Finalissima!

Per partecipare alla Sfida basta aver voglia di mettersi in gioco.
Le fasi di gioco sono quattro:
1) I partecipanti dovranno scrivere un racconto a TEMA e postarlo sul forum.
2) Gli autori leggeranno e classificheranno i racconti che gli saranno assegnati.
3) Gli SPONSOR leggeranno e commenteranno i racconti semifinalisti (i migliori X di ogni girone) e sceglieranno i finalisti.
4) Il BOSS assegnerà la vittoria.
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Spartaco
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Finalissima!

Messaggio#1 » martedì 15 novembre 2022, 17:20

Immagine

Questa edizione è infinita.

i racconti MaderaSangre (Michael Dag Scattina) e Mindbooter (Agostino Langellotti) possono ancora migliorare grazie all'editing professionale messo a disposizione da Anna Pullia e Rotte Narrative.
Avrete una settimana di tempo per postare qui la nuova versione del racconto che avrà un ulteriore bonus di battute. Max 23.000 battute spazi inclusi titolo escluso.

Scadenza: mercoledì 16 novembre alle 23.59

Contattatemi in privato su Facebook per avere le indicazioni del caso.
Buon lavoro!



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Michael Dag
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Re: Finalissima!

Messaggio#2 » mercoledì 23 novembre 2022, 18:41

MaderaSangre
-Michael Dag Scattina-



Tenent Winnhorn
Spero non siate una di quelle persone che parlano a vanvera, come se si fossero bevuti qualche rum macherotas, al tavolo dell'angolo sud, nella taverna Garca del porto di Gouyave, in aprile, indossando una camicia con uno strappo alla manica sinistra. Ha presente, sì?
Ultimamente girano voci riguardo uno di quei pirati spagnoli di cui tutti parlano.
Ignoro il nome con cui compare nelle liste ufficiali dei ricercati, ma qui tutti lo conoscono come "Velamuerta".
Pare abbia recuperato un relitto che giaceva da mesi incagliato su uno scoglio a nord di Saint Vincent, e si sia dato alle scorribande nelle coste tra Tobago e Martinica.
Forse, se un paio di sloop pattugliassero quelle rotte, lo incrocerebbero facilmente.
Spero non siate una persona dalla memoria corta. Io, certo, non lo sono.
D.H.


+++

Una cannonata inglese fracassò la ringhiera del cassero, Velamuerta portò di scatto il braccio a coprire la faccia. Una nuvola di polvere e schegge di legno gli rimbalzò addosso.
Contrasse gli addominali e trattenne il fiato, soffocò la tosse che stava per scuoterlo. Non poteva certo farsi vedere dai suoi uomini a tossire come una femminuccia.
«Alzat_» Le parole gli morirono in gola. Mierda de Poseidòn.
Si allontanò dal parapetto, prese la fiaschetta dal panciotto rinforzato e buttò giù due sorsi di vino. Brutta bestia, la gola secca.
«Alzate il tiro, idioti! Non vedete che state sparando ai pesci?»
«Capitano» Juan scosse il capo «in fiancata abbiamo solo i calibro dodici.»
Velamuerta si voltò al timoniere. «Diego, vira verso di loro!» Corse lungo il ponte. «Portate le colubrine da otto sul castello di prua, gli faremo sentire come cantano i ferri spagnoli.»
Un'altra palla offerta da sua maestà britannica si piantò nello scafo, un grido strozzato arrivò da sottocoperta.
Maledizione, diecimila Real per riparare quel relitto e al primo scontro stava tornando un colabrodo come quando lo aveva trovato abbandonato su uno scoglio.
Un braccio del trinchetto penzolava inerte, spezzato in due e tenuto su solo dal sartiame.
I bastardi sparavano a piccolo calibro. Pochi danni, ma precisione garantita e gittata superiore. Stare fermi era un suicidio. «Spiegate tutte le vele!»
Una trentina di facce annerite dal fumo si voltarono a guardarlo.
«Dannati idioti, volete restare a fare da bersaglio? Abbiamo il vento a favore.» Mosse due passi verso il marinaio più vicino, un negro con più cicatrici che denti. «E poi, sono io che do gli ordini. Muoversi!»
La vela maestra scese dal pennone, la nave si raddrizzò mentre il timoniere bestemmiava più forte delle cannonate.
Il vento salmastro gli rinfrescava la faccia, la MaderaSangre filava sulle onde come una sciabola. Era davvero un'ottima nave.
Un'altra raffica in lontananza, ma nessun rumore di scafo fracassato. Bene. Era ora di rispondere. «Colubrine!»
Quattro tuoni esplosero dalla prua, un muro di fumo nero spazzò il ponte e si disperse nel vento.
Velamuerta sganciò il cannocchiale dalla cintola e lo puntò verso gli inglesi. Vari pezzi di legno galleggiavano intorno alla sagoma snella dello sloop, insieme ad una delle vele di straglio . Non male come prima salva. «Ricaricare!»
«Capitano…» Juan fissava il nemico. «Non stanno virando però… anzi, ci stanno dando la fiancata.»
«Lo vedo. Spareranno coi dodici, ma reggeremo.»
«Se posso permettermi…»
«No! Non puoi!» Velamuerta lo prese per il bavero. «La MaderaSangre reggerà.» Salì su una botte e urlò. «Abbiamo il doppio della loro cadenza di fuoco. Non possono batterci. Inoltre…» indicò il nord «abbiamo un porto sicuro a un giorno da qui dove riparare i danni, loro no. Fidatevi di me, fuggiranno. Ricaricare!»
Gli artiglieri tornarono ai pezzi, agitati come uno sciame di formiche.
Velamuerta buttò giù qualche sorso di vino. «Muovetevi, cani, o vi appendo le palle al bompresso!»
Altri quattro tuoni squarciarono l'aria, riempiendola del profumo della polvere nera.
Poi, un rombo di cannoni inglesi rispose al fuoco.

