Cosa vuoi?

Appuntamento alle 21.00 di lunedì 17 ottobre con un tema di uno dei due Campioni della Nona Era: Davide Mannucci
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jimjams
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Cosa vuoi?

Messaggio#1 » lunedì 17 ottobre 2022, 22:43

Non ci andavo spesso. No, ci andavo meno che potevo. Ma quando i giorni si fanno settimane e poi mesi, anche quel poco si accumula e diventi una faccia conosciuta.
L’ospedale è così: i parenti dei lungodegenti ne diventano per qualche tempo parte, e il personale ti riconosce, e tu impari a riconoscere la pietà nei loro sguardi. E non ti aiuta.
Non ci andavo spesso perché stavo troppo male. Toccare con mano la nostra impotenza, vedere mio padre diventare sempre meno, sempre meno. Eppure cosciente. Presente.
Se tentavo di immaginare come si potesse sentire, un cinquantenne imprigionato in un corpo totalmente paralizzato, in grado di muovere solo una falange di una mano e gli occhi. Niente altro. Nulla. Ma perfettamente in grado di capire, pensare, provare dolore.
Non ci andavo spesso perché non ne avevo la forza, e forse ero un vigliacco.

Mia madre no. A lei, a un certo punto, avevano dato persino un letto.
Nessuno poteva non rimanere colpito da quell’amore impenetrabile.
Lei era lì, sempre.
Non sempre. A volte volava in casa come un’apparizione, negli orari più impensati, rapida come la necessità, per sistemare quelle cose che quei due figli maschi poco più che adolescenti non sapevano proprio fare. O forse per controllare che fossimo ancora interi, almeno fuori.

Così, quel giorno, una delle mie rapide e saltuarie visite, la trovai lì dov’era giusto che fosse, accanto a mio padre. Mi sorrise con gli occhi e la bocca, mia madre, con quella felicità amara e lieve che solo le madri possono emanare nei momenti impossibili.
Mio padre no. Non poteva sorridere, né parlare. Né girare la testa, ma gli occhi sì, mi fissarono. E c’era rabbia, agitazione.
- Che succede? - chiesi.
Mia madre scosse la testa.
- Oggi fa così, non riesco a capire cos’ha.
Gli teneva la mano, quella dove ancora lui poteva muovere una falange, e che usavamo per comunicare, in qualche modo. Una comunicazione difficile, fatta di ‘no’, il dito fermo, e ‘sì’ quando il dito si muoveva.
- Ti fa male la schiena? Hai caldo? Vuoi dormire?
E via così una sequenza di domande nella speranza di azzeccare quella giusta.
Decine di domande stupide, banali, a volte ripetute…

Mio padre cominciò a digrignare i denti. Era una cosa nuova per noi. Quel rumore terribile, quella rabbia incontenibile che cercava di esplodere. Per un po’ rimase solo quel rumore nel silenzio attonito di noi due, ai due lati del letto.
Poi, pochi secondi, o forse secoli dopo, mia madre fece un’ultima domanda.
Un sussurro.
- Vuoi morire?
Finalmente mio padre mosse quel dito, tante e tante volte.

Non ci andavo spesso. Da quel giorno anche meno.
Più di un mese dopo mia madre tornò a casa nel primo pomeriggio.
- Papà è andato a stare meglio - disse, e non serviva altro.

E questa storia non la racconto spesso, e con gli anni i particolari si sono sfumati, così non potrei giurare sugli orari, sul giorno esatto, sulle parole. Ma la rabbia di mio padre, la sua richiesta imperativa, la nostra impotenza, quelle non solo le ricordo ma le provo ancora come fosse ieri. E io non lo so cosa sia giusto e cosa no, se sia amore o egoismo, lasciarli andare o meno. Ma di certo non è qualcosa di cui pontificare, seduti sul divano con i pop-corn e una birra in mano. E non lo so, no, non lo so cosa farei se dovessi trovarmi in quella situazione, in un ruolo o nell’altro.

E credetemi, non lo sa nessuno.

Ma se quel momento arriverà vorrei poterla prendere, quella decisione.
E vorrei che possa prenderla ognuno.
Il resto, è inumano.



