrebbero dei beat qui? Non si capisce niente.»
«Non so, chiedi a lui.»
«Sì giusto… beh, allora? Fai fare tutto a noi?»
…
Uff
…
Ged calò un tris di re e fece schioccare la lingua. «Ah ah! Beccati questo!»
«Cazzo, te l’avevo scartato prima il re di picche, vero?» Il Muh prese una carta. «12,15,18»
«Dai che non ce l’hai 40 in mano! Scarta una carta e passa!»
Il Muh schiaffò le carte a terra. «Non ce la faccio così!»
Ged sgranò gli occhi. «Che hai?»
«Niente, è che… se non ce l’ho nella testa mi distraggo!»
«Che intendi?»
«Il punto di vista!»
Ged si lisciò il pizzetto a uncino. «Aspetta, non lo hai tu?»
Il Muh scosse la testa.
«Ma non lo ho neanche io.» Disse Ged col classico tono di chi si rivolge al narratore. «Che stai facendo? Prima niente beat, ora niente PdV?
…
Scusate, non ce la faccio. Non ce la faccio proprio. Non ho idee, non ho nulla.
Ged si tolse dal capo il cappello di squame di drago. «Ma dai, su con la vita, che ti prende oggi?»
Arriverò ultimo, già lo so.
«Su su, stai facendo un buon lavoro! Un buon lavoro dico! Vero Muh?»
Il Muh fece di sì con la testa.
«Visto?»
Ma se non ho fatto nulla, nessuna trovata brillante, nessun guizzo. Altro che pollice in su… non ho neanche descritto la stanza.
«E che problema c’è? Si fa sempre in tempo a rimediare!»
…
«Dai, prova!» Ged rivolse un sorriso incoraggiante a un punto indefinito del soffitto.
E va bene.
Ged e il Muh giocavano a carte nella sala da té della signora Rey. Era una giornata fresca, dalla finestra il vento portava con sé l’odore dei fiori lasciati ad appassire sul davanzale. L’orologio a parete segnava le 6 e… il terreno tremò!
Ged si raddrizzò sulla sedia. «Cos’è stato?»
«Il terremoto!»
Un altro scossone fece traballare la stanza. Poi la parete che dava sull’esterno esplose in una valanga di polvere e calcinacci.
La polvere iniziò a posarsi.
Ged si piegò in un accesso di tosse. «Ma che cazzo è stato? Sei pazzo?»
«Io?» disse il Muh togliendosi di dosso un pezzo della cassettiera.
«No, lui!»
Ged però non sapeva cosa fosse appena successo. Era appena stata infranta—
«La quarta parete, sì sì, lo so, non è nulla di nuovo, anzi, piuttosto banale. Ma stavamo giocando a carte! Cristo santo! Avevo quasi chiuso!»
Ah. Io pensavo..
Ged prese un lungo respiro. «E va bene amico, non è giornata, c’è poco da fare. Ma ogni tanto va così coi racconti, non ti abbattere eh?»
…
«Su, non ci pensare. Che ne dici invece di rimettere tutto a posto e farci finire la partita? Tanto la sospensione dell’incredulità è andata a farsi benedire già dalla prima riga.»
Ehm sì, non credo ci siano problemi, ormai.
La stanza tornò a posto e Ged e il Muh ripresero a giocare. Ged scoprì un full e—
«Ehi, stavamo giocando a scala 40… se non ti dispiace.»
Sì giusto.
Ged si piegò in avanti e pescò un jolly dal mazzo. «Ah Ah!»