+++

«Capitano…»
Velamuerta puntò il compasso sulla mappa e girò lentamente.
Nove gradi ovest. La latitudine era giusta. Dieci ore di navigazione, anche se il trinchetto era in pessime condizioni avrebbero dovuto essere in vista di Santa Lucia.
«Capitano.»
Alzò la testa. «Che diavolo vuoi, Juan?»
Un gruppo di marinai assediava la porta della cabina. Facce tese e serie, anche se nessuno osava guardarlo negli occhi.
«Ecco, gli uomini iniziano a essere… nervosi. Sa, stiamo imbarcando acqua… la chiglia è messa male e… ecco…»
Il negro sdentato spinse da parte Juan ed entrò. «Siamo andati tutta la notte dalla parte sbagliata. Siamo senza cibo e altri due dei feriti sono morti. Ci siamo persi.»
Velamuerta prese un forte respiro. «Valoroso marinaio. Stai forse mettendo in dubbio la capacità del tuo capitano… che ti ricordo, sono io… di leggere una mappa?» Fece scivolare la mano verso la pistola al fianco.
«Me ne sbatto delle mappe. Le stelle dicono che stiamo sbagliando.»
Ah, se ci fosse stato Diego. Avrebbe tenuto a bada quella marmaglia con i suoi discorsi infervoranti, ma quell'idiota si era fatto sbalzare via dal cassero. Peccato, era un ottimo timoniere.
Passò in rassegna le facce devastate dallo scorbuto. Mierda de Poseidòn, meglio essere diplomatici. «Ascoltate. Lo so che la situazione non è delle migliori. Abbiamo subito più danni e perdite del previsto, ma cosa vi dicevo? Che li avremo messi in fuga, e così è stato.» Prese la bussola dal tavolo e la tese davanti a se. «Ora, qualcuno di voi gentiluomini sa come leggere le carte?»
Il negro sfoderò il coltellaccio. «Si cambia rotta!»
Ah, davvero? Velamuerta lasciò cadere la bussola ed estrasse le pistole. L'esplosione gli fece fischiare le orecchie, il cervello del bastardo si spalmò sulla porta, il corpo stramazzò a terra con un tonfo.
Puntò i marinai con l'altra. «Altre rimostranze? Nessuna? Bene. Buttate ai pesci questo stronzo e tornate a remare.»
La folla si disperse in silenzio, trascinando via il morto.
Si chinò a raccogliere la bussola. Il quadrante era scoperchiato. Sotto, c'era un piccolo pezzo di pergamena.

Capitano.
Se ha appena smontato la bussola per vedere cosa c'è che non va, è con somma gioia che la informo di averla venduta agli inglesi. Lei è un grandissimo figlio di puttana, dispotico e arrogante. E neanche così valido come uomo di mare. L'ho manomessa, così da portarvi in secca invece che al porto. Se tutto va bene, mi lancerò dal cassero alla prima raffica e mi farò ripescare dagli inglesi, coi quali ho stretto un accordo durante l'ultimo scalo a Gouyave.
Entro un paio di giorni vi raggiungeremo.
Il vostro timoniere, Diego Hortez.


++++

Velamuerta prese la bottiglia dal tavolo, tristemente vuota, buttò giù l'ultimo sorso di vinaccio e la lasciò cadere. Diego. Fanculo ai quattro venti, era l'ultima persona che poteva fare una cosa del genere. Un ruolo di prestigio, una parte e mezza del bottino, e mai, mai una frustata… Che figlio di cane.
Dalla cambusa arrivavano rumori ovattati, la ciurma stava dando fondo agli ultimi viveri e a giudicare dai canti, si erano anche aperti una botte di rum. Non c'era da biasimarli, la nave era concia male, entro poche ore gli inglesi li avrebbero raggiunti e arrestati tutti. Magari, ci fosse stata una bella battaglia all'ultimo sangue. Una fine epica, una canzone per ricordarla. Com'è che faceva?

Mañana nos llevará
lejos de casa
nadie sabrá nuestros nombres
pero las canciones de los marineros permanecerán
el mañana quitará el miedo de hoy
ella se ira gracias a nuestras canciones
[Il domani ci porterà via lontani da casa
nessuno saprà i nostri nomi
ma le canzoni dei marinai rimarranno
domani porterà via
la paura di oggi
se ne sarà andata
grazie alle nostre canzoni]

No, si sarebbero arresi tutti quanti, sperando nella clemenza del Commander.
E sarebbero finiti tutti impiccati all'ingresso di qualche porto inglese. O peggio, chiusi in una gabbia inchiodata a uno scoglio a morire di sete.
Il più fortunato era stato il negro, un bel colpo in testa e via.
Un momento, chi aveva pulito la porta?
Velamuerta si alzò, prese una candela e si avvicinò all'ingresso. Non c'era traccia di sangue, il legno se l'era bevuto tutto ed era tornato immacolato. La porta… era integra! Stava risputando fuori la palla di pistola.
Avvicinò la candela al foro sulla porta.
Impossibile.
Il legno stava ricrescendo. Stava sputando fuori il proiettile come una ferita che si rimargina. Mierda de Poseidòn, le allucinazioni. Diego aveva avvelenato il vino, per forza.
La palla deformata cadde a terra con un colpo secco e rotolò fuori seguendo il rollio.
Velamuerta si affacciò in corridoio. Non c'erano tracce di sangue, nennemo sulle scale che portavano al ponte. Eppure, un uomo con la testa esplosa, ne perde parecchio.
Risalì sul ponte. La falce di luna era un ghigno perfido nel cielo. Che cazzo aveva da ridere, la stronza?
L'albero maestro era dritto, Ebrecco era riuscito a dargli una sistemata.
Sotto, sette fagotti coperti da teli scuri erano stesi contro il parapetto. I morti della battaglia, più il negro.
Chissà chi erano.
Velamuerta scoprì il primo.
Poveraccio. Uno scheletro consumato dal fuoco, nulla di più. Irriconoscibile. Strano però, le ossa erano bianche tanto da riflettere la luce della luna. E non c'erano stati incendi, a bordo.
Scoprì il secondo. Diavolo, ma erano bruciati tutti?
Il terzo scheletro era alto due metri e senza denti, il cranio sfondato da un colpo di pistola a bruciapelo. Lo stomaco si contorse di nausea. Le bettole dei porti erano piene di racconti agghiaccianti, le ciurme alla deriva senza nulla da mangiare facevano cose orribili. Ma non in così poco tempo.
Gli uomini erano al ponte di prua. Ricaricò le pistole e salì la scaletta.
I canti cessarono all'istante.
Una dozzina di facce colpevoli e mezze sbronze si voltarono paralizzate.
«Juan!»
«Sì… sì, eccomi, capitano… agli ordini…»
«Dobbiamo parlare.» Meglio non esagerare, con la ciurma. «E voi bevete quanto vi pare. All'alba, saremo tutti morti, e anziché lasciare una goccia di rum agli inglesi, mi ficco in culo tutta la botte.»
Voltò le spalle al mormorio di brindisi e tornò al parapetto.
«Juan, cosa è successo ai cadaveri?»
Il Nostromo scrollò le spalle. «Sono… morti?»
«Juan, mannaggialeostie, lo so che sono morti. Intendo… guardali, cazzo! Cos'è successo? Perché sono tutti scheletri?»
Juan strabuzzò gli occhi. «Io… io… non so… forse_»
«Li avete mangiati? Juan, avete_»
«No!» Juan alzò le braccia. «No, capitano, vi giuro sulla mia testa, no! Abbiamo ancora delle gallette. E le reti! Potremmo pescare, non faremmo mai una cosa simile!»
Vero, non aveva senso. Chissà cos'era successo.
Ma in fin dei conti, importava saperlo?
Un rumore di passi in corsa salì da sottocoperta.
«Capitano!» La faccia sfregiata di Ebrecco spuntò dalla botola. «I danni non sono così gravi come credevamo. La murata è quasi integra e il perno del timone, dio solo sa come, sembra essersi raddrizzato.»
Velamuerta guardò i cadaveri ridotti a scheletri. L'albero maestro, dritto.
La ringhiera del cassero era perfetta, eppure, quella mattina si era presa una cannonata, le schegge gli erano volate in gola. La porta che risputava fuori il proiettile, e nessuna traccia di sangue.
«Juan, quanti feriti abbiamo?»
«Quattro, capitano. Andres è messo male.»
«Portami da lui.» Velamuerta cercò il fodero del pugnale al fianco.


