Semifinale Arcadia

Per partecipare alla Sfida basta aver voglia di mettersi in gioco.
Le fasi di gioco sono quattro:
1) I partecipanti dovranno scrivere un racconto a TEMA e postarlo sul forum.
2) Gli autori leggeranno e classificheranno i racconti che gli saranno assegnati.
3) Gli SPONSOR leggeranno e commenteranno i racconti semifinalisti (i migliori X di ogni girone) e sceglieranno i finalisti.
4) Il BOSS assegnerà la vittoria.
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Spartaco
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Semifinale Arcadia

Messaggio#1 » sabato 5 novembre 2022, 17:28

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Eccoci pronti per la seconda parte di La Sfida a Daniele
Picciuti. Giudice di questo gruppo è Francesco Nucera, aka Spartaco. In pratica sono io!
Combattono in questa semifinale:

MaderaSangre, Michael Dag Scattina
Lo Strano Accento del Mare, Stefano Moretto

In risposta a questa discussione gli autori semifinalisti hanno la possibilità di postare il loro racconto revisionato, così da poter dare allo SPONSOR un lavoro di qualità ancora superiore rispetto a quello che ha passato il girone.
Quindi possono sfruttare i giorni concessi per limare i difetti del racconto, magari ascoltando i consigli che gli sono stati dati da chi li ha commentati.

Scadenza: lunedì 7 novembre alle 23.59
Limite battute: 21.666

Se non verrà postato alcun racconto, allo SPONSOR verrà consegnato quello che ha partecipato alla prima fase.
Anche se già postato, il racconto potrà essere modificato fino alle 23:59 del 7 novembre. Non ci sono limiti massimi di modifica.
Il racconto modificato dovrà mantenere le stese caratteristiche della versione originale, nel caso le modifiche rendessero il lavoro irriconoscibile verrà inviato allo SPONSOR il racconto che ha partecipato alla prima fase.

Non fatevi sfuggire quest'occasione!



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Stefano.Moretto
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Re: Semifinale Arcadia

Messaggio#2 » lunedì 7 novembre 2022, 23:30

Poggio le mani sul parapetto della nave e mi sollevo per osservare: con l’ultima cannonata abbiamo sfondato la vela maestra del mercantile, ormai non possono più scappare. Stringo le dita attorno all’elsa del mio pugnale. Sicuramente i marinai si arrenderanno senza combattere come fanno sempre tutti, però vorrei tanto avere un’arma vera per sembrare un vero pirata durante l’arrembaggio.
Il capitano indica il mercantile con la sua pistola. «Andate, ratti maledetti!» Urla. «E se becco ancora qualcuno che si intasca spezie o monete stanotte dormirete coi pescecane!»
Vecchio taccagno, se ci dessi qualche soldo da spendere quando approdiamo in porto non ci metteremmo certo a raziare le briciole.
«Levati di qui, Briciola di pane,» Peter mi tira una spallata. «Ora si fa sul serio!»
Storco il naso. «Vengo anch’io, non trattarmi come un mozzo.»
Peter se la ride di gusto. «Sentilo il ragazzino, l'ultima volta te la stavi facendo sotto.»
Il mercantile ormai è a portata di abbordo, la nostra conversazione finisce qui. Peter tira fuori il rampino, lo fa roteare e lo scaglia verso il mercantile.
«Ci vediamo, Briciola di pane.»
Non mi lascerà qui! Si lancia verso il mercantile e io mi lancio verso di lui. Mi aggrappo con tutta la forza che ho nelle braccia, il vento mi sferza il viso.
«Ehi!» Grida Peter. «Che diav–»
Cadiamo sul ponte del mercantile, la mia schiena si schianta sul legno. Rotolo a terra e sfrutto quel movimento per rialzarmi, sono pronto ad affrontare chiunque!
«Arrendetevi!» Estraggo il coltello e lo punto verso i marinai. «Se volete salva la vita!»
Dietro di me i passi dei miei compagni confermano l’avvenuto arrembaggio, ormai è fatta.
I marinai del mercantile si lanciano degli sguardi terrorizzati. Perfetto, ora alzeranno le mani e… uno di loro mette la mano alla cintura e tira fuori una pistola? Cazzo!
Mi lancio dietro un barile, il colpo esplode sul legno del ponte a un passo dalla mia caviglia.
«Uccidete i pirati!»
Si scatena una tempesta di esplosioni, i miei compagni si affrettano a estrarre le loro armi e mettersi al riparo, qualcuno è già caduto a terra. Dannazione, che sta succedendo? Da quando i marinai dei mercantili oppongono resistenza?
«Fammi posto microbo!» uno dei nostri mi afferra per una spalla e mi scaglia via, allo scoperto, e mi ruba il nascondiglio.
«Verme traditore!» Mi rimetto in piedi e scatto verso il castello di poppa. Un colpo di pistola mi passa a un soffio dai capelli, mi riparo la testa con le braccia. Non voglio morire crivellato da un mercante!
Mi scaglio contro la prima porta che trovo, si spalanca. Che fortuna! Punto il coltello davanti a me, ma la stanza è vuota. C’è solo un tavolo con una carta nautica. I marinai stanno tutti combattendo sul ponte, con un po’ di fortuna posso rubare qualcosa intanto che i miei compagni fanno piazza pulita.
Però la stanza è davvero vuota, neanche una bottiglia di rum sulle mensole. Raggiungo un’altra porta all’angolo della stanza e ci appoggio l’orecchio. Gli spari sul ponte mi impediscono di sentire qualsiasi cosa. La apro piano: dà su delle scale che portano di sotto. C’è un odore rancido di pesce andato a male, che schifo. Cosa diavolo stanno trasportando, ‘sti qui?
Scendo le scale puntando sempre il pugnale davanti a me. Stai a vedere che abbiamo abbordato gli unici mercanti dei sette mari che non sanno riconoscere una trota commestibile da una divorata dai vermi.
Raggiungo il fondo delle scale, la stanza è illuminata a malapena dalla fioca luce di una lampada ad olio. Ci sono casse ovunque, anche impilate tra loro, sparpagliate in mezzo alla stanza e accatastate sulle pareti. L’odore è sempre più fetido, seriamente, cosa stanno trasportando?
Da sopra arrivano ancora rumori di spari, ma adesso ci sono anche rimbombi metallici. Devono aver iniziato a menarsi di spada.
Da dietro una pila di casse arriva un rumore di catene. Dannazione, c’è qualcuno!
«Vieni fuori!» Punto il coltello verso la fonte di rumore. «Chi sei?»
Niente. Mi avvicino, un piccolissimo passo alla volta. Una chioma riccia e nera fa capolino da dietro il suo nascondiglio. È basso, forse non è un marinaio?
Faccio qualche passo laterale per vederlo senza avvicinarmi troppo. La luce della lampada illumina appena il suo volto: è un ragazzino, avrà qualche anno meno di me. Ha un grosso collare metallico dal quale parte una catena che finisce dietro di lui. Così al buio non riesco a vedere se è armato, ma ne dubito visto che è stato incatenato.
«Sei uno schiavo?»
Non mi risponde. Tiene una mano sul collare, probabilmente è molto pesante. Be’, un’ottima notizia per noi, nelle colonie questo qui lo pagheranno a peso d’oro.
Mi avvicino. «Stai tranquillo, non ti farò del male. I cattivoni che ti hanno imprigionato non ci sono più, ora sei al sicuro.» Una piccola bugia, ma almeno mi seguirà tranquillo.
Faccio un altro passo verso di lui. La sua pelle brilla, è bagnato? No, non mi sembra. Ripongo il pugnale e allungo la mano verso di lui. «Vieni qui, ti aiuto io.»
Il ragazzo mi guarda con i suoi occhi ambrati. Sbatte le palpebre per un istante. No, c’è qualcosa di strano. Lo fa di nuovo. Non fanno su e giù, ma sinistra destra. Ha le palpebre verticali come i gatti?
«Cosa diavolo se–»
Mi si lancia contro, cado all’indietro e le sue mani si asserragliano sul mio collo. La mia schiena sbatte sul pavimento e mi mozza il respiro. Cerco di rotolare via ma il suo peso mi sta schiacciando, com’è possibile che sia così pesante? Cazzo, se non faccio qualcosa crepo qui come un cane!
Il coltello! Gli tiro una pugnalata al braccio, la lama affonda nella sua carne. Lo stronzo emette un urlo così acuto che i timpani mi lanciano una fitta di dolore.
Le sue dita allentano la presa, riesco a tirare su una gamba e puntargli il piede sul petto. Faccio forza per spingerlo via di dosso, ma quanto è pesante!
Lancio un urlo, raccolgo tutte le forze e lo spingo via. Lui rovina all’indietro, io mi rotolo lontano, dove la catena non gli permette di raggiungermi. Qualcosa guizza sotto di lui. Un serpente? No, sembra la coda di uno squalo.
«Cosa diavolo sei tu?»
Mi allontano per prendere la lampada e gliela punto contro. Sotto la vita il suo corpo è una gigantesca pinna grigia, solo quella è lunga probabilmente quanto tutto me. Ci credo che pesava una tonnellata, e soprattutto ora capisco perché i marinai di questo dannato mercantile sono pronti a morire, uno schiavo tritone a quanto si vende? Credo che se mi dicessero la cifra non sarei capace di capirla.
Il tritone si solleva sulla pinna e si rannicchia con la schiena contro la parete a cui è ancorata la catena. Si regge il braccio ferito e preme con la mano sul taglio.
«Così impari!» Agito il coltello tagliando l’aria davanti a me. «Che cazzo, io volevo solo venderti, mica ammazzarti! Ci sono un sacco di posti dove gli schiavi se la passano bene, no?»
Non riesco ancora a crederci. Un tritone. Ma siamo seri? Potrebbe essere il nostro colpo più grosso!