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antico
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Messaggio#2 » lunedì 17 ottobre 2022, 22:47

Ciao Mario! Tutto ok con i parametri, divertiti in questa DAVIDE MANNUCCI EDITION!

alexandra.fischer
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Re: Cosa vuoi?

Messaggio#3 » martedì 18 ottobre 2022, 15:37

Cosa vuoi? Di Mario Pacchiarotti Tema centrato. Il protagonista ricorda la tragedia patita da giovane, la perdita del padre per un morbo che immagino sia la SLA. La psicologia del protagonista è molto ben resa, potrebbe essere chiunque, combattuto fra strazio e affetto. La madre è un personaggio molto riuscito: devota al marito al punto da dormire in lungodegenza pur di non fargli mancare il sostegno, malgrado la casa e i figli. Il padre strazia il Lettore: trovarsi a cinquant’anni, vivi, ma con la sola possibilità di dire sì o no muovendo o meno un dito è terribile. La notizia della morte del padre, desideroso di andarsene, è davvero straziante, come pure il senso di impotenza davanti alla situazione da parte dei familiari e il problema di essere divisi fra affetto ed egoismo. Giusta l’osservazione che chiunque si trovasse nel ruolo del malato e del familiare che lo assiste, beh, rimarrebbe impossibilitato a decidere cosa fare.

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Daniele
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Re: Cosa vuoi?

Messaggio#4 » martedì 18 ottobre 2022, 17:40

Molto bello l'argomento, che pensavo di trovare con più frequenza nei racconti di ieri (anche se ne ho letti ancora meno della metà).
Argomento spinoso per molti versi e che sento vicino lavorando in ospedale ed avendo spesso a che fare con persone ricoverate per sla.
Sul piano tecnico trovo qualche incongruenza conoscendo l'ambito ed i malati. In ospedale un malato di SLA non è un lungodegente, in ospedale vengono ricoverati per periodi relativamente brevi in seguito a problematiche acute ed una volta risolte tornano a casa o nella struttura che li ospita, per questo ho trovato inverosimile il fatto che stesse in ospedale per chissà quanto tempo. Inverosimile anche il fatto che digiuni i denti, poco prima hai scritto che era in grado di muovere solo gli occhi ed un dito. Rendiamoci conto di quanto sia bastarda la SLA, manco digrignare i denti uno può ad un certo punto. Perdonami la digressione. Anche il fatto che dica di sì col dito è un po inverosimile, generalmente le risposte "si" e "no" le comunicano sbattendo una o due volte le palpebre, ma questi sono tecnicismi relativamente utili in questo caso, l'idea l'hai resa perfettamente.
In genere non sono un fan delle considerazioni finali da parte dell'autore, forse io non lo avrei fatto (non voglio aprire un dibattito sul tema, molto delicato, sul quale sono tra l'altro totalmente in linea col tuo pensiero).
In definitiva tema centrato, bel racconto scritto bene. Quando in altri giudizi ho scritto che il vostro gruppo è tosto e pieno di racconti meritevoli mi riferivo anche al tuo.

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GiulianoCannoletta
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Re: Cosa vuoi?

Messaggio#5 » martedì 18 ottobre 2022, 18:45

Ciao Mario, piacere di averti letto.
Taglio la testa al toro, col tuo racconto mi hai emozionato come non mi succedeva da un po'.
Al di là delle imperfezioni, è un testo che trasuda tensione e realtà, e quel "vuoi morire?" sussurrato, anche se sapevo benissimo che stavamo andando a parare lì, mi ha lasciato un groppo in gola.
Anche le considerazioni finali, che solitamente non mi entusiasmano, mi pare che qui calzino a pennello.
Avevo pensato anche io di declinare così il tema per la sfida ma sono contento di non averlo fatto, perché sono certo che non sarei riuscito a dargli la profondità che gli hai dato te.
Quindi, grazie per averlo scritto e a rileggerci presto.
Giuliano
“Uno scrittore argentino che ama molto la boxe mi diceva che in quella lotta che si instaura fra un testo appassionante e il suo lettore, il romanzo vince sempre ai punti, mentre il racconto deve vincere per knock out.”
Julio Cortázar

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jimjams
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Re: Cosa vuoi?