Amata Ereja
Abbiamo passato momenti bellissimi insieme, e sei stata la cosa più bella della mia vita. Ho provato tutto ciò che potevo per starti vicino, per darti amore, sicurezza, una famiglia e tutto ciò che meriti.
Sapevamo entrambi che sarebbe stato difficile. Non ce l'ho fatta, Ereja. Perdonami. Nonostante il mio pentimento e la mia collaborazione, gli inglesi non hanno voluto concedermi il perdono. Mi hanno messo in cella e condannato per pirateria.
Mi hanno fatto la grazia di scrivere una lettera, e ho scelto di scriverla a te, per non lasciarti nell'angoscia di non sapere la mia sorte. Ho sempre pensato a te, e lo farò fino all'ultimo istante. Quando la corda stringerà il mio collo, penserò che siano le tue dolci mani a darmi un ultimo, passionale abbraccio. Ti ho sempre amata, e continuerò a farlo. Perdonami per il dolore che ti sto dando.
Spero solo che il mio nome venga dimenticato, insieme ai miei peccati.
Cantiamo insieme, un'ultima volta.
Il tuo Diego.
ahora ya sabes todo
sobre los marineros y sus canciones
cuando pasan las horas
cerraré los ojos
en un mundo lejano
podríamos encontrarnos de nuevo
pero ahora escucha mi canción
en el amanecer de la noche
escuchemos la canción de los marineros

[Ora sai tutto
dei marinaie e le loro canzoni
quando le ore vanno via
chiuderò i miei occhi
in un mondo lontano
ci potremmo rincontrare
ma ora ascolta la mia canzone
sull’alba della notte
ascoltiamo la canzone dei marinai]

+++


Il corpo di Andres si deteriorava a vista d'occhio, come se un'orda di vermi invisibili lo stesse divorando.
Il sangue che colava dalla gola tagliata spariva nelle fenditure tra le assi, il teschio emergeva da sotto i tessuti del viso scomparsi in un istante. Le mani erano già spoglie dalla carne fino agli avambracci.
Lo scricchiolio del legno che si riassestava riempiva la cambusa, sembravano denti che rosicchiavano le ossa di una preda.
Diavoli dell'inferno, la nave lo stava mangiando.
Sottocoperta il buio era opprimente, la lampada non bastava a rischiarare il ventre della bestia. Doveva uscire di lì, subito. Le gambe non rispondevano. Cazzo, se la nave si fosse accorta di loro…
Mosse un passo verso la porta. Appoggiò lo stivale per terra con tutta la delicatezza possibile. Quali demoni degli abissi avevano svegliato?
Prese un lungo, silenzioso respiro. Doveva stare calmo. Era diverso tempo che vivevano lì sopra e non era mai successo niente. Certo, nessuno era mai morto a bordo, fin'ora.
Juan era talmente pallido che sembrava ceramica. Non riusciva a staccare gli occhi dal cadavere, sempre più rinsecchito.
«Come stanno gli altri tre?»
«Ehm… capitano non vorrà…»
«Rispondi, o ammazzo te.» Pessimo nostromo. Incapace e senza palle, forse darlo in pasto alla nave e riparare il trinchetto sarebbe stato un ottimo scambio.
«Non sono gravi. Un guercio e qualche osso rotto.»
Velamuerta uscì dalla cambusa e risalì sul ponte.
Il sartiame come tendini, le vele come muscoli… quel mostro galleggiante era l'unica alternativa alla forca.
All'orizzonte le stelle stavano sparendo, offuscate dal sole che stava per sorgere.
Lo sloop inglese non mollava, ma a occhio sembrava alla stessa distanza di metà nottata.
Il trinchetto però era messo male, e non avrebbe retto una vela più grande.
Camminò lungo il ponte, i pochi marinai presenti erano tutti impegnati a fingere di fare qualcosa, in silenzio e testa bassa. Anche i più scemi avevano capito che c'era qualcosa di strano, e figurarsi se Juan sapeva tenersi un doblone in bocca.
Che storia aveva quella nave? Cos'era successo alla vecchia ciurma e perché l'avevano abbandonata su uno scoglio deserto in mezzo al mare?
LegnoSangue. Il nome era inciso in profondità sullo scafo, ed era decisamente azzeccato.
Non servivano assi di ricambio, né carpentieri esperti, bastava imbarcare una decina di idioti sacrificabili. Forse avrebbe funzionato anche durante una battaglia. Una nave che si ripara all'istante avrebbe vinto ogni scontro.
Otto morti, restavano venti marinai. Tre erano feriti e li avrebbe… assegnati… alla riparazione del trinchetto. Ciurma ridotta di un terzo, ma nave inaffondabile. E anche gli inglesi avevano subito danni. Sì, avrebbe vinto, e se quel cabron di Diego non fosse morto nello scontro, lo avrebbe strangolato con le sue budella.
Bastava solo convincere gli uomini.
Salì sul castello di prua, slegò il batacchio della campana e suonò l'adunata.
La marmaglia si raccolse sul ponte.
«Ammainate le vele, e girate la nave. Si torna indietro.»
Il solito mormorio di ciurma lamentosa. Sì, andavano sostituiti.
«Capitano, non siamo in condizioni di combattere.»
«Guardatevi intorno.» Velamuerta allargò le braccia. «L'albero maestro è tornato dritto. Lo scafo è riparato, il timone risponde. Qual è il problema?»
Gli uomini si guardarono l'un l'altro, cercando una spiegazione a tutto quello.
Ebrecco si fece avanti. «Signore, dobbiamo sapere cosa sta succedendo. Nessuno di noi ha riparato i danni, eppure la nave è tornata integra. Non ci muoveremo finche non ci direte la verità.»
Era ora di spararla grossa. Molto, molto grossa.
Afferrò la ringhiera della balaustra e si sporse verso la ciurma. «Ho venduto l'anima al diavolo.» Un vociare di esclamazioni e bestemmie serpeggiò sul ponte. «Siamo stati traditi. Diego era stato pagato dagli inglesi per manovrare la nave a cazzo durante lo scontro. E credete forse che io» alzò le spalle e gonfiò il petto «il Capitano Rodrigo Velamuerta de Marrasinche, possa lasciare impunita una cosa del genere? Quel mangiamerda ha tradito me, la mia ciurma e la nostra nave.» Puntò il dito contro di loro. «Ha tradito ognuno di voi!»
Il mormorio si trasformò in insulti e maledizioni.
Velamuerta gridò al cielo. «E nessuno può prenderci per il culo e farla franca!»
«No, mai!»
«Ammazziamolo!»
«Deve morire!»
Bene, si stavano infervorando. «A costo della mia stessa anima, vi garantirò giustizia! E vendetta!» E ciò che più amavano le canaglie di mare. «E tutto l'oro che riusciremo a stivare nella nostra flotta una volta catturata quella maledetta sloop!»
Canti e schiamazzi si alzarono in coro.
Molto bene, erano carichi al punto giusto.
Velamuerta tornò alla cabina di comando, si richiuse la porta alle spalle e si buttò sulla branda.
«Bel discorso.»
Chi diavolo…
Un omaccione dalla folta barba rossiccia stava seduto sulla sua sedia, al tavolo delle carte. Un elegante tricorno gli copriva la testa, la giacca nera era vecchia e sgualcita, ma conservava ancora un aspetto austero.
«E tu chi diavolo sei?» Velamuerta saltò in piedi e portò la mano alla pistola. «Che ci fai sulla mia nave?»
Lo sconosciuto si alzò in piedi. «Chi sono io, mi chiedi?» Picchiettò col dito la spallina dell'uniforme. Una mostrina brillò alla luce della lampada. Tre bande dorate sopra un doppio cordone. «Io sono l'Almirante Sebastiano Gayetano Madera. E questa è la mia, nave.» L'intera sagoma dell'ufficiale aveva qualcosa di strano, come guardare il riflesso di uno specchio sottacqua.
Un'allucinazione. Un incubo, per forza. «Non sono in vena di scherzi.» Le budella si attorcigliarono.
«Velamuerta, giusto? Ti ringrazio per la tua… offerta. Sai, era da molto che non bevevo.»
«Basta con queste stronzate!» Velamuerta puntò le pistole tremanti. «Dimmi chi sei e come hai fatto a salire o_»
Un coro di risate agghiaccianti esplose nella cabina. Decine di facce distorte si affacciarono dall'oscurità, ghigni esposti da labbra rinsecchite ridacchiarono dagli angoli in ombra, con orbite vuote asciugate dal sole.
La spina dorsale tremò, i nervi si contrassero, le pistole spararono entrambe tra le risate e i canti dall'inferno.
«Spari ai fantasmi, capitano?»
Velamuerta crollò sulla branda. Mierda de Poseidòn. Il diavolo. Lo aveva sentito, ed era venuto a prenderlo davvero. «Io non… non dicevo sul serio. Non voglio… andare a…»
«All'inferno? Mica sono il demonio.» L'Almirante Madera tornò a sedersi. «Ascolta, sono felice che hai recuperato la mia nave. La mia carriera di disertore non si è conclusa nel migliore dei modi. Ora che mi sono bagnato il becco riesco anche a parlare. Dunque. Abbiamo un amico in comune, io e te…»