***

La nave ha un altro sobbalzo. Questa tempesta non ci sta dando tregua, e pensare che stiamo a poche miglia dal porto. Almeno nella stiva si sente un po’ meno, non invidio chi è di turno sul ponte adesso.
Il tritone si agita e strattona le catene. Il volto è pieno di lividi e il collo è diventato viola da quanto ha provato a liberarsi. Poverino, quelli che l’hanno portato qui ci sono andati giù pesante.
Un altro scossone mi fa perdere l’equilibrio, mi butto contro la parete per avere un po’ di stabilità. Il tritone lancia un lamento acuto che mi fa fischiare le orecchie.
«Oh, zitto! Non vedo l’ora di venderti, stupido mezzo pesce.»
Il tritone si mette una mano alla gola e apre la bocca. Emette dei versi gutturali. Qualche suono simile a una sillaba.
«Li… Li…»
Sollevo un sopracciglio. «Lì? Lì dove? Che vuoi?»
Scuote la testa. «Libe. Liberio. Liberio.»
Liberio? Intende “libero”? E dove l’avrebbe imparato?
«Libero? Tu? Non scherziamo, quando ti avremo venduto ci faremo una flotta con tutti quei soldi!»
«Liberio.» Insiste, battendo il pugno su una parete. «Liberio. Liberio. Liberio! LIBERiO!»
Inizia a ripetere la stessa parola, all’infinito, sempre più forte.
Tiro un calcio a una cassa e la ribalto, dei rimasugli di verdure rotolano per terra.
«Stai zitto! Neanche ti stessimo ammazzando. Magari finisci in uno zoo a fare la bella vita, ci hai pensato?»
Dal ponte urlano qualcosa. La nave ondeggia pericolosamente. Che sta succedendo?
La voce si fa più chiara. «Scogli!»
La nave si raddrizza di botto e una parete esplode. Un masso compare per un istante oltre il legno e un’esplosione d’acqua mi investe in pieno, finisco pancia a terra dall’altra parte della stanza.
La stiva gira come una trottola, lo scrosciare dell’acqua che allaga il pavimento è ovattato. Un rumore metallico fa da contorno a tutto. Mi afferro la testa, devo riprendermi! La falla è grossa quanto me e imbarca acqua a fiumi, se non la chiudiamo subito finiremo a mangiare coralli!
Peter corre nella stanza. «Briciola! Che fai lì per terra, dormi? Vieni qui e aiutami!»
Mi punto sulle mani e mi sollevo da terra, la spalla mi manda una scarica di dolore. Cazzo, devo essermela rotta.
«Arrivo.»
Stringo i denti e raggiungo Peter, che sta cercando di piazzare un’asse di legno sulla falla. Nell’altra mano ha un martello, pensa seriamente di riuscire a tappare la falla così? L’acqua lo spinge via, tra pochi minuti sarà inutile anche solo provarci. Mi getto di peso sull’asse e spingo con lui, ma la pressione dell’acqua è troppo forte.
«Spingi Briciola! Non voglio morire per un cazzo di scoglio!»
Un’altra ondata ci scaglia via entrambi, sbatto la schiena contro un barile e mi si mozza il fiato. È finita, creperemo qui come ratti.
Mi giro verso il tritone. Ha ancora la catena al collo, se la nave va a fondo e noi affoghiamo non ci sarà nessuno a liberarlo. Certo, lui respira sott’acqua, ma morirà di fame. Nessuno merita di fare una fine così schifosa.
Mi risollevo, l’acqua ormai mi arriva alle ginocchia.
«Che fai Briciola?»
Prendo la chiave appesa alla parete. «Oh, sta’ zitto. Tanto siamo fottuti.»
Raggiungo il tritone, ha gli occhi sbarrati e mi mostra i denti affilati come quelli di uno squalo.
«Dannazione, stai fermo e zitto cinque secondi. Ti sto liberando. LI-BE-RO, okay?»
Si immobilizza, forse ha capito. Meno male che sapeva questa parola.
«Briciola non ti azzardare a liberarlo! Quello è il nostro biglietto per il paradiso!»
Peter corre verso di me, calcio un barile e glielo faccio finire tra le gambe. La sua faccia finisce nell’acquitrino che è diventato il pavimento e annaspa per mettersi in ginocchio.
Ficco la chiave nel collare del tritone. «Stiamo per morire, l’unico paradiso che conosceremo sarà l’inferno, ma lui non deve per forza finire con noi.»
«Schifoso traditore!» Non avevo mai sentito la voce di Peter così carica d’odio. «Ti farò a brandelli così piccoli che neanche gli squali ti—»
La nave ha un altro scossone, Peter finisce di nuovo con la faccia in acqua. Ben gli sta.
Il collare del tritone ha uno scatto metallico e si apre. Lui si porta le mani al collo e sorride.
«Liberio?»
«Sì.» Faccio un passo indietro. «Sei libero.»
Si lancia un’occhiata attorno, i suoi occhi si soffermano sulla falla. Torna a fissarmi e mi punta un dito conto il petto.
«Liberio.»
Mi sfugge un sorriso amaro. Sì, vorrei essere libero anch’io, ma mi sa che non sarà così.
La coda del tritone ha un guizzo, si sposta rapido tra le acque come una biscia di mare, afferra il martello di Peter, le assi che si era portato dietro e si lancia contro la falla. La sua coda rimane sospesa per qualche secondo a metà tra le assi rotte, sbattendo a destra e a sinistra, ma riesce a uscire di lì.
Peter si rialza. «Ecco, si è portato via l’unica speranza che avevamo di non affondare.» Fa un passo verso di me. «Spero tu sia contento, ora creperemo tutti per colpa tua!»
Mi lascio andare contro la parete. «Oh, sta’ zitto. Pensi che saresti riuscito a chiuderla? Eravamo morti comunque.»
BUM BUM BUM
Che cazzo è stato?
BUM BUM BUM
«Che cazzo è stato?»
Ci giriamo verso la falla. L’acqua sta entrando più lentamente, alcuni punti sono stati richiusi. Il tritone si sporge dall’apertura, ci guarda e fa un sorrisetto.
«Liberio.»
Torna fuori e appoggia un’altra asse su quel che rimane del buco.
Peter ha gli occhi sgranati e la bocca aperta. Probabilmente anch’io ho la stessa espressione da pesce lesso.
«Mi rimangio tutto.» Dice lui. «Il tuo amico è un fottuto genio.»
Le assi piazzate dall’esterno vengono spinte dalla pressione dell’acqua. Invece di combatterci contro, sfrutta la cosa per riparare il buco. Certo, devi avere le branchie per poterlo fare, ma nessuno di noi due ci aveva pensato. Meno male, Peter sarebbe stato capace di dirmi di trattenere il fiato.
«Sai.» Do una pacca sulla spalla a Peter. «Forse non ci conviene venderlo.»
«No. Forse no. Hai idea di come si chiama?»
«Non lo so. Poseidone ti sembra un bel nome?»