Messaggio#6 » martedì 18 ottobre 2022, 19:43

Daniele ha scritto:Molto bello l'argomento, che pensavo di trovare con più frequenza nei racconti di ieri (anche se ne ho letti ancora meno della metà).
Argomento spinoso per molti versi e che sento vicino lavorando in ospedale ed avendo spesso a che fare con persone ricoverate per sla.
Sul piano tecnico trovo qualche incongruenza conoscendo l'ambito ed i malati. In ospedale un malato di SLA non è un lungodegente, in ospedale vengono ricoverati per periodi relativamente brevi in seguito a problematiche acute ed una volta risolte tornano a casa o nella struttura che li ospita, per questo ho trovato inverosimile il fatto che stesse in ospedale per chissà quanto tempo. Inverosimile anche il fatto che digiuni i denti, poco prima hai scritto che era in grado di muovere solo gli occhi ed un dito. Rendiamoci conto di quanto sia bastarda la SLA, manco digrignare i denti uno può ad un certo punto. Perdonami la digressione. Anche il fatto che dica di sì col dito è un po inverosimile, generalmente le risposte "si" e "no" le comunicano sbattendo una o due volte le palpebre, ma questi sono tecnicismi relativamente utili in questo caso, l'idea l'hai resa perfettamente.
In genere non sono un fan delle considerazioni finali da parte dell'autore, forse io non lo avrei fatto (non voglio aprire un dibattito sul tema, molto delicato, sul quale sono tra l'altro totalmente in linea col tuo pensiero).
In definitiva tema centrato, bel racconto scritto bene. Quando in altri giudizi ho scritto che il vostro gruppo è tosto e pieno di racconti meritevoli mi riferivo anche al tuo.


Inverosimile ma vero, Daniele. Non abbiamo mai saputo cosa fosse, ed era più di quaranta anni fa e le procedure erano molto diverse, per certi versi più umane anche se meno efficienti. L'autopsia non diede, allora, un nome alla malattia, dissero che il cervello era diventato come una spugna. Il primo sintomo una emiparesi, poi risolta in un mese, il secondo attacco paralisi completa, come descritta. Sei mesi dopo era morto, il peso ridotto a un terzo...
Potevo scriverlo solo così, e solo qui.

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Emiliano Maramonte
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Re: Cosa vuoi?

Messaggio#7 » martedì 18 ottobre 2022, 19:52

Ciao Mario!
Sono molto contento di ritrovarti e leggere nuovamente un tuo scritto.
Ed è il classico testo che crea un'empatia immediata con il lettore, soprattutto se il lettore ha vissuto un'esperienza simile (anche il sottoscritto ha vissuto qualcosa del genere...).
Non è che ci sia molto da dire. Racconti del genere vanno apprezzati per quello che trasmettono, perché in fondo nascondono (se ho capito bene, anche dal tuo messaggio su Facebook), pezzi di vita vissuta. Ha fatto vibrare qualche corda dentro di me e questo è sufficiente, la storia ha fatto il suo dovere.
Per il resto mi accodo a chi ha segnalato alcune imperfezioni che, per certi aspetti, sono comprensibili perché ho capito che lo hai scritto più sull'onda emotiva che su quella della programmazione razionale della trama...
Tema centrato.
In bocca al lupo!
Emiliano.

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Gennibo
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Re: Cosa vuoi?

Messaggio#8 » mercoledì 19 ottobre 2022, 1:42

Ciao Mario e ben ritrovato, molto toccante il tuo racconto, ben scritto e ti entra dentro con la consapevolezza e la tristezza di sapere che è una storia vera, e che per questo dobbiamo cercare di vivere al meglio delle nostre possibilità perché non sappiamo domani cosa succederà, e mi hai ricordato una storia simile capitata nella mia famiglia, che purtroppo è durata molto di più.
Un abbraccio e buona edition!

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kruaxi
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Re: Cosa vuoi?

Messaggio#9 » sabato 22 ottobre 2022, 5:10

Cosa vuoi?