Almirante
Il resto della ciurma ha troppa paura di voi per parlarle con franchezza, e se devo essere onesto, anch'io. Vi lascio questa lettera in cabina, quando la leggerete sarò già lontano o morto.
La realtà è che non riusciremo a riparare la nave con quei quattro arbusti di quello scoglio. Nessuno passerà mai da lì, siamo troppo lontani da ogni rotta e anche se dovesse passare una nave, nessuno si fermerà ad aiutare dei disertori naufragati. Moriremo tutti di sete su quello scoglio.
Ho preso io l'ultimo barilotto d'acqua e la scialuppa. Se il diavolo vorrà darmi una mano, arriverò a Saint Vincent e pagherò qualcuno per venirvi a recuperare (sì, ho preso io anche l'oro, non uccidete nessuno dei nostri).
Tenete duro, Almirante. Forse pioverà.
Il vostro timoniere Diego Hortez


++++

Le palle a catena volarono dalle colubrine di prua, si avvilupparono all'albero dello sloop e lo troncarono di netto.
Il fragore del legno spezzato venne cancellato dalle urla di panico.
Velamuerta scoppiò in una risata. «Date corda alla maestra, sono nostri!»
Ciò che restava di Juan era sparso sul ponte di tribordo, ma la MaderaSangre filava dritta come un fuso, segno che la chiglia era tornata a posto.
Un'inutile salva di archibugi esplose dallo sloop. I marinai risposero ridendo da dietro la murata perfettamente integra e lanciarono i rampini del corvo d'arrembaggio.
Velamuerta si inginocchiò e si strinse alla ringhiera.
Gli scafi cozzarono in un frastuono di legno maciullato e urla assatanate.
Scaglie di legno volarono ovunque, poi i primi colpi di pistola e si mescolarono allo sferragliare delle lame e le grida di dolore.
Era ora di dare il buon esempio.
Saltò giù dal cassero e corse, la passerella traballò sotto gli stivali.
«Mi cercavate?» Puntò la pistola, e sparò in faccia a un moccioso butterato. «Venite, cabrones!»
Estrasse l'altra pistola e la sciabola, e si gettò nella mischia.
Vibrò un rovescio, e mandò un soldato a rotolarsi a terra con la mano squarciata. «Venite!»
Sangue, merda e polvere da sparo… gli abbordaggi avevano un odore magico e inconfondibile.
Gli inglesi si stringevano contro il tronco del Maestro, le facce ancora più bianche del normale e qualcuno si era davvero pisciato addosso.
Velamuerta si chinò e raccolse un teschio già lucido che spuntava da una divisa cremisi. «Ehy, Richard!» Tese il braccio verso gli inglesi e fissò le orbite vuote di quello che era stato, forse, un cannoniere. «Non mi offrite nemmeno un té, su questa bagnarola?». Lo lanciò verso gli ultimi difensori, che si ritrassero terrorizzati.
Una brezza di stupore e panico serpeggiò anche tra i suoi uomini.
Il Tenent mosse un passo avanti, buttò a terra la sciabola. «Avete vinto, Velamuerta. Vi chiedo solo di comportarvi da uomo d'onore, se ne siete capace.»
«Bhe, parlare di onore dopo aver corrotto il mio timoniere, è un po' da ipocriti. A proposito, dov'è il caro Diego? C'è un vecchio amico che desidera tanto incontrarlo.»