***

Il capitano sorride e guarda Poseidone.
«Bene ragazzo, oggi sarà il tuo primo giorno come pirata. Fai sì di essere pronto, o ti rispedisco in mare legato a un cannone, intesi?»
Poseidone sbatte la coda sul ponte della nave. «Sì siniore!»
Il capitano mi lancia un’occhiataccia. «Siniore? Come parla questo merluzzo troppo cresciuto?»
«Abbia pietà, capitano.» Faccio un rapido inchino. «Non è semplice insegnargli la nostra lingua da zero.»
Ride. Meno male. «Bene, ci lavorerete! Adesso fammi vedere cosa sai fare!» Punta il dito verso la nave che stiamo inseguendo da due giorni. «Vai e conquista, o preparati a essere servito con del rum bianco!»
Poseidone si lancia dal ponte e si tuffa in mare, lo schizzo d’acqua che provoca è quasi impercettibile. Okay che è una creatura marina, ma è impressionante.
Per un po’ lascia una scia di schiuma bianca lungo il suo tragitto, poi scompare nelle profondità.
«Ammainate le vele, cani maledetti!» urla il capitano.
Gli altri marinai obbediscono all’ordine e la nave inizia a rallentare. Restiamo tutti col fiato sospeso, aspettando che succeda qualcosa.
Peter ci raggiunge e avvicina la bocca al mio orecchio. «Ehi Briciola, sei sicuro che—»
La nave delle nostre prede si inclina di botto da un lato. Sorrido. Poseidone è un vero mostro, e il meglio deve ancora arrivare.
Peter si ritrae. «Niente, non fa nulla.»
Il capitano si lancia in una risata fragorosa. «Avete visto? Dico, avete visto? Questo ragazzo ci farà diventare il terrore di tutti i mari! Potremo andare all’altro capo del mondo e tutti urleranno di terrore solo alla notizia del nostro arrivo!»
Si è esaltato, era prevedibile. E pensare che lui voleva vendere Poseidone anche dopo che ci aveva salvati dagli scogli. Non fosse per me e Peter che abbiamo insistito per dargli una possibilità, a quest'ora quell'ipocrita non riderebbe così. Lancio uno sguardo al resto della ciurma. Sorridono anche loro.
Poseidone salta fuori dall’acqua e atterra sul ponte. Gliel’ho visto fare un sacco di volte ormai, ma rimango ancora impressionato. La nave, in lontananza, è praticamente sdraiata su un fianco. Sarà un po’ un casino recuperarne il carico, ma di sicuro non proveranno a ribellarsi.
Poseidone si avvicina al capitano. «Hio riotto il timione e scafio. Non si muoverannio più.»
Il capitano gli dà una pesante pacca sulla spalla. «Ottimo lavoro, ragazzo! Dove sei stato finora? Avevo proprio bisogno di uno come te, altro che questi ratti che ho qui sul ponte!»
Poseidone mi guarda e inclina la testa. Gli faccio il cenno e guardo il capitano.
Si schiarisce la gola. «Capitanio, altra cosa.»
«Dimmi, ragazzo.»
Poseidone scatta su di lui e gli affonda i denti nel collo. Un crack ci avvisa che le ossa si sono rotte all’istante. Dio mio, è sempre più impressionante.
Il corpo del capitano di accascia a terra. Poseidone si gira verso di noi. «Lio strionzo è miorto!»
Dal ponte si leva un boato. Peter sorride, ma è pallido come una nuvola. Che bella giornata per essere un pirata.
Mi avvicino a Poseidone e raccolgo il cappello del capitano. Starà molto bene sulla mia testa.
«E ora andiamo a raccattare il bottino,» mi volto verso la mia nuova ciurma, «e questa volta ce ne sarà per tutti!»
Dal ponte arrivano urla di approvazione.