Di JimJams

La situazione di un uomo completamente immobilizzato, in grado di comunicare col mondo esterno (quando è in grado) soltanto tramite un dito o poco più, è la classica situazione che ho sempre considerato ben più spaventosa e terribile della morte stessa. L’autore è bravo a proporcela senza troppi orpelli e sensazionalismi: semplice orrore quotidiano.
Non so quanto di autobiografico possa esserci in questo racconto, molto se ho ben capito, cosa che parrebbe suggerita dal vero e proprio appello “politico” finale, che peraltro condivido al cento per cento: di certo si sente che l’argomento è fortemente sentito dall’autore.
La figura della moglie (e madre) è ben caratterizzata, tridimensionale, e bastano poche righe all’autore per tratteggiarla. Bravo.

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Proelium
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Re: Cosa vuoi?

Messaggio#10 » sabato 22 ottobre 2022, 11:59

Ciao Mario,
passato di qua per caso, letto il racconto e... niente, grazie per aver condiviso con noi un pezzo così grande (e doloroso) della tua storia.

Un abbraccio e in bocca al lupo
Francesco

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Gabriele Dolzadelli
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Re: Cosa vuoi?

Messaggio#11 » domenica 23 ottobre 2022, 20:05

Ciao Mario.
Ho difficoltà a commentare il racconto dal momento che ho capito si tratta di una storia vera che ti riguarda.
Questo perché nella prima parte la storia scorre molto bene e ti ci fa buttare dentro di testa, trasmettendo non poche emozioni.
Il problema si pone nella seconda parte. Da quando la madre torna a comunicare la notizia, mi è parso di vedere i frammenti scorrere a velocità raddoppiata, come se ci fosse una sorta di riassunto in contrasto con il passo che fino a quel momento si era tenuto. E dopo il discesone ci si trova davanti il muro delle considerazioni finali, che ti ci fanno sbattere il naso. Insomma, mi hanno un po' stordito e hanno stonato. Forse l'aver raccontato qualcosa di così intimo e personale ti ha portato da un lato a dare molta emozione, dall'altro a scivolare in considerazioni personali che potrebbero far storcere la bocca al lettore.
Per queste ragioni, trovo che il testo abbia perso potenza e quindi posizioni in classifica.
Buona edition!

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christianfloris
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Re: Cosa vuoi?

Messaggio#12 » giovedì 27 ottobre 2022, 13:16

Un racconto che parte bene, con molte frasi nominali a conferire ritmo all’io narrante. Vedo la parola “ospedale” e comprendo che lo sviluppo declinerà presto su tonalità di sofferenza e dolore, infatti così è. Certamente il tema ci sta tutto, le pennellate per catturare la benevolenza del lettore sono date con forza e carattere, ma vengono sfumate anche in modo delicato, quando occorre. Segno che la padronanza dei registri dell’autore è senz’altro notevole. Ciò che però non mi convince sono gli ultimi paragrafi, perché a mio giudizio lasciano la non piacevole impressione che al PoV in focalizzazione interna si sovrapponga un narratore onnisciente. Quasi un deus ex-machina a suggerirci il succo della storia. A questo, aggiungo qualche notazione stilistica: alcuni passaggi potevano essere gestiti meglio. Ad esempio, quando viene detto “con quella felicità amara e lieve che solo le madri possono emanare nei momenti impossibili” poteva risolversi con “la felicità amara e lieve di mia madre”, senza universalizzare. Lavoro più che discreto, ma non sul podio dei migliori.

La mia valutazione è 7,5.

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Spartaco
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Re: Cosa vuoi?

Messaggio#13 » domenica 30 ottobre 2022, 12:21

Anche qui mi ritrovo a leggere una storia in prima persona, senza nulla che la distingua. Io adoro la prima persone, mi piace leggere e scrivere in prima persona, ma solo se è una prima persona vera e non preconfezionata, con pensieri “classici”. Non credo nelle persone buone al 100% eppure il tuo protagonista lo è. Mai uno scatto d’ira, mai un attimo di schifo. L’odore degli ospedali è nauseante, soprattutto quando entri nella stanza di una persona paralizzata. Io voglio leggere quello e non frasi al miele tipo “mia madre, con quella felicità amara e lieve che solo le madri possono emanare nei momenti impossibili”.
Una tragedia del genere debilita e logora rapporti e persone e qui mi manca quell’aspetto.
Ho trovato tutto poco coinvolgente perché la narrazione è impersonale.

Occhio alle frasi al negativo, sono ostiche. “Nessuno poteva non rimanere colpito da quell’amore impenetrabile.”

Pollice tendente verso il basso.

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