solo hay una cancion
se quedó en la cabeza
historia de un desgraciado
quien vive lejos de quien
ahora los marineros estan en otra parte
y es hora de irse
nadie debe saber el nombre
de los desgraciados de los que trata esta historia


[C’è una sola canzone
rimasta nella testa
è la storia di un uomo sfortunato
che visse lontano da qui
ora i marinai sono altrove
ed è tempo di andare via
nessuno dovrebbe sapere il nome
dello sfortunato di cui parla questa storia]





NOTA DELL'AUTORE
il testo sfora leggermente il massimale di caratteri perché ho inserito la traduzione della canzone.
Si tratta di una versione di The bard's song dei Blind Guardian, riadattata da me al mondo piratesco e tradotta in spagnolo.

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Pretorian
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Re: Finalissima!

Messaggio#3 » mercoledì 23 novembre 2022, 22:04

Mindbooter

Czanek afferra un salmon roll con le bacchette e lo porta alla bocca.
Silva incrocia le braccia.
- Quindi?
- Non mi sembra che la roba che cucinano qui sia tanto meglio di quella del Forbidden City. In compenso, costa tutto il doppio.
- Tanto paghi tu.
Czanek sospira e prende un altro hosomaki. Batte tre volte con l’indice destro sul tavolo.
Silva chiude gli occhi: gli impianti neurali gli mostrano uno schema di immagini e dati, al cui centro c’è la foto di un uomo anziano, vestito con un gessato grigio.
- Dexter Waite… no, non mi dice nulla.
Czanek alza un sopracciglio.
- È il fondatore della Waite Transoceanic, come fai a non conoscerlo? Al telegiornale parlano delle sue iniziative benefiche una settimana sì e l’altra pure.
Silva alza le spalle. Prende un vassoio pieno di sushi e e addenta un pezzo di salmone.
- Le mummie sono il tuo campo, non il mio.
- Waite non è una mummia: è una miniera – Si tocca la tempia rasata con l’indice. – Dati di conti bancari, password dei livelli di sicurezza interni della compagnia, legami con gente facoltosa… tutto nella sua testolina.
- E immagino che ci sia una buona ragione se me ne stai parlando.
Czanek annuisce e picchietta un paio di volte sul tavolo.
- Un mio contatto mi ha fatto sapere che il vecchio sarà al Chrome Hospital tra una decina di giorni per un controllo periodico agli impianti neurali. Quel che è certo è che durante il ricovero il suo sistema sarà costantemente collegato alla rete dell’ospedale.
Silva ferma a mezz’aria le bacchette. Sorride.
- Il Chrome Hospital è una clinica per pezzi grossi. Il loro sistema di sicurezza sarà a prova di bomba…
- Le persone che mi hanno proposto l’incarico hanno offerto un prezzo adatto al rischio.
Batte sul tavolo.
Silva chiude gli occhi. Si morde il labbro.
- Sì, il prezzo è adeguato, ma voglio qualcos’altro.
Czanek incrocia le braccia.
- Cosa?
- Voglio lasciare una traccia. Voglio che tutti sappiano che sono stato io a fottere Chrome – Stritola con le bacchette l’uramaki che ha afferrato. Il riso si sparge sul tavolo. - Voglio che nell’inner circle dei mindbooter si parli solo di me per i prossimi sei mesi.
Czanek guarda il piatto vuoto. Si accarezza il mento con l’indice e scuote le spalle.
- Va bene, lascia pure la tua “firma”. l’importante è che dopo ricordi di eclissarti per qualche tempo.
- Certo, certo: a me basta che gli altri sappiano chi è l’alfa del branco. Non posso convincerli di essere il migliore se non gli sbatto qualche successo in faccia, di tanto in tanto.
Ride e preme sullo schermo del tavolo. Il nastro trasportatore porta loro una bottiglia nera, decorata con kanji dorati.
Silva la prende e ne versa il contenuto nei bicchieri. Czanek lo avvicina al naso.
- Sake?
- Il migliore sulla piazza. A meno di non volerlo bere direttamente dall’ombelico di una geisha nei livelli superiori.
- Cazzo, no: quella roba costa e qui è tutto sul mio conto.
Silva alza il bicchiere, fa un cenno di brindisi e butta giù. Una goccia di liquore gli cola sul mento malrasato.
- La roba migliore si paga, vecchio mio, e io costo più di tutti.

Silva digita una barra di codice e la inserisce nella funzione sullo schermo del computer. La funzione accoglie il componente e muta, assumendo un nuovo significato.
Lui sorride e si volta: Angelo è inginocchiato accanto alla poltrona da mindbooter e ne sta verificando il settaggio dal tablet.
- Regola bene le impostazioni sensoriali: l’ultima volta il video mi stava dando la nausea.
Il ragazzo si volta verso di lui. Le guance lentigginose arrossiscono.
- Scusa, capo. Ho controllato tre volte tutti i setting e sono perfetti.
- Lo spero per te: se mi causi altri casini, giuro che ti sbatto per strada a calci.
Silva si alza, scosta l’apprendista e si sdraia sulla poltrona. Arrotola la manica destra della camicia a righe e inserisce un jack in una presa nel polso peloso.
Angelo controlla i dati sul mainframe.
- I parametri sono regolari: l’integrazione è riuscita – Lo aiuta a inserire un secondo jack nel polso sinistro e gli aggancia sulla testa le componenti che collegano la poltrona agli impianti neurali.
Silva mugugna.
- Ti tremano le mani.
- Scusa, capo. È che… - Le dita sfiorano i cavi. – mi porterai con te la prossima volta?
- Impara a fare il mozzo, poi vedremo se sei in grado di fare il pirata.
Angelo abbassa lo sguardo e si siede davanti al computer. Il ticchettio delle dita sulla tastiera è pesante.
- Procedura di incursione pronta. Darò il via alle diversioni non appena sarai dentro, capo.
Ha la testa piegata di lato. Gli trema il labbro.
Silva sospira.
- Ragazzo.
- S-si, capo?
- Metti un po’ di musica per l’abbordaggio. Su quella hai buon gusto.
Il volto di Angelo si apre in un sorriso.
- Certo, capo! Lascia fare a me!
Silva abbassa il visore sugli occhi e indossa gli auricolari.