***

Poseidone sta seduto sul ponte, a poppa. Mi avvicino lisciandomi la barba. La luce della luna gli fa brillare la pelle come fosse un diamante. Quando lo trovai su quella nave mercantile non era così splendente, quanti anni saranno passati? La lunga coda ormai è così lunga che può attorcigliarsela attorno come un serpente a sonagli.
Sta cantando qualcosa nella sua lingua. Non capisco cosa dice, ma le note sono calme, quasi malinconiche.
«Ehi.» Mi avvicino. «Cosa canti, nostromo
Poseidone si morde un labbro, è sempre uno spasso vederlo in imbarazzo a farsi chiamare per titolo.
«Niente di che, capitanio Briciola» Mi risponde per le rime. «Un cantio che hio imparatio da bambinio, è l’unica canzone sui pirati che coniosco.»
«Briciola… non sono più un ragazzino, ormai. Cosa dice, la tua canzone?»
Solleva gli occhi al cielo stellato e inclina la testa. «Più o menio…»
Si schiarisce la gola e intona la stessa melodia.
Siamio razziatiori danzanti
Un gruppio di tagliagole bastardi
Per combatterci nion servonio pistiole
Solio tappi di cera per le orecchie
Un pirata erio destinatio a essere
Issiamio le vele e navighiamo il mare

La sua voce risuona limpida, nonostante il buffo accento.
Sorrido, è una bella canzone, a parte i recenti spargimenti di sangue descrive bene lo spirito per il quale mi ero unito a questa ciurma all’inizio. E forse Poseidone era davvero destinato a essere un pirata fin dall'inizio.
«Ah, mi hai ricordato i bei tempi in cui bevevamo rum che sapeva di acqua sporca e gozzovigliavamo invece di ammazzarci tra di noi. Sì, bei tempi…» Tiro un sospiro. «Cantamela di nuovo. Nella tua lingua.»
Si volta a guardarmi con un sopracciglio alzato.
Fa un sorrisetto. «Violete imbarazzarmi, capitanio?»
Scuoto la testa. «No, solo capire una cosa.»
«Nion capisco, ma… come violete.»
Solleva la testa e riprende a cantare. Chiudo gli occhi e mi concentro sulla melodia. È una lingua che non conosco, ma inizio a capire.
Poseidone finisce di cantare e mi guarda. «Avete capitio, capitanio?»
«Sì.» Gli tiro una pacca sulla spalla. «Ho capito che quando avremo venduto tutto potrai farti una vita da canterino.»
Inclina la testa. Quando fa così sembra proprio un cane bastardello. «Quindi la cosa si farà?»
Mi ficco una mano nella tasca della giacca e tiro fuori la pergamena col patto del governatore. Indulto totale e incarico ufficiale come corsari, basta consegnargli questa ciurma di tagliagole che non si ritirerebbero dalla vita da pirata neanche se l’alternativa fosse la forca. E l’alternativa sarà la forca, per chi non verrà con noi. Peter, di sicuro, ci seguirà. Troppo codardo per morire. Non che mi dispiaccia, mi mancano i giorni in cui mi aggrappavo a lui per andare all’arrembaggio.
«Corsari della corona,» sorrido, «non suona male.»
Poseidone agita la coda. «No, non suona male.»
Restiamo in silenzio. Le onde si infrangono sullo scafo, qualche pesce guizza nell’acqua.
Una nuova vita come corsari. Non dovremo più guardarci le spalle ogni volta che facciamo scalo al porto per fare rifornimenti, ma soprattutto potremo bere rum a fiumi senza paura che il locandiere chiami le guardie non appena finiamo con la faccia sul tavolo. E in cambio dobbiamo solo evitare di attaccare i mercantili che fanno affari col re. Che pacchia. Magari qualcuno di noi riuscirà persino a sopravvivere abbastanza da comprarsi un pezzo di terra in cui invecchiare.
Mi torna alla mente la canzone di Poseidone e mi scappa una risatina.
Lui mi guarda inclinando di nuovo la testa. «Capitanio?»
«Non avete la “o”, voi tritoni. Mentre cantavi, non l’hai pronunciata neanche una dannata volta. Il suono più vicino è uno “yo” biascicato.»
Si porta una mano al mento e solleva lo sguardo. Ci deve pure pensare?
«YOh.» I suoi occhi si spalancano. «È verio! Nion ci avevio mai fattio casio!»
Scoppio a ridere e mi rificco la pergamena in tasca. «Dannazione, Poseidone, ed io che mi chiedevo perché diavolo avessi questo accento assurdo.»
Si mette a ridere anche lui. «Davverio hio un accentio così stranio?»
Fa sul serio? «Davvero non te ne rendi conto? A volte faccio persino fatica a capire cosa dici. Tra l’altro neanche tutte le pronunci male e giuro sto impazzendo per cercare di capire il perché.»
«Mi dispiace. Proveriò a correggerlio.»
«No. No, ormai mi sono abituato, non ti azzardare a correggerlo. Lo considererei il peggior tradimento possibile.»
Mi guarda di sottecchi. «Peggio che se ti azzannassi la gola, capitanio?»
Rido, ma un brivido mi percorre la schiena. Dio, a volte mi sveglio nel cuore della notte perché sogno i suoi denti sul mio collo.
«Sì. Piuttosto ammazzami, ma non togliermi la possibilità di prenderti in giro per come parli.»
Restiamo di nuovo in silenzio, la luce pallida della luna crea dei meravigliosi giochi di luce sull’acqua del mare. Chissà se da corsari potremo ancora goderci momenti come questo.
«Capitanio.»
«Dimmi, Poseidone.»
«N… N–» deglutisce. Cosa sta facendo? «Noi. Saremo. Corsari. Capitano.»
Scoppio a ridere. «Ah, alto tradimento! Per te niente rum quando saremo a terra!»
Ride anche lui. «Nio capitanio, perdonio!»
Appoggio schiena e gomiti sul parapetto della nave.
Un pezzo di terra in cui invecchiare? No, non fa per me. Il mare mi sta parlando col suo strano e intrigante accento, e io ne seguirò la voce fino all'ultimo mio respiro.
La rotta è ancora lunga, chissà dove ci porterà.