Leviathan
Cresting the waves
Leading us all to the grave
Leviathan
Slaying all foes
Who dare to oppose
Tearing bodies limb from limb
Eviscerating on a whim


La musica lo accompagna nel dissolversi dei sensi.
La stanza, i cavi inseriti nel suo corpo, l’odore del caffè sintetico bevuto poco prima: tutto sfuma nei sensi.
Silva si ritrova su un barchino a vela, circondato da un fitto banco di nebbia. Prende un respiro profondo, gustando l’odore di salsedine del mare aperto.
Sorride: questa volta Angelo ha fatto un buon lavoro con i setting sensoriali. Dovrà ricordarsi di dargli una pacca sulle spalle una volta completato l’incarico.
Muove il polso sinistro davanti al volto e schiocca le dita della mano destra: uno schermo fluttuante compare sul braccio.
- Inserimento effettuato, ragazzo. Sono al bordo dell’area di coscienza.
- Ottimo, capo: ho già attivato la nostra rete di bot. Stanno inondando il sistema di sicurezza di Chrome con tera e tera di spazzatura.
Silva allunga la mano oltre la fiancata e la muove tra le volute di nebbia. Gli sbuffi grigiastri scintillano, rivelando i qubit che li compongono. Si, anche questo è un buon lavoro.
Un fischio. Silva alza lo sguardo: ombre nella nebbia. Ombre enormi, decine di volte più imponenti del barchino a cui ha affidato l’incursione.
Si morde il labbro.
Firewall.
Un nome ironico, dato che è tutto, tranne che un muro. Assomiglia più a un branco di squali in caccia. Lasciano entrare la preda nel loro territorio, la circondano e poi… poi tocca al fuoco. Quello c’è davvero, o così Silva ha sentito dire dai pochi mindbooter che sono sopravvissuti.
Un altro fischio. Le ombre sono sei. La forma ricorda quella di navi militari, ma c’è qualcosa di sbagliato nelle loro proporzioni.
Si asciuga un rivolo di sudore dalla fronte. I lunghi capelli ricci gli si stanno appiccicando al collo.
- Ragazzo…
- Ci sono, capo, ci sono. Adesso darò a Firewall qualcosa con cui giocare.
Un colpo di cannone. Una delle ombre emette uno stridio,
Negli squarci tra le volute di nebbia, Silva intravede un’armada di velieri. Galeoni, simili a quelli che andavano di moda una volta al cinema.
Si lanciano contro Firewall sparando bordate su bordate, a cui i guardiani di Chrome rispondono con nuovi stridii metallici.
- Funziona, capo? Le intrusioni maligne stanno attirando l’attenzione di Firewall?
- Ci si è lanciato sopra come un cane sull’osso.
- Ottimo: sarei curioso di vedere come il sistema sta interpretando la loro presenza.
- Niente domande: pensa a fare il tuo lavoro.
Schiocca le dita: il barchino comincia a muoversi verso un’area sgombra, lasciandosi alle spalle la battaglia.
Il centro dell’area di coscienza è appena fuori dal banco di nebbia, nella forma di un’immensa portacontainer.
Silva inserisce una stringa nello schermo fluttuante e trattiene il respiro.
Una scaletta metallica si abbassa dalla fiancata di babordo.
Lui si arrampica sui gradini e salta sul ponte.
- Sono a bordo, ragazzo.
- A… bordo, capo?
- Non chiedere. Piuttosto, passami l’elenco delle informazioni che ci ha richiesto Czanek.
Un lato dello schermo si illumina, segnalando la trasmissione di alcuni pacchetti dati. Silva si guarda attorno: accanto all’ingresso del boccaporto di prua c’è una bacheca la mappa della nave.
Silva la raggiunge, la tocca e la trascina nello schermo fluttuante. Inserisce i dati trasmessi da Angelo nella funzione e applica il filtro della mappa: lo schema si riempie di spie luminose, alcune sopracoperta, altre nella stiva.
Si dirige verso la più vicina: il quarto di una colonna di container. Inserendo altri comandi, Silva lo muove alla sua altezza e spezza i sigilli che ne chiudono l’ingresso. Lo apre: al suo interno è proiettato un frammento di memoria, il momento in cui Waite digita la password del suo portafoglio digitale.
- La data di nascita? Sul serio? – Sospira e muove le mani: il frammento si riduce a un cubo di materia cangiante, che viene assorbito dallo schermo. – Ti sto trasmettendo il primo dato: salvalo nella memoria esterna, così ti invio il resto.
- Processo in corso, capo - Il collegamento trasmette ticchettio delle dita di Angelo sulla tastiera.- La data di nascita?
– Già… al diavolo: meglio che mi sbrighi prima che questo incarico diventi noioso.
Controlla sulla mappa: gli altri bersagli sul ponte sono nella stessa area e sembrano riconducibili alla stessa tipologia.
- Password delle aree riservate… copia delle registrazioni del board aziendale…pin di carte di credito, mainframe portatili e social media.
Silva scrocchia le dita e muove le mani in ampie volute: le porte dei container si spalancano, i frammenti di memoria schizzano fuori e si depositano nel suo schermo.
- Ho ricevuto gli altri dati, capo: stai andando alla grande.
- Come no. Mi muovo sottocoperta per recuperare il resto.
Chiude la comunicazione e si sposta verso il boccaporto. Una scaletta metallica scende di tre o quattro metri, fino a un corridoio in penombra.
- Va a finire che a quelli dell’inner circle dovrò raccontare balle, o li farò smascellare dalla noia.
Sospira ed entra nella stiva.
Il corridoio lo conduce a un vasto ambiente, ingombro di pile ordinate di container. La mappa riporta il primo bersaglio in una catasta alla sua sinistra.
Silva ne controlla la categorizzazione sullo schermo.
- “Giorni sereni”. Quale pervertito pagherebbe per vedere la vita privata di una mummia?
La porta del container si apre: il frammento di memoria mostra una bambina vista di spalle, seduta sull’altalena. È bionda e non può avere più di nove anni.
- Spingimi, nonno! - Urla, voltandosi verso l’osservatore. Una coppia di mani rugose e macchiate compaiono nell’inquadratura, si appoggiano sulla schiena e la spingono in avanti. La ragazzina ride e agita le gambe.
Silva scuote la testa e fa sparire il ricordo nel suo schermo.
Il bersaglio successivo si chiama “Lezione di Vita”. Vi compare la stessa ragazzina, solo più vecchia di quattro o cinque anni. È seduta sul muretto di un giardino, occhi arrossati e trucco sbavato dalle lacrime. La mano destra di Waite, sempre più magra, le accarezza la guancia, mentre l’uomo le sussurra frasi di circostanza sul primo amore, la sofferenza e le speranze della gioventù.
- Buon Dio: ora ringrazio che non ho mai conosciuto mio padre.
Sbadiglia e risucchia via il bersaglio. L’elenco prosegue.
- “Cercando Dio”… cazzo, se mi devo beccare anche il sermone di un prete, giuro che la prossima volta a Czanek faccio pagare anche la cena.
Il lucchetto salta.
Il container si apre.
Silva spalanca la bocca: ancora la ragazza bionda, stavolta nel pieno della maturità. È nuda, legata mani e piedi a un altare di pietra. Piange e biascica il nome del nonno. Attorno a lei, decine di figure vestite con cappe viola e con i volti coperti da maschere prive di lineamenti. La voce di Waite è un sussurro rauco, che cantilena parole in una lingua sconosciuta.
Le mani sono incartapecorite, giallastre, ma la loro presa sul lungo coltello dalla lama seghettata è ferma.
La ragazza urla. Il vecchio urla più forte. Il coltello le affonda nel ventre, subito sopra l’inguine.
- Cazzo!
Silva arretra, urtando il container alle sue spalle. Nel frammento di memoria davanti a lui, il vecchio spinge il coltello verso l’alto, tranciando carne, ossa e viscere. La ragazza reclina il capo. Un rivolo di sangue le scorre dalla bocca.
Silva si piega in due e porta le mani alla bocca. Si dà dell’idiota: la forma digitale in cui sta operando non è in grado di vomitare.
Un sacrificio umano? Nei ricordi di un filantropo come Dexter Waite? Possibile che fosse quello l’obiettivo del committente di Czanek? Magari per ricattare il vecchio o rovinarne la reputazione.
Deglutisce. Altro che miniera: la testa di quel tipo è un merdaio e lui ne è immerso fino al collo.
Un urlo lo scuote. Waite lancia grida gutturali mentre affonda le mani nel ventre aperto della nipote. Ne emerge una mano infantile, sporca di sangue. Waite la afferra, alza il pugnale…
- No! - Silva si copre gli occhi e allunga il braccio destro per bloccare la trasmissione del ricordo. - No… - Si lascia scivolare sul container alle sue spalle fino a terra. Si prende la testa tra le mani. Comincia a piangere.
L’immagine del coltello che affonda nella carne gli balla davanti agli occhi e il rumore delle ossa spezzate gli rimbomba nelle orecchie.
Fanculo Czanek e fanculo anche i soldi: porta il braccio destro davanti al volto e riapre lo schermo fluttuante. Angelo può effettuare l’estrazione d’emergenza. Sarà impossibile oltrepassare Firewall una seconda volta, ma almeno sarà fuori di lì.
La mano oscilla sui comandi.
- Meno male che hai chiamato, capo: i tuoi valori sono tutti sballati. È successo qualcosa?
Il battito del cuore di Silva rallenta. Si asciuga le lacrime.
- Io… sto bene, ma…
- Firewall ti ha rintracciato? Eppure ero sicuro che la copertura fosse perfetta!
- No, Firewall non c’entra niente. Cazzo, nella testa di Waite ci sono cose peggiori.
- Peggiori di Firewall? E cosa può esserci di peggio?
Già, cosa?
Ha passato così tanti anni a fare scorrerie nell’Illusione, muovendosi nei mondi più assurdi che la mente umana potesse creare, da dimenticarsi che là fuori c’è un mondo ben più spaventoso. Ha appena visto una ragazza e il suo bambino fatti a pezzi: davanti a quella scena, anche la prospettiva di farsi friggere il cervello da Firewall sembra poca cosa.
- Angelo?
- Si, capo?
- Qual è la cosa più pericolosa che abbiamo mai fatto?
- A parte affrontare Firewall? Non lo so… quella volta che abbiamo hackerato i database della polizia?
E e cosa avevano rischiato? Qualche mese di carcere e un anno di lavori sociali? E non ci sono dubbi che per gli altri mindbooter sia lo stesso, se non peggio. Ma ora lui è lì, nella testa di uno degli uomini più ricchi e famosi dello Stato, e ha appena trovato qualcosa di mostruoso. Nessuno dell’inner circle ha mai vissuto qualcosa di simile.
Sorride.
- Cosa ti serve, capo?
- Niente, Angelo: ho solo avuto un momento di stanchezza. Torna a lavoro.
- Ma, capo, io…
Silva chiude le comunicazioni. Si alza in piedi, anche se la testa continua a girargli.
Se riuscisse a smascherare i delitti di Waite, i mindbooter di tutto il mondo racconterebbero le sue imprese. Cazzo, potrebbero persino dedicargli delle canzoni!
Non sarebbe più solo “il migliore”: sarebbe una leggenda.
Una scarica di adrenalina lo attraversa. Guarda il container aperto: la memoria è congelata nell’istante in cui Waite sta per spezzare la vita nel grembo della nipote. Lo stomaco gli si attorciglia, ma riesce a non distogliere lo sguardo.
Distende il braccio, richiama il ricordo e lo porta nello schermo fluttuante. Blocca la trasmissione esterna: quella roba è solo sua, Angelo non deve metterci le mani.
Sposta gli occhi verso gli altri container. Nelle memorie della vecchia mummia ci deve essere sepolto ancora un sacco di orrore: tutto ciò che deve fare è scavare a fondo.
Riprende la lista e comincia a spuntare i nomi in elenco.
“Riunione d’affari”
“Cena in famiglia”
“Momento magico”: Waite scortica un uomo e ne usa la pelle per aggiungere pagine a un libro antico pieno di rune rivoltanti.
“Solitudine”
“L’ultima volta che ho visto mia madre”
“Enigma”: mani ancora giovani muovono gli intarsi di un cubo metallico. L’oggetto fa uno scatto e gli intarsi si coprono di simboli. Volti spettrali compaiono ai bordi del campo visivo e si diffonde un rumore di catene.
“Battesimo del fuoco”
“Buone notizie”: Waite legge una mail: qualcuno gli fa sapere che un tal Colonnello Botumu ha gradito il “regalo” che gli è stato inviato e che entro una settimana lui e i suoi uomini l’avrebbero impiegato per far visita ad alcuni villaggi oltreconfine. Il vecchio ride, intinge un dito in una boccetta di qualcosa troppo denso per essere inchiostro rosso e disegna un pentacolo spezzato sullo schermo.
“Laurea”
“Riunione del Consiglio”
“Un vecchio amico”
“Fine dell’illusione”