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Michael Dag
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Re: Semifinale Arcadia

Messaggio#3 » martedì 8 novembre 2022, 19:49

MaderaSangre
-Michael Dag Scattina-


Tenent Winnhorn
Spero non siate una di quelle persone che parlano a vanvera, come se si fossero bevuti qualche rum macherotas, al tavolo dell'angolo sud, nella taverna Garca del porto di Gouyave, in aprile, indossando una camicia con uno strappo alla manica sinistra. Ha presente, sì?
Ultimamente girano voci riguardo uno di quei pirati spagnoli di cui tutti parlano.
Ignoro il nome con cui compare nelle liste ufficiali dei ricercati, ma qui tutti lo conoscono come "Velamuerta".
Pare abbia recuperato un relitto che giaceva da mesi incagliato su uno scoglio a nord di Saint Vincent, e si sia dato alle scorribande nelle coste tra Tobago e Martinica.
Forse, se un paio di sloop pattugliassero quelle rotte, lo incrocerebbero facilmente.
Spero non siate una persona dalla memoria corta. Io, certo, non lo sono.
D.H.


+++++

Una cannonata inglese fracassò la ringhiera del cassero, schegge di legno volarono ovunque.
Capitan Velamuerta contrasse gli addominali. Trattenne il fiato e soffocò la tosse che stava per scuoterlo, non poteva certo farsi vedere dai suoi uomini a tossire come una femminuccia.
«Alzat_» Le parole gli morirono in gola. Mierda de Poseidòn.
Si allontanò dal parapetto, prese la fiaschetta dal panciotto rinforzato e buttò giù due sorsi di vino. Brutta bestia, la gola secca.
«Alzate il tiro, idioti! Non vedete che state sparando ai pesci?»
«Capitano» Juan scosse il capo «in fiancata abbiamo solo pezzi da dodici.»
Velamuerta si voltò al timoniere. «Diego, vira verso di loro!» Corse lungo il ponte. «Portate le colubrine da otto sul castello di prua, gli faremo sentire come cantano i ferri spagnoli.»
Un'altra palla offerta da sua maestà britannica si piantò nella chiglia, un grido strozzato arrivò da sottocoperta.
Maledizione, diecimila Real per riparare quel relitto e al primo scontro stava tornando un colabrodo come quando lo aveva trovato.
I bastardi sparavano a piccolo calibro. Pochi danni, ma precisione garantita e gittata superiore. Stare fermi era un suicidio. «Spiegate tutte le vele!»
Una trentina di facce annerite dal fumo si voltarono a guardarlo.
«Dannati idioti, volete restare a fare da bersaglio? Abbiamo il vento a favore.» Mosse due passi verso il marinaio più vicino, un negro con più cicatrici che denti. «E poi, sono io che do gli ordini. Muoversi!»
La vela maestra scese dal pennone, la nave si raddrizzò mentre il timoniere bestemmiava più forte delle cannonate.
Il vento salmastro gli rinfrescava la faccia, la MaderaSangre filava sulle onde come una sciabola. Era davvero un'ottima nave.
Un'altra raffica in lontananza, ma nessun rumore di scafo fracassato. Bene. Era ora di rispondere. «Colubrine!»
Quattro tuoni esplosero dalla prua, un muro di fumo nero spazzò il ponte e si disperse nel vento.
Velamuerta puntò il cannocchiale verso gli inglesi. Vari pezzi di legno galleggiavano intorno al galeone, insieme ad una delle vele di straglio . Non male come prima salva. «Ricaricare!»
«Capitano…» Juan fissava l'orizzonte. «Non stanno virando però… anzi, ci stanno dando la fiancata.»
«Lo vedo. Spareranno coi dodici, ma reggeremo.»
«Se posso permettermi…»
«No! Non puoi!» Velamuerta lo prese per il bavero. «La nostra nave reggerà.» Salì su una botte e urlò. «Abbiamo il doppio della loro cadenza di fuoco. Non possono batterci. Inoltre…» indicò il nord «abbiamo un porto sicuro a un giorno da qui dove riparare i danni, loro no. Fidatevi di me, fuggiranno. Ricaricare!»
Gli artiglieri tornarono ai pezzi, agitati come uno sciame di formiche. Velamuerta buttò giù qualche sorso di vino. «Muovetevi, cani, o vi appendo le palle al bompresso!»
Altri quattro tuoni squarciarono l'aria.
Poi, un rombo di cannoni inglesi calibro dodici rispose al fuoco.

+++++

«Capitano…»
Velamuerta puntò il compasso sulla mappa e girò lentamente.
Nove gradi ovest. La latitudine era giusta. Dieci ore di navigazione, anche se il trinchetto era in pessime condizioni avrebbero dovuto essere in vista di Santa Lucia. E se la bussola fosse impazzita? Doveva smontarla e_
«Capitano.»
Alzò la testa. «Che diavolo vuoi, Juan?»
Un gruppo di marinai assediava la porta della cabina.
«Ecco, gli uomini iniziano a essere… nervosi. Sa, stiamo imbarcando acqua… la chiglia è messa male e… ecco…»
Il negro sdentato spinse da parte Juan ed entrò. «Abbiamo remato tutta la notte dalla parte sbagliata. Siamo senza cibo e altri due dei feriti sono morti. Ci siamo persi.»
Velamuerta prese un forte respiro. «Valoroso marinaio. Stai forse mettendo in dubbio la capacità del tuo capitano… che ti ricordo, sono io… di leggere una mappa?»
«Me ne sbatto delle mappe. Le stelle dicono che stiamo sbagliando.»
Ah, se ci fosse stato Diego. Avrebbe tenuto a bada quella marmaglia con i suoi discorsi infervoranti, ma quell'idiota si era fatto sbalzare via dal cassero. Peccato, era un ottimo timoniere.
Passò in rassegna le facce devastate dallo scorbuto. Mierda de Poseidòn, meglio essere diplomatici. «Ascoltate. Lo so che la situazione non è delle migliori. Abbiamo subito più danni e perdite del previsto, ma cosa vi dicevo? Che li avremo messi in fuga, e così è stato.» Prese la bussola la tese davanti a se. «Ora, qualcuno di voi gentiluomini sa come leggere le carte?»
Il negro sfoderò il coltellaccio. «Si cambia rotta!»
Velamuerta lasciò cadere la bussola ed estrasse le pistole. L'esplosione gli fece fischiare le orecchie, il cervello del bastardo si spalmò sulla porta.
Puntò i marinai. «Altre rimostranze? Nessuna? Bene. Buttate ai pesci questo stronzo e tornate a remare.»
La folla si disperse.
Si chinò a raccogliere la bussola. Il quadrante era scoperchiato. Sotto, c'era un piccolo pezzo di pergamena.

Capitano.
Con somma gioia, la informo di averla venduta agli inglesi. Lei è un grandissimo figlio di puttana, dispotico e arrogante. E neanche così valido come uomo di mare. Ho manomesso la bussola e le carte, così da portarvi in secca invece che al porto. Se tutto va bene, mi lancerò dal cassero alla prima raffica e mi farò ripescare dagli inglesi, coi quali ho stretto un accordo durante l'ultimo scalo a Gouyave.
Entro un paio di giorni vi raggiungeremo.
Il vostro timoniere, Diego Hortez.


+++++

Velamuerta prese la bottiglia, tristemente vuota, buttò giù l'ultimo sorso di vinaccio e la lasciò cadere. Diego. Fanculo ai quattro venti, era l'ultima persona che poteva fare una cosa del genere. Un ruolo di prestigio, una parte e mezza del bottino, e mai, mai una frustata… Che figlio di cane.
Dalla cambusa arrivavano rumori ovattati, la ciurma stava dando fondo agli ultimi viveri e a giudicare dai canti, si erano anche aperti una botte di rum. Non c'era da biasimarli, entro poche ore gli inglesi li avrebbero raggiunti e arrestati tutti. Magari, ci fosse stata una bella battaglia all'ultimo sangue. Una fine epica, una canzone per ricordarla. Com'è che faceva?
Mañana nos llevará
lejos de casa
nadie sabrá nuestros nombres
pero las canciones de los marineros permanecerán
el mañana quitará el miedo de hoy
ella se ira gracias a nuestras canciones

[Il domani ci porterà via
lontani da casa
nessuno saprà i nostri nomi
ma le canzoni dei marinai rimarranno
domani porterà via
la paura di oggi
se ne sarà andata
grazie alle nostre canzoni]

No, si sarebbero arresi tutti quanti, sperando nella clemenza del Commander. Sarebbero finiti tutti impiccati all'ingresso di qualche porto inglese. O peggio, chiusi in una gabbia inchiodata a uno scoglio a morire di sete.
Il più fortunato era stato il negro, un bel colpo in testa e via.
Un momento, chi aveva pulito la porta?
Velamuerta si alzò, prese una candela e si avvicinò all'ingresso. Non c'era traccia di sangue, il legno se l'era bevuto tutto ed era tornato immacolato. La porta… era integra! Stava risputando fuori la palla di pistola.
Avvicinò la candela al foro sulla porta.
Impossibile.
Il legno stava ricrescendo. Stava sputando fuori il proiettile come una ferita che si rimargina. Mierda de Poseidòn, le allucinazioni. Diego aveva avvelenato il vino, per forza.
La palla deformata cadde a terra e rotolò seguendo il rollio.
Velamuerta si affacciò fuori. Non c'erano tracce di sangue nel corridoio, ne sulle scale che portavano al ponte. Eppure, un uomo con la testa esplosa, ne perde parecchio.
Risalì sul ponte. La falce di luna era un ghigno perfido nel cielo. Che cazzo hai da ridere, stronza?
L'albero maestro era dritto.
Sette fagotti coperti da teli scuri erano stesi contro il parapetto. I morti della battaglia, più il negro.
Chissà chi erano.
Velamuerta scoprì il primo.
Poveraccio. Uno scheletro consumato dal fuoco, nulla di più. Irriconoscibile. Strano però, le ossa erano bianche tanto da riflettere la luce della luna. E non c'erano stati incendi, a bordo.
Scoprì il secondo. Diavolo, ma erano bruciati tutti?
Il terzo scheletro era alto due metri e senza denti, il cranio sfondato da un colpo di pistola a bruciapelo. Lo stomaco si contorse di nausea. Le bettole dei porti erano piene di racconti agghiaccianti, le ciurme alla deriva senza nulla da mangiare facevano cose orribili. Ma non in così poco tempo.
Gli uomini erano al ponte di prua. Ricaricò le pistole e salì la scaletta.
I canti cessarono all'istante.
Una dozzina di facce colpevoli e mezze sbronze si voltarono paralizzate.
«Juan!»
«Sì… sì, eccomi, capitano… agli ordini…»
«Dobbiamo parlare.» Meglio non esagerare, con la ciurma. «E voi bevete quanto vi pare. All'alba, saremo tutti morti, e anzi che lasciare una goccia di rum agli inglesi, mi ficco in culo tutta la botte.»
Voltò le spalle al mormorio di brindisi e tornò al parapetto.
«Juan, cosa è successo ai cadaveri?»
Il Nostromo scrollò le spalle. «Sono… morti?»
«Juan, mannaggialeostie, lo so che sono morti. Intendo… guardali, cazzo! Cos'è successo? Perché sono tutti scheletri?»
Juan strabuzzò gli occhi. «Io… io… non so… forse_»
«Li avete mangiati? Juan, avete_»
«No!» Juan alzò le braccia. «No, capitano, vi giuro sulla mia testa, no! Abbiamo ancora delle gallette. E le reti! Potremo pescare, non faremo mai una cosa simile!»
Vero, non aveva senso. Chissà cos'era successo.
Ma in fin dei conti, importava saperlo?
Un rumore di passi in corsa salì da sottocoperta.
«Capitano!» La faccia sfregiata di Ebrecco spuntò dalla botola. «I danni non sono così gravi come credevamo. La murata è quasi integra e il perno del timone, dio solo sa come, sembra essersi raddrizzato.»
Velamuerta guardò i cadaveri ridotti a scheletri. L'albero maestro, dritto.
La ringhiera del cassero era perfetta, eppure, quella mattina si era presa una cannonata, le schegge gli erano volate in gola. La porta che risputa fuori il proiettile, e nessuna traccia di sangue.
«Juan, quanti feriti abbiamo?»
«Quattro, capitano. Andres è messo male.»
«Portami da lui.» Velamuerta cercò il fodero del pugnale al fianco.


Amata Ereja
Abbiamo passato momenti bellissimi insieme, e sei stata la cosa più bella della mia vita. Ho provato tutto ciò che potevo per starti vicino, per darti amore, sicurezza, una famiglia e tutto ciò che meriti.
Sapevamo entrambi che sarebbe stato difficile. Non ce l'ho fatta, Ereja. Perdonami. Nonostante il mio pentimento e la mia collaborazione, gli inglesi non hanno voluto concedermi il perdono. Mi hanno messo in cella e condannato per pirateria.
Mi hanno fatto la grazia di scrivere una lettera, e ho scelto di scriverla a te, per non lasciarti nell'angoscia di non sapere la mia sorte. Ho sempre pensato a te, e lo farò fino all'ultimo istante. Quando la corda stringerà il mio collo, penserò che siano le tue dolci mani a darmi un ultimo, passionale abbraccio. Ti ho sempre amata, e continuerò a farlo. Perdonami per il dolore che ti sto dando.
los marineros sus canciones
cuando pasan las horas
cerraré los ojos
en un mundo lejano
podríamos encontrarnos de nuevo
pero ahora escucha mi canción
en el amanecer de la noche
escuchemos la canción de los marineros
[Ora sai tutto
dei marinaie le loro canzoni
quando le ore vanno via
chiuderò i miei occhi
in un mondo lontano
ci potremmo rincontrare
ma ora ascolta la mia canzone
sull’alba della notte
ascoltiamo la canzone dei marinai]
Il tuo Diego.