Silva si ferma. L’ultima memoria in lista è conservata in un container sei o sette volte più grande degli altri. Non l’aveva notato in precedenza solo perché era nascosto dietro gli altri, ma ora…
Deglutisce.
Si avvicina e gli gira attorno. La forma… non è un parallelepipedo perfetto come gli altri.
Si blocca e spalanca gli occhi.
Non è un container.
È una bara.
Le gambe gli diventano molli. Si appoggia contro un cassone aperto. Alza il braccio: gli occhi passano dal comando per chiamare Angelo alle porte della bara ciclopica. Si fermano sul nome dato a quel ricordo. “Fine dell’illusione”… quelle di Waite o le sue?
Stringe i pugni, chiude il programma della chiamata e schiaffeggia l’aria verso la bara.
Le porte si spalancano. Dietro di loro, il buio di una notte senza stelle.
Silva alza un sopracciglio. Muove la mano a destra e sinistra: non succede niente.
Possibile che in un ricordo sia salvato il… vuoto?
Silva deglutisce e richiama la memoria. L’oscurità ondeggia, come fosse fatta di un liquido oleoso. Un icore nerastro cola fuori dalla bara, strisciando verso di lui con movimenti che gli ricordano quelli di un’ameba in un vetrino.
Silva muove la mano: la cosa si ferma. Freme e alcune bolle si formano sulla superficie. Lui muove un manrovescio e la sostanza prende a strisciare nella direzione opposta, verso il container.
Silva sospira, si asciuga il sudore dalla fronte e ride. Non importa se quella cosa non assomiglia a nulla che abbia visto fino a ora: finché può controllarla, non ha niente da temere. In fondo, Firewall a parte, non esiste nulla nell’Illusione in grado di fargli del male.
Richiama ancora la memoria: l’icore torna a strisciare verso di lui, obbediente come un cagnolino. Lui si inginocchia e avvicina il braccio. L’icore si ferma, ondeggia e schizza verso di lui, affondando nello schermo fluttuante con un gorgoglio.
Silva controlla l’upload: tera e tera di dati vengono caricati ad alta velocità nel suo sistema, più di quanti ne abbia mai visti prima. La struttura dei loro qbit è caotica e nessuno dei suoi programmi riesce a interpretarla: forse si tratta di un qualche nuovo tipo di cifratura che non ha ancora avuto modo di approfondire.
Lo schermo muta. Le icone delle memorie dei delitti di Waite si accendono di una luce verdastra.
- Ma cosa…
Le icone fosforescenti si muovono sullo schermo e si dispongono in modo da formare un simbolo. Un pentacolo spezzato… lo stesso che compariva in ognuna delle memorie di Waite!
- Cazzo, no!
Silva usa il comando per spegnere lo schermo, ma quello resta al suo posto. La superficie si apre. Al di là del varco, un’oscurità simile a quella nella bara.
Una mano scheletrica emerge dalle tenebre e lo afferra.

- Capo? Capo stai bene?
Angelo ha rimosso visore e auricolari e gli sta asciugando il volto. È pallido e gli trema il labbro.
- Ho perso il segnale per qualche minuto. Giuro, non è stata colpa mia! – Stritola la pezzuola che stringe in mano. – Dev’essere successo qualcosa di insolito con Firewall…
Lui lo spinge via, si strappa i jack dai polsi e si alza in piedi.
- È successo che sei un idiota, ecco cosa! La missione è fallita per colpa tua! – Afferra il ragazzo per la maglia, lo solleva e lo sbatte contro il muro. – Con me hai chiuso, Angelo: vattene prima che ti spacchi la faccia.
Lo lancia via. Angelo rotola sul pavimento. Si volta verso di lui e mostra il volto sporco di lacrime e sangue. Si alza in piedi e scappa dall’appartamento.
Lui sorride. Prende il tablet sulla scrivania, cerca il contatto di Czanek e lo chiama.
- Pronto?
- Czaneck...
- Maestro… - la voce trema d’eccitazione.
- Hai fatto un buon lavoro, Czanek – Waite si osserva le mani e le stringe a pugno. – Come avevi previsto, Silva ha aperto un canale per la sua mente e vi ha immesso di sua spontanea volontà le mie memorie più preziose.
- Grazie, Maestro.
- Sai cosa fare: quando i medici stabiliranno che il coma di Dexter Waite è irreversibile, non ci dovranno essere dubbi sul fatto che Silva Rusk sia il suo erede.
Czanek ride.
- Non si parlerà d’altro sui media per settimane. Il vero Silva lo avrebbe apprezzato.
- Ora vaga in un buio da cui non si può tornare. Per lui l’illusione non avrà mai fine.

di Agostino Langellotti

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Re: Finalissima!

Messaggio#4 » martedì 29 novembre 2022, 13:48

Finalisti, ecco a voi il verdetto di Daniele Picciuti:


Ciao, devo dire che i racconti mi sono piaciuti entrambi.
Madera Sangre rispetta di più l'idea che avevo quando ho proposto l'argomento, l'utilizzo in parte del pdv esterno e in parte del pdv interno, epistolare, conferisce al tutto una struttura dinamica, e riesce a definire la storia di Diego, il comune nemico di Velamuerta e Madera, pur senza mai mostrarne il personaggio. Il finale rimane un po' monco, nel senso che avrei voluto vederlo Diego, anche solo nel momento della sua fine. L'idea della nave che si nutre del sangue di chi vi muore sopra forse non è originalissima ma è sempre molto d'effetto. Le "cose" senzienti mi piacciono, anche se nella fattispecie era il fantasma di Madera a nutrirsi, non la nave vera e propria (credo che avrei preferito questa seconda ipotesi). Velamuerta è un pirata di quelli che restano impressi.
Quanto invece a Mindbooter, l'inizio mi ha un po' lasciato perplesso, l'ennesimo pirata-hacker che entra in un sistema protetto è un tema piuttosto stantio, ma ho dovuto ricredermi quando è venuto fuori il lato esoterico/demoniaco. Visivamente molto d'effetto le immagini che Silva vede aprendo i vari ricordi, mi ha trasmesso una bella sensazione di inquietudine. Il finale trova una chiusura adeguata, che trovo soddisfacente.
Entrambi i racconti presentano un elemento sovrannaturale (ottimo in entrambi), il tradimento e la canzone: questi due trovo che siano stati gestiti meglio in Madera Sangre. In Mindbooter la canzone è inserita un po' a forza, mentre nel piratesco si percepisce una sorta di "colonna sonora" durante tutto il racconto. E il tradimento in Mindbooter è più un inganno vero e proprio, più che un voltafaccia.
Quindi, a conti fatti, mi sento di assegnare la vittoria a Madera Sangre, ma entrambi gli autori hanno fatto un buon lavoro.

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