+++++

Il corpo di Andres si deteriorava a vista d'occhio, come se un'orda di vermi invisibili lo stesse divorando.
Il sangue che colava dalla gola tagliata spariva tra le fenditure tra le assi, il teschio emergeva da sotto i tessuti del viso scomparsi in un istante. Le mani erano già spoglie dalla carne fino agli avambracci.
Diavoli dell'inferno, la nave lo stava mangiando.
Lo scricchiolio del legno che si riassestava riempiva la cambusa, sembravano denti che rosicchiavano le ossa di una preda.
Sottocoperta il buio era opprimente, la lampada non bastava a rischiarare il ventre della bestia. Doveva uscire di lì, subito. Le gambe non rispondevano. Cazzo, se la nave si fosse accorta di loro…
Mosse un passo verso la porta. Appoggiò lo stivale per terra con tutta la delicatezza possibile. Quali demoni degli abissi avevano svegliato?
Prese un lungo, silenzioso respiro. Doveva stare calmo. Era diverso tempo che vivevano lì sopra e non era mai successo niente. Certo, nessuno era mai morto a bordo, fin'ora.
Juan era talmente pallido che quasi brillava al buio. Non riusciva a staccare gli occhi dal cadavere, sempre più rinsecchito.
«Juan, come stanno gli altri tre?»
«Ehm… capitano non vorrà…»
«Rispondi, o ammazzo te.» Pessimo nostromo. Incapace e senza palle, forse darlo in pasto alla nave e riparare il trinchetto sarebbe stato un ottimo scambio.
«Non sono gravi. Un guercio e qualche osso rotto.»
Velamuerta uscì dalla cambusa e risalì sul ponte.
Il sartiame come tendini, le vele come muscoli… quel mostro galleggiante era l'unica alternativa alla forca.
All'orizzonte le stelle stavano sparendo, offuscate dal sole che stava per sorgere.
Lo sloop inglese non mollava, ma a occhio sembrava alla stessa distanza di metà nottata.
Il trinchetto però era messo male, e non avrebbe retto una vela più grande.
Camminò lungo il ponte, i pochi marinai presenti erano tutti impegnati a fingere di fare qualcosa, in silenzio e testa bassa. Anche i più scemi avevano capito che c'era qualcosa di strano, e figurarsi se Juan sapeva tenersi un doblone in bocca.
Che storia aveva quella nave? Cos'era successo alla vecchia ciurma e perché l'avevano abbandonata su uno scoglio deserto in mezzo al mare?
LegnoSangue. Il nome era inciso in profondità sullo scafo, ed era decisamente azzeccato.
Non servivano assi di ricambio, né carpentieri esperti, bastava imbarcare una decina di idioti sacrificabili. Forse avrebbe funzionato anche durante una battaglia. Una nave che si ripara all'istante avrebbe vinto ogni scontro.
Otto morti, restavano venti marinai. Tre erano feriti e li avrebbe… assegnati… alla riparazione del trinchetto. Ciurma ridotta di un terzo, ma nave inaffondabile. E anche gli inglesi avevano subito danni. Sì, avrebbe vinto, e se quel cabron di Diego non fosse morto nello scontro, lo avrebbe strangolato con le sue budella.
Bastava solo convincere gli uomini.
Salì sul castello di prua, slegò il batacchio della campana e suonò l'adunata.
La marmaglia si raccolse sul ponte.
«Ammainate le vele, e girate la nave. Si torna indietro.»
Il solito mormorio di ciurma lamentosa. Sì, andavano sostituiti.
«Capitano, non siamo in condizioni di combattere.»
«Guardatevi intorno.» Velamuerta allargò le braccia. «L'albero maestro è tornato dritto. Lo scafo è riparato, il timone risponde. Qual è il problema?»
Gli uomini si guardarono l'un l'altro, cercando una spiegazione a tutto quello.
Ebrecco si fece avanti. «Signore, dobbiamo sapere cosa sta succedendo. Nessuno di noi ha riparato i danni, eppure la nave è tornata integra. Non ci muoveremo finche non ci direte la verità.»
Era ora di spararla grossa. Molto, molto grossa.
Afferrò la ringhiera della balaustra e si sporse verso la ciurma. «Ho venduto l'anima al diavolo.» Un vociare di esclamazioni e bestemmie serpeggiò sul ponte. «Siamo stati traditi. Diego era stato pagato dagli inglesi per manovrare la nave a cazzo durante lo scontro. E credete forse che io» alzò le spalle e gonfiò il petto «il Capitano Rodrigo Velamuerta de Marrasinche, possa lasciare impunita una cosa del genere? Quel mangiamerda ha tradito me, la mia ciurma e la nostra nave.» Puntò il dito contro di loro. «Ha tradito ognuno di voi!»
Il mormorio si trasformò in insulti e maledizioni.
Velamuerta gridò al cielo. «E nessuno può prenderci per il culo e farla franca!»
«No, mai!»
«Ammazziamolo!»
«Deve morire!»
Bene, si stavano infervorando. «A costo della mia stessa anima, vi garantirò giustizia! E vendetta!» E ciò che più amano le canaglie di mare. «E tutto l'oro che riusciremo a stivare nella nostra flotta una volta catturata quella maledetta sloop!»
Canti e schiamazzi si alzarono in coro.
Molto bene, erano carichi al punto giusto.
Velamuerta tornò all cabina di comando, si richiuse la porta alle spalle e si buttò sulla branda.
«Bel discorso.»
Chi diavolo…
Un omaccione dalla folta barba rossiccia stava seduto sulla sua sedia, al tavolo delle carte. Un elegante tricorno gli copriva la testa, la giacca nera era vecchia e sgualcita, ma conservava ancora un aspetto austero.
«E tu chi diavolo sei?» Velamuerta saltò in piedi e portò la mano alla pistola. «Che ci fai sulla mia nave?»
Lo sconosciuto si alzò in piedi. «Chi sono io, mi chiedi?» Picchiettò col dito la spallina dell'uniforme. Una mostrina brillò alla luce della lampada. Tre bande dorate sopra un doppio cordone. «Io sono l'Almirante Sebastiano Gayetano Madera. E questa è la mia, nave.» L'intera sagoma dell'ufficiale aveva qualcosa di strano, come guardare il riflesso di uno specchio sottacqua.
«Non sono in vena di scherzi.»
«Velamuerta, giusto? Ti ringrazio per la tua… offerta. Sai, era da molto che non bevevo.»
«Basta con queste stronzate!» Velamuerta puntò le pistole. «Dimmi chi sei e come hai fatto a salire o_»
Un coro di risate esplose nella cabina. Decine di facce distorte si affacciarono dall'oscurità, ghigni esposti da labbra rinsecchite, orbite vuote asciugate dal sole.
La spina dorsale tremò, i nervi si contrassero, le pistole spararono entrambe tra le risate e i canti dall'inferno.
«Spari ai fantasmi, capitano?»
Velamuerta crollò sulla branda. Il diavolo. Lo aveva sentito, ed era venuto a prenderlo davvero. «Io non… non dicevo sul serio. Non voglio… andare a…»
«All'inferno? Mica sono il demonio.» L'Almirante Madera tornò a sedersi. «Ascolta, sono felice che hai recuperato la mia nave. La mia carriera di disertore non si è conclusa nel migliore dei modi. Ora che mi sono bagnato il becco riesco anche a parlare. Dunque. Abbiamo un amico in comune, io e te…»


Almirante
Il resto della ciurma ha troppa paura di voi per parlarle con franchezza, e se devo essere onesto, anch'io. Vi lascio questa lettera in cabina, quando la leggerete sarò già lontano o morto.
La realtà è che non riusciremo a riparare la nave con quei quattro arbusti di quello scoglio. Nessuno passerà mai da lì, siamo troppo lontani da ogni rotta e anche se dovesse passare una nave, nessuno si fermerà ad aiutare dei disertori naufragati. Moriremo tutti di sete su quello scoglio.
Ho preso io l'ultimo barilotto d'acqua e la scialuppa. Se il diavolo vorrà darmi una mano, arriverò a Saint Vincent e pagherò qualcuno per venirvi a recuperare (sì, ho preso io anche l'oro, non uccidete nessuno dei nostri).
Tenete duro, Almirante. Forse pioverà.
Il vostro timoniere Diego Hortez


+++++

Le palle a catena volarono dalle colubrine di prua, si avvilupparono all'albero dello sloop e lo troncarono di netto.
Il fragore del legno spezzato venne cancellato dalle urla di panico.
Velamuerta scoppiò in una risata. «Date corda alla maestra, sono nostri!»
Ciò che restava di Juan era sparso sul ponte di tribordo, ma la MaderaSangre filava dritta come un fuso, segno che la chiglia era tornata a posto.
Un'inutile salva di archibugi esplose dallo sloop. I marinai risposero ridendo da dietro la murata perfettamente integra e lanciarono i rampini del corvo d'arrembaggio.
Velamuerta si inginocchiò e si strinse alla ringhiera.
Gli scafi cozzarono in un frastuono di legno maciullato e urla assatanate.
Scaglie di legno volarono ovunque, poi le prime palle di pistola e grida di dolore.
Era ora di dare il buon esempio.
Saltò giù dal cassero e corse, la passerella traballò sotto gli stivali.
«Mi cercavate?» Puntò la pistola, e sparò in faccia a un tizio. «Venite, cabrones!»
Estrasse l'altra pistola e la cutelassa, e si gettò nella mischia.
Vibrò un rovescio, e mandò un soldato a rotolarsi a terra con la mano squarciata. «Venite!»
Sangue, merda e polvere da sparo… gli abbordaggi avevano un odore magico e inconfondibile.
Gli inglesi si stringevano contro il tronco del Maestro, le facce ancora più bianche del normale e qualcuno si era davvero pisciato addosso.
Velamuerta si chinò e raccolse un teschio già lucido che spuntava da una divisa cremisi. «Ehy, Richard!» Tese il braccio verso gli inglesi e fissò le orbite vuote di quello che era stato, forse, un cannoniere. «Non mi offrite nemmeno un té, su questa bagnarola?». Lo lanciò verso gli ultimi difensori, che si ritrassero terrorizzati.
Una brezza di stupore e panico serpeggiò anche tra i suoi uomini.
Il Tenent mosse un passo avanti, buttò a terra la sciabola. «Avete vinto, Velamuerta. Vi chiedo solo di comportarvi da uomo d'onore, se ne siete capace.»
«Bhe, parlare di onore dopo aver corrotto il mio timoniere, è un po' da ipocriti. A proposito, dov'è il caro Diego? C'è un vecchio amico che desidera tanto incontrarlo.»

solo hay una cancion
se quedó en la cabeza
historia de un desgraciado
quien vive lejos de quien
ahora los marineros estan en otra parte
y es hora de irse
nadie debe preguntar el nombre
del que cuenta la historia
[C’è una sola canzone
rimasta nella testa
è la storia di un uomo sfortunato
che visse lontano da qui
ora i marinai sono altrove
ed è tempo di andare via
nessuno dovrebbe chiederti il nome
di colui che racconta la storia]

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Spartaco
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Re: Semifinale Arcadia

Messaggio#4 » martedì 15 novembre 2022, 16:59

Eccomi a voi per il giudizio.
Sono felice che entrambi i racconti valgano la lettura, cosa non scontata quando si affrontano 20k. Quindi vi ringrazio perché mi avete fatto spendere bene il mio tempo.
Deto questo ecco i miei commenti:

Lo Strano Accento del Mare

Racconto che si legge volentieri, scorre e rende abbastanza bene l’ambientazione piratesca. Sono buoni i continui tradimenti.
Però ci sono dei difetti.
La prima persona la trovo troppo asettica. Troppo spesso mancano i pensieri di Briciola che da una parte è buono per lo show ma dall’altra non rispecchia la prima persona. A volte sembra un narratore esterno.
Pecca più grossa, invece, è la totale mancanza di motivazioni. Sui 20k bisogna essere più esaustivi, non basta dire che un personaggio cambia idea, devi dargli delle motivazioni solide.
Briciola lo libera perché non voleva che morisse anche lui mentre affondava la nave. Troppo poco, fai che Poseidone (nome bruttarello, io avrei optato per Liberio) impari a parlare grazie a lui. Crea un legame, che tra l’altro sarebbe servito a giustificare il fatto che il tritone non se ne sia andato una volta libero. Ripara la nave e ciaone.
Vale lo stesso per l’omicidio del capitano, arriva troppo a ciel sereno, immotivato. Può anche starci il fatto che fossero troppe cose da scrivere e non avessi abbastanza spazio, ma questo fa parte della scrittura. Se non ci sta, non lo scrivo.
Un racconto che manca di coerenza in alcuni passaggi ma che si legge volentieri.

MaderaSangre

Tecnicamente ben gestito, il racconto vola che è un piacere. Buona la maledizione, bella anche la caratterizzazione del protagonista. Forse manca qualche personaggio secondario con cui alleggerire la narrazione, ci sono pochi dialoghi e troppe spiegazioni. Mi sarebbe piaciuto se avessi approfondito la linea horror, qualche smembramento dei feriti, visto attraverso il capitano non sarebbe stato male.
Nel complesso è un racconto ben riuscito. Bravo.


Promuovo in finale MaderaSangre perché trovo il racconto più completo e la scrittura più matura.

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